Come aprire una bottiglia di vino, i consigli del sommelier André Senoner

Aprire una bottiglia di vino può sembrare un’operazione semplice ma richiede dei passaggi da eseguire con compostezza ed estrema attenzione, gesti calibrati e “chirurgici” da compiere di fronte a clienti o commensali attenti e appassionati. Ogni sommelier che vive con ardore la professione sa quanto siano importanti i dettagli in questo momento così ricco di pathos. Parliamo di un rituale quasi sacro, che cambia a seconda della tipologia e dell’età del vino, da celebrare con metodi e strumenti ad hoc.
André Senoner, Miglior Sommelier d’Italia 2022 con collaborazioni prestigiose alle spalle (vedi il tistellato St. Hubertus – Rosalpina a San Cassiano in Alta Badia) ci racconta come eseguire alla perfezione l’apertura e il servizio del vino.

L'arte dello stappo
L’arte dello stappo

Come aprire una bottiglia di vino: la fase iniziale dello stappo

Iniziamo col dire che con le giuste istruzioni e un po’ di allenamento anche quest’operazione così delicata potrà diventare familiare. Per prima cosa è importante crearsi una base di appoggio stabile e ordinata. Al ristorante i sommelier sono spesso dotati di gueridon, il tavolino mobile utilizzato per i servizi di sala attrezzato con tutti gli strumenti necessari, ma anche lo stesso tavolo da pranzo andrà benissimo.
Munitevi poi di un tovagliolo di stoffa, o torciolo in gergo tecnico, per asciugare la bottiglia nel caso in cui questa venga presa da un secchiello del ghiaccio e per altre furbissime operazioni che scopriremo proseguendo nella lettura.

Prima di procedere all’apertura, presentate il vino alla sinistra del cliente, è importante verificare che la bottiglia in questione corrisponda effettivamente a quella scelta e che i commensali sappiano cosa stanno per gustare. In caso di vini fermi posizionate la bottiglia in verticale con l’etichetta sempre rivolta verso il cliente e non ruotatela mai, dev’essere la vostra Excalibur, come si usa dire in certi corsi da sommelier.

La rimozione della capsula dal collo della bottiglia

Con la lama del cavatappi effettuate un taglio sotto il cercine (il rigonfiamento sul collo della bottiglia), ma attenzione a come lo fate, anche l’occhio vuole la sua parte, evitate di fare troppi tagli in modo disordinato. L’ideale sarebbe farne due orizzontali, uno in senso orario e uno antiorario, e poi uno verticale. Inserite la punta del coltello sotto la capsula e fate lievemente leva per rimuoverla.

Alcuni sommelier, come il bravissimo Maurizio Paparello della salumeria Roscioli di Roma, sfilano direttamente la capsula dal collo della bottiglia. È una semplificazione che in momenti informali (e in caso di capsule non esageratamente incollate al vetro) può semplificarvi di parecchio il lavoro.

L’estrazione del tappo di sughero

Con il tovagliolo date poi una pulita al collo della bottiglia per evitare la presenza di corpi estranei o eventuali residui. Introducete ora la punta della spirale (o verme per usare un termine tecnico) al centro del tappo e iniziate ad avvitare scendendo man mano in profondità ma stando attenti a non bucare la parte inferiore del tappo, fermatevi all’incirca a due spirali dalla fine del verme.

Una volta appoggiato in due momenti l’estrattore al collo della bottiglia e fatto leva con il manico estraete delicatamente il sughero, senza fare rumore mi raccomando, e dopo averlo rimosso dal verme con il tovagliolo di stoffa, annusiamolo per verificare che non abbia un odore di sughero o di muffa, poi poniamolo al cliente o ai commensali su un piattino da caffè.

Fase di verifica della qualità del vino

Durante la verifica olfattiva, il profumo del vino dovrà essere quello maggiormente percepito, altrimenti sarà necessario assaggiare il vino per valutarne la bontà ed eventualmente prendere un’altra bottiglia. Durante l’esame della verifica del tappo è preferibile voltarsi, il nostro linguaggio non verbale legato alle espressioni del volto potrebbe infatti tradirci.

Successivamente versiamo una piccola porzione di vino nel nostro calice di assaggio e procediamo all’ultimo esame gustativo. Sì anche il sommelier può assaggiare il vino se si tratta di una bottiglia “delicata” e lo deve fare prima del cliente stesso. Se tutto rientra nella norma, procediamo con il servizio: si fa assaggiare prima a chi ha ordinato il vino e solo dopo il suo consenso si serve agli altri commensali. Se pensiamo che abbia bisogno di ossigeno, possiamo suggerire di scaraffare (o decantare) il vino oppure proporre un calice più ampio.

Ovviamente, durante questa fase di apertura dobbiamo descrivere l’etichetta in questione, raccontare degli aneddoti sulla cantina, sulla zona di proveniente, sul vigneto e le persone che producono quel vino. È importante cercare di compiere ogni azione con eleganza e disinvoltura, dando l’impressione di essere a proprio agio e padroni della situazione. Per quanto possibile agiamo con sangue freddo, rispetto alla nostra effettiva abilità ed esperienza.

L’arte del decantare

La decantazione è un’operazione fisica di grande fascino che richiede nel nostro rituale ulteriori passaggi. Ma cosa significa decantare? Si tratta della separazione materiale de liquido puro da eventuali parti solide, da sedimenti che si possono essere sviluppati e formati durante il medio o lungo processo di affinamento del vino stesso. È normale trovare questi sedimenti nei grandi vini rossi molto affinati. Personalmente, ritengo che ossigenare i vini attraverso la decantazione sia ottimale al fine di esaltare gli aromi resi preziosi dalla paziente attesa.

Quando serviamo queste tipologie di vini, nel nostro gueridon, in aggiunta al cavatappi classico e a lame, andremo ad aggiungere il cestello, la candela, il decanter e i fiammiferi. L’operazione di decantazione necessita di un polso estremamente fermo, e di una grande e sicura manualità. Partiamo dall’inizio, quando la bottiglia in questione, conservata coricata in cantina, dovrà essere posta in un cestello in posizione quasi orizzontale per essere portata al tavolo evitando che i sedimenti tornino in sospensione nel vino. Una volta mostrata la bottiglia al cliente o ai commensali Si tolgono poi la capsula e anche la parte laterale del collo. Si rimuove il sughero e si procede con la pulizia del collo con il tovagliolo di servizio.

Successivamente si versa una piccola parte nel calice di assaggio per l’analisi olfattiva, questa andrà poi messa nel decanter per poterlo avvinare e fargli prendere al meglio il sapore del vino. Si ripone la porzione di vino nel calice di assaggio e si effettua il test finale gustativo. Dopodiché possiamo procedere.
Si impugnano sia il decanter che il cestino e si posiziona il collo della bottiglia appena sopra l’imboccatura del decanter. Si inizia a versare lentamente il vino, solo così si riuscirà a vedere quando i primi fondi in movimento che seguono il liquido limpido tendono a superare la spalla per essere versati nel decanter stesso. A questo punto, sarebbe buona norma avvinare i maestosi e capaci bicchieri in cui va versato il vino.

Dopo aver eseguito il servizio, si depone Il decanter sul gueridon, o in tavola se questo manca, mentre la bottiglia vuota (la si può lasciare nel cestello) e il piattino col tappo si posizionano in tavola di fronte al richiedente, a riprova che tutto è stato eseguito con la massima professionalità.

Decanter
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La decantazione per i vini bianchi

La decantazione si può effettuare anche per determinati vini bianchi, soprattutto quelli ottenuti attraverso la rifermentazione in bottiglia senza sboccatura (i PET NAT, abbreviazione del francese petillant natural, detti anche gli ancestrali o colfondo) per evitare eventuali sedimenti causati dallo sviluppo di residui zuccherini e lieviti, e per ossigenare quelli troppo e marcatamente barricati (in questo caso parliamo di metodi classici, ebbene sì, anche le bollicine a volte richiedono una scaraffatura per liberare al meglio i loro profumi, pur a discapito della perdita di un po’ di Co2).

La scaraffatura

Oltre alla decantazione esiste la scaraffatura che permette, specialmente nei vini bianchi o spumanti, di migliorarne il bouquet olfattivo e gustativo e velocizzare il processo di ambientamento del vino alla temperatura e all’ambiente in cui è stato aperto; inoltre permette di raffreddare velocemente un vino se in precedenza la caraffa è stata posta nel ghiaccio, nel caso di un’urgenza di servizio di bottiglie non perfettamente fredde provenienti dalla cantina sotterranea di affinamento.

A proposito dello spumante

La sua apertura è tanto importante quanto quella del vino fermo e ha inizio con la rimozione della capsula. Utilizzando la lama del cavatappi si procede a tagliare la capsula eliminandola. Una volta tolta la gabbietta poniamo subito il palmo della mano o il pollice sopra il sughero onde evitare spiacevoli incidenti. Ricordate cos’è successo al ciclista eritreo Biniam Girmay dopo aver vinto la 10° tappa del Giro d’Italia 2022? Il tappo l’ha colpito a un occhio e ha dovuto ritirarsi dalla competizione.

Una volta posto il pollice ben saldo sul sughero, teniamo fermo il tappo e ruotiamo la bottiglia impugnandola dalla base con l’altra mano. Anche in questo caso e senza fare il minimo rumore, occorre sempre utilizzare un tovagliolo di stoffa per rimuovere il sughero. Si prosegue con l’analisi di controllo olfattivo e gustativo prima della mescita al cliente.

Un’alternativa all’apertura manuale o con le pinze apposite (sistema sempre più in disuso anche per fattori di sicurezza) per le capsule delle bottiglie di Champagne, Spumanti, Metodi Classici consiste nella vera e propria arte della sciabolata. Il sabrage nasce come rito cerimoniale sin dai tempi di Napoleone e si pratica con un colpo netto al collo della bottiglia in corrispondenza della linea di saldatura di questa, il punto più vulnerabile del vetro. Solitamente il colpo viene inferto con delle spade dalla lama corta ma questa può essere sostituita da un coltello o persino dalla base di un calice.

La fonte di calore

Un’apertura molto scenica e stupenda da eseguire è quella con le pinze “da porto” arroventate, che sfrutta la fonte di calore per spezzare il collo della bottiglia, la quale sarà sollecitata da un successivo shock termico. Vien da sé che tale metodo è una tecnica usuale per l’apertura di bottiglie pregiate o molto vecchie in cui si abbia una elevata probabilità che il sughero, anche nel caso di utilizzo di cavatappi a lama, sia troppo deteriorato.

La Port tongs è una pinza rovente con cui aprire bottiglie di vino invecchiate. Se vi sembra qualcosa di assurdo sappiate che non solo è possibile, ma in alcune circostanze può essere addirittura la soluzione ottimale. Oggi questa pratica, conosciuta anche come metodo portoghese, si può ancora vedere in alcuni ristoranti di grande livello.

Ma vediamo in cosa consiste esattamente questo metodo: si prende una sorta di tenaglia conosciuta come Port tongs con le estremità modellate per stringersi “abbracciando” il collo della bottiglia. Queste estremità vengono arroventate, fino a raggiungere il tipico rosso incandescente. A questo punto la tenaglia è stretta attorno al collo della bottiglia, fino ad aver dissipato buona parte del suo calore.

L’ultimo tocco è quello di passare un pennello bagnato di acqua fredda dove prima c’era il ferro rovente, oppure, sistema che personalmente preferisco, l’utilizzo di una piuma di volatile: passerotto, pavone, corvo sarebbero gli ideali, e il gioco è fatto. Basterà poi una leggera pressione con la mano, in una qualsiasi direzione perpendicolare alla bottiglia, per rompere in maniera pulita e precisa il vetro.

Si ritiene che questo sistema sia stato inizialmente adottato in Portogallo, dal quale prende il nome del metodo, e servisse per aprire bottiglie molto antiche. E’ per lo più utilizzato per vecchie bottiglie anche del 1800 di vini liquorosi ma anche di vini rossi che hanno superato i 50-60 di vita.

Gli indispensabili: il cavatappi

Dopo la passione, lo strumento più importante e il nostro migliore amico è il cavatappi. Scopriamo le varie tipologie di tire bouchon.

Cavatappi a T

È costituito unicamente dal manico a cui è fissata la classica spirale o verme. Il manico è in legno. Sono i cavatappi che richiedono maggiore sforzo fisico. Per estrarre il tappo di una bottiglia avvolte si è costretti a stringere la bottiglia tra le ginocchia. Oggigiorno è di scarso utilizzo, poiché molto rustico: era utilizzato in tempi in cui l’eleganza contava poco e l’importante era aprire.

Cavatappi professionale

È quello usato dai sommelier ed è costituito da un manico chiamato leva, lungo all’incirca quanto il palmo di una mano. Da un coltellino per incidere la capsula, da una spirale (o verme) da avvitare nel sughero e da un estrattore da appoggiare sul collo del vetro per far leva ed rimuovere il tappo.

Cavatappi campagnolo

È quello che comunemente troviamo nelle nostre case, specialmente nella dimora del nonno. Serve anche da apribottiglie. Solitamente non hanno una lunga durata. Sono oramai pezzi da collezionismo.

Cavatappi a lame

Il cavatappi a lame si usa nel caso in cui un tappo si sia spezzato nella bottiglia di vino o per l’apertura di bottiglie particolarmente vecchie, e talvolta le due circostanze possono coesistere. Quando i giorni diventano anni, lustri e decenni, può accadere che la consistenza del tappo peggiori al punto che, trovandoci a stappare una bottiglia, esso si sgretoli sotto i colpi di un normale cavatappi. Allora che fare? Ecco che entra in gioco il cavatappi a lame. Ricordati di inserire completamente le lame dello strumento nel tappo, fino a quando il manico del cavatappi non tocca la superficie superiore del collo della bottiglia. Poi, avvalendovi dell’impugnatura, il tappo andrà estratto con un lento movimento rotatorio: tirare e ruotare, tirare e ruotare contemporaneamente. Nell’operazione è richiesto polso fermo e calma, soprattutto per bottiglie molto vecchie.

Cavatappi il Durand

The Durand è stato inventato dal collezionista di vini Mark Taylor che aveva lottato con i tappi di sughero durante l’apertura di vecchi vini pregiati. Ha fondato Wining Taylors, LLC (con sede ad Atlanta, Georgia, USA) per produrre e commercializzare The Durand nel 2007. Il Durand prende il nome da Yves Durand, un sommelier di fama mondiale, suo amico e mentore personale.

In conclusione, aprire una bottiglia di vino è un’azione che richiede attenzione, eleganza e sinuosità nei movimenti. Potrebbe sembrare un qualcosa di banale, invece e molto più di questo. È una delle prime cose che un sommelier professionista deve imparare a fare e che il più delle volte contorna il servizio in modo elegante. Il cliente ci osserva in modo educato, silenzioso, catturato da ciò che stiamo facendo. E’ un momento emozionale sia per il sommelier che per il cliente stesso. Mai come in quegli attimi siamo collegati a una grande passione per il vino.

Andrè Senoner, Miglior Sommelier d’Italia 2022

Sommelier originario della Val Gardena nel cuore delle Dolomiti, a cui gli studi sono stati illuminanti: è da questi che nasce il suo amore per il mondo del vino. Il suo trampolino di lancio è stato il ristorante tristellato St. Hubertus – Rosalpina a San Cassiano in Alta Badia, dove ha ricoperto il ruolo di Sommelier e durante il lavoro consegue il diploma WSET (Wine and Spirits Education Trust) nel 2019.

La sua voglia di mettersi in gioco lo ha spinto a partecipare anche ad alcune competizioni, classificandosi 1° al Trofeo del Soave 2019; 1° al Master Chianti Classico 2020 premio comunicazione; 1° al Master dell’Albana 2020; 1° italiano a vincere il Master del Pinot Nero nel 2021, la consacrazione con il Titolo di Miglior Sommelier d’Italia nel 2022 seguita dal premio alla carriera come miglior sommelier professionista dell’anno 2022 nella ristorazione italiana – Premio Solidus. Oggi, è relatore presso l’Associazione Italiana Sommelier, docente all’Istituto alberghiero di Merano, giudice per la guida vini Gault & Millau Italia, Concours Internacional Grenache du Monde, Concorso Emergente Sala, Concours Mondial de Bruxelles e tra i candidati personaggio dell’anno di Italia a Tavola 2023 e partecipa alla stesura della Guida Vitae – I migliori vini d’Italia.

Svolge attualmente il ruolo di Wine & Beverage Consultant per molte realtà italiane attraverso: costruzione/assistenza delle carte da vino – Premio Carta Vino dell’anno 2022 alla Milano Wine Week, formazione del personale ristorativo, recensione vini, guida di masterclass per cantine, consorzi di tutela nelle principali fiere mondiali: Vinitaly e Prowein.

André Senoner
André Senoner

Immagine in apertura photo by John Murzaku on Unsplash

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