Sfilate uomo autunno-inverno 2022/23: un gentiluomo, un uomo gentile

«È infinitamente più vile leggere un cattivo libro che non comperare un cappello, o una cravatta alla moda. La moda distribuisce clandestinamente dei simboli, in una cultura che non sa più fabbricarli direttamente», scriveva Giorgio Manganelli.

Di simboli, allegorie e metafore ce ne sono in abbondanza, nelle ultime sfilate maschili di Milano, Parigi e qualche lampo londinese per il prossimo autunno-inverno. Da un lato, il ritorno a un formale ripensato e rimodulato era un facile pronostico, dopo due anni passati in tuta, felpe e sneakers e con il crescente desiderio di rimettersi in gioco con abiti belli, di tessuti preziosi e di ottima fattura; dall’altro, la situazione socio-politica mondiale, ancora offuscata dalla presenza del Covid e delle sue varianti che non accennano a diminuire, l’incertezza del futuro, la polarizzazione del pensiero che sta esacerbando la comunicazione con il risultato di arrivare a un certo conservatorismo, potrebbero nascondere la riattivazione di una società che va verso la restaurazione dello status quo.


Prada A/I 2022/23, photo: AFP

Del resto, gruppi crescenti di persone desiderano prodotti sfarzosi e hanno disponibilità economiche che glielo permettono. I mercati del lusso tradizionali beneficiano in particolar modo delle tendenze di consumo come l’edonismo e dal crescente desiderio degli individui di distinguersi e rappresentarsi, specialmente in periodi di crescente incertezza/instabilità. Ma Il mainstream stesso è sempre più frammentato, e quindi dentro a un messaggio chiaro e coerente, poi affluiscono trend minori che quel messaggio contraddicono e ridiscutono.


Alyx A/I 2022/23, ph. by Filippo Fior/GoRunway.com

In questo panorama inquieto, ci è sembrato che la categoria dell’“abbigliamento” abbia vinto su quella della “moda”, intesa come ricerca spasmodica del nuovo, pur fronteggiando una realtà che finora non ha avuto eguali nella storia. In questo senso, la sfilata di Alessandro Sartori per Zegna è stata la più rivoluzionaria, pur nella pacatezza di toni e volumi, nel saper conciliare una serie di istanze – il genderless, la diversity, l’inclusione – con una tradizione sartoriale che oggi è più che mai necessaria per trasformare un’idea in un “prodotto” e, nello stesso tempo, avere tutti i crismi per essere considerata contemporanea. Abbigliamento per umani, esattamente: Miuccia Prada con Raf Simons e Rei Kawakubo per Comme des Garçons hanno rielaborato – ciascuno a suo modo – gli stilemi del classico, i primi legandolo al concetto di potere (riproponendo il tema della mitica collezione autunno-inverno 2012 “Il Palazzo” e non ispirandosi, come dicono alcuni malinformati, alle sfilate di Demna per Balenciaga), la seconda alla figura letteraria del flâneur, il gentiluomo vagabondo che passeggia per le vie della metropoli senza meta, limitando la sua produttività alla pura osservazione.
Ma, nei fatti, i capi proposti hanno la solennità offerta dall’idea di essere pezzi destinati a durare, a interpretare quella voglia di eleganza in una chiave di quella che Italo Calvino, nell’ultima delle Lezioni Americane che non venne mai pubblicata, chiama consistency. In inglese, il termine consistency può assumere, a seconda del contesto, tre significati differenti. Consistenza, costanza, coerenza. Per Calvino, tutti e tre sono fondamentali: spiega che un’opera d’arte deve essere consistente. Ciò significa che essa deve possedere tutte le sfumature del suo autore. L’artista, infatti, ha completamente carta bianca. Egli può decidere su cosa improntare il suo lavoro. Tuttavia, è in ogni caso influenzato dal circostante, nel bene e nel male. Ed è inevitabile che la sua arte rifletta tutti gli aspetti che lo caratterizzano.


Zegna A/I 2022/23

In questa accezione, le più belle collezioni maschili – anche quelle che, come Undercover disegnata da Jun Takahashi o Alyx, a cura di Matthew Williams – nella loro apparente sobrietà celavano un senso coerente e compatto di un uomo che ha sicuramente introiettato la lezione dello streetstyle e della contaminazione con elementi femminili, ma nello stesso tempo vuole sentirsi protetto sia dalla storia che lo ha condotto fin qui, sia da capi portabili, forse non troppo spiritosi, ma d’impianto solido, fermo, sicuro. Perfino quelle che sono sembrati i défilé più surreali – del resto, quale momento di surrealtà o surrealismo più concreto quanto quello che stiamo vivendo? – come quella di Loewe del sempre più bravo JW Anderson o GmbH, disegnata dal duo Serhat Isik e Benjamin Huseby (prossimi direttori creativi di casa Trussardi: speriamo li facciano lavorare in pace) tra le proposte più estrose racchiudevano un cuore dove il tailoring ragionato sostituisce l’effetto spettacolare fine a se stesso, in una concezione di un menswear moderno ma costruito secondo regole di ingegneria tessile.


Loewe A/I 2022/23, ph. by Acielle / StyleDuMonde

Viene in mente la frase iniziale del saggio di Salvatore Settis Futuro del classico (Einaudi): «Ogni epoca, per trovare identità e forza, ha inventato un’idea diversa di “classico”. Così il “classico” riguarda sempre non solo il passato ma il presente e una visione del futuro. Per dar forma al mondo di domani è necessario ripensare le nostre molteplici radici». In un mondo come questo, dove mai come adesso si parla di realtà alternative come il metaverso, sembra che i fashion designer oppongano una visione forte, reale, per niente tecnologicamente visionaria.
Anche nella sfilata postuma di Virgil Abloh per Louis Vuitton o in quella di Kim Jones per Dior Homme, agli allestimenti onirici si unisce la maestria artigianale del “saper fare” e del rapporto con il tempo. Per il compianto Virgil, la stampa di un quadro di Giorgio De Chirico, La melanconia della partenza, su cappotti e capispalla era illustrativo del concetto di Maintainamorphosis, da lui definito come il principio per cui le “vecchie” idee dovrebbero essere rinvigorite con valore e presentate insieme alle “nuove”, perché entrambe hanno lo stesso valore. Per Mr. Jones, invece, la celebrazione della 75° della maison è stata l’occasione per trasferire i codici estetici femminili di monsieur Dior, che non disegnò mai abiti da uomo, su capi estremamente virili che da questa impollinazione hanno dato vita a una collezione desiderabilissima, forte e cortese, dove il concetto di gentiluomo si scompone e si confonde in quello di “uomo gentile”.


Undercover A/I 2022/23

Potremmo definire così il vero protagonista delle fashion week europee: un uomo gentile e un gentiluomo, in grado di esercitare senza vergogna alcuna una sensibilità acuta fino alla vulnerabilità ma nello stesso tempo preparato ad affrontare un mondo che non sempre gli mostra il volto migliore, ma lo minaccia con guerre, carestie ed epidemie. “Dio fece all’uomo e sua moglie tuniche e li vestì”, è scritto nella Genesi 3, 21. Fuori dai riferimenti teologici poi, basti pensare al nesso linguistico tra il termine latino vestis, “veste”, e la parola “investitura”, vocabolo che indica la nomina a un incarico ufficiale; l’abito, attraverso la sua dimensione simbolica, appunto, appartiene alla cultura e la rappresenta. Per approdare, si spera, a una dimostrazione non tossica, né carnevalesca, di una mascolinità dolce, piacevole, garbata.


Louis Vuitton A/I 2022/23, ph. REUTERS/Violeta Santos Moura

In apertura, la collezione Dior Men A/I 2022/23, credits: © Brett Lloyd

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