L’arte sacra di Filippo Sorcinelli – creatore di bellezza e libertà intellettuale

Un pensatore dei nostri tempi, con il fascino della non omologazione, di chi non cerca l’approvazione, ma la ottiene per l’autenticità della sua opera.

Filippo Sorcinelli, di Mondolfo, dopo i suoi studi in Arti Applicate, si diploma al Conservatorio Rossini di Pesaro, perfezionandosi al Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma.

Da organista, dà il meglio di sé nell’improvvisazione, ma il suo spirito affamato lo porta a specializzarsi nella confezione dei paramenti sacri con il suo Atelier LAVS. Un’eccellenza, quella, che conquista il Vaticano.

La pittura, la fotografia e una linea di profumi d’arte _UNUM_. Ultima essenza della collezione è _scusami_
Ognuno di questi custodisce una storia.

Lo conosciamo meglio insieme attraverso le sue parole, franche e libere come un fiume in piena. Per farci sentire la sua insaziabile ricerca di libertà, di bellezza con la B maiuscola e del suo senso. Un’emozione.

L’importanza del silenzio della solitudine e di uno studio senza fine per questo suo percorso che è la vita, una vita dedicata all’arte implica un’immersione totale dentro se stessi.

Una filosofia di vita che vede nella disciplina e nella costanza, la conquista per la libertà.

Una personalità poliedrica che trova la sua sintesi nella ricerca della bellezza a 360 gradi. Partiamo dalla musica, e soprattutto la capacità d’improvvisare.

Essere organista, per me, significa inquadrarmi come in una passeggiata in un bosco silenzioso e poco umano, dove gli alberi rappresentano il limite della partitura, e il mio desiderio incondizionato di libertà cerca di cancellarli dal mio percorso. La ricerca musicale durante l’improvvisazione è proprio questa: abbandonarsi a pulsioni e stimoli di cui ignoriamo l’esistenza, fino a farli diventare materia viva che si autoalimenta e apre la strada a suoni e ad armonie successive che hanno come fine universale l’Emozione.

Dove trovi la tua comfort zone? in quale campo dell’arte?

Nel silenzio delle cose. Ce n’è poco oggi, viviamo in un mondo piuttosto alterato e rumoroso. Tacere aiuta ad ascoltarsi dentro, in quello spazio dove una cicatrice rimarrà per sempre. È molto difficile trovare questo luogo ricco di memorie dove il silenzio si fa ascoltare e ci fa comprendere la nostra apparente attività.
Non ho una forma artistica che “canta” più degli altri: quando dal proprio interno si apre uno squarcio magmatico fatto di emozioni, si avverte l’esigenza di liberarle facendo compiere all’opera d’arte il suo iter. Un’esplosione prima del viaggio, che la collega definitivamente al mondo, verso quella che sarà una Bellezza oggettiva, lontana dai vincoli del giudizio o delle critiche.

Ci racconti una tua giornata tipo? 

Tutto ruota attorno alla ricerca della semplicità, verso un progressivo bisogno del poco. È una battaglia molto complessa, a causa delle mie responsabilità imprenditoriali.

Ogni giorno non ha meccanismi automatici, ma ci sono delle tappe irrinunciabili.

Svegliarsi alle sei, prendermi cura dei miei gatti, i veri guardiani della mia integrità. Nelle pause, allenamento, jogging nella mia campagna fatata di Mondolfo. Poi le variabili: sopralluoghi, la direzione artistica dell’Atelier LAVS a Santarcangelo e quella più dinamica che porta il mio nome con sede a Mondolfo. L’Associazione Pro Arte Mondolfo e del Festival Synesthesia con la sua sempre crescente Galleria Senza Soffitto: un progetto molto interessante, ma impegnativo.
È doveroso come cittadino, dare il proprio contributo al territorio in cui si vive, partecipando attivamente alla sua Bellezza, attraverso le proprie competenze.

Confido sempre in un momento di svago dopo il lavoro, che ha un valore inestimabile  nel momento i cui si riassumono le fatiche, ma anche le gioie di aver condiviso tante cose con chi lavora con me.

Come si incontrano disciplina e libertà creativa nel tuo stile di vita?

Senza il rigore, il rispetto, la costanza nello studio e soprattutto la curiosità, ognuno di noi non può dirsi libero. Ma al tempo stesso bisogna ammettere che la libertà creativa è un dono. Una segreta pulsione che offre nel cuore le chiavi per la Bellezza. Il creativo libero non condivide giochi di potere, mode passeggere o interessi di multinazionali, delle ambizioni di accademici o dei favori mondani della critica, ma compie prima di tutto un atto di amore che diviene universale solo se rimane autentico.

Come crei una fragranza? ti affidi a un naso importante? quali sono le spezie e gli elementi della natura che preferisci utilizzare?

Ogni fragranza nasce da un’esigenza che mi riempie di energia: da uno stato d’animo, un momento, un ricordo, una musica, diventa un’emozione improvvisa: forse il vero bisogno d’arte è proprio questo. Un’ossessione misteriosa diventa visione, ed è quella visione che io trasferisco – “dono” – al naso che da sempre lavora con me e che vive empaticamente queste emozioni. Attraverso la commozione le traduce in odori, unici.

La scelta delle materie prime è fortemente condizionata dalla volontà di materializzare il ricordo emotivo con una fragranza. Il vero filo conduttore è proprio questo.

Anche le bottiglie delle fragranze sono dei pezzi di design, te ne occupi personalmente?

Da sempre mi occupo di ogni aspetto delle mie creazioni, compreso tutto il suo involucro che parla all’unisono o in polifonia di questa esperienza emozionale.

I nostri laboratori sono attrezzati affinché possa diventare sempre più un vero e proprio oggetto d’arte, unico e irripetibile, lontano da assurde logiche industriali fatti di numeri, che spesso spersonalizzano il vero DNA di un settore che ha scelto, non per caso, di chiamarsi “profumeria artistica”.

I tuoi quadri sono molto materici. Hai un artista o una corrente a cui t’ispiri? o semplicemente che ami particolarmente?

Il mio desiderio di materia si manifesta nel dramma e nella conoscenza, nel desiderio emotivo e fiducioso che si può legare alle concretezze simboliche dell’arte medievale, dove ricavo quella profondità di densità e spiritualità che solo l’arte sacra riesce a trasmettere.

Le mie opere sono un po’ come coltivazioni di quello spazio interiore che spesso spingono, si stratificano alle emozioni e allo spirito. È l’esigenza più antica e moderna allo stesso tipo: aver bisogno di qualcosa di elevato per conformarci e confrontarci; per vivere nel reale occorre senza dubbio il sovrannaturale. Al contrario di chi pensa di conformarci e massificare ogni intento umano.

Anche la materia più inconsueta rivive solo se è rigenerata dalla poesia e dal dramma spirituale. Ecco allora le sovrapposizioni, i tagli, le forme, le carte le plastiche che come in una polifonia sognano di cantare e profumare queste cicatrici che desiderano comunicare che il passato è reale e che senza di esso l’uomo non vive ma sopravvive.

Sono esperienze queste comuni ad artisti come Giotto, Crivelli, Salimbeni, Lotto, Guerrieri, Mannucci, Burri, Licini, Giacomelli, Vedova, solo per citarne alcuni; persone che ho studiato, amato, interiorizzato, a cui mi sento particolarmente unito nel pensiero e che hanno in un certo modo arricchito la mia sensibilità umana e artistica.

Ti piacerebbe portare la tua sensibilità in giro per il mondo? per il futuro, prevedi di affrontare ancora la tematica sacra? altri progetti?

In realtà è proprio quello che sto cercando di fare, non senza difficoltà. Come dicevo pocanzi, la tendenza è quella di uniformare e di far pensare poco… Mettersi a nudo di fronte al mondo con le proprie emozioni significa provocare e stimolare. Sono convinto che il prezzo da pagare è altissimo, ma in questo modo si apprezzano anche i piccoli risultati.

Il mio “fare impresa” è estremamente connesso con la mia produzione artistica; direi forse che è oramai diventata la cifra stilistica di tutto il mio pensiero produttivo. E il sacro, l’Arte sacra, la coltivazione dello Spirito sono compagni di viaggio che, in un modo o nell’altro, diventano necessari.

Qual è il significato dei tatuaggi composti da tante linee rette. Molto grafici.

Come tutte le storie, la mia non è solo fatta di gioie, ma anche di dolori che ho avuto la fortuna di potere trasformare in momenti di “rottura”.

Anche i corto circuito fanno parte del nostro bagaglio, anche le cicatrici.

Ecco, il tatuaggio: è una cicatrice, e oggi mi ricorda ogni giorno, come uno specchio rotto, che la realtà è fatta di trasfigurazioni continue, di messaggi chiari, netti e precisi.

È quel bidimensionale che traccia un solco indelebile di una strada dritta da percorrere, quella strada ricca di stimoli, anche se guardi indietro per un istante.

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