Domenico Cuomo, l’autenticità come base della recitazione

Domenico Cuomo. 19 anni compiuti il 6 febbraio, cerca un appartamento a Roma per provare a vivere da solo. Originario di Gragnano, ha recitato in serie di successo come Gomorra, Il commissario Ricciardi, L’amica geniale, Catch-22 e, soprattutto, Mare fuori, dove interpreta Cardiotrap.
Parlare con lui è piacevole, naturale, finché affiora il pensiero dell’età… Un giovane che parla di giovani. «Si parla tanto di giovani, ma a noi viene chiesto di rado di parlare, perché “non lo possono fare, non sono capaci, non hanno voglia…Credo non si debba generalizzare, dipende sempre dall’individuo e, per i valori, dalla famiglia. Bontà e voglia di fare di un ragazzo non credo abbiano a che fare col momento storico. Ci sono stati giovani che hanno vinto guerre. Ci dicono sempre “che lo fai a fare? E se poi va male? Prenditi una laurea in qualcosa di più utile”. Magari quel ragazzino vuol fare il musicista o un altro lavoro. Non mi piace questo modo di pensare: non si può, per paura, vivere una vita che non si è scelta».

Ai Nastri d’argento hai ringraziato la Rai, ma soprattutto chi si occupa dei ragazzi in regime di detenzione. Perché questo problema ti sta a cuore?

Perché sono emarginati. Noi siamo privilegiati ad essere qui. Ci sono ragazzi brillanti come me, menti geniali, che purtroppo, a causa di circostanze esterne, sono gettati in queste realtà infernali dove vige la violenza, sia fisica che psicologica, e sono vessati già per il semplice fatto di esser stati rinchiusi negli istituti minorili. Non va bene. In giovane età si possono fare errori assurdi, ma non è giusto pagarli per tutta la vita. Sono anime perdute, ci sono persone che non si riprendono più. Ragazzini di 13/14 anni che hanno ucciso una persona, sono una sconfitta per l’umanità in generale. Secondo me è d’obbligo cercare di recuperarli.
Sono cresciuto in un ambiente protetto, benestante, non ci è mai mancato il piatto a tavola, ma venendo da un paesino ho conosciuto ragazzi che avevano queste difficoltà. È una missione che ho abbracciato e, nel mio piccolo, cercherò sempre di aiutare chi non ce la sta facendo, chi non ha il coraggio di riprendersi la propria vita.

Domenico Cuomo
Total look Gucci

Domenico è quello del suo profilo Instagram, dove il post di una sfilata e sua nonna scorrono una accanto all’altra. Dove una voce di sottofondo commenta le riprese di un bellissimo palazzo: “questo lo faccio vedere a mamma”. Dove c’è un bambino che cresce e un ragazzo che suona.

Sono io, da piccolo, in vacanza a Londra. Nel mio telefono ho sempre foto del passato, perché credo sia importante sapere da dove sei partito. Amo dire che quando si è fuori per lavoro, lontani per tanto tempo da casa, non si deve aver paura di piangere perché ti mancano mamma e papà. Fama, foto, storie di Instagram, sono cose effimere. Per fare la storia, quella vera, bisogna saper proteggere il bambino che ho postato lì, ed è possibile grazie al senso di appartenenza al posto dove sono nato e alla famiglia. Gli amici mi dicono “ma devi farti vedere dalle ragazze. Le foto con le nonne non vanno bene”, e io rispondo sempre che devo far vedere chi sono io. Non sono un tipo molto social. Sono di piazza, mi piace andare a suonare la chitarra sul marciapiede, condividere con le persone quello che per me è sacro, come il terrazzo di mia nonna, che abita al piano di sopra. Queste sono le cose che contano, secondo me. Una sfilata, in questo senso, ha lo stesso valore di un pranzo con mia nonna, i racconti di lei o del nonno, a tavola tutti insieme, sono queste piccole perle a farmi andare bene sul set, a permettermi di arrivare ai Nastri d’argento: i messaggi giusti, buoni, che loro mi hanno instillato. Per me è un onore avere mia nonna su Instagram.

Sei tornato su Rai2 con la terza stagione di Mare fuori. Blackout – Vite sospese, sempre Rai, ha battuto il Grande Fratello VIP tutti i lunedì. Possiamo sperare che l’era del trash stia finendo?

Il telecomando è in mano alle persone, io sono solo un ragazzo che fa il suo lavoro nel miglior modo possibile. Il resto non mi interessa. Non sono legato agli ascolti, quando escono fanno già parte del mio percorso, della mia vita, per il semplice fatto che ho lavorato a quel progetto.

Ha fatto discutere, allo scorso Festival di Sanremo l’abito Dior finto nudo indossato da Chiara Ferragni. C’è chi sostiene che usare il corpo della donna per parlare di violenza femminile sia
strumentale e controproducente…

Credo che i nostri corpi, maschili e femminili, siano bellissimi, una grazia di Dio. Sono molto credente, grato di avere gambe e braccia funzionanti. Quando sento simili discorsi, rispondo che Michelangelo e Raffaello hanno rappresentato le donne e sono diventati pezzi di storia dell’umanità; vogliamo dire loro che hanno strumentalizzato la donna? Ognuno crea un certo tipo d’arte. Chiara Ferragni si è presentata a Sanremo con un abito con delle scritte, che raccontano la quotidianità delle battaglie femminili, è stata coraggiosa. Criticare l’uso del corpo come strumentale, credo porti a commettere un errore molto frequente: quello di insinuare che nell’arte ci sia malizia, secondo me invece non le appartiene, perlomeno a quella pura.

Eri nel cast di Catch-22 di George Clooney…

È stata un’esperienza unica. Mi ha colpito l’umiltà di alcuni divi di Hollywood, attori come Hugh Laurie di Dr. House che uscivano dal camerino e si mettevano su una sediolina a vedere i militari che si allenavano. Quando gli ho chiesto perché fosse lì e non nella roulotte con tutti i comfort, mi ha risposto che gli mancava la sua famiglia. Ringrazierò sempre Clooney per l’opportunità di Catch-22. Ho fatto un solo provino. Quando andai a Roma, mi fece uno scherzo: arrivai con tanti fogli in mano e, circondato da ragazze bellissime, chiesi a una responsabile se fosse la stanza giusta; mi disse di sì, di darle tutti i fogli. Mi preoccupai, pensando che volessero sentirmi senza copione. A un certo lui uscì, mi abbracciò e disse “Welcome to Catch-22”. Ti lascio immaginare la faccia di mio padre, commosso e in lacrime. Fu un momento bellissimo.

Con i tuoi amici è come una volta?

Sempre. Sono dei pazzi come me, li porterò sempre con me. Soprattutto per gli “schiaffi”, se faccio qualcosa che non va bene. Siamo un branco: Riccardo, Leo, Ennio e io. Sono onorato di averli nella mia vita. Ci sono stati momenti in cui mi sono trovato in situazioni difficili, ad esempio dopo Mare fuori 3 ho avuto una fase di down totale.
È stato un lavoro emotivamente tosto da affrontare, ho cercato di aprire le gabbie, liberando tutta la negatività. Loro, insieme alla mia famiglia, sono stati il motivo per cui mi sono ripreso subito. Mi hanno ricordato che sono Domenico, non Cardiotrap.

Credits

Photographer Davide Musto
Stylist Stefania Sciortino
Make-up Lorena Leonardis @cotril
Photographer assistant Valentina Ciampaglia
Stylist assistants Chiara Carrubba
Mua assistant Anna Gioia Catone

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