LA MOSTRA “Spazio, il vuoto entro cui tutto giace” DI CRISTIANO CAROTTI A ROMA

In occasione della mostra Spazio, il vuoto entro cui tutto giace di Cristiano Carotti, inaugurata alla galleria d’arte Contemporary CLUSTER di Roma, e curata da Domenico de Chirico, abbiamo avuto l’occasione di intervistare l’artista.

Ritratto Cristiano Carotti
Ritratto Cristiano Carotti

«Tutto è cominciato con la pittura, che ho studiato in accademia, e poi il percorso è deviato dalla regolare strada alla scoperta di nuove tecniche e nuovi medium»

Com’è iniziata la tua avventura nel mondo dell’arte?

Ormai sono vent’anni che navigo le turbolente acque! Tutto è cominciato con la pittura, che ho studiato in accademia, e poi il percorso è deviato dalla regolare strada alla scoperta di nuove tecniche e nuovi medium.

Ed è proprio il tema della strada che accomuna la tua ultima personale a Terni Tra Cane e Lupo e Spazio, il vuoto su cui tutto giace alla Cluster Contemporary di Roma

Sì, le due mostre sono strettamente connesse. Si può dire che la seconda sia la naturale prosecuzione della prima. Per lavoro mi trovo a fare quotidianamente la spola tra Roma e Terni, che possono essere concepite come il cane e il lupo: la prima, da millenni culla della civiltà mediterranea; la seconda, città d’industria e acciaio (grigia!) inserita in un contesto naturale circostante ancora piuttosto selvaggio e incontaminato.

«Sicuramente è presente il tema della natura trasfigurata dall’intervento umano»

In effetti l’estetica della tua mostra alla CLUSTER, come la città di Terni,  ha una nota punk, post-apocalittica o comunque post-delitto

Sicuramente è presente il tema della natura trasfigurata dall’intervento umano. Ad esempio l’istrice esposto era una carcassa di animale che ho recuperato lungo uno dei miei tragitti, da cui poi è stato ricavato un calco in cemento per la realizzazione della scultura finale in acciaio. E l’animale è stato cremato. Ho realizzato quindi una sorta di maschera funeraria.

Cristiano Carotti - Istrice
Cristiano Carotti – Istrice

«In questo caso l’arte trasfigura la morte, tanto stupida quanto ineluttabile»

Il tema della morte ma anche di un nuovo e diverso inizio è del resto molto presente nella tua produzione

Da buon artista e Junghiano non posso non credere che tutto ciò che viene chiamato arte sia una maniera di capire qualcosa della vita e della morte. Prendiamo ad esempio il rosone che ho realizzato partendo da parabrezza di vecchie auto e tempestandolo, poi, di insetti metallici. In questo caso l’arte trasfigura la morte, tanto stupida quanto ineluttabile, e permette di vedere una carta astrale e tutte le costellazioni del cielo là dove c’era solo un vetro imbrattato.

«Direi che la mia apertura verso l’esoterismo è felicemente definitiva e in divenire. Per il mio lavoro mi affido alle suggestioni e confido che l’universo mi darà la risposta se sarò disposto ad ascoltare»

La dicotomia, la dialettica tra le prospettive, è una delle cifre del tuo lavoro.

Tra Cane e Lupo è il titolo della mia personale a Terni, mutuato dal detto francese “Entre chien et loup”. Se si prova ad andare oltre alla banalizzazione manichea necessaria alla comprensione razionale del mondo, si comprende che ogni esperienza è uno spazio liminale in cui, in ultima istanza, è sempre l’osservatore a connotare l’esperienza di valori, siano essi positivi o negativi.

Sono molto incuriosito dal lampione posto all’inizio della tua mostra a Roma.

“Discendi come la folgore, risali come il serpente” è una massima della Cabala che mi piace molto: discendiamo dall’Uno e poi impieghiamo tutta la vita per ritornarvi. Ho cercato di riprodurla visivamente e dall’incontro col tema su cui volevo imperniare l’esposizione, quello della strada, è nato il lampione, segmentato come il fulmine e allo stesso tempo strisciante a terra come il serpente.

Mi pare di capire che l’elaborazione inconscia giochi un ruolo fondamentale nella genesi delle tue opere

Nel corso della mia vita ho svolto molti studi da autodidatta, sulla scorta dell’esempio di Carl Jung, per cercare di capire come andare oltre. Direi che la mia apertura verso l’esoterismo è felicemente definitiva e in divenire. Per il mio lavoro mi affido alle suggestioni e confido che l’universo mi darà la risposta se sarò disposto ad ascoltare.

L’unica opera figurativa in mostra alla CLUSTER è Pegaso. Ho trovato il fatto alquanto curioso, visto che mi hai detto che il tuo legame con la pittura è forte.

Pegaso è posto alla fine del percorso espositivo e la mia volontà era quella di ricreare uno di quegli incontri casuali con uno sconosciuto che possono avvenire lungo la strada di notte. Viaggiare in auto su una superstrada dopo il crepuscolo è un’esperienza piuttosto solitaria, però capitano incontri con altri guidatori, a volte camionisti, che riusciamo a scorgere illuminati dalla luce surreale dell’abitacolo, che si stagliano come icone. Così Pegaso, non a caso trasportatore mitologico, è stato dipinto alternando strati delle stesse vernici usate per l’asfalto, quindi catrami e pittura fluorescente, e illuminato con lampade di Wood. L’effetto, casuale ma fortuito, ammesso che la casualità esista, è quello di una figura in 3D.

Pegaso
Spazio, il vuoto su cui tutto giace – Cristiano Carotti presso la galleria Contemporary CLUSTER, Roma – Installation view Pegaso

Cosa si prospetta all’orizzonte per te?

Questo non lo so, ma sono certo che quando mi si presenteranno le occasioni giuste, saprò riconoscerle!

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