Quando la recitazione è amore a prima vista: Flavio Furno

Napoletano DOC, Flavio Furno si innamora della recitazione all’improvviso, provando per il set un vero e proprio colpo di fulmine. Il suo non è un interesse passeggero; dopo diversi anni la professione di attore rappresenta ancora il motore trainante della sua esperienza di vita, una passione viscerale di cui non può fare a meno. Sul set Flavio si sente pienamente valorizzato e ogni personaggio in qualche modo lo fa innamorare. E questo, forse, è il segreto del suo successo come attore.

Furno torna ora sul piccolo schermo, interprete nella mini serie Marconi, un prodotto Rai in due imperdibili puntate. La narrazione, dedicata a un genio del Novecento senza il quale il mondo oggi sarebbe molto diverso, vede l’attore napoletano nelle vesti dell’antagonista: il Ministro Giuseppe Bottai. Tra storia e azione, la serie intende regalare un quadro a tutto tondo su un periodo storico particolare, quello del regime fascista, che Guglielmo Marconi ha vissuto in prima persona. Ce ne parla lo stesso Flavio Furno, che del grande inventore ammira il talento e soprattutto l’ostinazione.

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«Ad oggi recitare è diventata una missione di vita, mi piacerebbe dedicarmici tutti i giorni»

Da cosa nasce la tua passione per la recitazione?

Il mio avvicinamento a questo mondo è stato abbastanza casuale. Intorno ai 16 anni avevo smesso di giocare a pallacanestro perché ero veramente scarso (ride, ndr); ero molto poco interessato e quindi mio padre ebbe l’intuizione di iscrivermi ad un corso di teatro. L’approccio iniziale fu meraviglioso, nonostante io fossi timidissimo, e mi accorsi immediatamente di aver trovato un ambiente dove mi sentivo completamente valorizzato.

L’incontro con la recitazione è stato per me un vero colpo di fulmine. Questa mia passione è cresciuta nel tempo, mi ha permesso di sentirmi migliore di come mi sento nella vita di tutti i giorni. Fin dalle prime lezioni di teatro ho avuto la percezione che gli insegnanti e gli altri allievi avessero subito colto una scintilla in me; un qualcosa che io non sapevo di avere e che non mi riconoscevo minimamente.

Ad oggi recitare è diventata una missione di vita, mi piacerebbe dedicarmici tutti i giorni. A distanza di anni da quando ho cominciato a fare l’attore, questa passione rappresenta ancora il cuore pulsante della mia vita.

Come ti prepari abitualmente per un ruolo? Hai una routine?

Il mio metodo per avvicinarmi a un ruolo deriva essenzialmente dagli anni frequentati in accademia. Confesso di essere molto pigro, per cui non ho sviluppato una vera e propria tecnica per immedesimarmi al meglio in un personaggio.

In generale il mio lavoro parte con un importante processo di immaginazione; è come se dentro di me vivesse un piccolo sceneggiatore, un piccolo regista, che sta già pensando allo svolgersi del film fin dal momento del provino. Non ho una grande metodologia, ovviamente il tutto varia molto in base al tipo di personaggio e allo scenario in cui esso si inserisce. A parte il lavoro sul testo e di ricerca, mi reputo un attore istintivo nel modo di approcciarmi alle storie. Mi riconosco questa qualità: leggendo una sceneggiatura mi capita spesso di capire al volo la funzione del mio personaggio rispetto alla narrazione.

Flavio Furno
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«Mi piacerebbe tanto avere occasione in futuro di lavorare nuovamente con Paolo Virzì»

Il tuo debutto ufficiale al cinema è stato nel 2016 con Assolo, film di Laura Morante. Che esperienza è stata?

Lavorare con Laura Morante è stata un’esperienza fondamentale per la mia carriera. Lei non solo dirigeva il film ma era anche presente in alcune scene con me, e questo all’inizio mi rendeva iper agitato. La prima scena andò benissimo, perché io ebbi l’ardire di mettere qualcosa di mio, di aggiungere delle battute, e di questo Laura fu molto contenta. Poi, preso dall’entusiasmo, durante la seconda scena cercai in ogni modo di reinventare a modo mio il tutto (proprio come era successo nella prima appunto). Lì il mio essere gasato andò a scemare gradualmente, ogni idea da me proposta veniva puntualmente bocciata dalla regista (ride, ndr). Questo è il ricordo che più mi è rimasto impresso di quell’esperienza.

Assolo ha rappresentato il mio debutto ufficiale al cinema, nel 2016, tuttavia ero già stato partecipe di un altro progetto realizzato in precedenza. Si tratta di un film firmato Paolo Virzì, mio mito da sempre, dal titolo Tutta la vita davanti. Lì mi si vede a malapena, quindi, diciamo così, è stato un debutto sì, ma solo ufficioso (ride, ndr). Mi piacerebbe tanto avere occasione in futuro di lavorare nuovamente con Virzì, a cui sicuramente racconterei del mio primissimo ruolo da comparsa proprio in un suo film.

Flavio Furno
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«Mi ha molto divertito interpretare il ruolo dell’antagonista, nei suoi panni è possibile vivere esperienze e sentimenti che nella vita reale difficilmente (per fortuna) si realizzano»

E ora vorremmo sapere qualcosa in più riguardo l’ultimo progetto che ti vede partecipe: la mini serie Rai Marconi. Ti cali nei panni di Giuseppe Bottai. Che personaggio è? In che relazione si colloca rispetto al protagonista (interpretato da Stefano Accorsi)?

Il mio è un personaggio realmente esistito, è stato Ministro dell’Educazione Nazionale durante il regime fascista, una sorta di sintesi tra il Ministro della Cultura e il Ministro dell’Istruzione. Era un uomo estremamente colto e un grande braccio destro di Mussolini, almeno all’inizio. Si macchiò di un gravissimo errore: firmare le leggi razziali per la scuola, escludendo così i bambini ebrei. Negli ultimi anni della sua vita si pentirà di questa decisione, tanto da arruolarsi nella legione straniera come modo per espiare il peccato commesso. Addirittura, non sentendosi più rappresentato da ciò che il fascismo era diventato nel corso del tempo, Giuseppe Bottai si colloca presumibilmente tra coloro i quali tradirono Mussolini.

Nella nostra storia, il ruolo del mio personaggio rispecchia esattamente la posizione occupata dal Ministro all’interno del regime e può essere identificato come il vero antagonista della narrazione. Bottai fa di tutto per screditare agli occhi di Mussolini la figura di Marconi; pare infatti ci fosse una sorta di gelosia e di rivalità tra i due, entrambi uomini intelligenti e estremamente potenti.

Con un approccio quasi da spy story, che rende ancora più interessante il racconto, la serie mette in luce la voce per cui Marconi avesse promesso al Duce un’arma di distruzione, fondamentale per un’eventuale guerra e per confermare la posizione dell’Italia sul piano internazionale. Bottai scopre che l’inventore, in realtà, non sta progettando alcuna arma e che era tutta una fregatura. Da lì cercherà in ogni modo di rendere i fatti noti a Mussolini.

Mi ha molto divertito interpretare il ruolo dell’antagonista, nei suoi panni è possibile vivere esperienze e sentimenti che nella vita reale difficilmente (per fortuna) si realizzano. In un certo senso calarmi nella parte è stato anche molto liberatorio. Ringrazio Lucio Pellegrini, il regista, per avermi dato questa opportunità.

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«Da napoletano DOC non abbandono mai la cosiddetta “cazzimma”, però di base tendo sempre a essere buono e a vedere il bello negli altri»

Pensi di condividere alcuni aspetti, caratteriali e non, con il tuo personaggio?

No, io sono decisamente meno diabolico (ride, ndr). Ahimè sono una persona molto buona; da napoletano DOC non abbandono mai la cosiddetta “cazzimma”, però di base tendo sempre a vedere il bello negli altri, a fidarmi e a porgere l’altra guancia.

Poi credo anche di avere un’ambizione molto sana, non sono un ambizioso che sgomita o che vuole mettere in cattiva luce il prossimo. Forse questo accade anche un po’ per presunzione, nel senso che io guardo la mia strada, non quella degli altri, convinto di riuscire a raggiungere l’obiettivo. E tornando al confronto tra me e Bottai, non trovo somiglianze nemmeno nell’aspetto: lui porta i capelli indietro, una cosa che io detesto (ride, ndr).

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«Dal mio punto di vista questa serie è importante proprio per la storia che racconta, che merita di essere conosciuta»

Com’è stato lavorare con il cast, in primis con il protagonista Stefano Accorsi?

Non era la prima volta che mi trovavo a lavorare con Stefano, ci eravamo già incrociati sul set della serie 1992, anche se lì non condividevamo scene insieme. Lui è una persona veramente divertente, ha una grandissima ironia anche, come dire, un po’ adolescenziale. Durante le riprese di Marconi, ci siamo divertiti tanto. Una sera, addirittura, abbiamo fatto molta fatica ad andare avanti con le scene perché non riuscivamo a smettere di ridere. Non abbiamo lavorato tanti giorni fianco a fianco, ma lui è stato senza dubbio una sorpresa positiva. Secondo me funzioniamo molto bene insieme.

Quali messaggi vengono trasmessi attraverso questa mini serie? La narrazione porta a una morale?

Non so se si può parlare di un’effettiva morale. Dal mio punto di vista questa serie è importante proprio per la storia che racconta, che merita di essere conosciuta.

Le nuove generazioni sanno pochissimo riguardo Guglielmo Marconi, nonostante sia stato una delle menti più geniali del Novecento. Tutto quello che ha a che fare con la radio, il wireless, i telefoni e la comunicazione in generale, non sarebbe esistito senza di lui. Il mondo di oggi non sarebbe lo stesso se non ci fosse stato Marconi.

Al di là della genialità dell’inventore, mi ha colpito particolarmente la sua grande ostinazione. Non basta il talento, in qualsiasi settore esso è unicamente una condizione sine qua non, che non è sufficiente. Serve anche un po’ di sana ostinazione. A soli vent’anni e senza una preparazione scientifica alle spalle, Marconi si incaponisce nel voler dimostrare la possibilità di trasmettere onde radio senza nessun filo. Quando poi questa sua intuizione comincia a diventare reale, il governo britannico offre all’inventore una somma esorbitante. La cifra, seppur molto allettante, verrà rifiutata dal giovane Marconi, ben consapevole di come il suo progetto avrebbe visto il proprio valore crescere esponenzialmente negli anni a venire.

Credere nelle proprie idee, per quanto possano sembrare folli e anche se tutto il mondo ti dice che stai sbagliando. Questa è la più grande lezione che mi porto dietro da questa mini serie Rai.

Flavio Furno
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«Amo il camuffamento, anche se, di fatto, in ogni personaggio l’attore lascia inevitabilmente una sua personale traccia»

Considerando la carriera portata avanti fin ora, in quale personaggio da te interpretato ti sei sentito maggiormente a tuo agio? Perché?

Faccio fatica a risponderti, perché io mi innamoro di tutti i personaggi che interpreto, anche di quelli che all’inizio non mi attirano particolarmente. Trovo sempre una chiave, un modo per affezionarmi ai ruoli in cui mi devo calare. Nelle vesti di un personaggio, io voglio sempre vedere il meno possibile di me stesso, e proprio per questo mi piacciono molto le parti lontane da me. Amo il camuffamento, anche se, di fatto, in ogni personaggio l’attore lascia inevitabilmente una sua personale traccia.

Spesso poi ti affezioni a un ruolo anche per il contesto, per i colleghi con cui hai lavorato, per il momento in cui hai girato le scene. Per esempio, ricordo con grande piacere un film in cui ho preso parte, Mocro maffia, girato in Olanda. Lì recito in lingua inglese e interpreto un mafioso tossicodipendente. Mi sono divertito moltissimo.

Flavio Furno
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«Per la prima volta sarò il protagonista maschile e sono molto contento di questa opportunità»

Guardando ai tuoi progetti futuri, ti vedremo al fianco di Teresa Saponangelo e Claudia Gerini nella serie crime Sara, disponibile su Netflix dall’autunno di quest’anno. Potresti regalarci qualche anticipazione?

Ti posso anticipare due cose. Per la prima volta sarò il protagonista maschile e sono molto contento di questa opportunità. La storia raccontata nella serie è tratta dai romanzi di Maurizio De Giovanni, uno scrittore amatissimo, per cui l’asticella dell’aspettativa si alza. Poi finalmente, dopo tanti anni sul set, sono ritornato a girare a Napoli. E per la prima volta reciterò in napoletano. In molti non sanno che io sono originario di lì e all’alba dei 38 anni vorrei che questa cosa mi venisse riconosciuta (ride, ndr).

Maurizio De Giovanni è una persona molto carismatica, interpretare il ruolo del protagonista maschile (che tra l’altro è il più amato dei romanzi) mi pone sulle spalle una bella responsabilità. Sotto la guida del regista Carmine Elia mi sono divertito tantissimo, lui mi ha dato una grandissima occasione. E il resto lo vedrete con i vostri occhi su Netflix, io non posso anticipare altro (anche perché non ho ancora visto la serie – ride, ndr).

Total look Loro Piana
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Credits

Photographer: Davide Musto

Stylist: Andreas Mercante

Make-up and hair: Emanuela Di Giammarco

Post production and photographer assistant: Valentina Ciampaglia

Stylist assistant: Liliana Cataldi

Location: Planet Film

Press office: Andreas Mercante PR Talent Agency

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