‘Gianni Versace Retrospective’, a Groningen una mostra monumentale sullo stilista calabrese

Quello di Gianni Versace, gigante della moda tricolore (che tra gli anni ‘70 e ‘80, insieme a un manipolo di illustri colleghi, contribuì a plasmare, rendendo il made in Italy sinonimo di eccellenza artigiana e savoir-faire senza pari), è un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. Eppure, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, finora sono state relativamente poche le mostre dedicate alla monumentale opera dello stilista nato a Reggio Calabria. Una lacuna cui prova a sopperire, ora, il Groninger Museum, nell’omonima città dei Paesi Bassi: l’edificio tutto spigoli e asimmetrie dell’istituto, frutto del lavoro congiunto di Alessandro Mendini, Michele De Lucchi e Philippe Starck, ospita infatti, fino al prossimo 7 maggio, la più grande esposizione mai realizzata sul fondatore del marchio della Medusa, a cura di Karl von der Ahé e Saskia Lubnow.

Groninger Museum
Il Groninger Museum visto da Jacopo Ascari

Gianni Versace top model
Gianni Versace and his models, Milan, 1 March 1991 – ©Vittoriano Rastelli/ Corbis Historical/ Getty Images (ph. courtesy of Groninger Museum)

Una mostra d’eccezione, che raccoglie una quantità impressionante di materiali d’archivio

I visitatori del museo hanno, dunque, la possibilità d’immergersi nell’immaginifico universo estetico del couturier, un mix unico nel suo genere di abbigliamento, pop culture e design, tra sontuose creazioni di prêt-à-porter, passerelle che hanno fatto la storia dell’industria fashion, videoclip, top model e nomi di spicco dello star system. La mole di materiali d’archivio raccolti per l’occasione è impressionante, e spazia tra abiti, accessori, tessuti, bozzetti, elementi d’arredo, filmati di spettacoli teatrali, tutti risalenti agli anni d’oro della maison, quelli compresi tra il 1989 e il 1997 (anno della tragica morte del designer, ucciso sulle scale della sua villa di Miami), testimonianze esemplari di una creatività che non conosceva limiti.

Gianni Versace, del resto, è stato un autentico precursore nel suo ambito, tra i primi in assoluto a unire moda e linguaggi espressivi eterogenei, in primis musica, fotografia e graphic design, aprendo la strada alla trasformazione di sfilate e campagne pubblicitarie in artwork a tutti gli effetti, in grado di segnare l’immaginario collettivo.

Versace camicie seta vintage
Gianni Versace, Silk Shirt Army – ©Dirk Patschkowski (ph. courtesy of Groninger Museum)

Tutti gli oggetti esposti sono pezzi originali, provenienti da collezioni private internazionali, in particolare da quella di Antonio Caravano; la curatrice di quest’ultima, Sabina Albano, ha intrapreso da tempo un personale viaggio-omaggio al lavoro dello stilista calabrese, di cui è tra le massime esperte. Commentando la mostra di Groningen, pone l’accento sul «desiderio di valorizzare costantemente il linguaggio della moda che interpreta il tempo. È una linea temporale che va dal passato al presente, quasi reperti archeologici con cui decifrare i nostri mondi».

Il percorso espositivo si snoda in stanze tematiche, dedicate alle “ossessioni” del fondatore del brand

L’esposizione (che, va precisato, non è legata in alcun modo al gruppo Capri Holdings, attuale proprietario del brand, né è stata autorizzata dalla famiglia) si configura, più che come una “semplice” celebrazione dell’heritage del founder, come un racconto sui generis, articolato in assonanze e intrecci con altre forme di creatività. Ad aprire il percorso tematico, il celeberrimo, scollatissimo “Safety Pin Dress” della collezione Punk (1994), indossato da Liz Hurley alla première londinese di Quattro matrimoni e un funerale, che tramutò l’attrice britannica in una star di caratura mondiale.

Liz Hurley Versace dress
“Four Weddings and a Funeral” premiere in London, 1994 – ©Dave Benett/ Hulton Archive/ Getty Images (ph. courtesy of Groninger Museum)

A seguire, le diverse ispirazioni che hanno alimentato, negli anni, il ready-to-wear griffato Versace, con un focus specifico per ogni sala: si va dalla pop art di Andy Warhol alla Magna Grecia, dal rapporto dello stilista con celebrità del calibro di Lady Diana o Elton John alla collezione Freedom, del 1991, che sostanzialmente sancì la nascità del fenomeno delle supermodel, nello specifico Cindy Crawford, Naomi Campbell, Linda Evangelista, Christy Turlington.

Gianni Versace visto da Jacopo Ascari e Bruno Gianesi

Gianni Versace mostra 2023
(Artwork by Jacopo Ascari)

Versace mostra
(Artwork by Jacopo Ascari)

Ad interpretare, per MANINTOWN, i must della retrospettiva (dagli outfit più spettacolari agli allestimenti delle varie stanze) è Jacopo Ascari, i cui coloratissimi disegni, in questa pagina, fanno il paio con quelli – straordinari – di Bruno Gianesi, pubblicati in esclusiva sul magazine. Storico collaboratore di Gianni Versace, Gianesi fa il suo ingresso nell’ufficio stile del marchio nel 1984: vi rimarrà per i successivi sedici anni, in qualità di capo stilista e responsabile dei sontuosi progetti teatrali che coinvolgono all’epoca il brand, curando la realizzazione dei costumi di scena per coreografi e registi del livello di Roland Petit, Maurice Béjart, William Forsythe e Bob Wilson e, in parallelo, disegnando gli abiti indossati dalle star coeve, i già citati Elton John e Lady D, Sting, Madonna e tanti altri, curandone anche le relative illustrazioni per la stampa.

Diversi suoi bozzetti sono stati selezionati proprio dal Groninger Museum, per l’exhibition in corso di svolgimento: quello olandese, d’altro canto, è solo l’ultimo museo, in ordine di tempo, a includere in una sua mostra il lavoro del prolifico artista, esposto negli anni in istituzioni culturali d’eccezione, dai Musei Civici di Palazzo Farnese, a Piacenza, alla Galerie Quadrige di Nizza, passando per il Teatro Litta di Milano, il Kronprinzenpalais berlinese…

Versace Magna Grecia
Illustrazione di Bruno Gianesi presentata alle mostre Gianni Versace Magna Grecia Tribute (Museo Archeologico di Napoli, 2017) e Gianni Versace Retrospective (Groninger Museum, 2022)

Versace costumi teatro
Dionysos di Maurice Béjart,costumi Gianni Versace (illustrazione di Bruno Gianesi)

“Con Gianni Versace non si faceva solo moda, ma arte e cultura”

Parlando con MANINTOWN dei suoi trascorsi nella casa di moda, Gianesi sottolinea in particolare un concetto: «Parlando di Gianni Versace – afferma – non si può non parlare di “bellezza”, definirei l’essenza di Versace proprio con questa parola. Gianni amava il “bello”, in tutte le sue sfaccettature ed espressioni artistiche, una bellezza non omologata né costretta entro i imiti imposti da una morale bigotta; un senso di bellezza che andava oltre gli stereotipi, i pregiudizi, i luoghi comuni, senza tempo né confini, che guardava al futuro senza scordarsi del passato. Ecco allora la sua passione per il neoclassico e la Magna Grecia, ma anche per l’avanguardia, il futurismo ,il pop, che amava accostare e contrapporre, facendoli dialogare. Da queste premesse sono nate collezioni cult, come Bondage (autunno/inverno 1992-93) o Punk (primavera /estate 1994), quella dell’iconico abito con tagli laterali trattenuti da spilloni d’oro».

Versace top model
Marpessa, bozzetto di Bruno Gianesi

«Sono rimasto a lavorare per la maison dal 1984 al 1999», aggiunge. «Ho avuto la fortuna di vivere gli anni d’oro della moda, della vera creatività, delle top model e del glamour, ma soprattutto, stando accanto a Gianni, ho imparato ad amare l’arte e il teatro, ad avere una mente più aperta, a viaggiare per conoscere altri paesi e culture. Ho imparato ad avere una mente veloce, lui era sempre avanti, la sua curiosità per tutto quanto lo circondasse lo portava ad anticipare tendenze e mode; non era mai fermo, sempre pronto ad affrontare nuovi progetti e sfide. Con Gianni Versace non si faceva solo moda, ma arte e cultura, e questo proprio attraverso i lavori e le progettazioni degli spettacoli teatrali, nonché lo studio attento del passato, così da poterlo rivisitare in chiave moderna e contemporanea».

Linda Evangelista Versace
Linda Evangelista, bozzetto di Bruno Gianesi

Nell’immagine in apertura, un allestimento della mostra visto da Jacopo Ascari

FacebookLinkedInTwitterPinterest

© Riproduzione riservata