D1 Milano: il percorso di Dario Spallone

D1 Milano è un brand di orologi fondato nel 2013 da Dario Spallone, oggi trentenne.
Un marchio protagonista di una crescita autentica, virtuosa e dinamica, che gli ha consentito di raggiungere il traguardo di 90.000 modelli venduti all’anno, affermandosi come un nome di spicco nel panorama orologiero internazionale.

D1 Milano
Il Polycarbon della linea Seletti x D1 Milano (ph. courtesy D1 Milano)

Le sue collezioni rappresentano un omaggio all’iconicità dei segnatempo tradizionali, riletta in chiave moderna, e si distinguono per una produzione estremamente attenta ai dettagli, qualità che consente una certa irriverenza nell’approccio, ma sempre nel solco dei principali trend del segmento. I design di D1 sono una combinazione unica tra rispetto della tradizione, contemporaneità e ricerca, caratteristiche che l’hanno accompagnato verso un successo intergenerazionale consolidato. Nella nostra intervista, Dario ci racconta la passione per questo intramontabile accessorio maschile ma anche il suo percorso da giovane imprenditore.

D1 Milano intervista
Dario Spallone (ph. courtesy D1 Milano)

Intervista con Dario Spallone, fondatore e Ceo D1 Milano

Ha dato vita al progetto D1 Milano da giovanissimo, può raccontarci come nasce il suo pensiero imprenditoriale e perché ha scelto questo segmento?

Molti si focalizzano sull’età o sul come è iniziato un progetto, secondo me paradossalmente è la parte meno importante. Si pensa spesso che per iniziare qualcosa bisogna avere “l’idea della vita” o uno storytelling da far invidia ad Alessandro Baricco, io penso invece che ci sia poca autenticità in questo. Un progetto non inizia in un determinato momento, è un qualcosa in costante innovazione.
All’inizio devi essere disperato o pazzo, perché il rischio, nel partire da zero, è così alto che uno sano di mente non giustificherebbe mai razionalmente una scelta del genere. Il mio essere giovane è stato d’aiuto, ma a dire la verità non c’è stata bravura, piuttosto fortuna nel buttarmi a capofitto, non avevo idea della reale difficoltà di quello che volevo fare.

Quando ho cominciato avevo una passione per l’orologio, inteso come accessorio, come uno dei pochi prodotti che un uomo poteva usare per raccontarsi. Sarei falso a dire che era una passione spropositata, perché in realtà si è costruita giorno dopo giorno. Così, poco per volta, ho cominciato a notare che questo progetto diventava un modo di comunicare chi fossi. I sacrifici, compiuti in maniera naturale, e le decisioni prese senza alcuna giustificazione logica sono quelle che mi hanno fatto capire quali siano i nostri valori; dopo quasi dieci anni, posso dire finalmente qual è il nostro pensiero: fare le cose al meglio, migliorare costantemente. L’azienda rappresenta ciò che siamo, l’attenzione al dettaglio, la qualità, il nostro tono di voce, è questo a renderci diversi da tutti gli altri brand che possono competere nello stesso segmento.

“L’orologio è uno dei pochi prodotti che un uomo può usare per raccontarsi”

Seletti x D1 Milano
Un altro modello della collab Seletti x D1 Milano

Il marchio ha conosciuto da subito un forte sviluppo commerciale all’estero, con un focus importante a Dubai, può spiegarci le ragioni di questo successo nel Middle East?

In verità è molte meno “strategico” di quanto si possa pensare. Da una parte, essendo un paranoico cronico, la diversificazione globale, specialmente in contesti storici molto volatili come quelli odierni, era per me necessaria; tenendo sempre in considerazione che, in un contesto globalizzato, vendere all’estero è un prerequisito, non una scelta, soprattutto quando si tratta di un concetto italiano, di attenzione al dettaglio italiana, quest’anima per cui tutto il mondo impazzisce. Dall’altra parte, la fortuna ha voluto che, nei primi anni, sia arrivato un cliente kuwaitiano che ha cominciato a vendere molto, senza nessun canale di vendita.

Da un lato c’erano tanti negozi italiani che, con difficoltà, riuscivamo a far ruotare poco, dall’altro un mercato che dal niente, senza motivazioni apparenti, funzionava (anche se erano figure ridicolmente piccole). Così ho deciso di investire tutto su quel territorio, un po’ come scommessa, e da pazzo qual ero, mi sono trasferito lì. Inizialmente, al di là di questo cliente, il feedback dei negozi era molto negativo, ma se ti fai il mazzo, bussando alla porta ogni giorno, provandoci e riprovandoci, in qualche modo arrivi al traguardo.
Da lì il Medio Oriente è diventato il mercato numero uno, crescendo fino ad assumere una dimensione importante. Appena raggiunta una certa scala, ho deciso di riportare le radici in Italia, trasferendo qui l’headquarter e continuando la mia strategia di internazionalizzazione per diventare sempre più globali.

“D1 Milano rappresenta ciò che siamo, l’attenzione al dettaglio, la qualità, il nostro tono di voce”

Ogni brand ha dei prodotti chiave che gli consentono di affrontare il mercato in modo virtuoso, quali sono quelli di D1 Milano?

Vendiamo un prodotto di qualità, da tono di voce dinamico, fresco, al giusto price point. È un po’ quello che piace dell’italianità, in tutti i settori noi riusciamo a proporre prodotti fatti bene, semplici ma, in questa loro semplicità, riconoscibili, con un carattere che si nota tra mille e dal prezzo basso per l’esperienza che regalano.

D1 Milano collaborazione
Seletti x D1 Milano (ph. courtesy D1 Milano)

Uno dei modelli, il Polycarbon, si presta perfettamente alle collaborazioni, può dirci qual è stata, a suo parere, la più geniale ad oggi?

Sono di parte, per me tutte le collaborazioni sono pazzesche, perché raccontano in qualche modo le nostre passioni o la nostra infanzia. Kodak, Diabolik, Arancia Meccanica, Chupa Chups, Gremlins, Seletti… Non c’è una linearità in questi progetti, se non nel fatto che amiamo così tanto questi brand, che abbiamo pensato di poter creare qualcosa di superfigo lavorando con loro. Non facciamo le collaborazioni per ragioni commerciali, ma perché vogliamo essere contaminati da mondi diversi, per ottenerne una novità. I dettagli su cui lavoriamo non hanno all’apparenza una vera ragione, ad esempio nella partnership con Willy Wonka abbiamo utilizzato una placcatura in PVD marrone a 0.8 micron su un orologio in policarbonato, il quadrante riprende in 3D la forma del cioccolato, il packaging  era tutto personalizzato a tema… L’attenzione al dettaglio e la coerenza dell’insieme sono i nostri unici obiettivi, facciamo tutto questo perché ci divertiamo.

“Facciamo le collaborazioni non per ragioni commerciali, ma perché vogliamo essere contaminati da mondi diversi”

A proposito di collaborazioni, può raccontarci come nasce l’ultima con Seletti?

Con Stefano (Seletti, ndr) avevamo un’amicizia in comune, quando l’ho sentito per la prima volta al telefono è stato davvero gentile e disponibile, ci siamo subito trovati. Per me Seletti era uno dei marchi più cool, lo adoravo, da consumatore impazzivo per il modo in cui comunicavano la loro italianità, in maniera totalmente diversa ed inaspettata rispetto al concetto tradizionale del termine (pelle, Toscana, vino ecc.). Hanno un linguaggio rivoluzionario, che rompe tutti gli schemi ma rimane estremamente lineare, coerente e bello. Quando si è presentata l’opportunità ho spinto moltissimo, non tanto per il prodotto in sé, ma per avere la possibilità di confrontarci e lasciarci contaminare da una persona come Stefano, dal suo mondo, da quel che poteva trasmetterci.

Quali progetti e che direzione dobbiamo aspettarci  in futuro?

Vogliamo continuare ad imparare e alzare sempre di più l’asticella. Diciamo che per il 2023 non abbiamo di sicuro tirato il freno a mano, anzi, abbiamo cercato di spingere molto sui progetti inaspettati, non convenzionali, per tirare fuori appieno il carattere che abbiamo dentro.

D1 Milano collezioni
Seletti x D1 Milano (ph. courtesy D1 Milano)

Nell’immagine in apertura, gli orologi della collab Seletti x D1 Milano (ph. courtesy D1 Milano)

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