Il quadro variopinto di Sicilia En Primeur 2024

A vederla da vicino la Sicilia vitivinicola appare oggi come un ricco e colorato quadro in cui convivono miriadi di anime, le infinite anime del vino.

C’è il brio dei giovani della Generazione Next che racconta l’entusiasmo e il lato gioviale del nettare di bacco. C’è la visione delle seconde generazioni dei padri fondatori del vino siciliano. La #PRT, Planeta Rallo Tasca, prosegue il progetto illuminato dei genitori e lo realizza con pregio, solidità e ascolto dei tempi che corrono. Ci sono i trentenni caparbi, viticoltori del sentire, sensibili vinificatori che sintetizzano i loro terroir in nettari di pura energia. Qualcuno ha persino attraversato l’Europa con una Fiat Palio color melanzana per far conoscere i vini del suo sperduto e meraviglioso territorio al mondo intero.

Sicilia En Primeur: alla scoperta dei vini dell’isola

Si è da poco concluso Sicilia En Primeur, il bell’evento organizzato da Assovini Sicilia. L’associazione, che unisce cento cantine della regione, ogni primavera organizza cinque giorni di degustazioni, convegni e visite nei territori per i giornalisti del settore di tutto il mondo. L’edizione 2024 restituisce l’immagine di una regione vitivinicola unita e votata alla valorizzazione delle proprie peculiarità.

Negli ultimi decenni la Sicilia del vino è cambiata moltissimo e si è rimboccata le maniche per sostituire la quantità con la qualità. È una terra che punta sui propri vitigni autoctoni e che sta gradualmente soppiantando le varietà francesi, Syrah e Cabernet Franc tra i rossi e Chardonnay tra i bianchi; per valorizzare le più nostrane Nerello Mascalese, Frappato, Nocera e Perricone, per quel che riguarda le varietà a bacca scura; Carricante, Grillo e Lucido, l’ex Catarratto, fra quelle chiare. Il vigneto siciliano è inoltre il più green d’Italia, con la più estesa superficie dedicata alla viticoltura biologica.

Sicilia del vino: identità e sostenibilità in evoluzione

Oggi, sulla grande isola al centro del Mediterraneo, tante cantine, piccole e grandi, persino i blasoni più statuari, si cominciano a smuovere verso intenzioni più identitarie e sostenibili. Ci sono una denominazione regionale, che risponde al nome di Sicilia Doc, e un protocollo di sostenibilità a 360° a cui i produttori possono aderire volontariamente. C’è la capacità di fare sistema, cosa assai rara fra attori concorrenti dello stesso settore produttivo. Ci sono i gruppi, le famiglie nobili e borghesi, siciliane e non, quelle che arrivano dall’estero, quelle miste. È un melting pot che freme, anzi ribolle: la Sicilia del vino.

Che poi più che una regione è un continente che racchiude un mondo di storia, arte e scenari naturalistici mozzafiato. Dai corvini terrazzamenti dell’Etna colorati di agrumi e vigneti, alle abbaglianti isole Eolie e alla ventosa Pantelleria. Dalle saline di Marsala e Trapani, alle dolci colline vitate subito dietro le spiagge, fino alle praterie montane dell’entroterra con l’agreste eleganza dei bagli antichi ornati di rose. Ci sono le sabbie bianche e rosse di Vittoria, i verdi boschi di Chiaramonte Gulfi e le montagne sopra Palermo, le leggende di Monreale.

Classica, bizantina, araba, normanna, la Sicilia è stata per millenni l’ombelico del mondo conosciuto, e ogni civiltà vi ha lasciato qualcosa di inestimabile e assaporabile fra un calice e l’altro. Dalle antiche vestigia di Mothia, ai parchi archeologici di Segesta e Selinunte; dal romanico medievale di Erice al barocco Ragusano, fino al contemporaneo surreale di Gibellina. La Sicilia contiene moltitudini e in ognuna di esse c’è un vino da scoprire.

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