Ci tiene a definirsi figlio di una coppia “mista” (sua madre è del Burkina Faso) Alberto Malanchino, attore italiano classe 1992, originario dell’hinterland milanese, appassionato di cinema sin da piccolo. Formatosi all’accademia Paolo Grassi di Milano, si divide da subito fra teatro e televisione, dove abbiamo avuto modo di apprezzarlo in alcune produzioni Rai, tra cui l’ultimo successo della rete ammiraglia, Doc – Nelle tue mani, serial in cui interpreta il ruolo di Gabriel Kidane. A marzo 2022 entra nel cast dello spettacolo teatrale The Boys in the Band, opera teatrale del commediografo americano Mart Crowley, andata in scena per la prima volta a New York nel 1968; la versione italiana dello spettacolo è stata adattata da Costantino della Gherardesca, con la regia di Giorgio Bozzo. Per la Disney Pixar, invece, Malanchino è la voce italiana di Buzz Lightyear nel suo film di animazione Lightyear – La vera storia di Buzz, al cinema la scorsa estate. Nell’intervista che segue, racconta a MANINTOWN i retroscena del suo percorso attoriale e le ultime novità professionali.
“Svolgo attività di doppiaggio da un po’ di anni, è un ambito in cui mi trovo a mio agio”
Quando hai realizzato che la tua passione era quella della recitazione?
È nato tutto quand’ero piccolo, periodo in cui guardavo molti film italiani e stranieri in lingua originale insieme a mia mamma. Poi, durante l’ultimo anno delle superiori, ho visto a teatro la compagnia Quelli di Grock ne Le allegre comari di Windsor, in quel momento ho realizzato che la recitazione sarebbe diventata il mio lavoro.
A cosa stai lavorando al momento?
Sono in scena a Milano al teatro Franco Parenti con Sid – Fin qui tutto bene. La serata di oggi è già sold out, lo spettacolo sta andando molto bene. Ci saranno altre repliche, fra Torino e Parma.
Che rapporto hai con il teatro?
Il teatro è la mia base di partenza, ho frequentato scuole private e accademie teatrali come la Paolo Grassi di Milano. L’essenza di un attore non cambia, a prescindere dal contesto, palco, video o doppiaggio. Le difficoltà tecniche e lavorative, in quest’ambito, sono una sorta di gavetta. Il sistema italiano, poi, se si parla di diversità è più “difficile”, nel mio caso, essendo figlio di una coppia mista, ho trovato diversi ostacoli sul mio percorso. Oggi, però, si intravede finalmente qualche apertura in questo senso.
Come ti sei trovato col doppiaggio?
Sono molto contento di aver lavorato con Disney per Lightyear – La vera storia di Buzz, essere la voce italiana di Buzz Lightyear è stato motivo di orgoglio, sono cresciuto con il cartone originale, perciò quando mi hanno chiamato per doppiare lo space ranger di Toy Story, non potevo certo tirarmi indietro. Inoltre svolgo attività di doppiaggio da un po’ di anni, è un ambito in cui mi trovo a mio agio.
“Trovi il modo di innamorarti di ogni singolo personaggio su cui lavori”
A quale personaggio, tra quelli interpretati finora, sei più legato?
Direi tutti, in fondo trovi il modo di innamorarti di ogni singolo personaggio su cui lavori. Gabriel Kidane di Doc – Nelle tue mani, per esempio, è stato una svolta a livello di carriera. La serie mi ha dato modo di raggiungere un’amplissima fetta di pubblico, trasversale per gusti ed età. È un personaggio inclusivo e ha richiamato molti spettatori, sia su Rai 1 che sui miei social, dove mi scrivono anche molte persone afro-discendenti, felici di essere finalmente rappresentate su un canale tv nazionalpopolare.
“Quando preparo un ruolo ascolto tanta musica, cercando di farmi influenzare da un genere specifico”
Quali altre passioni coltivi, oltre alla recitazione?
La musica. Amo il genere rock, metal e rap, anche la musica classica. Penso sia una delle arti più belle, in grado di rompere ogni barriera; crea un ponte tra le persone e può essere ascoltata davvero da tutti, da chi ha gusti colti come da chi ha meno cultura musicale.
Nell’ultimo periodo sto apprezzando molto i due album di Marracash, che ha creato due concept album fondamentali e racconta delle fragilità all’interno del rap. Quando preparo un ruolo ascolto tanta musica, cercando di farmi influenzare, a seconda del tipo di personaggio che andrò ad impersonare, da un genere specifico. Adesso che sono in scena con Sid ascolto molta musica classica, proprio come il protagonista dello spettacolo.
“Mi piacerebbe, attraverso il mio percorso, trasmettere il concetto che il lavoro ripaga, a prescindere dalla condizione sociale e dall’etnia”
Ti piacerebbe lasciare un segno per le generazioni che verranno?
Mi piacerebbe, attraverso il mio percorso attoriale, trasmettere alle nuove generazioni il concetto che il duro lavoro ripaga, a prescindere dalla condizione sociale e dall’etnia. Credo di avere una responsabilità rispetto ai più giovani, soprattutto verso chi mi ha seguito in Doc. Vorrei che il mio esempio non sia un fuoco di paglia, che possa essere valido anche per il futuro.
Un personaggio storico che ti piacerebbe interpretare?
Mi piacerebbe interpretare Leone Jacovacci, un pugile italo-congolese. È stato il primo afro-discendente a vincere il titolo italiano, in epoca fascista. Una bella parentesi di storia, ma anche un esempio su come sfruttare le proprie doti, genetiche e non, diventando un campione.
Obiettivi per i prossimi mesi?
Per il momento posso solo dire che mi vedrete al teatro Stabile di Torino con lo spettacolo Riccardo III. Per il resto, devo entrare nel ruolo dell’ attore scaramantico, quindi non posso dire di più.
Credits
Talent Alberto Malanchino
Editor in Chief Federico Poletti
Photographer Alessandro Lo Faro
Stylist Simone Folli
Ph. assistant Fabio Meinardi
Stylist assistants Nadia Mistri, Julie Wozniak
Grooming Alessia Motti
Nell’immagine in apertura, Alberto Malanchino indossa polo Scotch & Soda, pantaloni Tagliatore, borsa e orologio Montblanc
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