‘È il sesso bellezza!’ il podcast di Giulia Di Quilio rompe i tabù al Festival di Venezia 2023

È il sesso bellezza! è il podcast dell’attrice e performer burlesque Giulia Di Quilio presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e che dal 25 settembre sarà su tutte le piattaforme digitali.
Divina, Giulia Di Quilio è sbarcata allo spazio Hollywood Celebrities Lounge e su MANINTOWN chiacchieriamo di…sesso, bellezza!

«La vittimizzazione secondaria rafforza gli stereotipi e i pregiudizi che creano il problema culturale del nostro Paese»

Giulia, la nostra Presidentessa del Consiglio, donna, difende il compagno. «Io non leggo, in quelle parole: Se tu giri in minigonna ti possono violentare. Leggo più quello che mi diceva mia nonna: occhi aperti e testa sulle spalle. Purtroppo gli stupratori esistono». Ti esibisci seminuda in pose provocanti. Stai dicendo che sei disponibile ad essere aggredita perché gli stupratori, è un dato di fatto, esistono? Non avevi una nonna che ti dava consigli?

Beh, non mi rifarei ai consigli di mia nonna, una donna degli anni ’20 del Novecento, cresciuta rigidamente durante il fascismo e vissuta in un mondo patriarcale e maschilista: un sistema di valori che oggi, per fortuna, si va sgretolando, visto che stiamo assistendo all’inizio della fine del patriarcato. Mia nonna non avrebbe potuto capire o vivere le esperienze che noi donne di oggi affrontiamo: sono passati più di cento anni e l’essere umano è portato a evolvere invece che a involvere, grazie a Dio!

Fosse stato per mia nonna, una donna non sarebbe nemmeno potuta andare in giro con una maglietta a mezza manica. Io ho dovuto lavorare molto su me stessa in psicoanalisi per imparare a non giudicarmi e a sentirmi libera di esprimermi. Per questo trovo assurde queste dichiarazioni e che si debba ancora scaricare le responsabilità sulla vittima e non su chi mette in atto certe dinamiche.

La vittimizzazione secondaria rafforza gli stereotipi e i pregiudizi che creano il problema culturale del nostro Paese. Sottovalutare la gravità di alcuni ragionamenti concorre a creare la cosiddetta “cultura dello stupro”. “Te la sei cercata, sei così bella e sensuale che non posso non provarci con te…”: quante volte mi sono sentita rivolgere questa frase.

Giulia Di Quilio, foto di Gianluigi Di Napoli
Giulia Di Quilio a Venezia, foto di Gianluigi Di Napoli

«La grande latitante del nostro tempo è proprio l’educazione sessuale ed emotiva delle persone»

Perché è così difficile parlare di sesso?

Nella nostra cultura concetti come corpo, sessualità, nudità, identità di genere, sono ancora pervasi da un senso di disagio profondo: un insieme di vergogna e fastidio che affonda le radici nella paura e nell’ignoranza. Mi rendo conto che parlare di sesso, da donna, neutralizzando i sensi di colpa e la vergogna, è ancora raro. A volte è difficile anche per me quando le risatine e le battutine diventano grevi.

Mi batto affinché queste tematiche siano normali e quotidiane. O meglio: lo sono, ma c’è sempre qualcuno che li legge sotto una lente morbosa e malsana. Prima mi sentivo in colpa, oggi so che è dell’altra persona il disagio, perché davvero non c’è nulla di male. Anzi, penso che la grande latitante del nostro tempo sia proprio l’educazione sessuale ed emotiva delle persone.

Noi impariamo guardando. Per il sesso vige l’omertà. Quali sono le idee più sbagliate che circolano sulla sessualità, femminile e maschile?

Ce ne sono talmente tante che non saprei da dove cominciare. Ho sentito dire cose di ogni tipo. «Le femmine non guardano il porno, le femmine hanno meno voglia degli uomini di fare sesso, le donne non cercano la notte di sesso ma la relazione». Potrei andare avanti per ore. Ma non è che ai maschi vada meglio. Il machismo nuoce anche a loro: «I maschi vogliono solo scopare, i maschi non mostrano le emozioni, i maschi hanno paura di impegnarsi».

Siamo sempre nell’ambito dei pregiudizi, quindi dell’ignoranza. Io non penso che maschi e femmine siano uguali, ma nemmeno troppo diversi e spero, in cuor mio, che si possa superare il patriarcato. Ma non per farlo sostituire dal suo opposto, il matriarcato. L’obiettivo è arrivare a una parità di opportunità, di rispetto delle diversità e di emancipazione da diktat sociali imposti da un’astratta morale comune fuori dal tempo.

«Le fantasie sessuali nascono da esigenze psicologiche profonde che hanno urgenza di esprimersi, perché parlano di noi e dei nostri bisogni»

Cosa le presone vogliono sapere sul sesso? Cosa fanno più difficoltà a chiedere?

Mi colpisce che tante persone si chiedano se i loro gusti sessuali siano “normali”: alcuni mi scrivono dicendomi che tengono segreti i loro desideri, addirittura non ne parlano neppure in coppia per paura di essere giudicati. Lo stesso accade con certe fantasie, che vengono auto-censurate ancor prima di essere espresse. Eppure le fantasie sessuali nascono da esigenze psicologiche profonde, che hanno urgenza di esprimersi, perché parlano di noi e dei nostri bisogni, delle direzioni verso le quali si vorrebbe andare, sia in maniera individuale che in coppia.

Aprirsi all’altro nelle proprie fantasie porta a una maggiore intimità; farlo con noi stessi porta a una maggiore conoscenza di sé. Nel mondo delle fantasie tutto è possibile e questo spaventa, ma sublimarle attraverso il racconto è un modo per viverle e agirle diversamente che nella realtà: quindi hanno un potere taumaturgico. Reprimerle, invece, è il modo migliore per farle uscire fuori senza controllo, e si sa “il sonno della ragione genera mostri”: tutto quello che viene ricacciato nell’inconscio ci agisce nel modo peggiore.

Perché credi ci sia più vergogna a parlare di sesso che di violenze sessuali, raccontate invece nei loro aspetti raccapriccianti?

Credo sia a causa della nostra cultura cattolica: il dolore è più accettato e ritenuto giusto rispetto al piacere. Godere fa sentire in colpa, come se non stesse bene: “non si fa e non si dice”. Anche quando si parla di educazione sessuale, non si parla mai di piacere, ma di come prevenire le gravidanze o le malattie sessuali: va benissimo, ma non ci sofferma su come dare piacere o come riceverlo, come sintonizzarsi e comunicare con l’altr*.

Hai due figli in età scolare. L’ora di religione non si tocca, ma l’educazione sessuale nelle scuole è un
argomento divisivo. Cosa noti parlando con altre madri?

Sì è proprio così. Volevo esonerare i miei figli (gemelli di 7 anni) dall’ora di religione, ma sarebbero stati gli unici a non farla su più di 40 bambini (vanno in due sezioni diverse!). Avrebbero rischiato di venire discriminati al contrario: curioso, se si pensa che, teoricamente, abitiamo in uno stato laico.
Quando si parla di educazione sessuale, poi, le cose vanno anche peggio. Le poche volte che ne ho parlato con le altre mamme sono stata guardata malissimo. Mi sono sentita dire “Cosa??? Educazione sessuale ai bambini di questa età???”. Si tende a pensare che ai bambini debbano essere nascosti temi come sesso o morte, mentre loro sono sensibilissimi e capiscono tutto, soprattutto i non detti. Purtroppo, se sono gli stessi genitori ad essere irrisolti nella propria vita intima, come si può pensare che siano in grado di guidare i più piccoli?

Giulia Di Quilio, foto di Gianluigi Di Napoli
Giulia Di Quilio, foto di Gianluigi Di Napoli

«Dobbiamo parlare di sesso e relazioni, consenso e confini personali, incoraggiare e interrogare i nostri desideri»

Rocco Siffredi propone di chiudere i siti porno perché trasmettono il sesso in modo errato. È così?

Rocco Siffredi non ha capito che non abbiamo bisogno di criminalizzare il porno, che può essere un esempio per i ragazzi, ma non l’unico. Paradossalmente servirebbe migliorarlo e ampliarlo. Sono necessarie più narrazioni possibili per dare maggiore spazio alle fantasie, ai desideri, senza ridurre la sessualità a stereotipi, a corpi perfetti con orgasmi infallibili, in modo performativo e ginnico. Dobbiamo parlare di sesso e relazioni, consenso e confini personali, incoraggiare e interrogare i nostri desideri, ed allenarci a dare e ricevere piacere senza sensi di colpa. La repressione, la paura, i divieti, portano a commettere le peggiori azioni e continuano a veicolare il messaggio che il sesso sia qualcosa di sporco o negativo, allontanando la possibilità di trovare benessere nella propria sfera privata.

Nella prima serie del podcast i temi caldi sono stati il tradimento, il calo del desiderio, il sesso in gravidanza, i sogni erotici, la masturbazione, le insicurezze legate al corpo e i sex toys. Che feedback hai avuto?

Non immaginavo tanto clamore: il podcast ha superato i 100.000 download. Non mi aspettavo il Premio come Miglior podcast Benessere agli Italian Podcast Award! Abbiamo aperto la strada a tutti gli altri podcast sul sesso: mi sento una pioniera. Le puntate più apprezzate: “Fantasie”, “Sesso dopo i 40” e “Sante e Puttane”.

Gli argomenti che sono maggiormente dei tabù?

Dal punto di vista femminile, una delle puntate meno ascoltate è stata quella sul sesso in gravidanza. Basta guardare i social di Chiara Ferragni per farsi un’idea di cosa si pensa delle mamme: ogni volta che lei si mostra in maniera sexy, arriva qualcuno che le ricorda che “È una mamma… Dio Santo!”. È il cliché dal quale non riusciamo a liberarci di “Santa o Puttana”: quando diventi madre in Italia diventi Santa, quindi il sesso e la sessualità sono temi che ormai non ti appartengono più. E quando ne parli trovi sempre resistenze o malcelato fastidio.

Nell’immaginario collettivo omosessuali e bisex hanno meno tabù. È vero?

Non credo. Anche qui ci sono parecchi pregiudizi, per esempio la promiscuità: avere gusti sessuali diversi non significa per forza avere tanti partner.

Uno degli argomenti della seconda serie è il poliamore. Cosa hai scoperto?

Mi ha stupito scoprire che la monogamia non viene solo da un costrutto sociale, ma è una vera e propria esigenza evolutiva: non è la vergogna o la paura a tenerci in una relazione stabile. Quindi non è strano avere bisogno della coppia per evolvere e conoscere altro da sé, ma è altrettanto vero che la coppia non basta a soddisfare il bisogno di conoscenza ed esperienza che molti di noi avvertono. E sono sempre di più le persone che scelgono modelli alternativi di relazione. La risposta al solito: “Ma allora non ami veramente il tuo partner!”, sono andata a cercarla nell’antica Grecia…ed è davvero molto interessante quello che ho scoperto.

Cosa?

Lo trovate nel mio podcast!

Giulia Di Quilio, foto di Gianluigi Di Napoli
Giulia Di Quilio, foto di Gianluigi Di Napoli

Quanto voglia c’è di conoscere la propria sessualità, di vedere il sesso come un gioco?

L’interesse è forte e, credo, comune a tutti. Più difficile è trovare gli strumenti adatti per esplorare quell’interesse in cui il desiderio del gioco condiviso ricopre un ruolo fondamentale. A volte si ripiega su una fruizione meccanica del sesso, in cui l’ansia dell’orgasmo la fa da padrona. Purtroppo è difficile mettersi o rimettersi in gioco, emancipandosi da certi obblighi quasi rituali privi di una vera curiosità per sé stessi e per l’altro.

Un modo per trasformare una conversazione sul sesso da imbarazzante in divertente?

L’ironia e, soprattutto, l’autoironia aiutano. Il sarcasmo, che a volte scade nella volgarità goliardica, spesso nasconde dei seri blocchi psicologici e culturali. La si butta a ridere perché si ha paura di raccontarsi e di svelarsi sul serio. Parlare della propria sfera sessuale senza falsi pudori, al contrario, trasforma l’imbarazzo in verità. E la verità, con tutta la sua inafferrabile complessità, può essere molto erotica.

Una donna è sessualmente libera se fa sesso come un uomo?

Una donna è sessualmente libera quando fa ciò che vuole, ciò che la fa star bene, chiaramente nei limiti del consenso reciproco.

E quando un uomo è sessualmente libero?

Quando riesce a esprimersi davvero, senza ridursi alla caricatura di un archetipo, di un “voler essere”
imposto da modelli che, ormai, hanno perso senso e aderenza al reale.

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