Il Ghetto di Venezia: alla scoperta del quartiere ebraico più antico al mondo

Lontano dai riflettori della Mostra Internazionale Cinematografica e dai clamori del Lido, oltre i bagordi e gli eccessi del suo celebre Carnevale e le bellezze artistiche dell’Esposizione Internazionale d’Arte, Venezia è una città magnifica da visitare in ogni periodo dell’anno. Una metropoli d’arte e di storia, unica al mondo, la perla lagunare, al di là degli itinerari canonici che percorrono i suoi principali punti di interesse (dal Canal Grande a piazza San Marco con la sua Basilica, dal Palazzo Ducale al Ponte dei Sospiri, fino a quello di Rialto, solo per citarne alcuni), a pochi minuti a piedi dalla sua stazione ferroviaria, nasconde un luogo affascinante, poco noto ai più.

Vera e propria città nella città, la cui storia trova le sue radici in quella dell’Italia intera, il Ghetto di Venezia, ovvero il quartiere ebraico più antico del mondo, oggi fulcro della comunità locale e sede delle sue istituzioni religiose, merita una visita accurata, alla scoperta dell’urbe più autentica, tra segregazione razziale ed emancipazione economico-culturale.

La nascita del Ghetto di Venezia: storia ed etimologia

Situato nel Sestiere Cannaregio, la fondazione del Ghetto di Venezia risale al 1516, per volere dell’allora Doge della Serenissima Repubblica di Venezia, Leonardo Loredan, il quale dispose che, a partire dal 29 marzo di quell’anno, l’area dove sorgevano le fonderie urbane diventasse il quartiere ebraico, residenza obbligatoria per tutti i giudei. Nonostante il termine “Ghetto” abbia acquisito nei secoli un’accezione ben precisa, legata all’idea di segregazione, discriminazione e antisemitismo, la sua etimologia è da rintracciarsi proprio nella storia del quartiere veneziano.

Con un significato totalmente neutro, nella Venezia del Cinquecento, Il “Geto” (questa era la pronuncia locale della parola) indicava la zona cittadina delle fonderie, dove venivano “gettati” – ovvero fusi – i resti del rame e del bronzo, la lega di metalli che era poi usata per la costruzione dei cannoni delle galee di San Marco (le navi militari della Serenissima). Proprio qui fu istituito il suddetto quartiere ebraico nel 1516, con due porte di accesso, aperte all’alba e chiuse a mezzanotte, al cui controllo erano poste quattro guardie cristiane – pagate dai giudei stessi – che vegliavano sul rispetto del coprifuoco imposto agli abitanti della zona. Il termine (da “Getto” divenne “Ghetto”, così come era chiamato dagli ebrei di origine tedesca) poi, per estensione, entrò in uso per identificare il luogo di confino della popolazione ebraica (e di altre minoranze culturali, politiche e religiose), fino all’Olocausto, quattro secoli dopo.

Campo Ghetto Novo, Venezia

Una sorta di enclave nel capoluogo veneto, il Ghetto di Venezia (o “Gheto”, per i locals), si distingue in tre aree adiacenti, tre isole unite da ponti: il Ghetto Vecchio, che al contrario di quanto si potrebbe pensare è invece la più recente, il Ghetto Nuovo e il Ghetto Nuovissimo, di formazione antecedente. Gli aggettivi che le definiscono non si riferiscono, infatti, alla loro data di fondazione, ma alle fonderie che si trovavano in queste zone, più o meno antiche.

Cosa visitare nel Ghetto di Venezia: le Sinagoghe e il Museo Ebraico

Poiché lo spazio a disposizione nel Ghetto era limitato, a fronte dei frequenti flussi migratori che hanno interessato questo quartiere nel corso dei secoli, le abitazioni sono molto piccole e spesso frazionate, locali angusti dai soffitti bassi. Inoltre, con l’aumentare della popolazione gli edifici si sono sviluppati in altezza fino ad arrivare a 8-9 piani, caratteristica visibile ancora oggi. Oltre alle residenze degli abitanti, molti punti cardine della comunità locale sono sopravvissuti alle vicende storiche e rappresentano oggi il patrimonio artistico-culturale del Ghetto di Venezia.

Tra questi si annoverano senza dubbio le sue sinagoghe, cuore pulsante della vita religiosa ebraica. I cinque edifici sacri (chiamati Scuole: La Scuola Grande Tedesca, la Scuola Italiana, la Scuola Canton, la Scuola Levantina e la Scuola Ponentina) sono tutti situati sulla sommità di altre strutture di realizzazione precedente (la religione ebraica impedisce infatti, di elevare costruzioni sopra i luoghi di culto) e non sono facilmente individuabili dall’esterno – secondo la regola del Ghetto per la quale le sinagoghe non dovessero essere riconoscibili. Osservando con attenzione, è possibile comunque individuarle, perché sulle facciate spiccano cinque grandi finestre allineate, che corrispondono ai cinque libri della Torah, e da iscrizioni in lingua ebraica sui muri. Seppur dall’esterno appaiano sobrie e pressoché anonime, le sinagoghe, tutte con pianta rettangolare, presentano, quasi a contrasto, interni sontuosi, con ricchi decori e arredi di pregio. 

Il Museo Ebraico, fondato nel 1953, si trova nel Campo del Ghetto Nuovo, esattamente tra la Scuola Grande Tedesca e quella Canton, ed è una tappa fondamentale per una maggiore comprensione della complessa storia della comunità ebraica nel quartiere e della vitalità delle sue tradizioni. Suddiviso in due poli, il primo è dedicato alla liturgia ebraica e alle feste principali e qui si possono ammirare manufatti in oro e argento, tessuti preziosi e altri cimeli legati alla ritualità religiosa e alla vita domestica, oltre a documenti e libri antichi custoditi nelle teche del museo. Il secondo, invece, narra la storia della persecuzioni del popolo ebraico con testimonianze che partono da lontano e giungono fino ai campi di concentramento del Novecento.

Il Banco dei Pegni nel Ghetto di Venezia

Storicamente noti per la loro attività di prestito dei capitali monetari – gli ebrei difficilmente investivano negli immobili e conservavano quindi in contanti i guadagni delle attività commerciali – che erano tra l’altro vietate ai cristiani, i mercanti di Venezia vi si rivolgevano per ottenere somme di denaro. Nel Ghetto esistevano tre banchi di pegno, situati tutti nel Campo del Ghetto Nuovo: il Rosso, il Verde e il Nero (pare che le espressioni “andare in rosso” o “essere al verde” derivino proprio dalle denominazioni di queste attività di lucro).

Il Banco Rosso è stato recentemente restaurato e rappresenta l’ultimo testimone del ruolo strategico giocato dalla comunità ebraica nel tessuto urbano ed economico della Serenissima. Con tre porte, ciascuna delle quali corrispondeva a una diversa tipologia di prestito, gli scaffali di questi luogo erano affollati da piccoli oggetti di valore che venivano impegnati, ovvero dati a garanzia del debito contratto.

Tra tradizione e cultura: la cucina kosher del Ghetto

Uno degli aspetti di maggior importanza della cultura ebraica è la sua cucina, fortemente legata alla religione e alle festività. La cucina del Ghetto di Venezia è conosciuta come kosher, termine che indica le preparazioni che rispettano i dettami della religione ebraica sull’alimentazione. Il termine significa “adeguato”, nel senso quindi che si adatta alle regole alimentari stabilite dalla Torah (la dottrina scritta ebraica). La tradizione culinaria del Ghetto, inoltre, è stata profondamente influenzata dalle contaminazioni con la cultura veneziana e da questo incontro sono nati i piatti più conosciuti della zona, come le sarde in saor (preparate con aceto, cipolla, uvetta e pinoli) e i bigoli in salsa (pasta fresca con una salsa di acciughe e cipolle). 

Tra i piatti più tipici della cucina kosher da assaggiare nel Ghetto, la fugazza cole gribole, una focaccia impastata con dei pezzetti di pelle d’oca fritta, e il riso zalo, preparato con lo zafferano e servito con uvetta e zucca. Il ristorante Gam Gam è il baluardo della cucina kosher nel ghetto veneziano e non solo, dove assaporare le pietanze autentiche della tradizione gastronomica giudea. Il Panificio Volpe, bottega storica nel cuore del quartiere, è invece il luogo dove gustare specialità dolci, come le orecchiette di Amman, biscotti triangolari ripieni di marmellata oppure di cioccolata e frutta secca e l’impadè, un pasticcino ripieno di pasta di mandorle.

Veduta dall’esterno del Radisson Collection Hotel Palazzo Nani di Venezia

Dove soggiornare: il Radisson Collection Hotel Palazzo Nani

Il Radisson Collection Hotel Palazzo Nani di Venezia si trova nel Sestiere di Cannaregio. L’edificio che ospita l’hotel è un palazzo storico signorile del Cinquecento appartenuto alla famiglia nobile veneziana Nani.
Nel corso degli anni, si sono succedute varie proprietà e il palazzo ha cambiato più volte destinazione d’uso: da residenza privata è divenuto caserma Austriaca e poi una scuola. Inaugurato nel 2022, Radisson Group ha trasformato questa dimora nobiliare in un hotel di 52 camere e suites e 3 appartamenti privati tutti dal design ricercato, con un attrezzatissimo centro fitness.

Per questo progetto, Concreta (l’azienda di Postalesio specializzata nel contract d’eccellenza per alberghi, spazi commerciali e aree residenziali e leader a livello internazionale) ha realizzato tutti gli spazi comuni su progetto dello Studio Marco Piva, che ha ideato un concept di arredo ‘box-in-the-box’ volto a preservare l’identità del palazzo, arricchendola con un linguaggio raffinato e contemporaneo. La particolare natura di questo antico edificio veneziano e la complessa logistica che l’esecuzione di lavori in laguna richiede, hanno rappresentato una vera sfida, che Concreta ha saputo raccogliere portando avanti una strategia dicotomica vincente, puntando sull’attenzione al dettaglio da un lato, e sulla globalità nell’approccio dall’altro.

Il Salone Nobile di Palazzo Nani al primo piano

Gli spazi di Palazzo Nani, ampi e luminosi, alcuni dei quali con affaccio sul Canale di Cannaregio, si caratterizzano per le cromie che richiamano le tonalità dei soffitti affrescati. Le sedute dai colori intensi  rimandano invece alle nuances del territorio: le sfumature dell’acqua, i riflessi del vetro e gli interni delle gondole.

Il Giardino di Palazzo Nani

Significativa, nel progetto, la realizzazione delle aree comuni. L’hotel è stato concepito infatti come luogo di ospitalità non chiuso ed esclusivo ma, al contrario, aperto alla città e fruibile da parte di coloro che desiderano accedere al ristorante e dell’atmosfera rilassante del lounge bar e delle lobby. Inoltre, gli ospiti possono godere dell’incantevole giardino ‘segreto’ di 350 metri: nel verde sono posizionate sculture, statue, panche, divanetti e due grandi vasche da bagno in pietra.

Radisson Collection Hotel, Palazzo Nani Venezia – Fondamenta Cannaregio, 1105, Venezia, 30121, Italia

In apertura: Campo Ghetto Novo, Venezia. Foto di Massimo Adami su Unsplash

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