Le sale di Palazzo Reale, a Milano, ospitano fino al 25 giugno l’ampia retrospettiva Helmut Newton Legacy, tributo al centesimo anniversario della nascita del grande artista tedesco.
Attraverso duecentocinquanta tra fotografie e altri materiali, la mostra consente di ripercorrere, come un vero e proprio viaggio cronologico, l’opus di uno dei fotografi più importanti, amati e discussi del Novecento, che con le sue narrazioni del mondo femminile ha segnato in maniera indissolubile – e “indistruttibile” – la rappresentazione della moda contemporanea.
La curatela è affidata a Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation di Berlino, e Denis Curti, direttore de Le Stanze della Fotografia a Venezia.



Gli inizi di una leggenda dell’obiettivo
Nato a Berlino nel 1920 da un’agiata famiglia borghese, Helmut Neustädter – questo il suo vero nome – rivela presto la sua passione per la fotografia. Prima di lasciare la città per sfuggire alla persecuzione degli ebrei sotto il nazismo, affianca la famosa fotografa Yva, quindi si sposta dapprima in Cina, poi a Singapore, per raggiungere infine l’Australia nel 1940, aprendo a Melbourne un piccolo studio col supporto della futura moglie, l’attrice June Brunell.
Newton si indirizza definitivamente verso il suo potente, immaginifico stile fotografico a Parigi, negli anni Sessanta, iniziando a collaborare con André Courrèges e scattando servizi per Vogue ed Elle, ma anche per conto di mostri sacri del fashion quali Yves Saint Laurent e Karl Lagerfeld.

La celebrazione della figura femminile attraverso la fotografia
Inizia così a catturare su pellicola l’esprit du temps, ridefinendo la fotografia di moda dal punto di vista sociale, culturale e artistico, innescando un’autentica rivoluzione che ha per oggetto il ruolo delle donne, che nei suoi scatti si pongono davanti all’uomo con assertività, determinate e imperiose, guardandolo negli occhi senza alcun timore; figure che irradiano coraggio, austerità e vigore in chiave erotica, per affermare in modo inequivocabile la centralità e sacralità del corpo; come spiega Curti, quello di Newton è «un erotismo pervasivo, mai pornografico, che racconta le sue e le nostre ossessioni».
Le sue sono foto cariche di eros, che tuttavia non scadono nel volgare, nel troppo esplicito; pose bondage e busti ortopedici sottendono, in realtà, una celebrazione della donna, della sua autonomia, del suo potere seduttivo.



Il percorso espositivo del museo milanese
Il percorso espositivo del museo è ritmato come un metronomo, ogni decennio viene scandito a mo’ di battito, non solo per sottolineare la trasformazione e metamorfosi della tecnica fotografica di Newton, ma anche per immergere il visitatore nelle varie evoluzioni della sua vita (e carriera). Dai debutti alle ultime creazioni, con una progressione in ordine temporale, i diversi decenni riepilogati nell’esposizione riflettono, infatti, tematiche e fasi lavorative ben definite, che la curatela frammenta in tre capitoli: la fotografia fashion, il nudo, il ritratto. Ne viene fuori una raccolta di scatti iconici e leggendari, cui si sommano immagini inedite, esclusive, tra polaroid e contact sheet, consentendo a chi osserva di comprendere appieno il processo creativo dietro alcune delle opere più significative di un maestro dell’obiettivo.

Nell’immagine in apertura, Helmut Newton, Amica. Milan,1982 (ph. © Helmut Newton Foundation)
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