Sorelle Toledo meet their Influencers

Usano i social per fare divulgazione e conquistare diritti per tutti. Fondano associazioni che mettono al centro il rispetto e l’unicità della persona, di qualunque genere, orientamento, provenienza e background. Inventano progetti che mettono in circolo le competenze aiutando chi ha bisogno, attraverso l’etica e la consapevolezza. Credono, ma soprattutto dimostrano, con le azioni, con i fatti, giorno dopo giorno, che costruire è più potente che distruggere, che amare è più bello che odiare e che il momento giusto per realizzare un sogno è sempre adesso! Ecco a voi i nostri 10 influencers che, dedicando ad una causa importante la loro vita, migliorano ogni giorno anche la nostra.

Blandina Ijecha Bobson

Direttrice dei programmi di Oxfam in Kenya per i diritti delle donne, la giustizia di genere e le sezioni Governance e responsabilità e Risorse naturali, lotta per sconfiggere le ingiustizie a livello globale. 

«Ho iniziato a lavorare presso una chiesa come tutor di ragazzi più giovani, pensavo di farlo per aiutare loro, ma ho realizzato che stavo aiutando me stessa. In quella piccola città c’erano prostituzione, pornografia, droghe: ho cercato di tenere i ragazzi occupati in diverse attività, con visite alle persone in carcere o negli ospedali, per mostrar loro la realtà che rischiavano di vivere e indirizzarli invece nella giusta direzione. E così mi sono innamorata del settore umanitario, ma grazie alla mia esperienza ho sentito l’esigenza di un cambiamento anche in quelle attività, l’esigenza di trattare le persone povere con dignità».

Blandina Ijecha Bobson
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Blandina Ijecha Bobson

Caterina Micolano

Founder del progetto Socially Made in Italy e presidente di Cooperativa Alice, due realtà che attraverso il lavoro sartoriale formano e restituiscono dignità alle donne carcerate. Da gennaio 2023, con la creazione del distretto produttivo etico Ethicarei, fa dialogare i laboratori di sartoria inclusiva con importanti aziende italiane.

«Per chiunque il lavoro è ciò che ti definisce. Quando tra adulti ci si incontra a cena, si chiede il nome e poi “cosa fai nella vita?”. Per una donna detenuta mi sono accorta che invece la domanda è sempre “che cosa hai fatto per essere qui?”. E allora abbiamo detto basta. Gli errori li abbiamo commessi tutti, e quella spinta ti porta a emanciparti attraverso il lavoro: mi definisco nella mia identità, non sono la figlia di, la moglie di, non sono una qualunque, ma una che sa fare delle cose. Quando una nuova sarta cuce un capo e le brillano gli occhi, è meraviglioso: allora ti accorgi che tutte le tematiche di solidarietà e di inclusione, che sono il cuore delle nostre attività, passano in secondo piano perché l’inclusione è la normalità».

Caterina Micolano
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Caterina Micolano

Cathy La Torre

Avvocata e attivista con quasi 778mila follower su Instagram, difende i diritti delle persone LGBTQ+ e lotta contro disuguaglianze e discriminazioni. Alcune delle sue battaglie sui diritti «che non possono essere rimandati» sono raccontate nei libri Nessuna causa è persa e Ci sono cose più importanti (Mondadori).

«Sono cresciuta nell’epoca dello stragismo, anni in cui in Sicilia c’era il coprifuoco, passava l’esercito per le strade e si sentiva sparare. A un mio compagno di classe hanno ammazzato il padre sul portone di casa con la lupara, una mia compagna era fidanzata con un ragazzo che poi è stato arrestato perché coinvolto nella strage di via dei Georgofili, la mafia era ovunque. Eppure il problema ero io, io che ero lesbica. La discriminazione nei miei confronti era tale che è ricaduta sui miei genitori e su mia sorella che sono rimasti nel paese: io ero la vergogna perché osavo dirlo. Vengo quindi da una lotta contro l’ingiustizia da quando ero piccolissima».

Cathy La Torre 
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Cathy La Torre

Eva Geraldine Fontanelli

Consulente di moda etica ed eco-imprenditrice, è la founder di gOOOders. Sulla piattaforma si trovano prodotti sostenibili, ma anche idee per viaggi consapevoli e iniziative per una community sempre più attiva, connessa e attenta all’ambiente.

«Con gOOOders ho voluto unire il lavoro che avevo sempre fatto con un progetto buono, quindi includere tante forme di sostenibilità, ambientale, sociale, umana perché dipende da come ci si rapporta agli altri. gOOOders per me è come un nuovo modello di cittadinanza attiva: persone che sanno di avere un impatto positivo, grazie ai vestiti che si mettono, a cosa mangiano, a come vanno in giro, da dove vengono. È un movimento, una community che si esprime in tanti modi, abbiamo un marketplace, aiutiamo gli artigiani a farcela in questo mondo così complicato, aiutiamo soprattutto le persone a capire cosa c’è dietro a un prodotto. Quando si dice che vogliamo indossare i nostri valori, dobbiamo essere sicuri che siano valori buoni, perché se indossi qualcosa si porta dietro lo sfruttamento dell’ambiente o delle persone, cosa stai raccontando di te?».

Eva Geraldine Fontanelli
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Eva Geraldine Fontanelli

Francesco Cicconetti

Creator e divulgatore, su Instagram si chiama @mehths e si presenta così: “Sono trans ma posso spiegarti”. Ha cominciato raccontando il suo percorso di affermazione sui social, poi ha continuato la divulgazione su diversi media. È consulente per le aziende sul linguaggio inclusivo e ha scritto un romanzo, Scheletro femmina, pubblicato da Mondadori. 

«Oggi per me la transizione non significa nulla, perché è semplicemente la mia vita, ma arrivare a questo punto è stato impegnativo. All’inizio del percorso c’erano rabbia, dolore, ignoranza anche da parte mia perché non sapevo cosa mi sarebbe successo. Mi dicevo che potevo raccontare le mie scoperte, che avrei preso il testosterone, che forse un giorno mi sarei operato per la ricostruzione del torace maschile; ma anch’io ho dovuto conoscere il percorso e me stesso in questi anni. Spesso non viene detto, ma c’è tanta paura all’inizio, è complicato accettarsi perché gli altri lo rendono complicato. Avevo paura di cosa mi sarebbe successo come persona trans in questo mondo, e anche i miei genitori, che si chiedevano: “Troverai lavoro? Ti innamorerai? Sarai felice?».

Francesco Cicconetti 
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Francesco Cicconetti

Luca Trapanese

È il papà di Alba, bambina con sindrome di Down adottata nel 2018: ha raccontato la loro storia nel libro Nata per te, scritto insieme a Luca Mercadante (Bompiani). Dalla pagina allo schermo, Nata per te è diventato un film, diretto da Fabio Mollo e al cinema da ottobre. Trapanese è cofondatore della Onlus A ruota libera e della casa famiglia La casa di Matteo a Napoli, che realizzano progetti legati alle disabilità.

«Ho avuto la fortuna di capire da subito quale fosse la mia vocazione e cosa mi faceva stare bene. Ho fatto molto volontariato in India e in Africa, conoscendo le suore di Madre Teresa. In estate sono tornato a Lourdes e salendo sul treno mi trovo di fronte un ragazzo che a 25 anni aveva appena vinto un concorso e voleva fare del volontariato; iniziamo a parlare e sul treno del ritorno ci baciamo. È stata una storia d’amore importantissima durata quasi 13 anni. È finita, ma insieme abbiamo costruito una Onlus importante a Napoli che si occupa di disabilità, con attenzione per i bambini disabili gravi che vengono abbandonati negli ospedali, abbiamo la prima comunità che li ospita nel Sud Italia, e pensiamo anche al dopo, agli adulti disabili che non riescono ad avere autonomia perché lo Stato è troppo orientato alla performance e per loro non c’è spazio».

Luca Trapanese
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Luca Trapanese

Michelle Francine Ngonmo

Talent scout, è founder e Ceo dell’Afro Fashion Association. Ha co-fondato il collettivo di designer WAMI (We Are Made in Italy) e ideato i Black Carpet Awards, i premi ai leader della comunità black che promuovono l’inclusione. È visiting professor in diverse università italiane e straniere.

«Quando ero più giovane ero irrequieta, mi facevo carico delle battaglie di tutti, ero la presidente degli studenti di origine africana della mia città, Ferrara. Lì sono stata anche l’incubo del sindaco, perché facevo partire lettere aperte di fuoco. Il mio rettore, Patrizio Bianchi, si è affezionato a me e, da che eravamo partiti per far conoscere meglio la cultura afro in città con cene e sfilate, abbiamo pensato di organizzare delle cene-dibattito con le istituzioni, invitando ambasciatori in giro per l’Italia e sindaci per iniziare a creare un dialogo.
Ho viaggiato per il Paese e così ho conosciuto tantissimi ragazzi con un background multiculturale e mi si è aperto un mondo. Questi ragazzi venivano “invisibilizzati” dal sistema, così ho deciso di fare quello che potevo, di usare la mia doppia cultura per far capire all’Italia che l’Italia è anche questo. Nel 2015 ho lasciato il lavoro sicuro, con mia mamma che si strappava i capelli, e ho fondato l’associazione Afro Fashion: all’inizio voleva essere una piattaforma per talenti solo ed esclusivamente afrodiscendenti, ma mi sono resa conto che rischiavo di replicare quello che fa la società, cioè ghettizzare le persone invece di metterle insieme. Quindi l’associazione ha aperto le porte a tutti i designer emergenti, più precisamente ai BIPOC».

Michelle Francine Ngonmo
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Michelle Francine Ngonmo

Patrizia Corbo

Presidente della cooperativa sociale Piccolo Principe Onlus, comunità educativa nata nel 2002 a Busto Arsizio che accoglie bambini, adolescenti e ragazzi da 0 a 21 anni nelle sue sei comunità. Da allora, i progetti educativi si sono moltiplicati, fino alla recente decisione di creare una ‘cittadella’ dedicata agli adolescenti.

«Facciamoci tutti villaggio, sentiamoci responsabili, la responsabilità dev’essere la cifra della nostra vita. Io ho studiato Filosofia e Heidegger diceva che l’uomo è un essere per la cura, nel nostro dna siamo potenzialmente nati per curare l’altro e quell’altro siamo noi. I bambini ormai sono 60 e ora costruiremo una bellissima cittadella per gli adolescenti, perché abbiamo un’emergenza grande, abbiamo adolescenti che hanno tentato il suicidio, depressi, che non vanno più a scuola: ecco, facciamoci carico anche di loro. La nostra comunità accoglie nel residenziale, ma la cittadella accoglierà invece nel semiresidenziale, staranno a casa ma noi lavoreremo con gli affetti, prendendo in carico il ragazzino insieme alla sua famiglia, che probabilmente ha una sua storia di difficoltà.
Una volta ho chiesto a un prete che lavorava in carcere di venire a raccontare la sua storia e lui ha domandato ai carcerati: «Ma cosa posso dire io a una conferenza sui minori abbandonati e maltrattati?» E loro risposero: «Beh, che anche noi siamo stati bambini maltrattati». Quindi, con i genitori mai essere giudicanti, perché anche loro sono persone che fanno fatica, allora accogliamoli tutti. Credo che non ci sia nessuna fatica nell’amare l’altro, che sia più faticoso odiare che amare. Ma dev’essere un amore fattivo, non a parole. Facciamo qualcosa. Abbiamo una cittadella da tirare avanti, da crescere, da costruire, aiutateci!» 

Patrizia Corbo
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Patrizia Corbo

Sara Sozzani Maino

La nipote ed erede di Franca Sozzani è una catalyst di talenti, Creative Director di Fondazione Sozzani, Creative Advisor per Condé Nast Italia, International Brand Ambassador della Camera Nazionale della Moda… E anche founder di A New Awareness, progetto e serie di eventi volti a mostrare la strada verso una moda responsabile.

«La moda a me non è entrata nel cuore, è un mondo bellissimo con tante opportunità, ma anche con tanti contrasti. Mi ci sono trovata un po’ per caso, perché a 19 anni non sapevo esattamente cosa facesse la mia famiglia. Ho iniziato come stagista a Vogue Italia, poi la mia gavetta è durata sei-sette anni, ho lavorato in tutti reparti del giornale. Ho iniziato a fare ricerca di talenti in Italia all’inizio degli anni 2000, quando c’era uno stallo totale; poi nel 2005 con Franca e Altaroma abbiamo creato quel progetto che si chiama Who’s on Next a supporto del Made in Italy: la mia passione nello scoprire il nuovo si è alimentata ancora di più.
Franca, che ha sempre supportato le nuove generazioni e i creativi, nel 2009 mi ha detto: «Facciamo qualcosa di nuovo!». E da lì è nato Vogue Talent, con cui diamo supporto internazionale a chi non ha voce. Ho associato al lavoro la passione per il viaggio, andando a visitare le fashion week di Paesi che 15 anni fa erano remoti nell’ambiente moda. Poi però ho capito la contraddizione di supportare una generazione che alimenterà ancora la produzione: credo sia importante, quando hai una voce e una visibilità, creare coscienza e conoscenza, con sensibilità sociale ed etica. Informazione, educazione, formazione e coscienza sono fondamentali, perché il cambiamento sta avvenendo, ma le persone per strada vedono ancora il nostro mondo come qualcosa di irraggiungibile, elitario e che produce tanto senza senso».

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Sara Sozzani Maino
Sara Sozzani Maino

Ughetta Radice Fossati Orlando

Cofondatrice e presidente di Progetto Itaca, fondazione che promuove programmi di informazione, prevenzione e riabilitazione delle persone affette da disturbi della salute mentale e delle loro famiglie. 

«Progetto Itaca è stato costituito da sette soci fondatori, coinvolti in un problema personale: alcune erano persone con diagnosi, che sono state una grande forza per l’associazione. Il nostro messaggio è proprio che chi è in questa condizione può avere una grande competenza nell’aiutare se stesso e gli altri. Ci eravamo accorti di aver perso tutti tantissimi anni, mia figlia è stata ricoverata per la prima volta nell’87 e Itaca è stata fondata nel ’99, quindi abbiamo passato molto tempo prima di capire che si trattasse di una malattia e che si potesse trovare una cura per farla stare meglio.
Il primo obiettivo era quello di dare informazioni, che le persone non cercano perché c’è ancora il pregiudizio che i problemi di salute mentale non siano curabili e che le persone non possano tornare ad avere una vita soddisfacente. Sono disturbi che sorgono nell’adolescenza e nella prima età adulta e si pensa ancora che le persone con problemi di salute mentale debbano essere isolate per proteggere la società, mentre l’obiettivo di Itaca è proprio portare una nuova cultura e informazioni chiare su quello che si può fare, perché certe volte, con poco, con più accoglienza, con più informazione, gran parte della malattia viene superata.
La nostra funzione è aiutare le persone che si ammalano molto giovani e magari stanno meglio dopo alcuni anni, a rientrare a pieno titolo nella società e nella normalità. Collaboriamo molto con i professionisti, focalizzati sul curare i sintomi della malattia, mentre la nostra associazione si occupa della persona, della sua organizzazione di vita ed è più focalizzata sulle risorse che la persona mantiene nonostante la malattia». 

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Ughetta Radice Fossati Orlando
Ughetta Radice Fossati Orlando

Credits

Editor in Chief Federico Poletti

Art direction, interview and styling Sorelle Toledo

Photographer Damiano Andreotti

Fashion film director Silvia Morani

Hair Adriana – Contestarockhair

Make-up Cosetta Giorgetti

Director assistant Francesco Imbriani

Make-up assistant Martina Porcelli

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