Guida per attori emergenti (e non): “I 400 Giorni – Funamboli e Maestri” racconta il cinema italiano

«L’intento è quello di descrivere il cinema e lo scenario underground che lo anima non solo come un mondo di finzione e messa in scena, bensì come un nastro di Moebius dove la fiction si fonde con la vita, rendendo evidente l’ossimoro pirandelliano delle Maschere Nude, in cui è proprio la vita reale a creare la maschera, mentre la finzione scenica la libera». Queste le parole con le quali Emanuele Napolitano, uno dei due registi, descrive I 400 Giorni – Funamboli e Maestri.

Ventiquattro aspiranti attori per un viaggio lungo 400 giorni che si trasforma in una road map per attori emergenti. Un docufilm che parte dal progetto DO Tour Casting, che ha portato alla creazione di un vivaio di talenti emergenti under 30 presentato al Torino Film Fest fuori concorso. Il repertorio del documentario include anche filmati e testimonianze dell’Archivio storico Istituto Luce e della Cineteca di Bologna.

Un grande coro a più voci, un esperimento che vede da un lato attori e attrici del panorama cinematografico italiano come Anna Foglietta, Claudio Amendola, Stefania Sandrelli, Luca Marinelli, Paolo Genovese. Dall’altro giovani attori in formazione, alcuni dei quali hanno già avuto l’opportunità di sperimentare set importanti.

“I 400 giorni” è un modo per raccontare il cinema con lo spirito delle parole pronunciate da Alberto Sordi nelle prime scene: «Il nostro cinema italiano è un cinema del quale si dicono tante cose. Lasciamo pure che le dicano, noi continuiamo a lavorare nel nostro piccolo».

Gli attori del docufilm I 400 Giorni - Funamboli e Maestri
Gli attori del docufilm I 400 Giorni – Funamboli e Maestri

Adele, Sarah e il loro percorso nel docufilm

Adele Cammarata, 23 anni, romana e diplomata all’Accademia Silvio D’Amico. È uno dei volti principali della prima stagione della serie Disney I leoni di Sicilia e la ritroveremo anche nella seconda. 

Sarah Short, 23 anni, di Torino. Ha studiato in Inghilterra e all’Accademia dei Filodrammatici di Milano. Sarà nel cast delle serie Rai Marconi e al cinema come protagonista nel film Clorofilla, presentato in concorso ad Alice nella Città durante la Festa del cinema di Roma.

Giovani attori e solo 5 minuti per un provino che potrebbe cambiare la loro vita. Inizia così il percorso di Adele e Sarah.

«Anche nella frattura di un breve silenzio può riverberare l’unicità della comunicazione»

Pensate davvero che 5 minuti siano sufficienti per capire e per farsi capire, per dare un’opportunità unica?

AdeleLa misura del tempo impone un certo limite. La sfida è pensare di non avere nulla da dimostrare, ma qualcosa da far accadere. La semplicità di questo grande compito pone di fronte al rischio di essere spogli, privi di sostegni. E a volte la paura di questo vuoto spinge le proprie capacità oltre i confini prefissati. Cinque minuti non sono certo sufficienti alla comprensione; per questo cavalcare l’imbarazzo e il disagio può essere la chiave. Anche nella frattura di un breve silenzio può riverberare l’unicità della comunicazione. 

SarahCome in qualsiasi provino, ci sono sempre tanti elementi che sono al di fuori del mio controllo. Per questo, l’unica cosa che mi limito a fare è concentrarmi su quello che ho preparato e sul mio lavoro, che è l’unica cosa che posso controllare. Durante il provino ho fatto così, nella speranza che emergessero, per vie traverse, la mia passione e la mia professionalità. Adesso mi sento di dire che 5 minuti possano bastare per capire se ci si può fidare di qualcuno. Mal che vada ci si sbaglia.

«Da spettatrice, penso che ogni attore e attrice abbia la sua modalità di esistere e ogni modo di recitare funzioni rispetto a un determinato progetto»

Luca Marinelli nel docu dice: “Che cos’è il talento? Non ne ho la più pallida idea. Anche se poi accenna a una spiegazione. Per voi cos’è? 

Adele: Mistero. È qualcosa che non si sa di avere: è, e basta. Possederlo altro non è che un illusione. A volte si sente poggiando l’orecchio sull’orlo del proprio abisso, quel confine sottile da cui echeggia un frastuono lontano, rapsodico, celato tra le pareti di un innato dono. 

Sarah: Non esiste un talento riconoscibile universalmente. Da spettatrice, penso che ogni attore e attrice abbia la sua modalità di esistere e ogni modo di recitare funzioni rispetto a un determinato progetto. Come attrice, riconosco in me stessa una necessità di fare questo mestiere: non so se abbia a che fare col talento.

«Non penso di poter fare la differenza. Spero di poter essere differente»

In 400 giorni vediamo alternati mostri sacri del cinema italiano e giovani ragazzi poco o affatto conosciuti: attori all’inizio e all’apice della loro carriera. Quale contributo pensi di poter dare al cinema italiano? Dove credi di poter fare la differenza? 

Adele: Il cinema italiano può sopravvivere, anche senza il mio contributo. Non penso di poter fare la differenza. Spero di poter essere differente, che la mia proposta sia sempre nuova, diversa, inconsueta, inaspettata, unica, metamorfica. 

Sarah: È molto difficile rispondere in qualità di attrice. Penso che la differenza si faccia attraverso l’insieme, quindi vorrei continuare a crescere, confrontarmi con tante menti e anime diverse. Ho avuto la fortuna di lavorare con registe e registi giovani. Mi piacerebbe molto continuare su questa linea, affrontando tanti personaggi e spaziare il più possibile.

Il consiglio di Stefania Sandrelli ai giovani è di iniziare dal teatro. È un consiglio datato o ancora valido?

Adele: Il teatro non è solo un punto di partenza, ma un luogo di arrivo. Oggi più che mai è necessario condividere la potenza di un rito antico quanto la nostra specie, per ritrovarci e riconoscerci animali nella compresenza dei corpi, nella vibrazione elettrica di un qui e ora, l’immediatezza più autentica che possa esistere. 

Sarah: Consiglio validissimo! Io lo pratico quando non lavoro nel cinema e non potrei vivere senza.

«L’errore è il più grande maestro. Concedersi la libertà di sbagliare permette di imparare a rinnovarsi, cambiare, grazie all’esperienza del fallimento»

Francesco Scianna consiglia a chi inizia di trovare dei grandi maestri. Ne avete trovato almeno uno

Adele: L’errore è il più grande maestro. Concedersi la libertà di sbagliare permette di imparare a rinnovarsi, cambiare, grazie all’esperienza del fallimento. Fallire clamorosamente, fallendo meglio. 

Sarah: Una grande persona con cui ho la fortuna di lavorare in teatro è Filippo Renda. Sono cresciuta moltissimo a livello recitativo grazie a lui. Non riesco a definirlo maestro perché non si pone mai come tale, anzi. Forse è proprio per questo che lo stimo, perché nel lavoro con lui non si ha paura di dire quello che si pensa. Ci si può permettere di sbagliare e quindi, inevitabilmente, di crescere.

«Maya è stato un viaggio difficile, che ha richiesto molta costanza e volontà di mettersi in dubbio. Proprio per questo però è stato un regalo»

Il ruolo che maggiormente vi ha messo alla prova finora e che vi ha fatto dire “non sono più a scuola, qui si fa sul serio”?

Adele: EVA, Entità Virtuale Analitica. Il ruolo più stimolante e altrettanto complicato che fino ad ora ho interpretato. Timshel è stato il primo spettacolo a cui ho preso parte dopo la formazione accademica. La richiesta da parte dei registi – Massimiliano Burini e Matteo Fiorucci – era di fornire alla drammaturgia inedita un apporto autorale, personale. Non essendo fisicamente presente in scena in quanto corpo, tutto il lavoro era incentrato sul tentativo di riprodurre una voce digitale, che conservasse il sé un perturbante sentore umano. La magia di esserci senza essere visti.

Sarah: Tutti i lavori mi hanno messa alla prova in maniera diversa. Sicuramente il ruolo più totalizzante è stato quello di Maia, nel film Clorofilla. Maia è una ragazza che riesce a malapena a parlare, è spaventata persino della sua voce e non riesce a comunicare con gli altri. Io tendo ad affrontare il dolore con molta ironia. In un certo senso ho più schermi, mi nascondo facendo rumore. Il suo silenzio invece è assordante e violento, sia per se stessa che per gli altri. Per questo ho dovuto lavorare su un tipo fragilità che nella vita non mi permetto di vivere. È stato un viaggio difficile, che ha richiesto molta costanza e volontà di mettersi in dubbio. Proprio per questo però è stato un regalo.

Il vostro sogno? 

Adele: Sognare il proibito, tramite l’arte di sparire, scivolando riflessa nel corpo di un altro. 

Sarah: Continuare a vivere questo mestiere in equilibrio tra leggerezza e gravità.

La vostra paura? E come la superate?

Adele: L’invadente timore di non essere all’altezza. Quando questo sentire si fa insopportabile, provo a guardarmi indietro, rendendomi di nuovo testimone di ciò che ho costruito per arrivare dove sono. È sempre una sorpresa riscoprirsi ancora in ciò che così sapientemente non so fare

Sarah: La perdita di controllo. La supero perdendo il controllo.

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