Il viaggio mediterraneo della Malvasia

Una, nessuna e centomila. Così potremmo esordire nel tracciare la Malvasia a livello europeo, realtà mai venuta meno nel tempo da quando questo vino fu lanciato nell’empireo commerciale dalla Serenissima Repubblica di Venezia alla stregua di altre prelibate derrate. Fu la città dogale, infatti, a seguito della vittoriosa quarta crociata agli inizi del XIII secolo, a venire in possesso del Peloponneso e, nel territorio della Laconia, a scoprire un nettare corroborante che assunse il nome di Malvasia, dalla piccola e strategica penisola di Monemvasia, dal greco moni envassis, cioè porto con un solo ingresso.

vino Malvasia Italia
Una mappa dell’illustratrice Lucia Catellani

Il vino delle corti europee

I veneziani compresero fin da subito che quel vino così mediterraneo, detto ultramarino o navigato, spesso dolce e resistente ai viaggi, poteva divenire un’inesauribile fonte di reddito. E così fu: con un’estesa produzione veneziana anche sull’isola di Creta, la Malvasia diventò uno dei vini tra i più costosi in assoluto della sua epoca e, soprattutto, uno strumento identitario e di affermazione del lusso per chi se lo poteva permettere: giunse ad essere il vino alla moda delle classi agiate e non mancava mai nei deschi delle principali corti europee. A Venezia, gli stessi locali dove si vendeva vino di categoria superiore presero il nome di Malvasie.

Le numerose varietà di vino Malvasia

Nei secoli successivi, la famiglia europea delle Malvasie è aumentata di numero e nella quasi totalità dei paesi produttori vitivinicoli possiamo riscontrare vitigni che portano questo nome, pur sapendo che lo stesso sovente viene utilizzato in modo improprio nel definire varietà altre. Districarsi nel panorama “malvatico” è allo stesso tempo arduo e affascinante: inevitabilmente ogni vino battezzato Malvasia appartiene all’epica storia che da sempre lo accompagna, ed è bello sapere che da alcuni anni, a Monemvasia una nuova cantina locale ha ripreso a produrrete vino.

uva Malvasia
Vigneti di uva Malvasia

In Italia sono addirittura diciannove i vitigni denominati Malvasia, a bacca sia rossa che bianca, considerati nel Registro Nazionale delle varietà, e questo ci dà un’idea dell’eterogeneo gruppo dei numerosi genotipi che, pur avendo una genesi diversificata, fanno riferimento al medesimo appellativo. Di seguito andremo a svelare alcune tipologie coltivate nella nostra penisola e altre che albergano storicamente al di là dei nostri confini.

Emilia-Romagna

Partiamo dall’Emilia-Romagna dove, prevalentemente nelle province di Parma e Piacenza, troviamo la Malvasia di Candia aromatica che, secondo le ultime ricerche genetiche, discende dall’incrocio tra Moscato bianco e uve aromatiche tra cui l’antica Malvasia Odorosissima (detta anche Malvasia Casalini), in fase di recupero dall’inesorabile oblio. La Candia aromatica è conosciuta soprattutto per la versione frizzante secca ma non mancano le nobili versioni ferma e dolce passita.

Malvasia Colli Piacentini
Malvasia Colli Piacentini Doc, Viti Vinicola Valla

Piemonte

Il Piemonte enologico, tra le patrie indiscusse a livello nazionale per i più blasonati vini rossi da uve autoctone o per l’apprezzato Moscato d’Asti, nelle colline di un circoscritto territorio del Basso Monferrato annovera l’allevamento di due preziose uve Malvasia a bacca rossa: la Malvasia di Casorzo e la Malvasia di Schierano.

La prima prende il nome dall’omonimo centro abitato che rientra nell’areale produttivo assieme ai comuni di Altavilla Monferrato, Grana, Grazzano Badoglio, Olivola, Ottiglio e Vignale Monferrato. Da questa si ottiene un vino rosso o rosé frizzante, spumante o passito molto piacevole, dolce e aromatico.
Quella di Schierano, detta anche Malvasia a “grappolo corto” dà vita alla DOC Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, nome di uno dei sei comuni astigiani ammessi a tale produzione. Gli altri sono Albugnano, Passerano Marmorito, Pino d’Asti, Berzano e Moncucco.

I vini sono, come i già citati in precedenza, rossi o rosé, ugualmente aromatici e dolci nelle tipologie frizzante e spumante. Seppure restino entrambe poco conosciute ai più, queste espressioni di Malvasia si confermano il vanto enologico dei propri terroir e tengono alta la nomea vitivinicola monferrina.

Malvasia Vinsanto
Vinsanto del Chianti Doc, Malenchini

Friuli-Venezia-Giulia

Nel nord-est italiano, e più precisamente in Friuli Venezia Giulia, alberga una delle più prestigiose uve a bacca bianca: la Malvasia istriana, conosciuta anche come Malvasia friulana o Malvasia del Carso.
La potremmo definire anche Malvasia mitteleuropea perché, oltre a essere secolarmente impiantata in questa regione, è l’autentica protagonista di importanti vini anche in Slovenia e Croazia. Dal punto di vista genetico  inoltre, numerosi studi ne sottolineano la specifica unicità rispetto alle sue omonime.

In Friuli Venezia Giulia, nei Colli Orientali, in Collio e in Carso, trova in collina un ambiente culla simbiotico e spesso caratterizzato dalla presenza di ponca che, geologicamente parlando, definiamo flysch: strati di marna e arenaria (argille e calcare) più o meno pregni di calcio derivante da depositi fossili risalenti a prima dell’emersione delle terre dal mare antico. Il lavoro dei vignaioli è qui valorizzato dal clima temperato locale molto favorevole, dovuto all’incontro delle brezze che scendono dalle Alpi Giulie e quelle che soffiano dall’Alto Adriatico. I vini a base di questa uva sono generalmente molto apprezzati, siano essi eleganti bianchi secchi da classica vinificazione in bianco, o ricercati vini macerati ottenuti sfruttando il contatto buccia-mosto più o meno prolungato.

Toscana

Il piccolo grande viaggio delle Malvasie italiane continua in Toscana, regione culla del Rinascimento, che ha sempre riversato tanta bellezza anche nei propri vini. Uno di questi, e indubbiamente tra i più celebri, risponde al nome di Vino Santo. Riconducibile a diverse Denominazioni di Origine, esso è firmato dall’uva Malvasia bianca lunga, la quale si accompagna, spesso e volentieri, nell’ottenimento di cotanto capolavoro enologico, al vitigno Trebbiano toscano. La Bianca lunga ha diversi sinonimi e, tra gli altri, viene menzionata anche come Malvasia del Chianti o di Montegonzi e, sebbene sia largamente diffusa in altri contesti vitati italiani, l’ex Granducato mediceo resta la sua patria d’elezione. Dopo il canonico appassimento dei grappoli, essa è l’insostituibile ingrediente di rari vini che restano a dimora nei caratelli per alcuni anni prima dell’imbottigliamento, ai quali apporta cremosità e avvolgenza al sorso, bilanciando così la freschezza del suo comprimario Trebbiano.

Vinsanto del Chianti
Vinsanto del Chianti

Per completare il cerchio delle Malvasie italiane occorre inoltrarsi nel meridione dello Stivale dove si trova un’uva tra le più antiche e intimamente mediterranee, presente in Sicilia, Sardegna e Calabria, che porta rispettivamente il nome di Malvasia delle Lipari, Malvasia di Sardegna e Greco di Bianco. All’estero essa insiste anche in Catalogna come Malvasia di Sitges e in Croazia come Malvazija di Dubrovnik. Geneticamente siamo di fronte alla stessa identità ma sarà ciascun territorio, unitamente al saper fare locale, a marcare l’espressione sensoriale di ogni singolo vino.

Sicilia

La Malvasia delle Lipari cresce secolarmente su polveri e suoli vulcanici delle isole Eolie, soprattutto a Lipari e ancora di più a Salina, riconosciuta tuttora come la patria indiscussa di questo vitigno. Dai suoi vigneti inseriti tra Capo Faro, Malfa e Valdichiesa si raccolgono grappoli che, oltre a dare l’ortodossa versione passita dolce, negli ultimi anni, vinificati in modo altro, hanno prodotto eccellenti vini bianchi secchi.

Sardegna

In Sardegna, con essa si producono i vini afferenti alle DOC Malvasia di Cagliari e Malvasia di Bosa. La prima è localizzata nei vigneti della campagna oristanese ma soprattutto cagliaritana, con una produzione molto limitata sia nella versione ferma e secca sia in quella dolce naturale. La seconda dà origine a un vino più unico che raro che, pur avendo rischiato l’estinzione, ancora oggi tenacemente è prodotto in Planargia, nell’entroterra bosano e in località limitrofe. La Malvasia di Bosa è, infatti, qualcosa di eccezionale in assoluto e pochi altri vini prodotti con iter ossidativo traguardano la sua raffinatezza: stando per alcuni anni nelle botti colme di legno sotto la pellicola di lieviti denominata flor che si forma sulla superficie libera del vino a contatto con l’aria, essa si carica di sentori e umori indescrivibili. 

Malvasia di Bosa
Malvasia di Bosa Doc, Cantina Giovanni Battista Columbu

Calabria

Il Greco Bianco è, come predetto, una Malvasia a tutti gli effetti e il suo territorio più vocato è l’intero comune di Bianco e parte di quello di Casignana, lungo il versante ionico della provincia di Reggio Calabria, dove i ceppi vitati insistono su terreni di marna bianca. Pare molto probabile che da siffatti luoghi della Magna Grecia, tra il Parco Nazionale dell’Aspromonte e la Locride, questa tipologia di vite fu anticamente impiantata in altri distretti del mare nostrum. La produzione di questo inebriante vino passito dolce Greco di Bianco è ancora una volta ristretta e, storicamente, rappresenta uno dei tanti fiori all’occhiello enologici calabresi, commercializzato nella tradizionale bottiglia detta Pulcianella.

Malvasia spumante
Vino Spumante brut nature Malvasia di Candia Antonio Aldini

Da come si può evincere, insomma, siamo di fronte a un affascinante continuum produttivo riguardante innumerevoli uve Malvasie, il quale tiene ancora ben vivo il mito dei vini che se ne traggono e che ci invitano alla loro scoperta attraverso la visita nei territori originari o più semplicemente in abbinamento ai nostri menu.

Malvasia libro
Malvasia, un diario mediterraneo è il viaggio di Paolo Tegoni, docente in materie enogastronomiche in diverse università italiane, alla scoperta di un vino mitico racchiuso in un libro, con le immagini di Francesco Zoppi e le mappe illustrate di Lucia Catellani

FacebookLinkedInTwitterPinterest

© Riproduzione riservata