Un ponte tra Italia e Giappone: la carriera di attrice di Jun Ichikawa

Jun Ichikawa nasce a Kumamoto, in Giappone, e la sua famiglia si trasferisce in Italia quando lei ha 8 anni. Con un padre tenore e la madre soprano, Jun studia danza per 16 anni, crescendo in un ambiente dove la sensibilità alla bellezza viene posta al centro dell’educazione. Questo approccio è caratteristico della cultura giapponese, di cui Jun Ichikawa si fa portavoce oggi nel Belpaese (e viceversa) tra cinema, teatro e tv.

Jun Ichikawa tra cinema, teatro e serie tv di successo

L’espressione artistica di Jun Ichikawa si articola fra cinema, teatro, serie televisive e alcune esperienze come doppiatrice. La sua formazione è avvenuta sotto il tutoraggio di pilastri di settore come Giuseppe Agirò, Ermanno Olmi (che la introduce nell’industria cinematografica scegliendola come protagonista di Cantando dietro i paraventi), Dario Argento, Giuseppe Tornatore, Alessandro Siani.

Un percorso che le ha regalato soddisfazioni e riconoscimenti svariati, tra cui il premio della critica nel 2005, nell’ambito della IV edizione del Premio Internazionale “Giuseppe Sciacca”, e il più recente premio come Migliore Attrice per Satyagraha di Nuanda Sheridan, all’International Tour Film festival.

Jun Ichikawa non nasconde che nella vita le siano stati negati ruoli e partecipazioni a provini a causa delle sue origini asiatiche, denunciando così la discriminazione razziale che hanno subito (e subiscono) gli artisti italiani di seconda generazione in Italia. Al contempo, però, si dice speranzosa per il futuro dell’industria e del paese tutto, dal momento che alcuni cambiamenti su questo tema sono chiaramente in atto.

Jun Ichikawa by Gioia Maruccio
Jun Ichikawa indossa Blazer L.M.B. 1911, skirt Morfosis, shoes D’Antan

«Ora mi sento ancora più responsabile nel fare da ponte tra le due culture a cui appartengo, quella giapponese e quella italiana»

La tua è una carriera intensa e particolarmente eclettica, che vanta esperienze al fianco di alcuni dei più grandi nomi del cinema italiano (Olmi, Argento e Tornatore, per citarne qualcuno). Hai prestato la voce a personaggi di film iconici come Lost in translation di Sofia Coppola e la saga di Harry Potter.

Cosa pensi sia cambiato maggiormente nel tuo approccio al mondo dello spettacolo dagli inizi della tua carriera ad oggi?

Ripensando a quando iniziai a calcare il palcoscenico, ormai più di 25 anni fa, credo che il mio intento sia ancor oggi di cominciare qualsiasi produzione sempre con lo stesso spirito di ricerca e gioco. Questo proprio per dar senso alla parola “recitare”, che tradotta in inglese (to play) o in francese (jouer) rende molto lo spirito di questo mestiere. Gioco inteso dunque come “gioco serio”, quello in cui ci si diletta da bimbi, dove ognuno interpreta il proprio ruolo con grande responsabilità e devozione.

Ciò che è cambiato maggiormente in me, a parte gli anni che avanzano (ride, ndr) è forse il fatto di sentirmi ancora più responsabile nel fare da ponte tra le due culture a cui appartengo: quella giapponese e quella italiana. Ora cerco di condividere le esperienze e le conoscenze che ho acquisito nel tempo in ogni cosa che faccio.

Recentemente il lungometraggio Non credo in niente di Alessandro Marzullo, in cui hai recitato, è stato presentato ai Globi d’Oro. Si tratta di un’opera sperimentale su diversi fronti, quello visivo in primis. Curioso anche il fatto che sia stato girato in soli 13 giorni (non consecutivi). Cosa ti ha colpito maggiormente di quest’esperienza?

Ciò che mi ha colpito molto è l’approccio con cui ho visto il regista Alessandro Marzullo operare per creare la sua opera prima. La passione, la meticolosità con cui ha affrontato tutto il processo di creazione del film e la sua distribuzione. Solitamente un film viene distribuito in diverse sale italiane per un periodo limitato di tempo, quindi spesso e volentieri quelli super indipendenti come il nostro finiscono nel dimenticatoio, con amici che ne chiedono quando ormai la distribuzione si è chiusa. Alessandro, invece, ha deciso di creare degli eventi cinematografici uno dopo l’altro, con date quasi secche. Così, ha instillato nel pubblico una curiosità tale per cui a più di un mese e mezzo dall’uscita della pellicola ci sono ancora le sale stra piene!

Sono rimasta molto colpita dal desiderio di Alessandro di raccontare dei messaggi necessari. L’idea del film nasce in un periodo come il lockdown che penso ci abbia segnato un po’ tutti. Per quanto mi riguarda, ringrazio il regista che mi ha dato la possibilità di raccontare un’esperienza molto personale di cui avevo desiderio di condividere.

Jun Ichikawa by Gioia Maruccio
Blazer L.M.B. 1911, skirt Morfosis, shoes D’Antan

«Solitamente è difficile superare un film di successo: questo traguardo è stato un’ulteriore prova che, se un film è fatto da una squadra affiatata, non può far altro che vincere»

Attualmente sei impegnata con la promozione del film Addio al nubilato 2, uscito su Prime Video lo scorso 17 ottobre. Si tratta di una pellicola che è stata molto attesa dal pubblico grazie al successo del primo capitolo. Quando sei venuta a conoscenza del sequel, avevi particolari aspettative o preoccupazioni in merito al progetto?

Siamo molto felici che “Addio al nubilato 2” di Francesco Apolloni sia stato il film più visto su Prime Video alla prima settimana dal debutto. Non sempre un sequel riesce, anzi. Solitamente è davvero difficile superare un film di successo, per cui questo traguardo è stato un’ulteriore prova che, se un film è fatto da una squadra affiatata, non può far altro che vincere. Sin dalla prima lettura [della sceneggiatura, ndr] ho avuto piena fiducia nella produzione e nel regista.

Inoltre, ho provato una grande gioia al sapere di poter girare un altro film con Laura Chiatti, Antonia Liskova e Chiara Francini, con cui sono legata anche fuori dal set. Una vera amicizia che ci ha contraddistinto sin dal primo film e penso che traspaia anche nel sequel. Inoltre, girare con un gruppo di piccoli grandi attori tra cui alcuni non professionisti, mi ha dato la possibilità di osservare e scoprire quanto avessi da imparare, anziché da insegnare.

L’altro grande progetto a cui ti stai dedicando è la tournée teatrale Iliade. Il gioco degli dèi con la regia di Roberto Aldorasi. Il tuo ruolo sarà quello di Afrodite, la dea della bellezza, dell’amore e della generazione. Qual è l’aspetto più complesso che hai riscontrato nell’interpretare questa divinità? Ci sono invece dei lati della tua persona che credi si siano rivelati dei punti di forza per poterti calare nella parte?

Si tratta di un’Iliade un po’ atipica. Il punto di vista è quello degli Dèi che, come fossero burattinai degli esseri umani, giocano a interpretare gli eroi tanto decantati storicamente; lo fanno con grande cinismo, ma anche tanta delicatezza.

Al momento siamo ancora in fase di costruzione scenica dello spettacolo. La bellezza di fare teatro sta nel poter lavorare su un testo e su un personaggio più a lungo. È stimolante per me scoprire ogni giorno le difficoltà di un personaggio come Afrodite. Nella vita quanti di noi si ritrovano davanti a problematiche da risolvere? Il mio maestro di esoterismo e arti marziali, Roberto Sforza, mi racconta sempre come la vita si misuri valutando in quanto tempo si riesce a intuire la miglior soluzione a un problema. La chiave sta nel capire a chi e come chiedere aiuto. E qui faccio entrare in gioco il teatro. Per me fare teatro è vivere il potenziale di una vita giorno per giorno, facendo nascere e morire personaggi quotidianamente. La sfida sarà scoprire quanto (inevitabilmente) ci si sentirà legati al personaggio e quanto sarà importante non affezionarcisi troppo.

Per fare questo mestiere secondo me, è molto importante prepararsi fisicamente e mentalmente ogni giorno. Più mi alleno e più mi sento ricettiva verso l’esterno, pronta ad avere l’energia ottimale per lavorare in gruppo. In questo caso l’approccio e l’umanità a cui i registi, ma anche i miei compagni di viaggio Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Iaia Forte, Haroun Fall, Francesco Meoni, Elena Nico, Marcello Prayer ed Elena Vanni stanno dando allo spettacolo è molto stimolante e di grande ispirazione.

Per il personaggio di Afrodite sto lavorando sulla sensualità, ma anche a una determinazione guerresca. Secondo il mito le antenate di questa divinità, come Inanna o Astarte, erano celebri per essere non solo Dèe della fecondità e dell’amore; rappresentavano anche la guerra e la violenza. Sto cercando di attingere alla mia tradizione giapponese per arricchire il personaggio, associando la marzialità dei Samurai alla sensualità di una geiko.

Jun Ichikawa by Gioia Maruccio
Blazer L.M.B. 1911, skirt Morfosis, shoes D’Antan

Jun Ichikawa: «In cuor mio confido molto nelle nuove generazioni. Spero ci possano essere più film e serie dove etnie e generi siano sempre più compresenti in un panorama come quello italiano»

Ripensando al tuo percorso, c’è qualche consiglio che avresti voluto ricevere prima nella vita?

Nel mio percorso ho avuto il privilegio di incontrare molti maestri come Ermanno Olmi, Giuseppe Argirò, Paolo Rossi, Ridley Scott. Tutti loro mi hanno dato molti consigli sul comportamento in scena e sul palco; mi hanno insegnato quanto sia importante essere grati di lavorare e a riconoscere le diverse maestranze che fanno parte di questo mestiere.

L’unica cosa di cui forse avrei desiderato di più è un incoraggiamento riguardo al mio essere asiatica. Ricordo di aver ricevuto tanti no ai casting perché non abbastanza italiana e sentendomi dire spesso: “Brava! Peccato che non sei abbastanza italiana.”

Per mia fortuna negli anni ho anche avuto anche modo di incontrare registi e colleghi che hanno fortemente creduto in me. In alcuni casi hanno addirittura modificato dei ruoli affinché li potessi interpretare, come è accaduto ad esempio per la serie RIS o per il film Addio al nubilato. Noto però che c’è ancora tanta reticenza nell’inserire ruoli asiatici, soprattutto quando si tratta dei protagonisti di un film o di una serie televisiva.

In cuor mio confido molto nelle nuove generazioni. Spero ci possano essere più film e serialità dove etnie e generi possano essere sempre più compresenti in un panorama come quello italiano, dove la multiculturalità è sempre più evidente e non più una rarità da ignorare.

Credits:

Creative Direction & Stylist Cosmo Muccino Amatulli

Photographer Gioia Maruccio

Hair & Make up Isabella Avenali

Stylist assistant Giulia Lafece

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