Quando l’immagine diventa un virus: Fornasetti

Editorial content direction & production Alessia Caliendo

Photographer Elodie Cavallaro

Video director Sara Fabbiani

Supported by Discromie

Quando l’immagine diventa un virus: Fornasetti

Guida pratica alla mostra parmense sul genio della decorazione che ha creato le immagini più virali del ventesimo secolo.

C’è tempo fino al 14 febbraio 2021 per visitare “FORNASETTI. Theatrum Mundi”, la mostra-evento di Parma 2020+21 Capitale Italiana della Cultura e lasciarsi contagiare dal virus Fornasetti.

I sintomi? Semplicissimi da riconoscere: sentirsi sopraffatti dalla bellezza; vivere una vera e propria esperienza estatica da sindrome di Stendhal; e infine, avere un’irrefrenabile voglia di sfoderare il proprio smartphone per immortalare ogni dettaglio di questo viaggio nel Fornasetti-pensiero tra arte, architettura, storia e teatro, all’interno del Complesso monumentale della Pilotta.

Piero Fornasetti

L’esposizione offre al pubblico l’occasione di conoscere il mondo visionario e onirico di Piero Fornasetti (1913-1988), figura poliedrica dell’arte italiana che non si può incasellare in un’unica categoria. C’è chi lo definisce designer e chi lo considera a tutti gli effetti un artista, ma è molto di più. È l’uomo che a metà del Novecento ha costruito un nuovo modo di dar vita agli oggetti di uso quotidiano donando loro un valore culturale e un messaggio artistico attraverso la decorazione.

Affascinato dall’allure simbolica di mani, soli, lune e mazzi di carte, viene presto notato dal grande architetto Gio Ponti, altro indiscusso genio iniziatore del gusto italiano, che sin dagli anni Trenta gli proporrà di collaborare a svariati progetti decorativi la cui massima espressione si realizza nel trumeau Architettura, una credenza a metà tra mobile bar e scrittoio decorata come un pasticcio architettonico, che i due presentano alla Triennale di Milano nel 1951.

Oggi l’eredità culturale e progettuale di Piero è custodita dal figlio Barnaba che, in qualità di direttore artistico dell’atelier, sin dagli anni Ottanta ha contribuito all’internazionalizzazione del brand con la creazione di nuovi oggetti e decori, oltre a produzioni teatrali e importanti progetti espositivi in giro per il mondo. 

Tuttora gli oggetti e le stampe vengono eseguiti a mano nell’atelier milanese in edizioni annuali limitate e le numerose fasi artigianali del ciclo di lavorazione fanno sì che ciascun manufatto sia concepito come un vero e proprio multiplo d’arte. 

Fornasetti. Theatrum Mundi 

I curatori della mostra, Barnaba Fornasetti (direttore artistico dell’Atelier Fornasetti), Valeria Manzi (Presidente dell’Associazione Fornasetti Cult) e Simone Verde (direttore del Complesso Monumentale della Pilotta), hanno disseminato tra le collezioni del museo ben 1234 opere dell’atelier ideando un percorso visivo tra simboli, citazioni e rimandi storici. 

Il concetto chiave che dà il nome all’esposizione è la teoria del Theatrum mundi del filosofo Giulio Camillo (1480-1544) secondo il quale la conoscenza umana è un teatro della memoria in cui lo spettatore sta al centro e lo spettacolo gli si dispiega intorno attraverso l’infinita combinazione di elementi conosciuti. Allo stesso modo, nell’immaginario decorativo dell’Atelier Fornasetti, così come nella sede espositiva, icone, simboli, forme architettoniche e epoche storiche si intrecciano e si esaltano a vicenda assumendo nuovi significati con le sembianze di oggetti eleganti e ironici creati per una dimensione domestica senza tempo.

Lo stile Fornasetti

L’inconfondibile cifra stilistica di Fornasetti è il tratto continuo a china: un segno grafico leggero che delinea contorni, talvolta anche con un lieve tremolio, quasi dovesse rassicurare l’osservatore che la sua opera è il frutto di un gesto umano, pensato con la testa, sentito con il cuore e realizzato a mano libera.

Da esperto conoscitore delle più svariate tecniche grafiche e incisorie nelle sue opere si percepiscono influenze e ispirazioni che trapassano i secoli partendo dai dettagliatissimi disegni cinquecenteschi di Albrecht Dürer fino alle stilizzazioni di Jean Cocteau, ma il tutto è reinterpretato in chiave personale, in base al decoro da realizzare. Che si tratti di un piatto da appendere, una litografia, un biglietto di auguri, una sedia davanti a uno scrittoio o un piccolo posacenere, poco importa; ogni oggetto di Fornasetti è portatore sano di bellezza e ha il potere di cambiare la percezione dell’ambiente in cui viene posizionato. 

L’eleganza dei gesti senza tempo

Il percorso espositivo si articola in svariati nuclei legati ai principali temi dell’opera di Fornasetti come i frammenti delle rovine greco-romane, i grandi trattati teorici dell’architettura, gli strumenti musicali, il collezionismo e la dimensione illusionistica e onirica dei trompe-l’oeil, ma ciò che riesce a catturare la curiosità del visitatore è l’immensa mole di oggetti di uso quotidiano che il maestro è riuscito a trasformare in piccoli capolavori, oggi croce e delizia dei collezionisti di modernariato. Calendari, piatti, paraventi, bicchieri, fermacarte, svuota-tasche, tappeti, tavoli, portaombrelli, tutto racconta di una gestualità apparentemente perduta di cui lo stesso Fornasetti si lamentava: “Mi reputo anche l’inventore del vassoio, perché ad un certo momento della nostra civiltà non si sapeva più come porgere un bicchiere, un messaggio, una poesia.

Gradualmente, con la sua inventiva e il suo estro, reintroduce nelle case il buon gusto attraverso un linguaggio visivo, fatto di umorismo e nostalgia, rendendo mobili e complementi d’arredo dei veri e propri oggetti da conversazione. 

10, 100, 1000 Lina Cavalieri

Citando una delle provocazioni del padre della beat generation, William S. Burroughs, che sosteneva “l’immagine è un virus”, il luogo fulcro della mostra vede come protagonista Lina Cavalieri. Entrando nel Teatro Farnese è infatti impossibile non sentirsi sopraffatti dalla Bellezza con la B maiuscola. A metà tra un’azione di guerrilla marketing e la più nobile delle istallazioni artistiche, come se non bastasse l’architettura di uno dei “teatri più belli del mondo”, seduto nella sua maestosa cavea lignea vi è un esercito di cloni della “donna più bella del mondo”, che scruta e ammalia l’osservatore.

Si tratta di Lina Cavalieri, la sciantosa trasformatasi nella più sofisticata e affascinante delle cantanti liriche della Belle Epoque, il cui ritratto trovato in una rivista d’epoca viene rielaborato dallo stesso Piero in oltre 350 versioni nella serie di piatti Tema e Variazioni

Divorata da un coccodrillo, sorridente, piangente, tatuata, silenziosa, dubbiosa, sexy, maliziosa, furiosa, e chi più ne ha più ne metta, la Lina di Fornasetti si può considerare a tutti gli effetti come la Gioconda di Leonardo del ventesimo secolo, ancora prima della Marylin di Warhol. Un’icona femminile immortale di cui lo stesso Piero aveva appeso “solo” 300 varianti nel luogo più intimo del suo showroom, il bagno, ma che oggi, grazie alla mostra di Parma, calca nuovamente le scene di un teatro.

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