New faces: Samuel Heron

Samuel Heron è un artista nato a La Spezia nel 1991, giovane dotato di un grande talento che dal 2012, anno della sua prima uscita discografica “Council Estate Vol.1”, spazia tra valide collaborazioni e brani di spessore. Se da un lato Samuel viene inserito all’interno di un filone accostabile per sonorità al nuovo Rap o alla Trap, parlando con lui scopriamo una persona desiderosa di ampliare i propri orizzonti. Sembra sia arrivato il momento, ad iniziare da un passo fondamentale per la propria crescita personale ovvero la scelta di utilizzare per la prima volta il proprio cognome: Costa. Per Samuel è giunto il momento della verità e della maturità che qui parlano la lingua dell’evoluzione.
Il 12 febbraio verrà pubblicato il suo nuovo Ep dal titolo “Canzoni popolari” che conterrà sei brani e dal quale è stato estratto il primo singolo “Una bugia”. Samuel si espone, vuole svestirsi degli abiti indossati fino a ieri e ci racconta del suo rapporto con l’ansia che lo accompagna costantemente in ogni fase della creazione musicale oltre che nella vita quotidiana. È forse un ostacolo per lui?



“No”, risponde. “Faccio i conti con la mia ansia quotidianamente, è parte di me e in qualche modo mi aiuta a raccontare e raccontarmi. Non solo, i miei amici e collaboratori ormai convivono con questa mia peculiarità, quindi direi che ormai è parte di me, non potrei più fare senza”.
E incalza.
“Sento sia arrivato per me un punto di maturazione che mi consente di trasformarmi, di evolvere e slegarmi parzialmente dall’artista che ero fino a ieri. Nessuno stravolgimento particolare, ma un modo per guardare al passato e tornarvi dentro, poi fuoriuscirne e proseguire nel mio cammino attraverso un processo che porti all’utilizzo di un gergo diverso, più semplice e comprensibile, oltre che a sonorità più povere. Estremizzando il concetto si potrebbe parlare di un approccio cantautorale, con i dovuti se e i dovuti ma”.


In fondo questo modello cantautorale di cui parla ricorda da vicino un certo tipo di evoluzione cara agli artisti che si apprestano a compiere i trent’anni. Vuole farci intendere che la maturità arrivi ad una età prestabilita?
“La mia è una ricerca che definirei terapeutica e che mi conduce a quella evoluzione a cui accennavo poco fa. Dove mi porti non saprei dire, seguo il mio istinto e vado controcorrente perché ha sempre fatto parte di me, e sono consapevole del rischio di incorrere in molte critiche. Ma non mi importa e me ne assumo la responsabilità. La mia visione del mondo esterno è ciò che riesco ad assorbire e riflettere raccontando quel mondo a modo mio. Senza peccare di falsa modestia credo che questa forma di vedere le cose possa portare a delle microrivoluzioni, che io tento di fare nel mio piccolo, e sempre con semplicità”.
Del resto la musica è sempre stato il fulcro delle rivoluzioni culturali e giovanili e se oggi utilizza la voce dei nuovi artisti della scena Rap e Trap è anche per il fatto che i giovani si sono plasmati con le nuove tecnologie. L’era del Punk riottoso appartiene al passato.


Nascere in una piccola città come La Spezia nella quale la vita odora di provincialismo e troppo spesso di chiusura mentale rispetto alle metropoli come Milano o Roma – molto più attente al panorama musicale alternativo – ti è servito per mantenere una certa semplicità e di conseguenza un distacco nei confronti della scena più Pop-oriented?
“In realtà demonizzare la scena della mia città mi è servito per plasmarmi meglio con quella milanese – la mia città adottiva che all’epoca del mio arrivo sembrava New York – e così riuscire a vivere, assorbire, rielaborare il mio pezzo di mondo con uno sguardo distaccato. Di fatto non sarei chi sono oggi se non avessi vissuto la realtà spezzina fatta di contraddizioni ma al contempo di vicinanza e di provincialismo. E l’apertura del mare è qualcosa alla quale non rinuncerei mai”.


C’è un episodio che ti ha fatto cambiare come persona o come artista?
“Non uno in particolare. Sono cambiato, cambio costantemente attraverso una naturale evoluzione densa di trasformazioni costanti. La difficoltà che talvolta incontro è nel trasmettere quei cambiamenti all’esterno con le mie canzoni”.


Ultimamente ti sei allontanato dal mondo social. È stata una scelta volontaria e naturale figlia di quell’evoluzione a cui tanto fai riferimento oppure ti sei sentito pressato, schiacciato da un mondo virtuale che troppo spesso toglie molto di più di ciò che dà?
“Ho riscoperto il mondo. Ho fatto un passo indietro e mi sono detto fosse giunto il momento della riscoperta di qualcosa che apparentemente sembrava surclassato da un nuovo mondo basato sulla tecnologia virtuale. L’analogico, le fotografie fatte con i rullini e la pellicola, riscoprire la gente ascoltandola, guardandola negli occhi e non attraverso sterili schermi. I Social aiutano, danno molto all’uomo artista, ma deve essere un mezzo per scoprire quell’artista, non il mezzo attraverso il quale la propria arte viene seppellita in ragione di un mondo virtuale in definitiva limitante e forse non così utile”.
Nel brano “Ubriaco” affermi che Sono tempi duri per i sognatori.
“Per i sognatori sono sempre tempi duri, chi sogna è visto troppo spesso come un individuo privo di contenuti e questo mondo, soprattutto lo scorso anno per varie ragioni, è stato veramente brutto e triste. Essere sognatori può essere un modo per salvarsi”.


La scelta di inserire per la prima volta il tuo cognome – Costa – è voluta. Vuoi raccontarci il motivo di questa scelta?
“Sì, certo. Il mio processo evolutivo passa anche attraverso la decisione di guardare indietro ed essere me stesso. Costa è il mio cognome e mi rappresenta, è necessario per me utilizzarlo. Questo processo mi porterà in futuro ad abbandonare completamente lo pseudonimo Heron, preso rispettosamente in prestito dal grande Gil-Scott Heron, musicista jazz che amo da tempi non sospetti”.
Non rimane che prepararci ad ascoltare il nuovo Ep di Samuel “Canzoni popolari”.

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