Stanchi dei webinar? Grazie a Betterly coltiva nuove skills offline

Lockdown sinonimo di Dad e formazione digitale. Siamo invasi da webinar, podcast e talk a colpi di live che rendono la nostra routine ancora più intensa di quella a cui eravamo abituati meno di un anno fa.



Betterly consente di staccare la spina e gli occhi dallo schermo per riconnettersi con sè stessi, offline e all’insegna del relax. La sua varietà di experience, tutte racchiuse in un box, seguono un percorso ideale legato a un interesse o a una passione. Tutti gli abbonati vivono un unboxing sorprendente alla scoperta di oggetti , strumenti e libretti da collezione, scritti e illustrati dai migliori esperti del settore. Betterly fonda le sue radici nell’esperienza del Gruppo De Agostini dove, dalla sede di Milano, il team sviluppa e distribuisce i prodotti sia in Italia sia all’estero.



I segreti di un perfetto barbecue e un corso per imparare a degustare un buon vino, percorsi alla scoperta di essenze naturali per il corpo e di profumazioni inedite per le nostre case, meravigliose sculture in carta e in legno. Ma anche: giochi e fiabe per crescere, cristalli ricchi di energia e magici tarocchi, dischi in vinile e grandi romanzi, sono solo alcune delle infinite proposte Betterly.  

9 o 12 box mensili, acquistabili esclusivamente sul sito betterly.com, che vi faranno viaggiare con la mente restando lontani per un po’ dallo smartphone e dallo schermo del pc scoprendo la versione “migliore” di voi stessi.

Record di Kraler a Bolzano: apre il nuovo store solo per 1 giorno

Il nuovo negozio di Franz Kraler di Bolzano ha già il suo record, forse mondiale: è stato aperto un solo giorno, ieri, per altro senza feste e inaugurazioni. Da oggi, per l’ordinanza contro la pandemia, sono chiuse le saracinesche di via Leonardo da Vinci, che erano state alzate solo ieri mattina e sarà così fino al 22 novembre.



Ma Daniela Kraler è comunque positiva e ottimista. «Ci abbiamo pensato tanto prima di chiudere l’outlet Alexander’s e aprire un vero e proprio negozio Franz Kraler. Abbiamo lavorato tutta l’estate, per rifare gli interni, anche se gli interventi degli architetti Marastoni sono stati sobri e delicati. Per fortuna ci sono venute incontro anche tutte le ditte che ci riforniscono, le quali ci hanno fatto avere la merce senza dei veri e propri ordini. Abbiamo saputo il giorno prima che il giorno dopo avremmo chiuso, ma l’abbiamo aperto lo stesso e l’abbiamo presa con filosofia. Sul momento mi è venuto un colpo al cuore, dopo tutto il lavoro fatto, i tanti progetti, le speranze, ma abbiamo pensato che valeva la pena aprire anche se per un solo giorno. Per noi era importante dare un messaggio alla gente e alla città: bisogna reagire, bisogna combattere, bisogna rimboccarsi le maniche e credere in quello che ci fa. E non dobbiamo lasciarci abbattere. Era da tanto che pensavamo di aprire anche qui il nostro negozio, in una città e non solo nei luoghi di villeggiatura. È stata una scommessa e dovremo aspettare un po’ per sapere se l’abbiamo vinta. Ma non dobbiamo lasciarci prendere dalla depressione, anche se è una situazione straziante. Io sono positiva, innamorata del mio lavoro e lo faccio con passione e cerco di reagire alle delusioni e ai momenti di sconforto. Non sono triste o delusa, cerco di trovare la forza dentro di me. Accetto e rispetto le re-gole perché sono fatte per difenderci, non per danneggiarci. Sono previste delle proteste anche a Bolzano, ma io non ci prenderò mai parte».



Anche Daniela Kraler, come buona parte della popolazione sarà costretta a lavorare da casa. Cos’è cambiato nel mondo della moda?

DK: «È cambiato tutto, ma non tutto in peggio. Non si fanno più sfilate e fashion week, non corriamo più come trottole in giro per il mondo. Si fanno acquisti più mirati, le stagioni sono molto più lunghe. Si lavora da casa, in tele-conferenza. Il clima è più rilassato e vengono le idee migliori. È cambiata anche la moda, che è diventata molto più portabile. Adesso va l’abbigliamento comodo e pratico, quasi da sport, da tenere in casa e quando si esce. Anche il lusso fa i conti con la crisi, che non è solo economica, ma anche sanitaria, psicologica, una crisi che mette in dubbio tutte le nostre certezze. Noi vogliamo dare un segnale positivo di speranza: prima o poi tutto questo finirà, riprenderemo in mano la nostra vita, si spera prima possibile se rispetteremo tutti le regole. Anche noi ne usciremo diversi. Forse migliori. Daremo il giusto valore alle cose. E ultimamente ci siamo lasciati prendere un po’ troppo la mano, sopravvalutando cose che in questo momento ci appaiono poco importanti o viceversa dando poco valore a cose che sono invece importanti». 

Il trend delle mascherine: l’emergenza stimola la creatività

Che il coronavirus rappresenti un cambiamento permanente delle abitudini è una domanda al centro di molte polemiche, in cui ogni teoria sembra meno probabile dell’altra.

I periodi di crisi, nazionale o globale, portano inevitabilmente al ridimensionamento delle necessità, accompagnato dalla nascita talvolta di bisogni totalmente nuovi. È proprio in periodi del genere che le aziende e le attività produttive si trovano a rispondere al cambiamento, rispettando la nuova domanda del consumatore. Il settore moda è particolarmente allenato in questo ambito, abituato da decenni, in particolare dall’insorgenza del fenomeno del fast-fashion, a rispondere tempestivamente agli ultimi trend stagionali o a delinearne di nuovi. Una delle ultime “tendenze”, se così può essere definita, è certamente rappresentata dalla mascherina personalizzata: sono molte le aziende produttrici di mascherine con stampe a fantasia, in grado di soddisfare la necessità di proteggersi pur mantenendo un tocco casual e personale.


Fra le ultime idee ispirate dall’emergenza spicca la camicia “Rotta Di Collo”, frutto della creatività della sartoria Parafioriti Confezioni & Co. di Lorena Fantozzi, con base a Gambettola in Emilia-Romagna. L’azienda, specializzata in produzione di abbigliamento donna conto terzi, vanta un’esperienza ventennale nel settore fashion, collaborando con alcune tra le maggiori case di moda italiane. In seguito all’emergenza CoVid19 il sistema produttivo ha subito un cambiamento ed è stato concentrato sulla produzione di mascherine di protezione. La nuova mission aziendale è quella di unire la qualità della sartoria Made in Italy alla necessità della mascherina come mezzo di protezione. Il motto del progetto, che è stato brevettato circa 3 mesi fa, è “Proteggersi con stile ai tempi del Covid19” – un pelo fatalista se vogliamo, ma è innegabile la contemporaneità dell’idea e del capo in sé. La camicia presenta infatti una mascherina nascosta sotto al colletto che può facilmente essere sganciata, aperta e indossata. La mascherina presenta la stessa fantasia della camicia alla quale è abbinata, oltre che essere interamente fatta di cotone biologico. Il capo presenta una serie di vantaggi, primo fra i quali spicca il fattore estetico. La comodità è sicuramente un altro dei punti di forza del progetto, in quanto i bottoni del collo della camicia fungono da gancio per il mezzo di protezione, evitando così di metterlo in borsa o intorno al braccio, dove spesso e volentieri viene dimenticato.


Vale sicuramente la menzione il caso di “Vattinn’”, la prima cravatta che si trasforma facilmente in mascherina. La safety tie nata dall’ingegno dell’azienda napoletana Ulturale presenta in corrispondenza del codino una mascherina che può rapidamente essere aperta e indossata. Ciò che contraddistingue Vattinn è anche la metodica di lavorazione: la cravatta ha infatti subito un procedimento antibatterico agli ioni d’argento, il che garantisce un tessuto “100% incontaminato”. L’accessorio è ora disponibile in tre diverse varianti cromatiche e in vendita sul sito internet aziendale.


Un’altra realtà che ha contribuito allo status di mascherina come accessorio è lo storico negozio genovese Ghiglino 1893, il quale ha creato una linea di cover 100% seta per mascherine. Si tratta sostanzialmente di copri mascherine a fantasia realizzate con le sete delle cravatte Ghiglino 1893. Le cover presentano nel retro un’apertura nella quale è possibile inserire la mascherina chirurgica, al fine di garantire la massima sicurezza al cliente. Per i veri fan dell’eleganza classica la mascherina può essere inoltre abbinata al fazzoletto da taschino.

Mascherina con microchip: ecco come funziona

Mascherina si, mascherina no. Un dilemma molto in voga negli ultimi mesi, che spacca letteralmente a metà l’opinione pubblica. In un clima di incertezza, dove anche gli esperti del settore procedono a tastoni, si cercano soluzioni sostenibili e innovative per contribuire alla lotta al coronavirus.

Di poche settimane fa l’annuncio di AccYouRate Group del brevetto appena sfornato, la YouSafe Mask, ossia la mascherina con il microchip.

AccYouRate Group

AccyouRate Group è un gruppo di aziende italiane che ha brevettato ed immesso sul mercato una serie di indumenti ed accessori che garantiscono maggior sicurezza a chi li indossa. Lavorano con alcuni dei migliori centri di ricerca italiani per sperimentare delle soluzioni innovative in campo medico e sportivo. Il loro intento è quello di aumentare la consapevolezza delle persone riguardo al loro benessere psicofisico e lo fanno attraverso la creazione di indumenti innovativi e tecnologici. Il loro cavallo di battaglia è infatti la t-shirt chiamata IoT, creata per controllare in tempo reale i parametri vitali di chi la indossa, in particolare battito e respiro. Tutto ciò è possibile attraverso dei sensori direttamente fabbricati sul tessuto che inviano le informazioni che rilevano ad una centralina.

La mascherina con il microchip: ecco come funziona   

Si chiama Smart YouSafe, ed è una mascherina tecnologica che prevede, al suo interno, la presenza di un microchip che segnala la mancanza di distanza di sicurezza.

Il progetto è nato dalla collaborazione con la croce rossa italiana dell’azienda AccYouRate Group. Il microchip che si trova al suo interno reagirebbe alle onde elettromagnetiche emesse dalle altre mascherine: in questo modo si potrebbe intercettare un avvicinamento fisico “non consentito”. Il sistema funziona, se le persone indossano la mascherina con il microchip.

Il dispositivo inoltre, attraverso un termometro da contatto, misurerebbe la temperatura corporea e rileverebbe le emissioni di anidride carbonica e di biossido di azoto, per poter valutare la qualità dell’aria.

Questo genere di dispositivo potrebbe essere un valido alleato alla lotta alla diffusione del covid-19, ma anche di altri virus che si diffondono per via aerea. In particolare, potrebbe essere preso in considerazione per la gestione di situazioni a rischio assembramento, all’interno per esempio di fabbriche, cantieri e altri luoghi di lavoro dove mantenere la distanza di sicurezza diventa a volte difficile.

Sicurezza bimbi a scuola: le norme anti covid per il back to school

Dopo più di sette mesi, il 14 settembre le scuole riapriranno le loro porte agli studenti di tutta Italia. La parola d’ordine sarà sicurezza. Sicurezza per tutti, per il personale docente, per il personale ATA, e soprattutto per i nostri bambini, che vivono con l’innocenza dei loro anni un avvenimento mai accaduto prima.

 La scuola post pandemia

Il ministro Azzolina ha ormai ufficializzato l’apertura delle scuole con data 14 settembre, ogni Regione poi avrà la facoltà di modificare tale data, in base alle esigenze. Il focus sarà tutto concentrato sulla sicurezza, anche se ancora le modalità non sono del tutto delineate. Presidi e istituzioni, infatti, sono ancora al vaglio delle possibilità per garantire sicurezza all’interno delle scuole attraverso regolamenti studiati ad hoc.

Numerosi sono i documenti emanati negli ultimi tempi per garantire che tutte le attività scolastiche si svolgano in totale sicurezza e organizzazione. Ad oggi ci sono alcuni punti fermi che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, vediamoli insieme.

Indossare la mascherina

Prima prerogativa è senza dubbio l’obbligo di indossare la mascherina, a partire dai sei anni di età in tutti gli spazi comuni. Tale vincolo vale per tutti, nessuno escluso, e per tutto il tempo che si passa all’interno dell’istituto scolastico, dall’entrata all’uscita.

Banchi singoli e ben distanziati

Sono stati ordinati dal governo 2 milioni e mezzo di banchi monoposto, in cui gli studenti potranno sedersi e togliere la mascherina, mente seguono le lezioni. Deve essere inoltre garantita la distanza di sicurezza di almeno un metro tra un banco e l’altro.

Spazi alternativi ed orari diversificati

Una delle necessità è quella di diminuire il numero degli studenti presenti in ogni classe, proprio per garantire distanze di sicurezza ed aule areate adeguatamente. Per raggiungere questo obiettivo si stanno tenendo in considerazione varie ipotesi. Una è sicuramente quella di mettere a disposizione e a norma edifici dismessi di proprietà degli enti locali; questa soluzione sembra trovare sbocco principalmente nei comuni del nord Italia, mentre al sud si studiano valide alternative. L’altra ipotesi, quella più diffusa al sud, è quella di scaglionare la didattica su sei giorni e con lezioni alternate al mattino e al pomeriggio, così da poter dimezzare la contemporanea presenza in classe di troppi ragazzi.

Nuove assunzioni corpo docente

Se le classi devono essere composte da un numero minore di alunni, è necessario aumentare il numero di classi e insegnanti. Il decreto rilancio a questo proposito ha stanziato più di 970 milioni per assumere altro personale docente su tutto il territorio nazionale.

Scuolabus e trasporti

Anche per salire sugli scuolabus sarà obbligatorio indossare la mascherina e mantenere il metro di distanza; solo i ragazzi che vivono nella stessa casa, come i fratelli, avranno la possibilità di sedere vicini. Anche in questo caso però, mancano i mezzi di trasporto sufficienti per rispondere alla domanda, gli scuolabus potranno essere pieni al 50%, quindi manca la metà dei mezzi necessari.

Sanificazione

 Tutti i giorni ogni locale scolastico deve essere sanificato, ogni istituto dovrà munirsi di igienizzanti e di personale sufficiente per garantire gli standard di sanificazione richiesti.

Infertilità e Covid-19, cosa dice la scienza?

Negli ultimi giorni fa discutere molto la pubblicazione dei dati relativi al boom di vendita negli Stati Uniti di home-kit per la crioconservazione di liquido seminale. Sembrerebbe infatti che le due maggiori aziende produttrici (CryoChoice e Dodi) di tali dispositivi abbiano aumentato di circa il 20% il giro d’affari legato all’invio a domicilio di kit di raccolta del liquido seminale, adatti alla crioconservazione. Stando ai dati riportati dal New York Post, questa tendenza sembra coinvolgere anche molte donne, che sempre più cominciano a richiedere la possibilità di poter crioconservare gli ovuli. 

Alla base di questa crescente paura per lo stato di fertilità, sopratutto da parte della popolazione maschile (che in termini percentuali sembra essere anche quella maggiormente contagiata da Saras-Cov-2) vi è un articolo pubblicato recentemente dai ricercatori della Maryland University su Nature Comunications, i quali hanno dimostrato come i livelli di stress psico-fisico, innescato in questo caso dalla pandemia da Sars-Cov-2, possano influire negativamente sulla qualità del liquido seminale. 

Ma oltre all’influenza negativa dello stress secondari alla pandemia sulla qualità del liquido seminale, cosa sappiamo oggi della relazione tra infertilità e Sars-Cov-2? 

Lo chiediamo al Dott. Nicola Macchione, Urologo e Andrologo che presta servizio all’Ospedale San Paolo di Milano, e che in questi giorni si è visto assieme ad altri colleghi impegnato con pazienti dei reparti Covid-19. 

Esiste una relazione tra infertilità maschile e Sars-COV-2?

Studi recenti dimostrano che tale virus è stato identificato in diversi fluidi biologici. Sappiamo infatti che lo si trova nelle secrezioni nasali, nella saliva, nelle feci, nel sangue (1%), ma non nelle urine e nel liquido seminale, anche se gli studi attualmente presenti in letteratura coinvolgono un numero di pazienti molto esiguo per trarre conclusioni affrettate. Infatti, escludere la presenza del Sars-Cov-2 nel liquido seminale è di fondamentale importanza non solo per valutare eventuali sequele sulla fertilità, ma anche per escludere la trasmissione sessuale. 

Quindi il Sars-Cov-2 potrebbe trovarsi nelle secrezioni genitali? 

In realtà al momento possiamo escluderlo, ma sappiamo ancora poco. E noto ad oggi che molti virus (HIV, Zika virus, virus della parotite) raggiungono tranquillamente i genitali e possono essere identificati nel liquido seminale per molto tempo anche dopo la negativizzazione nel circolo ematico degli stessi. Resta da capire se questo passaggio avviene anche per il Sars-Cov-2. 

Sicuramente, per quanto riguarda le donne sappiamo da un recente studio che ha coinvolto circa 10 pazienti, che il coronavirus non è identificabile a livello delle secrezioni vaginali. Andando invece a guardare cosa avviene nei maschi dobbiamo far riferimento ad uno studio eseguito qualche anno fa per un “parente stretto” di questo virus; il Sars-Cov (che nel 2002 contagiò oltre 8000 soggetti, causando il decesso di 774 pazienti). In questo studio si è documentato, valutando reperti istologici testicolari di 6 soggetti deceduti, un quadro di infiammazione severa delle gonadi che in alcuni casi si presentava con un vero e proprio quadro di atrofia della linea cellulare seminale. In tutti i casi riportati però, il genoma del virus a livello testicolare non è stato mai identificato. Questo a dimostrazione che apparentemente i Beta-Coronavirus non riescano ad attraversare la “barriera emato-testicolare” ma siano comunque in grado di indurre una reazione immunitaria tale da poter dare un quadro infiammatorio locale. 

E a proposito del Sars-Cov-2? 

Ad oggi esistono due gruppi di ricercatori che si sono spinti a valutare l’eventuale presenza del Sars-Cov-2 a livello seminale, ma entrambi gli studi presentano molti limiti legati alla numerosità del campione. 

Nel primo studio sono stati arruolati 13 pazienti contagiati da Sars-Cov-2, di cui 12 guariti ed 1 deceduto. L’età media di questi soggetti era tra i 22 ed i 38 anni, e tutti erano rimasti asintomatici e/o pauci-sintomatici. Di questi soggetti è stata eseguita la ricerca su liquido seminale del Sars-Cov-2, ma in nessuno dei campioni è stato trovato il virus. Inoltre del paziente deceduto è stata eseguita una biopsia testicolare ed anche in quel caso non sono state identificate tracce della presenza del Coronavirus. Il secondo studio invece ha coinvolto 34 soggetti contagiati, anche questi paucisintomatici, anche se in 6 pazienti (17.6%) erano stati riportati sintomi testicolari (algie). Nonostante ciò i risultati sono stati praticamente sovrapponibili a quelli del precedente studio, documentando l’assenza di Coronavirus a livello testicolare. 

Perché un virus così contagioso risparmia i testicoli? 

Esistono tre grosse ragioni che in qualche modo possono spiegare l’assenza di Sars-Cov-2 a livello testicolare. La prima sta nel fatto che i livelli di recettori ACE2 e TMPRSS2 a livello della popolazione cellulare testicolare non sono espressi in modo importante, e noi sappiamo che l’ingresso del Sars-Cov-2 a livello cellulare prevede l’interazione della proteina S (Spike) con tali recettori. 

La seconda motivazione invece riguarda la presenza a livello testicolare di un meccanismo di protezione denominato “barriera emato-testicolare” che in qualche modo “isola e protegge” il distretto seminale da quello ematico. Tale sistema è regolato principalmente da giunzioni strette tra le cellule del Sartoli e la lamina basale dei tubuli seminiferi. Questo sistema per esempio, viene a mancare nelle infezioni da Virus Zika, che sembra infettare tali cellule inducendone la morte e quindi facendo venir meno la loro funzione di “protezione”. 

La terza motivazione invece è quella epidemiologica; in questi studi infatti sono stati valutati soggetti pauci-sintomatici e/o addirittura asintomatici; quindi soggetti in cui la carica virale in circolo era teoricamente molto bassa, e per tale motivo verosimilmente “incapace” di raggiungere il distretto testicolare. 

Quindi possiamo evitare una corsa alla crioconservazione? 

Al momento le evidenze sono poche, ma concordanti, per cui mi sentirei di scoraggiare un eventuale corsa alla crioconservazione dei gameti, anche se sugli effetti a lungo termine conosciamo davvero poco. 

Come è cambiato il tuo lavoro negli ultimi mesi?

In questo periodo il mio lavoro è cambiato in modo importante, ho dedicato molte energie al reparto Covid, ma per fortuna visto il calo dei contagi sono ritornato da qualche giorno al mio lavoro da urologo. Ad ogni modo non ho mai abbandonato del tutto la mia specializzazione, ho ritagliato degli spazi per continuare a sviluppare e migliorare il mio lavoro.

Prospettive sulla fase che seguirà al lockdown?

Quando il lockdown sarà terminato spero che vengano ripristinate le attività di prima anche se tutto quello che è accaduto va attentamente analizzato e dovrà guidare una riforma atta a migliorare il nostro sistema sanitario. Dovremo fare in modo che una pandemia del genere possa essere gestita in tempi più rapidi e con un contenimento maggiore dei danni, sia in termini economici sia di vite umane.