POESIE IN BIANCO E NERO: STEFANO BABIC

Il buio e la luce. Il giorno e la notte. Il bianco e il nero. Parte tutto da qui, nella fotografia di Stefano Babic: una tensione tra opposti capace di fermare il tempo, cristallizzando gesti, sorrisi. La mostra personale Stefano Babic. Luce e ombra, a cura di Claudio Composti, porta negli spazi di Other Size Gallery venti tra i suoi scatti più famosi: ritratti che catturano lo spirito degli anni Ottanta e Novanta con brio ed eleganza.
Nato a Roma nel 1948, Babic ha documentato l’evoluzione della moda: ha contribuito a costruire l’inconfondibile iconografia di Moschino, lanciandola nel mondo, e ha firmato innumerevoli servizi su riviste di settore e quotidiani. Ma il rapporto con la moda non si esaurisce nelle foto degli abiti, anzi: di fronte alla sua macchina fotografica sorridono e giocano donne, non modelle, colte in gesti pieni di vita. Perché il bianco e il nero sono capaci di contenere tutte le sfumature del mondo, arrivando con mirata eleganza all’essenza delle cose.

 Vogue Italia
 Stefano Babic, Vogue Italia

«Ho sempre voluto guardare ai soggetti come donne, non come modelle, per cui ho sempre cercato di identificare cose molto naturali: il sorriso, la smorfia, l’attimo di passaggio. Non la posa» 

C’è una foto che ama particolarmente tra quelle raccolte nella mostra?

Questa è una foto fatta per Vogue Italia, un servizio particolare sui gioielli… (Indica il ritratto della donna con il cappello che non sembra neanche in posa, ndr) ma è l’atteggiamento che mi piace, è il tipo di rapporto che si è creato tra la modella e il fotografo. Ho sempre voluto guardare ai soggetti come donne, non come modelle, per cui ho sempre cercato di identificare cose molto naturali: il sorriso, la smorfia, l’attimo di passaggio. Non la posa. 

Si ricorda la prima fotografia pubblicata?

Se penso alle prime fotografie pubblicate si va molto indietro nel tempo… Le prime di questa mostra, invece, le ho scattate quando vivevo a Londra e ritraggono Iman, prima che diventasse la moglie di David Bowie.
A Londra è nata anche la mia collaborazione con Franco Moschino. Abbiamo lavorato insieme anche quando ha lanciato la sua linea Moschino: è nata così la fotografia storica della modella col cappello da cowboy. Io ero a Roma durante l’Alta Moda, lui mi chiama da Milano dicendo: «Ti mando giù la mia assistente con un cappello da cowboy, trova una maglietta nera. Vorrei una cosa come… ti ricordi quella fotografia di Irving Penn, molto contrastata?» A Roma ho trovato la modella, ho fatto la foto e le ho dato i rullini da portare a Milano. Il giorno dopo Franco ce l’aveva sul tavolo: all’epoca non c’era il digitale, ma i provini delle fotografie. Quella foto è stata usata come lancio della prima sfilata Moschino.

Stefano Babic, Moschino
Stefano Babic, Moschino

«Il rapporto con Franco è stato molto stimolante per me»

Lei che ricordo ha di Franco Moschino?

Era molto divertente, molto creativo, una persona che amava giocare e che lasciava molto spazio agli altri. Ci si rideva, si giocava, si poteva fare qualsiasi cosa. Ho conosciuto Franco tramite una nostra amica comune, una stilista inglese che lavorava qui a Milano, sapeva che Franco aveva bisogno dei ritratti: il nostro è stato un rapporto di lunga durata, molto creativo e guardavo certe fotografie.
Io ho lavorato per
lui per anni, finché a un certo punto ha espresso il desiderio di fare lui stesso le fotografie. Ho capito allora che il rapporto si era un po’ incrinato. Chiaramente la fotografia non è fare il clic, è tutto un insieme di cose. A un certo punto, però, avevamo bisogno di fare altro. Ho scattato per Dolce&Gabbana, per Ferré, per Roberto Capucci e ho firmato tanti lavori per le redazioni dei giornali. Ma il rapporto con Franco è stato molto stimolante per me.

Stefano Babic, Dolce & Gabbana - Blondies
Stefano Babic, Dolce & Gabbana – Blondies

«Per me la fotografia è in bianco e nero mentre il cinema è a colori»

Ha lavorato sempre col bianco e il nero? 

Soprattutto, sì. Per me la fotografia è in bianco e nero mentre il cinema è a colori. In realtà poi ho fatto tante fotografie a colori: per esempio l’Alta Moda di Ferré l’ho sempre scattata solo a colori. Quando insegnavo, però, chiedevo sempre ai miei studenti: ditemi dieci fotografie che vi vengono in mente… e vedo che quelle che sono più sedimentate nelle memoria sono quelle in bianco e nero. Forse questa scelta si ricollega alla mia realtà: quando ho cominciato a fare fotografie a Roma, ritratti di attori e attrici, venivano stampate tutte in bianco e nero. Poi sono arrivati gli anni ‘70, gli anni degli hippies e di tutti i loro colori. Le foto a colori sono bellissime, ma, secondo me, meno incisive. Il bianco e nero rimane più impresso.

La fotografia è cambiata sensibilmente con la tecnologia e con gli smartphone: ora che abbiamo tutti un obbiettivo tra le mani, siamo più creativi o meno? 

Io sono convinto che un manico sia un manico. Ci sono tanti bravi fotografi che magari lo facevano a livello amatoriale, non professionale. È una scelta. Penso che la creatività sia più o meno sempre uguale, ci sono soltanto molti più fotografi di prima!

 Stefano Babic, Linda Evangelista
 Stefano Babic, Linda Evangelista
Natascha
Stefano Babic, Natascha
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