L’invito alle sfilate venduto all’asta

4875 dollari è la cifra a cui è stato venduto un invito alla sfilata FW di Alexander McQueen del 1995.
L’invito non è sicuramente il primo oggetto che viene fine mente parlando di moda, eppure oggi ha assunto un valore sia estetico che intrinseco notevole. E’ indispensabile averlo e riceverlo per entrare nell’élite che partecipa agli show, ed è soprattutto indispensabile per i social. Instagram e Tik Tok sono invasi da video dove influencer, addetti ai lavori e star mostrano, scartano, presentano gli inviti alle sfilate spesso fornite di look della nuova collezione.
Ed è cosi che l’invito alla sfilata non è più – e forse non lo è mai stato – un semplice pezzo di carta, ma parte del mistero e dell’allure di un brand, tutt’uno con lo show, introduzione alla magia, esperimento social, e se vogliamo opera d’arte, almeno cosi attestano le aste e le vendite di questi oggetti.
Se figuriamo che la moda stessa ha delle difficoltà ad esser inquadrata come arte, come possiamo pensare che l’invito assurga al ruolo di manufatto creativo geniale?
Eppure, se visioniamo quelli che sono stati negli anni alcuni tra gli inviti più riusciti, discussi e fotografati, scopriamo che hanno un valore, tangibilmente e innegabilmente economico e sentimentale, e in taluni casi anche storico.

Gli inviti diventati icone

Un esempio su tutti l’invito di Hermès per la stagione Primavera Estate 1996: una Kelly trasparente perfetta per i controlli di sicurezza maggiori dopo gli attentati del ’96 a Parigi, che è diventata oggetto da collezione, rivenduta e rivalutata nel corso degli anni. Possiamo forse dire che questo oggetto/invito sia distaccato dalla società o non abbia assunto un valore artistico tanto da essere diventato oggetto di collezionismo?
Il vocale che invece ha mandato Alessandro Michele per la Autunno Inverno 2020 è indubbiamente fuori dai canoni da quanto mai accaduto nella storia degli inviti di moda. Gucci però ci ha abituati ad una serie, non solo di eventi iconici, ma anche di inviti altrettanto stupefacenti, in alcuni casi collezionatili e rivendibili, in altri effimeri, immortalati e consumati: liberi di antiquariato, maschere di gesso, ma anche frutta fresca.
Specialista dell’invito effimero, Jacquemus che regala toast e pane col proprio logo impresso, e creme solari brandizzate.
L’invito diventato invece un cult del collezionismo globale e a quanto pare praticamente introvabile è quello di Celine per la Primavera Estate 2022, un pettine a forma di coltello a serramanico. Consegnato in serie limitatissima non si trova al momento su nessun sito in vendita.
Anche Maison Margiela ha avuto il suo oggetto di culto tra gli inviti ad eventi e sfilate: una tazzina che diventa collana, ideata nel 2006 per Pitti.

L’invito diventa da collezione

Se l’invito nasce dunque come mero promemoria cartaceo, come poteva essere la cartolina di Jean Paul Gaultier, anche’essa comunque diventata famosa, seppure nel 1989 di sicuro non virale, in realtà è oggi un oggetto di culto e collezionismo, al pari di pezzi moda che vengono gestiti in archivi e/o collezionati.
Lo stesso Monsieur Dior che conservava tutto, ha tenuto nella sua dimora fino alla sua morte, diversi inviti alle sue prime sfilate, a testimonianza del fatto che anche per gli stessi designer, quel pezzo di carta adesso oggetto, ha un legame fortissimo con il mondo del brand e della collezione che presenta, oltre che un anelito sentimentale.

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Qui puoi trovare la mostra virtuale dove scoprire e osservare gli inviti alle sfilate più curiosi e famosi creati negli ultimi anni.