Miart e MIA FAIR, uno sguardo a ciò che più ci ha entusiasmato

Si sono appena concluse le fiere MIA FAIR, dedicata alla fotografia contemporanea, e miart, dal titolo no time no space, dalle parole di una celebre canzone di Franco Battiato. L’edizione di quest’anno ha visto la fusione di pilastri dell’arte moderna, a confermare e celebrare la forte tradizione e presenza italiana nel moderno, con nuove voci dell’arte contemporanea, principalmente anch’esse del nostro Paese, ma con anche un significativo apporto straniero.

Tra le varie declinazioni del tema, alcune hanno particolarmente colpito la mia sensibilità:

Al miart 2024, Gideon Rubin, Blue Shirt

Questo quadro presenta una capacità evocativa classica ma sempreverde. Nella sua semplicità e immediatezza formale (le pennellate sono veloci, espressioniste) e nel mistero di una figura ritratta di spalle giacciono i semi di una storia che potrebbe ispirare l’immaginazione di uno scrittore o di un regista. E in effetti mi vengono subito in mente il ritratto che Lev Tolstoj fa della protagonista Anna Karenina all’inizio del suo romanzo, delineata nella sua seduta sobria sulla carrozza di un vagone ferroviario con in mano un libretto rosso (e non poteva essere altrimenti); o ancora il quadro che sta al centro del film Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma.

miart, Gideon Rubin, Blue Shirt
miart, Gideon Rubin, Blue Shirt

miart 2024: Pier Paolo Pasolini, Ritratto di Maria Callas

Testimonianza dell’ammirazione dello scrittore per la divina, questo bozzetto ne ritrae con dei tratti appena abbozzati il profilo, concentrandosi sull’occhio inquieto e profondo dal taglio orientale. E tuttavia l’intento di trasfigurazione di Pasolini appare chiaro, portando Maria Callas ad assomigliare ad una regina egizia, suggestione che sia la scelta del ritratto di profilo, sia il medium della carta, sembrano suggellare.

miart, Pier Paolo Pasolini, Ritratto di Maria Callas
miart, Pier Paolo Pasolini, Ritratto di Maria Callas

Tomas Kowalski, Senza Titolo

A metà tra il sogno e l’incubo di un bambino goloso, questo quadro rappresenta un giovane adulto intrappolato, con addosso quello che sembra un pigiama a righe, nella cavità pulpare di un dente, assieme ad una selezione di dolci.

Che si tratti di favola visuale, metafora visuale, o una fantasia che si è mantenuta ancora libera come quella dei bambini; Kowalksi riesce in un intento difficilissimo, quello di creare un’opera in cui il sonno della ragione può generare malinconici ricordi d’infanzia ma anche terribili consapevolezze circa le prigioni dell’età adulta.

Parallelamente a miart, si è tenuta la fiera di fotografia MIA FAIR, quest’anno incentrata sul cambiamento declinato attraverso la fotografia. Anche in quest’esposizione, ad istantanee del passato si alternavano foto recenti e recentissime.

miart, Tomas Kowalski, Senza Titolo
miart, Tomas Kowalski, Senza Titolo

MIA FAIR: Ruwan Hamdy, Se non c’è posto per me

In una serie di foto che si concentrano sull’analisi dello stigma sociale, Hamdy lavora con raffinati collage che sembrano stare sulle spalle del gigante Magritte. Con un’estetica malinconica e rilfessiva, e collage che la costruzione e composizione sospende tra realismo e surrealismo; Hamdy invita a riflettere sulle prospettive e i punti di vista con cui guardiamo agli altri e all’ambiente in cui vivono.

MIA FAIR, Ruwan Hamdy, Se non c’è posto per me
MIA FAIR, Ruwan Hamdy, Se non c’è posto per me

René Clement, Fatimid I in mostra a MIA FAIR

Quest’immagine spettrale pare un fotogramma di un film di Tarkovskij ed evoca immediatamente ed inconsciamente riflessioni sul tema della memoria. Con sovrapposizione di diversi strati, Clement crea su pellicola paesaggi impossibili, che tuttavia evocano perfettamente la confusione generativa della memoria. Le anime dei vivi e dei morti paiono aggirarsi attorno a monumenti posti al centro di queste istantanee di paesaggi dello stato egiziano.

René Clement, Fatimid I
MIA FAIR, René Clement, Fatimid I

MIA FAIR: Roberto Spampinato, Letture confidenziali, periferia milanese

Sarà una mia recente passione per la fotografia documentale, sarà un trend culturale quello di tornare a scavare nel passato per riorientarsi nel presente o nel futuro, ma la fotografia in bianco e nero sembra tornare prepotentemente. E del resto, a dimostrazione di un rinnovato interesse per l’espressione possibile solo in scala di grigi ci sono le pellicole di The Lighthouse, di Rober Eggers e l’appena giunto in sala Povere Creature di Yorgos Lanthimos.

La foto di Spampinato ha un potere evocativo molto forte perché ritrae due ragazze intente a scambiarsi confidenze proprio in quella periferia milanese che è al centro di vari progetti di riqualificazione contemporanei entro la cui orbita si inseriscono in qual certa misura anche le due fiere di arte e fotografia di cui si è parlato in quest’articolo, non a caso tenute nella location di Lotto Fiera Milano City.

Roberto Spampinato, Letture confidenziali
MIA FAIR, Roberto Spampinato, Letture confidenziali

La metropoli meneghina conferma, ancora una volta, di saper raccogliere entro i confini delle sue mura continuamente in espansione le voci più talentuose del passato e del presente; e di saper piegare lo spazio ed il tempo alla sua voracità di cambiamento e novità.

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