Questo è Sedda: Manintown visita in anteprima il suo nuovo studio

Special content direction, production & interview Alessia Caliendo

Photographer Matteo Galvanone

Pittorico, surrealista e irriverente; con i suoi uomini impomatati, zoo antropomorfi e enormi balene Pietro Sedda è il primo tatuatore italiano a dare una forte impronta iconografica settoriale. Non c’è da meravigliarsi se i collezionisti del tatuaggio d’autore anelano il momento in cui il suo ago inciderà la propria pelle per un’opera che si esula da qualsiasi trend del momento ma destinata a restare eterna. Artista poliedrico negli ultimi dieci anni è riuscito a firmare anche oggetti d’arredo, ceramiche, collezioni moda e packaging di cosmetici. 

Manintown è il primo a visitare il suo nuovo studio che segna una tappa più intima dell’artista che si lega ad un contesto storico architettonico in contrasto con la precedente identità, ugualmente eclettica ma decisamente più underground.

Visitando il tuo spazio si percepisce un forte melting-pot di influenze culturali, variazioni sul tema e riferimenti stilistici che continuano a contaminare anche il tuo estro, sempre fedele alla propria identità ma in continua evoluzione. Come ama definirsi il Pietro Sedda del 2020 all’alba della sua nuova avventura?

Non amo le definizioni. Vivo nel flusso creativo giorno dopo giorno mirando ad una progettualità che renda i clienti felici di indossare o possedere la mia arte. Non ho alcun obiettivo in questo momento ma sicuramente sono molto fiducioso.

Un artigiano e ricercatore che approda di continuo in Oriente, nello specifico in Giappone. Quanto è stato difficile, per un cultore del viaggio, progettarlo e riprogettarlo nel pieno di una pandemia globale?

Sono molto affascinato dalla cultura orientale, più che dal punto di vista del tatuaggio, che non mi appartiene ma che apprezzo molto come estetica, quanto alla filosofia di vita. Ero in India poco prima che venisse proclamata la pandemia, e proprio questo ultimo viaggio mi ha dato la spinta per riprogettare gli spazi. Sono attratto dai colori vibranti, dall’opulenza e dalla minuziosità dei particolari e perché no magari ciò mi guiderà verso un mondo di tatuaggi a colori, così come agli esordi.

La pittura olandese del Seicento, le incisioni botaniche dell’Ottocento, Max Ernst, Giorgio De Chirico e i tuoi uomini baffuti in dieci, cento, mille varianti proprio come Lina Bo Bardi per Fornasetti, e ancora marinai d’altri tempi allo prese con lo studio della zoologia marina, come sei approdato ad uno stile del tutto unico e personale che ha fatto breccia nel cuore dei cultori sopraffini?

Tuttora non so darmi una spiegazione, la mia poetica ha avuto un effetto domino subendo costanti evoluzioni. Adesso ho sete di nuovo quindi staremo a vedere in quali visioni riuscirò ad esprimermi al meglio.

Gli smottamenti mondiali che stiamo vivendo hanno influenzato in qualche modo le tue creazioni o sei riuscito a tutelare il mondo onirico delle tue fantastiche visioni mantenendo la loro collocazione in un contesto atemporale?

Durante la quarantena mi sono rimboccato le maniche e ho disegnato, acquerellato, dipinto per la gioia dei miei collezionisti che non aspettavano altro. Le illustrazioni non hanno sentito minimamente il peso del blackout, anzi, è stato un momento utile per esularmi dedicato interamente alle mie riflessioni e alla mia arte.

Rosenthal, Gum, Fritz Hansen Pietro Sedda è un brand italiano che fa incursioni e incisioni nell’ambito dell’oggettistica, della cosmesi, dell’abbigliamento e dell’interior design. Quale altra fusione creativa ti piacerebbe sancire?

Non ho desideri particolari al momento ma voglio divertirmi ed essere costantemente stimolato. Approfondirei il tema delle ceramiche e non mi dispiacerebbe esplorare il mondo del food. Ecco un piatto gourmet mi manca!

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