Da dove arrivano i tatuaggi? Una mostra al MUDEC ripercorre la storia di questa pratica millenaria

Pensiamo a quanti tra i nostri amici, parenti, colleghi, conoscenti hanno uno o più tatuaggi sul loro corpo. Che si tratti di moda, tendenza, segno di appartenenza, un modo per comunicare un messaggio o altro ancora, oggi vedere una persona tatuata è abbastanza comune. Anzi, secondo le ultime ricerche, l’Italia sembrerebbe essere il Paese più tatuato al mondo, con ben il 48% della popolazione adulta con la pelle incisa!

Se oggi il fenomeno dei tatuaggi è quanto mai diffuso, anche in un passato lontano non sarebbe stato così difficile imbattersi in qualche persona con il corpo disegnato a inchiostro. Incredibilmente infatti, la storia del tatuaggio è antica tanto quanto la civiltà umana e nel corso dei secoli, le forme, le valenze e i significati dei tatuaggi sono cambiati con il mutare della società. La mostra al MUDEC di Milano, Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo, aperta fino al 28 luglio 2024, ripercorre le tappe e i luoghi e analizza le simbologie di questa pratica millenaria, partendo dall’area in cui ne sono state ritrovate le prime testimonianze, ovvero il bacino del Mediterraneo.

Allestimento della mostra sui tatuaggi al MUDEC
Mostra MUDEC

Sotto la pelle: le storie nascoste dietro i tatuaggi

«Cos’è il tatuaggio? Perché oggi ci si tatua? Sono scelte personali dettate da istanze profonde o decisioni prese a cuor leggero, perché “oggi lo fanno tutti”? E, soprattutto, quali storie si nascondono dietro un segno, per sempre “nostro”?»

Queste sono le domande a cui hanno cercato di dare una risposta Luisa Gnecchi Ruscone e Guido Guerzoni, con la collaborazione con Francesca Jurate Piacenti, nella mostra al Museo delle Culture di Milano.

Il progetto nasce dal desiderio di comprendere cosa si celi dietro questa pratica e quale valore è stato attribuito ai tatuaggi nel corso della storia dell’umanità e cerca di indagare questo fenomeno da un punto di vista storico, antropologico e culturale. Il percorso espositivo si apre in modo suggestivo con una parete tappezzata da un collage di immagini, colori ed esperienze, raccontate da tatuatori e tatuatrici contemporanei. Inizia da qui l’itinerario alla scoperta del tatuaggio che, attraverso un fil rouge cronologico che parte dalla preistoria, guida il visitatore attraverso reperti storici, materiali sonori, videoinstallazioni, infografiche, stampe, incisioni, testi e riproduzioni provenienti da molteplici istituzioni e raccolte museali.

Allestimento della mostra sui tatuaggi al MUDEC
Mostra MUDEC

La storia del tatuaggio al MUDEC, dal bacino del Mediterraneo

Come già detto, l’esposizione sulla pratica del tatuaggio prende avvio proprio dal bacino Mediterraneo, dove sono collocati i primi ritrovamenti in materia. In particolare, Ötzi, mummia conservata oggi al Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, è il più antico uomo tatuato mai rinvenuto (con ben 61 tatuaggi); la mummia della donna tatuata di Deir El Medina dimostra poi la diffusione dei tatuaggi anche nell’antico Egitto.

In alcune civiltà il tatuaggio veniva utilizzato a scopo terapeutico, mentre in altre era diffusa la pratica del “tatuaggio infamante” che consisteva nell’incidere in fronte, o in altre parti ben visibili, il crimine commesso. Per le culture classiche, era considerato uno sfregio all’ideale di bellezza del tempo, alla stregua di un marchio da bestiame. Al contrario, anche se il fenomeno era proibito, riuscì a diffondersi in seno alle grandi religioni monoteiste mediterranee (cristianesimo, islamismo e giudaismo) diventando addirittura un simbolo di devozione e marchio di pellegrinaggio. Nel Medioevo, il tatuaggio ha continuato a diffondersi e, con l’avvento delle grandi esplorazioni, James Cook importò il termine tahitiano tatau (trascritto come tataw, diventato poi tattoo) insieme a molteplici testimonianze delle pratiche diffuse nelle tribù indigene incontrate durante i suoi viaggi.

Allestimento della mostra sui tatuaggi al MUDEC
Mostra MUDEC

Il linguaggio dei tatuaggi nell’antropologia criminale di Cesare Lombroso e i tattoo shop degli anni ‘70

L’esposizione ospita, inoltre, anche i reperti fotografici (con tanto di lembi di pelle ben conservati) degli studi di Cesare Lombroso, uno dei padri dell’antropologia criminale, effettuati su diversi detenuti italiani. Dalla diffusione di queste analisi, tra la metà del XIX e gli inizi del XX secolo, il tatuaggio iniziò ad essere associato agli emarginati, ai carcerati, ai criminali. Nasce così il pregiudizio nei confronti di una pratica considerata primitiva e atavica, indegna dell’uomo civilizzato. Queste subculture comunque riescono a preservare la pratica del tatuaggio e, a partire dagli anni ‘70, con la nascita dei primi tattoo-shop, a diffonderla fino a plasmare la concezione odierna di tatuaggio inteso come mero ornamento estetico.

In maniera immersiva, il percorso della mostra si conclude con la presentazione di un tattoo-shop old style, tappezzato di stampe di manifesti e réclame dell’universo ‘circense’ che, fino alla fine della prima guerra mondale, richiamavano le folle ad ammirare da vicino i “corpi tatuati”, dei freaks da esibire a pagamento.

Queste sono solo alcune delle storie raccontate in mostra, che dimostrano il ruolo intrinseco del tatuaggio nella società umana e vi stupirete di scoprire come, quasi tutte le civiltà passate avessero un legame con questa pratica controversa.

Allestimento della mostra sui tatuaggi al MUDEC
Mostra MUDEC

La mostra sul Tatuaggio al Mude di Milano: “Il gesto di incidere sulla propria pelle un segno indelebile è indissolubilmente legato all’atto primario di fare arte

Nonostante la sempre maggiore diffusione, ancora oggi il tatuaggio non sempre è universalmente accettato; per esempio in Giappone è vietato per chiunque abbia un tatuaggio, entrare nelle onsen (l’equivalente delle nostre terme), per l’associazione dei disegni a inchiostro con la malavita, in particolare con l’organizzazione criminale Yakuza.

Con la mostra Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo, i curatori riescono a nell’obiettivo ambizioso di riprercorrere l’importanza e il ruolo di questa forma d’arte nella storia dell’umanità, indagandone la ricchezza e complessità attraverso le testimonianze e le storie dei popoli di tutto il mondo.

Luisa Gnecchi Ruscone, curatrice della mostra e massima esperta italiana di storia del tatuaggio, spiega:

Non si sa esattamente perché il tatuaggio abbia da sempre suscitato tanto fascino sugli esseri umani, né si conoscono le origini e le radici dell’impulso che li attrae verso di esso ma è certo che il gesto di incidere sulla propria pelle un segno indelebile è indissolubilmente legato all’atto primario di fare arte, con qualunque strumento, e probabilmente questo mistero è ancora oggi parte integrante del suo fascino”.

Guido Guerzoni, co-curatore dell’esposizione al Mudec, aggiunge, sottolineando l’importanza del fenomeno e le sue origini antiche anche in Italia e nell’area del Mediterraneo: “per la prima volta sono presentati i sorprendenti materiali italiani, che documentano la persistenza millenaria di una tradizione tricolore che dall’antichità è giunta intatta sino alla metà del Novecento, a dimostrazione del fatto che il tatuaggio non è un’esotica invenzione polinesiana ma una pratica che non è mai scomparsa dal territorio europeo e dal bacino mediterraneo”.

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