PECCO DI STILE: FRANCESCO BAGNAIA

Da Campione del Mondo la mia vita non è cambiata. Valentino? Un esempio: sarà figo sfidarlo in MotoGP

Vincere, ma con stile. Francesco Bagnaia, per tutti “Pecco”, non soltanto è l’unico motociclista italiano della velocità a laurearsi Campione del Mondo nel corso di un’entusiasmante stagione 2018 vissuta in Moto2 con lo Sky Racing Team VR46. Con il suo carattere, con i suoi modi di porsi, si è costruito un gradimento da parte del pubblico che ha messo tutti d’accordo. In pista è un pilota “camaleontico”, in grado di non tirarsi mai indietro nella bagarre, nella vita di tutti i giorni è riservato e ha avuto il pregio di restare se stesso. I successi non lo hanno cambiato: gli insegnamenti di Valentino Rossi, suo mentore e idolo, sono stati un tesoro inestimabile per crescere ed affermarsi da pilota professionista. Aspettando di sfidarlo quest’anno nell’ elite della MotoGP…

Trascorsa qualche settimana da Sepang, da Campione del Mondo la tua vita ritieni sia cambiata?

A dire il vero mi sento come sempre, pertanto direi di no. Le persone che mi vogliono bene si comportano con me allo stesso modo: orgogliose sì di quello che ho fatto, ma non direi che qualcosa sia cambiato. Ho notato più che altro un avvicinamento da parte di persone che si sono appassionate al motociclismo proprio in seguito al titolo mondiale vinto, soprattutto nella “mia” Chivasso. Questo non può che farmi piacere: mi rende felice“.

Ancor prima di esordire nel Motomondiale alle persone a te più vicine dicevi “Voglio vincere 5 titoli mondiali, a quel punto mi riterrò soddisfatto”. Adesso puoi dire di essere arrivato a 1 di 5 o gli obiettivi sono cambiati?

(Ride) Non si può mai dire! Cercherò sicuramente di vincere il più possibile, ma non sarà facile. In MotoGP il livello è incredibile. Oggi non ci penso, l’unico mio proposito è quello di crescere, imparare, avvicinarmi sempre più ai migliori… poi si vedrà“.

Quando hai davvero pensato “Sì, questo è l’anno giusto per vincere”?

In due occasioni in particolare. A Misano quando ho vinto, dominando per tutto il weekend, su un tracciato dove ho sempre fatto fatica in carriera. La svolta tuttavia a Buriram, in Thailandia: dopo la vittoria mi sono detto “OK, il titolo è nostro”. Non mi sbagliavo“.

Non succede spesso tra i piloti, ma prima di parlare di te dopo la vittoria mondiale hai voluto tributare un sincero ringraziamento a tutto lo Sky Racing Team VR46. “Insieme” è stato il termine che hai utilizzato di più…

Sì perché è un successo di tutti. Non è solo il pilota che vince: se non hai una moto ed una squadra di livello non puoi ottenere simili risultati. Mi è successo in passato e proprio da queste esperienze difficili mi sono reso conto di quanto sia fondamentale l’apporto della squadra. Per questo è giusto e doveroso riconoscere il merito di tutti: del team, della Academy, di tutte le persone che mi sono state vicine e che ho voluto ringraziare una per una dopo il successo mondiale“.

Adesso la MotoGP con il team Pramac e contratto diretto Ducati per i prossimi 2 anni. Hai detto che vuoi crescere, imparare, ma due obiettivi realistici possono essere il titolo rookie e qualificarti direttamente al Q2?

Sì, questi possono essere due traguardi da raggiungere. Cercherò di essere il miglior esordiente dell’anno e come performance rientrare nel Q2 (seconda sessione di qualifiche, ndr). A partire da che gara? Da subito, dal Qatar. Sarà difficile, considerando il livello della MotoGP, ma ci proverò“.

Lo scorso anno avevi due offerte (Pramac Ducati e Tech 3 Yamaha) per correre in MotoGP, ma hai fortemente voluto restare in Moto2 e posticipare l’esordio nella top class di una stagione. Cosa ti ha dato la forza, in quel momento, di dire no alla MotoGP?

La spinta più grande è dovuta al fatto che avevo una concreta possibilità di vincere il titolo mondiale in Moto2. Era la prima volta in carriera che potevo, pronti-via, giocarmela per il campionato. Salire in MotoGP affrettando i tempi non è mai una cosa buona. Inoltre mi sarei “incasinato” con i contratti: da una parte volevo onorare l’impegno preso con lo Sky Racing Team VR46, dall’altra il mio ipotetico accordo con un team MotoGP sarebbe scaduto un anno prima rispetto ai contratti siglati dagli altri piloti della categoria…

Nel calcio spesso alle presentazioni dei nuovi calciatori dicono “Ho sempre sognato di indossare questa maglia”. Nel tuo caso, per davvero, sei sempre stato un Ducatista, volevi proprio correre con questa moto…

Assolutamente sì. La Ducati è una moto e un’azienda che mi sono sempre piaciute tantissimo. Un po’ meno diciamo dal 2010 al 2013 in MotoGP, ma nei successivi anni ho visto un grande cambiamento. Sono tutti molto, molto motivati a vincere, lavorano tantissimo e non si risparmiano mai. Inoltre sin da bambino volevo correre con una Ducati…

Ducati ha scritto pagine di storia del motociclismo anche in Superbike: se ti chiedessero di correre qualche gara in questo campionato l’anno prossimo? Ai Ducatisti piacerebbe…

Extra-MotoGP in particolare vorrei correre in un prossimo futuro in Giappone, alla 8 ore di Suzuka. Una gara che mi ha sempre affascinato per l’atmosfera, per tutto il contorno, ma non solo. Mi piacerebbe molto correrci con Ducati, ma al momento non prende parte all’evento: in futuro, chissà…

In Ducati sembrano già pazzi di te, anche perché vogliono dimostrare che un “deb” possa andare subito forte con una moto finora ritenuta difficile…

“Sono dell’idea che sia più complicato per un pilota passare da un’altra MotoGP alla Ducati, rispetto che per un rookie salire per la prima volta in sella alla Desmosedici. Me ne sono accorto nei primi test: la Moto2 è una moto che praticamente “non frena”, non curva velocemente, ha chiaramente dei limiti. In sella ad una MotoGP tutto ti sembra più grande e… migliorativo, dove hai sempre un gran margine per andare più forte. Forse per questo mi sono trovato subito bene con la Ducati, non avevo pregressi riferimenti in sella ad una MotoGP. L’attenzione che ripone in me la casa madre? Chiaramente è positivo e ne sono onorato, me lo hanno dimostrato sin dal primo giorno. Poter lavorare con Christian (Gabarrini, capo-tecnico) e Tommaso (Pagano, telemetrista) è il massimo. Mi sono trovato subito bene con loro, si sono interfacciati con me con umiltà, senza impormi nulla, trovando insieme la strada per migliorarci. Davvero il top!

Quest’anno correrai anche contro Valentino Rossi, il tuo idolo, il tuo mentore. Hai detto che non sarà propriamente un avversario…

Confermo che sarà difficile vederlo un avversario come tutti gli altri piloti. Di certo sarà una cosa fighissima: io sono nato nel 1997, l’anno in cui ha vinto il suo primo titolo mondiale in 125cc. Per me è un esempio, per la forza che ci mette per continuare a correre ad alti livelli e migliorarsi di continuo. Sarà qualcosa di incredibile gareggiare insieme a lui…

Tra gli avversari ci sarà anche Franco Morbidelli, altro pupillo della VR46 Riders Academy: la stampa probabilmente ne parlerà di un dualismo tra voi su chi potrebbe diventare l’erede di Rossi. Sei della stessa opinione?

Non proprio. Io e Franco siamo amici, ci rispettiamo, poi chiaramente in pista vogliamo stare davanti. Non ci scanneremo in gara, ma non ci tireremo dietro se ci fosse l’opportunità di sorpassarci…

Di nuovi avversari hai già avuto modo di superare pronti-via Jorge Lorenzo nel corso della prima giornata di test a Valencia…

“Sì, ma solo perché è andato largo alla prima curva (ride, ndr). Per me è stato bello vederlo guidare così da vicino, ti lascia a bocca aperta”.

Dicono che hai uno stile di guida molto simile a lui…

“Lorenzo ha uno stile che privilegia molto la velocità in curva, ha delle linee molto tonde in percorrenza e nel contempo stacca forte. Vero, su diversi aspetti abbiamo una guida similare, ma ad oggi ho ancora tanto, tanto margine soprattutto in fase di staccata

A proposito: dovessi paragonare la guida di una MotoGP a qualcosa nella vita di tutti i giorni, cosa penseresti?

“Non ne ho idea. La MotoGP è assurda: frena troppo, viaggi ad oltre 300 orari, in curva sembra non avere limite. Non saprei a cosa paragonarla: è qualcosa di unico”

Da pilota professionista sei un giramondo: molti tuoi colleghi si sono trasferiti ad Andorra o Lugano, tu pensi vivrai ancora a lungo in Italia?

Si dice “mai dire mai nella vita”, ma non credo. Sono dell’idea che vivere in Italia sia il massimo: come si sta qui non ha eguali

Sei comunque legato alla tua Chivasso e a Torino, dove sei nato. A proposito, la sindaca Chiara Appendino ti ha dedicato un tweet “Hai portato Torino sul tetto del mondo”. In molti hanno risposto “Beh, almeno lui”, in riferimento alla mancata candidatura olimpica della città…

“Non so cosa sia successo al riguardo e non ci ho fatto caso a questo tweet. So solo che sono molto orgoglioso di aver portato la mia città, Chivasso, così in alto. Non era mai successo prima, penso sia positivo per tutti e anche per il motociclismo…”

Di questo sport ultimamente si è parlato a lungo per la vicenda di Romano Fenati. Sei stato suo compagno di squadra, qual è la tua opinione su quanto è accaduto?

Posso dire che Romano è un pilota che va molto forte ed è un gran talento. Anche al suo esordio in Moto2 lo ha dimostrato, ritrovandosi subito in Qatar là davanti. Parliamo di un pilota istintivo, che alle volte diventa incontrollabile, su questo certamente dovrà lavorare. Romano è un ragazzo che, quando è tranquillo, ci ridi e scherzi insieme. Giusto dargli un’altra opportunità? Per me sì. Ha compiuto un brutto gesto, così come brutta è stata la reazione della gente nei suoi confronti. Un’altra possibilità non si nega a nessuno, anche se per lui credo sarà davvero l’ultima…

Un magazine francese ha scritto che tu sei un po’ la sua “nemesi”, anche per via del tuo carattere. Sei un ragazzo tranquillo, riservato, educato… La definizione di “pilota della porta accanto” ti piace?

“Mi sembra un appellativo un po’ “moscio”… Però sì, mi piace. Sono fatto così, anche in queste ultime settimane ho cercato di essere disponibile con tutti, mi sembra doveroso”.

Al Ranch ti chiamano “Lewis” riferendosi ad Hamilton…

“Adesso un po’ meno! (ride). Inizialmente sì, perché mi vestivo con qualche felpa piuttosto appariscente, un po’ come Hamilton”.

Di recente è anche salito in moto e dovrebbe essere ospite al Ranch prima o poi…

“Pare di sì, ma credo non a breve. In moto sì, ho letto e ho visto le sue foto. Dicono che ha girato a 7″ dai migliori della Superbike? Nel caso è andato davvero troppo forte. Vedendo qualche foto di lui in sella mi sembra comunque un po’ strano…”

Diventare un pilota professionista richiede impegno, sacrifici, anche tanti rischi. Di questi tempi, ti ritieni comunque un privilegiato?

“Assolutamente sì e so perfettamente di esserlo. Per questo ringrazio sempre la mia famiglia per i loro sacrifici di questi anni, così come la VR46 e Sky per dove mi hanno portato. Ci penso sempre”

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