CENTO DOMENICHE: L’URLO DI RABBIA DI ANTONIO ALBANESE ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA

Applausi a scena aperta per la prima stampa del film di Antonio Albanese Cento domeniche, presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma e al cinema dal 23 novembre. Cento domeniche è un atto d’accusa su una vergogna italiana. Un film, come dichiarato in chiusura, dedicato alle vittime dei crac bancari che hanno bruciato decine di miliardi di euro, e dove i privilegiati si sono salvati.

L’opera di Albanese è un gioiello, un pugno nello stomaco, un urlo di rabbia impotente. Uno sguardo semplice, lucido, su quel mondo incomprensibile ai più che è il sistema bancario. «Ma l’hai mai visto un contratto tu?», urla Albanese all’ex moglie.

Un film su ‘una vergogna nazionale’: i risparmiatori traditi dalle banche

Una finestra su una vergogna nazionale vista dalla parte del tessuto connettivo dell’economia italiana, fatta di lavoratori, di risparmiatori, di gente che si è costruita casa da solo, lavorandoci “cento domeniche”. Albanese, firmando probabilmente il miglior film della Festa del Cinema, sbatte in faccia al pubblico il mondo amorale delle banche, di quella finanza che ha da decenni soppiantato l’economia, eliminando ogni considerazione dell’essere umano in nome di ingenti profitti nelle mani di pochi.

«Sono io il coglione o sono loro i delinquenti?» è l’urlo di dolore di un Albanese che dice: «Volevo solo pagare il matrimonio di mia figlia». Cento domeniche è la storia di un tradimento, di un’Italia colpita al cuore, dove la parola famiglia è solo uno slogan per vendere. La storia di uno che ne racconta mille. Ma è anche il ritratto impietoso di un’Italia cieca, dove ci si racconta che tutto si aggiusta, che adesso passa. Un’Italia che si fida delle persone sbagliate, con uno Stato che si volta dall’altra parte ed è di fatto connivente.

Standing ovation per Cento domeniche al Rome Film Fest

Cento domeniche è un grande atto di denuncia, un film meravigliosamente politico, sulla manipolazione, sul risparmiatore che si ritrova azionista solo perché non in grado di capire cosa firma, su un mondo dove la vittima viene raccontata come carnefice. Su un’Italia ormai incapace di fare squadra, dove si va troppo spesso in solitaria, dove regna una profonda solitudine. Dove chi sta in alto neanche si sporca le mani: arma vigliacchi che, per paura di perdere il posto, fanno il lavoro sporco in giacca e cravatta. Un film da standing ovation che sembrava non smettere, con i bravissimi, tra gli altri, Sandra Ceccarelli, Elio De Capitani, Bebo Storti, Maurizio Donadoni e Giulia Lazzarini.

Il red carpet di Cento Domeniche al Rome Film Fest (foto Luca Dammico)
Il red carpet di Cento Domeniche al Rome Film Fest (foto Dammico)

Le origini di Antonio Albanese nel film

«Questo film – racconta Antonio Albanese – rappresenta le mie origini, la mia estrazione operaia ma, soprattutto, è la rappresentazione di un’ingiustizia, di una sopraffazione». E poi continua dicendo: «Con Piero Guerrera, mentre scrivevamo la sceneggiatura, mi sono reso conto che è immensa e di una crudeltà incredibile. Volevamo raccontare questa vergogna, sottolineare i danni che possono creare anche poche persone. Ci sono state scene emotivamente faticose da girare. Era importante rispettare tanto dolore. Sono grato agli attori e alle attrici che hanno accettato questa sfida coraggiosa, dove abbiamo raccontato cosa può provocare la malvagità. E la storia di un uomo onesto che non ha il coraggio di ribellarsi, che si dà la colpa di quello che è accaduto. Viviamo in un mondo dove anche se reagisci non si risolve niente, dove non si sa mai chi è il colpevole».

Antonio Albanese alla Festa del Cinema di Roma, foto di Luca Dammico
Antonio Albanese alla Festa del Cinema di Roma (foto: Luca Dammico)

Il regista: «Cento domeniche è un film necessario»

«Desideravo da tempo lavorare sul mondo operaio: milioni di persone definiti come “gli ultimi”. È una cosa che mi fa venire il nervoso! Sono “i primi” perché sono loro che sostengono questo Paese. Ma da decenni sono abbandonati da una politica che non si gira mai da questa parte. Sento Cento domeniche come un film necessario», incalza Albanese dal palco della Festa del Cinema di Roma.

«Mentre lavoravamo al film, abbiamo scoperto storie incredibili di esseri umani che sono usciti dopo mesi sentendosi in colpa, che si vergognavano di questa loro condizione, di questo tradimento. Dove sono i colpevoli? Chi ha provocato questo crimine puro? Questa malvagità è incredibile e non si deve più ripetere!».

«Una delle battute che amo di questo film – conclude Albanese – riguarda un tema che trovo che si stia sottovalutando. È quando lui dice: “Finiremo tutti in fondo a un fondo”. È una frase tragicamente comica, ma è un argomento del quale sentiremo parlare».

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