Red-Eye Metazine, raccontare moda e arte nel metaverso

Se c’è un tema su cui oggi si riversano fiumi di parole, lanciandosi nelle speculazioni più ardimentose che prefigurano – alternativamente – scenari distopici in cui tutto viene smaterializzato in bit o, viceversa, un eden 3.0 dalle possibilità sterminate, quello è il metaverso, ovvero – stando alla definizione che ne dà un articolo pubblicato sul sito della Treccani – «un ecosistema costituito da spazi tridimensionali, all’interno dei quali le persone possono muoversi, condividere e interagire».

Metaverso moda arte
Red-Eye

Sono comunque in molti a pensare che rappresenti the next big thing, e la moda, che storicamente ha la sua raison d’être nella capacità di intercettare – e rielaborare – i fermenti in atto nella società, a tutti i livelli, ha guardato subito con interesse alla punta di diamante del cosiddetto web3, moltiplicando sforzi e iniziative, talvolta velleitarie, estemporanee (tra Nft, avatar dalle sembianze cartoonesche, outfit destinati a rimanere confinati sullo schermo del device di turno, collaborazioni con piattaforme o videogame quali Twitch, Roblox o Fortnite), talaltra ben più calibrate. È questo il caso di Red-Eye, un magazine, anzi, metazine che fa della contaminazione, della mescolanza tra fashion, arte, natura e musica, filtrate attraverso una visione avanguardistica (che contempla molteplici soluzioni tech, dalla virtual reality alla computer graphics, alle scansioni 3D) il proprio credo.

Il primo «metazine nativo per il metaverso»

Metaverso Red Eye
Gloria Maria Cappelletti

Nato alla fine del 2022 e giunto al terzo issue (dal titolo immaginifico, Bloomtopia), lo dirige Gloria Maria Cappelletti, vulcanica Editor-in-Chief: una vita nel settore della moda, dove ha ricoperto svariati incarichi (agente e producer di fenomenali fotografi quali Steven Klein, Stéphane Sednaoui e Daniel Sannwald, curatrice del Fashion Film Festival Milano, Editor at Large dell’edizione italiana di i-D, docente alla NABA, advisor del Circular Fashion Summit by Lablaco), ha l’entusiasmo e il trasporto di chi sembra aver colto appieno le potenzialità del medium, destinato – ne è convinta – a innescare una rivoluzione epocale, a tutti i livelli, compreso quello editoriale.

Prima di addentrarsi nei tanti progetti portati avanti col suo team, è d’uopo capire esattamente di cosa si occupi il primo «metazine nativo per il metaverso», domanda che rivolgiamo alla diretta interessata: «La parola chiave – specifica – è meta, suffisso connotato, associato ormai al metaverso, al punto che la casa madre di Facebook e Instagram se n’è appropriata. A mio avviso, bisognerebbe tornare invece a Platone, alla meraviglia del decifrare la dimensione digitale come nel mito della caverna, in cui le ombre, unica realtà possibile per i prigionieri della grotta, erano solamente delle sagome.

Lavorare sul digitale conduce a una riscoperta del reale, è questa secondo me l’accezione migliore del termine phygital, la compresenza di fisicità e virtuale, naturale e artificiale, che alla fine sono la stessa cosa, perché il mondo viene definito dal modo in cui lo si vive e interpreta. Sono nella moda dagli anni ‘90, ho vissuto l’evoluzione dello storytelling, il passaggio dall’analogico al digitale, dal racconto fotografico statico al fashion film; ora siamo di fronte a una tecnologia che può operare in un ambiente tridimensionale compartecipato, una realtà (non solo) virtuale di cui non siamo spettatori passivi, bensì fruitori attivi».

Metaverso magazine
Red-Eye, Bloomtopia

“Lavorare sul digitale conduce a una riscoperta del reale, è questa secondo me l’accezione migliore del termine phygital”

Una realtà, quella di Red-Eye, che fa regolarmente ricorso all’intelligenza artificiale (ad esempio per redigere la newsletter RADAR o in progetti come la mostra DUNE: Not for Spice, dedicata ad Alejandro Jodorowsky), argomento particolarmente caldo, tra previsioni dai toni millenaristi (ad opera, in verità, anche di esperti che hanno lavorato alacremente per svilupparla) e polemiche quotidiane su ChatGPT.

Viene spontaneo chiedersi in che modo possa risultare utile al lavoro editoriale uno «strumento potentissimo – per usare le parole di Gloria Maria – che dà la possibilità di effettuare ricerche impossibili da replicare col semplice Google Search». L’idea di base, spiega, è imbastire un dialogo con l’IA, «definendo un contesto specifico per il suo utilizzo, da abbinare ad altre stratificazioni, rimandi, operazioni di editing. Dal mio punto di vista, stimola chi la usa, lo rende un utente attivo. È una questione, per tornare alla filosofia, di maieutica, di estrapolare dall’algoritmo ciò che si vuole; tutto sta, infatti, al singolo utilizzatore, che ha a che fare con una sorta di specchio».

Per lei, quindi, il metaverso offre innumerevoli opportunità, anche e soprattutto al settore dell’editoria, di moda e non, in primis quella di «trovare modalità inedite per raccontare delle storie e documentare quanto avviene intorno a noi, sviscerando il lavoro di un artista attraverso interviste, focus sulle opere, link… Il punto, fondamentalmente, è esplorare i contenuti in maniera diversa, con layer ulteriori che completino l’articolo tradizionale»; in effetti, una volta inforcato il visore Oculus, ci si ritrova catapultati in un virtual reality assai particolareggiata, costellata di totem e isole verso cui spostarsi in souplesse per accedere ad ulteriori ambienti, muovendosi potenzialmente all’infinito di finestra in finestra.

“Penso che il metaverso possa contribuire a stimolare la curiosità, a (ri)scoprire la meraviglia”

L’industria fashion, lo si è visto, si è gettata a capofitto sul metaverso: fra le varie iniziative, una delle più chiacchierate è la Fashion Week dedicata su Decentraland, che l’anno scorso ha coinvolto marchi della caratura di Dolce&Gabbana, Etro, Paco Rabanne, Boss, Hogan; il risultato, a parere di chi scrive, non è stato dei migliori, tra figurini “plasticosi”, grafiche tutto sommato rudimentali e ambienti ricalcati fedelmente sul centro commerciale americano. Gloria Maria ne conviene, «sembrava di essere in un mall, era tutto fin troppo reale, su Red-Eye, invece, creiamo spazi completamente differenti, li customizziamo. Nella sezione delle sfilate, per esempio, abbiamo stanze ad hoc: accedendo – poniamo – a quella della collezione Diesel autunno/inverno 2023, si visualizzano immagini della passerella, scatti di backstage e altri approfondimenti, in una cornice dominata dalle sfumature di rosso e blu denim caratteristiche del brand».

Red Eye magazine
Red-Eye Metazine

“Il metaverso, per certi versi, non è altro che una sconfinata galleria”

Viene da chiedersi quale sia, in ultima battuta, il valore aggiunto apportato da tutto ciò al racconto della moda, alle dinamiche che la regolano, alle griffe che la plasmano e veicolano. «Penso – suggerisce – che possa contribuire a stimolare la curiosità, siamo arrivati a una saturazione dei contenuti, noto un affaticamento sempre maggiore nel fashion world, è tutto velocissimo, foto, post, calendari compressi, mille stimoli da gestire.
È importante, dunque, (ri)scoprire la meraviglia, una componente fondamentale; lavoro nella moda da anni, ricordo i défilé in silenzio, la ressa per entrare agli show di Alexander McQueen, come pure il tempo dilatato che portava ogni volta a sorprendersi davanti alle cover story di Vogue Italia firmate Steven Meisel, ciascuna un universo a sé, un viaggio eccezionale.

Ecco, per me il metaverso può aiutare a ottenere quell’effetto wow, io esplorandolo scopro una marea di cose, mi meraviglio, appunto, mentre la stessa dinamica temporale della suddetta attesa si stabilisce con l’IA, creando un prompt e aspettando, lasciandosi poi sorprendere dal risultato. Si stabilisce un dialogo in cui è contemplata una parentesi, il momento dell’attesa e quindi la rielaborazione, che dà vita a processi inediti.
La liquidità – per così dire – degli algoritmi, inoltre, richiama la fluidità che contraddistingue svariate collezioni contemporanee, basti considerare l’immaginario legato agli avatar, con look futuristici, cangianti, dai movimenti e texture stupefacenti, onirici, quasi; mi ricordano la visionarietà di McQueen».

Metaverso fashion
Red-Eye

Presente e futuro di un medium (potenzialmente) rivoluzionario

Il giudizio della direttrice è corroborato dalla sua competenza in materia di arte, il secondo pilastro, insieme al coté modaiolo, di Red-Eye. Con Gloria Maria Gallery, del resto, aveva cominciato a occuparsi di artisti digitali già nel 2009, quando erano visti pressoché all’unanimità come «giovani che perdevano tempo al computer» (ipse dixit).

Un’esperienza che ricorda come «assolutamente positiva, abbiamo ospitato autori come Petra Cortright, ora esposta in musei quali MoMa, New Museum o LACMA, che all’epoca lavorava solo su YouTube, noi trasmettevamo i suoi interventi in streaming, poi abbiamo introdotto il QR code e altre interessanti sperimentazioni; mi sono state utili, come pure avere una simile struttura da allestire; per me è fondamentale lavorare con gli artisti partendo dallo spazio e il metaverso, sotto quest’aspetto, non è che una sconfinata galleria». Non vanno trascurate, prosegue, «le possibilità incredibili in tema di presentazione ed espansione degli artwork, che risultano “esplosi”; vedendoli  in uno spazio così dilatato e avvolgente, gli autori rimangono sbalorditi».

Metaverso moda sfilate
Red-Eye issue 1, Fall 2022

“Il vero cambiamento, nel metaverso, avverrà con l’implementazione dell’intelligenza artificiale, una rivoluzione paragonabile a quella del passaggio dal Tuttocittà a Google Maps”

Eppure, le facciamo notare, il dibattito in materia è fortemente polarizzato, si va dalla visione incensante di chi auspica uno sconvolgimento epocale ai detrattori che, al contrario, sottolineano i passi falsi della Meta di Mark Zuckerberg. «Il metaverso attuale – riflette –  è solo una parte, va inquadrato nell’ottica di una compresenza di realtà aumentata, IA, virtualità e spazi altri; è in fase di sperimentazione, il vero cambiamento credo avverrà con l’implementazione dell’intelligenza artificiale, una rivoluzione paragonabile a quella con cui siamo passati dal Tuttocittà a Google Maps. Sul piano creativo, poi, è ancora tutto da definire, saranno gli stessi creator a occuparsene.

Il pericolo, invece, è costituito dall’uso che potrebbero fare governi e istituzioni di una tale quantità di dati, però il fatto di essere inseriti dal principio in un sistema permette di sviluppare prospettive critiche. L’altra sfida riguarda i singoli utenti, che avranno a disposizione uno strumento dalla potenza inaudita e dovranno mantenere un senso etico nell’approcciarvisi, per questo è importante educare i giovani, sensibilizzarli».

Nella visione di Gloria Maria Cappelletti, insomma, il metaverso è in un periodo ancora transitorio, gravido di occasioni e cambiamenti repentini; valutazioni che riportano alla mente un passaggio del libro Snow Crash, in cui l’autore, Neal Stephenson, scrive: «Le cose interessanti accadono lungo i confini, nelle transizioni, non nel mezzo, dove tutto è uguale»; e se lo dice lui, guru della letteratura sci-fi che coniò il termine metaverse proprio nel romanzo in questione, uscito nel 1992, c’è da credergli.

Metaverso arte
Red-Eye issue 2, Winter 2022

Metaverso moda
Red-Eye issue 2, Winter 2022

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