Alla 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia chi ha vinto, oltre ai film, sono stati loro due. Un ventenne e un quasi trentenne, oggi famosissimi: il primo, lanciato anni fa nel mondo del cinema da Luca Guadagnino (“mi ha cambiato la vita”, ha scritto sul suo profilo Instagram) con il film Chiamami col tuo nome, tratto dall’omonimo e splendido libro di André Aciman; il secondo grazie alle sue canzoni – che sono diventate delle vere e proprie hits (Watermelon Sugar, As It Was, Golden, Adore You, Kiwi e altre)- e allo stilista Alessandro Michele, che lo ha introdotto e coinvolto in prima persona nel mondo di Gucci, facendolo diventare testimonial.

Timothée Chalamet e Harry Styles, star in laguna
Timothée Chalamet è tornato qui al Lido proprio per presentare l’ultimo lavoro di Guadagnino, Bones and All, vincitore del Leone d’Argento, una storia di cannibalismo 2.0. e d’amore nel Midwest, nella profonda America di provincia.

Accompagnato proprio dal regista, è sceso dal motoscafo in pantaloncini, cardigan e anfibi – tutto Celine – e con una maglietta dei Bauhaus, poi sul red carpet è arrivato con un top che gli lasciava la schiena scoperta. Un’ originale mise damascata, disegnata appositamente per lui da Haider Ackermann, designer molto amato da Tilda Swinton, che deve averglielo presentato, essendo lei una cara amica – nonché musa – proprio di Guadagnino. Il giovane attore ha indossato una gonna e giacca coreana rosso nero e oro, lasciando come di consueto i riccioli ribelli sul viso. A 26 anni, è ciò che negli anni Novanta era stato Leonardo DiCaprio, divo generazionale per eccellenza.


Harry Styles, 28 anni, ha scelto invece Gucci per le mise veneziane, ed è stata molto particolare quella sfoderata per la sera, quando ha presentato il film di cui è protagonista, Don’t worry darling, diretto dalla compagna Olivia Wilde. Un look total Gucci: completo blu con doppiopetto e pantalone con pinces di due tonalità diverse, camicia azzurro cielo con colletto oversize e un paio di stivaletti in pelle bianchi con inserti rossi a forma di cuore. Occhiali da sole maxi e vari anelli alle dita, lo smalto verde acqua a dita alterne compreso.

Due icone 2.0 della fluidità
Tutti pazzi per loro dunque, simboli di una fluidità capace di muovere masse di tutte le età e sesso. Per quale motivo?, vi chiederete voi. Perché sia Chalamet che Styles incarnano lo spirito di questo tempo, ma soprattutto perché sono una bandiera Lgbtqi+ che non ha paura di essere sventolata, una fluidità che sostiene il gender bender, il rifiuto delle generalizzazioni sul genere. Un qualcosa che non ha nulla a che vedere con l’omosessualità, ma con con ciò che si vuole e ci si sente di essere al momento, senza alcuna definizione di sorta.
Perché dire di più non serve, perché così è (se vi pare).

P.S. Dopo di loro, è arrivato sul red carpet, a sorpresa, Brad Pitt, produttore di Blonde, il film di Andrew Dominik su Marilyn Monroe che ha diviso la critica. Si è preso tutta la scena in smoking e scarpe da ginnastica, con il solito carisma: un misto di bellezza, simpatia, sex appeal e fascino. Di fronte a lui, nessuno ha capito più nulla, neppure i giovani della generazione Z, per cui è un nonno (ha 58 anni). Nessuno si salva da solo, ma con lui è ancora meglio.
Nell’immagine in apertura, Timothée Chalamet, Harry Styles e Brad Pitt ritratti per Manintown da Jacopo Ascari
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