Stefano Lodovichi e la ricerca di alternative migliori alla realtà

Dalla sceneggiatura alla regia, dalla pubblicità alla televisione: sperimentare per imparare. Il regista Stefano Lodovichi racconta il rapporto con la televisione, il cinema e con Roma, una città che come il suo fiume  «scorre comunque, con o senza di te». Dalla bellezza e dalla bruttezza di Roma nasce Città Palazzo, la location di Christian, serie prodotta da Sky Studios e Lucky Red. 

Stefano Lodovichi
Stefano Lodovichi (ph. by Davide Musto)

Come hai scoperto e ti sei avvicinato al mondo del cinema? 

Ho iniziato a 19 anni, frequentando i set di Francesco Falaschi, anche lui di Grosseto come me. È bello come dalla nostra città negli anni siano uscite tante personalità che operano nel cinema: Niccolò Falsetti, regista, Ginevra De Carolis, costumista, Iacopo Pineschi, fonico, Carlo Tozzi, aiuto regia. Un amico ha ribattezzato Grosseto – a ragione – “Grolliwood”.
Nei primi anni mi sono confrontato con moltissimi ambiti, dalla scenografia ai costumi, dalla produzione alla fotografia. Credo di aver lavorato in quasi ogni ruolo in cui ho avuto l’occasione di farlo, gratis. Poi, a 27 o 28 anni, mi sono trasferito a Roma e insieme a Davide Orsini ho scritto il mio primo film, Aquadro. I miei genitori mi avevano concesso un anno per riuscire a fare qualcosa di buono ed è uscito fuori questo film, che ha vinto il premio per la sceneggiatura Mattador, e che ha anticipato la finale del Premio Solinas Experimenta, dove Rai Cinema ha scoperto il progetto e lo ha voluto produrre.

“La mia generazione nasce con la consapevolezza dell’importanza di sapere un po’ di tutto”

Stefano Lodovichi Christian
Stefano Lodovichi sul set di Christian (ph. by Lucia Iuorio, courtesy of Sky)

Prima di dedicarti al cinema, hai lavorato anche nell’ambito pubblicitario e musicale. Come ti hanno aiutato queste esperienze nella definizione di un tuo stile?  

La mia generazione nasce con la consapevolezza dell’importanza di sapere un po’ di tutto. Quando ho cominciato ad affacciarmi al mondo del lavoro erano gli anni 2000, e la bolla che aveva gonfiato i budget di comunicazione fino ad allora era scoppiata, costringendo la creatività a cambiare. Nell’aria si respirava già l’arrivo dei social network. Facevo il videomaker, mi occupavo di riprese e montaggi con una squadra di amici intenzionati, come me, a trasformare una passione in professione, e a sperimentare forme di comunicazione diverse.
Nel 2014, mentre vivevo a Berlino, ho ricevuto una telefonata che mi invitava a fare una pubblicità per McDonald’s: non sapevo delegare e avevo fatto solo un film all’epoca, quindi ho accettato. Con lo stesso spirito, un anno fa ho realizzato per Mutti un cortometraggio, un contenuto diverso dalla comunicazione pubblicitaria tradizionale, che mi ha consentito di mettermi ancora una volta alla prova. È stata l’opportunità per sperimentare un altro format, al quale sempre più festival internazionali rivolgono l’attenzione.

“Credo che ogni spettatore, nel cinema, cerchi un’alternativa di vita migliore della propria”

Quali sono i tuoi maestri e in che modo hanno influito sul tuo lavoro?

È difficile rispondere a questa domanda, Steven Spielberg mi ha sicuramente influenzato molto, con le sue storie di famiglie in crisi e ragazzini che finiscono per vivere storie assurde e incredibili pur di cambiare la propria vita. I miei genitori sono separati e per buona parte della mia vita sono stato alla ricerca di un’alternativa alla mia famiglia. Credo sia questo ciò che ogni spettatore cerca nel cinema: un’alternativa di vita migliore della propria. Davanti allo schermo, in fondo, cerchiamo di vivere avventure che ci allontanino dal quotidiano.

Stefano Lodovichi regista
Stefano Lodovichi sul set di Christian (ph. by Lucia Iuorio, courtesy of Sky)

Come nasce Christian e quali sono le differenze tra la prima e la seconda stagione della serie?

La prima stagione di Christian nasce da un’idea di Roberto “Saku” Cinardi, che ha anche diretto un episodio della prima stagione. La serie è stata la mia prima occasione da showrunner, nelle vesti di produttore creativo, con responsabilità di garante della parte artistica e produttiva.
La prima stagione è stata una scommessa, in Italia non c’erano e non ci sono serial come questi, che mixano tanti elementi: il soprannaturale, il crime, il drama, la commedia.
Nella seconda abbiamo avuto la possibilità di osare e Sky ha creduto molto in noi, anche per questo credo sia “più” da ogni punto di vista: più rotonda, più divertente, più assurda, più emozionante.

“Nella seconda stagione di Christian abbiamo avuto la possibilità di osare, per questo credo sia ‘più’ da ogni punto di vista: più rotonda, più divertente, più assurda, più emozionante”

Christian parla di soprannaturale. Che rapporto hai con la spiritualità?

La seconda stagione parla dell’importanza del libero arbitrio, della libertà che ciascun uomo ha nello scegliere, rispondendo alla propria natura o ai propri bisogni. Ma parla anche dell’importanza degli occhi di chi guarda ciò che succede intorno a noi, della possibilità che ciascuno ha di interpretare in modo diverso gli stessi avvenimenti.
Nella serie non volevamo dare risposte univoche e precise, e intorno a questa “aura”abbiamo costruito le prime due stagioni di Christian e, se tutto andrà bene, ci sarà anche una terza stagione.

Che rapporto hai con Roma?

In passato ho avuto un rapporto difficile con Roma, arrivavo dalla provincia e la città mi sembrava difficile, complicata, troppo grande. All’epoca ero fidanzato con una ragazza che viveva a Berlino e l’avere affetti lontani dalla capitale non mi consentiva di vivere con oggettività la città. Poi ho conosciuto Camilla (Filippi, attrice, ndr), ci siamo sposati, abbiamo costruito una famiglia e il mio approccio è cambiato con la scoperta dell’amore. Ho imparato a guardare la bellezza e la bruttezza di questa città con calma, e Roma ha iniziato a darmi tanto, a piacermi. È come il Tevere, che scorre comunque, con o senza di te. Puoi scegliere se guardare il fiume dagli argini o saltarci dentro e lasciarti trascinare. 

Quale è il tuo posto preferito della città?

Ci sono alcuni luoghi legati al vissuto, che mi piacciono particolarmente. A Villa Sciarra, a seconda delle stagioni, riconosco con familiarità il cambio dei colori e dei fiori e mi affascina sempre il percorso necessario per arrivare da casa a lì. Credo che i luoghi che mi affascinano di più siano quelli in cui città e natura si incontrano ed intrecciano.

“Le piattaforme hanno consentito al grande pubblico di scoprire un’offerta televisiva che prima non era conosciuta, mostrando generi e luoghi ‘nuovi’ e diversi”

Cosa simboleggia Città Palazzo, la location della serie?

Volevo creare un quartiere che fosse solo di Christian, ma non intendevo realizzarlo ex novo, quindi mi sono ispirato a un immaginario esistente, influenzato anche da Gomorra. Nella sua architettura, Corviale incarnava perfettamente ciò che volevo raccontare: la storia di un profeta che arriva e distrugge la realtà. Ecco, Città Palazzo per Christian rappresenta l’arca di un profeta.
Partendo da questa convinzione abbiamo inserito elementi provenienti da un altro quartiere brutalista romano, Vigne Nuove. Abbiamo preso elementi architettonici e urbanistici dei due quartieri e li abbiamo incastrati tra di loro, per costruire una città-ideale, una Città Palazzo da difendere.

Stefano Lodovichi regia
Stefano Lodovichi sul set di Christian (ph. by Lucia Iuorio, courtesy of Sky)

L’ingresso di piattaforme televisive e di streaming ha trasformato il settore televisivo e cinematografico? 

Da quando sono arrivate le piattaforme, il lavoro per il settore è cresciuto moltissimo, soprattutto per la possibilità di “differenziare”storie e generi. L’Italia è sempre stata famosa per il crime e la mafia, fino a qualche tempo fa le serie più importanti erano La piovra, Gomorra, Romanzo criminale e Il commissario Montalbano, forse la più venduta.
Le piattaforme hanno consentito al grande pubblico di scoprire un’offerta televisiva che prima non era conosciuta, mostrando generi e luoghi “nuovi” e diversi. Credo che senza di loro Christian non ci sarebbe mai stata. Ma, al contempo, c’è stato uno scoppio della bolla delle serie, perché le piattaforme che vengono dall’estero hanno cominciato a voler piegare la creatività all’interno di standard reputati “di successo”, che spesso trasformano la scrittura in banalità.

“Con Netflix, Amazon Prime Video e affini il lavoro per il settore è cresciuto moltissimo, soprattutto per la possibilità di ‘differenziare’ storie e generi”

Un film che ti ha cambiato la vita?

Incontri ravvicinati del terzo tipo di Steven Spielberg.

Uno che non ti stanchi di vedere e perchè? 

Ghostbusters – Acchiappafantasmi, ma anche Mamma ho perso l’aereo. Li rivedo tutti i Natale, e ogni volta piango. 

Stefano Lodovichi film
Stefano Lodovichi sul set di Christian (ph. by Lucia Iuorio, courtesy of Sky)

Nell’immagine in apertura, Stefano Lodovichi ritratto da Davide Musto

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