A Roma cala il sipario sulla Festa del Cinema con Viola Davis

Questa edizione della Festa del Cinema di Roma sarà ricordata come la ‘festa delle donne’. Se non altro anche perché, oltre al fatto che 19 registe hanno presentato i loro film alla festa, il film vincitore del premio del pubblico BNL BNP Paribas assegnato dalle preferenze del pubblico racconta il dramma del femminicidio.

Parliamo di ‘Santa subito’ di Alessandro Piva, un documentario che apre nuove riflessioni su un tema molto dolente in un’epoca in cui gli uomini, attanagliati dalla paura del diverso che è in loro, si riallacciano allo schema patriarcale e misogino che ha decretato l’ascesa dei regimi totalitari nel Novecento.

Santa Scorese, giovane attivista cattolica della provincia di Bari, per anni subisce le morbose attenzioni di uno sconosciuto molestatore, ma non mette mai in discussione la sua vocazione all’aiuto del prossimo e il suo percorso spirituale. La sera del 15 marzo 1991, al rientro a casa, Santa viene accoltellata a morte dal suo persecutore, davanti agli occhi impotenti dei genitori e di una società all’epoca impreparata ad affrontare i reati di genere e lo stalking. Aveva ventitré anni.

“Tra femminicidio e martirio, Santa subito racconta la storia di un destino annunciato. Paradigma di troppe altre storie dallo stesso finale: il mio piccolo, personale appello affinché le donne siano lasciate meno sole, quando si ritrovano in balìa di una psicosi travestita da amore” dice Alessandro Piva, una nomination ai David di Donatello al suo attivo.

‘Santa Subito’ è uno dei dieci titoli prodotti attraverso il “Social Film Fund con il Sud”, progetto promosso da Apulia Film Commission e Fondazione con il Sud. Un’altra lezione di civiltà che oggi il cinema può dare seriamente, anche ai giovani, assidui della festa.

La festa si è chiusa in bellezza anche con il premio alla carriera a Viola Davis, meravigliosa attrice, da parte di Pierfrancesco Favino, in corsa per l’Oscar per ‘Il traditore’ di Marco Bellocchio. Ecco qualche nota sulla diva. Prima attrice afroamericana ad aggiudicarsi i premi Oscar, Emmy e Tony, candidata per tre volte agli Academy award, ha vinto nel 2017 il riconoscimento come miglior attrice non protagonista per ‘Barriere’.

Ha inoltre ricevuto due Tony Award per il suo lavoro nelle opere teatrali “Barriere” e “King Hedley II”, mentre nel 2015 è stata la prima interprete afroamericana a ottenere il premio Emmy come miglior attrice protagonista in una serie drammatica per ‘Le regole del delitto perfetto, per cui ha ricevuto altre due candidature nel 2016 e nel 2019. “Viola Davis è straordinaria e questo premio è un messaggio forte per la parità fra attori aldilà delle barriere di genere e di nazionalità” ha affermato Pierfrancesco Favino.

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Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF

L’attrice nell’incontro ravvicinato con il pubblico nella Sala Petrassi dell’auditorium andato subito sold out, ha espresso la sua speranza che la situazione di discriminazione a Hollywood per i cineasti di colore migliori e che ci sia in futuro la piena parità di retribuzione fra attori bianchi e attori afroamericani, un traguardo che oggi purtroppo ancora non è stato raggiunto.

“Un artista deve avere il coraggio di dire la verità, perché è una cosa che molti non hanno nella vita. Indossiamo maschere sorridenti, mostriamo una versione ridotta di noi stessi per paura di essere giudicati. Noi artisti dobbiamo subentrare per restituirvi voi stessi senza filtri, rappresentando la reale umanità anche quella più dolorosa e più marcia”, ha detto Viola Davis durante l’incontro.

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Nata nel 1965, Viola fu arrestata, da piccola, insieme alla madre, durante una manifestazione per i diritti civili. E per finire, commentando la sua partecipazione al sequel di Suicide Squad tratto da un fumetto, ha dichiarato: “La fantasia ti permette di creare mondi dove fuggire, dove ridefinirsi, se non l’avessi avuta sarei rimasta la ragazzina di Rhode Island che non veniva considerata attraente”.

Bilancio positivo quindi per la kermesse cinematografica capitolina giunta alla sua quattordicesima edizione. Antonio Monda, direttore artistico della manifestazione ormai di casa a Hollywood, dove frequenta tutti i registi e gli attori più importanti del mondo, ha dichiarato in un’intervista al quotidiano ‘La Repubblica’ raccolta da Arianna Finos: “È una festa con 33 film di 26 paesi e sono due anni che vince un film italiano: c’è da riflettere. C’è anche chi indica la festa di quest’anno come un modello di festival del futuro. Oltre al glamour ci deve essere sostanza, i talent vengono a spendersi non solo a promuovere i film, non solo vestiti ma autori, Norton, Murray, Howard, Scorsese, che si raccontano al pubblico”.

Ed ecco altri numeri della Festa: 258 proiezioni, 70 film, 25 paesi, 22 sale in città, +10% di biglietti venduti, +13% di accrediti, +23% di articoli sui quotidiani, +45% di articoli sul web, +86% del sito ufficiale della festa, 78 partner. Insomma niente male davvero.

E ora veniamo ai film. Tanti i docufilm: pregevole quello su Bruce Springsteen ‘Western Stars’ distribuito da Warner Bros. Pictures, diretto da Bruce Springsteen al suo debutto come regista e da Thom Zimmy. Si parte dall’ultimo album di ‘The boss’ per raccontare amore, perdita, solitudine, famiglia e il passaggio ineluttabile del tempo di un grande cantante che ci apre il suo diario dei ricordi con filmati e immagini dal suo repertorio privato, da vedere i primi di dicembre nelle sale.

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Western stars – Ph: Rob DeMartin

Segnaliamo per il vibrante impegno civile e il lirismo il film ‘Bar Giuseppe’ di Giulio Base, contro la xenofobia, presentato nella sezione ‘Riflessi’ della rassegna romana, con Ivano Marescotti, Virginia Diop e Selene Caramazza. Giuseppe gestisce familiarmente la stazione di servizio di una zona rurale e rimane vedovo con due figli già adulti. Bikira è sbarcata da poco dall’Africa. Viene assunta come cameriera nel bar.

I due si innamorano creando grosso scandalo nel paese. “Gli esiliati, ieri e oggi, sopportano le stesse condizioni: l’angoscia di non essere accolti, cosa mangiare, dove abitare, con quale lavoro-spiega il regista Giulio Base-da figlio di migranti, assisto al degenerare delle loro speranze. E ho voluto rileggere la figura di Giuseppe, eterno padre su cui ci si interroga molto anche oggi, per trovarci un’attualità inaspettata. Spero che i silenzi di Giuseppe contengano pensieri da decifrare”.

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Bar Giuseppe

Film corale e d’impatto sulla famiglia quello di Cedric Kahn, ‘Fȇte de famille’ con Catherine Deneuve, nel ruolo della matriarca Andréa. Un film arguto in cui si racconta la malattia mentale e il disagio delle donne attraverso la storia drammatica della protagonista Claire, figlia di Andréa e interpretata da Emmanuelle Berçot, già regista di ‘A testa alta’ presentato a Cannes edizione 68 e di ‘Elle s’en va’.

Cédric Kahn, regista e interprete del film nel ruolo del cinico Vincent, si diverte a stravolgere l’abusato copione dei raduni di famiglia al vetriolo nelle ville di campagna con le macchiette dei ‘parenti serpenti’, per irrompere con la macchina da presa all’interno del film, affidandola al pazzerello di turno interpretato dallo spassoso Vincent Macaigne che nel film è Romain, regista svitato.

Fȇte de famille

Messinscena nella messinscena la recita dei nipoti della matriarca che crea un fattore di ricerca e di paradosso all’interno dello storytelling, gradevole e scioccante, ottima l’interpretazione della giovane attrice Luana Bajrami nel ruolo della nipote di Andréa Emma. Da vedere.

Il cinema francese ha tenuto banco anche nei due incontri con il pubblico, quello con Olivier Assayas e Bertrand Tavernier grandi maestri del cinema transalpino. Buona prova anche quella di ‘Le meilleur reste à venir’ con Fabrice Luchini e il sempre avvenente e ubiquo Patrick Bruel, molto popolare in Francia.

Straordinario il film ‘Il peccato’ di Andrei Konchalovsky con Alberto Testone, Orso Maria Guerrini e Massimo De Francovich, presentato in anteprima mondiale l’ultimo giorno della festa del cinema a Roma. Il film del famoso regista russo racconta di Michelangelo e del suo genio tormentato nella Roma di papa Giulio II che gli commissionò gli affreschi della cappella Sistina. Ambientato nel 1512, il film racconta di come l’artista pressato dai committenti, rimanga coinvolto nella faida fra i Medici e i Della Rovere.

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Il peccato – Foto di Sasha Gusov

Rilevante ‘The Farewell’ di Lulu Wang, sul valore della memoria e degli affetti familiari, un film struggente ambientato in Cina. Tutto al femminile il film a episodi ‘Willow’ di Milcho Manchevski, regista candidato all’Oscar e vincitore del Leone d’oro a Venezia nel 1994 con il film ‘Prima della pioggia’. In ‘Willow’, presentato in anteprima mondiale alla festa del cinema di Roma, si alternano tre storie femminili ambientate in epoche diverse.

Deludente la pellicola ‘Tornare’ di Cristina Comencini dove l’idea della violenza sulla donna viene sviluppata in una chiave un po’ troppo autoreferenziale e tediosa che rifà il verso, senza riuscire a darle un senso, a tutto il filone della rimembranza e dell’amarcord, caricato di un opprimente punto di vista un po’ sessista che offusca il lato più apprezzabile del film, un intimismo e un’introspezione affrontati a tratti con un filo di originalità, diluito in una ripresa forzata di temi hitchcockiani.

La regista, che ha definito ‘un thriller dell’anima’ il suo ultimo film in cui si celebra la visione di una donna che vuole essere libera e indipendente e che cerca la via all’emancipazione in pieno ’68, ritorna a girare con Giovanna Mezzogiorno, sempre splendida, dopo ‘La bestia nel cuore’, ma stavolta non convince.

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Tornare

Alice, giornalista ormai di casa negli Stati Uniti, ritorna nella casa di famiglia a Napoli dopo la morte del padre, un ufficiale della marina americana. Uomo rigido e molto severo, le ha sempre impedito di esprimersi come donna, imponendole regole ferree che le hanno tarpato le ali. Alice compie un viaggio nel suo passato rivedendosi bambina e ragazza disinibita che amava flirtare con i ragazzi in modo un po’ incosciente e incontra l’enigmatico bibliotecario Marc Bennett.

Degna di nota l’interpretazione di Beatrice Grannò, nei panni di Alice adolescente, una rivelazione di bellezza e freschezza da tenere d’occhio. Della regista, senz’altro talentuosa, chi scrive ha apprezzato ‘Latin Lover’ per l’analisi della figura maschile in un’ottica rétro e nostalgica, e anche ‘Qualcosa di nuovo’ per il sapido sense of humour, ma questo film non è all’altezza delle aspettative.

Ricca di titoli interessanti anche la kermesse ‘Alice nella città’ parallela al calendario ufficiale della festa del cinema di Roma che ha portato a Roma alcuni bei film come ‘L’età giovane’ dei Dardenne, che non deludono con il loro film distribuito da BIM distribuzione. Qui emerge il giovane Ahmed che educato nel fondamentalismo islamico, progetta un attentato, tenendosi lontano dalle tentazioni del sesso e dell’amore. Una bella prova di ottima regia che si schiera contro l’integralismo islamico senza condannare per questo i musulmani.

Da notare anche ‘la vacanza’ con Catherine Spaak e una inossidabile Veruschka nei panni di una terrorista e ‘L’agnello’ di Mario Piredda, un dramma familiare ambientato nella Sardegna semplice e ruvida dei pastori. Vincitore di questa edizione di ‘Alice’ che ha registrato il tutto esaurito a quasi tutti gli eventi in programma, è il film ‘The Dazzled’ di Sarah Suco.

Premiati anche ‘la famosa invasione degli orsi in Sicilia’ di Lorenzo Mattotti e ‘Cleo’ di Eva Cools. Presente ad Alice anche IED Roma che ha presentato ‘Riders’, action drama in 3 puntate realizzato dai neodiplomati della scuola di arti visive e di comunicazione IED Roma coordinati da Max Giovagnoli, incentrato su una truffa immaginaria che i riders organizzano per la app di food delivery per la quale lavorano a ritmi frenetici 24 ore su 24.

Appuntamento nella capitale nell’ottobre del 2020 per l’edizione 15 della festa del cinema di Roma.

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A Roma si accende la Festa del Cinema fra grandi star, ecologia e donne di polso

Roma città del cinema di ieri, oggi e forse anche di domani, fulcro di grandi progetti di rilievo culturale e palcoscenico delle star e dei grandi professionisti del cinema. Capitale internazionale della cultura e dell’arte con tante magnifiche mostre al suo attivo, Roma è ancora la grande bellezza, con buona pace di Salvini e di Feltri.

La quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma che tiene banco fino al 27 ottobre nelle sale dell’Auditorium del Parco della Musica della capitale, entra nel vivo schierando sul tappeto rosso una parata di stelle di prima grandezza della settima arte.

Apre le danze Bill Murray, interprete di Ghostbusters e di film acclamati a livello mondiale, insignito di un premio alla carriera consegnatogli da Wes Anderson, cineasta a sua volta osannato anche nella moda (Fendi, Prada, Louis Vuitton) per il suo temperamento visionario e la surreale ironia. Insieme a lui sul red carpet anche Frances McDormand e Edward Norton.

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ROME, ITALY – OCTOBER 17: Edward Norton attends the “Motherless Brooklyn” red carpet during the 14th Rome Film Festival on October 17, 2019 in Rome, Italy. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF)

L’attore di film memorabili come ‘American History X’ e ‘Fight Club’, arriva a Roma direttamente da Hollywood per presentare il suo ‘Motherless Brooklyn-i segreti di una città’, un kolossal distribuito da Warner Bros.Pictures presentato in anteprima in questi giorni a Roma e nelle sale italiane dal 7 novembre.

Un noir metropolitano sullo sfondo di una cupa Brooklyn anni’50 e tratto dal romanzo di Jonathan Lethem ambientato invece negli anni’90, scritto, diretto, interpretato (e prodotto) da Edward Norton. Vi si racconta la vicenda di un solitario detective, il timido Lionel Essrog (Edward Norton) affetto da sindrome di Tourette e alle prese con un caso spinoso di un delitto: l’omicidio del suo mentore Frank Minna (Bruce Willis) che cambia la sua vita.

Nelle indagini sulla morte di Frank lo aiuta il direttore di un giornale (Bobby Cannavale). Nel cast spiccano Willem Dafoe, Alec Baldwin e la minuta Gugu Mbatha-Raw. Un film solido con una suggestiva fotografia e un montaggio secco e scanzonato. Una storia stimolante fra corruzione, malaffare e razzismo, in cui, secondo il regista Norton, possiamo cogliere forse le tracce della situazione americana politica attuale “un’ombra sul potere che vediamo in azione anche in Europa e in America Latina” dice il cineasta.

Norton, geniale e riservato, che descrive la malattia del protagonista Lionel come ‘un anarchico dentro di me’, è stato al centro di un interessante incontro ravvicinato con il direttore artistico della festa del cinema di Roma Antonio Monda. Sul suo red carpet, il più rutilante e mondano di tutta la kermesse della festa fino ad ora, oltre alla moglie Shauna Robertson, sfilano lo scrittore Bret Easton Ellis (a sua volta protagonista di un bell’Incontro ravvicinato), Pif, Luca Barbareschi, John Turturro, Bobby Cannavale, Federica De Denaro in Gattinoni Couture, Yvonne Sciò, Lunetta Savino, Gianni Letta e signora.

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Motherless Brooklyn. PH: Glen Wilson. Courtesy of Warner Bros – All rights reserved.

E in tema di big del cinema di Hollywood presenta a Roma il suo ultimo film, il documentario evento ‘Pavarotti’, il grande regista Ron Howard. Dopo l’eclatante celebrità raggiunta con il suo ruolo in ‘American graffiti’ del 1973 e del lentigginoso Richie nel popolare telefilm ‘Happy Days’ del 1977, il cineasta passa dietro la macchina da presa firmando alcune delle pellicole più famose della storia di Hollywood: da ‘Willow’ e ‘Cocoon l’energia dell’universo’ ad ‘Apollo 13’, dal ‘Codice da Vinci’ a ‘A beautiful mind’, da ‘Splash una sirena a Manhattan’ fino al più recente ‘Rush’, solo per citarne alcuni.

A Roma Howard porta la sua ultima fatica sul grande tenore italiano che duettò con molte star del pop; il docufilm distribuito da Nexodigital sarà nelle sale solo il 28, 29 e 30 ottobre. Ron Howard sceglie un approccio intimo per raccontare la storia di Pavarotti: si è spinto oltre l’iconica figura pubblica per rivelare l’uomo.

Grazie all’accesso esclusivo agli archivi di famiglia e al vasto materiale musicale ripreso dal vivo, il documentario fa emergere la storia personale dell’artista: dalle sue umili origini nel Nord Italia (era figlio di un fornaio) fino allo status di superstar mondiale, amico di Gianni Versace e della Principessa Diana.

Attraverso le immagini e la musica di ‘Pavarotti’ gli spettatori conosceranno meglio il cantante come marito e padre, filantropo e artista sensibile, che ha avuto una relazione complessa con il suo talento e con un successo senza precedenti.

Anche Ron Howard ha partecipato, in veste naturalmente di protagonista, all’incontro ravvicinato con il pubblico della Festa, nel quale il grande cineasta, che ha militato anche per Barack Obama, ha ricordato i momenti magici della sua strepitosa carriera.

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Foto Emanuele Manco / Fondazione Cinema per Roma

E passiamo a Martin Scorsese, 76 anni, premio Oscar per ‘The departed’ e 12 nomination all’Oscar, che a Roma presenta il suo nuovo, epico film sulla mafia dagli anni’50 fino a oggi, l’attesissimo ‘The Irishman’ reso possibile da Netflix come tiene a sottolineare il regista di ‘Taxi driver’ e tratto dall’omonimo romanzo di Charles Brandt.

Il film sarà nel cinema dai primi di novembre e dalla fine di novembre anche sulla piattaforma Netflix. Protagonisti tre giganti del grande schermo riuniti insieme dopo anni, Robert De Niro nei panni del gangster e sindacalista Frank Sheeran, Al Pacino (che potrebbe avere un Oscar per la sua magistrale interpretazione di Jimmy Hoffa, il sindacalista dei camionisti colluso con la mafia) e Joe Pesci (Russell Bufalino, che nella storia è il mentore e l’amico fidato di Frank).

Il film, che ha attratto anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella presente alla prima romana alla Festa insieme a Maria Elena Boschi avvolta in lungo di pizzo nero, riunisce anche De Niro e Scorsese 20 anni dopo ‘Casinò’. Una vicenda avvincente di tre ore e mezza di durata che ripercorre oltre cinquant’anni di storia americana, evidenziando le connessioni fra la criminalità organizzata e i palazzi del potere, soprattutto all’epoca dei Kennedy e di Nixon.

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THE IRISHMAN (2019): Ray Ramano (Bill Bufalino ) Al Pacino (Jimmy Hoffa) and Robert De Niro (Frank Sheeran).

Nel cast troviamo nuovamente Bobby Cannavale, stavolta nella parte del macellaio malavitoso Skinny Rasoio (questo è il terzo film che l’affascinante attore italo-americano presenta a Roma in questa edizione della Festa, dopo ‘Jesus Rolls’ e ‘Motherless Brooklyn’), Harvey Keitel nei panni del boss Angelo Bruno e Anna Paquin che nel film è la figlia di Frank Sheeran, Peggy.

Il veterano del cinema a stelle e strisce spezza una lancia affilata a favore di Netflix e gli effetti digitali CG che gli hanno consentito di ‘ringiovanire’ artificialmente i suoi ‘amici’ attori senza dover ricorrere a interpreti giovani per interpretare i personaggi chiave del film contestualizzati nel passato. A chi lo accusa sottilmente di maschilismo il regista replica seccamente:“Forse non lo ricordate, ma ho diretto molte donne nella mia carriera, da Liza Minnelli in ‘New York New York’ a Michelle Pfeiffer e Winona Ryder in ‘L’età dell’innocenza’”.

Le donne sono vere e proprie eroine della Festa di Roma numero 14. Tanto per cominciare alla Festa del Cinema sono presenti con i loro film 19 registe. In attesa del premio alla carriera a Viola Davis e dell’ultimo film di Cristina Comencini ‘Tornare’ con la grande Giovanna Mezzogiorno, sul red carpet sfila l’elegantissima Fanny Ardant, 70 anni portati splendidamente e protagonista, insieme a Daniel Auteuil e Guillaume Canet, del film ‘La belle époque’ di Nicolas Bedos, film romantico e ben strutturato sulla nostalgia e il desiderio, sull’amore e la vita, sul raporto fra sogno e realtà.

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Festa del Cinema di Roma 2019 – Red Carpet La belle epoque | foto Luca Dammicco / Fondazione Cinema per Roma

‘Je ne regrette rien’ dice l’attrice ironica alla fine dell’intenso incontro ravvicinato con il pubblico, in cui ha rivelato il suo rapporto con François Truffaut dal quale ha avuto una figlia Joséphine, Gérard Dépardieu, che è anche attore del film da lei diretto ‘Il divano di Stalin’-l’attrice è oggi principalmente una regista e ha già diretto tre film- Vittorio Gassman che la Ardant definisce ‘fragile e uomo di grande cultura’ e il grande Franco Zeffirelli che l’ha diretta in ‘Callas forever’.

Fra i film culto della festa del cinema di Roma versione 2019 svetta anche ‘Judy’ distribuito da Notorious Pictures che sarà nelle sale da gennaio, giusto in tempo per i Golden Globe. E c’è da credere, vedendo questo biopic intenso e vibrante pervaso da una sottile malinconia, che Renée Zellweger, che il regista Rupert Goold, di estrazione teatrale, ha scelto per interpretare Judy Garland, possa ambire sicuramente, se non a un Oscar ( e perché no?) almeno a un Golden Globe.

Il film affronta il tormentato rapporto della Garland con lo star system di Hollywood che fin da quando aveva 2 anni le ha imposto un prezzo altissimo da pagare per la celebrità: a 16 anni Judy non poteva né mangiare né dormire e lavorava senza sosta anche per 18 ore di fila per il produttore Louis B. Meyer che la danneggiò gravemente, le venivano somministrati farmaci da cui divenne dipendente nella sua maturità, venne costretta dall’ex marito Sid (Rufus Sewell) a vivere lontana dai figli più piccoli (due, la più grande, la terza figlia primogenita, é Liza Minnelli che compare nel film) per poter guadagnare il denaro che le avrebbe dovuto consentire di vivere con i suoi bambini.

Ma purtroppo non fu così. La diva morì all’età di 47 anni. Judy Garland fu anche un’icona gay: già dai tempi in cui a 16 anni interpretò Dorothy Gale nella trasposizione cinematografica de ‘Il mago di Oz’ si sentiva diversa dagli altri e voleva distinguersi perché destinata a far sognare la gente in preda alla crisi.

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Renée Zellweger as Judy Garland in Judy. Photo credit: David Hindley – Courtesy of LD Entertrainment and Roadside Attractions

E in quanto diversa si sentiva perseguitata così come i suoi fan londinesi, una coppia gay che ha subito l’umiliazione del carcere per atti osceni che nel 1965 ancora vigeva in Inghilterra. Da segnalare fra i film che esaltano la forza delle donne, ‘Antigone’ di Sophie Deraspe, rilettura in chiave attuale del dramma di Sofocle, una pellicola interessante per il contesto contemporaneo in cui è calata: la protagonista è una studentessa modello, immigrata a Montreal che si vede sottratti improvvisamente i due fratelli.

Il film racconta la sua lotta per la libertà nel segno di una feroce critica della società e del sistema della giustizia. Film molto al femminile è anche ‘Drowning’ che vede come protagonista anche la bella Mira Sorvino, premio Oscar per il film ‘La dea dell’amore’ di Woody Allen, che calca il red carpet fasciata da una sinuosa robemanteau di velluto di seta firmata Giorgio Armani.

Il film di e con Melora Walters, proiettato a Roma in questi giorni in anteprima mondiale, rappresenta il dramma esistenziale, trattato con uno sguardo minimale e intimista, di una donna depressa attanagliata dai rimorsi per la depressione della figlia aspirante artista e per la partenza del figlio arruolato al fronte in Iraq.

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Mira Sorvino in Drowning

Ruota intorno alle donne anche il bellissimo ‘Downton Abbey’ distribuito da Universal Pictures in cui giganteggia la novantenne Maggie Smith (altra sicura candidata all’Oscar) che nella saga dei Crawley spicca come ‘La guardiana del faro’, depositaria della tradizione e del blasone della storica casata inglese, al cinema dal 24 ottobre.

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ROME, ITALY – OCTOBER 19: attends the “Downton Abbey” red carpet during the 14th Rome Film Festival on October 19, 2019 in Rome, Italy. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF)

Degno di nota il bell’affresco corale al femminile ‘Military wives’ di Peter Cattaneo con una Kristin Scott Thomas in stato di grazia, nel ruolo di Kate, moglie di un colonnello distrutta dalla perdita del figlio in guerra, un dolore che esorcizza con un ferreo e repressivo autocontrollo.
La vita delle mogli dei militari al fronte può essere ingrata.

Separate dai mariti, vivono nell’ansia e nella solitudine, affrontando silenziosi sacrifici con mite coraggio, mentre vivono con il terrore che un giorno qualcuno bussi alla porta con una notizia fatale. Ma Kate sopporta tutto con grazia e fermezza, anche grazie alla libertà che trova nel canto, e riesce a convincere un gruppo di donne nella sua stessa situazione a formare il primo coro composto da mogli di militari. Tratto anche questo da una storia vera.

Opera da prima da segnalare l’intenso film di Filippo Meneghetti ‘Deux’ con Barbara Sukowa (la musa tedesca di Margarethe von Trotta e di Fassbinder) e Martine Chevallier, storia poetica di una relazione saffica fra donne mature e in pensione. E approda alla Festa del Cinema di Roma anche il divertente e illuminante film ‘Hustlers-le ragazze di Wall Street’ di Lorene Scafaria con Jennifer Lopez, distribuito da Lucky Red che ha colpito di nuovo nel segno.

Una gustosa commedia ispirata a una storia vera in cui un gruppo di avvenenti spogliarelliste capitanate da Jlo si improvvisa banda criminale di rapinatrici per derubare i suoi clienti, per lo più broker di Wall Street. “Presentiamo un mondo che magari si è già visto in tanti film e tante serie tv, ma lo facciamo da una prospettiva diversa, quella delle ballerine –spiega la regista– È una combinazione di un poliziesco, un film drammatico e una storia di spogliarelliste, ma anche un’analisi della crisi economica che ha sconvolto le vite di tante persone, comprese quelle dei nostri personaggi”.

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Jennifer Lopez stars in Hustlers

Nel film, Destiny fa la spogliarellista per provvedere a sé stessa e alla nonna. La sua vita cambia quando fa amicizia con Ramona, la stella del locale. Destiny impara da Ramona come conquistare il pubblico maschile, soprattutto la clientela di Wall Street, e che, quando si fa parte di un sistema corrotto, bisogna sfruttare piuttosto che farsi sfruttare. Destiny, Ramona e altre ballerine che si uniscono a loro, escogitano un piano per cambiare le regole del gioco, ma la situazione sfuggirà al loro controllo.

Riflettori puntati sulla liaison fra cinema e politica e anche cinema e storia: alla festa approdano ‘Where is my Roy Cohn’ di Matt Tyrnauer, lo stesso regista che ha realizzato il film di successo ‘Valentino the last emperor’, stavolta impegnato nel docufilm incentrato sull’uomo che ha fatto da burattinaio della peggiore politica americana da Mc Carthy a Trump, e dei suoi loschi traffici, e ‘438 days’ di Jesper Ganslandt, stimolante ed efficace riflessione sulla libertà di parola e di stampa.

Deludente e molto debole a livello di sceneggiatura ‘Il ladro di giorni’ con Riccardo Scamarcio, mentre brilla per acume, penetrazione psicologica, pathos e intensità emotiva ‘Honey boy’ di Alma Har’el in cui l’attore Shia Laboeuf porta in scena la sua vita e il suo sofferto e travagliato con il padre alcolista e tossicodipendente, applauditissimo in sala.

Infine un gioiello, il film ‘Waves’ di Trey Edward Shults in cui la vita di un giovane afroamericano aspirante campione di Wrestling viene sconvolta da una tragedia. Fra guerra e pace, diversità e inclusione, drammi familiari e grandi passioni, la Festa a Roma continua in omaggio alla magia del cinema.

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Festa del Cinema di Roma, 14° edizione

Anche quest’anno dal 17 al 27 ottobre all’Auditorium Parco della Musica va in scena la 14° edizione della Festa del cinema di Roma. Tra Roma e il cinema esiste un connubio indissolubile fin dagli inizi del ‘900, quando nacque la CINES, prima casa di produzione cinematografica italiana. Da allora, con la presenza di diversi studi di produzione ne fa la mecca di registi e produttori di tutto il mondo.

La natura dell’appuntamento romano è, infatti, nella sintesi tra una programmazione di qualità e una fruizione popolare: bambini e ragazzi delle scuole, giovani in fila per gli incontri con attori e registi, famiglie che condividono il piacere di un film per tutti.

Vi sono professionisti che verificano le tendenze del settore, studenti e studiosi che scoprono qui le opere più innovative, tanti che affollano il red carpet, uno dei più suggestivi al mondo, per applaudire le star e strappare un autografo, insomma persone di tutte le età, cultura ed estrazione sociale. Questo week- end proprio sul red carpet gli ospiti sono stati tanti, anzi tantissimi. Ho avuto modo di parlare proprio con Ron Howard, regista di Pavarotti, il film documentario che racconta vita e retroscena, con il suppporto di Nicoletta Mantovani vedova del tenore.

Quando gli domando se fosse la sua prima volta al festival mi dice con rammarico di si, in quanto tante altre volte avrebbe dovuto esserci ed invece alla fine non è riuscito per motivi di lavoro. Ci tiene a sottolineare la sua vicinanza alla famiglia, quindi la voglia ed il dovere di essere presente alla proiezione.

Tanti se lo ricordano come Ricky Cunningham della fortunatissima serie televisiva “Happy Days”, beh di strada ne ha fatta il ragazzo. Tra gli altri ospiti super attesi ci sono stati i protagonisti di “Downtown Abbey” che dalla serie ne hanno tratto un film, molto suggestivo il red carpet che con centinaia di figuranti in costume rigorosamente anni 30’ ci hanno riportato indietro nel tempo.

Il regista Michael Engler non si è sentito di fare l’intervista in italiano, anche se avrebbe potuto, ma per pudore di sbagliare ha preferito proseguire in inglese. La sua vicinanza con il bel paese è davvero forte, infatti i suoi studi cinematografici li ha svolti proprio a Roma, ed ogni occasione di vacanza per lui è sempre una buona occasione per tornarci. Per Michael infatti essere nella città eterna a presentare il suo film con un connubio di arte e storia pensa essere l’occasione perfetta.

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Parata di star a Roma per la Festa del Cinema 2019, il ‘festival delle donne’

John Travolta, Edward Norton, Bill Murray, Ron Howard, Olivier Assayas, John Turturro, Bobby Cannavale, Benicio Del Toro. Questi gli uomini prodigiosi della quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Ma non dimentichiamo loro, le donne, che al cinema si sa, hanno una marcia in più.

Ed ecco sfilare sul tappeto rosso Fanny Ardant, Lucia Bosé, Mira Sorvino, Giovanna Mezzogiorno, Viola Davis, Kristin Scott Thomas. E poi c’è lei, la divina, l’unica, la maliarda androgina Greta Garbo. Una donna ancora una volta è l’epitome del glamour del cinema, messaggera di bellezza e charme, di talento e magnetismo legati a doppio filo alla settima arte.

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Perché a Roma il cinema, che dal 17 al 27 ottobre tiene banco portando nella capitale negli augusti saloni dell’Auditorium del Parco della Musica progettato da Renzo Piano le star più osannate del firmamento mondiale della settima arte, ama le donne.

E lo dimostra non solo con le 19 registe presenti con i loro film alla manifestazione, ma anche celebrando la sublime creatività delle regine della moda: una per tutte Laura Biagiotti, la dama bianca scomparsa nel 2017, la prima che nel 1988 mise piede in Cina con le sue romantiche bambole in cachemire e taffetas.

A lei Rai Tre ha dedicato un intenso docu-film che sarà presentato in anteprima a Roma il 19 ottobre. Una donna ancora una volta, Laura Delli Colli, giornalista arguta e figlia di Tonino Delli Colli, è il nuovo presidente di Fondazione Cinema per Roma.

Parte in questi giorni la maratona della Quattordicesima edizione della festa del cinema di Roma con due grandi preaperture: ‘l’uomo senza gravità’ di Marco Bonfanti con Elio Germano, e ‘Jesus Rolls. Quintana è tornato!’ di e con John Turturro, interpretato da Bobby Cannavale, Audrey Tautou e Susan Sarandon. Due film top ai quali si affianca ‘Anni amari’ sulla storia tormentata dell’attivista omosessuale coraggioso e intrepido Mario Mieli, un paladino dei diritti LGBT morto suicida negli anni ottanta.

Ma veniamo ai numeri, snocciolati con un filo di orgoglio dal direttore artistico della Festa Antonio Monda, che è al suo quinto anno della festa: “Nella sezione retrospettive abbiamo selezionato 25 film, alla Casa del Cinema vanno in scena sette film che vedrete a rotazione nella clip che introduce ogni film in programma nel calendario della festa, abbiamo 18 luoghi del cinema sparsi in tutta la città, 14 preaperture, 18 prime italiane, 37 prime mondiali, 18 prime italiane, i film selzionati provengono da 25 paesi diversi, inoltre ci saranno tre mostre d’arte parallele alla festa, Valerio Berruti, Altan e le Ragazze di Lucianella Cafagna senza contare la mostra e il docu-film sulla storia dei Cecchi Gori che sarà inaugurata il 17 ottobre”.

Ma non è tutto: “la festa è interdisciplinare e quindi fra sport, moda e architettura e musica-molti i film musicali da Judy ai tre documentari su Bruce Springsteen, Kurt Cobain e Michael Hutchense degli INXS- alcuni critici si sfideranno a duello al Maxxi e al Macro confrontando opinioni divergenti su temi legati al cinema e ai film, mentre nella sezione ‘fedeltà e tradimenti’ grandi intellettuali commenteranno le trasposizioni cinematografiche di grandi opere letterarie divenute film come ‘il dottor Zivago’ e Anna Karenina’” anticipa Monda.

Quest’anno la festa dalla doppia anima, curiosa come Alice nel paese delle meraviglie (Alice nella città è una delle sezioni più interessanti della Festa), ma anche fatale come Greta Garbo, propone ai suoi fedelissimi alcune chicche: nella sezione ‘Riflessi’ troveremo ‘That click’, il docufilm di Luca Severi su Douglas Kirkland, fotografo famoso per i suoi scatti su Marilyn, ‘Bar Giuseppe’ di Giulio Base con Ivano Marescotti, film introspettivo e interessante.

Ma veniamo ai film della selezione ufficiale, quelli che si contenderanno il premio del pubblico: a Roma approda ‘The Irish man’, l’attesissimo film storico di Martin Scorsese sulla malavita americana con Robert de Niro, Joe Pesci e Al Pacino (Monda prevede che quest’ultimo si aggiudicherà un Oscar), e poi altro titolo attesissimo ‘Motherless Brooklyn’ di e con Edward Norton. ‘Downton Abbey’ di Michael Engler è distribuito da Universal Pictures, sulle vicende di una dinasty aristocratica anglosassone, ‘Deux’ con Barbara Sukowa, ‘Trois jours et une vie’ con Sandrine Bonnaire e Charles Berling (lo abbiamo visto nel 1997 in ‘Nettoyage à sec’ accanto a Miou Miou), ‘Drowning’ con Mira Sorvino’, ‘Military wives’ con Kristin Scott Thomas, ‘The aeronauts’ con Felicity Jones e Vincent Perez, un ‘Gravity’ sulle mongolfiere, ‘Antigone’ di Sophie Deraspe, ‘Pavarotti’ di Ron Howard, ‘Nomad’ di Werner Herzog, ‘Santa subito’ di Alessandro Piva.

E nella sezione ‘tutti ne parlano’ troveremo fra gli altri, ‘Belle epoque’ di Nicholas Bedos con Fanny Ardant che troveremo in un incontro ravvicinato con il pubblico. “ la nostra è una festa non un festival, primo perché non esiste una giuria ma è il pubblico a decretare il vincitore, secondo perché i grandi registi e le star che sbarcano a Roma da noi lo fanno per condividere con i loro fan nella città del cinema la loro passione per la settima arte e non per promuovere il loro film; questa kermesse ha portato fortuna a ben tre film che negli anni, prima di vincere l’oscar, sono passati da questa manifestazione che oggi gode il supporto delle più alte istituzioni italiane. E non a caso, rispetto all’anno scorso, la festa del cinema ha registrato un incremento delle vendite al botteghino del 20%, e scusate se è poco”.

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Festa del Cinema di Roma: un’edizione da record

Un menù così ricco in 12 edizioni della Festa del Cinema di Roma non si era mai visto e i numeri lo confermano: 268 proiezioni, +13% di incassi, oltre 39.000 biglietti venduti, 11 sale in città e 7 sale nell’Auditorium Parco della Musica, epicentro e cuore pulsante della manifestazione. Sotto l’egida della Fondazione del Cinema per Roma presieduta dall’autorevole critica cinematografica Piera Detassis e con la brillante direzione artistica di Antonio Monda e della sua equipe che ha selezionato ben 106 film provenienti da 23 paesi questa edizione resterà negli annali della kermesse di cinema che può effettivamente rilanciare come sta facendo, il ruolo di Roma nella mappa dei festival internazionali dedicati alla settima arte. Ma veniamo alle presenze dal firmamento del cinema straniero ed italiano molte ed eccellenti. Sul red carpet della Festa del Cinema di Roma che ha tenuto banco nella capitale dal 26 ottobre al 5 novembre 2017 hanno sfilato per incontrare un pubblico caloroso ed entusiasta personalità del calibro di Christoph Waltz attore di Quentin Tarantino, Terry Gilliam, Tim Burton e di Roman Polanski, Xavier Dolan in versione chioma biondo platino che a soli 28 anni ha già al suo attivo la regia di diversi film alcuni dei quali insigniti di premi ed è al lavoro sul suo settimo film da regista, Jake Gillenhaal che oltre a partecipare a un interessante incontro con il pubblico ha proposto al festival di Roma il film ‘Stronger’ di David Gordon Green, la storia di un uomo comune e di un promettente atleta, Jeff Bauman che lotta fra la vita e la morte vittima di un attentato terroristico che lo riduce su una sedie a rotelle in occasione della maratona di Boston del 2013, e il grande interprete shakespeariano Ian McKellen. Senza contare Vanessa Redgrave, 80 anni vissuti con impegno e passione, che a Roma ha presentato un toccante documentario che è anche il suo esordio come regista,‘Sea sorrow’ sui bimbi migranti. Il culmine la festa l’ha raggiunto con l’approdo nella capitale di David Lynch in persona, guru visionario del cinema dark e fantasy, regista di ‘Dune’, ‘Velluto blu’, Mulholland Drive’ e della serie televisiva ‘Twin Peaks’, un cult degli anni’90 di cui è stato da poco presentato il sequel sempre con protagonista Kyle MacLachlan. In forma smagliante il cineasta amante di Fellini e del cinema italiano ha ricevuto da Paolo Sorrentino il premio alla Carriera a coronamento di una festa del cinema ricca di film suggestivi e intensi italiani ed esteri. E anche se la presenza del cinema tricolore non è stata preponderante come ci si poteva aspettare in un festival come questo, così sfaccettato e poliedrico, aperto alla diversità geografica e tematica, due film italiani hanno aperto e chiuso la maratona di cinema capitolina: ‘La ragazza nella nebbia’ con Toni Servillo e Alessio Boni per la regia di Donato Carrisi come pre-apertura il 25 ottobre e il 4 novembre ‘The place’ di Paolo Genovese già apprezzato per ‘Perfetti sconosciuti e che ha portato sul tappeto rosso tutti gli attori più noti del cinema Made in Italy, coinvolti nel cast del suo film corale: Mastandrea, Marchioni, Puccini, Papaleo, Ferilli, Rohrwacher e altri. Un film sulla vita, il destino e la morte, il fato e l’esistenza. E di romanticismo e drammi esistenziali pubblici e privati si racconta nel bel film di Paolo e Vittorio TavianiUna questione privata’ distribuito da 01 Distribution, poetico affresco, tratto dall’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio, di un triangolo amoroso vissuto in modo struggente dai tre protagonisti Luca Marinelli (Milton) introverso e intellettuale, Lorenzo Richelmy (Giorgio) il dandy-seduttore e Valentina Bellé (Fulvia) la magnifica preda, in cui il dramma personale di Milton, eroe romantico e idealista schierato come Giorgio con i partigiani, pieno di pathos, si intreccia a quello dell’Italia della Seconda Guerra Mondiale fra rimpianti e scoperte di verità sepolte nell’intimo.

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Chiude con stile fra la Streep e Benigni la Festa del Cinema di Roma

Ciak si vota. Così la giuria popolare si è espressa pronunciandosi a favore di ‘Captain Fantastic’ film singolare e scanzonato presentato fuori dalla selezione ufficiale durante ‘Alice nella città’. La pellicola, distribuita da Good Films, diretta da Matt Ross propone un Viggo Mortensen in gran forma sia nel film che nell’incontro con il pubblico nella capitale. L’attore si cala nei panni di un educatore sensibile e anticonformista, capo illuminato di una famiglia che conquista e commuove il pubblico di questa undicesima edizione della Festa del cinema di Roma. E accanto all’assegnazione popolare a ‘Captain Fantastic’ del premio BNL People’s Choice Award c’è stata la vittoria del film più bello e profondo della sezione Young Adult di ‘Alice nella città’ che quest’anno è andato a ‘Kicks’ diretto da Justin Tipping, selezionato da un’autorevole giuria presieduta da Matt Dillon. Ma veniamo ai protagonisti di questa undicesima edizione: la parte del Leone ovviamente è spettata al 3 volte Premio Oscar Meryl Streep che si è pronunciata a favore di Hillary Clinton e ha definito Alba Rohrwacher, insieme a Silvana Mangano e a Anna Magnani, l’attrice più interessante che abbia mai visto. “Recitare è la mia passione: significa calarsi nei panni di qualcun altro come quando da bambina fingevo di essere mia nonna, è questo quello che ho sempre sognato di fare anche se ho preso lezioni di canto dai 12 ai 14 anni”, ha detto la diva hollywoodiana, generosa ed entusiasta di fronte a un pubblico che ha mandato in visibilio. A Roma ha presentato il film da lei interpretato ‘Florence Foster Jenkins’ diretto da Stephen Frears in cui, a differenza che nella vita, si esibisce in performance canore in cui è assolutamente stonata. Il film tratto dal romanzo ‘Florence’ di Nicholas Martin e Jasper Rees racconta infatti la storia di una ricca ereditiera che durante la seconda guerra mondiale approdò al Carnegie Hall di New York cantando senza armonia sommersa dalle risate del pubblico. “La gente potrà dire che non sapevo cantare ma non che non ho cantato”, soleva dire Florence. Il film distribuito da Lucky Red porta sullo schermo anche un eccezionale Hugh Grant nel ruolo del giovane marito e supporter della stravagante signora amica di Arturo Toscanini. Un film commovente e toccante come l’altra pellicola che la Lucky Red di Andrea Occhipinti ha portato alla Festa del Cinema di Roma : ‘Il Segreto-The Secret Scripture’ con una magnifica Vanessa Redgrave affiancata da Eric Bana, uno psichiatra alla ricerca della verità. E’ la storia vera di una donna accusata ingiustamente di infanticidio e perciò rinchiusa in manicomio per quasi tutta la vita. Il film con un finale a sorpresa è interpretato da una magnetica Rooney Mara, attrice molto richiesta a Hollywood che insieme a ‘Una’ di Benedict Andrews e ‘Lion’ di Garth Davis ha triplicato con ottimi risultati la sua presenza la Festival. Nel cast di ‘Lion’, storia vera di Saroo, un ragazzo indiano alla ricerca dei suoi veri genitori che ha smarrito a cinque anni rischiando di essere rapito e venduto nell’India degli anni’80 e interpretato da Dev Patel, attore già ammirato in pellicole di successo come ‘The Millionaire’ di Danny Boyle distribuito da Lucky Red, figura anche Nicole Kidman che è la madre adottiva di Saroo. L’attrice appare luminosa, vibrante e pensosa come in un altro film presentato a Roma, ‘Genius’ di Michael Grandage, distribuito da Eagles Pictures che prima dell’apertura della Festa ha presentato in anteprima a Roma ‘American Pastoral’ di e con Ewan McGregor, un personaggio dolente che a causa della condotta criminale della figlia interpretata da Dakota Fanning vede svanire lentamente nel nulla il suo ‘Sogno americano’ di uomo bello, ricco e di successo. In ‘Genius’ troviamo un Colin Firth in stato di grazia e un altrettanto emozionante Jude Law, attore davvero versatile nel ruolo di Thomas Wolfe che, insieme a Scott Fitzgerald e Hemingway Maxwell Perkins (Colin Firth) contribuì a lanciare con la casa editrice Scribner durante la crisi del 1929. Altra storia vera, stavolta sul tema straziante dell’Olocausto, è ‘Denial, la verità negata’ di Mick Jackson distribuito da Cinema di Valerio De Paolis e basato sul libro “Denial: Holocaust History on Trial” di Deborah E. Lipstadt, presente in sala alla proiezione del film a Roma. La pellicola ripercorre il duello legale a Londra fra la Lipstadt (che nel film è una interessante e intensa Premio Oscar Rachel Weisz) e il massimo assertore accademico e teorico dell’antisemitismo e del negazionismo dell’Olocausto, David Irving (Timothy Spall). Nel film esplode il conflitto fra la giustizia e la legalità, fra la morale umana e l’etica delle leggi, fra dialettica forense e rivendicazioni personali. Il cinema italiano, in netta minoranza a questa edizione, è stato degnamente rappresentato alla Festa del Cinema da ‘7’ di Michele Placido oltre che da ‘Sole, Cuore e Amore’. Molto buona la qualità degli eventi e soprattutto degli incontri da quello di Bertolucci a quello di David Mamet che ha espresso una grande verità : “Essere politically incorrect e dire la verità è la missione di noi drammaturghi e cineasti perché solo mettendosi in gioco guardando un’opera teatrale o un film gli spettatori per assumervi una parte, essi saranno finalmente liberati”.

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Qualità, Varietà, grandi star: così la Festa del cinema accende Roma

Antonio Monda, zelante direttore artistico della Festa del Cinema di Roma, può dirsi soddisfatto: in una capitale ancora riscaldata dal tepore autunnale del vento di scirocco l’affluenza alla Festa del Cinema non è mai stata così buona. Merito anche della oculata selezione di proposte e dei numerosi appuntamenti di richiamo che il ricco menu della nuova edizione del Festival propone a un pubblico capitolino ma anche cosmopolita. Se i pilastri della Festa del Cinema sono ‘Qualità, varietà e internazionalità’ allora questa edizione della kermesse è partita con il piede giusto. Il ruolo di aprire il calendario ufficiale della Festa è spettato a una figura di primo piano della Settima Arte, Tom Hanks, vincitore di due premi Oscar, uno per Forrest Gump e l’altro per Philadelphia e interprete principale della saga di Dan Brown che quest’anno culmina con ‘Inferno’ della Warner Bros. Pictures, appena approdate nelle sale cinematografiche. Claudia Cardinale a sorpresa, elegantissima in un pigiama palazzo di velluto nero ha consegnato il premio alla carriera al grande attore, primo grande ospite d’onore della manifestazione, che si è concesso generosamente al pubblico con istrionismo e sagacia, raccontando la sua visione del cinema in cui l’arte, per usare le sue parole, “può catturare la vita ma anche affermarla”. “Mi sento un privilegiato perché faccio un lavoro che mi diverte molto. Sono stato anche regista di vari film e ho lavorato anche molto in teatro. Penso che ogni regista dovrebbe essere anche attore e il contrario così ognuno capirebbe meglio i rispettivi ruoli e si lavorerebbe al top”, ha detto Hanks a una platea incantata e divertita dai suoi successi da ‘Big’ fino a ‘Salvate il Soldato Ryan’ in cui commenta la situazione politica complessa e disperata di un’America sospesa per cinque anni di conflitto mondiale. Molto orientato sulla politica e sul ruolo dell’America nello scacchiere mondiale ma anche sulla vocazione americana all’aggressività e sulla rabbia del ceto medio che potrebbe decretare la vittoria di Trump è sicuramente la dimensione creativa e ideologica di Oliver Stone che a Roma ha presentato il suo film di denuncia ‘Snowden’. Vi si ripercorre la vicenda biografica drammatica del consulente esterno per il controspionaggio della CIA e della DIA Edward Snowden (interpretato nel film da Joseph Gordon-Levitt) che attualmente è costretto a vivere in Russia per aver tentato di smascherare un po’ come Wikileaks le tare del sistema americano di controllo segreto dei dati personali dei suoi cittadini. ‘La supremazia americana sta nel controllo economico e sociale: questo è il cuore del sistema di sorveglianza di massa”, dice Snowden nel film, “ Segretezza significa sicurezza e questa è vittoria perché gli americani più che liberi vogliono sentirsi al sicuro” dice come un dogma durante il film uno degli alti funzionari della CIA che ha sempre incoraggiato Snowden affidandogli alte cariche. C’è odore di Oscar anche negli altri film fra i primi a essere presentati in calendario: ‘Moonlight’ che ha aperto le danze raccontando l’evoluzione psicologica di un ragazzo di colore gay in un ghetto di Miami dominato dalla droga, cresciuto da un pusher affettuoso e da una madre tossicodipendente e psicolabile. Senza contare ‘The Birth of a Nation’ sempre a tema afro, ovvero la riscossa di un manipolo di schiavi ribelli contro il sistema di sfruttamento capitanati da Nathaniel Turner (Nate Parker), che dopo aver scoperto la reale situazione in cui vivono gli altri schiavi, molti anni prima dell’esplosione della Guerra di Secessione, decide di guidarli contro il potere schiavista massacrando una serie di bianchi. Arriva sul tappeto rosso anche Isabella Ragonese per presentare il primo film italiano della rassegna, ‘Sole cuore, amore’ di Daniele Vicari, film distribuito da Koch Media e Rai Cinema, dove con grande sensibilità si cala nei panni di una donna malata e sfruttata sul luogo di lavoro. Famiglia, società e politica attraversano anche il bel calendario di ‘Alice nella Città’ che quest’anno propone ‘Captain Fantastic’ con Viggo Mortensen, attesissimo e ‘3 generations-Una famiglia quasi perfetta’ con Naomi Watts e Susan Sarandon. E mentre Bernardo Bertolucci dà lezioni di cinema spiegando attraverso ‘Ultimo tango a Parigi’ e altri suoi capolavori come ‘L’ultimo Imperatore’ il segreto del bel cinema di spessore e d’autore che non muore mai, nell’aria c’è grande attesa per l’incontro con Meryl Streep, momento culminante di questa edizione del festival.

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