Finley: entusiasmo punk-rock e un pizzico di nostalgia risvegliano la band

Finley, nuovo album e uno show evento al Forum di Assago per il ritorno della band: «Il punk-rock ci ha dato un sogno».
Un liceo di Legnano, cittadina dell’hinterland milanese, è il luogo che fa da cornice all’incontro di quattro giovani ragazzi connessi da una comune passione. Tra i banchi di scuola iniziano a incidere le prime demo, ad accordare voce e strumenti, a giocare con le sette note con la speranza di rendere realtà quel sogno che li lega visceralmente.
Il successo dei Finley è prorompente e arriva impetuoso nei primi anni 2000. Sono gli anni in cui MTV era il punto di riferimento di una generazione, quella cresciuta a pane e videoclip che si susseguivano a tutte le ore del giorno e della notte. Il palinsesto del canale tematico ospitava il programma cult TRL, nel quale i brani dei Finley erano costantemente in heavy rotation e occupavano quotidianamente i primi posti in classifica, spinti dai voti degli sms dei fan. Grazie a hit come Diventerai una star e Fumo e cenere vengono consacrati come una delle band di riferimento del punk-rock italiano, ricoperti di dischi di platino in un periodo storico in cui la musica si comprava ancora fisicamente nei negozi di CD.

Finley

Venerdì 17 maggio, a distanza di 7 anni dal loro ultimo album di studio, Pedro, Ka, Dani e Ivan (nella formazione dal 2011) pubblicano il nuovo ambizioso progetto Pogo Mixtape Vol.1. 14 tracce in cui i Finley ripropongono quelle sonorità che hanno disegnato la loro identità musicale in una chiave contemporanea rifuggendo dall’effetto nostalgia. A ‘pogare’ metaforicamente con loro nei pezzi che compongono la tracklist diversi artisti italiani e internazionali: da J-Ax a Naska, da Rose Villain ai Fast Animals and Slow Kids. «Abbiamo coinvolto cantanti e band che amiamo e che da anni ispirano la nostra musica. Non tutti arrivano dallo stesso genere musicale, ma tutti posseggono una forte attitudine punk», raccontano. Il prossimo 16 ottobre il gruppo calcherà il palco del Forum di Assago con lo show evento Tutto è possibile al Forum. Pedro, al secolo Marco Pedretti, ci ha raccontato qualcosa di più di questa nuova era discografica.

«È stato un esperimento bellissimo che si è trasformato in un progetto in cui crediamo fortemente e che pensiamo ci permetterà di farci notare sotto una luce nuova e diversa»

Descrivete Pogo Mixtape Vol. 1 come una mischia selvaggia che si crea durante i concerti. Con voi in questo nuovo progetto ci sono tanti artisti che stimate. Come è nata questa idea?

Questa follia è nata un paio di anni fa. Sicuramente una scintilla per la creazione di questo progetto è stata la collaborazione che abbiamo fatto con Naska. Grazie alla sua amicizia abbiamo pubblicato il singolo Porno nel 2023. L’esperimento è andato così bene che ci siamo detti ‘Ma perché non continuare, perché non contaminare le nostre vibes con altri artisti?’. Allora abbiamo cercato di radunare questa ammucchiata meravigliosa di band con cui siamo cresciuti, delle vere e proprie leggende che ci hanno formato non solo musicalmente. Artisti di cui avevamo il poster in camera e artisti che probabilmente avevano il nostro poster nella loro camera (come Naska o Rose Villain). Sono stati 14 incontri magici, perché ognuno di loro ci ha regalato qualcosa da cui abbiamo imparato. È stato veramente impattante per noi questo processo creativo, trovare il giusto mix con l’artista con cui andavamo a lavorare. È stato un esperimento bellissimo che si è trasformato in un progetto in cui crediamo fortemente e che pensiamo ci permetterà di farci notare sotto una luce nuova e diversa.

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From left to right: jacket TheCube Archive, kilt Errec, belt Corsilab, shoes Dr. Martens, necklaces Brosway, rings Athena; t-shirt and jacket TheCube Archive, trousers G-Star, belts Blindlovers, shoes Golden Goose; total look TheCube Archive, gloves Punk Park, shoes Golden Goose; jacket Blindlovers, t-shirt Brixton, trousers TheCube Archive, belt Corsilab, shoes Dr.Martens

I Finley a proposito di Pogo Mixtape Vol. 1: «E questo progetto ci infiamma, sin dal primo brano che abbiamo inciso c’è stato un effetto domino travolgente»

Il nuovo disco arriva a 7 anni di distanza dal vostro precedente lavoro. Come mai ci avete messo così tanto?

Perché nel frattempo abbiamo fatto i figli (ride, ndr). Nel 2017 abbiamo pubblicato Armstrong, poi nel 2019 un disco live. Diciamo che anche il mercato va in una direzione un po’ diversa. Mi piace l’idea di essere usciti con un album così corposo formato da 14 tracce, cosa oggi inusuale. In realtà in questi anni, che sembrano di silenzio, c’è stato tantissimo lavoro. Da 11 anni portiamo avanti anche un’altra professione, che è quella di speaker radiofonici. Ci sono state tantissime cose in questi 7 anni. Molto spesso serve del tempo per rivedersi, anche da fuori, per capire dove voler andare e cosa ti muove, cercare un progetto che ti infiammi. E questo progetto ci infiamma, sin dal primo brano che abbiamo inciso c’è stato un effetto domino travolgente. Il fatto di trovare tutto questo entusiasmo in altre realtà e in altri artisti che stimi è stato un balsamo, molto bello ed emozionante. Per noi abituati a lavorare in una band, andare ad aggiungere altre teste poteva sembrare una follia e invece è stato tutto più semplice.

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La band milanese dopo 7 anni di silenzio: «Siamo 4 ragazzi con qualche primavera in più, ma che si divertono molto di più ora sul palco»

Chi, come me, è cresciuto con la televisione costantemente accesa su MTV conosce perfettamente i Finley dei primi anni 2000. Chi sono i Finley di oggi?

Sono gli stessi con 20 anni di esperienza in più sulle spalle, con maggiore consapevolezza dei loro pregi e dei loro limiti. Siamo 4 ragazzi con qualche primavera in più, ma che si divertono molto di più ora sul palco. Prima c’erano l’ingenuità e l’entusiasmo dei 20 anni, ma c’era anche mancanza tecnica d’esperienza che una persona non può avere. Tutta la gavetta che ci siamo fatti ci ha permesso di crescere e di imparare tante cose e di avere gli strumenti per dominare e affrontare al meglio il palco. Quando hai consapevolezza dei tuoi mezzi, te la puoi godere al 100%.

«La nostra sfida era quella di rendere il nostro suono contemporaneo e non un rewind di quello che era nei primi 2000»

Ho ascoltato il vostro disco e ho subito riconosciuto quell’imprinting che ha caratterizzato i vostri precedenti lavori. Pensi che la scelta di restare coerenti con il vostro stile, il punk rock, vi abbia precluso delle opportunità?

Non penso. Tutti questi anni, in cui abbiamo comunque sperimentato strade pur mantenendo la nostra matrice sonora, ci hanno permesso di avere un’identità. Quando sentivo il nostro nome affiancato a nuove band che si affacciavano al mondo della musica, ho pensato che fossimo riusciti a lasciare qualcosa. Vuol dire che le persone riconducono una certa tipologia di suono a noi, che l’abbiamo reso un po’ più mainstream. L’ho sempre vista come una cosa molto bella. In questo disco la nostra identità sonora è venuta fuori in maniera ancora più prorompente seppur con la contaminazione di tanti altri artisti. La nostra sfida era quella di rendere il nostro suono contemporaneo e non un rewind di quello che era nei primi 2000.

I Finley e i featuring nel nuovo album: «Sono grato anche ai tanti artisti che hanno portato la loro voce e il loro stile inconfondibile mischiandolo al nostro»

Nel nuovo disco sono presenti duetti con grandi nomi della musica nazionale e internazionale. Sognando in grande, c’è qualche artista che manca all’appello?

Ce ne sono tanti. Ti dico Vasco Rossi, mi piacerebbe un incontro generazionale. Mi piacerebbe avere la voce di Gianna Nannini. Della scena punk-rock ti potrei fare una lista infinita, da Billie Joe Armstrong dei Green Day a Deryck Whibley dei Sum 41. Posso dire che sono veramente contento già di quello che siamo riusciti a portare in questo disco. Collaborare con i Punkreas, che sono una leggenda del punk italiano, per noi era un’utopia. Loro sono gli alfieri del punk underground in Italia. È stato bello vederli salire a bordo di questo progetto, non era affatto scontato. Come loro, sono grato anche ai tanti artisti che hanno portato la loro voce e il loro stile inconfondibile mischiandolo al nostro.

Il ritorno sul palco del Forum di Assago: «Ci permetterà di portare le nostre canzoni in una dimensione completamente diversa»

Il 16 ottobre lo show evento Tutto è possibile al Forum, il vostro primo live al Forum di Assago. Forse è ancora troppo presto per parlarne, ma avete già qualcosa in mente?

Sì, ci stiamo già lavorando. Da prima che lo annunciassimo in realtà (ride, ndr). Non dormiamo praticamente. Vogliamo portarci avanti in anticipo, testare già qualcosa il prima possibile. Sarà la cosa più grande che abbiamo mai visto, ci permetterà di portare le nostre canzoni in una dimensione completamente diversa. Le emozioni che vivranno le persone sotto il palcoscenico saranno decuplicate. Al Forum ho visto tanti concerti da spettatore ed è un posto magico e avvolgente. Per noi è un traguardo, un nuovo punto di partenza. È arrivato quando non lo stavamo cercando, è stato ancora più bello così. Non vedo l’ora e allo stesso tempo ho anche un po’ di paura.

I messaggi trasmessi dal singolo Politically correct: «Anche i fruitori di musica dovrebbero avere un po’ più di buon senso nei giudizi»

In Politically correct esprimete una difficoltà degli artisti di oggi, che devono barcamenarsi tra l’attenzione nella scelta delle parole da usare nei testi fino alla ricerca della viralità a tutti i costi su TikTok. Oggi è più difficile fare musica?

Ma in realtà no, c’è molta più libertà. Sono state sdoganate molte più espressioni e molto spesso obiettivamente i messaggi che vengono messi nelle canzoni non sono proprio edificanti. C’è da dire che allo stesso tempo molti artisti si prendono troppo sul serio. Anche i fruitori di musica dovrebbero avere un po’ più di buon senso nei giudizi.

Da Diventerai una star a «Che importa anche se non diventerò una star», una frase del testo del singolo Politically correct. Che rapporto avete con la fama, voi che in carriera avete vissuto momenti di immensa popolarità?

Non me ne è mai importato nulla, ti importa ancora meno quando ce l’hai. Quando ci sei dentro, provi quasi fastidio. A noi è sempre interessato divertirci e andare in giro a fare musica. Il resto è sempre stato un rumore di fondo, seppur molto rumoroso in alcuni frangenti. Abbiamo sempre vissuto la popolarità con serenità. Essere una band ci permette di mantenere un certo equilibrio e di sostenerci quando il peso diventa più schiacciante.

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«La radio diventava una valvola di sfogo e un momento per staccare la spina»

«Rifareste mai Sanremo?» è una domanda che immagino vi facciano di frequente. La risposta è quella contenuta in FAQ, uno dei brani del nuovo disco?

Assolutamente no, nessuno ce l’ha con Sanremo (ride, ndr). È stata una bellissima esperienza e qualora ci fosse di nuovo la possibilità ben venga. È una vetrina importante per far sentire il tuo messaggio e la tua musica.

Da qualche anno i vostri fan vi ascoltano su R101 ne I trafficanti, in una fascia molto apprezzata dagli ascoltatori (quella del rientro a casa). Sapete di avere un compito fondamentale nella vita delle persone?

Sì certo, lo abbiamo scoperto ancora di più durante il periodo del Covid in cui le persone avevano bisogno di spegnere il cervello. Eravamo bombardati ogni giorno di numeri, di bollettini di guerra, di vicende personali difficili. La radio diventava una valvola di sfogo e un momento per staccare la spina. Devo dire che siamo diventati molto bravi a farla, ci è stato riconosciuto dall’affetto dei nostri ascoltatori e c’è un numero sempre maggiore di persone che ci segue. Dal 2019 siamo in onda tutti i giorni. È un momento delicato della giornata e noi cerchiamo di portare leggerezza e spensieratezza. Siamo una squadra affiatatissima. Per me è come essere tra i banchi di scuola al liceo.

Credits

Photographer: Simone Paccini

Stylist: Mimina Cornacchia, Gabriella Piluso, Maria Alessia Simonte

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