I vini “di pietra” di Benjamin Zidarich, un ritorno alle origini

L’affascinante morfologia del Carso connota una tradizione vitivinicola millenaria, che ha saputo mutare in opportunità le complessità di un terroir con pochi eguali in Italia.
Suoli calcarei, rocciosi, terreni rossi ricchi di ferro, che tendono a drenare l’acqua verso il basso senza trattenerla, strati rocciosi a una quarantina di centimetri dalla superficie del terreno e una geografia multiforme di rilievi, grotte, caverne, dossi, doline, rocce affioranti e depressioni, che non rendono agevoli le colture. 

Il vicino Mar Adriatico, il clima mite e le precipitazioni, non così frequenti, devono fare i conti con la bora, vento implacabile che sferza il bacino del Mediterraneo, asciugando un po’ i terreni ma mantenendo areati i vigneti, che richiedono dunque meno trattamenti.
Inverni rigidi ed estati calde esprimono un clima mediterraneo e alpino che si può definire continentale, mentre l’idrografia dell’altipiano carsico è ricca di torrenti sotterranei più che di corsi d’acqua superficiali.

La cantina Zidarich

Il Carso triestino, tuttavia, è luogo di vignaioli determinati, che hanno saputo distinguersi, cercando di percorrere nuove vie; come Benjamin Zidarich, che dopo essere entrato nell’azienda di famiglia a Prepotto (Trieste) negli anni ‘80 e aver avviato, nel 1988, le prime produzioni, nel luglio 2009 ha inaugurato la nuova cantina disegnata dall’architetto Paolo Meng. Un gioiello architettonico, realizzato in otto anni di lavoro con materiali locali, penetrando nella roccia per oltre venti metri, aggiungendo muri in pietra recuperata dagli scavi, utilizzando vecchi mattoni e lasciando, dove possibile, frammenti di roccia.

Una scenografia affascinante sviluppata su oltre 1.200 metri, in gran parte sotterranei e distribuiti su cinque piani, che raccolgono gli ambienti dove ha luogo il processo produttivo, la cantina, gli spazi dedicati alla vinificazione, l’area a volte in pietra del dove riposano le bottiglie, la terrazza e la sala vetrata panoramica dove si svolgono i tasting, spaziando con la vista sui vigneti, l’Istria, la Laguna di Grado.
Un progetto avveniristico, a impatto ambientale zero e dalle radici profonde, concepito come un vero e proprio ritorno alle origini, perseguendo un’idea di vino che s’ispira alle prassi ancestrali degli antichi, a quando la vinificazione avveniva in grossi recipienti di pietra carsica, una materia tanto presente nei terreni di questa regione, da caratterizzare fortemente i sentori del vino che vi si produce, ma anche un elemento di pregio, così rinomato da essere impiegato nei secoli in importanti realizzazioni urbanistiche.

Cantina Zidarich
La cantina, disegnata da Paolo Meng (ph. Fabrice Gallina)

Le peculiarità della pietra bianca del Carso

La pietra bianca del Carso, o pietra di Aurisina, è un calcare particolarmente puro, compatto ed elegante, scelto per edificare capolavori architettonici come il mausoleo di Teodorico a Ravenna, la città di Aquileia, il palazzo imperiale e il parlamento di Vienna, l’Opera e il parlamento di Budapest, il monumentale Sacrario militare di Redipuglia, dedicato agli oltre 100.000 soldati italiani morti nella Prima guerra mondiale.

Carso triestino
La pietra bianca del Carso triestino (ph. Fabrice Gallina)

Con la stessa pietra, gli artigiani locali Marko e Kristian Zidarič, ingaggiati da Benjamin, hanno costruito i primi cinque tini, volutamente differenti l’uno dall’altro, per richiamare la diversità dei chicchi e dei grappoli della Vitovska, dando così il via a un proficuo periodo di sperimentazione e a un nuovo, straordinario capitolo della storia aziendale della famiglia Zidarich, attiva nel settore dai primi dell’Ottocento.
Pietra che ritorna anche nell’etichetta della Vitovska Kamen, vino simbolo dell’azienda, dal colore bianco che inneggia alla purezza del calcare carsico, insieme a linee semplici e cromie essenziali, che rimandano alla luce del sole, che infonde calore, energia e prosperità alla vite.

I tini in pietra usati da Zidarich rappresentano un legame di continuità col passato, caratterizzano una filosofia fortemente identitaria, nella quale il vino trae linfa dai tralci, che a loro volta si sono nutriti dei terreni ricchi di pietra calcarea carsica, la quale ritorna ancora a dare il suo apporto nella fase della macerazione e fermentazione.

Il lavoro di Benjamin Zidarich

Benjamin Zidarich è stato un innovatore e, al tempo stesso, un ambasciatore del Carso, ampliando i vigneti del papà e del nonno, un tempo riservati al consumo familiare e a pochi clienti locali, che lo acquistavano sfuso; ha puntato sulla naturalità, dedicandosi a pratiche agronomiche virtuose, spendendosi nella promozione della sua terra e impegnandosi nel Consorzio di tutela, che ha diretto per quattro anni.
I suoi vini non sono giovani, vengono venduti circa tre anni dopo la vendemmia, già pronti per essere bevuti, ma con l’idea che possano affinare ancora qualche tempo, migliorando.
Nei dieci ettari di proprietà esposti a sud (per una produzione di circa trentamila bottiglie l’anno, che può però dimezzarsi nel caso l’annata non sia stata favorevole), i vigneti vengono coltivati in maniera biologica, senza scriverlo sull’etichetta; non si utilizzano diserbanti chimici, ma concimazioni a base di stallatico, zolfo, estratto di propoli e poltiglia bordolese.

I vini

Quattro le linee proposte: Classica, Collezione, Green, “Kamen”. La produzione si concentra sui bianchi: Vitovska, Malvasia e un uvaggio, il Prulke, composto da Vitovska, Malvasia e Sauvignon; sono due, invece, i rossi, Terrano e Ruje, blend di Merlot e Terrano.
La Vitovska “Kamen”ci ha particolarmente colpiti. Alla macerazione di un mese in un tino di pietra aperto, segue l’affinamento di un anno in un vaso vinario, sempre in pietra; successivamente, il vino matura dodici mesi in legno. 

In fase di degustazione, a caratterizzare i vini è la verticalità, che esalta una freschezza intrinseca, legata ad acidità, mineralità e sapidità, tutte peculiarità fondamentali per garantire longevità al vino. Sia i bianchi sia gli orange di quest’area, infatti, tengono il tempo molto bene, riuscendo a  garantire una grande piacevolezza di beva in fase giovanile, e uno splendido incremento delle caratteristiche gustative e organolettiche nei cinque, dieci, quindici anni successivi.
Altre varietà importanti per la zona sono la Malvasia istriana e il Pinot grigio. Come la Vitovska, anch’esse amano la macerazione sulle bucce e cambiano notevolmente il loro profilo sensoriale classico, mostrando una natura speziata e floreale, dando a chi li degusta la possibilità di scoprire un’altra versione del vino, leggermente più spinta, ma altrettanto piacevole.

Benjamin Zidarich
Un ritratto di Benjamin Zidarich (ph. Fabrice Gallina)

Vino e cucina

Uno dei fattori più apprezzabili di queste etichette è proprio la versatilità durante l’abbinamento. Tralasciando la parte olfattiva che spesso, per via della metodologia di produzione e della leggera ossidazione, tende ad omogenizzarsi, i vini in questione, grazie alla loro ottima struttura, riescono ad abbracciare differenti stili e tipologie di cucina e piatti.

I vini del Carso, bianchi, orange e rossi, si combinano perfettamente a pietanze ricche e succulente, sia come aromaticità sia come consistenza. Per quanto riguarda i bianchi, possiamo benissimo utilizzarli nel pairing con piatti di pesce, anche impegnativi, tralasciando in questo caso quelli di fiume e puntando invece sul pescato di lago o mare, con intensità e grassezza maggiori. Anche la piccola selvaggina (lepre, fagiano o piccione) può trovare in questo senso grande abbinabilità, mentre le carni bianche, come pollo e tacchino, soprattutto grigliate, si sposano in un connubio piacevole e soddisfacente con la maggior parte dei bianchi di quest’area e tipologia. 

I macerati invece, che spesso rientrano in una categoria più complessa e ricca, possono essere abbinati a ricette di diverso genere e provenienza. La cucina orientale, ricca di spezie e aromi intensi, sovente abbastanza grassa e saporita, ne fa buon uso, abbinandoli sia per affinità che per contrasto; infatti la loro leggera tannicità, assieme alla parte del corpo fresca e acida, come pure a quella sapida e strutturata, riesce a garantire equilibrio e finezza nella combinazione.

Vitovska Kamen
Vitovksa Kamen, Zidarich (ph. Fabrice Gallina)

Bianchi, rossi e orange che si distinguono per la versatilità in fase di abbinamento

I grandi rossi, infine, hanno bisogno e richiamano volentieri le migliori carni rosse, dai classici tagli grigliati agli spezzatini, alle ricette che prevedono lunghe cotture. Li ho spesso utilizzati anche con carni molto frollate, dove la parte di umami e grassa è quasi estrema, infatti parliamo di vini che riescono a mantenere  alto tenore e percezione dell’acidità. 

Un ultimo consiglio è provare le tre tipologie sia in fase giovanile, proprio per capirne tratti stilistici e principali caratteristiche organolettiche, in modo da riuscire a memorizzarli e, nel caso, usarli nell’abbinamento, che una volta invecchiate, per comprenderne il grande potenziale e la piacevolezza nel momento in cui le piccole spigolature, legate alla giovinezza, vanno a levigarsi, rendendo il vino ancor più elegante e complesso.

tenuta Zidarich
Veduta esterna della tenuta Zidarich, a Prepotto

Nell’immagine in apertura, una bottiglia di Vitovska Kamen, Zidarich

FacebookLinkedInTwitterPinterest

© Riproduzione riservata