Che genere di questioni, le questioni di genere

Zaddy. Segnatevela, questa parola, perché la userete. Eccome, se la userete. Secondo il dizionario  Merriam-Webster, uno zaddy è un uomo maturo attraente e non deve necessariamente essere il vostro papà. Al momento in cui scriviamo, cercando “Pedro Pascal Zaddy” su TikTok, si ottengono 2,4 miliardi di visualizzazioni: il che significa che le persone stanno pigiando severamente sui cuoricini dei like. L’attore cileno quarantasettenne, protagonista di The Last of Us della HBO, era già famoso per The Mandalorian (spin-off televisivo di Star Wars) e in precedenza per Narcos, oltre ad aver vestito i panni del caldo bisex Oberyn Martell in Game of Thrones.

Sicuramente assai piacente, molto simpatico, di mentalità aperta e baffetto malizioso, in questo momento è l’uomo più desiderato del web da donne etero, uomini gay, trans, bisessuali penedotati o vaginadotati, maschi eterocuriosi e lesbiche non prescrittive. Tutt* lo desiderano, soprattutto dopo averlo sentito dichiarare, con la sua arroventata voce, «I’m your cool, slutty daddy». Serve traduzione? Non crediamo.

Naturalmente la sua popolarità lo ha reso preda appetibile delle maison di moda più importanti del pianeta che se lo contendono come testimonial, non solo perché il buon Pedro è la New Celebrity in Town. Rappresenta alla perfezione quel tipo di alta desiderabilità ormonale che trova un’incarnazione sempre diversa: così lontano dal longilineo ed efebico Timothée Chalamet ma anche dal muscolare e ipertonico Chris Hemsworth, lui sembra rassicurante, spiritoso e anche un po’ sentimentale. E vederlo vestito in camicia giallo pulcino, pantaloni color tortora e maglioncino Gucci – un tempo firma del genderless più spericolato – ispira voglia di spogliarlo e godersi il suo torace irsuto, più che di idealizzarlo come icona dalla sessualità fluida.

A volte la denominazione “senza genere” serve solo a far raddoppiare i fatturati per ogni articolo

Moda e genere 2023
Valentyn: total look Diesel; Kristina: shirt Aniye By, boots Marsèll (ph. by Alberto Alicata)

Il problema con la moda è sempre lo stesso: poiché per sua natura è fatta di tendenze temporanee, quando si occupa di temi importanti come la diversity, l’inclusione (e non “inclusività”, che in italiano fa aggricciare la pelle), la body positivity, non rischia di farne degli argomenti transeunti, passeggeri, provvisori? A volte la denominazione “senza genere” serve solo a far raddoppiare i fatturati per ogni articolo. Sono state vendute come genderless collezioni di marchi anche famosi che in realtà erano solo tute sportive, sneakers e streetstyle unisex rinominati, come se fosse radicale per le donne indossare pantaloni nel 2023 (benvenuta, modernità!). Quando si tratta di corteggiare clienti trans e non binari, il pericolo è che la firma possa nascondere solo un vuoto pinkwashing, operazione di marketing che culla gli acquirenti in un falso senso di fiducia senza offrire nulla di materiale come vestibilità, funzionalità e conoscenza/assistenza clienti.

Dal co-ed al Conservatice Chic, abbigliamento che s’ispira a valori tradizionali e conservatori

Il quotidiano britannico The Guardian ha portato come esempio il meganegozio online di Afterpay, dove si può comprare a rate. La maggior parte degli articoli elencati si adatta solo a dimensioni e forme limitate e, una volta che si fa clic sul sito di un commerciante partner per completare l’acquisto, il binarismo di genere riappare sullo schermo con la violenza di una pubblicità pop-up: vedi il sito web di Levi’s, suddiviso in uomo, donna, bambino e accessori. Ma è nelle ultime sfilate – dopo quelle co-ed, in cui erano presentate le linee uomo e donna, si è tornato a suddividerle in maniera decisa -, dove si è riaffermata la sartorialità, il classico e la tradizione, che il fashion system dimostra la sua innata ipocrisia.

Il Conservative Chic si riferisce all’abbigliamento che s’ispira ai valori tradizionali e conservatori, come la modestia, la sobrietà e la decenza. Questo tipo di moda spesso si concentra sulle linee pulite, le silhouette classiche e i tessuti di alta qualità. La cultura conservatrice, d’altra parte, è caratterizzata da una serie di valori e credenze che promuovono l’ordine sociale, la stabilità e la tradizione. Questi valori possono includere il patriottismo, la religione, la famiglia e la moralità.

genere fashion 2023
Valentyn: top Versace; Kristina: dress VI Valentina Ilardi, earrings Adais (ph. by Alberto Alicata)

Una moda nata da un duplice istinto sociale, quasi ossimorico: da un lato il bisogno di distinguersi, dall’altro il desiderio di conformità

E se perfino a una manifestazione nazional-popolare come il Festival di Sanremo ci si è indignati perché Rosa Chemical (che comunque era in camicia bianca e cravatta nera) ha dato un bacio a bocca serrata a Fedez, capirete che la tendenza del tailoring nasconde una realtà che è mutata in meno di due anni: Achille Lauro si vestiva come la regina Elisabetta I e tutti erano esaltati da questa ventata di novità, ora ci farebbe annoiare e lo definiremmo démodé. Per carità, capiamo tutto: in un mondo dove tutto cambia rapidamente e le tradizioni vengono spesso messe in discussione, la moda e la cultura tradizionaliste possono offrire una sorta di ancoraggio e di stabilità, concentrandosi su capi che offrono un’aria di familiarità – altra parola chiave del momento – che può dare alle persone un senso di conforto. Certo: la crisi economica non aiuta nelle sperimentazioni vestimentarie.

Meglio investire in durevolezza, qualità dei materiali, tagli e modelli già collaudati; una moda che nasce da un duplice istinto sociale, quasi ossimorico, e senza dubbio conflittuale, cioè da un lato il bisogno di distinguersi e, dall’altro, il desiderio di conformità. E poi: si potrebbe obiettare che vestirsi al di là del genere è un dato sempre presente nel linguaggio vestimentario, dal Re Sole in tacchi alti, trucco, parrucca incipriata e gioielli fino ai capi unisex, adatti sia a uomini, sia a donne.

L’abito è sempre il frutto di una filosofia dell’esperienza che determina il proprio modo di essere nel mondo

Non è così. La differenza nel linguaggio è emblematica. Il termine unisex fa riferimento a indumenti che non sono fatti per un tipo specifico di corpo e si adattano a tutti. Inoltre, unisex pone l’accento sul sesso della persona, e non sul genere. Sesso e orientamento sessuale non definiscono l’identità di genere e la sua espressione estetica. Proprio a queste ultime, invece, fa(ceva) riferimento il concetto di moda genderless che propone(va) uno stile in movimento, abbandona(va) rigide categorizzazioni e diventa(va) strumento di espressione individuale.

Ora non è più così, ed è un peccato. Perché l’abito è sempre il frutto di una filosofia dell’esperienza che determina il proprio modo di essere nel mondo, non solo con le proprie motivazioni, ma anche nei rapporti sociali con gli altri. L’abito potrebbe diventare non un semplice prodotto ma l’espressione di uno stile dei propri atteggiamenti, come capacità espressiva intersoggettiva. Come la possibilità di avere rapporti con le cose e usarle per raccontarsi.

moda senza genere
Kristina: total look Celine; Valentyn: total look Celine Homme

Nell’immagine in apertura, per Valentyn maglia Versace, per Kristina abito VI Valentina Ilardi, orecchini Adais (ph. by Alberto Alicata)

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