Y/Project. Glenn Martens

Come traduci le tue passioni nel design?
Prima di studiare presso la Royal Academy of Fine Arts di Anversa ho conseguito la laurea in design d’interni ed è per questo che l’architettura è parte mio background e una delle mie passioni. Sono, inoltre, nato a Bruges, città nota per lo stile gotico dei suoi edifici e sono proprio i ricordi d’infanzia ad aver in qualche modo formato la mia estetica, fatta di austerità, eleganza, costruzione e opulenza. Oltre alla mia città natale penso a Venezia, la città più bella del mondo, un epicentro nevralgico per le arti. Sono stato all’apertura della Biennale a giugno, è un appuntamento che non perdo mai per sviluppare idee, essendo l’arte un’altra delle mie passioni. Detto questo, le idee possono anche venire dal clubbing a Berlino o facendo trekking nella Natura. Recentemente ho anche apprezzato molto un viaggio in Scozia, perché credo che il contatto diretto con la natura sia essenziale per me, mi tiene con i piedi per terra e mi libera la mente.

Qual è stato il concept dell’ultima collezione?
Tutto è sofisticato, versatile, con una buona dose di anni ‘90 e un’atmosfera nostalgica. Quegli anni giovanili sono il periodo migliore da ricordare e da dove attingere per creare. La ricetta della collezione comprende anche un riferimento alla California, alla royalty europea del passato. Sono tutti personaggi enigmatici e intriganti, che incontrano i re del rap di quegli anni d’oro, con pellicce finte, bomber, pantaloni e shorts in jersey. Ci sono maglioni con spalle larghe e allungate, jeans ricamati con catene d’oro. Oppure un trench chiuso da una costellazione di fibbie, pantaloni con fili di ferro, che si modellano sulla silhouette. Maglie da calcio, T-shirt e sciarpe da tifosi, con l’immagine di Enrico VIII e Anna Bolena, Napoleone e Giuseppina, Luigi XVI e Marie Antonietta, multi-cinture e un charm-scultura a forma di mano, utilizzata come ornamento. Un omaggio ad Anversa, la mia alma-mater.

Quale ruolo giocano i social in questo settore?
Oggi è più che mai una realtà e dobbiamo abbracciarla completamente. Le strategie social possono fare la fortuna di un brand in termini di comunicazione e di vendite. Mi piace anche l’idea di poter usare Instagram, come strumento di ricerca creativa, anche seguendo persone che non conosco, ma che hanno qualcosa di interessante da dire. Posso venire a conoscenza di culture diverse e posso essere seguito a mia volta, creando una rete di networking che non ha confini fisici.

Y / Project ha un seguito da record. Puoi spiegarci perché?
Posso dire che mi sento molto fortunato. Siamo un marchio piccolo e nuovo, ho creato il brand nel 2013 e da allora siamo cresciuti, ma non troppo. Cerco di rimanere concentrato, intuitivo e di non fare, almeno per il momento, una collezione più ampia, cercando di alimentare il mio seguito con un approccio emotivo. È una collezione gender fluid anche se, come brand, abbiamo iniziato a fare il womenswear tre anni fa, le ragazze amano ancora indossare con ironia le collezioni uomo.

Il brand è spesso descritto come: concettuale, couture, sexy e cool. Se potessi scegliere una de nizione per Y/Project, quale sarebbe?
Unisce universi differenti, sfidando e celebrando la diversità, è un melting pot di elementi contrastanti, che in qualche modo creano armonia. Ed proprio questo che mi piace.

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