MODA E AMBIENTE: PIÙ CHE SOSTENIBILI, DOVREMMO ESSERE RESPONSABILI

Cosa significa essere sostenibili, oggi? L’aggettivo è ormai entrato a far parte del linguaggio comune di tutti noi – che si tratti di moda o meno – in relazione ai comportamenti, agli usi e agli acquisti. Sostenibilità è diventato un sinonimo di quotidianità per la maggior parte dei creatori di moda che, forzatamente o meno, devono considerarlo come prerogativa del design. E non solo: fotografi, stylist, producer e marketing officer sono scesi a patti con un mondo che fino a qualche anno fa era considerato minore. Oggi, l’abusato termine della sostenibilità è vago.

Le questioni che la moda deve affrontare non sono soltanto legate alla produzione degli articoli o all’impatto ambientale; le problematiche sono diventate multiple, sempre più raffinate e talvolta sottili, spesso legate al sociale e talvolta a ciò che è corretto politicamente. Sarebbe meglio utilizzare la parola responsabilità, più ampia, che si collega direttamente all’etica. Sostenibile è ciò che possiamo trovare, ciò che ci viene offerto; responsabile è ciò che nasce da un’esigenza intrinseca all’essere umano. Il valore sostanziale è la coscienza che apportiamo nei gesti quotidiani e, più specificamente, nel design, nella creatività.

La velocità del mondo moda e l’impatto disastroso sull’ambiente: l’analisi di Maxine Bédat

Ovviamente risulta fondamentale partire dalle basi, come spiega Maxine Bédat nel libro Il lato oscuro della moda. Viaggio negli abusi ambientali (e non solo) del fast fashion. L’autrice apre lo sguardo su un’industria della moda troppo veloce di cui non si può più fare a meno per rendiconto personale (la fattibilità del prodotto, il prezzo concorrenziale) ma che rimane uno dei mali del mondo per l’impatto disastroso sulle condizioni dei lavoratori e sull’ambiente.

Sempre più ci si accorge che la responsabilità è strettamente legata alle condizioni di lavoro nel fashion system che vengono spesso dimenticate. Bédat insiste fortemente sul lato umano dell’inchiesta, analizzando i malcapitati protagonisti che i riflettori non inquadrano mai. Non parliamo soltanto di Cina, India o dei i paesi africani, ma anche di realtà americane. L’analisi, in ogni caso, assume ancora più valore nel momento in cui Bédat illustra come il sistema possa essere migliorato in modo orizzontale: dal marketing trasparente alle produzioni essenziali, fino alle spiegazioni di ciò che succede ai nostri vestiti quando vengono buttati. Si arriva così all’ultimo capitolo che apre le porte a un possibile cambiamento, un new deal necessario per “creare una visione per il futuro”.

Moda e ambiente
Cardigan Dhruv Kapoor, shirt Cavia, skirt Phipps, choker LEONARDO VALENTINI, shoes Marsèll, socks model’s own

Da Lessico Familiare a Marcello Pipitone: creatività, sostenibilità e artigianalità

L’approccio positivo di Bédat, in realtà, è riscontrabile in quasi tutti i designer che affrontano il tema della responsabilità. Sono pochi gli apocalittici avvertimenti che osserviamo da parte dei designer e gli esempi più famosi e popolari – come la sfilata di Demna per Balenciaga Fall 2020 – sono anche i più lontani da ciò che accade nella realtà. Generalmente, le sorti del mondo sono risollevate dalla moda responsabile. Basta partire da zero, dal costruire una nuova moda consapevole.

L’Italia, fortunatamente, ne è un ottimo esempio. Milano e i suoi designer hanno sempre risposto positivamente alla creatività responsabile, fortemente voluta e sostenuta da Sara Sozzani Maino, Orsola de Castro e Matteo Ward, che a loro volta educano alla moda consapevole e analizzano lo stato attuale del sistema (Junk, la docuserie di Ward sull’impatto della moda nel mondo, è reperibile su YouTube). Una nuova generazione di designer nasce come sostenibile: Vitelli, Lessico Familiare, Garbage Core, Florania, Cavia, Marcello Pipitone, Simon Cracker. I nomi sono tantissimi, sempre di più, e ognuno di loro affronta il tema in maniera estremamente personale.

Simon Cracker (Simone Botte, Filippo Biraghi) attraverso l’upcycling estremo e punk critica la moda stessa in chiave dada, deridendola senza prenderla mai sul serio. Garbage Core (Giuditta Tanzi) crea un guardaroba cool partendo da ciò che rimane delle produzioni precedenti o dagli scampoli di tessuto, ciò che viene impropriamente considerato garbage, appunto. Marcello Pipitone, recente vincitore del CNMI Fashion Trust Grant, si ispira al popolare gioco del calcio e alla cultura giovanile milanese per dare vita a patchwork di tessuti quasi casuali ma che, una volta ricomposti, prendono vita. Lessico Familiare utilizza tessuti, abiti esistenti, materiali inusuali per affondare le radici nel ricordo e nella cultura popolare e familiare, proprio come il famoso romanzo di Natalia Ginzburg, raccontando uno spaccato di realtà.

L’elemento che hanno in comune tutti i creativi più giovani italiani che si avvicinano alla sostenibilità è, in ogni caso, l’artigianalità. Non esiste un designer che non abbia un laboratorio o che realizzi la produzione extra muros

Moda e ambiente
Polo shirt Marcello Pipitone , shirt Lessico Familiare, pants Floriana, headpiece Lauribusters

La moda attenta all’ambiente oltre i confini dell’Italia: Alfredo Piferi e Niccolò Pasqualetti

C’è poi chi si è spostato dall’Italia, come Alfredo Piferi e Niccolò Pasqualetti. Entrambi vincitori dell’ultima edizione di Who’s On Next, entrambi designer di collezioni responsabili, eppure su piani divergenti. Piferi, di base a Londra, realizza scarpe sensuali e raffinate interamente vegane, offrendo un’alternativa al mercato florido delle scarpe femminili. La trasparenza della produzione e dei materiali, descritti minuziosamente sul sito, hanno portato successo e consensi al brand, oggi distribuito nei migliori store del mondo. Pasqualetti, invece, si situa su un altro piano: dato per assodato l’approccio sostenibile, sin dalle prime collezioni il designer si avvicina alla fluidità di genere, diventandone il portabandiera nella moda alternativa. Contrariamente all’approccio di Alessandro Michele, Pasqualetti racconta la fluidità poetica in chiave essenziale, quasi povera, elegante e riduzionista. Oggi sfila a Parigi nel calendario ufficiale della Fashion Week.

Moda e ambiente
Cardigan Floriana, pants Niccolò Pasqualetti, hat Stetson , shoes Marsèll

Il ruolo del designer: affrontare questioni sociali attraverso gli abiti

Responsabili sono anche i designer che affrontano le questioni sociali dei diritti, del genere, della body positivity. La moda, dopotutto, è politica: ogni attitudine, ogni affermazione, ogni abito diventa un atto che si riflette nella società ed è anche attraverso il lavoro dei designer che i più grandi cambiamenti, oggi, prendono forma. Motivo per cui la parola “sostenibile” ancora una volta è troppo riduttiva.

Recentemente, Karoline Vitto ha raccontato i corpi “nuovi” attraverso l’upcycling (per l’estate 2024, utilizza i deadstock di Dolce&Gabbana che la supportano insieme a Katie Grand) avvicinandosi ad altri brand come Ester Manas o Collina Strada che, a New York, ispira le nuove generazioni attraverso visioni hippie e green, coinvolgendo nei propri show le minorities che spesso vengono escluse dall’immagine delle società come le persone con disabilità o i senzatetto.

Kevin Germanier crea una moda interamente sostenibile raccontando fantasie queer, esasperate ed eccentriche visioni di moda fra modernità e sguardi retrò, andando a recuperare i propri materiali in tutto il mondo.

A Londra, Matty Bovan prosegue con le meravigliose ed estetizzanti creazioni realizzate interamente attraverso materiali recuperati: la sua è una proiezione di immagini di moda passate, da Galliano a Westwood fino a Gaultier, rivisitate dagli occhi di un ragazzo queer che guarda alla moda come momento di gioia e celebrazione della bellezza.

Moda amica dell’ambiente in giro per il mondo

Cosa succede nel resto del mondo? Se il nostro racconto è principalmente eurocentrico poiché è ancora in Europa che il mercato della moda risiede, la responsabilità ha permeato i creativi di tutto il mondo, rendendo globale un approccio che fino a pochi anni fa era impensabile o non prevedibile. Ksenia Schnaider, ucraina, lavora sul denim ucpycled realizzando capi perfettamente indossabili: la sua produzione non prevede neanche un elemento di scarto. I jeans – fra i prodotti più inquinanti al mondo, come dimostrano le fabbriche di sandblasting e di tintura in Bangladesh, India e Turchia che provocano danni irreversibili alla salute degli operai e alle acque – vengono recuperati da Schnaider e dal suo team per offrire a questo item una nuova vita.

Sempre originaria di Kyiv è la designer e fashion editor Julie Pelipas, recente finalista del premio LVMH, che attraverso il proprio brand Bettter ha identificato un sistema di tecnologie upcycling il cui obiettivo è aiutare la transizione verso una società sostenibile.

Sleeveless jacket and sweatshirt DHRUV KAPOOR 
Skirt MARCELLO PIPITONE
Sleeveless jacket and sweatshirt Dhruv Kapoor, skirt Marcello Pipitone

Dhruv Kapoor, designer indiano le cui collezioni sfilano a Milano, lavora con i rifiuti della produzioni tessili e i surplus delle aziende dell’India, collaborando con l’organizzazione filantropica Hothur Foundation che aiuta le vittime degli attacchi con l’acido. L’opportunità di aiutare le sopravvissute a tali atroci attacchi viene offerta anche da Ara Lumiere, brand di base indiana, che impiega le donne aggredite.

Joao Maraschin, di origini brasiliane, supporta invece laboratori artigianali locali attraverso la propria moda che viene disegnata e realizzata in collaborazione con le comunità emarginate, dando loro una voce vera nel processo creativo.

Li Edelkoot: ritorno all’artigianalità per una moda realmente sostenibile

Li Edelkoort, trend forecaster e consulente di moda, nel 2015 scrive un pamphlet intitolato Anti_Fashion Manifesto. In poche pagine Edelkoort racconta come la moda abbia raggiunto un breaking point dal quale non si può tornare indietro, causato da tutti gli elementi frenetici che tradizionalmente compongono la moda (marketing, advertising, design e produzione) e dalla comunicazione incessante. Questo punto di non ritorno ha definito la cosiddetta “morte della moda” che avrebbe segnato un intero decennio, almeno. Oggi, quasi dieci anni dopo la pubblicazione, non possiamo che confermare i punti che Edelkoort analizza. Fra i più importanti troviamo sicuramente il ritorno all’artigianalità (e all’haute couture) verso cui la vera sostenibilità della moda, all’epoca, era indirizzata: qualità, prodotti unici, acquisto solo se necessario.

Shirt CAVIA
Cape worn as skirt LESSICO FAMILIARE X FONDAZIONE SOZZANI Who cares about others project
Cycling shorts MARCELLO PIPITONE
 Shirt Cavia, cape worn as skirt Lessico Familiare x Fondazione Sozzani Who cares about others project, cycling shorts Marcello Pipitone

Sostenibile è sinonimo di qualità

Oggi, il pensiero radicale suggerisce che la vera sostenibilità nella moda sarebbe non creare più moda. Ma se volessimo trovare un’alternativa a tutti gli elementi analizzati fino a questo momento (sustainable design, upcycling…) dovremmo rifugiarci in ciò che gli italiani conoscono bene: la qualità. Un prodotto di moda è sostenibile se è di qualità. Se sopravvive al passaggio del tempo. Se le generazioni possono permettersi di tramandarlo. I prodotti raffinati di Marsèll confermano come ciò possa esistere: nato nel 2001, il brand è espressione dell’artigianalità Made in Italy. Il prodotto chiave è la scarpa che viene decostruita e riprogettata nei laboratori di Riviera del Brenta, vicino Venezia. La tradizione del calzaturificio italiano viene riportata nel presente.

Questa è la moda: un tramandarsi di tradizioni, di visioni, di prodotti che si adattano alla contemporaneità  in equilibrio con il mondo che ci circonda, formato da individui, socialità, consapevolezze.

Moda e ambiente
Poncho sweatshirt Simon Cracker x Raged Kingdom, headpiece stylist’s studio, socks and shoes model’s own

Credits

Photographer Paolo Musa

Stylist Riccardo Terzo

Grooming Cosimo Bellomo

Photographer assistant Carlo Carbonetti

Stylist assistant Julia Ponomarev, Sofia Minafra

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