Il menswear romantico e delicato di Bianca Saunders, neovincitrice dell’Andam Fashion Award 2021

Convincere una giuria composta dal gotha dell’imprenditoria e dei creatori di moda (giusto per fare qualche nome, il patron di Kering François-Henri Pinault, Renzo Rosso di Otb e Phoebe Philo, paladina dello chic intellò), aggiudicandosi un premio vinto, in passato, da stilisti della levatura di Martin Margiela, Jeremy Scott e Iris van Herpen, è indice di talento adamantino, una condizione indispensabile per farsi strada nel fashion biz; ecco perché, con ogni probabilità, sentiremo parlare a lungo di Bianca Saunders, fresca vincitrice dell’Andam Fashion Award 2021, che le assicura 300.000 euro e un mentoring sotto l’ala di Cédric Charbit, Ceo di Balenciaga. Il manager ha definito il progetto della sua nuova protégé «solido e unico, ancorato nei valori di oggi», una frase che sembra appropriata per descrivere l’idea di moda della designer, che a nemmeno trent’anni (ne ha 27) è riuscita a forgiare un’estetica riconoscibile e convincente, tanto da essere in lizza anche per il Lvmh Prize, che verrà assegnato entro l’anno.

Cresciuta in un quartiere periferico a sud di Londra, di origine giamaicana, Saunders si è laureata nel 2017 al Royal College of Art, avviando subito il marchio eponimo di abbigliamento maschile; una scelta, quest’ultima, tutto sommato insolita per una stilista esordiente, eppure lei sostiene di essere attratta dal menswear perché, come dichiarato in una recente intervista concessa alla sua ex università, crede che offra «spazio per cambiare» e, rispetto alla controparte femminile, abbia «molte più barriere da infrangere per quanto riguarda il modo di vestirsi e presentarsi agli altri».
Nel ready-to-wear della griffe, effettivamente, si riscontra una tensione costante fra tradizione ed evoluzione, indirizzata a sradicare le norme e i preconcetti che, per troppo tempo, hanno ingabbiato l’espressività degli uomini in materia di abiti, cristallizzando abitudini e divisioni manichee (streetwear vs couture, formale vs sportivo, fino a quella macro tra generi), respingendo quegli accenni di ambiguità e vulnerabilità a cui la designer vuole dare invece massimo risalto.



Ph. by Bertrand Rindoff Petroff/Getty Images
Ph. by Portia Hunt
Ph. by James Mason/WWD
Ph. by Adama Jalloh

Credits: Ph. by Bertrand Rindoff Petroff/Getty Images, Portia Hunt, James Mason/WWD, Adama Jalloh

Nel 2018 il British Fashion Council (l’equivalente della nostra Camera della Moda) la segnala come nome da seguire tra i nuovi astri della scena inglese, di lì a poco viene inserita nel calendario della London Fashion Week, debuttando con la collezione Spring/Summer 2019, Gesture; già in questa prima uscita “ufficiale” appaiono ben delineati i futuri assi portanti della proposta di Saunders, volta – come specifica la diretta interessata -a «catturare il movimento»: forme tendenzialmente over, pantaloni slouchy dalle cuciture sbilenche, con spacchi laterali che si aprono sul fondo, capi strapazzati ad arte, tra orli sollevati e arricciature a volontà (top, maglie e bluse avvitate, ad esempio, danno l’illusione di modellarsi direttamente sul corpo, torcendo e increspando il tessuto).
Creazioni che emanano un senso di candore e intimità, acuito nella successiva F/W 2019 Unravelling, dove il setting ricrea una camera da letto affollata di ragazzi delicati e pensierosi, la cornice ideale per abiti solo nominalmente classici (dal trench alla camicia, dal giubbino ai jeans) ai quali viene donato un twist muliebre attraverso effetti froissé, cut-out, slabbrature e consistenze impalpabili, con la palette che si mantiene su sfumature terragne.
Nel marzo 2019 Bianca Saunders finisce nella Dazed100, la classifica – redatta annualmente dal magazine – delle giovani personalità che meglio colgono lo Zeitgeist; subito dopo il brand entra a far parte di Newgen, programma di sostegno ai designer emergenti più meritevoli, e può dunque partecipare con regolarità alla settimana della moda londinese.


Ph. by Adama Jalloh

Credits: Ph. by Adama Jalloh, Silvia Draz

Bisogna dire poi che, da talento multidisciplinare qual è, non si limita a firmare (ottime) mise, coniugando inventiva e cura maniacale della confezione, ma sconfina volentieri in territori non necessariamente attigui al fashion come mostre (si può citare la collettiva Nearness, in cui ha raccolto i lavori di vari artisti, film-maker e scrittori di colore per celebrare il Black History Month 2019, oppure l’installazione presentata nel 2020 a Parigi, che consisteva in suit sospesi a mezz’aria, tenuti da fili invisibili) ed editoria, attraverso la pubblicazione di fanzine, riviste dalla patina underground in cui si sofferma su argomenti che la toccano da vicino (blackness, sessualità, libera espressione di sé, solidarietà e altri ancora), dando ampio spazio ad amici e creativi della sua cerchia, dal poeta James Massiah al fotografo Joshua Woods, alla modella Jess Cole.
D’altronde la stilista, per indole, è quanto di più lontano si possa immaginare dal cliché del couturier solitario, umbratile, chiuso nella torre d’avorio a tracciare bozzetti; preferisce, al contrario, circondarsi di persone altrettanto fantasiose, che la aiutino a perfezionare il modo di raccontarsi del marchio, che sia un fashion film o lo styling di una sfilata.

La consacrazione, o qualcosa che le assomiglia molto, arriva nell’infausto 2020, che per la griffe si rivela un’annata formidabile: a febbraio, l’inserimento in un’altra classifica di rilievo, quella dei 30 Under 30 di Forbes, nella categoria Art & Culture; a settembre, lo show S/S 2021 The Ideal Man, con ensemble più contrastati del solito, riflesso delle identità cangianti di uomini che tentano di conformarsi a precisi archetipi, optando per giacche e camicie boxy dalle proporzioni abbreviate su pants dritti come un fuso, pattern scombinati e denim dalla testa ai piedi (fornito da Wrangler, partner in crime di stagione); a novembre la partecipazione al GucciFest, festival pensato dal direttore artistico della maison fiorentina, Alessandro Michele, come una vetrina (digitale, visti i tempi) per i colleghi più promettenti della nuova leva, con un corto che presenta la Pre-Fall 2021, prosecuzione ideale del défilé precedente.
Nell’ultima collezione F/W 2021, invece, l’attenzione è tutta rivolta sulla plasticità degli outfit, resa mediante linee geometriche, nette, smussate però dall’abituale profusione di grinze e curvature che movimentano le superfici di giacchine corte sui fianchi, blouson striminziti, bomber e pantaloni tailored svasati.


Credits: Ph. by Silvia Draz

Nonostante  sia nato solo quattro anni fa, il brand di Saunders ha già conquistato la fiducia dei negozi “giusti”, come i londinesi Browns e Matchesfashion, il grande magazzino americano Nordstrom o l’e-shop Ssense. A riprova del fatto che la fragilità, oltre ad assumere un peso via via maggiore nella sfera emotiva dell’uomo contemporaneo, inizia a fare breccia anche nel suo guardaroba.

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