La domenica al Tempio Della velocità

Le gare endurance sono competizioni che sottopongono i piloti a stress fisici e mentali elevatissimi, costringendoli a mantenere concentrazione e velocità medie da capogiro per molte ore. Nei prototipi usati in gare come l’European LeMans Series, che si è tenuta a Monza, si accumulano tecnica ed esperienza, che poi confluiscono nelle auto che guidiamo ogni giorno, partendo dagli pneumatici.

Monza. Tempio della Velocità. Il sole riscalda l’asfalto e le nuvole di passaggio sui cieli della Brianza non sembrano disturbarlo. Il profumo di benzine a elevato numero d’ottani inebria l’aria e, con l’odore di gomma bruciata, crea una miscela esplosiva. Trentasei vetture, tra prototipi e granturismo da competizione, portano in temperatura le gomme, zigzagando rapide e precise dietro la safety car. Quando quest’ultima rientra nella pit-lane, il gruppo compatto sta affrontando la curva parabolica trattenendo i cavalli in procinto di sfrecciare sul rettifilo centrale. È la luce verde del semaforo, qualche secondo dopo, a scatenare l’inferno. Il boato riempie tutte le tribune e le vetture raggiungono in un attimo la prima variante, battagliando senza esclusione di colpi. L’autodromo di Monza è il tracciato in uso più antico al mondo insieme a Indianapolis. È una leggenda. I suoi veloci curvoni, ombreggiati dalle fronde degli alberi, oppure gli infiniti rettilinei come quello del Serraglio che, dopo una lunga discesa, termina nella violenta staccata alla variante Ascari, sono punti fermi nel cuore di ogni appassionato di corse. Le auto più veloci, qui, superano i 300 km/h, ciclicamente, quattro volte a giro. Piloti e vetture sono messi a dura prova per oltre settecento chilometri, per quattro lunghe e intense ore. Più di centrotrenta giri e pochissime soste ai box. Questo è l’European LeMans Series, campionato d’endurance a livello continentale, in grado di garantire ai suoi vincitori l’accesso alla celebre 24 Ore di Le Mans. Come ha ricordato Jean Felix Bazelin, direttore Motorsport di Dunlop, durante l’intervista che ci ha rilasciato, «le gare di durata sono le competizioni automobilistiche in cui gli pneumatici sono più sollecitati da dinamiche analoghe a quelle delle auto che guidiamo tutti i giorni». Performance costanti nel tempo e affidabilità sono le due qualità cardine in entrambi gli ambiti. Bazelin racconta come la sua azienda, con passione e ormai per tradizione, abbia scelto da anni di concentrarsi sull’Endurance dove, «nelle soste ai box, il numero di meccanici per ruota è limitato a due, non come in Formula 1, dove ci sono quattro uomini a gomma». A ogni sosta effettuata si perdono molte decine di secondi e quindi la scelta del set giusto si rivela fondamentale. Scelta che Dunlop, con l’esperienza di un buon padre di famiglia che educa e gestisce figli diversi tra loro, sa operare molto bene: anche qui a Monza, le prime sei vetture classificate montavano gomme del produttore inglese. Esattamente come a Silverstone, la bandiera a scacchi ha separato le prime vetture di pochissimi secondi, confermando la superiorità del marchio proprio in questo tipo di gare. John Boyd Dunlop ha brevettato le ruote pneumatiche nel 1888, dopo averne sperimentato il funzionamento sul triciclo del figlio qualche anno prima. Pochi mesi dopo, la supremazia delle ruote Dunlop fu manifesta nelle numerose vittorie ottenute da biciclette che montavano questa tipologia di gomma non piena. A un anno dalla nascita, il marchio era già impegnato fervidamente nel mondo delle competizioni. Oggi Dunlop, oltre all’ELMS, è fornitore ufficiale del Campionato Inglese Turismo e del Campionato V8 Supercars, ma il suo impegno non si limita al mondo delle quattroruote. Il brand è l’unico fornitore per tutti i team impegnati nei campionati del mondo Moto2 e Moto3, le due classi in cui le moto in gara assomigliano maggiormente a quelle da strada. Passione, determinazione nell’accettare sfide diverse e know-how sono, dunque, gli elementi alla base di questo marchio secolare e vittorioso. E alla domanda relativa alla vittoria cui si sente più legato rispetto alle altre, Bazelin, sorridendo, risponde: «La prossima che conquisteremo».

Photos by Leo Iannelli

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ASI MOTOSHOW 2017 – La passione in pista

A maggio di quest’anno, all’autodromo Riccardo Paletti di Varano de’ Melegari è andata in scena la sedicesima edizione di ASI Motoshow, organizzato dall’Automotoclub Storico Italiano. È una kermesse motoristica, dedicata esclusivamente al mondo delle due ruote classiche. È la più grande e importante in Europa, che ha riunito migliaia di appassionati che si sono dati appuntamento in pista, nei paddock e sulle tribune dell’autodromo parmense, per poter ammirare da vicino l’imponente spettacolo offerto dalle 751 motociclette schierate, suddivise in diciannove batterie in base alla data di costruzione del mezzo. Presenti all’evento e sempre capaci di magnetizzare su di loro l’attenzione dei fans, campioni del mondo del calibro di: Manuel Poggiali, Freddie Spencer, Loris Capirossi e dell’insuperabile Giacomo Agostini, quindici volte iridato, il pilota più titolato nella storia del motociclismo. Tutti, sia prima che dopo aver indossato casco e tuta per la pista, si sono pazientemente concessi al bagno di folla con scatti e autografi di rito; un’umanità particolare, un’umanità coi piedi per terra e con il gas a martello.
Il primo giro di pista, non senza emozioni, è stato appannaggio di Roberto Loi (presidente ASI), dell’onorevole Giuseppe Romanini e del sindaco di Varano, Giuseppe Restiani, accompagnati da Palmino Poli, Presidente della Commissione Manifestazioni Moto, e Ariel Atzori, vicepresidente ASI, vere anime dell’organizzazione. Subito dopo l’inaugurazione, tutte le moto dei partecipanti hanno affrontato cordoli e asfalto per il primo turno di giri in pista.
Sono state spettacolari le sfilate di MV Agust,a in memoria di Ubaldo Elli e quella delle Motobi, a ricordo di Primo Zanzani. Divertente e singolare l’iniziativa ‘100×50’, che ha visto sfilare un centinaio di cinquantini contemporaneamente. A più riprese, gli aerei storici dell’HAG (Historical Aircraft Group) hanno sorvolato acrobaticamente il tracciato, esibendosi in precisi passaggi a bassa quota.
Al termine dei vari passaggi il testimone delle sfilate è passato alle Cagiva. Poi è stata la volta delle “Eterne Rivali”, che ha visto sfidarsi amichevolmente i marchi Harley Davidson e Indian, Vespa e Lambretta, BMW e Honda, Automoto Triciclo e Triciclo Perfecta.
Alle spalle del rettifilo centrale, nell’area paddock, campioni come Giacomo Agostini (in pista con la Yamaha TZ750), Freddie Spencer (in pista con la Honda NSRV 500 2T), Manuel Poggiali, Loris Capirossi, Pierpaolo Bianchi (con la Honda da GP di Cadalora), Pietro Giugler, Carlos Lavado e Piefrancesco Chili (per citarne alcuni) hanno pazientemente affrontato la folla di appassionati, una volta smessi i panni a loro più consoni. In quest’area erano esposti anche numerosi mezzi storici, tra cui le pioniere Automoto Tricycle 300 e la Perfecta Turismo 310, entrambe risalenti al 1898, che hanno avuto l’onore di essere gli esemplari più antichi della manifestazione.
Come da tradizione, è andata in scena anche la Grande Parata dei Campioni, ovvero quaranta titoli mondiali in sella – nella maggior parte dei casi – alle moto con cui hanno vinto, che hanno ancora una volta emozionato il pubblico di ASI Motoshow accalcato sugli spalti, con alcuni giri in pista, rievocando le imprese e le vittorie delle loro formidabili carriere.
Robert Pirsig, autore de “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta” (autobiografia di un viaggio in moto tra il reale e il metaforico attraverso gli States, ndr) evidenzia in maniera semplice la differenza tra una due ruote e un’automobile: «In macchina sei sempre in un abitacolo. […] Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei più uno spettatore, sei nella scena e la sensazione di presenza è travolgente». La moto è proprio così, è la libertà di uno stile in movimento che non ha eguali. Un rapporto tra uomo e macchina fatto di passione, rispetto e una buona dose di pazzia: non sono forse questi gli ingredienti principali delle storie più durature?

Photos by Carlo Di Pasquale
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LAMBORGHINI (UNUSUAL) SOUND DESIGN

Photo Credit : Lamborghini Milano

Durante la Design Week, nei rinnovati spazi di Lamborghini Milano realizzati in collaborazione con lo studio Archilinea, si è tenuta una performance particolare e inaspettata. Archilinea è stato scelto da Automobili Lamborghini per sviluppare le linee guida del marchio di Sant’Agata Bolognese, nel restyling del nuovo showroom meneghino, futuristico e non convenzionale. Ci accoglie, nell’atrio principale, una Centenario in fibra di carbonio, prodotta in soli quaranta esemplari per commemorare il 100° di Ferruccio Lamborghini. Per chi subisce il fascino di questi bolidi, ammirarne uno a motore spento è come osservare un capolavoro incompleto: quando attraverso la copertura del vano motore s’intravede il cuore pulsante da dodici o dieci cilindri e, con soggezione devota, si guardano i terminali di scarico metallici che ci fissano dritto negli occhi, muti, proviamo l’irrefrenabile desiderio di sentirlo urlare fino alla zona rossa del contagiri. Ci spostiamo nello spazio adiacente, dove troviamo una seducente Huracàn gialla. Ha le portiere aperte verso l’alto e il cofano posteriore sollevato. La mancanza di aeratori ci fa capire che non sarà accesa. Cresce il disappunto, ma notiamo attorno all’auto decine di microfoni e una serie di amplificatori disposti secondo un evidente criterio logico. Entrano quindi in scena tre percussioniste che iniziano, con movimenti lenti e quasi esitanti, a prendere confidenza con i suoni e le risonanze che si creano battendo sulle varie superfici della vettura. Il ritmo è in crescendo e lo scetticismo iniziale cede il posto a una sincera ammirazione. Le ragazze, interpretano la supercar con libertà e armonia, come fosse un pentagramma bianco, emozionando tutti i presenti. Tre donne, una danza ipnotica e uno spettacolo di percussioni improvvisato dove una Lamborghini ha fatto da gran cassa. Con il solo aiuto di bacchette, battenti e delle loro mani nude ci hanno letteralmente ammutoliti. Senza mai accendere il motore. Incredibile.
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