‘Cantine storiche d’Italia’, il connubio tra enologia e architettura in 38 esempi d’eccezione

Affermare che l’Italia sia la patria del vino d’autore, considerata la quantità – e qualità – di etichette racé che contraddistingue ogni regione, da nord a sud dello Stivale, è un’ovvietà lapalissiana. La mole di cuvée prodotte nel Belpaese è talmente imponente, che districarsi tra centinaia di vitigni, terroir, denominazioni, annate & co. può risultare complicato anche per i più esperti, e si rischia tra l’altro di ignorare realtà i cui vini sono frutto del cosiddetto genius loci, di un connubio inestricabile di savoir-faire e peculiarità del luogo in cui viene messo in pratica, di tecniche affinate nel tempo e ambienti dedicati alla lavorazione e conservazione del prodotto, in due parole di architettura ed enologia.
Sono proprio gli ultimi due termini le parole chiave del volume Cantine storiche d’Italia. Un viaggio tra architettura ed enologia (appunto), di Margherita Toffolon Paolo Lauria, edito da 24 Ore Cultura, che racconta trentotto eccellenze nostrane prendendo in esame il legame tra i vini più rappresentativi delle rispettive aziende e il contesto in cui vengono realizzati.
Il libro è corredato da un corposo apparato iconografico, per consentire al lettore di immergersi appieno nella bellezza straordinaria di luoghi in cui storia, wine-making e architettura trovano la sintesi ideale.
Per saperne di più, abbiamo rivolto alcune domande ai due autori.

Cantine storiche d'Italia
La tenuta di Cantine Pellegrino, a Marsala

“Ad averci sorpreso sono le storie che si celano dietro ciascuna cantina, che raccontano il genio umano e la passione legata al lavoro della terra”

Cantine storiche d’Italia. Un viaggio tra architettura ed enologia racconta trentotto realtà d’eccezione del Belpaese. Cosa vi ha colpito di più durante il lungo lavoro d’indagine svolto per realizzarlo, con oltre cinquecento cantine da vagliare? Aneddoti, curiosità, ricordi significativi che volete condividere coi lettori di MANINTOWN?

Margherita Toffolon: Vorrei fare presente che anche le 500 cantine vagliate derivano dal lavoro di selezione di un database che ha preso in considerazione un numero a tre cifre di aziende vitivinicole, presenti in tutto il territorio italiano e da cui, anche tramite intervista, abbiamo tratto e conosciuto moltissimi aneddoti.

Fra i tanti, si può menzionare l’origine del nome della cantina del Notaio a Rionero del Vulture, nel Potentino, fondata nel 1969 dal notaio Consalvo Giuratrabocchetti, che decise di riutilizzare come cantine le grotte scavate dai francescani tra il XVI e il XVII secolo nel tufo vulcanico del paese, dove avevano insediato ben tre ospedali. Oppure la leggenda del Castello del Brolio, a 20 km da Siena, dove sembra si aggiri di notte, in sella a un cavallo bianco, il fantasma di Bettino Ricasoli detto il Barone di ferro.

Paolo Lauria: Ad averci sorpreso sono proprio le storie che si celano dietro ciascuna cantina, storie che raccontano il genio umano e la passione legata al lavoro della terra. A proposito, ad esempio, del Castello di Brolio, appena citato da Margherita, quello che affascina è lo studio sugli assemblaggi delle uve compiute proprio da Bettino Ricasoli, a cui si deve, di fatto, il disciplinare del Chianti Classico. Ma la lista è davvero lunga, dai sotterfugi utilizzati per importare di nascosto i vitigni dalla Francia per impiantarli in territorio italiano all’evoluzione delle tecniche di produzione dei vini Barolo, andata di pari passo a quella dell’architettura delle cantine.

“Un minimo comun denominatore è l’estrema bellezza della storia, delle architetture e dei vini che ogni cantina porta con sé, che hanno ispirato in maniera naturale il racconto”

Cantine storiche Castello Banfi
Bottiglie allineate nella cantina di Castello Banfi, nel Senese

C’è un minimo comun denominatore, un elemento che colleghi le tante aziende menzionate nel libro?

M. T: I comuni denominatori delle trentotto cantine selezionate dalle 500 vagliate sono più d’uno, vale a dire: esistenza di una cantina “attiva” come luogo di produzione o conservazione, che fosse stata realizzata prima della fine del XIX secolo; edificio o complesso di edifici con una storia e architettura documentata e raccontabile; produzione vitivinicola qualitativamente significativa.

P. L: Oltre ai criteri necessari per la selezione delle cantine citati da Margherita, aggiungerei quale minimo comun denominatore l’estrema bellezza della storia, delle architetture e dei vini che ogni cantina porta con sé, che hanno ispirato in maniera naturale il racconto.

“Architettura ed enologia sono da sempre intimamente connesse”

Cantine storiche Berlucchi
La tenuta Berlucchi, in Franciacorta

Il volume, corredato da un ricco apparato iconografico, approfondisce (anche) la bellezza architettonica di «luoghi in cui storia, architettura ed enologia si fondono e trovano una perfetta sintesi». Quali sono gli esempi migliori di questo connubio sui generis, e cosa rende possibile l’unione di ambiti all’apparenza così diversi?

M. T: Architettura ed enologia sono da sempre intimamente connesse. Basti pensare agli Etruschi e al borgo di Pitigliano in Toscana, che annovera nel suo centro storico un ricco labirinto di gallerie in parte ancora utilizzate per la conservazione del vino. Da qui, la scelta di raccontare una parte delle numerose cantine presenti in Italia dove la storia, l’architettura, il territorio con i suoi prodotti potessero raccontare al meglio una vocazione se non millenaria, almeno secolare.

Dal punto di vista architettonico, cito tre fra le cantine più spettacolari: Argiano, all’interno di Villa Bellaria (tardo XVI secolo), in Val d’Orcia, grazie anche alla ristrutturazione dell’architetto Filippo Scheggi con la sua scala monumentale; Tenuta Capezzana, della famiglia Buonaccorsi, nel comune di Carmignano, in provincia di Prato, che custodisce un vero e proprio insieme di cantine che si sviluppano dal sotterraneo della villa padronale lungo tutto il fabbricato est di impianto settecentesco (1500 metri quadrati), dove l’architetto Giovanni Michelucci, grande protagonista della storia e del dibattito dell’architettura italiana del ventesimo secolo, ha realizzato ex novo la tinaia, caratterizzata dalle capriate in ferro della copertura, tra le sue prime realizzate con questa tecnica costruttiva.

Infine, le famose Cattedrali Sotterranee di Canelli, nell’Astigiano, a cui appartengono anche quelle dell’azienda Gancia: un complesso costituito da tunnel che si espandono per più piani nel sottosuolo del paese, creando una rete di ambienti a volte in mattoni rossi (sono patrimonio Unesco dal 2014).

“Le degustazioni non si pongono in maniera critica, come in una guida, ma come complemento emozionale dell’itinerario che si percorre col volume”

P. L: Il connubio tra architettura ed enologia permea l’intero libro, anche se forse l’esempio più bello, almeno dal mio punto di vista, è quello sopracitato del Barolo. Poi fa sempre effetto vedere e conoscere luoghi e storie legate a vini straordinari, che forse proprio per questo acquistano una loro particolare unicità. È il motivo per cui abbiamo deciso di accompagnare il viaggio di Cantine storiche d’Italia con le degustazioni dei vini delle proprietà, degustazioni che non si pongono in maniera critica, come in una guida, ma come complemento emozionale dell’itinerario che si percorre col volume.

Cantine storiche d'Italia
Botti della cantina di Castel Sallegg, a Caldaro (BZ)

Cantine storiche Villa Sandi
Villa Sandi, a Crocetta del Montello

Nell’immagine in apertura, le cantine del Castello di Monsanto, in Toscana

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