Il mestiere dell’attore secondo Leonardo Lidi, direttore artistico del Ginesio Fest

Alto, schivo, pragmatico ma con la testa sempre in attività, Leonardo Lidi si illumina quando si parla dei “suoi ragazzi”, gli allievi della scuola del teatro Stabile di Torino.
Lo vedremo nei panni di un abile hacker in Everybody Loves Diamonds, uno dei progetti più ambiziosi in programmazione su Prime Video nella primavera del 2023. Era Tody nella serie Rai Noi, remake della statunitense This is us. Ha appena affrontato la sua prima direzione artistica di un festival teatrale, il Ginesio Fest, giunto alla sua terza edizione.

Leonardo Lidi attore
Leonardo Lidi (ph. Ester Rieti)

“Sono soddisfatto. Gli artisti stanno vivendo il festival e il borgo. È molto importante che artisti di ogni età siano arrivati a San Ginesio per dialogare sul teatro. Si sono alternati grandi attori, giovani emergenti e studenti. Per me è bellissimo ed è quel binomio che il teatro deve avere: il talento sì, ma anche un pensiero politico rispetto all’arte del teatro e al dialogo col pubblico”.

Inizia così la chiacchierata con un un artista poliedrico, che fa di una formazione trasversale la cassetta degli attrezzi di un professionista del mondo della recitazione. Teatro o cinema, recitazione, direzione o scrittura, tutto parte dallo studio condiviso.

Ginesio Fest
Uno degli spettacoli dell’edizione 2022 del Ginesio Fest

San Ginesio festival
Un altro momento del festival

“La nostra è una professione liquida, ha bisogno di antenne dritte e capacità di spostarsi costantemente e velocemente tra le varie forme”

Prima volta come direttore artistico di un festival. Dove pensi di dover migliorare?

In realtà ho già fatto esperienza sul mio territorio piacentino. Da quando sono ragazzo, ho gestito dei gruppi come regista. Sono il coordinatore didattico di una scuola importante, quella del teatro Stabile di Torino. Dal punto di vista della gestione non ero impreparato. Aspetti da migliorare ce ne sono sempre. Come primo festival, sono soddisfatto del Ginesio Fest perché, con la squadra che ho creato, siamo riusciti a superare anche i momenti più difficili. La seconda sera siamo stati costretti ad annullare lo spettacolo due ore prima di andare in scena. Ma siamo riusciti a rispondere, secondo me, con una bella freschezza: lavorando insieme, abbiamo creato dal nulla, in meno di due ore, uno spettacolo che ha entusiasmato il pubblico. Per la prossima stagione mi piacerebbe aggiungere almeno una produzione under 30.

“Cerco di insegnare a non essere ossessionati da un percorso specifico, a non aver paura delle novità”

Come docente, c’è qualcosa che è mancato a te e che dai ai tuoi ragazzi? Qual è il maestro che avresti voluto avere e che cerchi di diventare?

Come dico sempre ai ragazzi, credo che il concetto di maestro vada ripensato. La nostra è una professione talmente liquida, che ha bisogno di antenne dritte, di capacità di spostarsi costantemente e velocemente tra le varie forme. È il motivo per cui sono molto contento che Remo Girone sia presidente di giuria, è un esempio di stile, si è sempre mosso tra il grande teatro, la televisione e il cinema, così come Lino Guanciale che è stato premiato la serata conclusiva del festival. Quello che cerco di insegnare è non essere ossessionati da un percorso specifico, ma di essere sempre in ascolto del proprio presente. Di non avere paura delle novità.

Temo ci sia una paura connaturata alla mia generazione, che aumenta nei più giovani, dovuta a un contesto di precariato costante. Questo fa sì che gli artisti abbiano sempre paura di sbagliare, perché devono convincere il produttore o lo spettatore di essere all’altezza. Un aspetto importante del nostro lavoro, che abbiamo il dovere di insegnare, è che l’errore fa parte del percorso. Bisogna essere consapevoli del proprio talento, ma anche, e questo è più un consiglio alle istituzioni e ai teatri che agli allievi, permettere sempre la possibilità di un passo falso. Perché all’interno di un contesto di paura, la creatività non nasce. Questo è ciò che insegno ai miei allievi.
Cosa avrei voluto? Quello che ho dovuto fare da solo, un percorso di studio sui testi. Tutti i giorni studio almeno un testo teatrale. Mi è dispiaciuto farlo da solo: lo avrei voluto fare con dei compagni, quindi cerco di far sì che la classe abbia un costante studio collettivo dei testi.

Lino Musella attore
Lino Musella, tra gli ospiti di punta della rassegna (ph. Manuela Giusto)

Lino Guanciale premio
Lino Guanciale riceve il premio assegnatogli dal Ginesio Fest

“Bisogna permettere sempre la possibilità di un passo falso. Perché all’interno di un contesto di paura, la creatività non nasce”

Ti occupi di regia e scrittura, ma sei anche attore di serie di successo. Tra tax credit e finanziamenti, le produzioni cinematografiche hanno ingenti capitali da investire. C’è spesso un problema di sceneggiature. Tanta quantità va a discapito della qualità? La grande mole di produzioni è una bolla che rischia di scoppiare?

Bisogna vedere gli aspetti positivi di questa mole di denaro, che sta favorendo le produzioni. Le piattaforme permettono di scoprire attori che avrebbero faticato nel sistema cinematografico tradizionale. Io stesso ho avuto la possibilità, grazie a Rai, Netflix e Amazon, di farmi conoscere anche dal grande pubblico. In un contesto dove siamo abituati ai soliti protagonisti, poter conoscere nuovi volti è un bel cambiamento.

Rispetto alla scrittura sono critico. Se pensi alle scritture inglesi e americane, partono quasi sempre da una consapevolezza teatrale drammaturgica. Una delle serie di maggior successo di quest’anno, l’americana Succession che ha trionfato ai Golden Globe, non è altro che una rilettura in chiave contemporanea di Re Lear. Un cartone che ha fatto grandi numeri su Netflix, BoJack Horseman, parte dall’opera di Ibsen. Ma noi spesso neanche ce ne accorgiamo, perché c’è una grande mancanza di studio della drammaturgia classica tradizionale e, come spesso avviene, ci si nasconde dietro una tradizione noiosa, invece di utilizzare testi classici come trampolino per sopravvivere ai nostri tempi. E questo, nello studio della sceneggiatura e ancora prima della drammaturgia italiana, è un difetto che dobbiamo assolutamente colmare. Anche perché oggi il rapporto con il resto del mondo è quotidiano, proprio grazie alle piattaforme. Nella mia classe ci sono sia scrittori che attori che però scrivono. Sto cercando di creare una rete, con la mia agenzia, con sceneggiatori e registi che conosco, per aprire a una possibilità di dialogo tra le due forme d’arte. Secondo me è la soluzione migliore per creare sinergie.

Ginesio Fest edizioni
Il pubblico assiste a uno spettacolo del Ginesio Fest 2022

“Le piattaforme permettono di scoprire attori che avrebbero faticato nel sistema tradizionale. Poter conoscere nuovi volti è un bel cambiamento”

Le piattaforme danno lavoro. Ma i ragazzi fanno in tempo a formarsi?

La formazione deve partire prima e in maniera seria. Potremmo copiare l’esempio inglese, dove è difficile vedere ragazzi, sia sugli schermi che nei grandi musical, non formati. La questione è che le scuole di teatro fanno di tutto per tenersi stretti i propri allievi con la paura che possano scappare. Con la scuola dello Stabile di Torino stiamo facendo l’opposto: stiamo cercando di dare già possibilità lavorative, perché ragazzi che studiano quotidianamente, meritano di essere visti dai registi. Spesso c’è il fraintendimento che è meglio prendere qualcuno di “puro” dallo studio della recitazione, temendo sia troppo impostato. Poi però fai recitare giovani che fai fatica a capire ciò che dicono quando sono davanti alla macchina da presa. Non è una critica, solo uno degli aspetti che si può migliorare. Per lavoro, sono in contatto con tanti casting e registi e, per quello che posso, mi impegno a creare un ponte tra i due mondi, teatrale e cinematografico.

Questi due mondi si devono parlare. Ma non è il mondo cinematografico che deve ascoltare il teatro: devono entrambi fare un passo avanti. E il mondo teatrale deve smetterla di formare attori in grado di sostenere solo alcuni percorsi con alcuni registi. Gli attori formati devono essere attori a 360 gradi e il cinema deve attingere a questi percorsi. Ma ci vogliono dei formatori che non siano chiusi nelle proprie consapevolezze del passato: è quello il problema. Altrimenti si continua a parlare del proprio passato, della tradizione, e nel presente ci rimangono le briciole.

Lessons of Love film
Leonardo Lidi in una scena del film Lessons of Love

Nell’immagine in apertura, un momento dell’edizione 2022 del Ginesio Fest, sulla sinistra si riconosce Leonardo Lidi

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