Tropea, una band “in Technicolor” a tutta energia

I Tropea (Pietro, Domenico, Claudio e Lorenzo) sono giovani, freschi e pieni di energia, com’è giusto che sia, data l’età. Il grande pubblico li ha conosciuti grazie all’ultima stagione di X Factor, adesso si godono un successo incredibile: il loro primo singolo, Technicolor, è stata una vera bomba, ha fatto conoscere a tutti gli italiani questi ragazzi super colorati. Ora, però, è appena uscito il nuovo brano Proprio tu, e ovviamente the best is yet to come, con l’inizio del loro Spring Inferno Tour, che toccherà diverse città del Paese.

Tropea band 2023
I Tropea (ph. by Blue Chips Studio)

Com’è nato il gruppo?

Domenico e Pietro si conoscono fin dai tempi del liceo, periodo in cui hanno iniziato a suonare insieme, all’età di quattordici anni, invece l’amicizia con Lorenzo è di poco sucessiva, perché anche lui frequentava lo stesso istituto.
Nel 2016 abbiamo iniziato a suonare ufficialmente insieme come gruppo, poi è arrivato Claudio a chiudere la formazione, e quindi la scelta del nome Tropea.

Tropea X Factor
Ph. by Blue Chips Studio

“Definiamo la nostra musica Pajama music for pajama people

A cosa è dovuto il vostro nome d’arte?

Abbiamo fatto un brainstorming dopo un concerto, erano venuti fuori diversi nomi, ma Tropea era quello che ci metteva tutti d’accordo, senza che vi fossero alla base particolari motivi geografici, anche perché, prima della scelta, nessuno di noi era mai stato nel comune calabrese. Ci siamo stati con Rockit, in tour a suonare, credo nell’unico giorno di pioggia all’anno di questo magnifico luogo, che dobbiamo assolutamente tornare a vedere col sole.

L’idea di andare a X Factor, invece, a chi è venuta?

Non è proprio una di quelle che cose che ti alzi la mattina e dici “stanotte ho avuto una bellissima idea”; sicuramente avevamo bisogno di nuovi stimoli, soprattutto dopo il Covid, e siamo stati chiamati per i pre-casting, con cui il programma fa scouting; ci abbiamo riflettuto, non senza difficoltà, perché siamo quattro teste diverse.
Inoltre avevamo una mentalità un po’ snob nei confronti di tutto ciò che è mainstream, ma su Instagram siamo @tropea.pop, dovevamo dare un senso al progetto.

Tropea canzoni
Ph. by Blue Chips Studio

Come descrivereste la vostra musica?

Pajama music for pajama people, che è anche la descrizione che abbiamo su Spotify, in generale le definizioni da racchiudere all’interno di una sola casella ci sono sempre andate strette; la nostra musica è energica ma anche chill, è pop e al tempo stesso rock, siamo l’alfa e l’omega. Ai concerti, invece, diventa tutto un pajama party.

“Per lo Spring Inferno Tour abbiamo preparato uno show pazzesco, con diversi ospiti, vi aspettiamo in tantissimi!”

Tropea singolo
Ph. by Blue Chips Studio

Vi aspettavate il successo di Technicolor?

Ce lo auguravamo, certo, visto che ci siamo presi quattro sì alle audizioni; a naso abbiamo pensato subito che tanto male non doveva essere, non capita tutti i giorni che Fedez dica “questa band è forte”.

Il primo singolo dopo X Factor è Proprio tu, cosa mi dite a proposito?

Nasce da me, Lorenzo, da una chitarra e qualche esigenza, positiva o di disagio, del resto però non capita quasi mai di pensare “sto così bene che compongo un nuovo singolo!”.
Quando vogliamo condividere delle good vibes, ci ritroviamo sempre nello stesso posto in campagna. Diciamo che Proprio tu ci ha colpito per la sua semplicità, per il suo essere così diretta, è partita bene subito, infatti l’abbiamo registrata in un pomeriggio.

Tropea band intervista
Ph. by Blue Chips Studio

“Siamo dei mattacchioni, i vestiti in questo ci rispecchiamo”

È appena partito lo Spring Inferno Tour…

Esatto, siamo partiti il 4 aprile da Bologna e ora proseguiremo a Roma (il 6) e poi Milano e Torino, rispettivamente il 12 e 13. Abbiamo preparato uno show pazzesco, con diversi ospiti, quindi vi aspettiamo in tanti anzi, tantissimi!

Tropea Proprio tu
Ph. by Blue Chips Studio

I vostri look sono sempre colorful, cosa c’è dietro?

Dal punto di vista dello styling, siamo sempre stati un po’ una boy band; evitiamo la divisa ma ci piace comunque essere colorati, appariscenti e catalizzanti, come d’altronde nella comunicazione, abbiamo un approccio piuttosto autoironico. Siamo dei mattacchioni, i vestiti in questo ci rispecchiamo.

Tropea canzone
Ph. by Blue Chips Studio

Nell’immagine in apertura, i Tropea, da sinistra a destra Pietro Selvini, Claudio Damiano, Lorenzo Pisoni, Domenico Finizio (ph. by Blue Chips Studio)

Luca Calvani esordisce alla regia con ‘Il cacio con le pere’

Luca Calvani è un attore conosciuto fin da giovanissimo per il ruolo nel cult di Ferzan Özpetek Le fate ignoranti. La vita e la sua professione lo hanno poi portato a girare il mondo, dapprima New York e quindi Los Angeles, dove ha avuto l’opportunità di lavorare in grandi produzioni, come quella di Sex & the City. Poi il ritorno a Roma, che l’ha condotto su tanti set internazionali allestiti nella città eterna; a un certo punto però tutto questo ha cominciato ad andargli stretto, e alla fine ha maturato la scelta radicale di smettere e cercare la felicità, quella vera, sincera, che ha trovato facendo ritorno nella sua terra natale, la Toscana, dove, oltre ad esser diventato imprenditore, ha trovato l’amore della sua vita.
Adesso la nuova sfida, per lui, è il passaggio alla regia, con una commedia che merita di essere vista ed apprezzata, perché ci riporta alla contrapposizione tra vita frenetica e quella tranquilla di paese. Il cacio con le pere sarà al cinema dal 9 marzo.

C’è qualcosa di autobiografico nel tuo film, con il ritorno in Toscana

Sicuramente sì, si tende sempre a scrivere ciò che si conosce. Lo script ha subito un paio di cambiamenti, anche perché vedendolo mi rendo conto che sarebbe potuto sembrare un documentario, oppure uno spin-off di un altro celebre film, in cui il protagonista si fidanzava con un boscaiolo. Il fondo d’investimento dietro la produzione, poi, non concordava su alcuni passaggi, ho dovuto necessariamente modificare qualcosa.
La prima stesura è in realtà del 2009, quella finale del 2016, alla fine abbiamo vinto il concorso Pitch Trailer a Cannes e il progetto ha iniziato a prendere vita.

“Mi piaceva mostrare la differenza tra la velocità della grande città contrapposta alla vita di paese”

Quando è nato il desiderio di sperimentare la strada della regia?

L’idea è nata dal creare una nuova “factory” tutta nostra, magari chi vive a Roma non percepisce la cosa, ma era importante, i toscani nella capitale hanno avuto un momento di splendore con il grandissimo Pieraccioni che però, purtroppo, con la caduta di Cecchi Gori è venuto a mancare.
Strizzando magari l’occhio alla commedia francese, che amo, e pur rimanendo fedeli al nostro bacino d’utenza, ovviamente, mi piaceva mostrare la differenza tra la velocità della grande città contrapposta alla vita di paese; considerando che il film è stato girato in quattro settimane, di cui due e mezza di pioggia, sono particolarmente orgoglioso del risultato.

Luca Calvani attore

Come hai scelto il tuo fantastico cast?

Alcune scelte erano quasi obbligate, come quella di Francesco Ciampi, con lui ho fatto le riviste di avanspettacolo alle superiori, dove lui da ex allievo faceva ore di monologo e noi due o tre battute.
Per il resto abbiamo fatto molti provini, Geppi Cucciari, che è una mia amica, la volevo assolutamente, la vedevo in un altro ruolo e invece lei ha scelto proprio quello della badante.
Di Elena Di Cioccio posso dire che ha sbaragliato tutti al casting, è davvero un’attrice consumata, ha saputo sorprendermi.
Ognuno di loro aveva una sua dinamica nelle scene, è per quello che sono stati scelti.

“Mi piace raccontare storie, se ci sarà una seconda volta vorrei che fosse una regia, al 100%”

La cosa più divertente successa sul set?

Eravamo in autostrada da Prato verso la costa, per la precisione la spiaggia della Lecciona; era fine ottobre ed ero già truccato, pieno di lividi, con altre tre persone su una Porsche col tettuccio aperto, parte delle troupe davanti e una dietro. Ci ha fermato la polizia, non erano sicuri che l’auto fosse realmente omologata per quattro posti, quindi attendevano l’ok della motorizzazione, alla fine la luce stava scendendo e noi avevamo bisogno del tramonto; morale della favola: siamo stati scortati fino al set.

Ora che sei sia attore che regista, cosa ti diverte di più, stare davanti o dietro la macchina da presa?

Sicuramente mi piace raccontare storie, se ci sarà una seconda volta vorrei che fosse una regia, al 100%. Mi è piaciuto lavorare con gli scenografi e i costumisti, mi piace arredare, quindi mi sono goduta tantissimo quella parte del set; lavorando come attore, tante cose le ho viste al montaggio, per ovvie ragioni, in quanto non ero davanti al monitor.

“Quando sei nel tuo e stai bene diventi più magnetico, attrai cose diverse”

Come vedi, vivendo più distaccato in Toscana, il mondo dello spettacolo?

Sempre come un grande sollievo, dal momento che a 42 anni ho scelto di smettere di fare l’attore, tant’è vero che non ho nemmeno più un agente in Italia, solo nel Regno Unito, per dei provini mirati. Non volevo più rimanere a Roma, dove non mi sembrava di aver costruito abbastanza.
Qui faccio l’imprenditore, produco profumi e gin, sento di avere un peso specifico adesso, la mia è stata una scelta cosciente e ponderata. La cosa più bella è stare a casa con il mio compagno Alessandro; l’altro giorno siamo andati a sciare, il giorno successivo però è venuta a tutti e due la voglia di tornare a casa nostra, per farti capire quanto stiamo bene lì.
Il ritorno alle origini mi ha regalato una grandissima onestà, innanzitutto verso me stesso e poi verso gli altri, forse questo mio distacco ha anche creato più interesse, facendomi arrivare sul piatto proposte inaspettate, come quella di Cortesie per gli ospiti.
Quando sei nel tuo e stai bene diventi anche più magnetico, attrai cose diverse.

Luca Calvani 2023

Press office Lorella Di Carlo/Marta Scandorza

‘Tutti parlano di Jamie’, il ritorno di Giancarlo Commare

Da questo mese, Giancarlo Commare torna a vestire i panni del protagonista del musical di successo Tutti parlano di Jamie, per il secondo anno consecutivo; se prima lo spettacolo era un urlo, adesso è un vero e proprio boato per le coscienze del pubblico che riesce a smuovere. Che sia nata una stella con un cuore grande ora lo sanno tutti, non è più un segreto. Qualcuno addirittura sostiene di istituire un Tony Award, l’Oscar del teatro americano, solo per lui (un premio che, alla fine, manca davvero in Italia).

La cosa più emozionante, per Giancarlo, sarà sicuramente calcare altri palchi rispetto all’esordio dell’anno scorso, come quello del teatro Nazionale di Milano, confrontandosi con pubblici diversi da quello che frequenta la sua casa, come ormai la considera lui, cioè il Brancaccio di Roma, dove sarà in scena fino al 5 marzo, con date quasi tutte sold-out.
Non è tutto, però, per il nuovo “golden boy” del nostro cinema, infatti molto presto lo vedremo nella produzione Netflix Nuovo Olimpo, per la regia di Ferzan Özpetek; non male, quest’inizio del 2023.

Com’è stato interpretare per il secondo anno consecutivo Jamie?

È stato molto strano, anche perché ci sono ancora più aspettative quest’anno, tanti ricordi della stagione pazzesca appena passata, ma è sempre tutto diverso quando ricominci; devo dire, però, che dopo la seconda serata l’ansia si è fatta da parte, siamo tornati a divertirci.
Il nostro è un cast super affiatato, infatti li ringrazio sempre per tutta l’energia che mettono nell’intrattenere il pubblico, trasportandolo nel mondo di Jamie insieme a me.
Tengo sempre a precisare che sono tutti dei grandi professionisti e, soprattutto, delle belle anime. Poi senza il mio regista, Piero Di Blasio, tutto questo non sarebbe stato possibile.

Giancarlo Commare Jamie
Giancarlo Commare in Tutti parlano di Jamie (ph. Massimiliano Fusco)

Nuovo Olimpo è stato un lavoro di squadra fighissimo, da cui ho imparato tante cose che mi porterò nel cuore a vita”

Quest’anno al tutto si aggiunge un tour nazionale, per cui lascerai da parte la tua comfort zone, ossia il teatro Brancaccio, come ti senti a riguardo?

Provo quel bel senso di agitazione “giusta”, perché ovviamente sono super felice di essere qui a Roma, ma non vedo l’ora di andare ad esplorare altri contesti, anche perché per me sarà la prima vera grossa tournée teatrale, sono davvero eccitato all’idea di farla.

So che hai tentennato ma poi sei tornato biondo, raccontami

Ebbene sì, ammetto che diventare platino non è semplice, quindi abbiamo fatto le due anteprime con una parrucca, che idealmente poteva essere un’ottima soluzione, però mi sono subito reso conto che non poteva funzionare per me.
Sono un attore fisico, ho bisogno di toccarmi anche i capelli quando sono in scena, e con la parrucca non era possibile, mi sentivo come se avessi le ali mozzate, e dunque sono back to blond.

Le vera notizia, però, è che sei tra i protagonisti di Nuovo Olimpo.

Confesso che, come tanti miei colleghi, avevo il sogno nel cassetto di poter lavorare con Ferzan Özpetek, e l’occasione a questo giro è arrivata, con tutto l’entusiasmo del caso, anche perché ci siamo capiti fin da subito, lui ha ascoltato le mie proposte e viceversa, io ho accolto ogni sua indicazione sulle direzioni da prendere; è stato davvero un lavoro di squadra fighissimo, da cui ho imparato tante cose che mi porterò nel cuore tutta la vita.
Non vedo l’ora di sapere la data di uscita su Netflix.

Press office SiSi comunication

Nell’immagine in apertura, Giancarlo Commare sul palco nei panni di Jamie

Jamal Taslaq omaggia Roma con la collezione ‘Eternal’

La Galleria del Cardinale Colonna, a Roma, fu costruita nel 1730 dall’architetto Paolo Posi ed è sostenuta da colonne che si narra provengano dal vicino Pantheon. Il cardinale Girolamo II, originariamente, adibì la struttura a biblioteca e sala per esporre la collezione pittorica della nobile famiglia romana. Proprio al suo interno, all’inizio dell’Ottocento, si svolse il battesimo delle due gemelle Savoia, Maria Teresa e Maria Anna, futura imperatrice d’Austria.

Quest’anno, questa magnifica cornice nel cuore della capitale ospita la sfilata di Jamal Taslaq, che ha ricevuto per l’occasione oltre quattrocento ospiti. Lo stilista italo-palestinese sceglie di omaggiare la città eterna, che lo ha accolto più di trent’anni fa, attraverso la nuova collezione del marchio che porta il suo nome, Eternal, lanciando sul mercato un grande progetto di unione tra popoli, culture, tradizioni e innovazioni: Taslaq World.

Nancy Brilli 2023
Nancy Brilli, ospite dello show del designer di origini palestinesi

Nel cuore di Roma va in scena il défilé dello stilista italo-palestinese

L’introduzione della sfilata, presentata da Elena Parmegiani, direttore eventi della Galleria e della Coffee House di Palazzo Colonna, nonché giornalista di moda e costume, è affidata al console generale a San Francisco Sergio Strozzi, per supportare l’iniziativa dell’Italian Innovation and Culture Hub in Silicon Valley.

Nella nuova configurazione, Taslaq World affiancherà Jamal Taslaq Couture per completare l’offerta del designer originario di Nablus, finora dedicata principalmente a conquistare l’interesse di donne di ogni parte del mondo, dalla regina Rania di Giordania a Sharon Stone, a Ornella Muti con il fashion maschile su misura. Nel tempo, la joint venture con WorldcApp.com e Reda Industries estenderà i suoi orizzonti per includere tutto ciò che un artista del suo calibro può ideare e creare.

Ad accorrere all’evento le attrici Nancy Brilli, Maria Rosario Omaggio, Grazia Schiavo, Alessia Fabiani, Raffaella Paleari; e ancora, Jacqueline De Laurentiis, Leopoldo Mastelloni e Nicolò Mariani, esponenti dell’aristocrazia come i principi Ascanio Colonna e Guglielmo Giovanelli Marconi insieme alla mamma Elettra e alla moglie Vittoria, le principesse Maria Pia Ruspoli e Maria Grazia Borghese insieme al figlio Tara. Katia Ricciarelli, invece, omaggia lo stilista con un videomessaggio di auguri per i nuovi progetti. Al termine del défilé, cocktail per gli ospiti e un brindisi allo stile.

Ph. credits: Michele Simolo, Giancarlo Fiori

Nell’immagine in apertura, Jamal Taslaq saluta il pubblico al termine del défilé nella Galleria del Cardinale Colonna

Ileana D’Ambra, la trasformista

Ileana D’Ambra è un vero ensemble: papà veneto, mamma per metà greca per metà romana, è cresciuta nella città del padre fino all’età di sei anni, per poi trasferirsi a Bologna, restarci fino ai sedici e quindi raggiungere Roma, dove vive tuttora.
Potremmo definirla, per la capacità di trasformarsi, la nostra Renée Zellweger. L’abbiamo conosciuta in Favolacce dei fratelli D’Innocenzo, il mese scorso era al cinema con il film La prima regola, inoltre è entrata a far parte della nuova stagione di Che Dio ci aiuti; teniamola d’occhio, a breve sarà infatti anche ne Il maledetto di Giulio Base.

Ileana D'Ambra
Jacket and pants Federica Tosi (ph. by Roberta Krasnig)

Il tuo esordio, nel film Favolacce, è stato col botto, hai vinto subito il premio come miglior attrice esordiente, costruendo per intero il personaggio e ingrassando di quasi 20 kg, voglio sapere tutto...

Lo è stato davvero, col botto, per il semplice motivo che, dalla prima lettura della sceneggiatura, l’ho trovata meravigliosa, poetica ed estremamente attuale; poi il fatto che mia madre lavori come mediatrice familiare mi ha reso il tutto più credibile. Da cinefila accanita quale sono, Favolacce è esattamente il genere di pellicola che vado a vedere, quindi tutto torna.
Anche la richiesta di prendere peso aveva un senso nel racconto, quindi ho accettato con gioia e senza problemi, era la mia prima volta al cinema e potevo fare ciò che avevo sempre desiderato.

“Da cinefila accanita, Favolacce è esattamente il genere di pellicola che vado a vedere, tutto torna”

Diciamo che la trasformazione del personaggio è meno comune in Italia, mentre negli Stati Uniti è quasi una routine, come ti sei approcciata a questo processo?

In un mese e mezzo ho preso 15 kg, una cosa veramente impegnativa, mentirei sostenendo se dicessi che è stato semplice; ovviamente sono stata seguita da un nutrizionista che, per il motivo contrario, mi seguiva già precedentemente, era basito dal fatto che una persona, dopo tanti anni, gli chiedesse l’esatto opposto.
Ogni volta che mi dava la dieta rabbrividiva, però a suon di 250 grammi di pasta a pranzo e a cena, e proibendomi nella maniera più assoluta il junk food, siamo arrivati all’obiettivo finale che, ripeto, per ragioni lavorative aveva un senso. È talmente fuori dal comune, questa cosa, che il pubblico pensava fossi veramente così. Non si è trattato di uno street casting, insomma, ho dovuto davvero lavorarci su.

A dicembre eri in sala con La prima regola, devo ancora vederlo ma sono affezionato al titolo, avendo visto tanti anni fa la prima versione teatrale, già potentissima; cosa vuoi raccontarci a proposito?

È stata una bellissima sfida in quanto il regista, Massimiliano D’Epiro, aveva le idee molto chiare ma allo stesso tempo si è lasciato sorprendere, una situazione perfetta, mi piace avere un dialogo diretto e di scambio, inoltre il testo proviene da una pièce, quindi c’era ancora spazio per la costruzione. Un lavoro interattivo, sul serio, per me è stato un film anche di formazione; so che il regista si arrabbierebbe sentendomelo dire, ma gli sono davvero grata.

La prima regola è stato un lavoro interattivo, anche di formazione”

Sei appena entrata a far parte della grande famiglia di Che Dio ci aiuti, giunta alla settima stagione, come ci si sente a salire su un treno in corsa come questo?

È impegnativo, diciamo che il carico di ansia per la messa in onda della prima puntata c’era, stavo morendo! Come dicevi, è un treno in corsa, con un pubblico meraviglioso e fidelizzato. Ero stata “istruita”, in questo senso, da colleghi protagonisti di altre titoli caratterizzati da una lunga serialità, non è semplice entrare nel cuore delle persone.
Questa, inoltre, è una stagione particolare, in quanto Elena Sofia Ricci ha passato per metà il testimone a Francesca Chillemi, e in più il cast risulta rivoluzionato, regia compresa. Alla fine, però, mi ha portato tanta felicità, mia madre è la fan numero uno e sono riuscita, per la prima volta, a fare qualcosa di comico.

Si tratta del tuo esordio nei panni del personaggio di una serie? Entrare nelle case di tutti cambierà completamente il tuo approccio col pubblico, lo sai.

Sono molto elettrizzata all’idea di avere questo contatto ravvicinato, tante ragazze hanno già iniziato a scrivermi.

“Mi piace avere un dialogo diretto e di scambio sul set”

Jacket and pants Federica Tosi (ph. by Roberta Krasnig)

In uscita, sempre quest’anno, avrai anche Il maledetto, per la regia di Giulio Base, presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma, cosa vuoi dirci a riguardo?

Quello di Giulio è un film che mi ha segnato parecchio, sia perché prosegue, diciamo, quel filo di drammaticità iniziato con Favolacce, sia perché era la prima volta nel ruolo della co-protagonista, insieme a Nicola Nocella.
Una parte impegnativa dunque, anche perché si parla della Sacra corona unita, in un ambito malavitoso che porta con sé situazioni difficili.
In questo caso, il personaggio era più spigoloso, perciò niente dieta, mi sono solo ammazzata di sport.

Non è che lavori troppo Ileana? Riesci a goderti un po’ la vita?

Sono appena diventata zia, sono felice ora di avere qualche mese di pausa per potermi godere mia nipote.

Ileana D'Ambra serie
Dress Missoni (ph. by Roberta Krasnig)

Credits

Talent Ileana D’Ambra

Text Fabrizio Imas

Photographer Roberta Krasnig

Hair and make-up Iman El Feshawy

Press office laPalumbo

Nell’immagine in apertura, Ileana D’Ambra, fotografata da Roberta Krasnig, indossa giacca e pantaloni Federica Tosi

“Guerra Fredda”, Clavdio trasforma in musica le sue battaglie

Clavdio è un cantautore romanissimo, che dopo varie esperienze in band giovanili ora ha trovato la sua maturità, seppur travagliata, anche a causa della pandemia e di altre situazioni personali che l’hanno portato a isolarsi in una casa in campagna per ultimare quello che è il suo nuovo album, Guerra Fredda, edito da Bomba Dischi.
Tra l’incredibile incontro a sorpresa con Malika Ayane e un brano inciso in tre giorni a Berlino, ecco la sua storia.

Clavdio Guerra Fredda
La cover di Guerra Fredda

Dimmi delle tue origini, di dove sei?

Sono nato a Roma, papà è romano e mamma invece di Capo Verde, sono un mix cresciuto tra Centocelle e Alessandrino, due quartieri confinanti in una metropoli che oramai allarga sempre di più i suoi confini, con le periferie che si spostano sempre più lontano, lasciando spazio a zone vive ed eclettiche.

“Mi piace scrivere le canzoni, chitarra e voce, per inventare il brano, le parole e la metrica”

Quando hai iniziato a sentire l’esigenza di cantare, anzi, di scrivere le tue canzoni?

Il primo ricordo, in questo senso, risale a quando avevo otto anni, mi chiudevo nel mio mondo e inventavo canzoni, anche senza strumenti, solo fantasticando con la mente fino a quando poi è arrivata la prima chitarra. Con la prima tastierina inventavo addirittura canzoni in inglese, anche senza conoscerlo.
Poi durante l’adolescenza ho iniziato ad avere dei gruppi, quindi a fare i classici concorsi che si fanno quando sei piccolo e vuoi avventurarti in questo mondo.

Clavdio musica
Clavdio (ph. by Giacomo Gianfelici)

Che musica ascoltavi crescendo?

Diciamo che le prime band a cui mi sono appassionato erano sul genere punk rock, sia straniero che italiano, come i Punkreas. Poi ovviamente stando a Centocelle frequentavo molto il Forte Prenestino, uno dei centri sociali più grandi della capitale. Sono passato così a scrivere canzoni post-rock arrivando al metal, insomma ho spaziato, ispirandomi a quello che mi stimolava.
Poi ho lasciato il mondo delle band e ho iniziato a scrivere da solo, col ritorno a una musica più semplice da cantautore; mi chiamavo Il Rondine, ho pubblicato con questo nome il primo album.

Il tuo nome Clavdio, con la V, è per ricollegarti alla tua romanità?

Sì, decisamente, mi sembrava simpatico e volevo tornare anche col nome al percorso intrapreso; non mi piace etichettarmi, non voglio stabilire in quale categoria del cantautorato potrei inserirmi, non amo le etichette in generale anzi, sono allergico ad esse.
Mi piace scrivere le canzoni, chitarra e voce, proprio per inventare il brano, le parole e la metrica.

“Guerra Fredda descrive le battaglie che ho dovuto affrontare”

Come sei arrivato al tuo nuovo album, Guerra Fredda?

Nel 2020 ho terminato il mio tour il 7 marzo, per ovvie ragioni di pandemia; tutto è iniziato da quel periodo buio quindi, in quanto non avevo scritto nulla mentre ero in giro, poi col lockdown avevo pensato di iniziare a scrivere, invece la voglia me l’ha fatta proprio passare.
Il primo brano, Freccia, l’ho poi scritto nel 2021, dopodiché ho deciso di trasferirmi in una casetta di campagna in Umbria e, in quattro mesi, ho terminato di scrivere tutto il disco.
Personalmente è stato un momento davvero difficile, a causa di eventi che si sono accavallati e mi hanno fatto lottare per arrivare alla fine. Guerra Fredda descrive appunto le battaglie che ho dovuto affrontare.

Dimmi del tuo incontro con Malika Ayane, con cui condividi un brano nell’album.

È stata davvero una sorpresa capitata all’improvviso; avevo scritto Graminacee, uno degli ultimi pezzi, e mentre lo registravo sentivo come se la mia voce fosse di troppo, pensavo che ci sarebbe voluto l’apporto di una voce femminile.
Sia io che il produttore, all’unisono, abbiamo pensato subito a Malika, il fatto che lo avessimo fatto entrambi mi ha fatto capire che dovevo provare a contattarla, così tramite la nostra etichetta discografica, Bomba Dischi, le ho inviato il brano su WhatsApp.
In quel momento lei si trovava a Berlino e avevamo poco tempo, è stata davvero super tranquilla e gentile con noi; ci ha invitati ad andare in Germania in uno studio che conosceva lei, in tre giorni abbiamo inciso.

Clavdio dischi
Ph. by Giacomo Gianfelici

Nell’immagine in apertura, la cover del nuovo disco di Clavdio

Francesco Centorame, l’importanza di mettersi in discussione

Francesco Centorame, abruzzese, giovanissimo papà (ha 26 anni), ha già alle spalle una carriera solida e invidiabile. Indubbiamente il ruolo di Elia nella quinta stagione di Skam Italia, su Netflix, è quello che gli ha dato la popolarità, ma lui si è saputo muovere tra cinema, TV e teatro con notevole dimestichezza. Proprio la sua grande passione per il palcoscenico, infatti, lo ho portato a rifiutare un progetto cinematografico per debuttare all’Off/Off Theatre di Roma con una nuova commedia diretta da Riccardo D’Alessandro, Lei.

La grande popolarità arriva da Skam, te l’aspettavi?

All’inizio no, era difficile immaginarlo, anche perché era una bella scommessa con Tim come produttore, poi col subentro di Netflix è cambiato tutto, è chiaro che si tratta di una piattaforma che arriva praticamente a tutti.
Riflettevo poco tempo fa sull’importanza del creare una serialità per un attore, è come se tu togliessi quella distanza che crea il cinema perché entri nelle case di tutti. Con la quinta stagione, soprattutto, si sono visti dei lati emotivi ancora sconosciuti.

“È stata una fortuna non essere protagonista della prima stagione di Skam, perché non avrei avuto la sensibilità e l’esperienza che ho acquisito dopo”

Che ruolo è stato per te quello di Elia Santini?

Un ruolo fondamentale, in quanto mi ha trovato che ero solo ventenne e ora ne ho ventisei; quindi, mi ha letteralmente accompagnato in un percorso di crescita, sia come persona che come attore.
La mia fortuna è stata non essere tra i protagonisti della prima stagione di Skam, perché non avrei avuto la sensibilità e l’esperienza che ho acquisito dopo.

Francesco Centorame
Francesco Centorame (ph. Andrea Botondi)

Cosa hai pensato quando sei stato inserito nella lista dei “Men of the Year” di GQ Italia, oltre a quanto so’ fregno”?

Non ho un buon rapporto col mio aspetto fisico, quindi è stato totalmente inaspettato, bellissimo ma davvero, mi ha colto di sorpresa; tendo sempre a sminuirmi, poi per carattere, quando faccio un progetto lo chiudo e penso subito a quello dopo.
Alla fine, questo mestiere lo fai per essere apprezzato da quelli che pagano un biglietto per andare al cinema o al teatro, oppure l’abbonamento per una piattaforma, quindi posso solo esserne felice.

Che rapporto hai con la moda?

Direi strano, perché fondamentalmente mi piace stare comodo e a mio agio, però ho una passione per la moda retrò anni 70/80; ecco, è questo ad affascinarmi tanto, ovviamente affidandomi a persone che ne sanno molto più di me.

“Sono molto legato al palco, sono partito da lì”

Ora stai per debuttare a teatro con Lei.

Si tratta di una commedia brillante, la prima volta che Riccardo D’Alessandro, il regista, me la propose, qualche mese fa, stavo girando un film, ma ho capito subito che poneva il focus sull’importanza del teatro, dell’amicizia e del saper gestire le relazioni.
Mi ha colpito all’istante, ho intuito che ci sarebbe potuto essere un bel clima, poi a me piace molto potermi mettere in discussione sia come attore che come persona, e questo spettacolo ti obbliga a farlo.
Io interpreto il regista, poi ci sono due attori che vivono con la paura di non lavorare; questo è un mestiere che non ti dà mai certezze, quindi ti porta ad esplorarti, a scavare dentro te stesso cercando di capire cosa potresti fare di più.
Il messaggio che vogliamo portare al pubblico è proprio che il teatro ti salva la vita,  anche se solo per un’ora e mezza; stacchi da tutto e ti immergi in una storia che non è la tua. Sono molto legato al palco, sono partito da lì.

Lei spettacolo teatro
Francesco Centorame (il primo da sinistra) in Lei

Pistola alla tempia: cosa sceglieresti fra teatro, cinema e televisione?

Proprio con Lei mi è successo per la prima volta di dover scegliere se fare un film o uno spettacolo, e ho scelto il secondo; sono giovane, per me in questo momento è davvero importante seminare, interpretare storie che siano fedeli alla mia persona.
Mi è capitato di rifiutare progetti che poi, ripensandoci, economicamente mi avrebbero potuto aiutare, però ho sempre messo davanti a tutto la storia.

“In questo momento ciò che mi rende felice è tornare in teatro, stare dietro le quinte, sentire la sala riempirsi e le farfalle allo stomaco”

Qual è la cosa che ti fa incazzare di più?

Io mi incazzo tanto, anzi, soffro per l’egoismo delle persone e la mancanza di gentilezza.

E quella che ti rende più felice?

In questo momento proprio questa cosa qua, tornare in teatro, stare dietro le quinte, sentire la sala riempirsi e le farfalle allo stomaco, che ti danno una carica indescrivibile.

Francesco Centorame Skam
Ph. Andrea Botondi


Credits

Press office SiSi Communication

Photographer Andrea Botondi

Nell’immagine in apertura, un ritratto di Francesco Centorame (ph. Andrea Botondi)

Gianluca Zaccaria, passione e arricchimento personale come basi della recitazione

L’attore Gianluca Zaccaria è bergamasco (dalle inflessioni molisane) ma romano d’adozione, nella capitale tra l’altro ha studiato al Centro sperimentale.
Ha avuto modo di lavorare al fianco di mostri sacri della regia come Nanni Moretti e Marco Bellocchio, ora invece possiamo vederlo su Rai1 nel serial Il nostro generale, dedicato – appunto – al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che racconta una parte cruciale dei terribili anni di piombo. Teniamolo d’occhio però, a breve sarà infatti anche ne Il Patriarca, serie di Claudio Amendola per Mediaset, in un ruolo davvero particolare e interessante.

Gianluca Zaccaria
Total look Neill Katter

Di dove sei Gianluca?

Di Bergamo, però mio padre è calabrese, ecco spiegato il cognome Zaccaria; origini non esattamente nordiche insomma, mia madre invece è del Molise, io sono cresciuto lì fino all’età di diciannove anni, trasferendomi poi a Roma per studiare recitazione. Mi sento un vero mix, non ho parenti che mi legano al Bergamasco. Alla fine, penso di essere come quasi tutte le persone che abitano al nord, una “miscellanea” di diverse regioni italiane.

“Quando vieni diretto da un maestro come Bellocchio le emozioni che ti si agitano dentro sono indescrivibili”

Come si dice in inglese so far so good, fra tutte le tue esperienze sul set quale ti ha lasciato qualcosa in più, o ti ha insegnato qualcosa in più?

Sicuramente la serie in onda proprio in questi giorni, Il nostro generale, è stata un passaggio fondamentale del mio percorso attoriale, in quanto mi ha permesso di studiare un personaggio realmente esistito, quello di Roberto Peci. La vera gratificazione è stata capire la sua fisicità, la sua vocalità, il suo carattere; di certo, quindi, rimarrò sempre molto legato a questo progetto.
Poi ho avuto modo di lavorare con un grande come Marco Bellocchio in Esterno notte, seppur in un ruolo di supporto; ne sono davvero fiero, perché quando vieni diretto da un maestro della sua statura le emozioni che ti si agitano dentro sono indescrivibili.

Gianluca Zaccaria Il nostro generale
Total look Neill Katter

Conoscevi già la storia del generale Dalla Chiesa prima di leggere la sceneggiatura?

La conoscevo più che altro tramite i miei genitori, che quell’epoca l’hanno vissuta realmente, ma come diceva Sergio Castellitto (protagonista della serie, nda) in conferenza stampa, noi studiamo la storia fino a un certo punto, e gli anni ‘70, un periodo che ha segnato profondamente il Paese, con conseguenze che ritroviamo tutt’oggi, non vengono mai realmente affrontati.
Il nostro generale è stato girata anche con telecamere dell’epoca, proprio per dare un sapore di realtà mista all’immagine visiva del passato, con l’aggiunta di alcuni filmati d’epoca.

Negli ultimi mesi ti sei dato parecchio da fare, sarai anche nella nuova serie di Claudio Amendola Il Patriarca, cosa puoi anticiparci?

Posso dirti che interpreterò una delle parte principali, quella di Alessandro Buscemi, fidanzato del figlio di Amendola; non posso aggiungere altro, però avrò grandi problemi proprio con Claudio.

Gianluca Zaccaria Il patriarca
Total look Sandro Paris

“Cerco di combattere l’horror vacui che, inevitabilmente, mi assale tra un set e l’altro”

Quindi hai interpretato un ragazzo omosessuale, era la prima volta?

In realtà era la seconda, per me comunque non cambia assolutamente nulla, non c’è differenza tra interpretare un personaggio eterosessuale o omosessuale; la cosa bella che ha fatto Mediaset, con questa serie, è stata quella di presentare come un dato di fatto la storia tra Alessandro e Carlo; non c’è alcuna scoperta né accettazione, solo le dinamiche dello sviluppo di una relazione.

Gianluca Zaccaria Instagram
Total look Neill Katter

Abbiamo capito che lavori sempre, però cosa ti piace fare nel tempo libero?

Bella domanda, sicuramente cerco di combattere l’horror vacui che, inevitabilmente, mi assale tra un set e l’altro. Poi io sono davvero un appassionato di cinema, faccio un sacco di sport, amo andare in giro per mostre, soprattutto di arte contemporanea. Sostanzialmente, cerco di arricchirmi personalmente.

Cosa non deve mai mancare nella valigia prima di un viaggio?

Posso dirlo? Le mutande, non so perché ma ho sempre il terrore di dimenticarle.

Total look Neill Katter

Credits

Talent Gianluca Zaccaria

Photographer Gioele Vettraino 

Stylist Muccino Amatulli

Press office laPalumbo

Nell’immagine in apertura, Gianluca Zaccaria indossa total look Neill Katter (ph. by Gioele Vettraino)

Dharma Mangia Woods, l’empatia come chiave della recitazione

L’attrice Dharma Mangia Woods debutta oggi, su Netflix, nel suo primo ruolo inaspettatamente (per lei) comico, e lo fa in grande stile, in una commedia brillante che la vede al fianco di Angela Finocchiaro e Christian De Sica, Natale a tutti i costi.
In questo film vedremo il suo lato più nascosto, quello che fa vedere solo agli amici, ma ci promette che vedendo la pellicola si ride, tanto, proprio come hanno fatto loro durante le riprese, sia sul set che fuori.

Non posso non chiederti da dove arriva il tuo cognome.

In realtà il mio è un doppio cognome, Mangia (italiano) è quello di mia madre, Woods invece è quello di mio padre, che è australiano.
Sono nata a Roma ma cresciuta in un paesino vicino al lago di Bracciano, diciamo che ho sempre fatto avanti e indietro per gli studi, fino a trasferirmi definitivamente nella capitale.

Dharma Mangia Woods 2022
Tailleur Ferrari Style, tights Emilio Cavallini, jewelry Bernard Delettrez

Quando hai deciso di fare l’attrice?

Quand’ero molto piccola, leggevo un libro e mi ritrovavo a vivere la mia vita come uno dei personaggi; sinceramente, non mi spiegavo perché empatizzassi tanto con i personaggi.
Anche mia madre non si capacitava, era confusa dal mio comportamento, solo più tardi avrei capito che era una cosa positiva per questo mestiere, entrare così naturalmente nei panni di qualcun altro.
È stato tutto molto fluido, forse è stato dopo la maturità, quando ho iniziato a cercare scuole di recitazione, che ho capito che si stava concretizzando ciò che desideravo.

“La cosa che mi piace di più di questo mestiere è che, dal primo ciak allo stop, smetto di esistere, è come liberarsi da tutto ciò che mi appartiene”

So che ti sei formata col metodo Strasberg, lo ritieni ancora attuale?

Il method acting è un sistema molto complesso, con cui sono entrata in contatto sin dalla prima scuola che ho frequentato. Tendenzialmente i metodi si evolvono con l’attore, quindi risulta applicabile in molteplici situazioni, io stessa a volte lo applico senza rendermene conto.

Cosa ti piace di più e cosa di meno di questa professione?

La cosa che mi piace di più è che, dal primo ciak allo stop, o da quando entro in scena a quando esco, smetto di esistere, è come liberarsi di tutto ciò che mi appartiene, dei miei pensieri e problemi, è un vero senso di liberazione.
A piacermi di meno, soprattutto per me che sono all’inizio, è il fatto di non avere certezze, il problema che mi spaventa maggiormente è proprio avere o non avere una quotidianità.

Ermanno Scervino collezioni
Dresses Ermanno Scervino, jewelry Bernard Delettrez

Sta per uscire a giorni Natale a tutti i costi, si ride guardandolo?

Questo è il tema, ovviamente, io ho riso tantissimo, è una commedia davvero carina e giusta per il periodo natalizio, personalmente l’ho trovata molto umana.
Tutti i personaggi presentano dei lati oscuri e giudicabili dalla società, con questi figli apparentemente così stronzi, anche perché c’è di mezzo un’eredità milionaria, ma tutto rientra sempre nelle dinamiche familiari. Per me è stato strano rivedermi, perché il lato comico che esce nel personaggio del film non è così evidente in me, anzi, lo tengo nascosto solo per la mia cerchia di amici.

Natale a tutti i costi è una commedia davvero carina e giusta per il periodo natalizio, l’ho trovata molto umana”

Possiamo considerarlo un cinepanettone, nell’accezione più positiva del termine?

Credo che Christian (De Sica, ndr) abbia dato una spiegazione assai valida, nel senso che i cinepanettoni erano più delle farse, con personaggi che agivano come vere e proprie maschere, ma hanno fatto la storia del nostro cinema, creando un vero e proprio filone, cosa non semplice. Natale a tutti i costi ha rappresentato un’autentica svolta, la mia prima commedia con De Sica come padre e Angela Finocchiaro come madre, ho avuto solo che da imparare, non mi sembrava vero.

Come vivi il Natale, personalmente?

Se mi offrissero di andare alle Hawaii ci penserei un attimo… In realtà non è vero, perché sono molto legata alla mia famiglia, tutti i natali li trascorriamo più o meno alla stessa maniera. Da Roma torno a Manziana, dove vive mia mamma, mio fratello rientra dall’Olanda e mio cugino dalla Toscana, insomma è davvero un ritrovarsi. A Natale, come in estate, faccio un po’ un recap, che porta una certa ansia ma, al tempo stesso, tanta gioia.

MVP shoes
Dress Alberta Ferretti, tights Emilio Cavallini, jewelry Bernard Delettrez, shoes MVP

Credits

Talent Dharma Mangia Woods

Photographer Davide Musto

Stylist Stefania Sciortino

Ph. assistant Valentina Ciampaglia

Stylist assistant Giulia LaFace

Make-up Eleonora Mantovani @Simone Belly Agency

Nell’immagine in apertura, Dharma Mangia Woods indossa total look Alberta Ferretti, gioielli Bernard Delettrez

I (diversi) orizzonti artistici di Lorenzo de Moor

Raggiungiamo Lorenzo de Moor al telefono mentre è in Islanda con un amico, per un tour in van di questo luogo «extraterrestre», come lo definisce lui.
Toscano, anzi, pratese ma con un cognome olandese, si è formato artisticamente a New York nella prestigiosa Stella Adler Academy, pioniera del cosiddetto method acting insieme ai celebri Lee Strasberg e Sanford Meisner. Lo abbiamo imparato a conoscere nella serie cult di Rai1 Pezzi unici, di recente invece, durante la 17esima Festa del Cinema di Roma, ha presentato il nuovo film che lo vede protagonista, Rapiniamo il duce.

Lorenzo de Moor
Total look N°21

Hai un cognome elegantissimo, da dove proviene?

È olandese, papà è dei Paesi Bassi (dove vive tuttora), mamma italiana. Io sono cresciuto in Toscana, per la precisione a Prato, provincia da cui sono fuggito diciottenne per andare a vivere a New York, dove sono rimasto per quattro anni, studiando recitazione all’accademia di Stella Adler, per poi trasferirmi a Roma.

Hai sempre saputo di voler fare l’attore?

Vengo da una famiglia di attori, a parte mia madre, che era una costumista, mio padre, mio nonno, mio zio facevano tutti questo mestiere. In realtà non è una cosa che abbia mai ricercato particolarmente, però ci sono cresciuto dentro e, forse, il desiderio è cresciuto con me. Intorno ai quindici anni, poi, ho avuto la fortuna di incontrare una regista come Cristina Pezzoli, venuta a mancare due anni fa; con lei ho cominciato subito a lavorare in teatro, è diventata un po’ come una seconda mamma. Quindi dall’essere un “pischello” che girava in Vespa, senza alcun interesse, m sono ritrovato a innamorarmi di questo mondo.

Rapiniamo il duce film
Total look Ferragamo

“Dall’essere un ‘pischello’ che girava in Vespa mi sono ritrovato a innamorarmi di questo mondo”

Quando è stato il primo momento di popolarità, quello in cui hai capito che stavi facendo bene il tuo lavoro?

Ho vissuto per la prima volta la popolarità con la serie Rai Pezzi unici, per la regia di Cinzia TH Torrini, ambientata interamente a Firenze, con cui siamo arrivati a un pubblico davvero enorme. A questo proposito ho un ricordo buffo, di quando un giorno, camminando insieme a un’altra attrice del cast, ci siamo ritrovati sommersi dalle persone, non ce lo aspettavamo, assolutamente.

Hai appena presentato alla Festa del Cinema romana Rapiniamo il duce, cosa puoi dirci in merito?

Interpreto un personaggio chiamato “Achab”, che rappresenta la resistenza in questo film di archetipi, un po’ fumettistico, dove troviamo “Isola” (Pietro Castellitto) che è invece un ladro, quello che durante la guerra cerca di sfangarla, di tirare a campare senza schierarsi da una parte o all’altra, perché per lui la cosa più importante è sopravvivere. Poi ci sono i fascisti, con Filippo Timi, e i partigiani, cui appartengo, tanto che il mio unico scopo è liberare il Paese. Isola e Achab vogliono le stesse cose in fondo, ma per motivi diversi.

Dal tuo Instagram emergono altre passioni oltre la recitazione, vuoi parlarcene?

Mi piace fare qualche follia ogni tanto, ad esempio mettermi sulla moto e partire, come sto facendo in questi giorni girando l’Islanda, sicuramente tra le mie mete preferite, inoltre venivo da un periodo sentimentale difficile, avevo la necessità di muovermi.
Un’altra passione è quella del disegno, da sempre, mi piace raccontare una storia attraverso immagini disegnate con una matita. La musica è la più recente, scrivo testi per altri artisti e nel frattempo cerco di creare il mio progetto musicale. Mi piace considerare tanti orizzonti diversi nell’arte.

Valentino collezione pink
Total look Valentino

“Mi piace considerare tanti orizzonti diversi nell’arte”

Cosa ti rende davvero felice?

Sentirmi parte attiva di un processo di creazione.

E cosa ti fa arrabbiare?

Mi fa molto arrabbiare l’ingiustizia, ecco, quello è forse l’unico caso in cui divento piuttosto cattivo.

Lorenzo de Moor film
Total look MSGM

Lorenzo de Moor serie
Total look Paul Smith

Credits

Talent Lorenzo de Moor

Editor in Chief Federico Poletti

Text Fabrizio Imas

Photographer Davide Musto

Stylist Andreas Mercante

Ph. assistant Valentina Ciampaglia

Grooming Camilla Guadagnoli @Making Beauty Management

Nell’immagine in apertura, Lorenzo de Moor indossa total look N°21

Andrea Dodero, cattivo di professione (ma solo sul set)

Andrea Dodero è genovese di nascita ma romano d’adozione, anche perché la sua passione si è tramutata ben presto in un mestiere, portandolo a vivere nella capitale. Come ammette lui stesso, di gavetta ne ha fatta poca, col Centro sperimentale di cinematografia desiderato e poi lasciato, in quanto i ruoli via via più grandi non erano conciliabili con gli studi.
La grande visibilità è arrivata con la serie Sky Blocco 181, presto però lo vedremo al fianco di nientemeno che Denzel Washington in The Equalizer 3 e poi, in primavera, in The Good Mothers su Disney+.

Andrea Dodero
Faux leather jacket Adelbel

Quindi sei genovese.

Sì, ho trascorso lì i miei primi diciannove anni, anche se ora di base vivo a Roma e poi giro, a seconda di dove mi porta il set o la produzione.
All’inizio facevo il pasticcere, devo ammettere che non mi piaceva, però serviva a mettere soldi da parte per quello che avrei voluto fare dopo.

Blocco 181 attori
Jacket and pants KNT, vest Malo, sunglasses Kyme

Sei giovanissimo ma hai collezionato tutti ruoli importanti, come sei finito a fare l’attore?

In realtà ho fatto tanti piccoli ruoli prima di quelli di rilievo e di arrivare a Blocco 181, che mi ha dato la popolarità, non so se si possa effettivamente chiamare gavetta. Ad ogni modo, ho sempre sperimentato la recitazione, sin da piccolo. Nel periodo matto dell’adolescenza invece ho abbandonato, ma a un certo punto, chiacchierando con un amico, ho capito che ero infelice a fare il pasticcere; dopo vari provini, sono entrato quindi al Centro sperimentale, che alla fine ho frequentato solo per un anno e mezzo, poi ho iniziato a lavorare e ho lasciato.

“Mi sono ritrovato a interpretare “cattivi” che, però, non erano affatto stereotipati”

Ultimamente tantissimi attori provengono da Genova, non so, vi danno qualcosa di speciale da mangiare?

Credo siano le polveri dell’Italsider, non ne sono sicuro (ride, ndr), comunque sì, siamo un bel po’. Da ragazzino frequentavo una scuola amatoriale, era un crocevia di persone interessanti e appassionate che ci facevano da insegnanti; ci hanno trasmesso una grande voglia di trasformare la recitazione in un mestiere, sono usciti da lì grandi nomi come Francesco Patanè, Riccardo Maria Manera e altri ancora.

Andrea Dodero serie
Suit Antony Morato, sweater Avant Toi

Ti fanno sempre interpretare ruoli da cattivo, come sei nella realtà?

Devo cercare anch’io di darmi una risposta in questo senso, soprattutto perché mi fanno fare serie molto dark, come Blocco 181, un crime, o anche The Good Mothers, che racconta fatti di cronaca legati alla ‘ndrangheta, realmente accaduti. Mi son ritrovato a interpretare dei personaggi “cattivi” che, però, non erano affatto stereotipati.

Andrea Dodero social
Vest Davii, rings Diuma

So che sei in Costiera Amalfitana, sul set di The Equalizer 3 con Denzel Washington, cosa vuoi dirci a riguardo?

Ecco, in questo momento sto facendo un vero cattivo e mi trovo ad Atrani. Denzel Washington è il mio attore preferito (non lo dico tanto per dire, lo avevo confessato in un’intervista di qualche mese fa, carta canta), ed eccomi a recitare insieme a lui; la vita può davvero sorprenderti, in modi incredibili.
Recito in parte in inglese, in parte in italiano, anche se la cosa che mi ha maggiormente stupito è la padronanza della lingua italiana di Denzel, viene in vacanza nel nostro paese con sua moglie da oltre trent’anni.

“In The Good Mothers, un Lancillotto moderno, sarò un personaggio positivo”

In primavera uscirà l’attesissima The Good Mothers su Disney+, parlami del tuo personaggio.

Sarà la terza serie italiana targata Disney+, diretta da Julian Jarrold che è stato anche tra i registi di The Crown. Recito in calabrese, dialetto che peraltro non conoscevo, sicuramente verrà sottotitolato, come già successo in prodotti come Gomorra.
Mi sono preparato alla parte con un amico calabrese che mi ha fatto diciamo da coach, stavolta sarò un personaggio positivo, la storia ruota intorno a un amore proibito tra lui, scagnozzo del boss, e sua figlia, un Lancillotto moderno diciamo. La vicenda è stata tratta dalle registrazioni dei processi e poi romanzata.

KNT brand uomo
Suit KNT, necklace Giovanni Raspini, boots Bruno Bordese

Credits

Talent Andrea Dodero

Editor in Chief Federico Poletti

Text Fabrizio Imas

Photographer Davide Musto

Fashion Editor Rosamaria Coniglio

Ph. assistant Valentina Ciampaglia

Grooming Christian Vigliotta @Making Beauty Management

Location Teatro Brancaccio Roma

Nell’immagine in apertura, Andrea Dodero indossa giacca e pantaloni KNT, gilet Malo, occhiali da sole Kyme

Al cinema una nuova versione animata de ‘Lo schiaccianoci’

Il 3 novembre torna nelle sale cinematografiche un grande classico, Lo schiaccianoci, tra i capolavori assoluti del teatro ottocentesco. Si tratta, nello specifico, di una nuova versione animata dell’opera, intitolata Lo schiaccianoci e il flauto magico, con la voce della famosissima e talentuosa youtuber e tiktoker Charlotte M.; diretta da Vikor Glukhusin, la pellicola è distribuita da Notorious Pictures.

Lo schiaccianoci e il flauto magico
Lo schiaccianoci e il flauto magico

La storia più romantica di sempre torna dunque sul grande schermo, in una nuova veste per tutta la famiglia. Ispirato al grande classico di Alexandre Dumas padre e con le celebri musiche del compositore e musicista russo Pëtr Il’ič Čajkovskij, il film racconta la storia di Marie, una ragazza che ama danzare ed è molto affezionata ai suoi giocattoli. Alla morte del padre, la giovane esprime un desiderio e, come per incanto, i suoi amici giocattoli prendono vita; scopre così che il suo schiaccianoci è, in realtà, l’amato principe George. A quel punto ha inizio un’avventura incredibile, tutta al femminile e piena di colpi di scena, che si dipana tra divertenti peripezie, amore e tanta magia.

Una favola animata ricca di colpi di scena, divertimento e magia

Lo schiaccianoci film animazione 2022

A dare voce alla protagonista, come detto, è la star del web Charlotte M., giovanissima content creator, idolo dei suoi coetanei grazie a un bacino digitale che supera il milione di follower. Charlotte M. debutta con l’occasione nel doppiaggio, ma il suo talento artistico è ben più ampio, ed è stata protagonista nell’editoria come pure nella musica, tanto da essere già presente sulla piattaforma leader dello streaming musicale, Spotify.

Scrittrice, personaggio dei fumetti, doppiatrice, cantante, con Lo schiaccianoci e il flauto magico potrà ora arricchire il suo curriculum artistico con un nuova voce, quella di protagonista del film di Notorious Pictures, che tra pochi giorni arricchirà la programmazione dei cinema italiani con un avvincente remake animato di una fiaba immortale; dopo oltre 150 anni dalla sua comparsa, infatti, l’opera tratta dal racconto di Dumas padre e musicato nel 1891 da Čajkovskij non ha perso un grammo della sua rilevanza e attrattiva, trasversale a tutte le generazioni.

Lo schiaccianoci Charlotte M

Federica Torchetti, lanciata dalle stelle

A soli 27 anni, il curriculum dell’attrice Federica Torchetti è già notevolissimo, comprende infatti diverse pellicole e serie di spessore, da La scuola cattolica L’ultimo Paradiso, dal crime distopico Mondocane a Zero su Netflix. La grande occasione arriva adesso proprio con la piattaforma di streaming americana, su cui è disponibile, dal 5 ottobre, la pellicola Per lanciarsi dalle stelle, di cui è protagonista. Abbiamo parlato con lei (anche) di questo.

Federica Torchetti
Total look Gucci

Sei fortunata o brava, perché finora hai scelto copioni bellissimi con ruoli incredibili, La scuola cattolica prima, Per lanciarsi dalle stelle ora…

Sono un’attrice, quindi faccio tanti provini, la chiave sta nel trovare quello giusto e farlo bene. Diciamo che a me piacciono le storie inusuali, quando mi capitano personaggi come Sole (Santoro, protagonista del film diretto da Andrea Jublin, ndr) mi diverto tantissimo perché posso osare nel fare proposte, parte tutto da lì.

A quanto pare la storia è ambientata nella tua terra, la Puglia.

Esatto, sono di Bisceglie e il film è stato girato a Conversano e altri posti magnifici come Polignano a Mare; tutti luoghi impressi nella mia memoria da sempre.

Federica Torchetti Netflix
Total look Gucci

“A me piacciono le storie inusuali, quando mi capitano personaggi come Sole mi diverto tantissimo perché posso osare”

Parlami del tuo personaggio, Sole.

È una ragazza di venticinque anni che vive a Conversano, appunto, un paesino che ormai le sta stretto. Sin da quando era piccola soffre di un disturbo d’ansia generalizzato, l’unica persona con cui riusciva ad esprimersi veramente era Emma, la sua migliore amica, che purtroppo non c’è più; da quel momento, come si vede nel film, tutte le sue paure aumenteranno.
Sole non si sente mai abbastanza bella o intelligente, vorrebbe essere chiunque – tranne se stessa – e andarsene, ma non riesce neanche a capire in quale luogo potrebbe sentirsi bene.

Tu sei una ragazza ansiosa?

Sicuramente non soffro di un vero e proprio disturbo, ho le ansie comuni a tutte le ragazze della mia età. In più, questo lavoro ti rende in un certo senso figlio dell’ansia, che va a braccetto con il precariato, è solo quando degenera nel malessere che va assolutamente curata.

Federica Torchetti Per lanciarsi dalle stelle
Total look Gucci

Come mai secondo te i/le ragazzi/e, oggi, soffrono quasi tutti d’ansia?

Se penso a me, al mio percorso scolastico, posso dire di non essermi mai sentita sicura in questa società, non ho mai avuto la certezza che, dopo gli studi, avrei potuto svolgere il lavoro che volevo. Sono stata adolescente intorno al 2010, mi rendevo conto che la situazione là fuori non era come quella che avevano vissuto i miei genitori. Poi l’elemento negativo di noi giovani è che siamo impazienti, e il mondo è sempre più veloce. Banalmente parlando, prima una notizia o argomento dovevi andarli a cercare su giornali ed enciclopedie, tutto questo si rispecchia anche nell’immediatezza della vita quotidiana.

Per lanciarsi dalle stelle è un film che affronta con leggerezza e rispetto il tema dell’ansia”

Secondo te è sempre stato così oppure, col fatto che se ne parla spesso, ora la questione viene a volte enfatizzata?

Restando sulla velocità delle informazioni, credo che i social siano un’arma a doppio taglio, a volte per la fretta si usano in maniera sbagliata. Il lato positivo, invece, è che chi ha realmente dei problemi può sentirsi meno solo, anzi, in compagnia di tante altre persone con lo stesso disagio; così diventa più facile riprendersi, come in una grande terapia di gruppo.

Secondo te perché il pubblico deve vedere Per lanciarsi dalle stelle?

È un film che affronta con leggerezza e rispetto il tema dell’ansia, nel senso che il dramma ti arriva però, allo stesso tempo, ti fa capire che a volte bisogna semplicemente accettarsi, sebbene non vada tutto per il meglio.

Spiegami il significato di questo titolo così particolare.

Penso sia una sorta di metafora della vita, lanciarsi, buttarsi, anche nelle cose più piccole, che sia proporsi alla persona che ci piace da tempo, mandare un curriculum o fare un viaggio. Le stelle, poi, vengono citate perché talmente distanti da noi che danno il senso dell’impossibile.

Federica Torchetti 2022
Total look Gucci

Credits

Talent Federica Torchetti

Photographer Francesco Guarnieri

Hair Daniele Esposito

Press & image laPalumbo Comunicazione

Nell’immagine in apertura, Federica Torchetti indossa total look Gucci (ph. by Francesco Guarnieri)

Gianmarco Galati, ballerino (anche) al cinema con ‘Backstage – Dietro le quinte’

Gianmarco Galati, romano dei Castelli, ballerino professionista di danza latino-americana, si ritrova a soli ventitré anni ad essere protagonista di un film che sembrava scritto per lui: Backstage – Dietro le quinte, produzione Amazon Prime Video che lo vede in scena insieme ad altri giovani (aspiranti) artisti, disposti a qualsiasi sacrificio pur di ottenere il provino che forse gli cambierà la vita.

Era dai tempi di Saranno famosi, serie di successo planetario degli anni ‘80, che non si vedeva affrontare la tematica del dietro le quinte in maniera così approfondita.

Gianmarco Galati film
Gianmarco Galati (il primo a destra) in una scena di Backstage – Dietro le quinte (ph. by Maria Marin)

Sei ballerino professionista prima che attore, raccontami.

Nasco come ballerino di latino-americano, inizio prestissimo, ovvero all’età di quattro anni, con la passione tramandata in famiglia da mio zio; successivamente, con la scelta della scuola superiore, ho scoperto che esisteva la possibilità del liceo coreutico, che univa gli studi classici alla danza contemporanea. La preparazione per l’esame di ammissione è durata sei mesi, l’ho frequentato e mi sono diplomato.

“Il desiderio, il sogno non devono mai essere ostacolati, anzi, vanno alimentati insieme all’ambizione”

Dimmi qualcosa in più di Backstage – Dietro le quinte, a vedere il trailer sembra una versione italiana di Saranno famosi, sono cresciuto con quella serie tv

Racconta molto di più che una semplice audizione, in quanto si concentra sulle storie di un gruppo di ragazzi focalizzati sui propri obiettivi, nonostante le problematiche esistenziali tipiche dei vent’anni. Il desiderio, il sogno non devono mai essere ostacolati né dai genitori né dalla scuola, anzi, vanno alimentati insieme all’ambizione.

Gianmarco Galati Backstage
Galati in una foto di scena insieme a Geneme Tonini/Sara (ph. by Maria Marin)

Siete un bell’ensemble, cosa puoi dirmi a proposito?

Siamo stati un bel gruppo, abbiamo collaborato e condiviso tanto, non solo nel film ma anche nella vita reale, trascorrendo serate ad ascoltare musica, dormendo insieme, vedendo film che potessero ispirarci. È stato un lavoro particolare, quasi come se fossimo a scuola, immersi però in un ambiente familiare.

Parlami del tuo personaggio.

Di Flavio non si sa tantissimo, tranne che è molto legato a quella che è la sua fidanzata nel film, Sara; ha bisogno di essere sostenuto da lei, come succede alla nostra età, in cui ti viene voglia di condividere tutto, soprattutto se si è legati dalla stessa passione, ossia la danza.
Nel film tra i due personaggi vedremo svilupparsi una scelta evolutiva, e questo è un altro punto saliente del racconto, ovvero tagliare i rami secchi.

“Vedo le sfide come un momento per migliorarsi”

Dove avete girato?

Interamente a Roma, per due settimane intere al Teatro Sistina. Peraltro è il primo film ospitato dal teatro, ballare in quel luogo magico, per di più ripresi dalle telecamere, è stato veramente il massimo delle emozioni che ho provato in questo lavoro.

Hai quest’aria austera tipica del ballerino, sei veramente così?

No anzi, mi sento e mi descrivo come una persona molto pacata. Provo amore verso tutti, è davvero difficile che senta risentimento verso qualcuno, vedo le sfide come un momento per migliorarsi.

Backstage dietro le quinte film
La locandina del film

Nell’immagine in apertura, un ritratto di Gianmarco Galati (ph. by Maria Marin)

‘Life is (not) a game’, alla Festa del Cinema il documentario sulla street artist Laika

Il 17 ottobre alla Festa del Cinema di Roma, nella sezione Freestyle, verrà presentato Life is (not) a game, documentario con protagonista la street artist Laika; esordio alla regia di Antonio Valerio Spera, è prodotto da Morel Film e Salon Indien Films.

Il film non è un convenzionale documentario artistico, né un classico biopic, ma il racconto degli ultimi due anni della nostra vita osservati dal punto di vista della celebre artista romana, autrice di opere famosissime come #JeNeSuisPasUnVirus, dedicata a Sonia, nota ristoratrice cinese della capitale, che denuncia gli atti di razzismo contro la comunità cinese prima dello scoppio della pandemia; o L’abbraccio, il celebre poster attaccato nei pressi dell’ambasciata egiziana di Roma, in cui Giulio Regeni abbraccia Patrick Zaki rassicurandolo del fatto che “stavolta andrà tutto bene”.

Una pellicola che racconta il lavoro della celebre street artist, in bilico tra ironia e impegno sociale

Il racconto di Spera inizia proprio nel 2020: si passa dalla discriminazione della comunità cinese all’obiettivo “immunità di gregge” di Boris Johnson, dalle conseguenze economiche della pandemia fino alla guerra in Ucraina. Rispettando l’anima creativa della protagonista, il documentario si presenta con un’impronta pop definita da contaminazioni e omaggi, in bilico costante tra ironia e profondità d’analisi.

Laika street artist
Laika

La macchina da presa segue Laika nei blitz notturni, nel confinamento durante i duri mesi del lockdown, per poi accompagnarla in Bosnia all’inizio del 2021, quando decide di intraprendere il viaggio sulla rotta balcanica per denunciare le atroci condizioni di vita dei migranti; infine in Polonia, al confine con l’Ucraina, nell’aprile di quest’anno.
Life is (not) a game racconta dunque, partendo dalla cronaca, un percorso artistico fatto di fantasia, adrenalina, “gioco”, e il parallelo crescendo della coscienza civile di Laika. Un percorso che la porta a mettere gradualmente da parte l’anima ludica del suo lavoro e la spinge fuori dai confini nazionali, per lasciar esplodere esclusivamente rabbia e denuncia.

Girato tra Roma, la Bosnia, Francoforte e la Polonia, il film mutua il suo titolo da una delle opere di Laika affisse nel suo viaggio sulla rotta balcanica, Life is (not) a game, appunto. Il poster è una denuncia esplicita della violenza praticata dalla polizia sui migranti che effettuano il cosiddetto “game”, com’è definito il tentativo di attraversare il confine con la Croazia. L’uso delle parentesi nel titolo vuole evocare la doppia anima dell’autrice, fra ironia e impegno sociale.

Laika Festa Cinema Roma
La locandina del film

Nell’immagine in apertura, un ritratto della street artist Laika

Grande successo per la sfilata Morfosis F/W 2022-23 alla Galleria del Cardinale di Roma

Più di trecento persone sono accorse domenica 9 ottobre 2022 alla sfilata Morfosis Fall/ Winter 22-23, Imperfezioni 9. Il brand della stilista Alessandra Cappiello, per la presentazione della collezione, sceglie nuovamente lo storico Palazzo Colonna, nel cuore della città eterna, questa volta la prestigiosa Galleria del Cardinale.

Nelle sale patrizie dell’edificio va in scena così un evento dedicato a stampa e private clients presentato da Elena Parmegiani, Direttore Eventi della Galleria del Cardinale e della Coffee House di Palazzo Colonna, nonché giornalista di moda e costume. Una sfilata dal sapore rock, quella per l’Autunno/Inverno 2022, grazie alla musica della dj Blade. Nel parterre vip spiccano le presenze di Anna Falchi, Liliana Fiorelli, Lucia Mascino, Eugenia Costantini, Angelica Giusto, Grazia Schiavo, Sofia Taglioni e Jacopo Rampini.

La bellezza dell’imperfezione al centro della collezione disegnata da Alessandra Cappiello

Come sempre è la consapevolezza dell’imperfezione, che caratterizza l’essere umano nella sua indole più profonda, a simboleggiare la forza della donna Morfosis e il filo conduttore dello show. La direttrice creativa del marchio la riassume così: “Scegliere uno stile scintillante restando ancorati alla realtà, alla quotidianità, all’eleganza di quel vestito, quella camicia, quel cappotto che proprio vorremmo sempre ritrovare nel nostro armadio. Affermare il proprio modo di essere attenti alle risorse del pianeta scegliendo capi destinati a restare nel tempo”. In passerella velluti e sete si affiancano alla leggerezza dei pizzi e alle trame dei preziosi jacquard, dove tralci di rose si abbracciano tra loro e le fantasie si sovrappongono, miscelandosi per creare look eleganti e sempre graffianti in ogni occasione, questa volta anche per le spose.

Morfosis moda brand
Il finale dello show (ph. by Michele Simolo)

Uno stile esclusivo nella continuità con l’artigianato, la manualità e la preziosità di una volta. La ricerca dei dettagli materici è frutto della collaborazione coi migliori artigiani e atelier europei; tutto concorre all’obiettivo di un prodotto finale mai scontato, non omologato.

Gli abiti sono esaltati dalla cornice, costruita nel 1730 dall’architetto Paolo Posi, le cui colonne si narra provengano dal Pantheon. La struttura della Galleria del Cardinale Colonna era originariamente destinata a biblioteca e sala espositiva della ricca collezione pittorica ed archeologica della famiglia. La Sala da Ballo, ai tempi dell’affittuario ambasciatore di Francia, nel 1803 ospitò la cerimonia del battesimo delle due gemelle Savoia, Maria Teresa e Maria Anna, futura imperatrice d’Austria. Una selezione di capi della collezione è già disponibile in un pop-up store al Coin Excelsior di via Cola di Rienzo.

Nell’immagine in apertura, Alessandra Cappiello con le due spose al termine del défilé Morfosis F/W 2022 (ph. by Michele Simolo)

Sean Teale, il “nemico” di Romeo e Giulietta

Raggiungo Sean Teale via Zoom perché si trova a Los Angeles, dove il 6 ottobre, all’El Capitan Theatre, nel cuore di Hollywood, ha debuttato Rosaline, produzione della 20th Century Studio nonché “spin-off” di Romeo e Giulietta, disponibile dal 14 ottobre su Disney + e Hulu in altri paesi.

L’entusiasmo intorno a questo progetto è davvero incredibile, promette due ore di vero intrattenimento e colpi di scena, che di questi tempi fanno bene a tutti.
Ad ogni modo il ragazzo, inglese con origini venezuelane, non si ferma: ha infatti appena finito di girare una miniserie thriller per Netflix, di cui non può ancora svelare il nome, che uscirà nel 2023.

Sean Teale 2022
Sean Teale (ph. by Nick Thompson)

Intervista con Sean Teale

Allora com’è andata la prima di Rosaline, ieri sera?

Come puoi sentire dalla mia voce roca, mi sono divertito; non fumo, solo ho riso talmente tanto che le mie corde vocali mi hanno abbandonato.
Per me, comunque, è stata l’occasione per rivedere tutto il cast del film, con cui ho trascorso il miglior “campo estivo” di sempre in Italia, e per celebrare tutti insieme il lavoro svolto. Si tratta di una commedia e la risposta al cinema è stata ottima, quindi siamo stati davvero felici.

Si tratta di una sorta di spin-off di Romeo e Giulietta, giusto?

Esattamente, non si può parlare della stessa storia nello stesso modo, quella di Rosaline è un’angolazione diversa. Se Leonardo DiCaprio in Romeo + Giulietta girava con una camicia hawaiana noi abbiamo osato molto di più, ecco.

Raccontami di Dario, il tuo personaggio nel film.

Dario è davvero un ragazzo fantastico, un militare pluridecorato che in realtà non vorrebbe essere coinvolto nella storia; infatti, quando arriva a Verona, vorrebbe solo starsene in santa pace dopo aver navigato tanto in mare, tra Genova e Venezia. Forse vorrebbe anche trovare l’amore della sua vita ma, ad un certo punto, incontra Rosaline che è un vero uragano, pronta a stravolgere i suoi piani.

Dove avete girato in Italia?

La cosa più divertente è che non siamo stati neanche un giorno a Verona, incredibile no? Questa è la vera bugia del cinema, è tutta un’illusione, abbiamo girato tra Roma, Viterbo e San Gimignano, tutti posti magnifici ma, purtroppo, mai nella città dove ha luogo il romanzo.

“Mi ricarico quando sono circondato da persone e posso ascoltarle, parlarci, soprattutto ridere insieme”

Romeo Giulietta 2022 film
Sean Teale (ph. by Nick Thompson)

Hai imparato un podi italiano mentre eri nel Bel Paese?

Un pochino sì, anche perché mio padre viene dal Venezuela, è nato a Milano e ora vive a Parigi, io poi in ogni contesto son sempre stato quello dai tratti somatici mediterranei. Sul set addirittura ognuno incaricava me di prenotare cene, taxi, qualsiasi cosa; diciamo quindi che mi sono dovuto arrangiare.

Qual è stato il momento più divertente delle riprese?

Guardando adesso come sono andate le cose, è stato quello della scena più divertente del film, girata per due giorni in un bellissimo monastero antico; eravamo davvero tanti, quando il regista o il suo assistente cercavano di richiamarci all’ordine eravamo come gatti selvatici, indomabili. Una scena veramente cruciale, è quella dove muore Romeo.

“Mi rimane quel senso di giustizia che mi porta a lottare ogni qual volta vedo persone in difficoltà o che hanno bisogno di aiuto”

Sean Teale
Sean Teale (ph. by Nick Thompson)

Cosa ti rende veramente felice nella vita?

A dire la verità trovo che la vita sia davvero complicata, tra famiglia, lavoro, amici e sovrastrutture che ci impone la società, l’industria del cinema, poi, non è sicuramente tra le più facili. Di certo una cosa che amo è conoscere persone nuove. Come tutti ho bisogno dei miei momenti di solitudine, ma la realtà è che mi ricarico quando sono circondato da persone e posso ascoltarle, parlarci, soprattutto ridere insieme. Anche il calcio mi rende felice.

E, all’opposto, cosa ti fa davvero arrabbiare?

Semplice, il calcio! Da ragazzo sono cresciuto con l’idea di diventare avvocato, poi la vita mi ha portato a fare l’attore, ma rimane in me quel senso di giustizia che mi porta a lottare ogni qual volta vedo persone in difficoltà o che magari hanno bisogno di aiuto; l’ingiustizia, in effetti, mi fa davvero arrabbiare. Comunque, ho potuto provare l’ebbrezza di vestire i panni di un avvocato in una serie tv, avvicinandomi molto al mio sogno di un tempo.

Rosaline film 2022
Sean Teale (ph. by Nick Thompson)

Credits

Talent Sean Teale

Photography Nick Thompson

Styling Fabio Immediato

Grooming Shukeel Murtaza 

The Look of the Year 2022, la finale italiana

La scorsa settimana la Sicilia ha accolto per la prima volta uno dei concorsi di bellezza più famosi al mondo, The Look of the Year, che individua – e premia – modelle e modelli destinati, con tutta probabilità, a diventare futuri big delle passerelle. Tra Gela, Scala dei Turchi e Agrigento si sono infatti svolte le prefinali, per arrivare poi alla finale al teatro Luigi Pirandello, nella città dei templi.
Il celebre concorso, negli anni, ha visto trionfare supertop come Cindy Crawford, Gisele Bündchen, Linda Evangelista, Stephanie Seymour, fino ad arrivare a volti noti della scena nostrana, da Elena Santarelli a Natasha Stefanenko ed Elenoire Casalegno.

Quest’anno la direzione è stata affidata a Mario D’Ovidio dell’omonima agenzia di model management, affiancato nell’organizzazione dalla brillante ed efficientissima Veronica Caruso; con il loro team, sono riusciti a tenere insieme nel coordinamento sessanta ragazze, provenienti da tutte le regioni. Durante l’evento hanno sfilato le prefinaliste, che hanno vissuto il taglio da 60 a 30 e poi da 30 a 15.
A sposare il progetto, grandi stilisti e marchi come Parah, JMonteiro, Gabriele Bonomo di Jariel e Ivana Pantaleo di Nanaleo Clotherapy.

The look of the year finale 2022
La finale italiana di TLY 2022 al teatro Pirandello di Agrigento

6 ragazze italiane parteciperanno alla finale mondiale di Sanremo, dal 18 al 23 ottobre

A presentare la kermesse, per tutte le serate conclusive, Angelo Palermo e la bellissima, plurifasciata Serena Petralia, una donna dal fascino tutto mediterraneo. Facevano parte della giuria tecnica, che ha osservato per giorni le candidate e ha poi scelto le rappresentanti italiane di The Look of the Year, oltre alla modella siciliana – ma milanese d’adozione – Dalila Mendola, la tiktoker (nonché Miss Sicilia 2022) Giulia Vitaliti e Julia Magrone, influencer da milioni di views, entrambe provenienti dal mondo della moda ma con uno sguardo attento a quello del cinema.

The look of the year italia finaliste
Carlotta Gallina

Il lungo e attento lavoro della giuria, coadiuvata dal direttore nazionale, ha portato alla scelta delle rappresentanti dei 6 titoli di TLY che rappresenteranno l’Italia alla finale mondiale, in programma a Sanremo dal 18 al 23 di ottobre. La vera vincitrice, però, è stata la 16enne Carlotta Gallina, altissima, bellissima e determinata nonostante l’età, che insieme alle vincitrici delle altre fasce si è aggiudicata la finalissima. Le ragazze che accederanno alla finale mondiale saranno in tutto 12: oltre a Gallina, Gioia Sartor, Dea Di Pucchio, Miriam Messina, Michelle Perez, Kimberly Mentor, Morena Ferrera, Camilla Franchetto, Isabel Tramontina, Greta Remorgida, Taisiia Bugaets e Aurora Solarino, che si è aggiudicata il pass durante la stagione.

Nell’immagine in apertura, un momento della finale al teatro Pirandello di Agrigento

‘Wanna’, la serie Netflix sulla famigerata teleimbonitrice italiana

È appena uscita (il 21 settembre) la docuserie prodotta da Netflix Wanna, con testimonianze e filmati d’epoca che ripercorrono la rocambolesca ascesa al successo di Wanna Marchi. Si parla dei primi anni ‘80, quando in ogni paesino sorgeva una tv privata che cercava di presentare o vendere qualcosa, tanto da far diventare il piccolo schermo un grande supermercato. La Marchi, che aveva origini umili, contadine, ha capito da subito che questo nuovo modo di vendere e far pubblicità poteva fare al caso suo.

Wanna Marchi Netflix
Wanna Marchi nello studio di Lupo solitario, nel 1987 (ph. by Mondadori Portfolio/Mondadori via Getty Images)

Ascesa e caduta della più famosa teleimbonitrice italiana

Sono tante le vite vissute dall’ex regina delle televendite: la prima ascesa fu inarrestabile, con guadagni che arrivavano fino a cinque miliardi di lire al giorno, qualcosa di praticamente inimmaginabile sino a quel momento.
Lo “scioglipancia”, che in realtà non ha mai sciolto nessuna pancia, era diventato un must-have per tutti gli italiani, che rimanevano ore ed ore a guardare le sue trasmissioni.
Da un piccolo negozio a Ozzano dell’Emilia si spostò rapidamente in uno più grande, dal piccolo appartamento degli inizi a una grande villa, poi il superattico a Milano Marittima, una sorta di Dynasty de noantri insomma.

Wanna Marchi Stefania Nobile serie
Wanna Marchi e Stefania Nobile al Maurizio Costanzo Show

La figlia e complice, Stefania Nobile, racconta di aver speso più di quindici miliardi in orologi. Una vita sfarzosa che le portò alla bancarotta nel giro di qualche anno, anche a causa della pessima gestione del denaro di entrambe, che avrebbero poi ammesso come i soldi avessero dato loro alla testa.
A seguire, l’accostamento alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo, decine di persone indagate, procedimenti che sono andati di pari passo ai maxiprocessi dei mafiosi condannati al 41 bis.

Una volta conosciuto Attilio Capra De Carré, vicino di casa in Sardegna, un uomo facoltoso, forse marchese, sicuramente con conoscenze che comprendevano Marcello Dell’Utri e altri esponenti politici, il gioco era fatto, la ricostruzione di un nuovo impero delle Marchi è alle porte.
Non vi era trasmissione che non volesse ospite la teleimbonitrice, era diventata la prezzemolina di Rai e Mediaset, garantiva sempre l’effetto shock sul pubblico. Anche in questo caso, però, il sodalizio durò poco, Wanna e Stefania decisero infatti di ritentare da sole, anzi, in compagnia del Maestro do Nascimento, il quale altri non era che il cameriere di De Carré, in una nuova società nata nel 1996, Asciè.

La nuova avventura televisiva col Maestro do Nascimento, tra malocchi, talismani e numeri fortunati

Abbandonate le alghe e le creme, in questa nuova avventura avrebbero puntato tutto sulle loro abilità di teleimbonitrici vendendo numeri fortunati, che non sarebbero mai usciti, e sulla debolezza di persone disperate in cerca di un appiglio.
Il pino era di fidelizzare il cliente con i numeri fortunati per poi poter di conseguenza vendere loro talismani, sali ed amuleti per togliere malocchi e augurare la buona sorte, tutto privo di senso e fondamenta ovviamente.
Il castello crollò grazie a un’inchiesta giornalistica condotta da Jimmy Ghione per Striscia la notizia, che le portò a un altro processo, con numerosi indagati, altrettante condanne e una lista di persone da risarcire che richiedeva cinque minuti per essere letta.

Wanna serie tv
La Marchi in una scena di Wanna

La conclusione è arrivata nel marzo 2009 con la condanna a 9 anni e sei mesi per Wanna Marchi e nove anni e quattro mesi per sua figlia. Tre anni, invece, a Francesco Campana, compagno di Marchi, con la motivazione di bancarotta fraudolenta per il fallimento della società Asciè.
Nel 2011 è stata concessa ad entrambe la semilibertà, insomma tante parole e sofferenza arrecata alle vittime per un pugno di sabbia, non credo sia stata fatta davvero giustizia. Nonostante il carcere, la signora Marchi non sente ancora la necessità di un pentimento, sostiene anzi che certe persone vadano fregate, perché quello è il loro destino.

Wanna Marchi serie 2022
Wanna Marchi e Stefania Nobile in una delle loro famigerate televendite

Nell’immagine in apertura, Wanna Marchi in un episodio della docuserie Netflix

Miguel Gobbo Diaz alla Mostra del Cinema di Venezia con ‘Il tempo è ancora nostro’

L’attore Miguel Gobbo Diaz, di origine dominicana ma naturalizzato italiano, è un volto conosciuto grazie a diverse serie di successo, su tutte Nero a metà, che lo ha consacrato presso il grande pubblico.
Non nuovo al Festival del Cinema di Venezia, anche quest’anno è approdato in laguna direttamente dalla sua Vicenza, per un ottimo motivo: la presentazione del film di Maurizio Matteo Merli Il tempo è ancora nostro, presso lo Spazio Hollywood Celebrities Lounge, che vedremo in sala nel 2023.

Miguel Gobbo Diaz
Miguel Gobbo Diaz, ph. by Cosimo Buccolieri

Come racconta Miguel, non è la prima volta che si trova a collaborare con il regista, li accomuna anzi un rapporto di stima ed affetto reciproco.

Come ci sente il giorno prima dell’arrivo alla Mostra del Cinema di Venezia?

Direi molto bene, è un qualcosa che ogni attore ama e aspetta in ogni occasione in cui ci sia da presentare un nuovo progetto, in più sono in Veneto, a casa mia quindi, e indubbiamente mi sento in una zona di comfort che mi rende felice.

Nero a metà attori
Miguel Gobbo Diaz, ph. by Cosimo Buccolieri

“Questo progetto è un’ottima opportunità per dimostrare che Maurizio Matteo Merli è davvero un talento”

Cosa puoi dirmi riguardo il film appena presentato, Il tempo è ancora nostro?

Si tratta di un’opera prima, ma il regista, Maurizio Matteo Merli, ha una grandissima esperienza e tanti altri progetti in lavorazione; a mio parere, inoltre, è un bravissimo scrittore, non è la prima sua sceneggiatura che leggo, devo dire che sono sempre state tutte di ottimo livello, in più abbiamo un bellissimo rapporto. Ci conosciamo dal lontano 2014, quando abbiamo girato La grande rabbia di Claudio Fragasso; questo progetto è un’ottima opportunità per dimostrare che è davvero un talento.

Miguel Gobbo Diaz Instagram
Miguel Gobbo Diaz, ph. by Cosimo Buccolieri

Raccontami del personaggio che interpreti.

Il mio è un giovane antagonista che darà filo da torcere al protagonista Tancredi. Posso dirti che ruota tutto intorno all’ambiente del golf; molto bello quindi, perché parla di uno sport che fino a qualche anno fa era praticamente inaccessibile per le persone comuni, a causa dei costi elevati delle strutture ospitanti. Ora invece le cose stanno un po’ cambiando, è una disciplina che si sta avvicinando anche alle classi meno abbienti, dando delle opportunità a persone che potenzialmente potrebbero diventare dei campioni.
Il servizio che può fare il film è proprio quello di sensibilizzare il pubblico nei confronti di questa disciplina sportiva. Il mio personaggio, che si chiama Paco ed è veneto, è un campione al top sia a livello nazionale che internazionale, e allo stesso tempo riesce a riscattare la propria vita, sarà bello proprio per tutti gli intrecci che si sviluppano.

E tu? Sei appassionato di golf?

La verità è che mi sto avvicinando adesso a questo sport, anche se già qualche anno fa, mentre ero a Roma per girare Nero a metà, mi ero ritrovato a guardare alcune partite; devo dire che mi ha appassionato da subito, quindi ho provato, ho giocato e forse adesso mi allenerò. È una passione che potrebbe crescere.

Miguel Gobbo Diaz film
Miguel Gobbo Diaz, ph. by Cosimo Buccolieri

Credits

Talent Miguel Gobbo Diaz

Photographer Cosimo Buccolieri

Styling and production Romina Piperno

Grooming Kim Gutierrez @Studio Repossi

Press office Lorella Di Carlo

Agency TT Agency

Nell’immagine in apertura, Miguel Gobbo Diaz ritratto da Cosimo Buccolieri

Glitterbox, the best party in Ibiza

La stagione estiva 2022 non si è ancora conclusa ma, con le cifre portate a casa dalla Spagna e dalle isole Baleari, si può già dire che sia stata esplosiva, con numeri turistici da record.

Come sempre gli italiani e gli inglesi sono i più assidui frequentatori della isla bonita, anche se quest’anno è stata predominante la presenza degli americani, un po’ per le crociere, un po’ per l’attrazione del clubbing in sé. Ovviamente l’offerta per i club-goer è sempre di livello superiore, possiamo comunque dire che, nel complesso, è stata altissima la qualità di questa stagione post-pandemica.

Hi Ibiza discoteca
Una serata Glitterbox all’Hï Ibiza

Glitterbox, la serata cult del club numero uno al mondo

Il Glitterbox all’Hï Ibiza è sicuramente l’evento cui non si può mancare, in scena tutte le domeniche con atmosfera e musica da portare con sé anche al ritorno dalle vacanze.
Ho avuto l’occasione di parlarne con Fabiano Goulart, Brand Ambassador e VIP Host del party, che si occupa dell’accoglienza di ospiti da tutto il mondo.

Glitterbox Ibiza 2022

Partiamo dal locale che ospita la serata, ovvero l’Hï Ibiza, giudicato da diversi anni consecutivi il club numero uno al mondo da DJ Mag. Sorto sulle ceneri del celeberrimo Space, è stato ricreato come un luogo elegante e raffinato, con un impianto stereo da far invidia ai migliori concerti di Las Vegas; non a caso i migliori dj internazionali fanno carte false pur di potervi suonare. La maggior parte di essi fa parte di quella che è la più grande e storica etichetta discografica al mondo di house music, ovvero la Defected. Lo spirito del Glitterbox, infatti, è proprio quello di riportare indietro il pubblico ai mitici anni ‘90, la golden age della house; tutto, dai ballerini di vogueing agli allestimenti, ci riporta a quelle atmosfere e sonorità.

Glitterbox Hi Ibiza

Il club si suddivide in un giardino, costituito da tende d’ispirazione navajo che fungono da privé, una sala grande ed una più piccola con musica maggiormente sperimentale, sono però le toilette il posto più ambito per ballare; sì, proprio così, i bagni, dov’è quasi impossibile ritagliarsi uno spazio vitale, ma l’energia dell’ambiente è davvero magica.

Da non perdere assolutamente il closing party del 2 ottobre, dove la farà da padrone un king del dj-set del calibro di Bob Sinclar.

Ibiza migliori discoteche

Dai film alla musica, un nuovo debutto per Sergio Ruggeri

Sergio Ruggeri testate
Pants Versace Jeans Couture, knit MRZ, sneakers Antonio Marras, earring Nove25

Sergio Ruggeri, romano, segni particolari: bellissimo, artista a 360 gradi. Lo abbiamo potuto apprezzare come attore in diverse serie tv (come Baby) e al cinema, ma ora siamo qui per conoscere il nuovo lato di Sergio, il più introspettivo, quello del cantautore. La passione per la musica c’è sempre stata, ora però ce la sta regalando canzone dopo canzone. La prima è stata Testate, poi Farmacie ed in ultima battuta Patatrac; fanno tutte parte di un EP che completerà il quadro, che ci presenterà in estate.

La sua attenzione e cura di livello cinematografico, invece, la possiamo vedere soprattutto nei video che accompagnano i tre brani, nei quali ci racconta tutto ciò che prova e ha provato, andando a scavare nel profondo delle relazioni tossiche, narrandole e mettendole a fuoco a modo suo.

Sergio Ruggeri farmacie
Shirt and leather pants Desa 1972, boots Bruno Bordese, jewelry Nove25

Un giorno di qualche mese fa, aprendo il tuo Instagram, si era azzerato tutto, come mai?

Avevo voglia di mettere in primo piano, e di far capire alla gente, che stavo lavorando a un progetto nuovo, qualcosa cui tengo tantissimo, ovvero le mie canzoni. Ho voluto concentrare l’attenzione delle persone che mi seguivano sul fatto che mi sto dedicando anima e cuore alla scrittura e alla musica.
Bisogna sempre azzerare per ripartire, il che non vuol dire che nella vita reale faccio solo questo, continuo a studiare e fare provini, però non ti nascondo che sto impiegando tantissimo tempo ed energie per completare l’album. Era un po’ come dire “Sergio è anche questo, ve lo sbatto in faccia, fatemi sapere cosa ne pensate”.

Da dove parte il tuo progetto musicale?

La verità è che ho sempre avuto dei pezzi che curavo da solo in camera, senza sapere come, però scrivevo e mi facevo le mie cose da solo. Poi due anni fa ho avuto la fortuna di conoscere il mio socio, Matteo Gasparini, che adesso è anche il mio produttore, da lì ho iniziato ad andare in studio e lavorarci seriamente. Comunque scrivo da sempre, non è una novità per me, anzi, io quando sono fermo a un semaforo prendo lo smartphone e segno qualcosa sulle note. Solitamente di notte sviluppo quello che ho pensato, elaboro una canzone. Di solito non ci impiego tantissimo, se sento che ci sto mettendo troppo vuol dire che c’è qualcosa che non va e lascio perdere.

Sergio Ruggeri Baby
Total look Antonio Marras, earring Nove25

Come ti sei avvicinato alla scrittura?

Le prime volte che andavo dallo psicologo, non avevo questa capacità di raccontarmi, quindi – tra virgolette – perdevo tempo, e lui allora mi aveva consigliato di scrivere tutto ciò che mi faceva stare bene o male, come fosse un compito in classe, e quando andavo da lui potevo leggerglielo a voce alta.

Cosa vuoi raccontare di te con la musica?

Racconto davvero tanto, soprattutto per chi non mi conosce, nel senso che son cose che trapelano quando sono in giro nella mia vita quotidiana. Da febbraio sono usciti tre brani, ora ne usciranno altrettanti.
Mi concentro soprattutto su quello che provo all’interno di un rapporto tossico, cioè quel tipo di amore che, anche quando arrivi alla consapevolezza che non ti fa stare bene, fai di tutto per non vedere, continui a sbatterci la testa e soffrire; a quel punto, vuol dire che si sono davvero innescate dinamiche tossiche. Due persone che sanno di non farsi bene non dovrebbero starsi vicino.

Parlami dei video che sono usciti insieme ai brani, piuttosto grafici e forti.

Se abbassi il volume sono tre cortometraggi, abbiamo puntato tantissimo sull’unire le due mie passioni, quella cinematografica e la musica. Nel terzo video hanno lavorato per me due attori bravissimi, Francesco Gheghi e Giulia Maenza, li ringrazio molto.
Nel video di Patatrac racconto proprio questo, il suicidio d’amore, si tratta però di due persone che, prima di uccidersi, fanno l’amore, consapevoli di non essere divisi anche se alla fine dovrebbero.

Mi avevi detto che volevi raccontare del tuo essere introverso...

Raccontare cose che non vengono raccontate: mi fa davvero piacere, credo sia questa la mia chiave di trasposizione. Ad esempio nel secondo video, Farmacie, abbiamo narrato un momento molto, molto intimo ed introverso di Sergio, nonché dell’uomo in generale; penso che la cosa peggiore che possa succedere a chi soffre per una relazione finita sia proprio masturbarsi sulla sua ex. Ditemi tutto insomma, ma non che sono banale.

Quindi scrivere è terapeutico?

Per me vedere un foglio pieno è un segno di riuscita, riesco a dirmi che ce l’ho fatta.

Sergio Ruggeri musica
Total look Iceberg X Kailand O. Morris
Sergio Ruggeri artista musica
Vest Di Liborio, cargo pants Antonio Marras, earring Nove25, leather bracelet stylist’s archive

Credits

Talent Sergio Ruggeri

Editor in Chief Federico Poletti

Text Fabrizio Imas

Photographer Davide Musto

Stylist Alfredo Fabrizio

Photographer assistant Valentina Ciampaglia

Stylist assistant Federica Mele

Hair & make-up Laura Casato @simonebelliagency

Hair & make-up assistant Chiara Crescenzi @simonebelliagency

Location Novotel Roma Eur

Nell’immagine in apertura, Sergio Ruggeri indossa maglia MRZ, orecchino Nove25

L’empowerment femminile del nuovo cinema italiano: Maria Chiara Giannetta e Matilde Gioli

Dresses Giorgio Armani

Maria Chiara Giannetta e Matilde Gioli, due attrici al massimo splendore della loro carriera che, nella stagione 2021/2022, si sono fatte notare come super protagoniste.
La prima nelle vesti di Blanca, serie che ha sbancato lo share targata Rai1, e a ruota con la sua co-conduzione nella serata del venerdì del Festival di Sanremo, al fianco di Amadeus, dove ha brillato per eleganza e simpatia. Al momento è impegnata nelle riprese di Don Matteo, dove ha rincontrato il suo partner in Doc – Nelle tue mani, Luca Argentero. La seconda, anche lei protagonista del medical drama in onda su Rai1 (per il quale parliamo di numeri record di ascolto, oltre il 30% di media), è ora al cinema con la nuova commedia di Fausto Brizzi Bla Bla Baby; d’altronde, che fosse bellissima e con la battuta sempre pronta, lo sapevamo già.

Due donne forti che si raccontano, Nord e Sud, l’Italia nelle sue mille sfumature, sempre con l’ironia giusta, accomunate da una grande passione per la natura e in particolare l’equitazione. Ad avvicinarle a questo sport, infatti, è stato proprio il loro mestiere.

Maria Chiara Giannetta attrice
Headpiece The Beatriz, dress Philosophy di Lorenzo Serafini

Cosa avete pensato la prima volta che vi siete viste? (Il primo incontro live è stato proprio sul set di ManInTown per lo shooting che vedete qui, con un grande fil rouge, ovvero il loro ufficio stampa, Valentina Palumbo, nda)

Maria Chiara: All’inizio sono sempre parecchio timida, ma proprio per la stima professionale che provo nei suoi confronti ritrovarci lì è stato un momento molto forte.

Matilde: Gli shooting fotografici per come siamo fatte entrambe sono dei momenti decisamente intimi, ti sono tutti intorno per giudicarti, e il braccio è troppo grosso, il vestito cade male, insomma ti senti sola; invece vivere quel momento tipo “carciofo messo li” con Maria Chiara è stato un bonding moment, ci ha unite.
Devo dire che mi ha davvero colpita quando l’ho vista sul palco di Sanremo: a parte l’eleganza, che non sempre si riesce a esprimere in quella manifestazione, ha dimostrato di avere una grande forza, qualità che io non ho in certi momenti.

Matilde Gioli bellissima
Maria Chiara: jacket, shirt and skirt Dior, boots Bruno Bordese; Matilde: shirt, dress and rings Dior, boots Bruno Bordese

Nonostante siate due ragazze con idee ben chiare e la testa sulle spalle (ce lo diranno dopo), vi abbiamo sempre viste in serie di successo in ruoli molto forti, che hanno spinto gli spettatori a seguirvi nelle rispettive avventure e noi del magazine a scegliervi per la copertina di questo numero. Come ci si sente a essere le donne del momento?

MC: Restiamo con i piedi per terra, senza forzature. Amiamo il nostro lavoro, poi nella vita privata ho la necessità di scrivere, leggere e vedere il mio film quotidiano, ci viviamo il momento mentre lavoriamo e poi siamo solamente Matilde e Maria Chiara.
Sono cosciente, però, del fatto che il riconoscimento non ce lo diamo da sole, spetta ovviamente al pubblico.

M: Su questo noi siamo simili, non vuol dire che ci sia un carattere giusto o sbagliato, però c’è chi fa questo mestiere e cerca di essere acclamato e desiderato in ogni momento, perché ovviamente gli fa piacere, sente il bisogno un certo tipo di adrenalina. Io e lei magari ci gasiamo per altre cose, ma non per il sentirci dire che siamo le donne del momento.

Matilde Gioli film
Headpiece Pasquale Bonfilio Hats, top and shorts Givenchy, rings and bracelet Etrusca Gioielli, rings (left hand) Givenchy

Che cosa vi ha stupite di più di questa stagione 2021/22?

MC: Personalmente è arrivato tutto insieme, come una valanga, mi ha proprio stupito il modo consequenziale con cui si sono succeduti gli eventi e la loro velocità, prima Blanca e a ruota Sanremo 2022.

M: Mantengo sempre un forte distacco dal mio lavoro, e nel lungo termine mi rendo conto che sto crescendo, di aver ricevuto numerose soddisfazioni in questi due anni così difficili, in cui tanti colleghi di enorme talento hanno invece faticato.
Voglio essere sempre pronta all’eventualità che un giorno magari non interesserò più; potrebbe succedere, prima di fare l’attrice svolgevo un lavoro diverso, quindi potrei tornare indietro senza sentirmi sbagliata.

Matilde Gioli stile
Matilde: hat STM Hats, maxi gilet COS; Maria Chiara: dress GRK

C’è un ruolo che non avete ancora interpretato e vorreste fare?

MC: Personalmente vorrei interpretare un personaggio negativo. Quello che voglio dire è che di solito le donne sono cattive oppure stronze (o, aggiunge la Gioli, tr**e, nda), invece il racconto del lato oscuro di un personaggio femminile è più raro. Bisogna sempre chiedersi quale sia il fine che giustifica i mezzi, dunque nel caso sia una stronza: perché? Insomma, avere la possibilità di esplorare tutte le sfumature.

M: Ci sono tantissimi ruoli in cui potrebbe spaziare la tv italiana, Maria Chiara ha avuto la fortuna di essere protagonista assoluta di una serie crime con un personaggio non vedente, abbastanza unico, raro da vedere. È stato bello vedere la costruzione di un personaggio come Blanca.

Maria Chiara Giannetta Sanremo abiti
Maria Chiara: dress Gianluca Saitto; Matilde: dress Amen, shoes Le Silla

C’è mai stato un momento o una situazione in cui vi siete chieste “chi me l’ha fatto fare?”

M: In realtà questa sensazione può esserci stata, ogni set è però una situazione diversa; quindi, anche l’armonia con tutte le persone che ti circondano cambia.
A me è sempre andata piuttosto bene, poi mi è capitato di confrontarmi con colleghi più grandi; pendi dalle loro labbra perché vuoi e sai di poter imparare e, invece, viene fuori un divismo totalmente fuori luogo, e ti deludono.

MC: Però allo stesso tempo situazioni del genere ti motivano, perché capisci che non vuoi essere così e ti viene da dirlo agli amici: “se vedi che mi comporto così dimmelo eh!”. Bisogna rimanere se stessi, consapevolmente, perché davanti a noi c’è sempre un essere umano da rispettare.
All’inizio del mio lavoro, quando per ovvie ragioni non potevo padroneggiare nulla, mi è capitato eccome di chiedermi chi me lo avesse fatto fare. La cosa più difficile è resistere, sono una fan del crederci, e più ci credi, ne sei consapevole, più si avvicina l’obiettivo. Nel nostro mestiere il precariato è il nuovo posto fisso.

Matilde Gioli modella
Maria Chiara: headpiece Ilariusss, top and pants Etro, choker Casa Bruni Bossio, necklaces Barbara Biffoli, shoes Le Silla; Matilde: headpiece The Beatriz, bra Wolford, skirt and belt Michael Kors, ring Casa Bruni Bossio, shoes Mario Valentino

Siete anche accomunate dal “girl power”, come si diceva negli anni ‘90, cosa mi dite a proposito?

MC: Siamo entrambe fan di altre colleghe, abbiamo superato il periodo delle dive dove dovevi avvelenare la protagonista per avere il ruolo, in quanto eri solo una sostituta.
Noi parliamo dei lavori, ci confrontiamo, ci diamo consigli e poi sappiamo che se ci scelgono, come dice Matilde, dipende dai gusti altrui. Senza contare che siamo tutte uniche.
Nella nostra generazione c’è realmente voglia di cambiare, di farlo anche sulla carta, come dimostrano le nuove associazioni nate per dare un po’ più di dignità a questo mestiere.

M: Quando un ufficio stampa condivide due talent per lo stesso progetto è regola che non si parli davanti all’altro di dettagli lavorativi, per una questione di riservatezza e rispetto. Nel caso di questo shooting era talmente tanta la serenità che ci accomunava, che si saltava da un discorso all’altro, senza filtri, è stato bellissimo proprio perché raro. Te lo dico senza retorica né dietrologie.

Matilde Gioli Maria Chiara Giannetta
Matilde: headpiece Ilariusss, dress Max Mara; Maria Chiara: headpiece Pasquale Bonfilio Hats, dress Max Mara

Chi dice più parolacce? (Rispondono all’unisono: tutte e due!, nda)

M: Arrivo da un’educazione borghese, quando ero piccola anche la parola casino era bandita. Così, andata via di casa, sono stata avvolta da un delirio e mi sono liberata, mangiando anche tutte le merendine che mi erano state proibite.

MC: Per me vale la stessa cosa, i miei genitori sono stati bravissimi, però a casa non si parlava dialetto (pugliese) né si dicevano parolacce. Soprattutto mio padre, da amante della buona cucina sana, non mi aveva mai fatto avvicinare a un cordon bleu.
Finale della storia: quando sono andata a vivere da sola ho riempito il freezer di schifezze e ho iniziato a dire parolacce come se non ci fosse un domani, o quasi. È tipico della “castrazione al contrario” fare poi quello che ti pare.

Matilde Gioli serie tv
Hat Pasquale Bonfilio Hats, dress Atelier Angela Bellomo
Maria Chiara Giannetta Blanca
Hat Pasquale Bonfilio Hats, bodysuit Amina Muaddi x Wolford, necklace Etrusca Gioielli

Credits

Talent Maria Chiara Giannetta & Matilde Gioli

Photographer Davide Musto

Fashion editor Valentina Serra

Text Fabrizio Imas

Ph. assistants Valentina Ciampaglia, Giacomo Gianfelici

Fashion editor assistant Federica Picciau

Hair stylist Alessandro Rocchi @simonebelliagency

Make-up Giulia Luciani @simonebelliagency

Nell’immagine in apertura, per Maria Chiara Giannetta e Matilde Gioli: total look Giorgio Armani

Greg Tarzan Davis e il suo momento magico con ‘Top Gun: Maverick’

Greg Tarzan Davis sta vivendo quello che solitamente viene definito il momento d’oro, tutto ciò che aveva sognato e non sapeva potesse realizzarsi, ecco sta succedendo proprio adesso.
Dal 25 maggio potremo vedere l’attore al cinema, coprotagonista con Tom Cruise nel sequel più atteso di sempre, Top Gun: Maverick, che dopo tanti rinvii a causa della pandemia finalmente sarà visibile al pubblico sul grande schermo.
Ma non basta, sarà infatti anche in Mission: Impossible 7 nel 2023, nel frattempo è entrato a far parte di una delle più serie tv più amate, Grey’s Anatomy, giunta alla sua diciottesima stagione.

Greg Tarzan Davis age
Ph. by Kelly Balch

Come prima cosa devi dirmi come hai scelto il tuo soprannome, Tarzan.

Quando ero piccolo avevo i capelli lunghi, ero veramente terribile e mi arrampicavo ovunque; quindi, la mia famiglia ha iniziato a chiamarmi così, poi quando ho iniziato a lavorare e utilizzare i social, ho pensato che Greg sarebbe stato davvero troppo noioso, nessuno se lo sarebbe ricordato. Allora ho detto a mia madre che lo avrei cambiato e, siccome lei non era per niente felice, ho pensato di utilizzarlo come secondo nome. Ora sto procedendo legalmente per essere Greg Tarzan Davis.

Come hai iniziato a recitare?

La verità è che qualcosa che ho sempre voluto fare, guardavo Will Smith e Tom Cruise e mi dicevo “caspita, questo è quello che vorrei fare da grande”.
All’inizio però, quando provavo a fare magari una scuola di recitazione o inserirmi in una compagnia teatrale, la risposta era sempre negativa, quindi ero piuttosto scoraggiato; ho pensato perciò di focalizzarmi sullo sport, che invece andava benissimo. All’ultimo anno di college mi son sentito dire di seguire il mio sogno, del resto se non lo fai quando sei giovane quando ti ricapita?
Mi sono detto che, se fosse andata male, sarei potuto tornare a insegnare o fare qualsiasi altra cosa. Per fortuna a quanto pare non ho fallito, qualcosa di veramente buono sta succedendo nella mia vita.

Come ci si sente ad essere coprotagonista in un film come Top Gun: Maverick?

È assolutamente incredibile, mi sono trasferito a Los Angeles nel 2017 e dopo dieci mesi, nel 2018, ho iniziato a girare, e prima di questo non avevo mai fatto più di due giorni consecutivi sul set.
Posso dire che è tutto ciò che avevo immaginato pensando di lavorare a una super produzione come questa, e anche di più.

Quanto tempo avete impiegato a girarlo?

In tutto credo abbiamo lavorato dieci mesi, inclusi training e scene che abbiamo dovuto girare due volte perché alla prima c’era qualcosa che non andava; poi non ho mai utilizzato stunt, proprio come ci ha insegnato Tom Cruise, spingendoci anche dove non avremmo creduto di arrivare.

Greg Tarzan Davis Grey's Anatomy
Ph. by Kelly Balch

Dimmi la verità, quante volte è stata rimandata l’uscita del film?

Oh, mio Dio! Dunque, doveva uscire nel 2019, poi hanno scelto di posticipare, non so se realmente si possa considerare la prima volta, l’inizio è stato quello. Quindi è arrivata la pandemia e avevano pensato a giugno 2020, poi dicembre, insomma alla fine è stato rimandato ben cinque volte, ora ci siamo quasi, il 25 maggio è dietro l’angolo.
Credo che possa essere anche il film giusto per riportare il pubblico al cinema, per far capire che le sale di proiezione non sono morte. La raccomandazione di Tarzan è: “alzatevi dalla poltrona e uscite per andare al cinema!”.
I blockbuster usciti nell’ultimo periodo sono tutti basati su supereroi, invece il nostro riprende la vita reale, con personaggi a cui tutti possono relazionarsi.

Com’è stato lavorare con Mr. Tom Cruise?

È stato meraviglioso, meglio di qualsiasi masterclass, non c’è niente e nessuno che possa insegnarti tutto ciò che ho imparato da Tom Cruise. La sua generosità e disponibilità ci hanno portato quasi a saper guidare un jet da soli per davvero, non male direi.

Greg Tarzan Davis Top Gun
Ph. by Kelly Balch
Greg Tarzan Davis Instagram
Ph. by Kelly Balch

Credits

Talent Greg Tarzan Davis

Photographer Kelly Balch

Press office Portrait PR in collaboration with MPunto Comunicazione

‘Summertime’, la stagione finale

Possiamo dire che Summertime, Baby e Skam sono state le serie teen “apriporta” di Netflix per l’Italia; quello adolescenziale era ancora un pubblico da sperimentare, che, come si era dimostrato in altri paesi, è sicuramente il più attento e sensibile alle novità.
Il successo per gli attori del cast, infatti, come nel caso di Ludovico Tersigni, è stato strabiliante, al punto di vederlo conduttore anche con sua sorpresa di X Factor 15.

Summertime stagione finale

Lo stile musicale della serie, tra successi del passato e nuovi talenti italiani

Come tutte le belle storie anche Summertime giunge alla sua conclusione, e lo fa contraddistinguendosi con le note di Scossa di Sangiovanni, brano inedito del cantautore vicentino, in anteprima nel trailer.
L’artista, che dopo la partecipazione a Sanremo 2022 continua a dare voce alla sua generazione, al desiderio di amore e spensieratezza, sarà anche presente nella serie tv nei panni di se stesso.

Sangiovanni Summertime
Sangiovanni in una scena di Summertime (ph. Francesco Berardinelli, © Netflix)

Si conferma inoltre l’originale stile musicale di Summertime, che pure in questa stagione finale mescola indimenticabili successi come Nessuno mi può giudicare di Caterina Caselli, Pedro di Raffaella Carrà e Luglio di Riccardo Del Turco con alcuni tra i più amati artisti del panorama musicale italiano contemporaneo come Blanco, Madame, Achille Lauro, Franco126, gli Psicologi, Tananai, Bartolini e Ariete, presenti anche nella colonna sonora della seconda stagione.

Summertime 3, trama e new entry del cast

Un’altra estate è finalmente arrivata sulla Riviera romagnola: Summer sembra pronta a vivere la stagione con la spensieratezza che non ha mai avuto, Dario riceve una proposta che non può lasciarsi scappare, Sofia ritorna con la paura di essere ormai un’estranea per i suoi amici, Ale è in preda a profondi sensi di colpa.

Summer, Ale, Dario, Sofia, Edo e Blue faranno un ulteriore passo in avanti verso la scoperta di se stessi, dei propri sogni e aspirazioni. La loro amicizia, oltre all’arrivo di nuove persone all’interno del gruppo, li porterà a capire qualcosa di importante di sé e del proprio futuro.
In questo loro percorso di crescita, oltre a un più ampio vocabolario emotivo, apprenderanno che – a volte – volere bene a qualcuno può anche significare dover rinunciare a qualcosa di sé.

Summer Summertime
Ale (Ludovico Tersigni) e Summer (Coco Rebecca Edogamhe) in Summertime 3

Il cast si allarga e arricchisce di attori talentuosi e carismatici come Cristiano Caccamo, Stefano Rossi Giordani, Emilia Scarpati Fanetti, Ludovica Ciaschetti.
La ricerca più faticosa, per gli autori, è stata quella dell’interprete di Luca: cercavano un attore che oltre a suonare e cantare, portasse un’energia dirompente al racconto e, nello stesso tempo, restituisse una certa fragilità al personaggio. Dopo decine di provini è arrivato Caccamo: con un giro di chitarra e un’improvvisazione con Coco, è stato infine trovato Luca, voce dei Foster Wallace.

La terza stagione di Summertime è stata forse la più complessa. Cattleya voleva infatti chiudere il percorso narrativo dei personaggi con un finale all’altezza delle aspettative del pubblico, che ha amato le storie di questi ragazzi vedendoli crescere.

Summertime Romina Colbasso
Giulia (Romina Colbasso) e Sofia (Amanda Campana) in uno degli episodi finali della serie (ph. Stefania Rosi)
Summertime Edo e Giulia
Edo (Giovanni Maini) e Giulia (Romina Colbasso) in una scena della terza stagione (ph. Stefania Rosi)

La prima volta alla regia di Channing Tatum con ‘Io e Lulù’

Abbiamo visto e apprezzato Channing Tatum in numerosi film, ma sicuramente nessuno di noi ha dimenticato Magic Mike, che nel 2012 l’ha trasformato da attore esordiente in uno dei più desiderati divi di Hollywood.

Nato in Alabama, è stato modello, ballerino, produttore cinematografico e ora, per la prima volta, lo vediamo alla regia della nuova pellicola Io e Lulù (Dog, nell’originale), di cui è anche il principale interprete. Una produzione che ha scelto e a cui si è avvicinato perché, nella sua vita, ha sempre avuto un forte legame con i cani, e proprio nel momento in cui è venuto a mancare il suo gli è stato offerto il progetto. Era insomma praticamente impossibile che la direzione del film non diventasse un suo obiettivo.

Channing Tatum con Lulù in una scena del film

Cosa pensi del rapporto che si instaura tra umani e cani?

I cani sono molto presenti, ti danno tutto ciò che hanno, incondizionatamente, rimanendoti sempre vicini. Probabilmente non sapremo mai se hanno un’idea del futuro o quanto e se pensino al passato, però ogni volta che il padrone torna a casa, è come se fosse la prima. Sembra che non abbia la minima importanza, potrei uscire per trenta minuti e poi Cutie, la mia nuova “figlia”, è come se dicesse “oh mio Dio, sei tornato, sei tornato”.
Penso che un cane ci ricordi che la gioia è sempre accessibile; in quanto umani, ci concentriamo fin troppo sul passato e il futuro, ma si può sperimentare davvero la gioia solo nel presente. Credo che gli uomini, in qualche modo, li amino per questo motivo.

Parlaci della storia del tuo road movie Io e Lulù.

Tutto ciò di cui ha bisogno il mio personaggio, Briggs, è fondamentalmente una raccomandazione, per fare in modo che il suo capitano chiami la compagnia di sicurezza diplomatica e garantisca per lui, dicendo che è un buon soldato. Per ottenere questo, porta con sé Lulù in un viaggio in auto dalla costa nord-ovest del Pacifico al confine messicano. Un’operazione che non sarà semplicissima, se pensiamo che basti mettere un cane in macchina e partire, ecco non è esattamente così; per animali di questo tipo ci vuole un trattamento a dir poco speciale, perciò li vedremo litigare e scontrarsi tutto il tempo. Se però Briggs riuscirà a compiere la “missione”, portando Lulù a un funerale senza che nulla vada storto, allora otterrà la raccomandazione.

Quali sono le similitudini tra il tuo personaggio e Lulù?

Sono entrambi abbastanza “folli”, infatti andranno sicuramente d’accordo, procedendo insieme finché non potranno fare altrimenti. Trovo che ritrovarsi due “cocciuti” del genere, sempre pronti a chiudersi in sé e scontrarsi, è un po’ come avere delle micce pronte a esplodere; una vera e propria polveriera, che può scoppiare in qualsiasi istante. C’è un momento in cui Briggs e Lulù afferrano questa sorta di unicorno di peluche, che non potrebbe restare intatto se uno dei due non lo lasciasse, e tutto potrebbe accadere in un attimo. È molto divertente, sono uguali, l’unica differenza sta ovviamente nel fatto che uno è un cane, l’altro un uomo.

Qual è la vera sfida nel recitare con un cane?

In una scena in auto vado davvero veloce e Lulù praticamente impazzisce, perciò apro la portiera, la sgrido, divento quasi aggressivo, e quel povero animale mi guarda come per chiedersi cos’abbia combinato per farsi urlare contro, tirando indietro le orecchie. Ecco, questa cosa mi ha spezzato il cuore, perché siamo amici per la pelle, sul serio. Ognuno di noi, sul set, doveva quindi andare da lei per rassicurarla, per confermarle che le volevamo bene. La vera sfida sta nel far capire al cane che è tutto un gioco.

Il trailer di Io e Lulù

David di Donatello 2022, i vincitori della 67° edizione

Il 2022 è decisamente l’anno della ripartenza di tutte le manifestazioni, quindi anche della più prestigiosa premiazione cinematografica italiana al di fuori dei Festival, i David di Donatello, che dopo due anni di pandemia tornano con la 67° edizione in presenza a Cinecittà.
A presentarli sono stati Carlo Conti e Drusilla Foer, che si è ormai conquistata il podio della più colta e preparata delle conduttrici (chissà cosa ne diranno le sue colleghe…).

David Donatello simbologia
Il logo della serata

Ci sono tuttavia sempre un “ma” e un “forse” riguardo gli allestimenti della nostra amata Italia: è vero, siamo in un periodo di austerity, ma il palco blu e giallo non dava sicuramente lustro alla kermesse. Credo, insomma, che un filo di modernità in più sarebbe stata ottima su Rai1.

David 2022 Drusilla Foer Carlo Conti
I presentatori Drusilla Foer e Carlo Conti (ph. Ansa)

I vincitori dei David 2022

Per quanto riguarda i premi, penso che possiamo tutti condividere la vittoria di Paolo Sorrentino con il suo È stata la mano di Dio come miglior film dell’anno, meritatissima. Una pellicola così personale, intima e riuscita, con un cast meraviglioso, arrivata vicino all’Oscar a Los Angeles, doveva assolutamente vincere in casa propria.

David 2022 Paolo Sorrentino
Paolo Sorrentino (ph. Ansa)

La statuetta per il miglior attore protagonista va a Silvio Orlando, che si aggiudica il suo terzo David con l’interpretazione del camorrista detenuto di Ariaferma, bellissimo film di Leonardo Di Costanzo, battendo così Elio Germano (America Latina), Filippo Scotti (È stata la mano di Dio), Franz Rogowski (Freaks Out) e Toni Servillo (Qui rido io).

Ecco cosa ha detto per l’occasione l’interprete napoletano: «Alla prima candidatura nel 1991 ero spaesato: ora qui ci sono tanti amici coi quali lavoro. Amo tutto questo. Quest’anno sono stato col teatro in 40 città diverse e ho fatto tanti chilometri, si vedono sulla faccia e nell’interpretazione del film. L’unica cosa che posso dire è che per andare avanti bisogna muovere il c…! Dedico questo premio a mia moglie Maria Laura, la persona migliore che abbia mai conosciuto. Poi ringrazio Toni Servillo, senza il quale non sarei qui a prendere questo premio e, naturalmente, Leonardo Di Costanzo che mi ha costretto a fare questo film. Io non volevo farlo, perché è un personaggio lontano dalle mie corde». 

David Donatello 2022 Silvio Orlando
Silvio Orlando e Carlo Conti (ph. by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Come miglior attrice protagonista abbiamo una giovanissima sorpresa: la vincitrice Swamy Rotolo ha infatti soltanto 17 anni, come ha sottolineato Carlo Conti invitandola sul palco; per lei si trattava della prima candidatura. Viene considerata una giovane promessa dopo il riconoscimento per la sua parte nel dramma diretto da Jonas Carpignano, A Chiara, premiato con l’Europa Cinemas Label al Festival di Cannes 2021. L’interprete ha voluto ringraziare tutti per il riconoscimento: «Vorrei ringraziare tutta l’Accademia del cinema italiano. La mia famiglia, che mi ha sempre supportato e sostenuto. Le mie sorelle, che hanno arricchito questo film, e Jonas che, oltre ad essere un fratello, m ha fatto conoscere e amare questo mondo». 

David Donatello 2022 attrice
Swamy Rotolo

Giacomo Giorgio, il sopravvissuto

A Giacomo Giorgio è andata bene perché non ha dovuto traumatizzare la famiglia, come avviene nella maggior parte dei casi dicendo di voler fare l’attore: la settima arte scorreva già nel suo Dna. Si definisce “finto” napoletano, in quanto si è trasferito a Milano all’età di otto anni.
Protagonista della serie Mare fuori con il cattivissimo Ciro, sta per tornare in tv con la nuova ed attesissima serie Sopravvissuti, produzione internazionale e grande scommessa di Rai1, in uscita in autunno, per la regia di Carmine Elia.

Trench Tombolini, T-shirt Emporio Armani, trousers Gutteridge

Come nasce la tua passione per la recitazione?

Diciamo che per me è una tradizione famigliare, in quanto ho avuto la bisnonna e la trisnonna che erano attrici di teatro; quindi ho sempre avuto la passione per lo spettacolo, fin da piccolo.
In realtà quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo di voler fare il supereroe, poi ho capito che esisteva un lavoro che racchiudeva tutto ciò che sognavo ed era l’attore.

Sei napoletano, secondo te voi siete più bravi perché avete nel sangue l’arte del racconto?

Allora in realtà sono un finto napoletano, in quanto ho vissuto a Napoli fino all’età di otto anni, poi per undici a Milano e, da quando le cose hanno iniziato ad andare bene nella recitazione, mi sono trasferito a Roma, però la verità è che a Napoli anche il pescivendolo potrebbe fare l’attore per quanta fantasia e passione ci mette per farlo.

Sei reduce dalla seconda stagione della serie Mare fuori, la più vista su RaiPlay, secondo te perché questo successo?

Credo che sia proprio per il fatto che non abbiamo preso in giro nessuno sia nella prima che nella seconda serie, abbiamo cercato di fare qualcosa di più, che andasse al di là del racconto di una storia malavitosa, anche perché era già stato fatto.
Ad esempio, la rappresentazione del male, cioè io con il mio personaggio Ciro: abbiamo cercato di raccontarlo non solamente come un boss malavitoso, ma in primis come un ragazzo che ha sbagliato, e che perciò reagisce e agisce come tale.
Quello che emerge è che non sono il più cattivo, forse sono semplicemente una vittima. Il nostro è il racconto della prigionia mentale e culturale.
La cosa che mi ha più colpito è stata quanto possa essere trasversale tutto ciò nelle generazioni, perché mi capita spesso di incontrare persone adulte, anche sui settant’anni, che mi fanno i complimenti ed hanno visto Mare fuori.

So che è stata confermata la terza stagione, come ti sei avvicinato al tuo personaggio?

C’è stato parecchio lavoro attoriale e registico dietro le quinte con tanti scambi di idee, poi personalmente utilizzo il metodo Stanislavskij, quindi immaginare e sapere tutto quello che era successo prima al personaggio è fondamentale, così da poterlo fare mio.
E poi ho lavorato su un animale (un esercizio classico del metodo, che mi è mi è servito moltissimo),la pantera nera, proprio per le sue movenze.

Cap Borsalino, T-shirt Emporio Armani, trousers Gutteridge

Uscirà prossimamente l’attesissima Sopravvissuti, un po’ di ansia?

Sto letteralmente morendo, spero in una buona risposta del pubblico, anche perché questa volta stiamo parlando di Rai1, di un pubblico sicuramente più vasto, però Sopravvissuti non è esattamente una serie tranquilla.
È una grande scommessa, perché è una produzione italiana, francese e tedesca frutto di un’iniziativa della Rai, complessa nel titolo come nella realizzazione.

Dove avete girato?

La storia ha luogo a Genova, dove abbiamo girato sulla barca vera per appena un giorno, poi lo scafo è stato ricostruito in uno studio cinematografico e, per i restanti due mesi, abbiamo girato tutte le scene con green screen.
Insomma, è stata un’operazione complicatissima, l’imbarcazione aveva dei movimenti meccanici assolutamente realistici, e anche la pendenza era reale, come ovviamente la pioggia battente sopra di noi, per non parlare dei cannoni che sparavano acqua, è stata molto tosta, sia fisicamente che mentalmente.

Dimmi una curiosità sul tuo personaggio.

Devo ringraziare Carmine Elia che mi ha scelto in quanto anche regista di Mare fuori, ha avuto il coraggio di volermi per un personaggio che in realtà ha trentacinque anni, io invece ne ho ventitré.

A quanto pare lavori sempre, quando non sei sul set cosa ti piace fare?

Quando posso vado a teatro e guardo tanti film, ma fondamentalmente preparo i personaggi dei miei prossimi progetti.

Trench Gabriele Pasini, sweater and shorts Zegna
Jacket and trousers Gabriele Pasini, polo shirt L.B.M. 1911

Credits

Talent Giacomo Giorgio

Photographer Davide Musto

Ph. assistants Valentina Ciampaglia, Dario Tucci

Post-production Riccardo Albanese

Stylist Alfredo Fabrizio 

Stylist assistant Federica Mele 

Hair & make-up Eleonora Mantovani @simonebelliagency

Location The Hoxton Rome

Tess Masazza: ironica, introversa e insopportabilmente donna

Tess Masazza è davvero una figlia del mondo, ha vissuto praticamente ovunque, per poi scegliere l’Italia come luogo di appartenenza.
Si è fatta conoscere appassionandosi di web e sperimentandovi tutte quelle capacità artistiche per cui aveva anche studiato, ma non sapeva come mettere in pratica. La soluzione è arrivata con la creazione del personaggio di Insopportabilmente donna, che dagli sketch iniziali è poi diventato uno spettacolo teatrale e ora un romanzo, disponibile in tutte le librerie ed online.

Hai un bellissimo percorso, sei nata a Los Angeles, poi Tunisia, Francia e Italia, spiegami tutto.

Sono figlia di vagabondi praticamente, super appassionati di viaggi tutti e due. Sono nata per il lavoro di mio papà a Los Angeles, a Tarzana, ne vado orgogliosa perché è un quartiere di Beverly Hills che conoscono in pochi, si chiama così proprio perché ci avevano girato Tarzan.
Poi ci siamo trasferiti in Tunisia, dove ho trascorso la mia infanzia, la considero il mio paese del cuore, mi sento davvero fortunata ad essere cresciuta in questo piccolo villaggio sulla collina, con un paesaggio sul mare incredibile.
Alla fine, siamo andati in Francia, in quanto io sono francese, e dopo il liceo mi sono detta che volevo andare lontano, e così mi son ritrovata in Australia, quindi, dopo svariate esperienze, mi sono trasferita in Italia.

Ti sei fatta notare come youtuber?

Sì, come youtuber e facebooker (non so nemmeno se si possa dire in realtà). I primi anni a Milano facevo la giornalista, avevo trovato lavoro in una piccola web tv, e scrivendo articoli mi sono automaticamente appassionata alla lingua italiana, e allo stesso tempo (stiamo parlando di dieci anni fa) ho capito la potenza del web, lasciandomi affascinare da tutte le sue diramazioni.

E il tuo personaggio di Insopportabilmente donna com’è nato?

Direi per caso, nel senso che avevo studiato recitazione, lavoravo nel web e quindi mi sono ritagliata il mio spazio creando video divertenti da mettere online.
La vera artefice è stata mia madre, mi ha detto che ero talmente insopportabile che avrebbe iniziato a filmarmi (abbiamo lo stesso carattere), l’ho trovata un’idea geniale; il primo video si chiamava infatti “quello che dicono le rompiscatole”, una ripicca nei confronti di mia madre.

Hai sempre saputo di essere ironica? Sai in genere è una dote che o ce l’hai o non ce l’hai

Credo di essere sempre stata molto autoironica, l’ho capito studiando danza classica: ho sempre saputo di non essere la più brava, ed ogni volta che perdevo un concorso non me la prendevo, anzi, ridevo proprio degli errori che avevo fatto.
Negli anni a venire ho capito di avere un carattere non abbastanza forte per questo tipo di disciplina.

Sono otto anni che lavori sul personaggio di Insopportabilmente donna, tra web series e teatro, come si è evoluto nel tempo?

Da secchiona quale sono all’inizio mi ero scritta tutti gli argomenti che volevo trattare per le puntate del web, diciamo che il teatro è una cosa molto più recente; infatti, quando mi è stato proposto di portarlo in scena, sono stata entusiasta. Allo stesso momento mi sono detta però “e ora cosa mi invento?”; da lì l’idea di fare una commedia romantica, insomma non più sketch ma una vera storia, così sono entrata in contatto con altri personaggi/attori, la stessa cosa per il romanzo.

L’8 marzo è uscito infatti il tuo romanzo, quale messaggio vuoi dare con questa tua nuova avventura?

Vuole essere una lettura leggera, di intrattenimento, con una storia romantica su una protagonista di trent’anni che si sente ancora una bambina, non riesce a diventare un’adulta responsabile ed è molto ansiosa.
Più che messaggio, la mia è una ricerca dell’empatia del lettore, mi piacerebbe che le donne ci si riconoscessero come racconto, anche solo nell’aver paura di aprire una raccomandata per scoprire cosa c’è dentro, a me succede spesso.

Giriamo il dito nella piaga, secondo te perché gli attacchi sui social per la tua partecipazione a LOL?

LOL è stata un’esperienza incredibile, quando me l’hanno proposta ero super contenta ma allo stesso tempo terrorizzata, anche perché vedendo la prima edizione mi ero resa conto che era molto lontano dal mio modo di essere, io sono molto più riflessiva e introversa; però era un’occasione, non potevo dire di no.
Sicuramente sono stata presa dal panico, magari anche per la mia inesperienza in questo genere di trasmissioni, che mi ha fatto gestire le emozioni in modo diverso da come avrei voluto.
Tra le cose che vorrei saper fare da grande al primo posto metterei proprio avere la battuta pronta, come due mostri sacri con cui mi sono scontrata come Virginia Raffaele e il Mago Forrest, che adoro da sempre.
Diciamo che l’essere presa dall’ansia da prestazione è la cosa che mi ha bloccato di più in assoluto. Capisco tutte le critiche e le accetto, sono stata la prima a vedermi e criticarmi, solo che, come noto a tutti, sui social sono tutti parecchio aggressivi purtroppo.

Per tutte le foto, credits Roberta Krasnig

L’America vista da Ian Bohen, il Ryan di ‘Yellowstone’

Incontro telefonicamente Ian Bohen proprio mentre si sta prendendo qualche giorno di tranquillità nella sua Carmel, la bellissima località sul mare nel nord della California, e dice di godersi ogni momento in quanto, fino a poco tempo fa, era a girare una serie tv in Canada dove il tempo, ovviamente, non era soleggiato e caldo come nella sua città.
Possiamo apprezzare Ian nel ruolo di Ryan in Yellowstone, serie di altissimo successo negli Stati Uniti, fruibile su Sky nel nostro paese.

Raccontami di Yellowstone, quattro stagioni ed ora state per girare la quinta, secondo te da cosa è dato il successo della serie?

Forse dal fatto che parla di situazioni famigliari molto semplici a cui la gente, in America, può correlarsi facilmente. In più la sceneggiatura è spettacolare e insieme a me ci sono attori incredibili come Kevin Costner, ed ogni cosa che dice e fa è talmente realistica che non puoi far altro che credergli davvero nella maniera più sincera. La stessa fotografia, con i cavalli e la natura infinita, lascia lo spettatore col fiato sospeso.
Posso aggiungere che è davvero apolitico come tv show, racconta una storia che è quella di chi ha abitato la nostra terra prima di noi, e stagione dopo stagione cresce sempre di più la voglia di scoprire cosa succederà dopo.
Inoltre non lo apprezzano solo gli spettatori delle zone rurali; a New York, San Francisco e Los Angeles lo amano e lo capiscono, perché ha la capacità di unire tutti.

Dimmi qualcosa del tuo personaggio

Ci sono una serie di cowboy che vivono nel ranch, ed io sono Ryan, un ufficiale di polizia dello stato del Montana, è un ruolo molto complesso e divertente perché ho sempre mille cose da fare, e soprattutto nuove missioni per mantenere l’ordine nel posto. Posso dire che è anche divertente e ha sempre la battuta pronta, mi diverto ad interpretarlo.

Quanto tempo ti prende girare una serie come questa?

Normalmente ci troviamo un paio di settimane prima di girare le scene, giusto per riabituarci ad andare a cavallo e a vivere una vita campestre, insomma bisogna riprendere il ritmo in modo che sia tutto perfetto, anche perché non si può fingere davanti alla telecamera, deve essere vero e basta.
A volte stiamo li per più di quattro mesi all’anno, sono diventato un residente del Montana praticamente.

Siete stati nominati dallo Screen Actors Guild, cosa mi dici a proposito?

È davvero un grandissimo onore per noi essere nominati dai nostri colleghi della Screen Actors Guild come miglior ensemble cast, ed è la prima volta che ci succede.
A differenza dagli altri premi non è una academy o dei giornalisti a scegliere e votare, ma è davvero la gente, il popolo, quindi vi è un valore aggiunto.

Come funziona adesso negli Stati Uniti, avete ancora delle restrizioni per la pandemia?

Assolutamente sì, e questo dipende da stato a stato, Yellowstone è stata una delle prime produzioni a riprendere dopo il primo lockdown, potrei dire quindi che a giugno 2020 eravamo già sul set; il motivo per cui abbiamo potuto farlo è perché era tutto totalmente isolato, come in una “bolla” nel Montana Perciò abbiamo ripreso e senza interruzioni perché non vedevamo altre persone al di fuori di quelli del cast, cosa molto differente per chi aveva riprese a New York o Los Angeles dove un positivo che fermava la produzione era all’ordine del giorno.
Ora sto lavorando a Superman & Lois ed è molto differente, facciamo test tutti i giorni e ogni tanto abbiamo un caso tra di noi, ma è normale, la gente si muove e si sposta, il virus c’è ancora.

Da voi il pubblico è tornato in sala per vedere i film al cinema?

Lo spirito americano è libero e vuole ovviamente tornare a fare tutto ciò che faceva prima, ci sono degli stati, come la California, che hanno avuto tante restrizioni ed ora hanno tolto la mascherina anche al chiuso. Ma la cosa strana è che, per il momento, i bambini a scuola devono tenerla, ovviamente l’opinione pubblica è divisa su questo tema.

Credits

Talent Ian Bohen

Photographer Jenna Berman

Ph. assistant Tahlia Atter

Grooming Min-Jee Mowat

Thanks to Platform PR Team & MPunto Comunicazione

Riccardo Maria Manera, «tutti dovremmo sentirci delle rockstar»

Riccardo Maria Manera, genovese, ha iniziato questo mestiere da piccolissimo, infatti lo vediamo passare da un progetto all’altro senza tregua.
Dal 23 marzo sarà nella seconda stagione della fortunata serie tv Volevo fare la rockstar, successivamente lo vedremo al cinema nel suo primo film da protagonista Prima di andare via, nel frattempo ho dovuto rincorrerlo per intervistarlo in quanto sta girando Black Out, che per il momento rimane top secret.

Siamo travolti da un’ondata di attori genovesi e liguri, secondo te perché?

Non saprei, però nella mia personale esperienza di lavoro, che riguarda gli ultimi sei anni, posso dire che gli attori più bravi e preparati incontrati mio percorso arrivano tutti dal Teatro Stabile di Genova, che io non ho fatto, oppure da quello di Torino.
La mia speranza è che la mia terra, come è stata la culla del cantautorato ai tempi d’oro, lo possa essere magari per la recitazione oggi. Comunque anche come destinazione per le riprese devo ammettere che, ultimamente, si stanno girando parecchie serie tv e film, qualcosa sta cambiando.

Total look Valentino

Il successo della prima stagione di Volevo fare la rockstar ti ha portato alla seconda, per te come mai piace così tanto?

Avendola fatta, sono ovviamente di parte, ma secondo me perché è molto vera, potrebbe essere ambientata in un paesino tipo Gorizia come in Calabria, ci si riconoscerebbe comunque, anche perché è la storia di una ragazza madre e di tutte le problematiche di una famiglia.
Mi piace, citando Drusilla Foer dopo Sanremo, dire unicità anziché diversità, credo che il punto di forza sia stato proprio questo.
Abbiamo girato nella zona vicino Cormòns, profondo Nord-Est d’Italia, famoso per il suo nettare degli dei, anche se non sono un grande bevitore.

L’ultima volta che ti sei ubriacato?

Forse dieci anni fa, se parliamo di essere brillo diciamo il mese scorso, sono uno che aspetta che ci sia l’occasione per brindare, di norma non mi viene spontaneo.

T-shirt MSGM

Ti senti una rockstar?

Sì certo, dovremmo sentirci tutti delle rockstar, ci viene praticamente richiesto dalla società con tutte le vicissitudini che ci stanno capitando in questi ultimi anni, a ruota libera.

La situazione più “rock” che hai vissuto qual è?

Indubbiamente quando finite le riprese della prima stagione di Volevo fare la rockstar, ho preso uno zaino e sono andato in Thailandia per un mese, lì si è trattato di andare all’avventura e allo sbaraglio, completamente.

Total look Valentino

Diciamo che non puoi lamentarti, stai lavorando a mille progetti e al cinema stai per uscire con Prima di andare via, cosa mi vuoi dire a riguardo?

È la mia prima esperienza da protagonista in un film, quindi mi sento molto responsabilizzato da questa cosa, è un po’ anche un aut aut per me, per capire quello di cui sono capace.
La mia compagna nel film è stata Jenny De Nucci, devo dire che ci siamo divertiti tantissimo a lavorare insieme; si tratta di un dramedy basato sulla riscoperta di sé stessi attraverso un evento.

Hai questo viso da bravo ragazzo, lo sei veramente?

In realtà penso di sì purtroppo, nel senso che vorrei essere più stronzo ma non ci riesco proprio, e poi hanno fatto tutto i miei genitori per questa faccia, giuro che non ho fatto nulla io, anzi mi son mantenuto, non ho preso pugni, insomma tutto bene.

A seguire, il video backstage dello shooting.

Credits

Talent Riccardo Maria Manera

Photographer and art director Davide Musto

Ph. assistant Valentina Ciampaglia

Stylist Alfredo Fabrizio

Stylist assistant Federica Mele

Grooming Alessandro Joubert @simonebelliagency

Location Hotel American Palace Eur – Roma 

Il ritorno di Martins Imhangbe con Bridgerton 2

Martins Imhangbe, meglio conosciuto come Will Mondrich, il bellissimo pugile di Bridgerton, sta per tornare su Netflix con la seconda stagione della serie, in uscita il 25 marzo.
Tante le novità sia per lui che per tutto il resto dell’amatissimo cast che, lo scorso anno, è stato anche nominato per la categoria miglior ensemble dalla Screen Actors Guild.
Lui, attore preparatissimo, arriva dal teatro classico, luogo dove si è forgiato professionalmente, sempre coltivando la sua passione per il pugilato.

Raccontami la tua storia, arrivi dalla Nigeria, sei stato per un periodo in Grecia ed ora sei a Londra...

Sono emigrato dalla Nigeria con mio padre, appena arrivati in Europa siamo stati due anni in Grecia per poi arrivare in Inghilterra, dove ci siamo stabiliti a Londra, ora però lui ha fatto il giro completo ed è tornato a vivere in Africa.

Hai sempre saputo di voler fare l’attore?

Assolutamente no, a me è sempre piaciuto disegnare in realtà, e mi considero tutt’oggi un artista, quando andavo a scuola tornavo a casa e mi mettevo a dipingere e colorare, mi piaceva tantissimo.
La recitazione è venuta molto dopo, solo per il fatto che percepivo che, guardando uno spettacolo a teatro, sentivo l’energia di quelle persone in movimento sul palco. Così ho iniziato a studiare ma più che altro per divertimento, poi diventando grande ho capito che poteva diventare veramente un lavoro.
Devo ringraziare tutte le persone che mi hanno orbitato intorno, facendomi capire che avevo delle qualità da sfruttare, da solo non mi sarei mai applicato.

Sta per arrivare la seconda stagione di Bridgerton, secondo te come mai è stato un successo di Netflix in tutto il mondo?

Il motivo principale credo sia il tema dell’inclusione che ha accomunato tante persone di tanti paesi diversi, in più la prima stagione era arrivata in un momento particolare, ovvero quello del post lockdown di Natale 2020.
È un po’ come se tutti avessero avuto la loro occasione di sfuggire dal proprio mondo con la serie.

È divertente girare in costume?

Oddio, certamente lo è, l’unica cosa è che quegli abiti non sono esattamente comodi come una tuta, e quando sei sul set per dodici ore, diventa un po’ difficile. Però mentre sei lì ti rendi conto di quanto siano spettacolari i costumi e, ancor più, di quante volte possa capitarti di indossarli, quindi ti senti privilegiato.

Lo scorso anno siete anche stati nominati dalla Screen Actors Guild per il premio miglior ensemble, cosa mi dici a proposito?

Dico che è successo davvero tutto talmente in fretta che non ce ne siamo quasi resi conto, la serie è uscito a dicembre e a febbraio eravamo nominati, è stato incredibile.
Eravamo tutti davvero molto orgogliosi, l’unico dispiacere è stato che a causa della pandemia non abbiamo potuto essere a Los Angeles in presenza, ma solo tramite Zoom da casa, insomma speriamo in una seconda volta live!

Sei un attore super serio, sei anche stato nominato come miglior interprete per il tuo Riccardo II a teatro.

Ho sempre fatto tantissimo teatro, anche perché alla fine è proprio il modo in cui mi sono formato, e sono pienamente convinto che non ce ne sia uno migliore, perché quando hai gli spettatori davanti a te, non gli puoi mentire.

Cosa ci possiamo aspettare dal tuo personaggio, Will Mondrich, nella nuova stagione?

Posso anticipare che vedremo un lato molto più imprenditoriale, insomma una vera crescita in una nuova esperienza di vita.

Sei sempre stato appassionato di boxe?

Si, quello amo della boxe al di sopra di tutto è la disciplina e il dover mantenere sempre davanti a te l’obiettivo, trovo che sia uno sport meraviglioso, anche se non sono mai stato sul ring per un combattimento, almeno non ancora.
Poterlo fare ovviamente richiederebbe un training incredibile, e per ora non ho tempo.

Per tutte le foto, credits Klara Waldberg

Lucrezia Guidone: «La mia fedeltà la rinnovo tutti i giorni»

Lucrezia Guidone è un’attrice dalla formazione ineccepibile, svoltasi tra la Silvio d’Amico a Roma e il celeberrimo The Lee Strasberg Theatre and Film Institute di New York. Dopo tanto teatro l’abbiamo vista lavorare con registi come Francesca Comencini e Donato Carrisi.
Ora senza rendersene conto si è ritrovata nella top ten di 42 paesi con la serie Fedeltà, mega successo di Netflix, una produzione italiana ambientata a Milano.

Dress Valentino (ph. by Leandro Manuel Emede)

Di dove sei Lucrezia?

Sono di Pescara, ho origini pugliesi però sono nata e cresciuta in Abruzzo e, a parte qualche piccola breve pausa, in Puglia.

A quanto pare sei un’attrice serissima, hai fatto la Silvio d’Amico e poi tanto teatro

Oddio serissima non saprei, però sicuramente ho scelto di avere una giusta formazione, e fare una scuola di buon livello mi è sembrato un punto di partenza per iniziare a costruire qualcosa.
Ho avuto la fortuna di debuttare a teatro con Luca Ronconi, poi ho voluto proseguire la mia formazione andando a New York e iscrivendomi all’Istituto Strasberg, anche perché avendo una passione per il cinema americano mi sembrava giusto chiudere il cerchio in questo modo.

Ph. by Stefano Montesi/Netflix© 2021

Quindi sei una ”method actor”?

No, ma penso che da ogni metodo e scuola ognuno prenda ciò di cui ha bisogno per poi utilizzarlo a seconda di quello che serve nell’interpretazione del personaggio, a volte ci sono delle zone che non riesci a raggiungere ed il metodo può decisamente tornare utile.
Lo vedo più che altro come una delle armi che mi possono venire in aiuto quando mi trovo in difficoltà.

Dress Valentino (ph. by Leandro Manuel Emede)

Però hai già avuto occasioni di lavorare con grandi registi come Francesca Comencini e Donato Carrisi, quale tra le discipline artistiche che pratichi ha un posto speciale nel tuo cuore?

Direi che teatro, cinema e televisione appartengono tutte alla matrice che mi interessa, ovvero la recitazione, raccontare delle storie, incontrare degli immaginari.
Hai citato due registi che mi hanno permesso di affacciarmi a dei generi, perché con Francesca abbiamo fatto una sorta di fantasy storico come Luna nera per Netflix, con Donato, invece, mi sono messa alla prova con il thriller, sono state due esperienze molto potenti che mi hanno insegnato tantissimo.
Nel mio cuore, quindi, c’è tutto questo, non potrei rinunciare a nulla.

Ora sei protagonista di Fedeltà su Netflix, hai riscontrato una risposta diversa dal pubblico con una serie di estremo successo come questa?

Devo dire che questo è il mio terzo progetto con Netflix, ed una delle cose più impressionanti di una serie in streaming è la possibilità di essere visti in tutto il mondo.
Noi in questo momento abbiamo l’opportunità di essere in contatto tramite social con il pubblico, ed è un’ondata molto calorosa, ad esempio uso di più Instagram, e ho ricevuto un abbraccio incredibile, da paesi, poi, da cui non mi sarei mai aspettata di ricevere messaggi.
A volte si aprono con me tipo posta del cuore con richieste di consigli per le coppie, a cui non so davvero come rispondere.

Ph. by Sara Petraglia/Netflix© 2021

Quando avete girato vi sareste aspettati un successo planetario come questo?

Ovviamente speravo andasse bene, però certo non di essere nella top ten di 42 paesi. Anche perché quando giri e sei sul set, non ti rendi conto, in quanto non puoi avere la percezione girando un giorno una scena della terza puntata e subito dopo l’ultima, insomma è davvero difficile.

Devo farti la domanda di rito: sei fedele nella vita?

Direi di si, sono fedele verso le cose che amo e non mi riferisco solo alla coppia, ma parlo di tutto ciò che mi fa stare bene; la mia fedeltà la rinnovo quotidianamente, in quanto sono molto irrequieta interiormente, quindi ho sempre bisogno di andarla a confermare.
Mi piace pensarla come non statica, non un monolite che se ne sta lì insomma, piuttosto come un qualcosa che cambia forma e così non mi fa sentire in gabbia.

Ph. by Sara Petraglia/Netflix© 2021

Che cosa ti fa arrabbiare di più nella vita?

Sicuramente non mi piace essere manipolata, l’ipocrisia mi fa arrabbiare tanto quanto le disparità di genere.

E cosa ti rende più felice?

Mi piace nutrire le mie passioni ed esplorare le direzioni dei nostri desideri più profondi, questo lo auguro a tutti perché fa bene a chiunque.

Dress Valentino (ph. by Leandro Manuel Emede)

Per l’immagine in apertura, credits Sara Petraglia/Netflix© 2021

Press: laPalumbo Comunicazione

Leonardo Pazzagli in ‘Fedeltà’ (che lui, nella vita, non pratica)

Leonardo Pazzagli, trentenne, ha vissuto in giro per il mondo per poi trovare quella che lui chiama casa nella città eterna. Diplomato al Centro Sperimentale, lo abbiamo già visto in diverse serie tv, tra cui il grande successo di Rai1 Pezzi unici, ora lo possiamo vedere in streaming su Netflix in Fedeltà, dove interpreta un enigmatico fisioterapista.


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Raccontami di tutti i posti dove hai vissuto, mi sembra interessante...

In realtà i posti dove ho vissuto sono stati tre, ovvero da piccolo in Brasile e in Canada, diciamo un anno e mezzo tutti e due, e poi dopo il liceo un anno sabbatico a Londra, tutto questo per mia madre che faceva la lettrice di italiano all’estero e quindi abbiamo fatto un po’ di pellegrinaggio in giro per il mondo.
È successo tutto in un’età molto particolare, in quanto proprio quando stai piantando le radici, te le espiantano per andare a vivere in un luogo diverso.
Diciamo che mi sento un abitante di Roma, non dico romano sennò i romani mi si rivoltano contro.



Hai sempre saputo di voler fare l’attore?

Assolutamente no, ho avuto tante idee di lavoro, poi l’ultimo anno di liceo facevo un corso di recitazione e, proprio con il maestro di allora, ho capito che anche recitare poteva essere un lavoro, e piano piano ho coltivato questo pensiero.
Non rientro nella categoria di persone che sin dalla prima recita alle elementari hanno capito il loro destino, anzi, qualche anno fa mia madre ha ritrovato un video della mia prima volta sul palco a 3/4 anni, dove ci sono io che non voglio entrare in scena e si vedono le mani di qualcuno che mi trascina ed io che non voglio. Ora a trent’anni appena compiuti non ho più remore.


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Parlami del tuo personaggio in Fedeltà, che possiamo vedere su Netflix.

Andrea è un fisioterapista con una vita parallela notturna, che normalmente non si accosta con il lavoro diurno, non dico cosa fa di preciso così chi deve ancora vederla può sorprendersi.
Posso dire però che è un grande osservatore ed è essenziale, parla più con gli occhi che con le parole, ma quando dice una cosa è chirurgicamente precisa, ed è molto istintivo.
Sono tutte qualità che la mia partner di scena, Lucrezia Guidone, trova affascinanti, proprio perché sono l’opposto di suo marito.



Parlando di fedeltà, vuota il sacco: tu sei fedele?

La verità è che non ho l’obbligo di fedeltà, infatti la serie non mi ha turbato.


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Sei oggettivamente un bel ragazzo, in quale categoria ti schieri, ti ha aiutato nel tuo lavoro o hai dovuto dimostrare di più?

È una domanda spigolosa, il cinema gioca sull’incisività in camera dove ovviamente il criterio estetico gioca la sua parte; credo quindi che da un punto di vista lavorativo mi abbia aiutato.
Non posso negare che a volte a un’estetica gradevole si associ una certa superficialità e su quello alcune volte ho dovuto lottare. Come pure sul fatto di essere giovane, in ogni progetto sono il giovane esordiente, nonostante faccia questo mestiere da quando avevo diciott’anni, forse il fatto dell’età a volte potrebbe avermi infastidito. Adesso, forse perché in Fedeltà ho la barba, il problema non si è presentato.



Sei uno che va al cinema e teatro, o preferisci guardare serie a casa?

Di norma vado molto al cinema, a teatro o conosco un attore o un regista, oppure aspetto che qualcuno mi consigli uno spettacolo, forse perché dal cinema so che me ne posso andare tranquillamente, a teatro invece diventa una scelta più radicale.
Posso dire che non sono uno che accende la tv e vede quale serie vedere, se non ho nulla che desidero davvero guardare preferisco leggere un libro.


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La fotografia del mondo degli ultimi anni non è bellissima, pandemia finita e ora una guerra vicino a noi, per un ragazzo di trent’anni quanto può essere difficile guardare al futuro?

Credo che sia sempre difficile guardare al futuro stando nel presente, soprattutto ora; l’invasione della Russia in Ucraina mi colpisce, anche perché sono laureato in storia e sono argomenti che ho studiato e mi interessano, infatti ho ripreso in mano Il secolo breve di Hobsbawm, per ritrovare un po’ di confidenza con quello che sta succedendo.




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Credits

Art Director & Photographer: Davide Musto

Ph. Assistant Valentina Ciampaglia 

Styling Other Agency

Grooming: Alessandro Joubert @simonebellimakeup

Location Coho Loft

Fab Five, 5 titoli in streaming da non perdere a marzo

Bridgerton 2, per tutti gli appassionati della prima stagione, dal 25 marzo su Netflix


Ph. Liam Daniel/Netflix

Secondo voi ci può essere qualcosa di più interessante di una serie che tocca temi legati al femminismo, annulla la discriminazione di genere, racconta delle rigide usanze sociali della Londra dell’inizio del 19° secolo, è piena di storie d’amore romanticissime, il tutto narrato da una segretissima voce che lascia trapelare gossip sconvolgenti? Io non penso.
Ebbene tutto questo è Bridgerton, il primo progetto di Shonda Rhimes insieme a Netflix, uscito il 25 dicembre 2020 e diventato ben preso un successo mondiale, con 82 milioni di utenti collegati nel primo mese; sicuramente il suo successo è dovuto al fatto che combina tutte le parti migliori di Orgoglio e pregiudizio e Gossip Girl.

Coinquilini impossibili (sembra davvero da non perdere) dal 1° marzo su Netflix



Sarà capitato anche a voi di convivere, almeno per un periodo della vostra vita, con qualcuno di impossibile. Di storie di coinquilini strani e bizzarri se ne sentono ogni giorno, ma le quattro storie raccontate nella docuserie Coinquilini impossibili, arrivata su Netflix il primo marzo e prodotta dalla Blumhouse Television di Jason Blum, sono sicuramente peggiori delle vostre. La serie sarà composta da cinque episodi.

Guida astrologica per cuori infranti 2, dall’8 marzo su Netflix



Se vi è piaciuta la prima direi di non perdervi la seconda stagione, con le avventure di Lorenzo Adorni in una Torino tutta da scoprire.
Non c’è da meravigliarsi se è passato così poco tempo tra una stagione e l’altra; essendo infatti la seconda già stata girata insieme alla prima, era molto probabile che Netflix annunciasse il rilascio delle puntate a distanza di pochissimo tempo da quelle del primo capitolo, disponibile sulla piattaforma dallo scorso 27 ottobre 2021.

Lucy and Desi, documentario Amazon Original, dal 4 marzo


Ph. Archive Photos/Getty Images

Lucy and Desi è il documentario d’esordio della regista, attrice e comica Amy Poehler che esplora il mondo reale di una delle coppie televisive più famose d’America. Lucille Ball e Desi Arnaz hanno rischiato tutto per stare insieme. Il loro amore reciproco ha portato alla creazione dello spettacolo più influente della storia della televisione, I Love Lucy. Desi – rifugiatosi in America da Cuba, dopo che la sua famiglia aveva perso tutto durante la rivoluzione cubana del 1933 – è diventato prima il frontman di una band, poi un attore e infine un brillante produttore e pioniere tecnico. Lucille è nata dal nulla e, con un’etica del lavoro senza eguali, ha costruito una carriera come modella, corista e infine attrice.

Il Re, dal 18 marzo su Sky


Ph. Andrea Pirrello

Il primo prison drama targato Sky Original, con Luca Zingaretti. La serie, in otto episodi diretti da Giuseppe Gagliardi (199219931994Non Uccidere), vede l’amatissimo attore romano protagonista nei panni del controverso direttore di un carcere di frontiera, sovrano assoluto di una struttura – il San Michele – in cui nessuna delle leggi dello Stato ha valore, perché il bene e il male dipendono unicamente dal suo giudizio. Fino a quando le indagini di un pubblico ministero (interpretato da Anna Bonaiuto) non intralciano il suo operato. Il Re è prodotta da Sky Studios con Lorenzo Mieli per The Apartment e con Wildside, entrambe società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Zocotoco.

In apertura, ph. Liam Daniel/Netflix

Giancarlo Commare racconta il suo debutto nel musical con ‘Tutti parlano di Jamie’

Sta per arrivare il musical più atteso della stagione, ovvero Tutti parlano di Jamie, e come detto dal regista Piero Di Blasio in questo caso è stato veramente scelto il più bravo per interpretarlo: Giancarlo Commare.
Per la prima volta è stato concesso non solo di tradurre semplicemente lo spettacolo in una lingua diversa da quella inglese, ma bensì di avere carta bianca per realizzare un’opera a sé mantenendo lo storyboard originale.
Il cast è strabiliante, fatto di giovani attori preparatissimi, e con la presenza di una voce straordinaria come quella di Barbara Cola nei panni della madre di Jamie.




Mai come in questo momento storico c’è bisogno di uno show così, che insegna a tutti cosa sia davvero l’unicità nel 2022.
Sinceramente, sentendo le domande in conferenza stampa (che sono state la conferma di quanto siamo ancora indietro), l’idea che un ragazzo voglia avere degli abiti diversi da quelli indicati dalla società crea confusione nelle menti arcaiche, quindi tutti al Teatro Brancaccio di Roma dall’8 marzo.



Voglio sapere la prima cosa che hai pensato quando Piero (il regista) ti ha proposto di fare Jamie...

Oh, cazzo, e come lo faccio questo personaggio! Preso dalla disperazione ho chiamato la mia agente (Giorgia Vitale) facendo presente che non sapevo cantare; quindi, reggere uno spettacolo così importante era fuori dalla mia zona di expertise.
Poi sono andato ad ascoltare le canzoni, e il ragazzo che lo ha interpretato per la prima volta è un soprano e io un baritono.
Mi sembrava davvero irraggiungibile, sono arrivato al primo provino e lo stesso regista non era convinto, mentre qualcun altro mi ha detto che, forse, se avessi studiato ce l’avrei potuta fare.
Onestamente sono stati più gli altri a darmi fiducia, ed allo stesso tempo la carica per prepararmi. Così ho scoperto una cosa bellissima: so cantare!



Ho saputo che forse c’è il problema che non vuoi tornare bruno dopo il musical.

Esatto, mi piaccio davvero tanto così, o mi daranno altri ruoli da interpretare biondo platino, o cambierò mestiere (ovviamente ride, ndr).



Che cosa ti diverte di più nel fare questo spettacolo?

A parte che sono in un gruppo fantastico, e non lo dico tanto per dire ma chi verrà a vederlo se ne renderà conto, poi anche se non avrei pensato di risponderti in questo modo, ora dopo un mese che sono sui tacchi (odio profondamente quei trampoli) e pur non capendo come facciano le donne a utilizzarli, in realtà è divertentissimo. Quando capisci come andarci in giro, realizzi che è un superpotere stare lassù.
All’inizio, senza offendere nessuno, ovviamente, la mia coinquilina (la bellissima Jamila) mi ha detto “ecco così no, perché sembri Maria De Filippi”. Proprio lei, che insegna heels dance, ovvero come ballare sui tacchi, è stata la mia maestra in questo caso.
Jamie, quando è sui tacchi, esprime tutta sua vera essenza e la sua gioia, e attenzione, non diventa una drag queen.



È una storia estremamente attuale quella di Jamie, che speriamo diventi la normalità, anni fa sarebbe stato improponibile, cosa ne dici?

Abbiamo sicuramente la fortuna di poterlo raccontare più liberamente, anche se sicuramente ci sono dei paletti che vanno superati, pochi mesi fa abbiamo visto delle persone applaudire in Senato per affossare il ddl Zan, per negare quindi dei diritti alle persone, senza etichette per nessuno, proprio a delle persone.
Forse il problema è ancora radicato nelle vecchie generazioni, perché i giovani questo problema non lo hanno più.
Spesso l’errore però è in noi, in quanto ci diciamo che gli altri non ci capiscono, ma a volte bisogna anche fare un passo indietro e dire “ma io mi sono spiegato bene?”.




Per tutte le immagini, credits Davide Musto

Alice Arcuri, cattiva io?

Alice Arcuri, genovese, è la nuova protagonista della seconda stagione di Doc – Nelle tue mani, fiction con ascolti record di Rai1, tanto amata dal pubblico nel ruolo del cattivissimo primario Cecilia Tedeschi. L’avevamo già vista in Petra con Paola Cortellesi sia nella prima sia nella seconda stagione; poi ha avuto un ruolo in Don Matteo e Blanca e, successivamente, è comparsa varie volte nelle pubblicità sulle reti nazionali. Si divide tra Genova e Roma, in quanto nella sua città natale ha un figlio e un compagno che la aspettano appena finisce di girare.


Dress Annagiulia Firenze

Come ci si sente ad entrare a far parte della fiction con gli ascolti più alti di sempre?

Ci si sente prescelti, anzi no come gli elfi che vanno a trovare il baule pieno d’oro in Irlanda, sono arrivata come un’outsider out of the blue, in quanto sono genovese e ho studiato e fatto teatro per sedici anni della mia vita.
Era quello che volevo fare, poi a un certo punto ho scelto di intraprendere la strada della televisione e vedere se la vita mi avrebbe dato ragione nella mia scelta. Direi che con quest’esperienza mi ha battuto un bel cinque.
Mi sono sentita subito a casa; per un attore essere precario fa parte della natura del proprio lavoro, e io avevo proprio voglia di mettermi in bilico, tanto che ero comoda a teatro lo sapevo già.


alice arcuri
Body Annagiulia Firenze

È un super cast, so che vi divertite davvero sul set, vero?

Sono arrivata come forestiera a Roma, quindi ho dato il via libera a tutti per uscite e pizzate, e posso assicurarti che nonostante le sveglie impostate agli orari più improbabili, sul set era impossibile arrivarci di cattivo umore.
Sia Pierpaolo Spollon sia Matilde Gioli sono una ventata di vita, come una banda di messicani in piazza. Alla sala trucco era impossibile non lasciarsi andare alle risate. La cosa più bella è incontrarsi tra persone completamente diverse, sia come vita sia come età o città; insomma, è stata una gita di classe strepitosa.

Parlami del tuo personaggio della virologa antipatica, lo sei anche nella vita?

No, se dovessi descrivere la mia immagine nella vita sarei un misto tra Mowgli, una pin-up e uno scaricatore di porto; sono l’anti-Cecilia, quello che in realtà ho di lei è la corazza, l’esteriorità su cui ho lavorato tanto. Mi facilita il fatto di avere dei tratti somatici molto duri, e fino a quando non sorrido in generale le persone pensano che sia antipatica.
La cosa che amo di più raccontare di Cecilia è questo suo crepaccio interiore, quello che bolle dentro la sua testa, credo che sia molto interessante anche per il pubblico. Trovare la luce o svelarne il buio è la parte più interessante del personaggio. A me personalmente lei sta simpaticissima!


Body Annagiulia Firenze

Hai sempre voluto fare l’attrice?

Direi proprio di no, in quanto provengo da quattro o cinque generazioni di medici, quindi sognavo di diventare cardiochirurgo, mio padre faceva trapianti, mio fratello si è specializzato in maxillofacciale, insieme all’alfabeto posso dire di aver imparato i nomi dei farmaci.
Poi, per caso, mia madre mi ha portato a fare un corso di teatro e lì mi si è aperto un mondo; ho avuto una vera e propria epifania nei confronti di questo lavoro, che sinceramente non pensavo potesse diventare tale. Dopo essermi laureata in lettere moderne ho deciso di dedicarmi a questo mestiere, imponendomi di non fermarmi davanti a nessun ostacolo, e ora son qui.

È difficile essere mamma ed attrice?

Da un lato è difficile perché allontanarsi dalla famiglia da un punto di vista sociale viene percepito differentemente nel Paese in cui viviamo; forse se fossimo in Norvegia, dove i padri hanno il sussidio di paternità, sarebbe diverso; da un certo punto di vista, invece, mi ha aiutato a capire ed apprezzare di più quello che voglio fare.



Credits

Foto Roberta Krasning

Styling Gabriella Piluso

Hair & make-up Asalaya Pazzaglia for Simone Belli Agency

Dress e body Annagiulia Firenze

Press office laPalumbo Comunicazione

Livio Kone, dal calcio al cinema per passione e curiosità

Livio Kone è originario della Costa d’Avorio ma è cresciuto a San Vittore Olona, in provincia di Milano, con il grande sogno di giocare a calcio, sogno che ha inseguito fino ad un certo punto per capire poi che la sua vera passione era il cinema.
Lo abbiamo visto in diversi ruoli tra Zero Crazy for football – Matti per il calcio, ma il grande pubblico avrà modo di conoscerlo molto bene in Noi, la versione italiana della serie che ha commosso il mondo This is us, su Rai1 dal 6 marzo.


Total look Alexander McQueen

Sei di San Vittore Olona, quali sono le tue origini?

La mia leggera abbronzatura (ride, ndr) è dovuta al fatto che sono originario della Costa d’Avorio; in realtà sono nato a Milano, però poi dagli zero ai tre anni sono stato in Costa d’Avorio, in quanto i miei lavoravano e si dovevano stabilizzare, quindi per questioni economiche sono stato con la famiglia.

La tua passione per la recitazione come è arrivata?

La verità è che è nata per curiosità, anche perché fino a quel momento avevo pensato solo al calcio, però tutti mi dicevano che ero simpatico e avrei dovuto provare a far qualcosa nel campo dell’intrattenimento.
E così mi sono iscritto a un’accademia, all’inizio pensavo fosse solo un esperimento, poi ho capito davvero che quella era la mia strada.


Total look Emporio Armani

E il tuo primo ruolo importante qual è stato?

Sicuramente quello di Honey che ho interpretato in Zero per Netflix, prima serie italiana con un cast all black, e sono stato estremamente fiero di esserci stato, soprattutto perché viene considerata una serie che ha aperto molte porte.
Anche se tutti se lo chiedono, non ci sarà una seconda stagione.

E di Crazy for football – Matti per il calcio che ricordo hai? Insomma, eri al fianco di Sergio Castellitto

Sì, una bellissima esperienza con un super cast, è stata divertente e allo stesso tempo mi ha fatto riflettere sulla diversità di una persona che viene considerata schizofrenica rispetto a una normale. Conoscendo i ragazzi che soffrono di questa malattia, ho capito che in fondo non c’è nessuna differenza.
Un trauma o un evento può condurre chiunque alla follia, in questo senso tutti noi abbiamo dentro un potenziale negativo, solo che loro lo hanno portato all’esterno.


Total look and bag Zegna, shoes Baldinini, rings stylist’s archive

Anche in queste giornate sanremesi si è tornati a parlare di razzismo, ti è mai capitato qualche episodio sgradevole?

Sì, mi è successo, ma solo sui campi da calcio non nella vita quotidiana, come spesso succede si litiga con i difensori e volano parole che non dovrebbero sentirsi, però nulla di cui tener conto ecco.
Essendo cresciuto a San Vittore Olona, ero l’unico bambino nero della scuola, l’unico bambino nero nella squadra di calcio, tant’è vero che quando ho preso la cittadinanza italiana a 18 anni, il comune ha fatto una festa, ed è uscito un articolo sul giornale, insomma son stato coccolato sotto questo punto di vista.
Se una persona con cui stai discutendo l’unico argomento che ha per ribattere è quello del colore della pelle, vuol dire che il tuo interlocutore non ha temi, ed è finita la discussione, questo è quello che penso.


Total look Zegna, mini bags JCM Cuoio di Toscana

Il grande pubblico ti conoscerà in primavera con la versione italiana di This is us, Noi, che mi dici a riguardo?

Vi aspetto tutti sintonizzati il 6 marzo su Rai1, la storia è un mix di passato e presente di questa famiglia dove io interpreto Daniele, sono padre, ma a mia volta il mio di padre non l’ho mai conosciuto e a un certo punto, per un conflitto interiore, decido di cercarlo.

È vero che sei pazzo di Viola Davis?

Mi piace tantissimo, perché sento che mi arriva la sua potenza, la sua femminilità, capisco la sua fatica per arrivare ad essere quello che rappresenta per il cinema e per la community, insomma mi ipnotizza.


Total look Emporio Armani

Total look Zegna

Credits:

Talent Livio Kone
Photographer & creative director Davide Musto
Photographer assistants Valentina Ciampaglia, Dario Tucci
Stylist Alfredo Fabrizio
Stylist assistant Federica Mele
Make-up Maria Esposito @Simonebellimakeup
Location The Hoxton hotel Roma

Nell’immagine in apertura, total look Zegna

Enrico Esposito e Lorenzo Biscione: i VOGA

Enrico Esposito e Lorenzo Biscione sono i VOGA: due giovanissimi studenti del conservatorio di musica elettronica di Napoli che, sin dal primo momento in cui si sono conosciuti, hanno capito che potevano collaborare insieme producendo musica “urban”, come la definiscono loro; ovvero tutto quello che piace ai VOGA.
Il successo della scorsa estate, Miranapoli!, ce li ha fatti conoscere e ora sono appena usciti con il loro nuovo singolo Xfetti sconosciuti.



Ditemi come nasce il nome del vostro gruppo.

Diciamo che il nostro nome nasce in maniera abbastanza simpatica, in quanto noi come gruppo siamo nati totalmente per caso. Abbiamo iniziato a collaborare e poi abbiamo capito di avere grandi affinità; quindi è nata l’idea di suonare insieme e per farlo ovviamente ci voleva un nome. Eravamo a Milano e qualcuno stava parlando di un gruppo che era in voga, a noi piaceva come suonava la parola e così ce lo siamo preso.
A Milano ci mettevamo fuori dalle etichette discografiche, decisi a rimanerci fino a quando non avessero ascoltato i nostri pezzi. E alla fine è andata bene.

Siete napoletani, come vi siete conosciuti?

Ci siamo conosciuti al conservatorio di musica elettronica, proprio il primo giorno. Io ero andato e non sapevo che ci fosse lezione ed Enrico era in anticipo, insomma siamo stati i primi due ad incontrarsi e abbiamo fatto subito amicizia.
Sinceramente abitiamo anche abbastanza vicini a Napoli e ci sono degli amici in comune. Poi tra chi fa musica in città ci si conosce tutti, infatti entrambi avevamo già presente chi fossimo.
Possiamo dire che nel giro di una settimana, da quando ci siamo incontrati, abbiamo iniziato a mettere insieme delle idee e a collaborare, anzi a chiudere il primo pezzo, uscito poco dopo su Spotify.



Come mai, secondo voi, Napoli rimane sempre una fonte inesauribile di talenti e cantanti?

Napoli come tante altre città vive di contaminazioni, solo che da noi è tutto amplificato e godi appieno delle vibrazioni positive di altre culture e altre melodie: credo questa continua stimolazione sia la faccia buona della medaglia.
Forse siamo anche privilegiati perché viviamo in centro e come si sa la periferia di Napoli (come quella di tante altre città) vive di problemi e disagi quotidiani.



Ditemelo voi che genere di musica fate.

Questa è una domanda a cui facciamo fatica a rispondere anche noi: diciamo “urban”, per il momento, perché racchiude un po’ tutto, dalle influenze hip-hop a quelle R&B fino all’elettronica, spaziamo semplicemente in tutto quello che ci piace.



Considerate Miranapoli! il vostro primo grande successo?

Sicuramente sì perché è stato il primo pezzo che ci è capitato di ascoltare per radio. Più che altro ha quasi superato le nostre aspettative: sentirlo nei bar, dalle macchine fino poi a esplodere su TikTok. La cosa più strana è che doveva essere un disco estivo, invece ha raggiunto l’apice a settembre. Un post summer diciamo.



È appena uscito Xfetti sconosciuti, cosa volete dirci a riguardo?

È abbastanza biografico in quanto parla di una rottura recente che ho vissuto, dove oltre al dolore di lasciarsi con una persona dopo tanti anni, per svariati motivi ti rincontri proprio con lei dopo una settimana. Tutti ciò ha condizionato il mio modo di scrivere i testi nell’ultimo periodo, quindi il modo di fare musica di tutti e due.



Avete un album in uscita…

L’idea è di pubblicare un EP entro la fine dell’anno: ci piace chiudere con un progetto ufficiale questo 2022 appena iniziato.

I VOGA non arrivano dai talent show: Sanremo potrebbe essere un vostro obiettivo?

Non diciamo sicuramente no a prescindere, anzi, se capitasse sarebbe molto bello poter far conoscere ad un pubblico così ampio quello che facciamo.



Photo credit: Federico Avella

Monica Vitti: Vitti d’arte, Vitti d’amore

Monica Vitti, in due parole il cinema italiano nel mondo. Nata praticamente a piazza di Spagna a Roma, in via Francesco Crispi, insieme ad Anna Magnani, Gassman, Tognazzi e Manfredi ha rappresentato la vera romanità.
Unica ed inconfondibile, con quella sua voce roca, agli esordi della carriera era stata scoraggiata dal Centro Sperimentale, dove le avevano assicurato che non sarebbe andata da nessuna parte, per poi entrare alla Silvio d’Amico, intraprendendo una breve ma intensa carriera teatrale.



Invece come sempre accade, l’imperfezione ti rende unico e ti porta al successo.
Allegra, depressa, introversa, ironica, tutte parole che potevano descrivere Monica.
Dopo un inizio carriera in bianco e nero, che la vedeva impegnata in ruoli sia comici che drammatici, è arrivato il rapporto che l’ha legata sia professionalmente che sentimentalmente al regista Michelangelo Antonioni, che le ha fatto fare un percorso interno che ha attraversato tutte le sue insicurezze, rendendola la sua musa ispiratrice.
Come tutti i rapporti intensi, ad un certo punto si consumano, e così è stato anche per loro.



La sua sensazione era sempre quella di non essere mai abbastanza, le dicevano che era troppo moderna, troppo magra, era il momento delle maggiorate come la Loren e la Mangano, ma lei non ha mai pensato che ci potesse essere un altro destino a, era un’attrice.
Stiamo parlando degli anni ‘60, dove la comicità era relegata all’uomo, la donna era di contorno, le si chiedeva solo di essere molto bella e pronta a servire la battuta; lei no, ha rivoluzionato i piani, diventando la prima mattatrice in gonnella in Italia, poi arrivarono le altre.

Si è avvalsa anche del primato di donna che ha preso più schiaffi sullo schermo, infatti nei cinque film fatti con l’amico di sempre Alberto Sordi, come Amore mio aiutami o Io so che tu sai che io so, le scene di ceffoni sono lunghissime, e portano lo spettatore più a ridere che ha soffrire per la donna picchiata, senza offendere nessuna femminista o associazione o etichetta particolare, mentre oggi è sempre più difficile orientarsi in un mondo “politically correct”.



Tra le sue frasi celebri: «Il mondo è di chi si alza felice? No, il mondo è di chi è felice di alzarsi».
Anche perché come ha spesso detto, lei di notte aveva sempre gli incubi e faceva fatica a prendere sonno, e comunque andava a letto molto tardi, quindi la mattina si svegliava per uscire da questo turbine di inquietudine che la travolgeva; quando si alzava le ci voleva qualche ora a riadattarsi alla vita quotidiana, però poi sapeva che arrivava la sera e le cene con gli amici, e quindi si rideva tutti insieme.



L’ultima sua apparizione nel 2002, poi più nulla, la malattia, forse Alzheimer. Il compagno e marito Roberto Russo, l’ha descritta come neurodegenerativa, senza approfondire, un qualcosa che si è appropriato della sua memoria, ma lui non ha mai voluto parlarne, proteggendola da tutte le voci che la vedevano ricoverata in una clinica in Svizzera, poi a spasso di mattina presto a Villa Borghese.
La festa del cinema di Roma quest’anno l’aveva celebrata con un docufilm che riprendo nel titolo: Vitti d’arte, Vitti d’amore, anche se ripercorrere la vita di Monica non è facile, ci ha raccontato un secolo con la sua povertà e la sua illusione di perbenismo: il ‘900.



Il 2 febbraio 2022, all’età di 90 anni, si è spenta nel suo attico a due passi da piazza del Popolo, e noi la ricorderemo sempre con i suoi grandi occhi verdi, come una vera diva, che non ha bisogno di farsi vedere invecchiata, sarà sempre bella ed impacciata come solo lei sapeva essere.

Per l’immagine in apertura, credits: Mondadori Portfolio/Marisa Rastellini

Giampiero Ingrassia e ‘La piccola bottega degli orrori’

Da 22 al 27 febbraio torna al Teatro Brancaccio di Roma (per poi proseguire la tournée in giro per l’Italia) La piccola bottega degli orrori, dall’omonimo musical di Alan Menken e Howard Ashman, da cui è stato tratto anche un film nel 1986.
Dopo l’interruzione causa pandemia del 2020, rivedremo sul palco Giampiero Ingrassia al fianco di Fabio Canino, per la regia del grande Piero Di Blasio.



Com’è stata questa ripartenza?

Da un lato sicuramente positiva, perché si torna a lavorare, dall’altro c’è l’incertezza della gente, che magari ha paura e non sempre riesce a riempire i teatri per colpa del virus, anche solo il fatto del dover tenere la mascherina è ancora un ostacolo per andare in sala. Insomma, ci sono tuttora un sacco di fattori che impediscono la piena riuscita dello spettacolo.
L’unica sicurezza è che il pubblico ha voglia di divertirsi e che lo show piace molto.

Ci sono delle differenze rispetto all’ultima versione?

Diciamo che ci sono tre personaggi dell’ensemble che sono cambiati, poi fondamentalmente le scenografie sono più grandi perché calchiamo teatri più grandi, quindi sono state aggiunte delle fasce laterali.
Possiamo dire anche che è una versione decisamente più glam rispetto ad anni fa, soprattutto con l’avvento della drag queen. Tre anni fa io mi confrontavo con un pupazzo enorme con un tecnico all’interno, ora la pianta è un essere umano, quindi è tutto più dinamico.



Che cosa ti diverte di più nel fare La piccola bottega degli orrori?

Innanzitutto, devo dire che mi piace molto come spettacolo, e poi ci sono affezionato perché è stato il mio primo musical, l’ho interpretato trentatré anni fa con la regia di Saverio Marconi, ovviamente era un altro allestimento.
E poi mi diverte fare il ruolo di questo nerd, che trent’anni fa era ovviamente più giovane e ora è un po’ più grande, vedere attempato quest’uomo che non ha concluso nulla nella vita e rimane sempre un garzone ti intenerisce ancor di più.

La battuta più divertente invece?

Sicuramente quella dove una ragazza dice «ma perché ti fai trattare così male dal proprietario del negozio?», e lui risponde: «ma in fondo io gli devo tutto, mi ha tirato fuori dall’orfanotrofio quando ancora ero un giovane di trentotto anni», questo fa capire il suo piccolo mondo antico.

Quanto cambia per un attore sul palco vedere il pubblico con la mascherina?

Cambia, cambia, anche se oramai devo ammettere che ci siamo abituati, all’inizio temevo che le risate non si sentissero dal palcoscenico, invece anche se sono leggermente ovattate si sentono ugualmente.
Per fortuna il pubblico ha superato il fastidio di dover stare con la mascherina, accettandolo come tante altre regole pur di poter tornare al rito collettivo del teatro.

Stella Egitto, dalla Sicilia a Roma per amore della recitazione

Stella Egitto, attrice bellissima (anche se non se ne rende conto) è l’incarnazione della sicilianità: messinese di origine, gli studi di recitazione l’hanno portata nella città eterna, di cui ama tutto tranne la carbonara.
La sua vera passione è la drammaturgia, ma ovviamente al grande pubblico è arrivata con i suoi ruoli in serie tv di successo e film indipendenti, sempre scelti con attenzione.
Per il 2022 ha diversi progetti in uscita tra cinema, tv e teatro, quindi bisogna tenerla d’occhio.



Hai un nome bellissimo, c’è dietro un significato particolare?

È il nome della nonna paterna, prima di me erano arrivati due figli maschi e in famiglia si erano ripromessi che, se fosse nata una femmina, l’avrebbero chiamata con il suo nome.
Però anche mia mamma ha voluto metterci del suo, così lei mi ha dato Aurora, in pratica ho due nomi, due passaggi del sole.
Visto così potrebbe sembrare impegnativo, ma credo nei percorsi più che nelle destinazioni.

Vivi a Roma da molti anni, quanto c’è ancora della tua terra d’origine, la Sicilia, in te?

Tantissimo, assolutamente, la Sicilia ti marchia nel Dna, è un terra piena di contraddizioni e, un po’, è questa la sua bellezza: ci sono il mare e la montagna, i paesaggi dolci e quelli forti, con il mio quid di follia credo di comprenderli tutti.
Vivere con una temperatura costante di venti gradi ti fa diventare tendenzialmente espansiva e accogliente, io mi sento così. Semplicemente, non sarei come sono se non fossi nata dove sono nata.


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La passione per recitazione, invece, come ti è venuta?

Dal mio innamoramento per la drammaturgia, in realtà al liceo ho avuto la fortuna di avere un insegnante che mi ha fatto incontrare la lettura di testi drammaturgici, ho subito capito quanto mi piacesse. Man mano che leggevo, immaginavo e disegnavo, poi ho capito che la forma più adatta per dar vita a tutto questo era proprio l’azione, quindi la recitazione.

In che modo hai iniziato?

Ho fatto teatro a Messina ed in Sicilia in tutti i modi possibili, a scuola e non solo, una volta diplomata ho deciso che, se ne avessi avuto la possibilità, se insomma avessi avuto la mia buona stella, avrei trasformato questa passione in un mestiere. Così ho fatto il provino alla Silvio d’Amico a Roma e al Piccolo Teatro di Milano, incredibilmente sono andati bene entrambi, al Piccolo non mi sono nemmeno presentata per la seconda fase, la mia scelta era Roma.



E quando hai detto a casa di voler fare l’attrice?

Non ho più mio padre, mia madre mi disse che non voleva che andassi allo sbaraglio ma, se avessi individuato una scuola di formazione che non costasse uno sproposito (non avremmo potuto permettercelo), mi avrebbe permesso di farlo; è stata la mia spalla per tutto il percorso in Accademia.
Sono entrata alla Silvio D’Amico portando un monologo dell’Otello, dove io interpretavo Otello e mia madre Desdemona. È stata una scelta istintiva, senza troppe sovrastrutture, ne sono rimasti folgorati, soprattutto il direttore che era in commissione.
Ora forse sceglierei qualcosa di più comodo e adatto a me, ma l’audacia e l’incoscienza premiano sempre.


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Sei oggettivamente bellissima, te lo hanno mai fatto pesare?

Credo che sia sicuramente successo, ma non nel teatro, perché l’età scenica è importante e non si va nel dettaglio, cinema e televisione sono decisamente diversi, sono come una lente d’ingrandimento, ed a volte è proprio una questione di equilibri.
Magari, in alcuni cast con attrici molto belle, non c’è stata la possibilità di essere inserita, a parte questo però non credo di essere mai stata penalizzata.



So che hai diversi progetti in uscita, cosa puoi dirci in proposito?

Ho da poco finito di girare un film in uscita nel 2022, davvero ambizioso e in cui credo molto, girato non a caso in Sicilia: interpreto una donna rivoluzionaria nel contesto di quel periodo, perché sceglie l’amore anziché la comodità, e siamo negli anni 50’, insomma era tutto diverso.
Poi ci sarà la seconda stagione di Buongiorno, mamma! dove interpreto Maurizia Scalzi, è stata la mia prima esperienza con la serialità, in un progetto lungo e con un ruolo di grande respiro.
Infine, la ripresa di uno spettacolo teatrale interrotto a causa del Covid, con il quale non abbiamo mai debuttato perché siamo stati sorpresi a metà delle prove; è una fusione di due testi di Shakespeare, diretto da Max Mazzotta, in cui reciterò insieme a Lorenzo Richelmy.



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Credits:
Photographer Davide Musto
Producer Sonia Rondini
Photographer assistant Valentina Ciampaglia
Stylist Federica Pennetti, Sara Rhodio
Fashion editor Federica Mele
Hair Federica Recchia @Simone Belli Make up
Make up Asalaya Pazzaglia @Simone Belli Make up
Location Wisdomless Club Roma

In apertura, total look Alessandro Vigilante, earrings and rings Iosselliani

Fab 5 i film più strimmati delle feste

In cover “Come un gatto in tangenziale, ritorno a Coccia di morto”

Tanti di voi sicuramente hanno approfittato delle vacanze per andare al cinema ed altri, invece, accompagnati ancora dalla paura del rito collettivo dei luoghi affollati, hanno scelto di vedersi in comodità a casa i film delle feste.
Al numero uno dei film delle feste sicuramente mettiamo “È stata la mano di Dio” (Netflix), che nonostante le critica sia divisa su un vero capolavoro del genio di Paolo Sorrentino, invito chi non l’abbia fatto a vederselo.

I protagonisti di "E' stata la mano di Dio"
I protagonisti di “E’ stata la mano di Dio”

Lo dico da non super appassionato del regista de “La grande bellezza”, ma questo è indubbiamente il suo miglior film.
Per quelli che dicono “ma è lento”, “ma è qui”, “ma è la”, vi dico che di cinema non ci capite una emerita mazza e che forse dovete proseguire con serie TV che vi rivelano tutto in trenta minuti. Questa è un opera d’art
Al numero due troviamo “Don’t Look Up” (Netflix), commedia fantascientifica con un cast stellare; infatti abbiamo un superlativo Leonardo Di Caprio affiancato da una quasi irriconoscibile Jennifer Lawrence, i quali hanno guadagnato una cifra superiore ai 55 milioni
di dollari. Co-starring: niente meno che Maryl Streep e Cate Blanchett, insomma i presupposti per avere un super film almeno sulla carta c’erano tutti.
E infatti nessuno è stato deluso, sia dalla trama accattivante che dall’interpretazione strabiliante di tutti loro.

Il cast di Don’t Look Up


Qualcuno ha detto la solita “americanata”, beh, non mi limiterei a dire solo quello, un grande film, che sicuramente non avrebbe potuto prendere luogo in nessun altro posto che non gli Stati Uniti dove ogni eccesso è permesso.

Tra i film delle feste più discussi, The Ferragnez.

Ovviamente “The Ferragnez” (Amazon Prime Video), che alla fine sono gli unici influencer celebrity nel nostro Paese a poter permettersi di fare un reality basato sulla vita borderline tra lusso ed incognito, che sicuramente è riuscita a farli avvicinare ad una fetta di pubblico che magari li vedeva come una forma astratta.
Hanno dimostrato di essere ironici e autentici, e sicuramente talmente diversi da essere perfettamente compatibili al punto di potersi compensare meravigliosamente.

La famiglia Ferragni e Lucia al completo


Per quelli che parlano di ostentazione, bene questa è una visione delle cose tutta italiana, negli USA quando uno raggiunge un obbiettivo viene ammirato e stimato, nella nostra piccola Italietta viene solo visto come uno fortunato o che al massimo ha rubato qualcosa. Ragazzi, non è così: provatelo a farlo voi!

Al quarto posto (e non dico quinto per la stima che provo nei confronti di Paola Cortellesi) abbiamo “Come un gatto in tangenziale, ritorno a Coccia di morto” (Amazon Prime Video). Io mi chiedo: c’era davvero bisogno di fare un film così imbarazzante? A quanto pare sì. Purtroppo è talmente scadente il tutto, al punto tale che le due gemelle Alessandra e Valentina Giudicessa (cleptomani nella vita e nel film) sembrano due premi Oscar a recitare. Direi trascurabile, o evitabile.

Pintus@Christmas

Al quinto Pintus@Christmas su Amazon Prime Video, ha confezionato uno spettacolo con ospiti e amici come Lillo e Malika Ayane che funziona. Un misto di gag e battute come solo Angelo Pintus sa regalarci, anche se quando diventa più succinto e volgarotto ci piace di più, ma era Natale.

Golden Globes 2022, non una buona annata per la 79esima edizione

Chi lo avrebbe mai detto che sarebbe andata a finire così. Per la prima volta nella storia dei Golden Globes non vi è stata una diretta televisiva e tantomeno un red carpet.
I premi assegnati dalla Foreign Press, una statuetta istituzionale che precede i più prestigiosi Oscar, delineano quella che sarà la scelta dell’Academy.

Quest’anno, in maniera ufficiale a causa del Covid, non si è potuta svolgere la cerimonia, ma la realtà dei fatti è ben più triste.
Si conosceva da tempo, infatti, la scarsa predisposizione dell’associazione a distribuire i premi a etnie diverse da quella caucasica, ma ultimamente le accuse, ben fondate, si sono fatte molto più pesanti. Al punto che Tom Cruise aveva rispedito al mittente le sue tre statuette.



Questo segnale ha fatto sì che Nbc, la storica emittente che mandava in onda la trasmissione, abbia voltato le spalle alla cerimonia, e nessun’altra si sia fatta avanti.
Da noi si direbbe una Caporetto, da loro una pessima figura cui sarà molto difficile rimediare, a meno di ammettere qualche persona di colore tra gli 87 giornalisti associati.

Partiamo dal fatto che il nostro Sorrentino è rimasto a mani vuote, superato dal film giapponese Drive My Car, già solo questo potrebbe essere un segnale stonato.

Come miglior attrice protagonista in un film troviamo una splendida Nicole Kidman in Being the Ricardos, dove interpretava la star di I love Lucy, serie tv degli anni ’60 dal successo planetario, ruolo che le si addice perfettamente.


Being the Ricardos

Ad aggiudicarsi la statuetta di miglior attore è l’ex principe di Bel-Air Will Smith, con il biopic King Richard dove interpreta il padre delle tenniste Serena e Venus Williams.


Will Smith

La sorpresa più grande è certamente stata vedere MJ Rodriguez, star di Pose su Netflix, vincere come miglior attrice protagonista in una serie tv, la prima transgender a vincere tale premio in questo contesto. Un altro piccolo grande passo per tutto il mondo LGBT.
Questo il suo post: “Grazie! Questa è una porta che si apre per molti altri giovani di talento. Vedranno che è più che possibile. Vedranno che una giovane ragazza nera latina di Newark, New Jersey, che aveva il sogno di cambiare le menti degli altri, ci sarebbe riuscita con amore. L’AMORE VINCE. Ai miei giovani ragazzi LGBTQAI dico: siamo qui, la porta ora è aperta, raggiungete le stelle!”.


MJ Rodriguez

Aladin, il Musical Geniale

In un momento di forte insicurezza, una certezza per le feste di Natale ce l’abbiamo, ovvero Aladin, il musical geniale al Teatro Brancaccio a Roma fino al 9 Gennaio.

Iniziamo a dire che il cast è rinnovato, e lo spettacolo è fresco e ricco di emozioni da condividere la famiglia.

Quante volte in Italia capita che un musical venga stravolto e cambiato senza per forza proporre la stessa minestra ma in italiano?

Rarissimamente, ma dopo il successo della stagione 2019-2020 ALADIN il Musical Geniale prodotto da Alessandro Longobardi per OTI Officine del Teatro Italiano loro ci sono riusciti in maniera egregia.



Più di un family show, il musical, liberamente ispirato ad una delle più celebri novelle orientali de Le mille e una notte, ripercorre le avventure di Aladino e del genio della lampada, in un sontuosa ambientazione medio-orientale con alcune contaminazioni in stile Bollywood nelle musiche originali, negli arrangiamenti musicali, nelle coreografie e nei costumi.

Nella grande città di Baghdad vive in una piccola bottega di stoffe, insieme a sua madre Kamira e la sua fedele scimmietta compagna di avventure Coco, Aladin, un giovane ragazzo pieno di sogni.

Una mattina, insieme al suo migliore amico Abdul, elabora un piano per conoscere la Principessa Jasmine, venuta al mercato accompagnata dalle guardie e dalla sua fedele ancella Aicha.

Durante questo incontro si innamora perdutamente di lei.

Jafar, il gran Visir del Sultano, arresta i due ragazzi e, su consiglio del suo fedele servitore Skifus, rinchiude Abdul nelle prigioni del palazzo ricattando Aladin: soltanto se avesse recuperato per lui una semplice lampada ad olio nascosta nella caverna del cobra avrebbe rivisto vivo il suo migliore amico.

Per una serie sfortunati eventi, Aladin rimane imprigionato all’interno della Caverna ma grazie ad un semplice anello, chiesto in pegno a Jafar, scopre il segreto della Leggenda del deserto incontrando Nello, il genio dell’anello e Thor, il genio della lampada.



I due geni, grazie a desideri buoni e  altruisti, aiuteranno Aladin a liberare il suo amico e incontrare la sua principessa.

I due protagonisti sono: Emanuela Rei che è un’affascinante Jasmine, in apparenza indifesa, nella realtà ribelle e indipendente, pragmatica e risoluta. Attrice in numerose serie tv per ragazzi, è protagonista della popolarissima serie tv “Maggie & Bianca Fashion Friends”.

Giovanni Abbracciavento che debutta nel ruolo di Aladin, ladruncolo scansonato, furbo, coraggioso e affascinante. Attore e ballerino, già interprete in numerosi musical come “La Febbre del Sabato Sera, Sette Spose per Sette Fratelli, Priscilla-la regina del deserto, Flash dance e We Will Rock You.

Dall’arte al cinema: a tu per tu con Emanuel Caserio

Emanuel Caserio, è un artista a tutto tondo, ha iniziato con il Liceo Artistico, di cui detiene ancora tutte le discipline, infatti ama disegnare e dipingere nel tempo libero, ma il suo mestiere è quello dell’attore.

Lo possiamo vedere tutti i giorni nella soap opera italiana che ha rubato il cuore degli ascolti nel day-time di RAI1 “Il Paradiso delle signore” con il ruolo di Salvatore.



Com’è essere in onda tutti i giorni con “Il Paradiso delle signore”?

La cosa più bella è quella di essere ricambiato di un affetto quasi familiare, anche da persone che ovviamente non ti conoscono, mi è capitato più volte di camminare per la strada e ricevere abbracci.

Una sera stavo uscendo da una pizzeria e un signore mi ha urlato: ” Salvatore!” è il nome del mio personaggio, al momento mi sono spaventato, in quanto pensavo mi volesse rapinare, invece voleva solo salutarmi, è un po’ come se ti aprissero tutti le porte di casa e tu sia un loro amico.



Hai sempre saputo di voler fare l’attore?

No, in realtà io volevo fare il pallavolista, poi per fortuna ho capito in tempo di non avere nessun tipo di talento e quindi ho iniziato a fare il mio primo corso di recitazione nella mia città, Latina, per approdare al Centro Sperimentale, e dopo di quello hanno iniziato ad aprirsi con calma le porte.

Nel frattempo, facevo il cameriere, il barman, le consegne delle pizze, ho fatto anche le pulizie dentro ad una palestra e poi piano piano è arrivato il ruolo giusto.



Quanto ti diverti ad andare in trasmissione dalla Bortone?

Sinceramente tantissimo, si balla, si scherza, e Serena è una grandissima presentatrice nonché giornalista, si è creato un ambiente goliardico e familiare anche in questo caso, c’è il vero affetto, si sta proprio al calduccio.

Un po’ come quando ti metti la coperta di Linus a casa, quando vado li sono attorniato da persone che stimo e che amo, è davvero un bell’esempio di televisione pulita.



Ti vedresti a condurre un programma?

Mi piacerebbe davvero un sacco, anche perché ad oggi non esiste più che se fai l’attore non puoi fare altro, il bello sta proprio nel saper variare e modulare il proprio lavoro comunicando con le persone con metodi differenti.

Anche perché non vorrebbe dire mancare di rispetto al mio mestiere principale che è quello dell’attore, ma anzi sublimarlo con altre cose.



Un reality lo faresti?

Non credo di essere adatto, correrei il rischio di chiudermi a riccio, e forse non funzionerei, non ti nego che farei altri progetti come Pechino, in quanto mi porterebbe a viaggiare, cosa che amo fare nella vita in generale, oppure Ballando con Stelle, dove trovo incredibile la conduzione impeccabile di Milly Carlucci, e poi sono tutte e due situazioni che non sviliscono ma anzi danno sicuramente una crescita.


Abito in velluto Grifoni

Che cosa vedi nel tuo futuro, più cinema o televisione?

Il cinema lo vedo un po’ come un amante che viene e va, non c’è sempre, solo quando vuole lui, la televisione la vedo più fedele, come un rapporto stabile, quasi un matrimonio. Sono del segno dei pesci e mi piacciono le cose tranquille, quindi proseguirei con la televisione.

Sento che potrei soffrire d’amore per il cinema.



Sei sul set quasi tutti i giorni, quando hai tempo libero che fai?

Ho fatto il liceo artistico, quindi disegno e dipingo. Mi piace disegnare col caffè che è una tecnica che ho imparato da poco tempo, nel tempo libero del lockdown, adoro stare con gli amici e mi piace un sacco cantare.



Che cosa farai per le vacanze di Natale?

Trascorrerò del tempo in famiglia con mia madre e mio padre, anche perché crescendo ti rendi conto di quanto sia importante e quanto il tempo scorra via inesorabile.

Cover look: Piumino ADD

Credits:

Photographer: Davide Musto

Styling: Rosa Maria Coniglio

Grooming: Alessandro Joubert @simonebellimakeup

Producer: Sonia Rondini

Assistente fotografico: Valentina Ciampaglia

Location: Mediterraneo al Maxxi 

Attilio Fontana, Never again Kabarett

Incontro Attilio Fontana, all’ Ellington Club, di venerdì, infatti sta per iniziare le prove per lo spettacolo della sera. Lo abbiamo conosciuto come cantante e Teen Idol negli anni 90’, per poi farsi notare come un attore veramente completo e re dei musical, insomma come ce ne sono pochi in Italia.

Come tutti gli artisti ha sofferto delle chiusure dovute alla pandemia e così adesso ha deciso di buttarsi in questa nuova avventura con uno spettacolo di cabaret a Roma assolutamente da non perdere, formato da sedici artisti, che intrattengono e stupiscono il pubblico a rotazione.



Cosa mi racconti di questa nuova esperienza?

Questa è un esperienza work in progress, nel senso che è uno spettacolo molto particolare. La storia della mia partecipazione a quest’idea nasce forse dal periodo del lockdown, momento in cui ho conosciuto Vera Dragone e l’Ellington club. Avevo la necessità di registrare un disco acustico e così ci siamo incontrati artisticamente. Vera è proprietaria insieme ad Alessandro Casella di un mondo fantastico, in quanto la prima volta che vi ho messo piede mi sembrava di essere in una scena di “C’era una volta in America”.

E com’è nata l’idea dello spettacolo?

È nata la scorsa estate; per due ore Vera mi ha parlato della sua idea dello spettacolo, nata insieme alle altre due interpreti Camilla Nigro e Miriam Gaudio. Voleva mettere insieme una serie di performer ed artisti, cosa che poi ha fatto curandone la regia. Ha creato una sorta di manifesto della libertà artisticа, dopo che siamo stati intrappolati dentro delle gabbie claustrofobiche e lo siamo ancora per certi versi.

Quindi l’idea finale era quella mettere insieme degli artisti, e come degli spettri inquieti poter abitare il palco regalando la nostra arte.

Insieme a noi ci sono anche tanti altri performer come Giuditta Sin.

Canto anche delle cover, che non è una cosa che faccio solitamente, tranne che a “Tale e Quale” ovviamente, ed in più propongo anche dei brani miei.

Siamo una sorta di nave sogno approdata al Pigneto.

Hai sofferto parecchio tu personalmente come artista per le chiusure?

Si, forse perché sono inquieto, e l’inquietudine mi porta a fare questo spettacolo, perché la mia vita è il palcoscenico.

Ci hanno messo: mascherine, distanziamento, plexiglass, sono tutte cose che remano contro l’empatia dal vivo, che è il mio nutrimento, soprattutto per me che in questi ultimi anni ho vissuto di teatro e musica dal vivo che sono le cose che amo di più fare.



A che ora inizia lo spettacolo?

Lo spettacolo inizia alle 21,30 e v avanti fino a mezzanotte, sono due ore piene, insomma una bella tirata, però siamo tanti ed abbiamo una band dal vivo di musicisti che è straordinaria, e la cosa che amo in assoluto nell’esibirmi qui è l’amore per l’arte che abbiamo tutti quanti. Siamo nell’era dei numeri, ecco noi non sopravviviamo per i numeri ma per la passione. Ci stiamo conoscendo e mescolando gradualmente, qui all’Ellington ci sono una serie di alchimie a cui sono sempre affezionato.

Stiamo vivendo un momento privilegiato rispetto a certe zone dell’Europa, come lo vivi questo momento di incertezza?

Voglio rimanere ottimista, anche perché ho combattuto con l’informazione sin dall’inizio, in quanto esercita un pressing davvero importante sulle persone.

Non entro in merito del buono o del cattivo, preferisco rimanere in una terra di mezzo e combatto con la mia positività.

Crediti:

Foto: Massimo Insabato

Location: Ellington Club Roma

Artists: Attilio Fontana con Vera Dragone e Giuditta Sin e con Camilla Nigro e Miriam Gaudio (interpreti dello spettacolo Never Again Kabarett)

Press: Ufficio Stampa Fabi Savona

Lina Wertmuller, la regista con gli occhiali bianchi.

Oggi 9 Dicembre 2021 ci ha lasciato Lina all’età di 93 anni.

L’abbiamo conosciuta come Lina Wertmuller, ma il suo vero nome è Arcangela Felice Assunta Wertmüller Von Elgg Spanol Von Braueich, la regista più amata dagli attori, che come tutti i grandi si affezionava ai suoi talenti e li faceva crescere con lei, sicuramente i più amati sono stati Mariangela Melato e Giancarlo Giannini.

La Wertmuller era riuscita a strappare la Melato al teatro in quanto non riusciva a vedere i suoi film senza di lei, per poi tornarci terminate le riprese con lei.

Insieme hanno creato film memorabili come: Mimì metallurgico ferito nell’onoreFilm d’amore e d’anarchia e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto.

Proprio negli anni della rivoluzione sessuale, del manifesto del femminismo, arrivò lei, Lina, che con i suoi iconici occhiali bianchi ci spiegato ed ha fatto capire che cosa stesse succedendo in Italia negli anni 70’ dove le classi lavorative erano in subbuglio.



Quando sei geniale, prima o poi ti viene riconosciuto, ecco a lei è successo quasi subito, è stata adulata da Madonna, che innamoratasi di: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, lo volle replicare nei primi anni 2000, con un disastroso risultato, perché è molto difficile fare un remake quando impresso negli occhi di tutti vi è un film scolpito nella memoria di tutti.

Ha avuto anche l’onore di essere stata la prima donna della storia ad essere candidata all’oscar dall’Accademy Awards come miglior regista nel 1977 con Pasqualino sette bellezze, senza vincere in quell’occasione, ma come disse lei, erano solo un gruppo di giovani italiani all’avventura, non avevano fatto le centinaia di proiezioni per arrivare al risultato.

Per poi ricevere un Oscar alla carriera nel 2020 citando: “per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa”.

Proprio in quell’occasione i suoi collaboratori a Los Angeles ricordano quanto fosse tranquilla, quasi senza emozioni perché cosciente del lavoro svolto, amava circondarsi di persone che le regalassero attenzioni, la mitologia narra che fosse molto severa sul set, ma come si dice la carota non ha mai aiutato nessuno.

Johnny Do, Il viaggio che rifarei

Definire Johnny Do solo un appassionato di viaggi sarebbe quasi riduttivo, la sua è una vera cultura del saper viaggiare. Il suo libro “Il viaggio che rifarei” si è subito posizionato tra i primi dieci posti nella sezione travel di Amazon, proprio a confermare quanto tutti noi abbiamo bisogno di prendere una valigia e partire. Ecco se leggete il libro è proprio quello che penserete.

Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro?

Le emozioni dei primi viaggi le scrivevo già adolescente, poi ho iniziato a vivere e lavorare viaggiando, è diventata un’abitudine vivere in hotel, traslocare da una nazione all’altra, cambiavo isole e continenti come fossero quartieri della stessa città arrivando al punto di non aver più avuto il tempo di scrivere.

Ho cercato il posto più bello dove vivere e ho cercato di immagazzinare nella memoria più emozioni possibili. Internet ha permesso l’espandersi del fai da te anche nei viaggi, nell’ultimo decennio, anno dopo anno, il lavoro è sceso sempre più: nella gestione delle stagioni come per i grandi accompagnamenti. Qualche anno fa, durante una cena in un famoso ristorante di Ibiza, una cara amica con il suo compagno, sentendomi raccontare alcuni aneddoti di viaggi e di turisti mi hanno proposto l’idea, con Salvatore ho iniziato un percorso quasi psicologico per scardinare ricordi ed avvenimenti che, in realtà erano semplicemente catalogati in una parte del cranio, poi è arrivata la pandemia e ho avuto il tempo di cercare tutto ciò che mia sorella aveva ordinatamente conservato in cantina e cosi in ordine cronologico ho iniziato a riordinare tutto. Saltando qualcosa, unificando qualcos’altro è arrivato il libro.  

Il viaggio più bello?

La bellezza di un viaggio è direttamente proporzionale all’ entusiasmo e alle emozioni che ognuno ha in quel determinato momento, il viaggio più bello nel mio caso è lungo una vita, potrebbe essere solo un sorvolo della Polinesia, la prima volta a New York, Rio a Carnevale o le indimenticate grandi amicizie di Tenerife o di Mykonos, gli altipiani della Tanzania e del Kenya, il salto nel tempo di Cuba o chissà dove. Per avere una risposta più chiara bisognerebbe cercarla nel libro.

C’è un viaggio che non rifaresti?

Alcuni viaggi li ho fatti con l’incoscienza della giovinezza, adesso non li rifarei per pericolosità dei luoghi o delle situazioni. Non ho amato il secondo periodo da manager in Egitto, penso per l’incarico; avrei lasciato la nave rompighiaccio il secondo giorno di navigazione, per la noia; col senno di poi mi preparerei meglio ad affrontare i primi lunghi periodi in estremo oriente, mi sentivo un extraterrestre.

Vivi ad Ibiza da vent’anni (credo) che futuro avrà secondo te.

Ibiza ha un’anima unica, si rigenera e genera e rigenera mode e usi. Sicuramente gran parte dello spirito che l’ha resa esclusiva ormai da sessant’anni si è dissolto già da qualche anno, si è globalizzata cercando di offrirsi sempre più ad un pubblico simile a quello di Dubai, che ha tolto personalità anche a luoghi come Mykonos e Miami rendendoli tutti simili per un pubblico internazionale. La bellezza dell’isola unita all’unicità delle feste continuerà ad essere la carta vincente per un futuro glorioso ma con una personalità sicuramente meno eclettica e più simile ad altri luoghi nel mondo. 

Il party più lussuoso dove lo hai visto.

Diversi, non solo uno, nei primi anni Novanta a Ibiza ricordo il party sullo Yacht di Gaultier, a Mykonos nella villa di un amico, a Miami nella Villa Casuarina (casa Versace), a Bermuda nella villa invitato per un week end da un amico, a Mauritius nella casa della fondatrice di un importante marchio di gioielli, poi il primo periodo a New York praticamente ogni settimana.

Trafficante di Virus, TFF39, da non perdere.

È stato presentato al Torino Film Festival “trafficante di Virus”, ed ora visibile su Amazon Prime Video, il film liberamente tratto ed ispirato dal libro di Ilaria Capua, la virologa interpretata da una sempre insuperabile Anna Foglietta, appassionata di scienza e di ricerca sin da bambina, che con l’esplodere dell’influenza Aviaria nel 2006 si ritrova ad individuare e sequenziare il vaccino per contrastarla.

A sua insaputa e del tutto innocente si ritrova coinvolta in un’inchiesta, che la accusa di aver diffuso il virus per poi trarne vantaggio vendendo il vaccino.

Ne verrà assolta, ma nel frattempo si vedrà costretta a trasferirsi negli Stati Uniti per poter continuare a svolgere la propria professione, segnando per sempre la sua vita e quella dei suoi famigliari.



«Nella mia vita non mi sarei mai immaginata di essere a un festival di cinema – ha detto Capua in collegamento dalla Florida, durante la presentazione alla stampa del film – L’arte fa da anello di congiunzione tra la realtà e la comprensione di determinate vicende che devono essere raccontate. Questa è una storia molto femmina, che mostra le contraddizioni che ci sono tra una donna che si impegna tutti i giorni per ottenere dei risultati e tenere sotto controllo alcune malattie, che deve gestire superiori e collaboratori e che deve occuparsi, da madre, di una bambina piccola». Per la virologa i messaggi di “Trafficante di virus” sono molti: «Nella vita succedono cose brutte, ma i momenti difficili possono essere trasformati in qualcosa di utile. Io ho subito un processo sui giornali. Però bisognerebbe pensare prima di sbattere il mostro in prima pagina e distruggere vita, rispettabilità e reputazione delle persone». Il film mostra, però, anche «la bellezza della ricerca, la magia e la passione di un gruppo che lavora affiatato per una scoperta scientifica», e che «la leadership femminile può esistere».

La Svolta, fuori concorso al Torino Film Festival

Oggi verrà presentato in anteprima Fuori concorso alla 39a edizione del Torino Film Festival il film La Svolta, esordio al lungometraggio di Riccardo Antonaroli con, tra gli altri: Andrea LattanziBrando PacittoLudovica Martino,Max MalatestaChabeli Sastre GonzalezFederico TocciTullio SorrentinoCristian Di SanteAniello ArenaGrazia SchiavoClaudio Bigagli, con la partecipazione straordinaria di Marcello Fonte e un brano scritto e interpretato appositamente da Carl Brave.


La Svolta, prodotto da Rodeo Drive e Life Cinema con Rai Cinema, è un racconto intimo e delicato di due solitudini che si incontrano: Ludovico (interpretato dal talentuosissimo Brando Pacitto in un ruolo insolito), che vive rintanato nel vecchio appartamento della nonna ed è troppo spaventato dalla vita per uscire fuori nel mondo e mostrare se stesso, e Jack (l’ottimo Andrea Lattanzi) che invece ostenta durezza e determinazione.

La convivenza forzata dei due protagonisti, però, si trasforma man mano in un vero e proprio percorso d’iniziazione all’età adulta, alla scoperta dei rispettivi veri caratteri, in un’alternanza di comico e drammatico, di gioia e di dolore. E quando la realtà dura che li bracca spietata arriva a presentargli il conto, dovranno affrontarla, forti di una nuova consapevolezza e di un insperato coraggio.



L’alternanza dei registri del film è accompagnata anche da una cifra stilistica che si muove con abilità fra inquadrature statiche e composte, che ritraggono una suggestiva location come lo storico quartiere popolare di Roma Garbatella (in cui il film è interamente ambientato), e una dimensione estetica più “sporca” e mobile, in cui a soffermarsi sul volto dei due attori è una macchina a mano.

La Svolta è un film che gioca con i generi, presentandosi come una sorta di “road movie da fermo” ma è anche un omaggio al cinema di genere (e non solo). Per l’intero decorso narrativo, infatti, si colgono numerose citazioni e ispirazioni – da quelle più esplicite come il celebre film di Dino Risi Il Sorpasso, a quelle più estetiche che si rifanno all’immaginario letterario del comics.

Il tutto viene accompagnato dalle note e dalle parole di Carl Brave, uno dei rapper più noti e acclamati della scuola romana, che per il film ha scritto e interpretato l’omonimo brano musicale La Svolta.

FAB 5, i cinque più scaricati dalle piattaforme

Partiamo dal fatto che sono ancora troppo poche le persone che prendono il loro tempo per andare in sala a vedere il film in uscita al cinema, già eravamo un popolo di pigri prima della pandemia ed ora che i contagi risalgono, il flusso di capienza è sempre più basso.

La soluzione delle case di produzione e del pubblico sono state e rimangono Netflix, Sky ed Amazon Prime Video che ogni settimana ci offrono prodotti diversi con cui intrattenerci tranquillamente a casa. Ecco i 5 Best della settimana.

  1. Strappare lungo i bordi, disponibile su Netflix dal 17 Novembre è la serie animata di Zerocalcare che ha conquistato sin dai primi giorni di uscita il cuore degli spettatori e quello dei contenuti.

Nonostante la polemica su dialetto romano troppo accentuato ed a tratti forse non comprensibile a tutti, posso dire che anche se mi son perso un paio di parole, il risultato non cambia, è un lavoro pazzesco, che fa breccia dove vuole mirare.

Un vero spaccato sui nostri ragazzi Millenial di oggi, che non hanno idea di cosa fare del loro futuro, si laureano, fanno master per poi rimanere disoccupati, e l’unico vero lavoro è quello di mandare curriculum.

  • Squid Game, sempre su Netflix, diventato popolare in pochissimi giorni, in tutto il mondo, si può tranquillamente definire il fenomeno dell’anno, abbiamo visto ragazzi vestiti con i costumi della serie ad Halloween, insomma proprio come era successo per la casa di carta.


La serie si rifà a questo gioco mortale che dilaga tra i ragazzi, insomma non un esempio ma uno spaccato della realtà.

La parte drammatica è arrivata la scorsa settimana con il rientro di un o studente in Korea del Nord, il quale avendo introdotto nel paese una chiavetta USB con la serie TV, e dopo averla fatta vedere ad alcuni amici, la ha venduta ad altri.

Tutto questo è proibito nel regime del Nord, pena la fucilazione, era solo un ragazzo del liceo.

  • Vita da Carlo, su Amazon Prime Video, che è la rappresentazione della vita di Carlo Verdone, uno degli attori comici italiani più amati dal pubblico, che credo davvero sia valsa la pena di raccontare, perché quando si è così popolari la sottile linea del “sei uno di famiglia” e il “non ci conosciamo” è davvero molto sottile.


Quindi la richiesta ostentata dei selfie in qualsiasi momento anche il più intimo e privato, dove però Carlo cerca sempre di esimersi dal dire di no.

Arrivando a qualche anno fa quando era girata la bufala, che poi tanto bufala non era che Verdone si volesse candidare sindaco, anche se non lo ha mai pensato si è ritrovato a rifletterci per qualche giorno per come smentire la notizia.

  • Un castello per Natale, su Netflix, è si i film con tematica Natalizia si avvicinano, e questo sembra raccogliere ottimi feedback da ogni parte, sarà forse anche la presenza della nostra amata Brooke Shields, che per chi è stato un ragazzo negli anni 80’ ha rappresentato una vera icona di bellezza per un paio di decenni, partendo da quella pubblicità di jeans per Calvin Klein che recitava così: “sotto i miei Calvin? Niente!”.


Un castello per Natale è un film di Mary Lambert con Cary Elwes, Brooke Shields, Vanessa Grasse, Suanne Braun, Lee Ross. La sceneggiatura è stata scritta da Kim Beyer-Johnson, Ally Carter. I produttori esecutivi sono Steve Berman, Brad Krevoy. Montaggio a cura di Suzy Elmiger. La colonna sonora è stata composta da Jeff Rona.

In fuga da uno scandalo, la scrittrice Sophie è in Scozia, quando si innamora di un antico castello e decide di acquistarlo. Ma l’attuale proprietario, il riottoso Duca di Myles, non intende vendere a una straniera.

  • Tiger King, è arrivata la seconda stagione su Netflix di questi pazzi proprietari di Zoo negli Stati Uniti, che se non fosse un docu-film, sembrerebbe una sceneggiatura Hollywoddiana, invece è tutto vero.


Sono allevatori di animali selvatici come leoni e tigri che negli anni passati si erano guadagnati il cuore della middle class americana offrendo delle vere e proprie experience in zoo privati. La verità è che maltrattamenti, mafia, persone sbranate, droga ed alcool erano all’ordine del giorno per tutti quelli che lavoravano in quel circuito.

Cover: Strappare lungo i bordi

Christiane Filangieri, bella ed austera con un’ironia da 10 e lode.

Christiane Filangieri, che per esteso fa: di Candida Gonzaga, ma come si definisce lei la cosa che conta è essere nobili d’animo, il resto non ha importanza, vale solo l’educazione che hai ricevuto, e che lei riconosce a suo padre, gentil uomo napoletano.

Segni particolari, bellissima, un percorso artistico iniziato tanti anni fa con Miss Italia, per autodefinizione, non ha mai ambito al primo posto, preferisce la sua zona di comfort che le permette di vivere la sua vita e la sua famiglia come vuole.

Ora in onda nella fiction di RAI1 con ascolti record “Un professore” per la regia di D’alatri ed al fianco di Alessandro Gassman.

Christiane Filangieri di Candida Gonzaga, mi dici a quale punto sei nobile così capisco come posso pormi?

Sono nobile d’animo, questo è quello che desidero essere il messaggio, mio padre è stato un grandissimo signore fino alla fine, non si è mai dimenticato di dire grazie a nessuno, il vero napoletano elegante, quindi, questo ho imparato da lui.

Della nobiltà che ce ne “import” (alla napoletana).

Sei super amata e super talentuosa, un successo dopo l’altro, “Mina settembre” prima e ora “Un Professore”, cosa mi dice quest’ultima fiction?

Partiamo dalla regia di D’Alatri che è una persona dedita al suo lavoro e di una umanità incredibile. Lo avevo conosciuto qualche anno fa per un provino e vidi proprio l’amore del regista per il lavoro dell’attore, che non è mai così scontato.

Alla fine, non andò in porto quel progetto, ma come dico sempre nella vita non si sa mai, alla fine i provini sono sempre delle lezioni.

E poi proprio per la stima reciproca mi ha chiamato per “Il commissario Ricciardi”.

Ed ora mi ritrovo nuovamente sul set con lui, accanto ad Alessandro Gassman, che è sempre vero e naturale senza troppe smorfie e soprattutto credibile anche nel ruolo del professore nonostante lui dica di essere sempre andato male a scuola.

Parlami del tuo personaggio nel ruolo di Floriana, chi è?

Anche qui sono nuovamente una donna del mistero, si vedono dei flashback, non è chiaro ancora, infatti ho tutti gli amici che fanno ipotesi, ma io non dico nulla, devono vedere tutte le puntate!

Mi divertiva l’idea di esserci poco ma che comunque dalla scena iniziale si è intuiva che il loro matrimonio è finito per un motivo X, e poi si scoprirà con tutto l’amore, la dolcezza e la tristezza che ci può essere stata in un rapporto.



Tu riesci a vivere una vita serena senza social, spiegami il tuo segreto?

Più vado avanti e più ci credo che la mia scelta di astenermi sia stata quella giusta per me, tutti voi state impazzendo e io no, alla fine che bisogno c’era di vivere così dicendo tutto quello che un fa o non fa.

Io devo conoscere e coltivare quello che conosco, mi piace avere le chat con le amiche di sempre quello si, ma il bisogno di esternare come fanno quasi tutti i miei colleghi attori io non ce l’ho.

A me l’idea che tutti abbiano sempre qualcosa da dire un po’ mi spaventa.

Non ti viene mai neanche la curiosità di dire provo, o ti è venuta in passato?

Assolutamente mai, il mio ufficio stampa oramai ci ha perso le speranze, sono una causa persa.

Ho un figlio che a breve molto probabilmente mi chiederà, ed a questo mi preparerò, in quanto non sarò io a privarlo di una cosa che può fargli piacere, anche se non farò un controllo da Polizia, ma un certo tipo di vigilanza ci deve essere per forza per un teenager.

Lasciare un ragazzino da solo con uno smartphone come si vede spesso in giro lo trovo un abomino.

Tanto sto facendo talmente tanti ruoli di mamme di adolescenti con problemi che mi sento preparatissima.

C’è qualcosa che non rifaresti nel tuo percorso artistico?

Direi di no, mi son sempre detta provo a fare cose diverse senza andare contro la mia natura, quindi mai volgarità o mai scene di sesso, questa sono io ed ho sempre incontrato registi che mi hanno capita e non le ho fatte. Sarebbe stato un po’ come fare una violenza su me stessa.



Quando una arriva terza a Miss Italia, la sua voce interiore che dice?

Ci pensavo ieri, in quanto sono ricominciate le riprese per Mina Settembre ed ho incontrato una ragazza con cui ho fatto il concorso, e così abbiamo rivissuto dei momenti insieme, ma sai, quando sei giovane le cose le fai senza pensarci.

Mia madre mi aveva iscritto e l’ho fatto.

La realtà è che io avrei voluto fare l’accompagnatrice turistica, quindi per me era solo un’esperienza da fare, nel messaggio che le sei finaliste devono dire, io dissi: “vorrei arrivare seconda o terza, non prima”, quindi era il mio destino, zero autopromozione da parte mia.

Ti si vede praticamente solo in TV, non sei mondana, lo sei stata e non lo sei più dopo l’avvento della famiglia?

No, non lo sono mai stata mondana, sono fatta così, certo ora si sono ridimensionati anche gli eventi, però ogni tanto mi piace andare magari un’oretta ad un opening per vedere qualche amica e collega.

Poi sono un’antidiva per eccellenza, non mi so vestire non so fare shopping, insomma un disastro.

Quale ruolo ti manca che vorresti interpretare, sai parlandone lo mettiamo nell’universo?

In passato ho sempre detto che mi sarebbero piaciuti dei ruoli più ambigui, magari più dark o la principessa, ora ho fatto la principessa Garibaldina, poi quella degli anni 30’ che avvelena ed uccide il figlio, insomma mi reputo soddisfatta, il mio lato della pazzia l’ho dato.

Photography: Francesco Guarnieri

Look: Due tappe

Press: Lapalumbo

C’è un soffio di vita soltanto, Lucy la transessuale più longeva d’Italia.

Daniele Coluccini e Matteo Botrugno sono i registi di “ C’è un soffio di vita soltanto” che verrà presentato alla 39° edizione del Torino Film Festival il 29 Novembre e poi in sala il 10 Gennaio ed a seguire su RAI e SKY.

Questo fenomenale documentario che racconta la storia di Lucy, la più longeva transessuale d’Italia o forse d’Europa.

È molto difficile risalire all’anagrafe, perché molte di loro hanno mantenuto il nome di battesimo maschile sul documento.

Nata nel 1924 a Fossano, provincia di Cuneo, poi deportata a Dachau come disertore dell’esercito, ed una vita rocambolesca, insomma una storia che andava assolutamente raccontata.

Come siete venuti a conoscenza con la storia di Lucy

Hai presente quando scorri Facebook, ecco noi ci siamo imbattuti in questa breve intervista a Lucy che ci ha colpito e ci siamo detti, ma tu guarda che storia incredibile! Così tramite un giro di conoscenti siamo riusciti a metterci in contatto con lei, e dopo il primo incontro conoscitivo, siamo tornati a Bologna ed abbiamo fatto un’intervista di tre giorni, molto emozionante sia per lei il ripercorrere la sua vita che per noi ad ascoltarla.



Quanti anni ha Lucy?

Ne ha 97 e ne farà 98 il prossimo anno, abbiamo fatto un po’ di ricerche, sicuramente è la donna trans più longeva d’Italia ma abbiamo ragion di credere che lo sia anche d’Europa, in quanto ne parlavamo con Vladimir Luxuria che presenterà la serata al Festival di Torino, ed anche lei ci ha confermato che non ce ne sono molte della sua età in giro.

Sicuramente tra le incredibili storie che ha raccontato c’è quella della deportazione a Dachau.

Certamente, li vi era stata deportata in quanto disertore dell’esercito, aveva diciannove anni e avrebbe dovuto essere arruolata per la guerra, ma era poco prima dell’armistizio del 8 Settembre 1943 e così lei è scappata nella confusione dello scioglimento dei plotoni.

Dopo una serie di vicissitudini rocambolesche lei è stata chiamata per diventare un militare dell’esercito tedesco, ma anche in questa occasione lei è riuscita a scappare, una volta trovata a Bologna è stata condotta prima in un campo in Austria, e poi a Dachau.

Quindi tecnicamente come prigioniero politico, come dice lei stessa è stata fortunata in quanto vi è rimasta pochi mesi, in quanto poi la guerra finì e si salvò, a differenza di tutti quelli che da quel campo di concentrazione non sono mai usciti.



Il suo percorso di transizione quando lo ha iniziato.

Parlando con lei capisci che non c’è neanche mai stato, in quanto si riferisce a lei come donna da sempre, poi in realtà la transizione l’ha fatta negli anni 80’ quando medicina e chirurgia lo hanno permesso a tutti gli effetti, ed aveva già sessant’anni, quindi molto tardi.

Se ci pensiamo all’epoca sua la parola transessuale non esisteva ancora, definirsi in un certo modo era veramente difficile.

È stata davvero una pioniera dell’identità di genere, ovvero con quello che oggi viene definito non binary, anche perché transitava nel vestire dal maschile al femminile per varie necessità della vita.

Una battuta che racchiude la sua essenza nel film è: “il mio nome è prezioso in quanto me lo hanno dato i miei genitori, è sacro, solo che una donna non può chiamarsi Luciano”

Voi che l’avete conosciuta è stata una donna felice.

Non proprio, con sprazzi di felicità si. Ci ha raccontato di qualche suo fidanzato, oppure di quando faceva gli spettacoli di cabaret en travesti nel dopoguerra, e poi parla con una certa gioia/tristezza di una bambina torinese rimasta orfana e da lei adottata, tanto che lei crescendo l’ha sempre chiamata mamma, la vita però se l’è portata via a soli cinquantotto anni prematuramente.

In qualche modo nella sua vita complicata è riuscita anche ad abbracciare la sfera della maternità.

Lucy, a 97 anni è di una lucidità ed una simpatia allucinante, arricchisce chiunque ha la possibilità di incontrarla.


Al via la 39° edizione del Torino Film Festival

Dal 26 Novembre al 4 Dicembre riparte il Torino Film Festival giunto alla sua trentanovesima edizione, nato come Festival di cultura per i Torinesi appassionati di cinema, che sono davvero tantissimi, ora da svariati anni è un festival internazionale. 

Infatti, quando si guarda il botteghino insieme a Milano e Roma vi è sempre compreso il capoluogo Sabaudo per capire le vendite dei biglietti come siano andate nella settimana o il weekend.

Possiamo aggiungere che dopo lo scorso anno passato in sordina forse anche più di altre manifestazioni in quanto nel fulcro della cosiddetta seconda ondata di pandemia, erano stati costretti allo svolgimento non in presenza, con la kermesse di quest’anno si torna tutti in sala.



Il TFF si è sempre distinto per sobrietà e assenza di glamour, pochi anzi pochissimi ospiti, il red carpet non è mai stato considerato, quest’anno sembra che stia cambiando qualcosa, infatti i nomi annunciati sono tanti.

Tra i vari premi che verranno assegnati durante il corso del festival, il Premio Stella della Mole per l’Innovazione Artistica 2021 verrà consegnato aMonica Bellucci.

Da tenere sempre in considerazione la qualità dei film in concorso a questo festival, e soprattutto di quelli fuori concorso tra gli altri, Bangla – La serie di Phaym Bhuiyan e Emanuele Scaringi, Blood on the crown di Davide Ferrario, It snows in Benidorm di Isabel Coixet, Il pranzo di Francesco di Pasquale Scimeca, Quattordici giorni di Ivan Cotroneo, Re Granchio di Zoppis e Rigo de Righi, Trafficante di Virus di Costanza Quatriglio. Nella sezione L’Incanto del Reale figurano anche C’è un soffio di vita soltanto di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, Esterno Giorno di Luca Rea, Il tempo rimasto di Daniele Gaglianone, Tonino De Bernardi: Una ricerca senza confini, Return to Paestum di Pappi Corsicato.


Maria Chiara Giannetta è Blanca, quando una disabilità diventa un super potere

Maria Chiara Giannetta è Blanca nella nuova e attesissima fiction di RAI1 che la vede protagonista nei panni di un’esperta in dècodage, ovvero l’ascolto analitico dei materiali audio delle inchieste, grazie alla sua cecità che la rende estremamente sensibile ed attenta diventerà il suo super potere.

La sua grandissima popolarità è arrivata con Don Matteo, e ultimamente l’abbiamo vista anche in Buongiorno Mamma, insomma come dice lei, ha girato tra un set e l’altro negli ultimi anni senza mai fermarsi.

Sei tornata al cinema da quando hanno riaperto le sale?

Sto cercando di vedere più film che posso in questo periodo tra le pause delle varie riprese, diciamo che cerco di recuperare le cose che mi son persa e quelle in uscita, l’ultimo film che ho visto è stato Freaksout.



Come è nata la tua passione per la recitazione.

Devo dire un po’ per caso, nel senso che sin da piccola facevo parte di questa compagnia teatrale del mio paese, soprattutto in estate facevamo molti spettacoli, ma era un gioco per me, non mi sarei mai immaginata che potesse diventare la mia professione.

A un certo punto mia madre mi ha chiesto di scegliere un’attività pomeridiana, la palestra mi annoiava e quindi è stato spontaneo scegliere il teatro.

Dopo la scuola ho scelto di rimanere a Foggia e fare lettere, e poi ad un certo punto ho tentato il provino al centro sperimentale, mi hanno presa, e di lì è cominciato il mio percorso.

La tua popolarità è arrivata con Don Matteo, come ti sei sentita ad entrare in un grande cast come quello?

Si, assolutamente è stato così, la prima persona che ho conosciuto è stato Nino Frassica al provino, e devo che mi ha insegnato cose come nessun altro, il set con lui era magico, speciale, in quanto stimolante la sua capacità di improvvisazione.

Anche perché in una macchina da guerra come Don Matteo, dove magari ci sono tanti interrogatori, quindi tante scene da imparare a memoria, ecco Nino ha la capacità di stravolgere tutto in cinque minuti.

Inoltre, devo ammettere che è stato molto interessante avere sempre tanti attori nuovi in ogni episodio come protagonisti di puntata, ti da veramente l’impressione di una grande famiglia che accoglie tutti i nuovi arrivati.



Sei richiestissima, ti capita a volte di rifiutare un copione e perché?

La verità è che se ho detto qualche no fino ad ora è semplicemente perché ero già impegnata quindi non avevo il tempo materiale per farlo, calcola che Blanca, Buongiorno Mamma e Don Matteo, sono serie TV che ho girato no stop una dopo l’altra, tutto l’anno per tutti gli anni.

Comunque credo i provini bisogna farli tutti, per il semplice motivo che leggendo un copione magari ti fai un’idea sbagliata e non lo senti nelle tue corde, poi invece ti confronti con il regista e scopri un mondo diverso.

Sta per uscire Blanca, attesissima fiction che ti vede protagonista, che mi dici del tuo ruolo in una persona non vedente?

È stato molto bello perché in quanto conoscevo il romanzo che avevo letto in tempi non sospetti, e poi son venuta a sapere del progetto televisivo, però, tra le altre cose le riprese sarebbero dovute iniziare proprio mentre ero ancora sul set per “Buongiorno Mamma”, quindi non era assolutamente in cantiere.

Poi come spesso succede la produzione era in ritardo e son stata chiamata al provino, sono stata felicissima anche perché il ruolo di una non vedente quante volte ti può capitare durante la carriera attoriale, è molto raro, e allora ci ho messo tutto quello che avevo pensato anche durante la lettura del libro.



Come è stato il tuo approccio al ruolo?

Ho provato a vedere le cose come le vede Blanca, cosciente del fatto che io la vista ce l’ho, per me è stato molto importante lo studio dell’ambiente per capire dove potevo inciampare o dove potevo sostenermi, ogni giorno sul set è stato stimolante.

Purtroppo, eravamo nel secondo round di zona rossa ed avrei preferito andare in giro e provare il mio ruolo in luoghi pubblici magari bendata con qualcuno che mi sosteneva, ma non è stato possibile.

Ho avuto l’onore di fare incontri singoli con Andrea Bocelli, Maria Ligorio che è una campionessa para olimpionica di corsa e Veronica Tartaglia che è una campionessa para olimpionica di scherma, insomma ho avuto l’onore di conoscere delle vere e proprie eccellenze italiane.

Invece il tuo tempo libero come lo occupi?

La dura verità è che non ce l’ho, cerco di ritagliarmi un po’ di tempo il sabato e la domenica, però il mio lavoro è la mia dedizione, vado a dormire presto e cerco mangiare sano per avere più energie possibile da utilizzare sul set.

Ho una prerogativa che mi rende famosa: il mio super mega zaino da due tonnellate, di color rosso e blu in tal modo da poterlo vedere sempre, dentro ho tutto ciò che mi serve per sfruttare i tempi morti del set.

Photography: ROBERTA KRASNIG

Hair & Make up: CONCETTA ARGONDIZZO

Press: LAPALUMBO

Micaela Ramazzotti vince la VI edizione del Premio Virna Lisi

Il Premio è nato sei anni fa per volontà del figlio della grande attrice, Corrado Pesci, e di sua moglie Veronica, “per alimentare e onorare il suo ricordo nel cuore delle persone che l’hanno amata e seguita durante tutta la carriera”. Sul podio hanno ritirato la scultura del Maestro Ferdinando Codognotto eccellenze femminili del cinema italiano, attrici come Margherita Buy, Paola Cortellesi, Monica Bellucci, Claudia Gerini ed Elena Sofia Ricci.

La sera del 6 novembre, sotto pioggia battente, a Roma si è svolta nella Sala Petrassi gremita, la serata dedicata alla grande attrice scomparsa Virna Lisi.  Il Premio, giunto alla sua sesta edizione, è nato dalla volontà del figlio Corrado Pesci e sua moglieVeronica insieme alla Fondazione Virna Lisi in collaborazione con Fondazione Musica per Roma e CityFest.


La premiazione, condotta impeccabilmente da Pino Strabioli con la regia Luigi Parisi, ha visto tra gli ospiti eccellenti la straordinaria Patty Pravo, che si è esibita in 3 brani che sono nel cuore di tutti noi: Pazza Idea, La Bambola e Pensiero Stupendo; un’esilarante Iva Zanicchi che ha raccontato in modo spiritoso e frizzante il suo rapporto con l’attrice scomparsa, un balletto dedicato alla mitica e indimenticabile Raffaella Carrà e la musica del giovane Jacopo Mastrangelo che ha aperto e chiuso la premiazione.

Ha vinto il Premio Virna Lisi come migliore attrice italiana Micaela Ramazzotti, visibilmente emozionata e commossa alla consegna della scultura del Maestro Codognotto, dalle mani di Corrado Pesci e del Direttore di Rai1, Stefano Coletta.

Premio speciale alla carriera per la regia a Liliana Cavani, consegnato da Francesco Rutelli e Premio speciale per la produzione cinematografica a Federica Lucisano, premiata da Salvatore Esposito.

Con Fabio Canino è sempre fiesta!

Fabio Canino, ha fatto la cosa giusta che tutti quanti ci aspettavamo, è tornato a teatro con il suo spettacolo effervescente nonché bandiera gay: Fiesta, dedicato al suo ed al nostro idolo Raffella Carrà.

Proprio nel celebrare i vent’anni dal debutto teatrale, Fabio è tornato in pompa magna alla Sala Umberto di Roma, con un parterre da urlo, da Pippo Baudo che ha ricevuto una standing ovation ad Alessandro Zan, una platea entusiasta che si è scorticata le mani per gli applausi e le mandibole dalle risate, proprio quello che ci voleva in questo momento storico.

Come hai fatto a radunare tutta la royalty dello show biz e non solo in un’unica serata all’anteprima di fiesta.

Beh, diciamo che molti sono amici e sono anche persone che frequento e che stimo tantissimo, sono molto contento e riconoscente dell’affetto che mi hanno dimostrato, quindi diciamo che è stato abbastanza semplice.

Poi c’è da dire che Fiesta erano in molto chiedermi quando lo avrei rifatto di anno in anno, quindi c’era una vera e propria aspettativa.



Primo vero spettacolo a teatro dopo le chiusure, che emozione è stata?

Esattamente così, noi ci siamo fermati a Marzo 2020 proprio alla Sala Umberto con “La piccola bottega degli orrori” con Giampiero Ingrassia, che fortunatamente riprenderemo a Dicembre subito dopo Fiesta, e poi proseguiremo con la tournee in tutta Italia fino a Maggio.

Stavamo lavorando al ritorno di fiesta sin dalla primavera, poi purtroppo Raffaella è venuta a mancare ed abbiamo avuto un momento di titubanza nel proporlo, invece proprio per questo il pubblico ce lo chiedeva ancora di più, perché è proprio l’omaggio giusto.

Lo spettacolo è stato completamente rinnovato nei testi, anche perché le battute di vent’anni fa non tutti le avrebbero comprese.

E si abbiamo dovuto aggiornarlo, un po’ perché deve essere attuale, ed anche per chi lo aveva già visto prima.

Abbiamo scoperto proprio facendolo, nella parte finale, che il pubblico aveva bisogno di questo tipo di messaggio, ci voleva una cosa leggera dove il pubblico si sentisse coinvolto con simpatia, facendo arrivare a teatro persone che magari avevano ancora paura a tornare in sala.

Come ti era venuto in mente di fare questo tributo a Raffa vent’anni fa.

Quando ci abbiamo pensato a suo tempo con Paolo Lanfredini e poi coinvolgendo anche Roberto Biondi, ci prendevano tutti per matti, dicendoci ma figurati un omaggio alla Carrà non sei mica Almodovar, ma io mi son detto se in ogni locale da ballo quando parte una sua canzone la gente si scatena, deve funzionare per forza.

Così è stato, e poi da quando lei stessa ci fece la Carrambata con le telecamere della sua trasmissione il livello di interesse si era triplicato, e da tre settimane che dovevamo fare siamo rimasti sei mesi a teatro con il tutto esaurito e poi una tournee di tre anni senza mai fermarci.



È stato commovente avere Alessandro Zan in sala proprio il giorno dopo della sconfitta della sua proposta di legge al senato.

La cosa buffa è che io non lo sapevo che ci sarebbe stato, e poi quando son rientrato in camerino ho visto il suo messaggio che mi diceva sto arrivando!

In quanto lui mi aveva detto che sarebbe stato in Sardegna per la presentazione del suo libro, poi invece è saltata ed è venuto.

Mi è spiaciuto non averlo salutato, anche perché in questo momento Fiesta è una bandiera gay, è un mettere i puntini sulle i.

Però dopo mi ha detto che si è emozionato nel vedere un pubblico attento a sentir parlare di questi temi con leggerezza.

Hai anche ristampato il libro “Raffa Book”, tu davvero l’hai sempre celebrata.

Si mi sembrava quasi necessario in quanto anche quelli che magari prima l’hanno snobbata ora si informano e vogliono sapere tutto su di lei, ed il libro è la risposta giusta, dove si racconta tutto, da come è nata a chi l’ha aiutata a diventare il mito che è, e che rimarrà per sempre.

Photographer: Davide Musto

Styling: Alessia Caliendo

Styling assistant: Andrea Seghesio & Laura Ronga

Grooming: Chiara Corsaletti Agency

Fabio Canino indossa Levi’s

Rocio Munoz Morales in “Fuori dal finestrino” di Maurizio Matteo Merli

Durante la Festa del cinema di Roma, incontro Rocio Munez Morales, la quale ha presentato il nuovo cortometraggio “Fuori dal finestrino” di cui ne è la protagonista, per la regia di Maurizio Matteo Merli.

Il film, prodotto da Father&Son e Cinema Teatrale Marino & C. è stato girato nel Comune di Bovino e racconta la storia di Alma (Rocío Munoz Morales) una giovane donna, bella ed apparentemente realizzata. Ma Alma è anche una moglie e una madre.

Un giorno, a causa di un improvviso guasto all’automobile e ad una fermata inattesa, qualcosa le farà cambiare idea sulla sua vita, dandole un nuovo punto di vista. Ciò che è stato, quello che è diventata ma soprattutto cosa ci sarà nel suo domani…



Che cosa hai pensato quando hai visto la sceneggiatura del film?

Ho pensato che questa donna mi somigliasse tantissimo, ed era un tipo di donna che volevo raccontare in quanto imperfetta, una donna che di primo acchito si fa vedere fragile ma che poi piano piano, si rivela forte.



E’ sempre difficile per un giovane regista riuscire ad avere grandi nomi nel cast, cosa ti ha fatto scegliere di partecipare a questo cortometraggio?

Con Maurizio Merli, il regista, vi è stato un incontro molto lontano da questo mestiere, anzi a dire il vero ho conosciuto prima sua madre, e forse mi sono innamorata di quella donna, e quindi ho capito cosa vi fosse nella mente di Maurizio, e siamo entrati subito in sintonia.

Io da poco avevo pubblicato il mio primo romanzo “Un posto tutto mio”, dove racconto una donna simile ad Alma, e lui è stato intelligente a cogliere quel momento.



Sei abituata ai red carpet ovviamente, ti emozioni ancora quando come adesso al Festival del Cinema di Roma devi percorrerlo?

Quello che mi emoziona di più è che ancora fatico a vedere il progetto finito del film quando vi sarà la proiezione, e risentire le parole di Alma attraverso la mia voce.

Forse perché noi tutti siamo i peggiori giudici di noi stessi ed abbiamo delle aspettative che non sono realistiche.

Invece il red carpet lo vivo con grande leggerezza, anche perché forse sono un po’ così io nella vita, è un momento di sogno che non appartiene alla quotidianità, è un vero momento per sorridere e divertirsi.

Alla fine, è un momento glam diverso dalla vita di tutti i giorni, anche perché mi trucco poco, anzi sempre di meno e le scarpe da ginnastica sono il mio elemento preferito.



Ho avuto il piacere di vederti a teatro qualche anno fa, tornerai in scena con la nuova stagione?

Si tornerò, anche se proprio oggi stavo rosicando un po’ vedendo dei miei colleghi che con la riapertura al cento per cento delle sale erano già pronti con lo spettacolo, io sarò in scena a febbraio con “Fiori d’acciaio”, tratto dal celebre film del 1989 che vantava un super cast: Shirley MacLaine, Dylan McDermott, Julia Roberts, Tom Skerritt, Daryl Hannah, Sally Field.

Anche noi lo saremo, ed in più avremo la regia  di Micaela Andreozzi e saremo alla Sala Umberto, che ha debuttato la scorsa estate a Borgio Verezzi, insomma siamo pronte a partire.

La sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma: la rinascita POP

Si è conclusa la sedicesima edizione della Festa del Cinema di Roma che si è tenuta come di consueto presso l’Auditorium Parco della Musica, sempre sotto la direzione artistica di Antonio Monda (l’uomo che ha salvato il festival degli ultimi anni, risollevandolo e portandolo ad altissimi livelli) per la Fondazione Cinema Roma e presieduta da Laura Delli Colli.

Possiamo decisamente considerarla l’edizione della rinascita quella che è andata in scena, considerando che la scorsa edizione trovandosi nel fulcro della seconda ondata di pandemia, è passata praticamente inosservata sia per mancanza di ospiti che per assenza di pubblico.



Ogni anno il simbolo della manifestazione è proprio la locandina stessa, che questa volta è stata dedicata ad Uma Thurman, interprete di Kill Bill Vol.2, che con il suo sguardo tra il sensuale ed ipnotizzatore, ti obbliga a guardarla quasi come se fosse La Gioconda.

Possiamo considerarla un’edizione decisamente POP, infatti tra gli ospiti di oltre oceano abbiamo avuto da Quentin Tarantino, che tanto ama sia la nostra Italia da cui derivano le sue origini, ma soprattutto il nostro cinema, il suo red carpet è stato un vero e proprio one man show. È sempre bello vedere un regista come lui divertirsi nel far divertire il suo pubblico.



Una delle presenze più iconiche di questo red carpet romano è stata Jessica Chastain, protagonista del film di apertura The eyes of Tammy Fayeche ha sfilato con un vestito firmato Gucci.

E poi ovviamente i più attesi ed unici Johnny Deep ed Angelina Jolie in Versace Couture in maglina metallica, che ha sfilato con le sue figlie, presentando in anteprima il suo ultimo lavoro per la Marvel Pictures “Eternal”, nessuno meglio di lei poteva rappresentarlo.



Molto importante è stata anche la sezione Alice nella città, diventata una realtà assestante che si è sviluppata all’Auditorium della Conciliazione, e che proprio nella sua ultima serata ha visto protagonisti i nostri talent scelti come volti del Next Generations Awards e presenti nella nostra nuova edizione cartacea da collezione, ovvero: Giancarlo Commare, Ludovica Francesconi, Jenny De Nucci e Jozef Gjura.

Vincenzo Vivenzio nel racconto TV di “Luce dei tuoi occhi”

Napoletano DOC, nasce con la passione per la recitazione, sin da piccolo si cimenta in spettacoli, che lo porteranno a traferirsi a Roma, ed intraprendere la sua carriera artistica.

Ora lo possiamo vedere sulla rete ammiraglia di Mediaset Canale 5 con la fiction “Luce dei tuoi occhi”, dove interpreta un poliziotto.

Presto lo vedremo anche al cinema con “Sissy”, ruolo per cui ha dovuto trasformarsi, prendendo svariati chili, ed entrando a piedi giunti nel ruolo di un senzatetto.


@manidelsud @raffaelestella | Blusa e giacca kimono – @zerobarracento | Giacca – @carlopignatelli | Occhio scultura – @lou_duca

Cosa mi vuoi dire di “Luce dei tuoi occhi”?

È una serie Tv che si sviluppa in dodici episodi, con protagonisti Giuseppe Zeno ed Anna Valle, io invece interpreto Mario, un personaggio decisamente lontano da me, poliziotto integerrimo ed alla ricerca continua della verità.

C’è un però, che si scoprirà vedendo la serie, ovvero la sua stima ed affetto e molto probabilmente qualcosa in più nei confronti del suo vicequestore, interpretato da Maria Rosaria Russo. Per lei andrà anche incontro all’infrangere le regole pur di accontentarla.


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La sceneggiatura è tratta da una storia vera?

Si, infatti alla protagonista Anna Valle, fanno credere che la propria bambina sia nata morta, con il dispiacere nel cuore sceglie di trasferirsi a New York, proseguendo la carriera come prima ballerina. Fino a quando riceve un bigliettino con la scritta “Dark Out”, Alice, tua figlia vive a Vicenza e balla come te.

Infatti, abbiamo girato quattro mesi a Vicenza e due a Roma.


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Avevi già lavorato in altre serie televisive?

Sì, questa è la mia seconda volta in quanto prima avevo lavorato su “Nero a metà 2” con Claudio Amendola, interpretando il ruolo di Michele Lizzetto, il prodotto è targato RAI ma ora fruibile su Netflix per chi si fosse perso le puntate.

Molto probabilmente ci sarà anche una terza stagione, ma non so ancora se ci sarò io, in quanto il mio personaggio finisce in un modo che non si sa, quindi tutto è possibile.


In Luce, interpreti un personaggio Napoletano?

La serie prende luogo al nord, a Vicenza come dicevamo, ed io sono il classico poliziotto trapiantato dal sud.

Infatti, quando ho iniziato il primo giorno di riprese il regista Fabrizio Costa, mi ha chiesto conferma se io fossi di Napoli, esortandomi a farlo sentire di più, in quanto mi ero contenuto non sapendo esattamente quale direzione prendere.



Parlami del film che ti vede protagonista “Sissy”?

Trattasi del quarto film del regista Eitan Pitigliani, ed io sono protagonista insieme a Fortunato Cerlino in questo meraviglioso progetto.

È una storia molto forte, in quanto il mio personaggio sceglie di vivere all’estremo della realtà, annullando qualsiasi tipo di contatto esterno, vivendo sotto i ponti.

Abbiamo girato a viale Marconi a Roma, ho dovuto ed ho voluto dormire anch’io li, al punto tale che il mio lavoro è stato talmente intenso che ho avuto difficoltà ad uscire dal mio personaggio per una decina di giorni.

La cosa buona è che il mio ruolo parte dal basso, davvero dagli inferi, per poi arrivare al paradiso.

Photographer – Sabina Felice

Styling – Michele Santoro

Cover total look – @tizianoguardini

Madior Fall, quando uno “Zero” ti cambia la vita


Madior, classe 1999 nato a Parigi e cresciuto a Milano, afro italiano con sangue senegalese, grazie alla sua fisicità di 1,85 ben presto ha iniziato a fare il modello lavorando per i più grandi brand del lusso, ma il suo sogno fin da bambino è sempre stato quello di fare l’attore.

L’occasione è arrivata, ed anche bella importante, ovvero il ruolo di Inno nella serie TV targata Netflix “Zero”.

Colpisce la sua estrema educazione e pacatezza, che non sempre ti aspetti da un ragazzo così giovane, dice di essere stato molto timido da bambino ed infatti proprio il lavoro dell’attore lo abbia aiutato ad essere più sel-confident.



Quando hai capito di voler fare l’attore?

In realtà fin da piccolo, solo che non mi è mai capitata l’occasione di poterlo fare, in quanto la mia vita mi aveva portato in altre direzioni sia a livello di studio che per la mia passione per lo sport.

Poi quasi per caso o per incidente mi è capitata l’occasione per il casting di Zero, ed eccomi qui con il mio sogno da portare avanti.

Zero, la prima serie TV italiana con un cast total black, che esperienza è stata?

Posso dire che è stata un’esperienza nell’esperienza, abbiamo tutti percepito come un senso di responsabilità, proprio perché è una prima volta, e speriamo di tantissime altre.

Anche perché siamo una realtà che esiste davvero, quella degli italiani neri, tutto questo ci ha spinto a lavorare meglio e a fare più squadra per supportarci l’un l’altro.

Non è stata solo una serie televisiva, ma una vera e propria rivoluzione nel cinema.



Faresti anche televisione?

Non escludo nulla nella mia vita, perché come è successo per la recitazione, se capiterà l’occasione io sarò pronto ad accoglierla, non sono davvero uno che si tira indietro.

Ora però rimango con i piedi per terra, nella speranza di poter continuare a fare l’attore, e se ci sarà una seconda stagione, che tutti noi speriamo vivamente, lo vedremo solo prossimamente se si avvera. Ma sarò l’ultimo a saperlo.

Dimmi il tuo pensiero sulla “N world” che soprattutto quando in televisione viene utilizzata scatena dei veri e propri putiferi.

Ovviamente non si può dimenticare il fatto che questa parola venisse utilizzata per denigrare le persone con la pelle scura e soprattutto nel contesto della schiavitù aveva un peso molto rilevante.

Non è tanto la parola in sé, ma la sua storia, e ad oggi soprattutto il contesto cui viene utilizzata. Con i miei amici scherzando ci possiamo anche chiamare così, sicuramente la televisione non è il posto giusto per farlo. Viene vista da milioni di persone, e non tutti possono percepire il significato vero.



Per Venezia 78’ hai fatto due red carpet in pochi giorni, come li hai vissuti.

Forse perché provengo dalla moda, e poi anche un po’ perché sono tranquillo di carattere, posso solo dire che mi son divertito tantissimo, ero timidissimo da piccolo, poi lavorando con la mia immagine devo riconoscere che l’ho superata.


Photography by Davide Musto

Styling by Rosamaria Coniglio

Grooming Claudio Furini

Photographer Assistants Dario Tucci and Riccardo Albanese 

Haroun Fall and Madior Fall wear John Richmond

Jozef Gjura, si è conquistato Roma dal primo giorno, ed ora il cinema ha il volto che gli mancava

Jozef Gjura, lo troviamo al cinema con “Ancora più bello”, sequel del fortunato “Sul più bello”, avrebbe dovuto studiare medicina, ma poi ha pensato di dare un dispiacere a casa dicendo di voler fare l’attore. Ora ovviamente ne sono tutti felici visto il momento d’oro della sua giovane carriera. Unico nella sua fisicità, molto alto, e comicità innata, determinato al punto di candirsi come consigliere qualche anno fa nella sua Vercelli per far valere i diritti dei giovani.

Per ora rimane incantato dalla città eterna ove si è trasferito da poco ma ne è già entusiasta.

Sei albanese piemontese, raccontami la tua storia.

Albanese di nascita e piemontese di adozione, avevo sei anni quando sono arrivato nella magica Vercelli, dove ho compiuto tutto il mio percorso di studi.

Posso dire che i miei ricordi d’infanzia sono legati al mio paese d’origine però poi ho iniziato subito a pensare in italiano. Sicuramente ho due lingue madri, non saprei quale mettere al primo posto.


Gilet | Simon Cracker
Shirt and pants | Angelos Frentzos

Come ti sei avvicinato al cinema?

Verso i diciotto anni ho sperimentato il teatro nella mia città, Vercelli e da subito ho capito che volevo fare di più, nel frattempo avevo iniziato a lavorare come modello a Milano, forse il caso non esiste ma le coincidenze sono belle. Ho trovato un volantino per terra per una scuola di recitazione, e ovviamente mi son andato ad iscrivere.

Da quel momento mi sono assolutamente innamorato dell’arte del teatro, anche se son sempre stato intimorito anche solo nel dirlo a casa, forse per una forma di pudore per qualcosa di quasi irraggiungibile.

Come l’hanno presa a casa la tua idea di intraprendere questa carriera artistica?

Essendo figlio unico e di immigrati, ovviamente dopo tanti sacrifici, i miei volevano che mi laureassi e in effetti volevo fare medicina, ed avrei realizzato il loro sogno, poi ho trovato la forza di comunicare la mia scelta a loro.

Il mio primo tentativo per studiare seriamente recitazione è stato per il piccolo di Milano, non andò bene e dopo esserci rimasto male ho aspettato un po’, fino a quando mi hanno prospettato l’idea del “Teatro Stabile di Torino”, e quella è stata la mia scuola, il mio primo “sì” importante che mi ha fatto piangere di gioia.

Quanto sei alto?

Con certezza posso dire che non lo so, in quanto la prima volta che sono entrato in un’agenzia di moda ho detto che ero alto 1,90 e mi hanno subito detto che non andava bene che era troppo e che avrebbero segnato 1,87.

Poi quando sono andato nella seconda mi hanno detto 1,86, insomma so di essere alto ma non dico più quanto.


Total look | Angelos Frentzos

Ti sei appena trasferito a Roma, che ne pensi?

Mi son trasferito il 28 agosto, ho trovato la mia casetta a San Pietro e sono entusiasta di questa scelta, vediamo quanto dura, ma presumo un bel po’, c’è un ritmo diverso dalle altre città in cui ho vissuto, però mi è piaciuta dal primo momento.

Non mi manca il correre anche se sei in anticipo come a Milano.

Vedo che al red carpet di Venezia ci sei abituato, cosa provi quando sei li?

Mi piace, mi diverte, ma lo vivo come una specie di girone infernale dove tutti urlano il tuo nome, sono tranquillo per natura, però mi sento più a mio agio sul set.

Avendo fatto anche il modello, diciamo che me la cavo, ma quando sento il rumore della pioggia dei flash, non capisco più nulla è più forte di me.


Suit | Angelos Frentzos

Sei al cinema con “Ancora più bello” sequel di “Sul più bello” dove interpreti un ragazzo gay, come ti sei avvicinato al personaggio?

Jacopo l’ho adorato sin da subito, inizialmente doveva essere un personaggio di contorno, senza una vera storia parallela alla protagonista, poi si è evoluto in corso d’opera, con la particolarità che contraddistingue la nostra epoca, il gender fluid.

Infatti, con la mia amica nel film che interpreta una ragazza lesbica cerchiamo di avere un figlio nel primo. Nel sequel, invece, si butta a capofitto nella ricerca di un compagno per poter vivere una storia d’amore, solo che lo fa attraverso le app di dating, e ne rimane molto deluso.

La cosa interessante è che la comicità di Jacopo mi è stata costruita addosso, sfruttando la mia, in quanto il regista mi conosceva già, quindi è stato tutto più semplice.


Photography by Davide Musto 

Styling by Rosamaria Coniglio 

Grooming Anna Gioia Catone – Make Beauty Management 

Photographer Assistants Edoardo Russi and Valentina Ciampaglia 

Styling Assistant Federica Pennetti 

special thanks Rocco Panetta | Ganesh Poggi Madarena 

Cover look: Shirt |Alessandro Gherardi Knit dress|Simon Cracker Pants|MRZ

Simone Baldasseroni, alias Biondo, nel suo futuro c’è il cinema

Simone Baldasseroni, che tutti abbiamo imparato a conoscere con il nick di Biondo che lo ha reso celebre nel mondo della musica, ora ha cambiato le sue prospettive, infatti il sacro fuoco della passione si muove per il cinema.

Determinato e con obbiettivi da raggiungere che lo contraddstinguono, lo vedremo presto debuttare su RAI1 come protagonista in “crazy for football” al fianco di Sergio Castellitto, film appena presentato alla Festa del Cinema di Roma.

Come è andata la presentazione di “Crazy for football” alla Festa del Cinema di Roma”.

Nonostante io abbia già fatto diverse cose tra Amici e Festival di Sanremo, quest’esperienza per me è stata completamente nuova ed elettrizzante, ogni singolo momento è stato incredibile, dalla conferenza stampa che ho fatto la mattina, al red carpet, arrivando alla proiezione del film che è stato emozionante per tutto il cast.

Quando sei in sala ed ascolti sei lunghi minuti di applausi del pubblico, capisci che tutto quello che hai fatto e per cui hai lavorato per tanti mesi è arrivato a tutti.



Sei giovane ma magari ci sei abituato, che cosa provi quando cammini sul red carpet.

In realtà è un po’ una novità anche per me, perché è un contesto completamente e diverso da quello a cui sono abituato, sapere di avere una proiezione con un mio film dopo forse è stata l’emozione più grande. Il cuore mi batteva talmente forte che pensavo potesse scoppiarmi da un momento all’altro.

La tua prima passione è stata la musica, quando è arrivata quella per la recitazione?

Sin da piccolo ero iscritto ad un corso di recitazione con Rolando Ravello ed avevo anche iniziato a fare qualche provino, ma in quel momento il mio vero focus era la musica, quindi ho tralasciato tutto vedendo i primi risultati dall’altra parte.

Poi nel 2019 mi viene proposto un cortometraggio come protagonista e non ci ho pensato su due volte e l’ho fatto, ed il risultato è stato che ho capito di sentirmi a mio agio come poche volte trovandomi sul set.

Dopodiché proprio Rolando mi propose un film “E’ per il tuo bene” con un super cast, da Gianmarco Giallini a Vincenzo Salemme, io il provino l’ho fatto assolutamente senza aspettative, ed invece l’ho vinto. Ero incredulo.

Ed in quell’occasione ho risentito il vero fuoco della passione che sentivo essersi affievolito con la musica.

Che cosa vedi nel tuo prossimo futuro: cinema o musica?

In questo momento sicuramente il cinema, perché mi fa star meglio in questo momento, ciò non implica che io lascerò la musica, anzi, ho anche un disco in uscita ed ho anche tanti fan che non vedono l’ora di poterlo ascoltare, quindi di certo non lo lascerò in stand-by.

Posso dirti che sto frequentando un’accademia, quindi mi applico e voglio essere forte sapendo di potermi migliorare.



Sei tornato a vivere nella tua città: la capitale.

E si, dopo quattro anni trascorsi a Milano ora son tornato a Roma anche perché avevo da girare per diversi mesi “Crazy for football” e poi tanto il cinema è tutto qui, sarebbe inutile restare su.

Che cosa ti diverte di più nella vita? Musica e cinema a parte.

Ma, io son fatto così, sono una persona estremamente curiosa, e quando vado in fissa per qualcosa mi ci butto a capofitto per mesi, poi trovo un altro interesse che mi stuzzica e cado in fissa per qualcos’altro, ecco come mi diverto.

Invece la cosa che ti fa più incazzare qual è?

Sicuramente le persone senza ambizione o senza voglia di far niente, a volte bisogna anche saper azzardare, magari pensare di diventare presidente degli Stati Uniti, ma senza un motivo per cui alzarsi la mattina non lo concepisco davvero.


Photography by Davide Musto 

Styling by Francesco Mautone 

Photography assistants Valentina Ciampaglia and Edoardo Russi 

Styling assistant Federica Pennetti 

Make up and hair Marialivia Igliozzi – Making Beauty Management

Cover look: Total look | Philipp Plein

Jenny De Nucci, non chiamatela biondina, perché lei si prenderà il mondo

Jenny De Nucci, giovanissima intraprendente attrice ed influencer che vanta ben 1,3M su Instagram, dove è seguitissima, e come potrebbe non essere così, le doti le ha tutte con un’energia spiazzante da far invidia a chiunque.

Ha esordito nel cast di diverse fiction Rai , ma il suo sogno oggi si è avverato, infatti la possiamo apprezzarla al cinema in “Ancora più bello” al fianco di Ludovica Francesconi e Giancarlo Commare.

Alla settantottesima mostra d’arte cinematografica di Venezia i fotografi erano tutti per lei, la sua vera passione, scattare foto con la sua macchina fotografica con rullino “old style”.


Total look | 2 Moncler 1952 Woman 
Fedora hat | Borsalino 
Mono earring | Sharra Pagano 

Nonostante tu non sia nuova al red carpet, al Festival di Venezia eri agitatissima, come mai?

Per me è sempre un’occasione di estrema ansia, anche perché magari non tutti conoscono le dinamiche del Festival ed io lo scorso anno sono rimasta traumatizzata.

Praticamente arrivai per un evento pomeridiano facendo lo sbarco al Excelsior vestita come qualsiasi ragazza di diciannove anni, e devo dire che le critiche non sono mancate. Forse la gente pensa che una volta che arrivi li devi essere per forza in abito da sera, ma in realtà non funziona così.

Poi ho paura di cadere, e una cosa è certa: io i Meme dedicati a me su Twitter non li voglio!

E quando sfili cosa pensi in quei momenti?

Ecco questo è davvero inspiegabile, perché è un po’ come se entrassi in una nuvola quando attraverso il tappeto rosso, e le voci vengono come ovattate, presumo che dicano il mio nome i fotografi ed io sorrido. Pressappoco è questo che accade.


Total look | Gianluca Saitto 
Chandelier earrings | Sharra Pagano

Come scegli l’abito per un’occasione così importante come la mostra d’arte cinematografica.

Di base io mi affido ciecamente al mio ufficio stampa Andreas Mercante, ed insieme scegliamo le cose che non siano state troppo viste e soprattutto che vadano a valorizzare dei punti del mio corpo che non vestendomi sempre super elegante, a volte non sottolineo.

Mi diverte tantissimo vedermi in vesti diverse per queste occasioni.

La tua prima volta al cinema, con “Ancora più bello” che mi dici a proposito.

In realtà sul grande schermo mi ci ero già vista a Venezia nel 2019 con “Happy Birthday” un cortometraggio che poi ha fatto un percorso bellissimo e ancora di recente è stato esposto al museo del cinema.

Quindi in un certo senso questa cosa l’avevo già smarcata, però devo ammettere che durante la prima in sala a Roma è stato un po’ come se non avessi la percezione e che non sapessi che cosa stesse accadendo, in quanto avevo tutti i miei amici con me ed è stato come realizzare il sogno comune.



Possiamo dire che sei un vulcano di energie e fai tantissime cose, cosa sognavi fare da piccola, cioè qualche anno fa.

Ho avuto diverse fasi e cambiamenti di idee, all’inizio volevo fare la filosofa, poi volevo fare l’hostess di volo, e poi la ballerina, in quanto ho sempre studiato danza e fino al 2015 ero ferma su quest’idea.

Poi ho avuto un anno intero di tonsillite che non se ne andava via e non riuscivano nemmeno ad operarmi, quando poi finalmente le ho tolte, avevo perso peso e non mi sentivo di tornare a lezione, ma nel frattempo avevo scoperto il corso di teatro, che anche se all’inizio era un chiodo schiaccia chiodo, alla fine è diventato tutto per me.

So che sei molto brava a fregartene dei messaggi degli haters, cosa ne pensi del fatto che Loretta Goggi per il disappunto della critica abbia abbandonato?

Partendo dal fatto che lei è una Dea vivente per me, però posso capire che arriva da una generazione diversa, e quando magari la gente faceva dei commenti brutti, li faceva davanti alla televisione e non lo sapeva nessuno.

Ora è diverso è tutto molto più brutale, il tweet è immediato.


 Totallook | Gianluca Saitto 
Chandelier earrings | Sharra Pagano

Che tipo di responsabilità senti nei confronti di chi ti segue?

Diciamo che crescendo ho capito molte più cose, e anche se ho una fetta di pubblico vasta, non faccio cavolate, ma questo a prescindere. I figli vanno educati a casa, non siamo noi ragazzi con un tot di follower a fare un tot di lavori ad insegnare nulla a nessuno, sarebbe troppo comodo altrimenti.

Mi piacerebbe elargire grandi insegnamenti, ma ho solo ventun anni, come potrei farlo?



Photography by Vincenzo Valente 

Production & Styling by Alessia Caliendo 

Hair Kemon 

Make up Claudia Ferri 

Location Industrie Fluviali Roma 

Special thanks to Romeow cat bistrot 

Stylist’s assistants Andrea Seghesio and Laura Ronga 

COVER: Oversize shirt | Antonio Marras Patent trousers | Red Valentino Polka dot boots | Casadei Mini bag | Fragiacomo

Luca Pantini, quando non lo trovate sul set andate a cercarlo su qualche spiaggia sperduta a fare surf

Luca Pantini, romano, ex modello, ha anche fatto parte del concorso Mr. Italia tanti anni fa, ora si gode il suo momento di assoluto successo, soprattutto grazie al suo incontro con Ferzan Ozpetek che ne ha cambiato il destino.

Lo abbiamo conosciuto nel film “La dea fortuna”, poi in svariati spot pubblicitari tra cui quello per le feste natalizie di Unicredit, ed ora lo vedremo presto a teatro con “Mine Vaganti”, tournée che era stata interrotta a causa pandemia. Ma tutti noi lo attendiamo con la nuova serie TV per Disney Plus de “Le fate ignoranti” tratta dall’omonimo film e sempre per la regia di Ferzan. Quando non lo vedete sul set, potete cercarlo su qualche spiaggia sperduta a fare surf, la sua vera passione.



A che punto della tua vita hai deciso di fare l’attore?

Non saprei dire se vi è stato un momento preciso, ho iniziato la mia carriera come modello a soli diciassette anni e nel frattempo ho sempre continuato a studiare recitazione, quello che io chiamo il momento di svolta, è successo cinque anni fa quando per uno spot pubblicitario di Trenitalia sono stato scelto da Ferzan che ne avrebbe diretto la regia.

Cosa è successo dopo lo spot?

E beh è successo che son stato scelto prima per “La Dea Fortuna” il film, dopodiché per lo spettacolo teatrale “Mine Vaganti”, con cui torneremo a breve in scena a dicembre, che è la trasposizione teatrale del celebre film, poi ancora il meraviglioso spot per Unicredit per le feste di Natale, ed ora le serie TV per Disney Plus delle “Fate Ignoranti”, che ha festeggiato i suoi vent’anni dall’uscita in sala.

Senti il peso di essere riconfermato per tanti progetti da Ozpetek?

Assolutamente sì, perché mi rendo conto che il mio cammino professionale è stato di tipo esponenziale, non ho avuto una crescita graduale, quindi il bello viene ora cercando di rimanere al punto in cui mi trovo adesso.



Secondo te perché tutti gli attori vogliono lavorare con Ferzan?

Credo che sia la sua visione dei personaggi che lo differenzia da qualsiasi altro regista, la sua sensibilità nel capire il ruolo giusto per ognuno di noi.

A lui basta guardare una persona per capire quale ruolo sarà, è una dote sicuramente innata la sua, e non sbaglia mai.

E la conferma sono anche i suoi brani che sceglie come colonna sonora dei suoi film, diventano sempre dei successi ascoltatissimi, come recentemente per Diodato.

Invece ora parliamo di teatro, avevi già avuto esperienze prima di “Mine Vaganti”.

È stata la prima esperienza in assoluto, quindi il mio livello di paura è stato folle, sai quando fai la recita da bambino pensi che il teatro sia quello, però poi quando ti ritrovi a debuttare nei più grandi teatri d’Italia, nel momento in cui si apre il sipario ci sono quei tre secondi di vuoto totale, e ti dici: o parlo, o parlo.

Anche perché davanti a te hai tantissime persone che hanno pagato un biglietto per vedere quello spettacolo e non è come al cinema che hai la possibilità di un secondo take, sul palcoscenico è buona la prima e poi senno solo brutte figure.



Come mai la serie “Le fate ignoranti” dopo vent’anni?

Credo che forse ci stesse pensando da molto tempo, ha approfondito quell’italianità e sensibilità che lo ha affascinato al punto di scegliere Roma come sua residenza e che tanto gli ha portato fortuna rendendolo celebre in tutto il mondo.

Ci saranno tanti elementi che sono cambiati, però si rivede sempre il film in una nuova prospettiva. E forse ci sarà anche una seconda stagione, chissà.


Photography by Pier Nicola Bruno

Styling by Irene Lombardini & Miriam De Nicolò

Styling assistant Nicolas Marcantonio

Grooming Fabio Cicerale

Photographer assistant Riccardo Ruffolo

In partnership with NES Nito Electric Scooter www.nitobikes.com

Thanks to CNL 1969 

Cover look: Shirt | Fred Perry T-shirt | Tagliatore Pants | Kiton Sunglasses | Italia Independent

Francesco Martino, schivo e introverso, ma la sua casa è il set

Francesco Martino, dopo aver trascorso gli ultimi anni prima della pandemia avanti e indietro con gli Stati Uniti, ora sente di star bene qui in Italia, dove ha appena terminato le riprese di “A casa tutti bene” la serie TV sempre per la regia di Gabriele Muccino.

Dopo essere stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma lo potremo vedere su SKY da dicembre.

Come è avvenuto il tuo incontro con Muccino?

In realtà ero stato chiamato per un provino per un altro ruolo, però non ero giusto per quel personaggio, il mio essere appassionato alla scrittura di Gabriele mi ha portato a fare quattro provini, e nell’ultimo eravamo io Sveva Mariani che è l’attrice protagonista e Muccino, posso solo dire che si è creato un fantastico feeling, ed il progetto è andato in porto.



Dove è stata girata la serie?

La vicenda ruota intorno a questa grande famiglia che possiede un ristorante, ed abbiamo girato per la gran parte del tempo a Roma, ed il resto in una villa da sogno sul mare all’Argentario.

Nel film si capiva che i personaggi erano tanti ed ognuno di loro racchiudeva un mondo intero da poter esprimere come succede sempre per i personaggi del regista, quindi con un grandissimo potenziale per poter indagare di più.

La tua vita prima della pandemia si divideva tra l’Italia e gli Stati Uniti, ora come ti sei adattato?

Devo dire che si è creata una sincronia astrologica nei miei pianeti in quel momento, in quanto avevo appena terminato le riprese di un progetto e poi quindici giorni dopo siamo stati chiusi per pandemia, infatti con tutto il cast ci siamo reputati fortunati da poter concludere tutto in tempo. Per tutti questo periodo di chiusura e di riflessione ha voluto dire capire cosa conta realmente nella vita, come gli affetti quelli veri, e soprattuttola famiglia.

Io personalmente avendo i genitori molto anziani ne ho sofferto particolarmente in quanto non li ho potuti abbracciare per paura di poterli contagiare.



Nel lento ritorno alla normalità sei tornato a frequentare il cinema in sala?

Sì, certamente, ho visto da poco “Tre piani” di Nanni Moretti, che mi ha davvero messo in moto il cervello, infatti subito dopo mi son letto il libro.

Personalmente ho visto tante sale piene, quindi credo che ci sia proprio la voglia di tornare a condividere il rito collettivo del cinema, che anche se coadiuvato dalle piattaforme in streaming non potrà mai essere sostituito.

Io amo il momento in cui siamo tutti seduti e si spengono le luci, è un qualcosa di magico che fa bene a tutti.

E per il teatro che mi dici?

Sono tornato anche a teatro, e devo dire che anche se ci hanno provato a metterlo in streaming, non potrà mai dare le stesse emozioni, anche perché viene a mancare la forma di scambio tra gli attori ed il pubblico.

Invito tutti a farlo nella maniera più assoluta, tornare a teatro ci rende migliori, ci permette di rispecchiarci, capire le nostre vite e di comunicare dei messaggi.

La prima serie è fatta, ci sarà un seguito?

Non posso svelare nulla, tranne che ovviamente farebbe piacere a tutti.


Photography by Davide Musto 

Styling by Rosamaria Coniglio 

Grooming Maria Livia Igliozzi – Making Beauty Management 

Photographer Assistants Edoardo Russi and Valentina Ciampaglia 

Styling Assistant Federica Pennetti 

Thanks to The Sanctuary Eco Retreat Rome

Cover look : Suit | Issey Miyake by MdEfashion Roma

Leo Gassman, un cantautore con la testa sulle spalle

Leo Gassman, ha un cognome importante da portarsi addosso, figlio di Alessandro e nipote di Vittorio, una vera famiglia reale della settima arte, ma lui sin da piccolo sceglie la musica.

Con la forza e la tenacia che solo un vent’enne può avere, studia ed esprime il suo cantautorato fino ad arrivare primo in classifica a Sanremo 2020 nella sezione “Nuove proposte”, con “Vai Bene Così”.

Dopo un anno e mezzo di pandemia è pronto ad uscire con un nuovo album anticipato dal singolo “Down”.

Lo abbiamo incontrato durante il Festival di Venezia dove si è anche esibito.


Total look | Marsem 

Discendi da quella che è una famiglia reale del cinema italiano, senti il peso del tuo cognome?

No assolutamente, posso solo che essere estremamente riconoscente, per l’educazione che ho ricevuto negli anni e che mi accompagnerà per il resto della mia vita.

Sono fiero di tutti in famiglia, da mio padre a mia madre e mio nonno, che sicuramente ha lasciato un segno nel panorama del cinema italiano.

Hai sempre voluto fare musica, non hai mai pensato di fare cinema anche tu?

La musica mi ha sempre appassionato questo è sicuro, me lo hanno chiesto tantissime volte se volessi fare cinema, ma per ora non ci ho mai pensato, tra gli studi e la mia musica non ho avuto tempo per altro.

Poi sono giovane, magari in futuro cambierò idea.


Total look | Etro 

Vinci Sanremo giovani nel 2020, e due settimane dopo l’Italia ha chiuso, quanto ti son girate le scatole?

Ma direi di no perché il mio approccio con la vita è sempre molto tranquillo, quindi ho cercato di trarne il meglio in qualsiasi caso, mi sono chiuso in studio ed ho lavorato.

Per me la prima quarantena è stato un periodo di grande ispirazione, ed ho scritto dei brani che non vedo l’ira di far uscire e che mi rappresentano in pieno.

È stato quel tipo di tempo che ho dedicato a me stesso e alla mia crescita interiore.

Quest’anno eri al festival del Cinema di Venezia, sei abituato ai red carpet? Che cosa provi quando sei li?

No assolutamente, per altro è stato il mio primo red carpet di quelli ufficiali, è stata una bellissima esperienza facilitata dal fatto che a Venezia mi sento un po’ a casa, non per la mia arte ma per quella con cui sono cresciuto, pane e cinema sono la mia vita.

Oltre a sfilare ho anche avuto la possibilità di suonare in un bellissimo chiostro, quello di Sant’Apollonio, ed è stato davvero emozionante, in quanto suonare sull’acqua non ti capita tutti i giorni.


Total look | Fendi 

Soprattutto per un cantante lo stop pandemico è stato prolungato, come lo hai vissuto?

Mi reputo fortunato perché anche subito dopo il primo lockdown ho avuto diverse occasioni di suonare con la mia band, sono uno che si adatta, mi basta anche solo chitarra e voce, quindi, forse è più facile.

Spero che il momento in cui si possa tornare con le sale in piena capienza con tutto il pubblico davanti sia vicino, ma sembra che i presupposti ci siano, bisogna solo attendere ancora un pochino.

Cosa ne pensi della cultura in Italia?

Purtroppo, l’Italia è un paese che non riesce a valorizzare l’arte, siamo un paese che potrebbe tranquillamente vivere solo di quello, e non parlo solo della musica, ma ad esempio il teatro, non conosco nessun ragazzo della mia età che lo frequenti.

Bisognerebbe fare qualcosa a tal proposito, istituire dei fondi, e dare la possibilità ai giovani di portare in scena i loro spettacoli in nome di quelle eredità culturali che sono vive e vanno protette.Quando si investe i frutti arrivano sempre, il problema è quando non si fa nulla e si lasciano le cose in stallo.


Total look | Emporio Armani 

Frequenti l’università, che percorso stai seguendo?

Sto per laurearmi in Comunicazione e psicologia in inglese a dicembre, studio alla John Cabbot che è l’università americana a Roma, la quale mi ha sempre dato innumerevoli spunti di riflessione e mi ha aiutato ad esercitare quella parte di me che a volte nella musica che vive di impulsi e non riesci ad esercitare.

Ma soprattutto mi ha sempre tenuto con i piedi per terra lasciandomi la possibilità di crescere internamente allargando i miei orizzonti.


Photography by Davide Musto

Styling by Rosamaria Coniglio

Grooming Maria Esposito Simone Belli Agency

Location NH Collection Vittorio Veneto

Photographer assistant Angelo De Marchis

Cover total look | Emporio Armani 

Una giovane stella nascente del cinema italiano: Ludovica Francesconi



Abbiamo imparato a conoscere Ludovica Francesconi con la sua interpretazione di Marta nel film “Sul più bello”, non è stato solo un ruolo importante, Marta è iconica. Il messaggio positivo che riesce a protrarre nel lungometraggio è arrivato al cuore di tutti quelli cha lo hanno visto.

Ironica e maldestra un po’ com’è alla fine Ludovica nella vita, una giovanissima interprete che sicuramente ha un vivido futuro nel cinema ed è per questo che MANINTOWN ha voluto riconoscere il suo talento con il New Generation Awards.

Ora al cinema con il sequel “Ancora più bello”, ma non temete perché in arrivo ce ne sarà ancora uno a chiudere triologia di Marta.


Il tuo primo red carpet alla Mostra D’Arte Cinematografica di Venezia. Che cosa hai pensato in quegli attimi?

All’inizio ero talmente emozionata che non riuscivo a capire esattamente quello che mi stesse succedendo, poi pian piano ho iniziato a sentirmi a mio agio, peccato però che la passerella fosse già finita. Mi son detta: posso rifarlo? Anche perché sarei stata psicologicamente più preparata.

Ti saresti aspettata un sequel di “Sul più bello”, ora sei in sala con “Ancora più bello”.

In realtà no, c’era qualche voce che diceva che forse ci sarebbe stato un seguito, ma quando la notizia della conferma è arrivata, è stato davvero stupendo, puoi immaginare quanto ci potessi sperare.

Mi sono affezionata tantissimo al personaggio di Marta, quindi io stessa, volevo sapere la sua evoluzione.

Marta ha avuto un grandissimo impatto empatico sul pubblico.

Si, verissimo, è stata immediatamente presa d’esempio, mi sono arrivati anche messaggi di genitori che avendo visto il film sono riusciti a trovare un punto di contatto con i figli adolescenti che affrontano le loro insicurezze.

Che cosa hai pensato la prima volta che hai letto il copione?

La verità? Ma questa è una figata pazzesca! Marta con la sua voglia di mangiarsi il mondo mi ha insegnato tantissimo, io ero una persona pessimista, ho sempre preferito buttarmi giù piuttosto che rimanere delusa dopo.

Invece con il film ho capito che se cadi, ti rialzi e ti prendi quello che vuoi e non rimarrai mai delusa.


Cosa sapevi della fibrosi prima intraprendere il personaggio di Marta?

Davvero non molto ed è per questo che abbiamo fatto degli incontri con ragazzi che soffrono di questa malattia, e le caratteristiche che si vedono nel film sono completamente ispirate a loro.

Perché li ho visti così, delle persone pazzesche con grinta da vendere ed è così che mi hanno ispirata.

Raccontami l’aneddoto più divertente che ti è successo girando il film.

Per iniziare il set col botto il primo giorno l’ho letteralmente fatto con la macchina. Eravamo all’aeroporto, ed avevo una scena in auto, dovevo scendere dalla macchina ed entrare, fin qui tutto ok. Però erroneamente avevo lasciato il motore acceso, quindi dovevo rifare la scena, nel mentre cercavo di capire come spegnere col pulsante la vettura, ma non ero stata istruita sul come farlo, ho preso in pieno un panettone di cemento, e mi sono ribaltata. Insomma, è diventata un GIF, perché ovviamente stavano riprendendo.

L’ultimo frame, ero io con le gambe per aria! Il secondo, si perché ne ho due, è quando sono svenuta volteggiando alle due del pomeriggio con un maglione di lana, peccato che era fine giugno, ed il mio potassio mi aveva abbandonata, sono svenuta.


Photography by Davide Musto 

Production & Styling by Alessia Caliendo 

Grooming John Delima Lorena Leonardis @Cotril 

Location ISFCI – Istituto Superiore di Fotografia Roma 

Photographer’s assistants Dario Tucci and Valentina Ciampaglia 

Stylist assistant Andrea Seghesio 

Il cinema italiano non è mai stato così cool: Giancarlo Commare



Di Giancarlo Commare, che è stato recentemente premiato a Venezia 78’ con il Next Generation Awards di MANINTOWN, possiamo dire che non è stato difficile far ricadere la scelta su di lui, infatti, il suo stesso percorso lo ha rivelato come il migliore attore della nuova generazione di talenti del cinema italiano. Negli ultimi anni è entrato nelle case con serie TV come “SKAM”, che hanno lasciato una breccia nel pubblico. Ha iniziato come ballerino per poi diventare un attore dalle mille sfaccettature come possiamo apprezzare ora al cinema.

La sua interpretazione in “Maschile Singolare”, con il ruolo di un ragazzo gay che ha intrapreso in modo talmente naturale da poterlo avvicinare al fruitore senza sovrastrutture, proprio per questo motivo è stato accolto dal pubblico LGBT a braccia aperte.



Lo definirei un attore libero, in quanto cresce con i ruoli che sceglie di vivere, e questa è la magia del cinema e per un interprete è la magia della vita.Ora lo possiamo vedere al cinema con “Ancora più bello”, seguito de “Sul più bello” al fianco di Ludovica Francesconi.

Com’è arrivare a Venezia, fare il red carpet, ed essere premiato?

Che domanda mi fai? Come faccio a descriverti in due parole un’emozione così grande. Mi ero sempre detto che non avrei mai fatto il red carpet di Venezia senza motivo, solo per la velleità di esserci, ed ho aspettato che succedesse, tutto li.

L’unica cosa è stata che quando mi sono ritrovato sul tappeto rosso mi è sembrato tutto assurdo con le emozioni amplificate. Ora però devo dire che appena prima di allungare il primo passo davanti ai fotografi, anche perché al secondo stavo per inciampare, mi son sentito un po’ come succede nei film quando ti passa tutta la vita davanti, ecco questo è quello che è successo a me in quel momento.

E che cosa hai visto?

Tutto dall’inizio, come una bobina srotolata, da quando facevo il cameriere, a quando pulivo il gabinetto del locale a fine serata, la mia infanzia, i sacrifici, ci son stati momenti dove realmente non avevo nulla dentro il frigorifero e quando lo aprivo faceva l’eco.

Ho pensato anche a mio padre, con cui non ho un rapporto, devo dire che son state più le cose brutte cose che son affiorate in quegli istanti, per fortuna è durato un attimo, anche perché poi ho capito che era il mio turno e toccava a me sorridere ai fotografi.

Per la prima volta nella mia vita mi sono detto: Giancarlo, te lo meriti vai!



Come mai ti sei detto solo in quel momento una frase così, di obbiettivi ne hai già raggiunti tantissimi

Son fatto così, sono molto pretenzioso nei miei confronti in tutto quello che facevo non bastava mai, e dentro di me sentivo sempre la voce che diceva, devi fare di più non basta, e questo ha fatto in modo tale da non riuscire a godermi mai i meriti che mi son stati dati o che mi son preso.

Anche in quest’ultimo anno in cui mi sono successe tantissime cose, e un po’ come se non avessi avuto la piena consapevolezza del tutto.

Ho vissuto Venezia come una luce su tutto il mio lavoro svolto negli ultimi anni.



Possiamo dire che sei stato un privilegiato in quanto tra un lock down e l’atro non ti sei mai fermato

Me ne stupisco anch’io ma a parte i primi due mesi dove ci siamo fermati tutti, poi ho ripreso subito, e prima della pandemia erano esattamente venticinque mesi che lavoravo no stop.

Ho avuto dei momenti in cui recitavo su quattro set diversi allo stesso momento senza rendermene neanche conto.

E adesso entri anche nel seguito di “Sul più bello”.

Esatto, in tre mesi abbiamo girato tutti e due i sequel “Ancora più bello” e “Sempre più bello”.

Devo ammettere che è stato un complesso per me a livello personale, stavo attraversando un momento difficile e girare due film insieme credo che non sia mai facilissimo, in più dovendo completare anche altri lavori mi ritrovavo sempre in treno a fare il pendolare tra Torino e Roma.


Photography by Davide Musto 

Production & Styling by Alessia Caliendo 

Grooming Kemon 

Location Teatro Brancaccio Roma 

Special thanks to Romeow cat bistrot 

Photographer’s assistants Dario Tucci, Riccardo Albanese and Valentina Ciampaglia 

Stylist’s assistant Andrea Seghesio 

Piazzolla, la rivoluzione del Tango di Daniel Rosenfeld

Astor Piazzola è stato un visionario, l’uomo che ha rivoluzionato il tango, come ci racconta Daniel Rosenfeld nel suo documentario in uscita l’8 ottobre in tutte le sale cinematografiche.

Italiano di origine, cresciuto in Argentina per migrare negli Stati Uniti a New York, dove ha continuato a sviluppare la sua passione per la musica che contraddistingue la sua terra: il tango.



Chi era Piazzolla?

Un appassionato, un avanguardista, uno dei più importanti compositori del XX secolo.  In generale, le persone che dicono di essere all’avanguardia non sono all’avanguardia. Piazzolla fu l’eccezione: sapeva che il suo fuoco era unico. Pochi artisti sono capaci di creare un alfabeto proprio. Basta ascoltare sei note per capire che questo suono è Piazzolla.

Era decisamente un personaggio eclettico, ha sperimentato e non solo nella musica, ha persino fatto la caccia agli squali, non è da tutti.

Piazzolla è stato testimone di un cambiamento d’epoca, immaginalo negli anni ’30 a New York, quel mix eclettico credo provenga dalla sua infanzia, deve aver lasciato un segno. Un Piazzolla bambino che ascolta il jazz di New Orleans, un concerto di Al Johnson, che si sveglia con le melodie di quartiere delle comunità italiane e dell’Europa dell’Est, che prende lezioni di Bach con il suo vicino di casa, quando aveva meno di 11 anni si era già esibito in un film di Carlos Gardel girato a New York… Senza dubbio, è stata un’infanzia eclettica, che ha riguardato anche altri aspetti come le lezioni di boxe con Jack Lamotta, o l’essere ritratto in carboncino da Diego Rivera mentre preparava il suo famoso murale.



In che cosa consiste la sua rivoluzione?

La sua rivoluzione è musicale, ha fatto cambiamenti armonici e ritmici, ha creato una sonorità che non era una ripetizione. Ha cambiato la tradizione del tango, ma mantenendo sempre un mormorio di musica tango. Faceva musica che non era per ballare, perché ai vecchi tempi, negli anni ’40 e ’50, le band suonavano per far ballare il pubblico.

È molto singolare che un argentino di origine italiana trasferito a NYC abbia potuto fare questo.

Sì, suppongo che il padre di Astor cercasse una vita migliore. Ha lasciato l’Argentina, “alla ricerca del sogno americano”. Suo padre lavorava da un parrucchiere, nel retro si raccoglievano scommesse, Nonino – come Astor chiamava suo padre – gli comprò il suo primo bandoneón proprio in quel negozio. Credo sia lì che Astor abbia formato il suo carattere, finché non tornarono in Argentina, e Astor non aveva nemmeno 12 anni.

È interessante pensare che all’età di 40 anni, Astor cercò di ripetere la storia di suo padre, portò tutta la sua famiglia a New York, per tentare la fortuna.

Penso che a segnare quel suono malinconico del bandoneón sia stata, più che Buenos Aires, proprio New York.



Libertango ha segnato la svolta per farlo conoscere in tutto il mondo, cosa mi vuoi dire a riguardo?

È un’opera composta in Italia. In Italia ha avuto uno dei suoi periodi creativi più forti, era inarrestabile, un vero e proprio turbine.

Suo figlio Daniel Piazzolla ricevette il demo di Libertango per posta e disse: “questo è Quincy Jones ma con la musica di mio padre”.

Forse ha avuto l’intuizione che la gente non avrebbe più ballato il Tango in quanto nuovi balli come il rock & roll stavano arrivando e lo ha modernizzato?

Sì, forse… All’epoca c’erano nuovi ritmi come il Boggie, che i giovani di allora preferivano al tango tradizionale. Ma Piazzolla era interessato alla musica classica, a Bartok, a Stravinsly, per questo incontrò Arthur Rubinstein per chiedergli un consiglio. C’è da ricordare, poi, che Astor si formò con Ginastera, con la grande maestra di compositori Nadia Bulanger. Ma bisogna dire la verità: l’essenza di Piazzolla c’era già prima di tutti i suoi maestri. Non voleva copiare, voleva innovare, e aveva gli strumenti per farlo.

Perché è stato attaccato così tanto quando ha apportato delle novità al Tango?

Semplicemente perché ha rotto con la tradizione, il che non è poco. L’hanno chiamato “assassino del tango”.

Come ti è venuta l’idea di fare un documentario su Piazzolla?

La vita di Astor sembra dispiegarsi all’infinito da tutte le parti, senza limiti. Per questo ho voluto fare un film che fosse Piazzolla per Piazzolla, senza interviste e con archivi familiari inediti. Questo film, oltre a ritrarre un genio musicale, racconta anche la profondità del legame ancentrale tra genitori e figli. Non solo Nonino e Astor, anche Diana che cerca suo padre e, naturalmente, Daniel Piazzolla e suo padre. E l’amore tra tutti loro; quella parola che a volte suona così banale.

E il centenario è un buon momento per osare la riscoperta di Piazzolla, un’occasione per disarmare il cliché che tutti abbiamo su di lui e le sue composizioni. Ricordo che in una delle proiezioni a Buenos Aires c’era tutta una fila di amici cinquantenni che avevano portato i loro nipoti, perché potessero incontrare Piazzolla. Alla fine ho sentito un adolescente abbagliato dall’ottetto che ha esordito con un: “Zio, questo non è tango!”.

Dal disco “You are the movie, this is the music”, di Joe Schievano arriva anche il videoclip di Agua Ventosa

Dopo il successo dell’ultimo album You are the movie, this is the music, il compositore e Sound Designer Joe Schievano presenta il videoclip di uno dei brani più significativi del disco: Agua Ventosa, che uscirà l’11 ottobre.

Originariamente, il pezzo è stato pensato per il docufilm portoghese diretto da Marco Schiavon Agua Nas Guelras (2020), interamente ambientato nelle Azzorre, in una terra solcata da vento e oceano. Tanto nel film quanto nel videoclip, l’elemento marino fa da sfondo concreto alla musica, esprimendo con poetica intensità carattere e passione.

Un ruolo fondamentale è quello del violoncello, “lo strumento più struggente e profondo che descrive ogni mare”, suonato dalla talentuosissima Laura Balbinot.

Attraverso immagini e suoni, Schievano riesce a creare una coinvolgente narrazione dell’elemento acqua e del suo incontro con il vento, un archetipo dei nostri confini interiori, dove i moti dell’anima s’incontrano e ne formano continuamente di nuovi.



Girato sulle spiagge tra Palo, Ladispoli e Marina di San Nicola, sulle coste laziali, il videoclip – fortemente evocativo e con la regìa di Jessica Tosi – mostra una ragazza, Teresa Farella, ideale personificazione della ninfa greca Actea (ninfa abitatrice delle coste marine), danzare avvolta da un abito creato ad hoc dalla costumista Maria Giovanna Spedicati, ispirato alle onde del mare, ma composto di materiale plastico, a denunciare l’alienazione umana delle leggi della natura.

Agua Ventosa, prodotto da Tàdan, vuole essere un brano passionale, struggente, con una sottesa vena di denuncia, ma anche un’opera riflessiva, capace di riconciliarci con una natura e con i suoi equilibri dati troppe volte per scontati.

Marco Aceti ed il suo momento magico

Marco Aceti, sin dal suo primo ruolo di Cesare in “Notte prima degli esami” di strada ne ha fatta tantissima, senza mai tralasciare il suo primo lavoro, o come lo chiama lui il suo primo amore ovvero il Vigile del Fuoco.

Chi fa un mestiere come il suo, sicuramente deve avere un cuore d’oro, forse non per tutti ma sicuramente è il suo caso.

Possiamo dire che sicuramente quello che lo aspetta è un autunno di fuoco, infatti ora è in scena al Teatro Petrolini di Roma con uno spettacolo molto forte intitolato “Le regole del gioco”, e poi su Amazon Prime Video con il nuovo film che lo vede protagonista “Lettera H”, basato sulle vicende del mostro di Firenze.



Hai sempre avuto la passione per la recitazione?

Certo, sin da piccolo infatti ho iniziato con i fotoromanzi, con la famosa Lancio, la casa di produzione, però mi son accorto subito che non ero soddisfatto in quanto davo la battuta con l’intenzione, però poi l’azione non c’era.

Poi ovviamente ho studiato recitazione e ad un certo punto mi è arrivato il ruolo di Cesare a diciassette anni per “Notte prima degli esami”, un ragazzo simpatico, anzi un vero e proprio guascone, un personaggio che mi ha dato una discreta popolarità in quanto il pubblico si era affezionato a lui.

Il classico ragazzo di borgata senza pensieri che porta sempre allegria, non ti nego che sono molto legato a lui.



Però il tuo lavoro è quello di Vigile del Fuoco.

Lo sono da quasi diciassette anni, e ti dirò la verità quando mi arrivò la cartolina per il militare io avevo già fatto “Notte prima degli esami”, e scelsi di fare il pompiere semplicemente perché avevo la caserma vicino casa, mi sembrava la scelta migliore.

Così per caso mi sono affacciato ad un lavoro di cui mi sono innamorato gradualmente, anche perché quotidianamente mi regala esperienze incredibili, ed alla fine mi è sempre servito per bilanciare il lavoro di attore che non sempre magari riesce riempirti al cento per cento.

Credo di poter dire di essere ad un punto artisticamente alto della mia vita, con dei progetti in cui credo con tutto il cuore, quindi lo vivo al meglio.



Come fai a far collimare le due professioni?

Per me è naturale, sono due mondi paralleli, ci son cresciuto, fare il pompiere è il mio lavoro, fare l’attore è la mia passione, quello che ho sempre sognato di fare sin da piccolo.

Uno compensa l’altro in maniera inscindibile.

Raccontami del tuo spettacolo teatrale.

Siamo ora in scena al Teatro Petrolini dal 5 al 10 ottobre con “Le regole del gioco”, che è la storia di una crisi coppia, con la resa dei conti finale tra separati, dove andiamo a toccare diversi aspetti, come la violenza psicologica femminile, che viene fatta nei confronti dell’uomo di cui si parla poco.

Per poi arrivare alla psicopatia, per poi arrivare al femminicidio di cui sentiamo tristemente parlare anche troppo.



E poi hai anche “Lettera H” in uscita su Amazon Prime Video.

Lettera H, lo considero un po’ come il mio bambino per la regia di Dario Germani, Giulia Todaro è l’altra attrice protagonista ed è un film che tratta uno degli omicidi del mostro di Firenze, quello della FIAT 127.

Lettera H, è il nome del tipo proiettile utilizzato dal famigerato gruppo di merende del mostro di Firenze, ed andiamo a raccontare la storia di Sebastian, che per l’appunto interpreto, un ex nazi-skin, completamente tatuato, infatti avevo ventitre tatuaggi di scena fantastici che mi facevano compagnia.

Seba fa il carrozziere e compra una macchina da restaurare, ignaro del fatto che l’auto fosse appartenuta ai malcapitati dell’omicidio, così entrando in contatto con la storia accaduta, inizia un viaggio mentale che lo porterà a mettere in atto quello che ha visto nel suo trip.

Il musical torna a casa sua: al Brancaccio

Dopo tanta incertezza a causa delle restrizioni causate dalla pandemia, che costringevano i teatri solamente al cinquanta percento di capienza, ora con la possibilità di arrivare all’ottanta percento anche un grande teatro come il Brancaccio ha potuto presentare la sua programmazione per la stagione 2021/2022.

Come racconta il direttore Alessandro Longobardi, non è stato assolutamente facile capire il da farsi, poi con una buona dose di coraggio e voglia di ricominciare è stata messa insieme una splendida scaletta ricca di musical e novità, che soprattutto in questo momento storico, portano allegria e scaldano il cuore.

La cosa buffa è che non è stato annunciato il cast di nessuno spettacolo, ovviamente non è la norma, ma per il momento era importante sapere di esserci, il resto verrà annunciato prossimamente.



Ad aprire è stato Enrico Brignano, che con quel velo di amarezza riesce sempre a strappare una risata, dote unica dei romani, ha spiegato come uno spettacolo con tanti biglietti venduti e sospesi come il suo a causa dello stop forzato, ora abbia ripreso con un ritmo che forse nemmeno ai tempi della guerra si poteva fare, ovvero doppio spettacolo quotidiano.

Ma è il suo lavoro intrattenere e nessuno sa farlo meglio di lui, così anche se non capisce più che giorno sia o se sia il primo o il secondo turno, lui va avanti.

Ci ricorda che il teatro è un momento di riflessione, dove i problemi stanno fuori dalla sala, quando ci si siede, si è da soli con lo spettacolo.

Torna il grande successo di Giampiero Ingrassia e Fabio Canino, ovvero “La piccola bottega degli orrori”, con qualche piccola rivisitazione ed arricchimento, infatti quello che prima era un pupazzo diventerà una Drag Queen, dovremo aspettare il prossimo anno, ma non vediamo l’ora.



Molto commovente è stato il discorso di Enzo Garinei, dell’omonimo duo autoriale Garinei e Giovannini, che con i suoi 95 anni non vede l’ora di tornare ad abitare quella che è la sua casa, il teatro.

Proprio lui che a fine febbraio 2020 era in scena a Bergamo, la città più colpita dal virus della prima ondata, una mattina si è alzato ed ha preso il taxi per andare in teatro, ma il taxista gli ha dato la brutta notizia, ovvero che il sindaco Gori aveva deciso di chiudere tutte le attività.

Tornerà al Brancaccio con il suo “Aggiungi un posto a tavola” dove interpreta la voce fuori campo del Padre Eterno, e come ha ribadito lui oggi, ovviamente Dio non può mancare, quindi ci sarò.


Hilton Molino Stucky: molto più di un cinque stelle

Se cercate un luogo magico dove alloggiare a Venezia, sicuramente il “Molino Stucky” di Hilton è la scelta migliore, e se volete il posto più esclusivo con una vista mozzafiato, non vi resta altra scelta che la Presidential Suite. 


Tutto quello che potete immaginare o chiedere ad un cinque stelle lo avrete senza esitazione.

Quando arriverete e vi troverete di fronte all’imponente struttura di Hilton situata alla Giudecca, capirete che di essere arrivati in un luogo differente da qualsiasi altro della laguna. Infatti, si tratta di un ex mulino sapientemente e raffinatamente ristrutturato.

Anche quando era in funzione, la famiglia lo volle proprio così: speciale, con una torre, che può vantare di essere la seconda più alta dopo quella di San Marco a Venezia.

Il Molino Stucky è tra le 100 eccellenze italiane.

La Presidential Suite si trova al settimo piano dove il confort è di casa, il vero lusso in una dimora elegante dove trascorrere momenti indimenticabili, oltre ai saloni e le camere, troverete anche la zona SPA privata, con Jacuzzi e palestra.

Sempre dalla suite potrete accedere direttamente alla piscina a sfioro collocata all’ottavo piano dove poter godere dello “Skyline Rooftop Bar” sorseggiando i migliori cocktail in città.

E se volete godere di una vista a 360° vi basterà salire la scaletta ed accedere alla torre, impareggiabile ed incantevole e soprattutto riservata unicamente al vostro soggiorno.

La nuova stagione del OFF OFF THEATRE si tinge di “Rainbow”

È stata presentata la nuova stagione del teatro OFF OFF di Roma in Via Giulia, piccola bomboniera della città eterna che ci regala sempre un calendario ricco di emozioni e soprattutto di grandi novità.

La stagione 2021/2022 è un insieme di quella passata che non si è svolta a causa della pandemia ed altri spettacoli aggiunti per l’anno corrente che vanno a definire un palco dedicato alla donna, ma non solo, infatti tantissimi gli spettacoli che abbracciano la comunità LGBT.


Oltre cinquanta spettacoli di prosa, con trenta prime nazionali e tre romane, seguiti da Eventi speciali, nel segno della cultura, delle storie degli uomini e delle donne più importanti del nostro tempo, interpretati da grandi nomi del teatro italiano, come Roberto HerlitzkaMilena VukoticMascia Musy, Galatea Ranzi, Gaia Aprea, Roberto Alpi, Elena Croce, Iaia Forte, Melania Giglio, Pino Ammendola, Emanuele Salce, Gianni De Feo, Francesco Di Leva e personaggi dello spettacolo italiano come Vladimir Luxuria, Pino Strabioli, Alda D’Eusanio, Mita Medici, Santino Fiorillo, Sergio Mancinelli, Roberto Ciufoli, che si alterneranno con moltissimi giovani autori, attori e registi e con, dopo dieci anni, il grande ritorno in teatro di Maurizio Costanzo.



Vi segnalo i miei da non perdere di quest’anno e poi ci aggiorneremo man mano che le date si fanno avanti.

Inaugurazione con il deus ex machina del mondo dello spettacolo, Enrico Lucherini, il più grande press agent italiano del cinema e del teatro, da venerdì 1 a domenica 3 ottobre 2021, con il racconto del patinato panorama dello showbiz, con lo spettacolo “C’era Questo, C’era Quello”,

Da sabato 23 a domenica 31 ottobre debutto di “Discarica”, spettacolo firmato da Silvano Spada in prima nazionale, con in scena Vladimir Luxuria accanto a Roberto Alpi, con Blu Yoshimi, Filippo Contri, Andrea Verticchio e la partecipazione di Elena Croce, protagonisti di una pièce che descrive i cinismi di una competitività esasperata, gli eccessi del consumismo e i disagi delle diversità e delle emarginazioni.



Da martedì 2 a giovedì 4 novembreAlt Academy presenta “Sempre fiori mai un fioraio!”, di e con Pino Strabioli, nel ricordo-omaggio a Paolo Poli, accompagnato dalla fisarmonica di Marcello Fiorini.

Dal 16 al 21 novembre in prima nazionale è di scena “Allegro, non troppo” A Stand Up Comedy Show, di Riccardo Pechini in collaborazione con Mariano Lamberti, con protagonista Lorenzo Balducci diretto da Mariano Lamberti.



Sempre nel mese di novembre saliranno sul palco i protagonisti del Drag Me Up – Queer Art Festival, a cura di Ondadurto Teatro, Karma B e HoliDolores.

L’ultimo spettacolo in scena del 2021, che accompagnerà il pubblico nel nuovo anno, è “Abolite gli armadi, gli amanti non esistono più!”, in programma da martedì 21 dicembre a giovedì 6 gennaio 2022, un grande ritorno al teatro in veste di autore per Maurizio Costanzo, che scrive un testo in scena in prima nazionale, di cui sono protagonisti Pino Strabioli, Veronica Rega, Sveva Tedeschi, Luca Ferrini, Alberto Melone e David Nenci, per la regia di Pino Strabioli.

Il Sistema di Edoardo Sylos Labini, al Teatro Sala Umberto

Al Teatro Sala Umberto dal 21 al 26 settembre va in scena uno spettacolo rivoluzionario con Edoardo Sylos Labini, dove verranno snocciolati tutti i temi più caldi: potere, politica affari e storia segreta della magistratura italiana.

Tratto dall’omonimo libro di Alessandro Sallusti e Luca Palamara, pubblicato da Rizzoli.

La realtà che supera il romanzo. È Il Sistema, lo spettacolo tratto dall’omonimo libro campione di vendite, di Alessandro Sallusti e Luca Palamara, che Edoardo Sylos Labini porta in scena con il riadattamento di Angelo Crespi.

L’attore, attraverso il racconto dell’ex capo dell’Anm, ripercorre le tappe principali della carriera di Palamara, mettendo in luce il sistema di vasi comunicanti che si è instaurato tra politica e magistratura negli ultimi venti anni e che rischia di compromettere l’equilibrio costituzionale del Paese.

La trama si dipana tra processi, sentenze, nomine e correnti, in un unico atto pieno di colpi di scena e di ritmo incalzante tra testimonianze inedite, video, interviste e intercettazioni. Il racconto di cronaca di una delle firme più autorevoli del giornalismo italiano, restituisce la realtà dei fatti così come si sono verificati, in maniera schietta, sintetica e senza fronzoli, con lo scopo di sollecitare una riflessione nello spettatore.

L’obiettivo non è attaccare l’indipendenza della magistratura, ma far tornare gli italiani a credere nella Giustizia.

Ci sono scene che meriterebbero la macchina da presa di Francis Ford Coppola, che si inscrivono perfettamente inalcuni dei topos, dei grandi temi del teatro di tutti i tempi: il tradimento, la sete di potere, l’astuzia per ottenerlo, leguerre fratricide.

Edoardo Sylos Labini, dopo avere interpretato alcuni dei personaggi più scomodi e discussi della storia, da Nerone aD’Annunzio, da Giuseppe Mazzini a Italo Balbo, torna in scena con uno spettacolo di teatro civile con un’operazioneverità che farà sicuramente discutere.

Le scene e i costumi saranno affidati a Laura Giannisi. Sul palco con Sylos Labini, Simone Guarany e a sorpresa, forse, il convitato di pietra.

Ad ogni fine spettacolo sono previsti dibattiti con personaggi del calibro di: Alessandro Sallusti, Vittorio Sgarbi, Luca Palamara e tanti altri.


Al Teatro Sala Umberto è stata presentata la nuova stagione: da non perdere!

Finalmente arrivano i primi segnali di un ritorno alla vita che ci è mancata tanto, e sicuramente il teatro e tra le tante cose che ci sono state sottratte.

È stata presentata la nuova stagione del Teatro Sala Umberto di Roma, e con tantissime novità, nonostante le molteplici difficoltà relegate ad un ambiente chiuso in tempo di COVID.

Infatti, nonostante in tante città come Londra ed altre capitali europee ci sia la disponibilità di usufruire i teatri con la massima capienza e senza mascherina qui nel nostro bel paese tutto ciò non accade ancora, infatti solo il cinquanta percento degli spettatori sono ammessi.


Ci auguriamo tutti che con l’utilizzo del green pass e della mascherina e con l’avanzare della stagione anche noi in Italia potremmo tornare in sicurezza a condividere emozioni e godere di spettacoli meravigliosi.

Tutto questo ovviamente crea instabilità e difficoltà nella programmazione, che rende impossibile prevedere la durata protratta di uno spettacolo in cartellone, così, come stimolo in più per il pubblico vedremo un susseguirsi di compagnie in tal modo da consentire la sala piena sempre.



E per chi volesse fare una buona azione nei confronti della cultura, ritorna a grande richiesta il biglietto sospeso, un po’ come succede da sempre per il caffè a Napoli. 

Chi vorrà potrà lasciare un biglietto pagato per un amico che magari non può integrare il costo di uno spettacolo nel budget mensile. Fatelo!



La programmazione è davvero vasta, ci si potrà interfacciare con la Sala Umberto in tutti i modi, sia per una riflessione che per una risata.

Per chi scegliesse la risata, è vietato mancare a “Fiesta”, lo spettacolo di Fabio Canino che compie vent’anni, e proprio lui che ha sempre celebrato Raffaella Carrà per tutta la vita, mai come in questo momento che non è più tra noi abbiamo bisogno di cantare le sue canzoni a squarcia gola.

Il ritorno del premio Roberto Rossellini

In anteprima alla 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia mercoledì 8 settembre alle ore 11.00 presso l’Italian Pavilion la nuova edizione del Premio Internazionale Roberto Rossellini.



Troppe volte l’Italia si dimentica di celebrare i suoi maestri, cosa in cui invece sono bravissimi gli americani, ecco finalmente stiamo imparando a farlo. Rossellini maestro indiscusso del cinema italiano nel mondo.

Il Premio Internazionale Roberto Rossellini, ha l’ambizione d’incentivare i giovani talenti, in Italia e nel mondo – importante, in tal senso, il contributo dell’Istituto Italiano di Cultura di New York e di SIAE – Società Italiana degli Autori ed Editori, assieme alle partnership degli Istituti di Los Angeles e di Pechino, e ad altri istituti italiani operanti nel mondo – e inaugurare un percorso di studio parallelo e coincidente con il Progetto completamento dell’Enciclopedia Audiovisiva della Storia, fortemente voluta da Roberto Rossellini.

Interverrà, inoltre, Francesco Verdinelli, Assessore alla Cultura del Comune di Calvi dell’Umbria – dove questa estate si è svolto il Premio Nazionale in onore di Rossellini – che decreterà ufficialmente i nomi dei vincitori ed enuncierà i tre titoli delle sceneggiature premiate dalla Giuria presieduta da Renzo Rossellini e composta da Silvia d’AmicoLia Francesca MorandiniGualtiero Rosella

L’Evento di Calvi apre alla prospettiva di manifestazioni analoghe nell’intero territorio nazionale, purché coerenti con gli obiettivi del Premio e in sinergia con il Premio Internazionale Roberto Rossellini, con la finalità di valorizzare il patrimonio artistico-culturale della provincia.



Nato nel 1999 a Maiori – località particolarmente cara al maestro del cinema italiano, in cui ha girato diversi film come: Paisà, 1946; L’amore, 1948; Viaggio in Italia, 1954 – per volontà di Renzo Rossellini (figlio del celebre cineasta), il Premio è stato sospeso nel 2013 a causa della mancanza dei necessari apporti finanziari.

Dopo questa lunga pausa, durata circa un decennio, la manifestazione riprende finalmente la sua attività.

Il punto di partenza sarà il rinnovato omaggio al maestro, portando avanti la sua idea di cinema e di arte: cinema etico e Umanesimo, ricerca di verità nel frammento del presente ed interpretazione della storia.

La cerimonia di premiazione del Premio Internazionale Roberto Rossellini si terrà alla Casa del Cinema di Roma il 18 dicembre 2021, all’interno della XIII edizione dell’International Fest Roma Film Corto.

Sorrento Gnocchi Day

Gli gnocchi sono un tesoro nazionale e tutto il mondo lo sa, ed ogni regione ne propone una sua versione diversa nel nostro bel paese, ma senza ombra di dubbio quelli alla “Sorrentina”, sono quelli più riconosciuti desiderati dai palati internazionali.

Infatti, proprio nella magica Sorrento dal 7 al 10 di Ottobre andrà in scena per la prima volta il SorrentoGnocchiDayma in realtà saranno oltre sessanta i locali, tra trattorie, bistrot, locali storici e ristoranti stellati, in Penisola sorrentina, in Italia e nel mondo a dar vita a questa primissima edizione.



Questo piatto iconico della città del Tasso, in cui sono racchiuse storia, maestria, cultura e territorialità, sarà proposto nei menù di decine di ristoranti locali, ma anche dislocati in Italia: da Padova a Ischia, passando per Marina di Pietrasanta, e in tante altre realtà sparse per il mondo, tra le altre: Dubai, Tulum, Leicester, Mykonos e Hong Kong. Chef italiani, al timone delle rispettive brigate internazionali, proporranno ai propri clienti gli Gnocchi, tradizionali o rivisitati.

Un piatto semplice, gli Gnocchi alla sorrentina, conosciuto in tutto il mondo e la cui ricetta classica recita: patate, farina, uova, fiordilatte, olio extra vergine d’oliva e un buon sugo di pomodoro.

In esclusiva per la stampa, giovedì 7 ottobre, ci sarà un’anteprima che coinvolgerà 10 chef campani, impegnati a proporre la propria interpretazione degli Gnocchi, qualcuno nella versione squisitamente tradizionale e qualcun altro introducendo delle rivisitazioni riguardanti la forma, la cottura, le consistenze o gli ingredienti.



I 10 chef che si confronteranno sulla Terrazza delle Sirene del Circolo dei Forestieri di Sorrento saranno: Mario Affinita, del Don Geppi di Sant’Agnello; Giuseppe Aversa, chef de Il Buco di Sorrento; Paolo Barrale dell’Aria Restaurant di Napoli; Pasquale De Simone del Ristorante ‘O Break del Renaissance Naples Hotel Mediterraneo di Napoli; Domenico Iavarone  del Josè Restaurant  della Tenuta Villa Guerra di Torre del Greco; Andrea Napolitano del Ristorante NDRE’ di Sorrento; Marco Parlato, resident chef della Terrazza delle Sirene di Sorrento; Lino Scarallo di Palazzo Petrucci a Napoli e Giuseppe Stanzione del ristorante Glicine dell’Hotel Santa Caterina di Amalfi, tutti coordinati da Vincenzo Guarino, lo chef noto come “Cacciatore di stelle”, per la sua consolidata capacità di conquistare Stelle Michelin.

Quella del SorrentoGnocchiDay sarà anche l’occasione per presentare un dolce inedito, dedicato alla perla della Costiera sorrentina, da sempre musa di artisti, scrittori e musicisti. Per la prima edizione, sarà il maestro pasticcere napoletano Ciro Poppella, il padre dei Fiocchi di Neve, a proporre un nuovo dolce al caffè Illy che, a partire dall’8 ottobre, si potrà degustare in tutte le sue pasticcerie.



L’idea di istituire una celebrazione del piatto identitario di Sorrento che, studiato, reinterpretato e rivisitato, possa diventare un simbolo ancorato al passato ma proiettato, contemporaneamente, nel futuro, è stata di Carmen Davolo della Dieffe Comunicazione che, assieme a Vincenzo Guarino, e grazie alla collaborazione di Peppe Aversa, del ristorante stellato Il Buco di Sorrento, ha chiamato a raccolta decine e decine di chef in tutto in mondo.

Maschile Singolare: per la regia di Matteo Pilati ed Alessandro Guida, la loro storia

Matteo Pilati ed Alessandro Guida, i due giovani registi di “Maschile singolare”, di cui Matteo Bolognese, ed Alessandro Romanissimo, ci hanno regalato un bellissimo e delicatissimo film con tematica LGBT, diventato un poi la bandiera dei Gay Pride italiano. La vera novità sta proprio nel racconto di una storia attuale, senza aggiunte di sovrastrutture drammatiche nella sceneggiatura, una vera commedia. Tendenzialmente in Italia per un film a tematiche omosessuali viene spesso fatta, quasi relegando il mondo gay al drama, qui si ride e si piange entrando nell’anima dei personaggi raccontati dando la possibilità a chiunque di potersi riconoscere. Ecco che cosa mi hanno raccontato i due director.


Matteo Pilati e Alessandro Guida: i registi di Maschile singolare

Come nasce l’idea di “Maschile Singolare”?

Matteo dice che l’idea è nata in maniera totalmente organica scritto da lui insieme a Giuseppe Paternò Raddusa, e nel momento in cui hanno pensato fosse soddisfacente hanno coinvolto anche Alessandro, il quale si è innamorato immediatamente al progetto apportando tantissime idee in più. Quindi è diventata una stesura a sei mani. Lo step successivo era quello di produrlo, abbiamo tentato la strada classica facendolo leggere a case di produzione e distribuzione, con la clausola di voler fare noi due la regia.

Peccato questa nostra richiesta non abbia ricevuto una risposta positiva in nessun caso.

Quindi vi siete autoprodotti?

Beh, era l’unica strada da percorrere per poter fare le cose come volevamo ed essendo convinti di avere in mano qualcosa non solo di buono ma anche di nuovo, senza avere la certezza di uscire in sala o tantomeno su piattaforma, o peggio ce lo saremmo tenuti a casa da far vedere agli amici.


Un’immagine del backstage del film Maschile Singolare

Il progetto nasce poco prima del diffondersi della Pandemia.

Si, perché il film lo abbiamo girato in sole tre settimane, che è davvero pochissimo per un lungometraggio, a cavallo tra gennaio e febbraio del 2020, quindi appena prima del lockdown, e la novità almeno per noi è stato il montaggio in remoto. Tutto questo grazie alla tecnologia che in questi anni ha fatto dei passi da gigante, lasciando spazio alla realizzazione di cose che prima erano impensabili.

Come è stato accolto dal pubblico?

Siamo letteralmente entusiasti della risposta del pubblico e non solo di quello gay, ma ci arrivano tanti messaggi da donne sulla trentina che vivono le stesse problematiche del nostro protagonista interpretato da Giancarlo Commare, perché comunque la società italiana ti vorrebbe ancora vedere accasato a quell’età. A trent’anni oggi si può vivere felici e single con tanti amici che noi abbiamo definito come la famiglia selettiva.

Per noi è stata molto importante la scena della cena, per far capire davvero i rapporti e le interazioni tra i personaggi. Che poi forse è l’unica scena dove ci sono più di due attori.

Come mai la scelta dei trentenni?

Semplicemente perché se ci si guarda intorno nel mercato dell’audiovisivo abbondando storie di teen-ager adolescenti, allo stesso modo anche i quarantenni, mentre i trentenni sono raramente raccontati, è così abbiamo voluto coprire questa landa desolata di target. Abbiamo voluto parlare un po’ di noi, che con un esordio alla regia sia fondamentale.


I registi e i tecnici nel backstage di Maschile Singolare

Una Croisette a sorpresa per la 74° edizione del Festival di Cannes

Si è appena conclusa la 74ª edizione del Festival di Cannes si è svolta a Cannes dal 6 al 17 luglio 2021, dopo essere stata originariamente prevista dall’11 al 22 maggio e posticipata a causa della pandemia di COVID-19 in Francia.

Possiamo dire che finalmente abbiamo visto un evento svolgersi in maniera superlativa e senza intralci dovuti a misure di sicurezza o distanze che ci  complicano la vita da un anno e mezzo.

Il plotone d’esecuzione del primo giorno è stato di tutto rispetto, con una Jodie Foster in splendida forma che ha ricevuto un premio alla carriera, proprio lei che da ragazzina aveva esordito a Cannes al fianco di Robert De Niro per “Taxi Driver”.

Era accompagnata dall’oramai pluripremiato Tahar Rahim, con cui ha condiviso il film “The Mauritian”, storia vera che racconta le vicissitudini di un uomo incarcerato ingiustamente a Guantanamo Bay.

Rimarrà alla storia la gaffe del presidente di giuria Spike Lee, che non ha atteso il momento giusto della lettura della busta ed ha spifferato il vincitore ovvero “Titane” pellicola di Julia Ducournau.

L’Italia rimane a mani vuote con lo sconforto di Nanni Moretti con il suo “Tre piani”, ma potevamo intuire che non vincesse nulla dal fatto che non fossero programmati né regista né cast per la passerella finale.

La Palma d’onore va a Marco Bellocchio, visibilmente commosso e premiato da Paolo Sorrentino e Pierfrancesco Favino, uno dei suoi attori preferiti che ci regala sempre magistrali interpretazioni sotto la direzione del maestro.

La standing ovation non si è fatta attendere.

Lo statunitense Caleb Landry Jones ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile al 74esimo Festival di Cannes: è stato premiato per il suo ruolo in ‘Nitram, dove interpreta un giovane borderline che sta per commettere uno dei peggiori omicidi della storia australiana.

Ultimo applauso va assolutamente all’ultima delle dive esistenti, quella che possiamo incoronare dopo tutti questi anni la regina della Croisette, col suo capello corto che la rende unica ovvero Sharon Stone.

Il suo abito tempestato di fiori come una primavera del Botticelli ha portato una ventata di freschezza italiana con un design di Dolce & Gabbana fatto apposta per l’occasione, senza dimenticare il suo impegno per AMFAR, che raccoglie fondi per la ricerca dell’HIV.

Ciao Raffa!

Tutti si chiedono perché sia stata così amata la Carra’, e sì perché nemmeno lei si spiegava sin da subito il motivo per cui lei sia stata chiamata per cognome a differenza delle sue colleghe che invece venivano chiamate per nome. Il motivo è davvero semplice perché era unica.  Perché non c’era un prima Raffa, c’è solo un dopo Raffa.

Il 5 luglio 2021 è arrivata la notizia che non avremmo mai voluto leggere, Raffaella Carrà, nome d’arte di Raffaella Maria Roberta Pelloni ci ha lasciato. Aveva 78 anni ma per tutti noi era sempre una ragazza, una donna eterna, ed è così che sarà nei nostri ricordi e nei fiumi di ore registrate in programmi che hanno fatto la storia della televisione.

Creativa e spregiudicata per i primi anni 60’, ma con la fortuna di avere dei collaboratori superlativi come Gianni Boncompagni e Sergio Japino ci ha regalato dei momenti di storia come il “Tuca Tuca”, da non dimenticare che ai tempi la televisione doveva fare i conti con la censura, che non era stata sicuramente clemente nei suoi confronti e nei confronti di quel ballo che almeno una volta tutti noi abbiamo ballato. L’Italia non se ne è resa conto ma Raffaella ha aiutato il paese ad uscire da quell’involucro di bigottismo che affliggeva ed assopiva i nostri nonni, ha portato il cambiamento, il sorriso e la voglia di essere come lei in tutte le donne. Ovvero libera.

La prima minigonna, il primo ombelico scoperto, le sue mosse, le sue smorfie, l’hanno resa l’icona tra le icone. Anche perché non c’è un ingrediente specifico per diventarlo, però sicuramente il pubblico LGBTQ sa premiare i suoi idoli, lei è stata sicuramente la prima e tutt’oggi non ha uguali.

Noi ci siamo cresciuti con i suoi abiti pieni di lustrini e di spalline degne di Mazzinga Zeta, ma chi poi anni a venire l’ha scoperta non ha saputo far a meno di ispirarsi, proprio come ha fatto Lady Gaga, che dal primo momento in cui l’ha vista su YouTube se ne è innamorata.

Per non parlare del DJ di fama internazionale Bob Sinclar che ha pensato fare un remix di  “A far l’amore comincia tu” brano uscito nel 1976, che con qualche abile rivisitazione ne è diventato un vero e proprio tormentone nel 2011, celebrato nel film di Sorrentino “La Grande Bellezza”.

Insomma, tutto quello che ha toccato Raffa è diventato parte di noi, è stata la zia di tutti, l’amica che avremmo voluto avere con quella forza e quella modernità, che solo se ce l’hai dentro la puoi dimostrare.

Quando ad un certo punto la televisione italiana sembrava non avere più bisogno di lei, non ha esitato a guardarsi intorno ed in pochissimo tempo è diventata la regina di Spagna e poi del sud America, ci hanno provato in tante dopo pensando fosse facile, ma no non era così era proprio lei che aveva ammaliato tutti.Verrai ricordata ed amata da tutti forse come per nessun altro personaggio dello star system, perché come te non ci sarà mai nessuno. Grazie per tutto l’amore e l’arte che ci hai dato, te ne saremo

Francesco Russo dal 14 Luglio su Netflix con “Classic Horror Story”

Francesco Russo, è un attore campano di Caserta, anche se lo scambiano spesso per napoletano, lui, ci tiene a precisare le sue vere origini. Non si può chiedere quando abbia capito che la sua vera passione era la recitazione, perché tutto ebbe inizio sin da bambino senza rendersene conto. All’inizio si è fatto conoscere al pubblico con “Classe Z” e “Tuttaposto”, ad oggi lo possiamo vedere nella sit-com “Ritoccati” in onda su SKY. Prossimamente sarà protagonista in L’Amica Geniale 2 su Rai 1 e in “A classic horror story” su Netflix a Luglio.

Quando hai capito di voler fare l’attore?

Ho iniziato a recitare totalmente per caso a cinque anni, anche perché in Campania ci sono tantissime compagnie amatoriali, e in quell’occasione per la rappresentazione della famosissima “Miseria e Nobiltà” cercavano un bambino e per combinazione lo scenografo che era amico di mia sorella che mi introdusse.

Ovviamente non sapevo ancora leggere, quindi le battute le imparavo a memoria con mia madre per gioco. Da quel momento non mi sono mai fermato.



Hai seguito qualche scuola in particolare?

Sin dai tempi del liceo dicevo a tutti che avrei fatto l’attore e che volevo fare l’accademia, infatti subito dopo mi son trasferito a Roma e son stato ammesso alla Silvio D’amico che ho frequentato per cinque anni.

Invece la tua vena comica è arrivata col mestiere o l’avevi già prima?

Io credo che noi tutti siamo la conseguenza delle esperienze che facciamo, e nel mio caso credo che sia arrivata totalmente in maniera involontaria. Ora che mi chiedi se ci ripenso ho trascorso la mia infanzia a guardare i film di Totò, quindi credo di aver assimilato.

E poi c’è ovviamente il cliché che se sei campano, fai anche ridere!



Qual è stato il primo lavoro in cui sei rimasto veramente soddisfatto di te stesso.

Senza ombra di dubbio quando all’età di quindici anni feci una tournee teatrale in giro per l’Italia con Gianfranco D’Angelo, cambiando piazza quasi ogni giorno, circondato da adulti mi sembrava davvero un sogno.

Cosa mi vuoi dirmi della tua esperienza con “Ritoccati”.

È stato bellissimo perché per me è stato un ritorno alla sit-com, con cui per altro avevo cominciato con Paolo Calabresi su RAI2 molti anni fa. Sono stato fortunato perché trattasi di lavoro molto diverso in quanto non basato su di una storia, a seconda della scena girata si racconta un frammento diverso di situazione che deve essere divertente solo in quello specifico frangente.



Il 14 Luglio uscirà “Classic Horror Story” su Netflix

Questo è un film che abbiamo girato l’anno scorso, in pochissimo tempo, solo cinque settimane, e che appunto debutterà su Netflix il 14 Luglio. Per la prima volta mi sono misurato in un genere così diverso e mai interpretato da me, insomma non ero abituato a dissanguamenti e protesi artificiali. Lavoro anche con un accento diverso, in quanto sono calabrese, e poi il sentimento della paura è difficile da trovare nelle sceneggiature.



Lorenzo Adorni: Maschile singolare

Ph: Lucia Iuorio

Styling: Luca Pisciottano

 Look: Valentino

 Grooming: Adelina Popa

Location: Hotel Valadier Roma

Special thanks Sonia Rondini


Chi è Lorenzo Adorni? Se non lo conoscete ancora preparatevi perché questo è il suo momento. Nato a Parma è il perfetto mix tra l’emiliano e il siciliano, come da origini famigliari, la passione per il cinema l’ha capita sin da subito ed ora i risultati stanno decisamente arrivando.

Lo possiamo vedere su Amazon Prime nell’attesissimo film che si colloca nel Pride Month “Maschile singolare”. Ma in questo momento si trova già a Torino per le riprese della seconda stagione di “Guida astrologica per cuori infranti” serie TV targata Netflix.

Facciamo un po’ di background, di dove sei?

Sono nato a Parma, da papà emiliano e mamma siciliana della zona del Trapanese, quindi da piccolo andavo a scuola e poi a giugno scappavo dai nonni e mi godevo il mare per tre mesi, insomma ho tutte e due le culture dentro di me.



Quando nasce la tua passione per la recitazione?

Posso dire proprio da piccolissimo, con la classica recita per la scuola, mi ero davvero divertito tantissimo, da lì ho coltivato il primo seme della passione per lo spettacolo. In casa si guardavano molti film e questo ha sicuramente contribuito, all’inizio volevo fare il regista ai tempi del liceo, e poi ho capito che in realtà volevo fare l’attore. Ho iniziato l’università per poi proseguire con gli studi della recitazione a Milano, ma ovviamente il miraggio era la capitale del cinema, ovvero Roma.

In quale momento ti sei reso conto che il percorso che stavi facendo era quello giusto?

Sicuramente è stato il primo lavoro che mi sono procurato appena entrato in agenzia ovvero “Il cacciatore” per RAI2 dove interpretavo Matteo Messina Denaro, che mi ha portato a lavorare in Sicilia proprio nella zona di Castelvetrano che alla fine è dove ci sono parte delle mie origini.

Mi sento ancora in una fase talmente embrionale che ogni passo è un traguardo, come il ruolo da protagonista nella serie di Netflix.



È appena uscito su Amazon Prime Video “Maschile Singolare” che cosa mi dici di questo film tanto atteso.

Devo dire che siamo tutti molto contenti del consenso di pubblico che stiamo riscuotendo, e soprattutto per i range di età molto diverse che sta riuscendo ad abbracciare. Amazon lo ha spinto molto soprattutto per che giugno è proprio il mese dell’orgoglio omosessuale “Pride Month”, quindi come comunicazione è come si suol dire il momento giusto.

Posso dire che è una storia molto semplice, senza nessun tipo di arzigogoli strani per fare autorialità e basta, la volontà è quella di raccontare una storia quotidiana, raccontata tramite un protagonista che è Giancarlo Commare ed il mondo che gira intorno a lui in un percorso di formazione. La cosa assurda è che abbiamo girato in ventun giorni con una accuratezza rara e portando a casa un risultato più che soddisfacente. 

Abbiamo finito di girare dieci giorni prima della pandemia, poi la gestazione è stata lunga per scegliere la programmazione.

Ora però sei partenza per Torino, cosa vai a fare al nord?

Stiamo per iniziare a girare la seconda stagione di “Guida astrologica per cuori infranti” una produzione Netflix di cui sono protagonista, per i dettagli però bisogna attendere, per il momento non posso aggiungere altro.



Stefano Malchiodi e Domenico Croce, ecco i vincitori del David di Donatello 2021 per il migliore cortometraggio: “Anne”

Quest’anno ai David di Donatello 2021 ad aggiudicarsi la tanto desiderata statuetta come miglior cortometraggio sono stati due giovani registi Stefano Malchiodi e Domenico Croce, altri due talenti plasmati dal Centro Sperimentale di Roma. In un’edizione ovviamente diversa dal solito a causa del distanziamento sociale che ci impone la pandemia, hanno trovato il modo di emergere con un progetto degno di nota, ricco di dettagli che sapientemente hanno aggiunto il carattere che li ha portati al trionfo. Ecco cosa ci ha raccontato Stefano.



Eravate presenti alla cerimonia dei David?

Sì, assolutamente eravamo in sala, nello studio televisivo, in quanto una parte degli invitati erano nel teatro dell’opera per un a questione di capienza delle sale.



Come ci si sente a ricevere il premio più ambito del nostro paese?

La prima reazione è stata quella dell’incredulità, quando si vincono premi così grossi per due ragazzi appena usciti dalla scuola ed autoprodotti, la sensazione è davvero immensa. È la storia di studenti cresciuti insieme, ed indipendenti, ecco una bella differenza dagli altri candidati.

Come nasce l’idea di Anne?

La storia di Anne, l’avevo trovata sul web diversi anni prima, e la verità è che mi rimase così impressa in quanto quasi surreale, e l’idea di poterne far qualcosa in futuro mi ha sempre accompagnato. Ovviamente quando ho iniziato la scrittura mi son dovuto andare ad informare meglio sul dettaglio anche perché volevo essere fedele il più possibile alla storia reale. Distinguendo ciò che fosse realtà o mistificazione. Questa è una storia realmente accaduta.

A cosa si lega la grafica del vostro cortometraggio?

La scelta è molto legata al tipo di storia, e a noi interessava giocare con i due piani della realtà e del racconto. Ovvero, gli incubi del bambino, con la grafica che a livello istintuale ti porta a collegarlo a delle immagini molto realistiche. Per noi è stato anche un modo di porre lo spettatore a scegliere quale fosse il piano di riferimento a cui fare fede.

Avete anche scelto la lingua inglese, dimmi perché.

Questo semplicemente per una questione di fedeltà alla storia, in quanto il protagonista era un ragazzo americano e ci interessava essere rispettosi nei suoi confronti.

Lo avete portato in giro per svariati Festival prima di arrivare ai David?

Sì, il primo è stato il “Giffoni Film Festival”, appena terminato il lavoro nel 2019 nella sezione Parental Experience, poi il “Cortinametraggio” dove abbiamo vinto tre premi, tra cui il Cinema RaiPlay, infitti è visibile proprio li il nostro corto, e poi un altro premio che ci porterà nelle sale cinematografiche in visione prima di altri film, insomma non potevamo chiedere di meglio.

Gian Franco Rodriguez, quando i sogni diventano realtà

Gian Franco Rodriguez, non lo conoscevamo ancora, ma adesso con il successo mondiale della attesissima serie TV targata Netflix “Halston” abbiamo potuto apprezzarlo in una performance da Oscar. Lui interpreta Victor Hugo, prima vetrinista e poi artista della gang di Andy Warhol. È fidanzato decisamente fuori controllo per l’appunto dello stilista più controverso made in USA che in pochi anni ha visto l’ascesa al successo ed il crollo nel baratro in maniera burrascosa.

Ma ora scopriamo chi è Gian Franco e le sue radici Italiane.



Conoscevi già la storia di Halston?

Purtroppo, no, Halston è morto nello stesso anno in cui nascevo io in Venezuela nel 1990, non ho avuto modo di scoprire la sua storia fino a quando ho letto il copione. Inoltre, la sua storia è molto conosciuta negli Stati Uniti e io sono cresciuto in Venezuela, solo nel momento in cui ho saputo di avere un’audizione per il progetto, mi sono informato in tutti i modi possibili, vedendo interviste e documentari.



Hai fatto molti provini per arrivare ad avere il ruolo?

Sì, davvero tanti, ma la cosa più bella è stata che nel momento in cui son stato confermato, il regista ci ha fornito un sacco di materiale inedito per poter studiare al meglio i personaggi che alla fine nessuno di noi conosceva. Ho avuto anche l’opportunità di conoscere un amico di Victor al quale ho potuto fare tantissime domande che solo lui che lo aveva frequentato poteva saper rispondere.

Siete al TOP10 in Italia e in molti paesi del mondo, ve lo aspettavate.

Sinceramente non ci ho pensato in quel momento, volevo solo fare il meglio che potessi perché ero super felice di farne parte. Mi sono catapultato nel personaggio al punto di non utilizzare i social per un anno e mezzo, volevo solo pensare al mondo di Halston.

Siamo anche stati interrotti dalla pandemia, avevamo iniziato le riprese a febbraio 2020 per poi fermarci a marzo e riprendere a settembre. Non è stato facile come per nessuno quel periodo.

Parlami delle tue origini italiane.

I miei nonni sono Siciliani di Milazzo, sono partiti negli anni 50’ quando nella bellissima Trinacria era difficile trovare lavoro alla volta del Venezuela nella speranza di una vita migliore. Ho anche voluto imparare bene la lingua e nel 2004 son venuto in Italia per studiare l’italiano per sei mesi.



Sei nato in Venezuela e quando hai deciso di venire a vivere in USA.

Sono venuto con mia sorella negli Stati Uniti nel 2010, ho sempre amato recitare, ma venendo da un piccolo paesino del Venezuela non è un qualcosa che puoi pensare possa diventare un mestiere, è talmente distante da qualsiasi realtà che ti circonda che sembra impossibile. Poi mi è successo di trovare una scuola di recitazione ed ho capito che c’era un mondo che mi stava aspettando.

Ora ti dividi tra New York e Los Angeles?

Quando mi son trasferito in USA son stato per molti anni a L.A. poi nel 2019 ho pensato di cambiare un pochino le cose e di trasferirmi a NY e vedere come sarebbero andati i casting per me nella grande mela. Le opportunità sono arrivate dopo pochi mesi, avevo il mio ruolo in Halston. 

So che hai una storia curiosa sul tuo primo provino.

Direi proprio di si, in quanto ero stato chiamato per il ruolo di un italiano, ma era talmente piccolo che alla fine del montaggio non esisteva nemmeno più, avevo visto la lista dei personaggi che erano richiesti, e con un venezuelano totalmente pazzo di mezzo mi son detto, voglio essere lui. Così il giorno dell’audizione quando mi hanno chiesto quale personaggio volessi leggere la mia risposta è stata rapida: Victor.



Ti sei trasformato per il ruolo di Victor.

Diciamo che i baffi sono i miei, con qualche piccola aggiunta per avere la forma esatta, invece i capelli hanno dovuto rasarli in quanto le scene non erano girate con la stessa sequenza della serie, quindi era molto più comodo mettere le parrucche.

La scelta di perdere peso è stata una mia scelta per essere il più possibile simile a Victor. Devo anche dire che il regista Daniel Minham ha voluto che fossimo come una famiglia, anche nel weekend quando non giravamo ci invitava sempre a casa sua per farci vivere più momenti insieme.



Qual è il tuo motto.

Penso che si debba sempre sognare in grande nella vita, anche se le persone intorno a te non lo hanno mai fatto, devi farlo a qualsiasi costo.

David di Donatello 2021

Sono andati in onda su RAI 1 ieri sera i David di Donatello, in un format tutto nuovo a causa della pandemia che continua ad obbligarci a distanziamenti di sicurezza. Infatti, la prima serata condotta da Carlo Conti è stata trasmessa dagli Studi Rai del Nomentano 5 con alcuni ospiti in sala e la restante parte dal Teatro dell’Opera di Roma affacciati alle balconate. Strano ma suggestivo.

Indubbiamente la regina della serata è stata Sophia Loren, che ha vinto il premio come miglior attrice nel film del figlio Edoardo Ponti “La vita davanti a sé”. L’abbiamo vista decisamente più affaticata del solito, ma c’è poco da fare lei è il nostro patrimonio nazionale, sicuramente non le è mancata l’ironia e la commozione.

Una vera sorpresa è stata quella della miglior canzone vincitrice, ovvero l’Italia in questo momento ha un brano ascoltato in tutto il mondo grazie alla candidatura all’oscar di Laura Pausini con la sua “io sì”, ed anche ai David di Donatello era in lizza, infatti ha atteso emozionata in prima fila, invece la statuetta è andata a Checco Zalone, che attendeva collegato comodamente da casa sua, ed ha vinto con “Immigrato” colonna sonora del film campione di incassi “Tolo Tolo”.

Ora è vero che l’Italia fa sempre fatica a premiare la comicità, ma in questo caso non sono d’accordo nella maniera più assoluta.

Un grande momento di commozione è sicuramente stato il ricordo al grande Gigi Proietti, che è stato ovviamente celebrato dal suo allievo più noto, Enrico Brignano, che ha profuso la platea di occhi lucidi, l’amore del pubblico lo porterà sempre nei propri cuori.

Ci saremmo forse aspettati più premi per il film che ripercorre la vita di uno dei più grandi statisti italiani, Bettino Craxi con “Hamamet” con una strabiliante interpretazione di Pierfrancesco Favino, invece no, il pluripremiato è stato “Volevo nascondermi”, con Elio Germano sulla storia di Ligabue.

Tahar Rahim: il vero fuoriclasse del cinema francese

Tahar Rahim, è un attore francese di origine algerina e possiamo dire tranquillamente che sta vivendo un momento d’oro della sua carriera artistica. È da poco stato nominato dalla stampa straniera ad un Golden Globe per sua magistrale interpretazione in “The Mauritian”, la vera storia tratta dal libro “Guantanámo Diary”. Al suo fianco nel film nientemeno che Jodie Foster. Ci racconta l’emozione di trovarsi sul set con una Oscar & Golden Globe winner. Il film uscirà a breve anche in Italia. Su Netflix, lo troviamo classificato ai primi posti con “The Serpent”, miniserie televisiva che racconta le rocambolesche avventure di Charles Sobhraj serial killer che ha operato negli anni 70’ nel triangolo d’oro della droga nonché crocevia degli hippie. La sua trasformazione per entrare nei panni del personaggio è davvero strabiliante, un vero fuoriclasse.

Come ci si sente ad essere nominati ad un Golden Globe come miglior attore per “The Mauritian”, in un film con Jodie Foster?

Che ti posso dire ci sente al settimo cielo al punto di dirmi che è incredibile. Quando sei un attore della mia generazione e sei cresciuto con i suoi film è quasi un sogno, ho dei ricordi vividi, di me, che vado al cinema a vedere “Contact” o “Il silenzio degli innocenti”, è una vera leggenda. Non ti nascondo che la prima volta che mi sono ritrovato davanti a lei ero quasi intimorito, ma dopo pochi secondi Jodie riesce a metterti a tuo agio e rilassato al punto da dimenticare quasi chi rappresenta.



Non è ancora uscito in Italia “The Mauritian”, perché raccomanderesti al pubblico di vedere il tuo film?

È una storia davvero molto importante che ha bisogno di essere raccontata, perché è una storia che parla di libertà, delle dure regole della legge e di umanità, la storia di un uomo che è stato imprigionato a Guantanámo Bay per quattordici lunghi anni senza neanche un capo d’accusa contro di lui. Mohamedou Ould Slah è passato attraverso un vero inferno in carcere quando è uscito come uomo libero ha voluto perdonare tutti, questo significa raggiungere un livello di perdono che va al di la di ogni immaginazione, una vera dimostrazione di anima pura e bellissima.



Devo citare una tua battuta del film “Come hai imparato il tuo inglese” visto che è impeccabile e senza nessun accento francese.

La verità? È che ho dovuto lavorare duramente, ho sempre amato la lingua inglese sin da bambino, ma quando mi hanno offerto la parte di Ali Soufan in “The Looming Tower”, sapevo di dover interpretare un cittadino americano, quindi sapevo che non avrei potuto sbagliare con piccole sbavature che non avrebbero convinto produttori o pubblico. Così mi sono preso un coach per quattro ore al giorno per tre mesi e quando ho iniziato a girare a New York, ho richiesto anche un coach sul set per essere sempre sicuro al cento per cento. Ancora adesso ho due lezioni alla settimana.

Oliver Stone ti ha dedicato un post su instagram, ed ha anche puntato il dito all’Accademy Awards per non aver menzionato neanche una categoria del tuo film per gli Oscar, intendendo che forse non sarebbe stata buona pubblicità per gli Stati Uniti.

Sinceramente quando me lo hanno detto non ci potevo credere che Mr. Stone avesse fatto un post su me e sul film, non possiamo certo dire che il cinema americano non è in grado di criticare la propria società, questa è la visione di Oliver Stone, io sto appena scoprendo come si muovono le carte in U.S.A.

Conoscevi già la storia di “The Serpent” prima di interpretare il protagonista nella miniserie per Netflix, in Italia non era così nota alle cronache forse perché francese.

La conoscevo ma non perché sono francese in quanto nessuno dei miei amici se la ricordava, ma avendo due fratelli maggiori un giorno ho trovato il libro sulla storia di Charles Sobhraj in camera da letto e sono rimasto affascinato dalla sinopsi. Avevo sedici anni e volevo già fare l’attore, solo che in quel momento non capivo il reale orrore che si nascondesse dietro quell’uomo, però mi ero immaginato di interpretarlo. Quando nel 2001 ho scoperto che Benicio Del Toro stava per iniziare le riprese del film su questa storia ero rimasto deluso, poi invece non lo hanno più fatto. Poi esattamente vent’anni dopo ho ricevuto una mail dal mio agente che mi diceva che avrei interpretato un serial killer, e poi ho capito che era proprio lui. La vita è incredibile. È un po’ come se il destino mi avesse mandato questo ruolo.


Pensi che quando riapriranno anche in Francia i cinema la gente tornerà a comprare i biglietti come prima o rimarrà fedele allo streaming?

Ci sarà la bella stagione in quanto stiamo per andare incontro all’estate e forse la gente vorrà stare all’aperto, però se posso permettermi di dire una cosa, noi umani siamo portati a dimenticare, quando sarà tutto finito vorremo solo tornare alla normalità, e quindi anche ad andare al cinema.

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Dalla carriera da Atleta agli impatti Sociali: Federico Lazzerini, ecco il nuovo libro per Mondadori.

Mister “Forbes” è un imprenditore che si è fatto da solo. Estroverso, espansivo ma anche un po’ egocentrico: un solista. Quattro sono i pilastri della sua vita: il lavoro, la famiglia, il mondo del calcio e soprattutto il sociale. Tutto è iniziato poco più di 10 anni fa, adesso Federico Lazzerini controlla svariati brand che impattano con milioni di utenti e ha appena scritto un libro per Mondadori. 



Pietrasanta è uno dei tanti piccoli comuni della Versilia. Qui hanno vissuto e lavorato Moore e Mirò, Pomodoro e Folon, Mitoraj, Michele Cascella, Botero e Giosuè Carducci. Negli ultimi anni però Pietrasanta è diventata nota per un altro motivo. Qui da una famiglia di artigiani è nato nel 1991 Federico Lazzerini. Ovvero l’esperto di Marketing, inserito nella celebre classifica di Forbes, tra i 30 under 30 che cambieranno l’economia. Federico è un imprenditore anomalo, difficile da catalogare. Nasce come CMO (Chief Marketing Officer), ma nel corso degli anni ha alternato il ruolo da consulente per brand e aziende digitali, a quello da Startupper. Tutto è iniziato poco più di 10 anni fa. Tra il 2008 e il 2009, quando Lazzerini era un campione di Atletica Leggera e per attrarre nuovi sponsor testava strategie di Personal Branding e Marketing, “fai da te”. Adesso Lazzerini controlla una fortuna che vale 5 continenti, ed è Colors For Peace, oltre alle sue aziende Vatican Media, l’agenzia di Marketing digitale. Per questo Forbes, il celebre colosso americano di economia, l’ha inserito nel 2020 nella classifica dei giovani che cambieranno l’economia. 

Federico Lazzerini è papà di una bambina di 4 anni e mezzo, nata nel 2017. Una delle sue grandi passioni sono i tattoo e il senso estetico. Sul polso sinistro ha la scritta “Yolo” significa «tu vivi solo una volta», slogan che racchiude la sua visione della vita professionale che gli ha permesso di sfatare preconcetti, infrangere tabù e creare un personaggio che va in controtendenza rispetto agli Under 30 Italiani, mammoni e con il sogno del posto fisso. 



Disruption Marketing, edito da Mondadori uscirà Martedì 27 Aprile

Come ripensare il concetto di brand e farlo evolvere fino alla costruzione di un’identità personale? Come creare contenuti da urlo per la comunicazione sulle principali piattaforme, guardando al proprio prodotto con le lenti del marketing digitale? Come scrivere un copy perfetto, e come convertire le strategie di posizionamento e branding in vere e proprie vendite? 

Dove investire per ottenere i risultati migliori? Lazzerini include queste e tante altre domande nel libro, sottolineando gli errori da non commettere e i principi cardine per costruire una cultura di business vincente. Le aziende del futuro non sono quelle che adottano la migliore tecnologia, ma quelle che si pongono le domande più innovative. 



Disruption Marketing è un manuale con un modello operativo chiaro e alcuni dei suoi case-history, che incoraggiano chiunque abbia un’idea di business in mente a trovare la sua strada e anche chi può aiutarlo, con una chiave colloquiale pratica e pragmatica, proprio com’è l’autore Toscano. 

“Le occasioni sono per chi non ha paura di cambiare e pensare in grande, perché se hai un’idea, un progetto, un sogno, ma poi non si è abbastanza determinati da seguirli, non serve a nulla averli”.



Lucca De Oliveira, da non perdere su RAI 2 nella nuova serie TV Clarice

Photographer: Trevor Godinho 
Styling: Kirsten Reader
Styling Assistant: Jennifer Choy
Grooming: Cassandra Kehren (Plutino Group)

È arrivata l’attesissima serie tv “Clarice”, sequel del celebre film “Il silenzio degli Innocenti”, il primo episodio andato in onda venerdì 9 aprile, in esclusiva su Rai2. A trent’anni dall’uscita della pellicola che ha segnato la storia del cinema, la serie tv prodotta dalla MGM Television è stata trasmessa per la prima volta su CBS giovedì 11 febbraio negli Stati Uniti. Ora vedremo come accoglierà questo attesissimo sequel il pubblico italiano, ne abbiamo parlato con Lucca De Oliveira uno dei protagonisti che stiamo per conoscere.


Blazer & Sweater, CHRISTOPHER BATES
Jeans, LEVI’S
jewelry, Lucca’s own

Allora dimmi sei un Newyorkese?

Nato e cresciuto nella grande mela, ma ora vivo a Los Angeles, solo ed esclusivamente per lavoro, molto probabilmente mi trasferirò nuovamente a New York mi manca troppo quel posto.

Quando sei della east-coast è molto difficile adattarsi alla vita sulla west-coast, c’è tantissima natura ed è bellissimo ma non è il m io ritmo tutto li.


Suit, CHRISTOPHER BATES
Shirt, 18 WAITS
Ring, Lucca’s own

Hai sempre sognato di fare l’attore?

Si, assolutamente sin da quando ero bambino, credo i primi ricordi risalgano a quando avevo otto anni, sul palco o sul set era l’unico posto dove volevo essere.

Ho sempre fatto tutto ciò che mi era possibile per poter far in modo che le cose succedessero in questo senso nella mia vita.

Quando hai capito che era la scelta giusta il mestiere che ti eri scelto, e se hai un ricordo specifico.

Sicuramente è stato quando stavo lavorando sul set di “The Punisher” 

con Jon Bernthal per la serie TV di Netflix, posso dire davvero che è stata un’esperienza quasi surreale, anche perché era uno dei miei primi lavori ed ero giovanissimo, lo sono ancora ma al tempo lo ero anche di più.

Mi ha insegnato molto dandomi consigli che tutt’oggi sfrutto al massimo, ed è sicuramente stato il momento in cui mi son detto, questo è definitivamente quello che voglio fare per il resto della mia vita.



Parlami di Clarice, che è già in onda da febbraio negli Stati Uniti che risposta avete avuto dal pubblico?

Esatto abbiamo iniziato a febbraio, ed ora abbiamo fatto una piccola pausa per tornare in onda a maggio.

Sono tredici episodi ed i produttori hanno scelto di non farli uscire tutti insieme, anche perché dobbiamo finire di girare l’ultima puntata.

Abbiamo davvero dei fans super affezionati alla storia anche se poi il pubblico parte dai tredici anni in su, quindi non erano nemmeno nati quando uscì il film al cinema.



Raccontami del tuo personaggio nella serie.

È molto interessante perché è un ex combattente “Sniper” che cambia lavoro e diventa un agente del FBI entrando a far parte della squadra di Clarice Sterling. La cosa interessante è proprio il loro stretto rapporto in quanto per lui si ritrova in un mondo totalmente nuovo rispetto a prima.


“The Silence Is Over”– CLARICE, from acclaimed executive producers Alex Kurtzman and Jenny Lumet, and starring Rebecca Breeds (“Pretty Little Liars”) in the title role, is a deep dive into the untold personal story of FBI Agent Clarice Starling as she returns to the field in 1993, one year after the events of “The Silence of the Lambs.” Brilliant and vulnerable, Clarice’s bravery gives her an inner light that draws monsters and madmen to her. However, her complex psychological makeup that comes from a challenging childhood empowers her to begin to find her voice while working in a man’s world, as well as escape the family secrets that have haunted her throughout her life. Series premieres Thurs. Feb. 11 (10:00-11:00 PM, ET/PT) on the CBS Television Network. Pictured (L-R) Lucca de Oliveira as Tomas Esquivel and Rebecca Breeds as Clarice Starling Photo: Brooke Palmer ©2020 CBS Broadcasting Inc. All Rights Reserved

Com’è la situazione casting a Los Angeles, ci sono sempre i self-tape o siete tornati alla normalità?

Ora sono a NYC in questi giorni, e l’ultimo provino l’ho fatto due settimane fa ed era sempre su zoom, e per quel che ne so io, fino all’ultimo provino o anche alla prima lettura del copione al tavolo con tutto il cast è ancora sempre e solo a distanza.


Coat, MY COAT IS BLUE

Come è cambiata la tua vita con il COVID in giro?

Beh, è cambiata parecchio, a me personalmente è sempre piaciuto da stare a casa, però così senza la possibilità di vedere nessuno è davvero durissima. Ti senti strano ad andare al supermercato e quindi ordini più delivery del solito e poi il non poter andare in palestra per me è davvero deleterio. E poi con la produzione che è durata sette mesi abbiamo dovuto vivere un lock-down ancora più severo per non correre il rischio di contagiarsi e bloccare il lavoro a tutti.

Lady Gucci: la storia di Patrizia Reggiani

Lady Gucci – La storia di Patrizia Reggiani, il docu-film disponibile ora sulla nuova piattaforma Discovery Plus, che anticipa il film sulla storia dell’omicidio di Maurizio Gucci che sarà diretto da Ridley Scott ed interpretato nientemeno che da Lady Gaga.

L’idea nasce da due intraprendenti autrici Marina Loi e Flavia Triggiani, che si mettono in testa e portano a termine in un’avventura quasi tutta al femminile una lunga intervista proprio con lei, la signora Reggiani, che tutt’ora si definisce Patrizia Gucci.

Una storia che per dettagli e glamour anche sulla carta sembrerebbe la sceneggiatura di un film.

Per capire meglio chi è Patrizia Reggiani ecco cosa mi ha raccontato Marina Loi.



È stato facile convincere la signora Reggiani nel progetto.

Nonostante come si evinca dal docu-film, Patrizia sia molto a suo agio, o come magari si possa pensare sia effettivamente una persona dalla spiccata personalità narcisistica, non è stato assolutamente facile convincerla, anzi è stato un lavoro complesso.

Devo fare un passo indietro ed ammettere che la mia amica e collega Flavia Triggiani è stata come un ariete nel perseguire questa esclusiva, in quanto aveva magari rilasciato interviste anni addietro ma mai come questa volta.



Guardando il film salta all’occhio come non provi senso di rimorso nel raccontare la storia.

Bisogna precisare per chi non conoscesse la storia che la signora Reggiani è stata la moglie del terzo discendente della storica casa di moda Gucci, per cui secondo la legge italiana è stata condannata come mandante.

Lei ha una versione differente, nel senso che è cosciente di avere scatenato i fatti che si sono succeduti di cui poi è anche stata ricattata, ma si ferma li.

Sembra quasi fanciullesca nel ripetere che l’unico uomo che ha amato è Maurizio Gucci.

Posso confermarti di avere trascorso più giorni con Patrizia per quella che è stata molto più che un’intervista, ed anche al di fuori del set lo ripete molto spesso. Credo che sia legato al fatto che lei è rimasta la bambina che sognava di sposare un principe azzurro ed è riuscita nel suo intento.



Quale legame c’era sinceramente con Pina Auriemma, due donne così differenti diventate confidenti.

Nella New York degli anni 80’ i Gucci venivano definiti la coppia più bella del mondo, frequentavano Trump e tutta l’alta società frequentava il loro Penthouse sulla Fifth Avenue, forse proprio l’essere eclettica e la voglia di normalità l’ha avvicinata a Pina.

Nel film non si parla del rapporto con le figlie che abbiamo visto essere al suo fianco al funerale.

Non ha più nessun rapporto con le figlie, dal punto di vista consanguineo, Patrizia è completamente sola, quella di non parlarne è stata più una nostra scelta in quanto vi è una causa in corso.

Ovvero Maurizio Gucci in fase di divorzio aveva concesso un vitalizio pari ad un milione di euro l’anno, vi è stata la cassazione e parrebbe che le figlie debbano riconoscerlo con tutti gli arretrati, il che è davvero una contraddizione.



È stata bravissima a ricevere regali però.

Essi, anche la penthouse glielo ha regalato il padre di Maurizio in un secondo tempo, quando lei ha conosciuto il suo futuro marito era solo un rampollo della famiglia Gucci, ma è stata lei ad accogliere lui nella casa di famiglia in quanto lei era di per sé benestante ed allo stesso tempo lungimirante nella sua voglia di crescere nella scala sociale.

Così come le era stato regalato lo yacht più bello e maledetto al mondo ovvero il Creole, però erano tutti regali senza documenti e firme e così nel divorzio lei rimase senza nulla.


Teaser del docu-film LADY GUCCI

Il più eclettico tra gli eclettici: Saturnino

Saturnino Celani, è un vero artista a 360°, istrionico bassista, compositore ed anche designer della sua collezione di occhiali, trade mark che lo rende unico.

La sua amicizia nonché sodalizio artistico con Lorenzo Jovanotti proprio quest’anno compie trent’anni di musica e divertimento in giro per il mondo.



Un musicista come te ha suonato a Capodanno?

Beh, non esattamente, però ho suonato la mia chitarra classica sul divano di casa attenendomi alle regole imposte da DPCM, però devo ammettere che non è stato male perché quando non suono va benissimo così.

Non l’ho mai vista come una festa in cui bisogna divertirsi per forza, son stato bene anche con la mia Bulldoggina.



Quando è nata la tua passione per la musica?

In realtà da quando è arrivata la percezione del suono quindi credo intorno ai quattro/cinque anni, appena sentivo la musica iniziavo a ballare, ed il mio pubblico erano la mia sorella maggiore ed i miei genitori, quindi ho iniziato sin da subito.

Non hop fatto altro che perseguire quella che era la mia passione.

Parlami del tuo incontro con Lorenzo Jovanotti.

È avvenuto a Milano nel 1991, infatti proprio quest’anno festeggiamo trent’anni di amicizia, fratellanza e collaborazione.



Quanto ti manca suonare con il pubblico davanti?

Davvero indescrivibile da raccontare, mi manca come l’aria, è una sensazione di cui non ci si stanca mai, ti dirò che essendo un fruitore di musica, mi manca allo stesso modo l’andare ai concerti, quindi davvero speriamo di poter tornare il più presto possibile ad una vita normale.

Invece dimmi della tua passione per gli occhiali?

Esattamente così, nel senso che non è diventato un vero lavoro, rimane una mia grande passione, in quanto io ho iniziato ad indossarli anche quando non avevo bisogno, solo con lenti trasparenti, per darmi una di carattere in più.

Poi è successo che ne avevo rotto un paio a cui tenevo moltissimo, e l’ottico che mi seguiva mia ha proposto farne io una linea visto che tanto non ce ne era mai nessuno che andasse bene e volevo sempre quel dettaglio che mancava.



I primi son stati solo cento pezzi che abbiamo venduto solo da lui e poi piano piano siamo diventati una piccola realtà.

Con molte difficoltà ma ad oggi realizzare qualsiasi cosa è estremamente difficile.

Sei molto attivo sui social, lo sei sempre stato oppure è un effetto del lock down?

Lo sono sempre stato poi sicuramente si è amplificato con il lock-down, quindi non ho fatto altro che trovarmi pronto, e poi oltre che dal punto di vista artistico è stato fondamentale per quello umano.

Son riuscito anche ad insegnare a mia madre a fare le video chiamate, che son diventate una consuetudine ed è davvero stupendo.

Con tutte le difficoltà del caso con l’inquadratura della telecamera, che nonostante siano lucidissimi i miei, mancano di dimestichezza con IPAD, ma son migliorati.



Dimmi dei tuoi nuovi brani usciti alla fine dell’anno

Il primo è una collaborazione con un’artista indipendente di Bassano che si chiama Piol, il pezzo si intitola “Sotto il portone”, me lo aveva mandato tempo fa, però abbiamo scelto di farlo uscire sotto Natale con l’anteprima su Radio Italia.

L’altro invece è un progetto fatto con Tato di Radio Deejay,con lo pseudonimo SATUHOUSE GANG, ed è un collettivo di cinque persone che hanno tutte registrato rigorosamente singolarmente da casa e mixato da un nostro amico di New York, forse sarà il primo di una lunga serie, cambiando i personaggi.

Edoardo Purgatori, baciato dalla dea fortuna è diventato papà

Edoardo Purgatori, figlio d’arte, nome prezioso per il teatro italiano, da un po’ di tempo oramai legato al grande maestro con cui tutti vorrebbero lavorare ovvero Ferzan Ozpetek. Infatti, tutto ebbe inizio con “La dea fortuna” lo scorso anno, subito dopo è stato chiamato per la messa in scena a teatro di “Mine vaganti”, poi bruscamente interrotta dal lockdown. Ora lo vediamo nello spot Unicredit sempre sotto la regia di Ferzan, con gli auguri di Natale che l’azienda vuole porgere ai suoi clienti.


Ph: Davide Musto


Quando c’è stato il primo lockdown tu dov’eri?

Ero in scena con “Mine Vaganti” di Ferzan Ozpeteck ed avevamo appena terminato Roma e dovevamo partire per Salerno, questo era il giovedì, e poi il sabato l’Italia ha chiuso ed è oramai storia della nostra vita.

E tu personalmente come lo hai vissuto quel periodo?

Essendo un attore sono abbastanza abituato ai tempi morti, quindi forse più facilitato rispetto ad altri, in più arrivavo da tre mesi tournee quindi l’ho vissuto bene, e poi ero con mia moglie a casa.



Però la vera novità qual è?

Beh, che proprio all’inizio di questo funesto 2020, mia moglie mi ha dato la notizia di essere incinta, infatti ero anche turbato all’idea di lasciarla da sola per tanto tempo. Così diciamo che ho avuto tutto il tempo necessario per preparare la stanza del piccolo che nel frattempo è arrivato e ci ha travolti in un fiume d’amore.


Ph: Davide Musto


Possiamo dire che oramai il tuo nome è legato a quello di Ferzan?

Per me già solo il fatto che tu me lo stia dicendo, mi fa commuovere dalla gioia; posso dirti che quasi mi do i pizzicotti per capire se è reale quello mi sta succedendo professionalmente con lui, ho trentun anni e sono cresciuto con i suoi film. Ha promosso una generazione di attori che stimo alla follia. Quando eravamo sul set di “La dea fortuna”, mi prendeva anche in giro dicendomi che non ero credibile come omosessuale, e nella mia testa girava quella vocina: ”oddio adesso mi caccia”.

Poi è arrivato il teatro..

Esattamente dopo la promozione del film mi è arrivata la telefonata per la tournee di “Mine Vaganti”, che è stato sold out immediatamente, e siccome siamo stati interrotti, riprenderemo non appena possibile, nel frattempo è in onda il nuovo spot di Unicredit per gli auguri di Natale, sempre per la regia di Ferzan, che rientra nella categoria di short film per la pubblicità, infatti sono sei minuti di racconto.

Il momento più divertente sul set dello spot?

Ovviamente girare è sempre difficile con una pandemia e devo dire che avevamo quasi cento, comparse tutte con mascherina. Poi a un certo punto una voce diceva:” togliete le mascherine è tutto finito, siate felici”. Per quanto surreale oramai è così, anzi mi fa strano guardare un film con tante persone insieme nella stessa scena e non dirmi che stranezza che non siano distanziati e con mascherina.

Com’è essere papà in un periodo come questo?

Devo dire che son stato tranquillo fino ad una settimana prima che nascesse, poi è arrivata l’ansia, ma l’aiuto di mia moglie è stato fondamentale ricordandomi che stavo diventando come mio padre, che io ho soprannominato” Ansio”, ecco, mi son dato una calmata. Ed ora faccio la cosa più bella del mondo, il padre.

New Faces: Giancarlo Commare

Giancarlo Commare, protagonista di fiction di successo targate Netflix come “Skam” o “Il paradiso delle signore”, il daytime di RAI1, arrivato dalla Sicilia per lasciare il segno, si racconta con le sue esperienze ed i suoi sogni. Conosce molto bene l’arte, in quanto la pratica e la conosce in tutte le sue forme; infatti, oltre a recitare è stato anche un ballerino a livello agonistico, e poi cantante, su cui ci sta lavorando.




In questi ultimi anni sei ovunque, non puoi lamentarti, che esperienza è stata Skam per te?

È stata un’esperienza al di fuori dell’ordinario, in quanto ho fatto i provini una settimana prima che cominciassero le riprese. Ero totalmente all’oscuro di questo mondo e non sapevo assolutamente a cosa sarei andato incontro, poi il call back, e mi son buttato a capofitto studiando tutto l’universo che lo circondava.

Ti ci sei ritrovato nel tuo personaggio?

Personalmente come Giancarlo nei panni di Edoardo assolutamente no, anche se poi nella terza stagione si è avvicinato al mio mondo, potrei dire che si è formato in corso d’opera come un vero work in progress. E poi è inutile dire quanto ci siamo trovati bene ed affiatatati con tutto il cast.



Ti ha fatto diventare un “istant Icon” dopo l’uscita della serie possiamo dire.

Diciamo che lo dite voi giornalisti, perché non l’ho ancora capito esattamente che cosa vuol dire. Certo ho visto una crescita esponenziale su Instagram, ed è stata una totale sorpresa per me.

Invece con un lavoro completamente diverso che è quello del “Paradiso delle signore” come ti trovi?

Mi diverto tantissimo perché il personaggio è super divertente, e come ho detto altre volte ho preso spunto da mio nonno, anche se lui non è così ignorante, però è goffo e viene dalla campagna, insomma ho trovato delle affinità e mi ci sono davvero affezionato tantissimo. E poi lavorare tutti i giorni con le stesse persone è come essere in famiglia ed in più professionalmente parlando è un’immensa palestra, perché ci si ritrova davanti alla macchina da presa quotidianamente. L’elemento che mi ha spaventato di più all’inizio era la quantità di scene che bisognava girare al giorno e senza margine di errore perché i tempi sono serrati, insomma una macchina da guerra.



Sei un attore direi quasi di formazione Americana, in quanto balli, canti, reciti, quale passione è arrivata per prima?

Il primo amore in assoluto è la recitazione, in quanto l’ho scoperta veramente da piccolissimo mentre facevo una recita natalizia, che all’inizio non volevo nemmeno fare, ed invece la sera stessa ho detto a mia madre che avrei voluto fare proprio quello da grande. Poi negli anni è arrivata la danza, che mi ha anche fatto accantonare la recitazione ad un certo punto poiché avevo intrapreso un percorso agonistico con buoni risultati nell’ambito del hip-hop, del funky e dei balli di coppia latino-americani. Ammetto di non essere un cantante perché in famiglia c’è mia sorella che è bravissima, però canto da attore se mi preparo.

Che rapporto hai con i social? Vedo che hai un ottimo seguito!

Pessimo, capisco quali siano i vantaggi dell’utilizzo di un social network in quanto la comunicazione è più immediata, si può arrivare prima alle persone per un concetto. Per quanto mi riguarda, non mi verrebbe mai in mente di postare cosa mangio a colazione o come mi lavo i denti. La cosa che mi fa innervosire maggiormente è che se tu pubblichi poi incontri un amico e dici: “si si, ma ho visto” e non hai più nulla da raccontare. Io non posto nulla così sono tutto da scoprire. Mi piace utilizzarli per lavoro o per aiutare magari a diffondere un messaggio importante.

In questo momento in cui l’arte è stata calpestata dalla pandemia, tu personalmente come la vivi?

Malissimo. Capisco perfettamente il momento storico e che dobbiamo combattere il virus, ma secondo me non è chiudendo i teatri o i cinema che si debellerà il COVID, anche perché sono proprio gli ambienti dove si assembra meno gente. Credo che sia una scelta di tipo economico non eccessivamente motivata. L’arte non dovrebbe mai essere fermata, è un dono, un regalo che ognuno di noi può ricevere; ad esempio, se vai ad una mostra e vedi un dipinto che ti regala un’emozione, magari ti risolve anche uno stato d’animo che in quel momento non era positivo e ti cambia la giornata. Senza l’arte, dilaga l’ignoranza più facilmente, perché l’arte è coinvolgimento.

Location: Hotel Valadier

Photo: Valentina Cerulli @valentinacerulliph

Mua: Arianna Nota @fotonota

Stylist: Alessia Rossetti @alexis_rode

Support progetto: Rondini Sonia @sonia_rondini

Alberto Malanchino, ecco il DOC nelle vostre mani

Photographer: Davide Musto @davide_musto 

Ass. Photographer: Emiliano Bossoletti @_emilianobossoletti

Stylist: Delia Terranova @deliaterranov

Grooming: Elisa Zamparelli @elisazamparelli @makingbeauty.management

Location: Osteria il Matto – Roma @osteriailmatto 


Alberto Malanchino, attore italiano con madre del Burkina Faso, si definisce un ragazzo dell’Hinterland Milanese, la sua passione per il cinema nasce sin da piccolo, anche se all’inizio intraprende studi più tecnici per poi capire che non erano la sua strada. Ora lo apprezziamo nel ruolo di Gabriel Kidane per la serie “Doc nelle tue mani”, uno dei maggiori successi della fiction targata RAI1.

Dimmi come nasce la tua passione per la recitazione..

La prima volta è stata sicuramente da piccolo in quanto vedevo molti film in compagnia di mia madre che è stata la prima persona a trasmettermi la passione per il cinema. E senza distinzione di bollino rosso o blue me li faceva vedere tutti, ed ho iniziato a subire il fascino degli attori come Al Pacino o Michele Placido, e ti sto parlando ancora di VHS, che sembra una vita fa. Ti confesso che ero molto incuriosito dal fatto che tutti parlassero italiano, allora poi mia madre mi ha spiegato che esisteva il doppiaggio, così è stata una doppia fascinazione.

Invece il secondo momento quando è stato?

Esattamente al quinto anno di ragioneria, dove la professoressa ci portò a vedere “Le allegre comari di Windsor”, mentre avevo amici che volevano proseguire gli studi con la Bocconi o insomma altre scuole, io ho capito di voler fare una scuola di recitazione. E così sono entrato in accademia a Milano alla Paolo Grassi.

In DOC nelle tue mani interpreti un giovane medico, come ti sei avvicinato al personaggio?

Innanzi tutto, ho cercato di vedere che cosa potessimo avere in comune io e lui, e mi è saltato subito all’occhio il fatto che tutti e due avessimo una grande dedizione per il lavoro. Poi c’è stato l’approccio professionale, ed in questo caso devo ringraziare il nostro regista Jan Michelini che ci ha permesso di fare un piccolo training all’interno del Policlinico Gemelli di Roma, per poter studiare tutte le varie dinamiche tra i pazienti ed i medici. Ed è stato di vitale importanza per poter utilizzare termini tecnici con una certa naturalezza e confort.

Il tuo ruolo ha origini Etiopi invece tu che origini hai?

Diciamo che sono dell’hinterland Milanese, dell’Altesana, dell’Adda, e poi per esigenze lavorative ovviamente mi son traferito a Milano. Il mio papà è italiano, mentre mia mamma è africana originaria del Burkina Faso.

Sin dalla prima puntata è stata un vero successo questa fiction, te lo saresti immaginato?

Ovviamente sono molto contento, perché la verità è che è stata una scommessa grandissima, in quanto da quello che mi dicevano il genere “medical” in Italia ha sempre fatto un po’ fatica ad attecchire. In più andando in onda con la prima parte della serie in piena pandemia, ci ha fatto riflettere sul fatto se fosse utile o meno far uscire una serie TV di quel genere in quel momento. E poi più che altro, avevamo iniziato a girare in tempi non sospetti, ma non avevamo finito, quindi aggiungiamo anche il dubbio se aspettare di finire o partire con la prima parte. Ed infine il pubblico ci ha premiato.

Come stai vivendo questa seconda devastante fase di pandemia?

Diciamo un po’ come tutti quelli chiusi in zona rossa sto aspettando giorni migliori, organizzo la mia vita creativa che prima non aveva il tempo di svilupparsi, come stesure di soggetti e scritture. E poi siamo stati svezzati dalla prima ondata quindi abbiamo trovato una quadra.

Che cosa non deve mai mancare nella tua valigia prima di un viaggio, quando torneremo a viaggiare?

Sicuramente una bella crema protezione 50, visto che non possiamo mai cambiare cromia della pelle per lavoro, e poi sicuramente un cellulare con tanta rete da poter comunicare con chi è distante.

Ecco il “Mare Fuori” di Matteo Paolillo

Matteo Paolillo, giovanissimo talento made in Salerno, ha iniziato a lavorare prestissimo, infatti sin dal secondo anno di Centro Sperimentale si è ritrovato sul set. Lo abbiamo conosciuto nella serie TV al fianco di Elena Sofia Ricci “Vivi e lascia vivere”, ed ora lo possiamo apprezzare in “Mare Fuori” su RAI2 di cui oltre ad essere protagonista ne è anche interprete della colonna sonora, ma non cercatelo come Matteo, in Musica lui è Icaro.

Hai iniziato a lavorare subito durante il centro sperimentale..

Verso la fine del secondo anno mi son ritrovato sul set di “famosa”, film uscito in sala a luglio scorso, e poi il terzo anno devo dire che frequentato poco perché tra il set di “Vivi e lascia vivere” e poi di “Mare fuori” ho praticamente sempre girato.

In quale momento hai capito di voler fare l’attore?

C’è un momento che ricordo e racconto sempre, perché è stato davvero il momento in cui ho capito di aver avuto la cosiddetta chiamata con il sacro fuoco della passione per la recitazione. Quando abitavo a Salerno, la mia città, collaboravo con una compagnia con cui facevo un laboratorio teatrale, e siccome ero molto appassionato a volte mi portavano a fare degli spettacoli in giro.

Un giorno andammo a fare una rievocazione storica a Marina di Camerota, con una scenografia molto suggestiva in quanto noi recitavamo all’interno delle grotte della baia ed il pubblico era sulle barche, alla fine dello spettacolo mentre tornavamo sulla terra ferma, ero davvero stanchissimo e guardando le stelle, ho capito quanto ero felice in quel momento, e di voler replicare al più presto quella sensazione per tutta la vita.

Che rapporto hai con la moda?

Sono sempre stato uno che non ha mai fatto la corsa al brand per forza, soprattutto al liceo quando invece l’unico obbiettivo per i ragazzini è proprio quello. Ho un rapporto molto stretto con i personaggi quindi anche quando vado in giro cerco di mantenere un filo conduttore, potrei dirti in maniera filosofica che la mia moda varia in base alla mia essenza.

Cosa puoi dirci di “MARE FUORI”, come mai si chiama così?

La serie è ambientata nel carcere minorile ed i ragazzi vedono il mare che sta li di fuori, quindi per uno che ci è cresciuto davanti è una vera e propria sofferenza vedere le sbarre di per sé inoltre non potercisi tuffare amplifica il dolore.

Come è successo che sei anche interprete della colonna sonora di Mare Fuori?

Stavo facendo la doccia e pensavo da Edoardo, il mio personaggio di “Mare fuori”, ed ho iniziato a canticchiare il ritornello di quella che poi ne sarebbe diventata la colonna sonora, uscito dalla doccia ho immediatamente chiamato il mio producer dicendogli di voler fare un demo e provare a vedere che ne sarebbe uscito fuori.

Per gioco l’ho mandata al gruppo chat della produzione della serie e quando son tornato sul set la stavano già cantando tutti.

E su richiesta del regista sono stato ben felice di concedergli il brano.

Hai un nuovo singolo in uscita?

Esattamente, è uscito circa un mese fa ed ora sto cercando di mettere insieme anche l’album, ma preferirei essere notato da qualche etichetta discografica, da non doverlo pubblicare in maniera indipendente. Devo anche dirti che però quando canto uso lo pseudonimo di Icaro, questa è una scelta che ho fatto tre anni fa per distinguere le due cose, quindi se mi cercate su Spotify sapete come fare. 

Il teatro a Roma riapre con la Sala Umberto

Per la prima volta si torna a teatro dopo il lockdown a Roma e lo si fa con una nuova commedia ispirata al “Gioco delle parti” di Pirandello. I protagonisti sono due colonne portanti del teatro italiano: Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia.

Prima dell’inizio dello spettacolo il produttore Alessandro Longobardi, con la voce rotta dalla commozione, spiega la difficoltà di una stagione così incerta. Tuttavia, la voglia di riprendere una certa normalità oramai lontana era talmente forte da mettere insieme tutti, anche se a personale ridotto, con l’idea di regalare momenti di evasione e spensieratezza, di cui tutti quanti noi abbiamo tanto bisogno. Il distanziamento rende il teatro il posto più sicuro dove poter godere dello spettacolo; può sembrare strano all’inizio, ma poi capisci che ci si può abituare a tutto pur di poter gioire come un tempo, che sembra anche troppo lontano.

Lo spettacolo è meraviglioso, unico ed ironicamente superbo, interpretato Guidi ed Ingrassia, che proprio a pochi giorni dal debutto erano stati interrotti a causa pandemia. L’emozione di entrambi a fine spettacolo è decisamente arrivata al cuore di tutta la sala. Sapete che cosa vuol dire rimanere fermi per otto mesi, ecco la risposta la avrete solo rivivendo la magia del teatro.ù

La trama: Siamo in prova, sul palco dove dovrebbe andare in scena “Il gioco delle parti” di Pirandello. Maurizio, il regista dello spettacolo, sta aspettando un tecnico per il montaggio e il puntamento delle luci, ma si presenta Carmine, un siciliano di mezza età, indolente che non sa nulla dello spettacolo. Passando dall’irritazione all’interesse, Maurizio è costretto a ripercorrere tutto il testo per farglielo capire e la discussione gli fa nascere l’idea di una regia pulp. Tanti i personaggi dello spettacolo che sono intervenuti per sostenere gli amici in scena, da Pino Strabioli, Alda D’Eusanio, Christian De Sica, Fabio Canino, Claudio Insegno, Giorgio Borghetti e Lorella Cuccarini.

Casa Isabella Exclusive Hotel, il cuore della Puglia

Il lusso, la pace e tranquillità di una vera Masseria Pugliese; ecco, questo è il miglior modo per definire questo angolo di Paradiso: Casa Isabella Exclusive.

Casa Isabella è un dono che, nel 1879, il Duca Nicola De’ Sangro volle fare alla consorte Isabella de Medici. All’interno del Palazzo è ancora possibile ammirare l’iscrizione marmorea che l’inconsolabile Duca fece affiggere a seguito della prematura scomparsa dell’adorata moglie.
I corridoi, le stanze ed i giardini del Palazzo sono disseminati di dettagli che rimandano alla ricchezza storica della struttura. All’ospite il compito di scoprirli e lasciarsi affascinare dalla storia di questo posto incantato.

Un luogo magico nel quale lasciarsi andare completamente per vivere un indimenticabile soggiorno, un’esperienza gastronomica legata alla tradizione pugliese o per rendere indimenticabili i momenti speciali della propria vita con un evento da favola. Infatti, wedding planner di fama sia internazionale che nazionale scelgono proprio Casa Isabella per le loro creazioni.

L’estate passata Silvia Slitti, una delle event & Wedding Planner più ricercate ed amate, ne è rimasta affascinata sin dal primo sopralluogo. E’ stata premiata come eccellenza nel suo settore, in occasione del Magnagrecia Awards di Fabio Salvatore, che ha raggiunto il traguardo della sua 23° edizione, premiando eccellenze nel mondo della letteratura, moda, arte e spettacolo. E proprio nella stessa serata speciale, Silvia Slitti non poteva arrivare senza far nulla e così ha scelto di proporre un allestimento nel parco della villa, proprio come se fosse un vero matrimonio, trasformandolo in un giardino incantato. Possiamo tranquillamente dire che Casa Isabella è il “core space” del Magnagrecia Awards; in quei giorni orbitano personaggi della cultura e dello spettacolo come Lorella Cuccarini, Claudio Brachino, Simona Ventura, per citarne alcuni, in un clima di vera festa e senza sovrastrutture, proprio come piace alla famiglia che ne gestisce lo splendore.

Il palazzo ducale Casa Isabella è stato ristrutturato nel 1999 nel rispetto della struttura originaria che comprendeva i magazzini, il deposito del grano e ricovero per i viandanti, il piano nobile e le stanze della servitù, i saloni da ricevimento e la sala da biliardo, lo spazioso cortile interno in pietra con la cappella privata, le cantine e l’immenso parco secolare.

Riccardo Mandolini: da nerd a teen icon

Riccardo Mandolini, figlio d’arte, la mamma attrice Nadia Rinaldi e il papà regista e drammaturgo Mauro Mandolini, nasce con il cinema nel DNA; si è considerato un nerd fino all’età di tredici anni per poi diventare ana vera e propria “rising star” con la serie cult di Netflix “Baby”.Giovanissimo e molto preparato, riesce a stupirmi con ragionamenti lucidi e introspettivi sulla professione che gli è esplosa tra le mani, quella dell’attore.

E’ diventato anche una star sui social (su instagram ha 702K follower) e le sue fan lo inseguono, ma lui è felicemente fidanzato.

Nella gallery: Total look Prada

Foto: Maddalena Petrosino
Makeup: Simone Belli Agency
Hair: Mimmo la Serra
Styling: Eleonora Pratelli + Umberto Granata – Suite19pr

Come hai trascorso le tue vacanze?

Diciamo che sapendo che avrei dovuto lavorare a settembre, sono stato molto attento.

Ad un certo punto avrei avuto anche la possibilità di partire per la Sardegna, poi per una serie di imprevisti non sono riuscito, e mi son diretto verso Punta Rossa a San felice al Circeo con la mia ragazza.

La verità è che quando è successo tutto il disastro con la Costa Smeralda e la crescita di positivi, mi son spaventato per me stesso, perché non posso sapere come potrebbe reagire il mio corpo, e poi di conseguenza per il mio lavoro, come tutti i miei colleghi son stato fermo da marzo scorso e la voglia di riprendere è davvero tantissima.

Sei stato anche Ischia per il Global Fest …

Esatto si, è stata una bellissima esperienza e devo ringraziare Pascal Vicedomini per l’invito, e poi soprattutto sono molto amico dei suoi figli, specialmente di Matteo che è davvero un mio carissimo amico che definisco “cucciolone”, infatti me lo coccolo sempre ogni qual volta lo incontro.

Hai sempre saputo di voler fare l’attore?

La mia fortuna è stata che ho sempre odiato le baby-sitter, quindi escogitavo sempre il modo per farle impazzire, al punto di farle abbandonare il lavoro, costringendo i miei a portarmi in giro con loro.

In questo modo il set cinematografico è diventato il mio habitat naturale, senza però prefiggermi nessun obbiettivo.

Poi verso i tredici anni ho iniziato davvero ad appassionarmi al cinema, e anche se mia madre non me lo permetteva io di nascosto mi guardavo i film di Tarantino in streaming. E’ stata una vera svolta per il mio gusto e passione per il silver screen.

Invece il tuo primo debutto quando è stato?

Devo dire grazie a mio papà che è sia attore, sia regista teatrale. Ho avuto la possibilità di debuttare al Festival di Todi in uno spettacolo scritto da lui.

Il tutto si svolgeva nella famosa “Sala delle Pietre”, dove non c’è un palco vero e proprio, per me fu davvero un’esperienza unica, e poi non se solo per il fatto che era mio padre ma colleghi ed amici gli fecero tutti i complimenti.

Te la saresti aspettata tutta questa popolarità con il successo di “Baby”?

Assolutamente no, anche perché Baby nasce come “teen-drama”, che poi con una sapiente regia e sceneggiatura, e di conseguenza la costruzione dei personaggi lo ha portato a sconfinare e incuriosire diverse fasce di pubblico.

Ogni attore del cast è riuscito a farsi odiare e amare, anche con personaggi molto negativi come quello interpretato da Isabella Ferrari nel ruolo della madre di Alice Pagani, ma sempre facendo comprendere nel dettaglio il motivo di ogni azione ed emozione. Questa è stata l’arma vincente.

La mia unica polemica a chi ha fatto critiche negative sulla serie è che forse si sono dimenticati che comunque anche se ispirato a fatti realmente accaduti rimane una fiction.

Se avessero voluto rappresentare la sola verità del fatto di cronaca ne avrebbero fatto un film e non una serie TV.

Ti dispiace il fatto che siamo giunti alla terza e ultima stagione?

No, per il semplice motivo che quando vuoi bene a un progetto lo devi far finire così, e credo che la terza stagione sia il momento giusto, dove ogni personaggio prende coscienza di sé stesso.

Alla fine, raccontiamo la storia di questi ragazzi che frequentano il liceo, non avremmo potuto prolungarla fino all’università!

Il ruolo di Damiano te lo senti un po’ tuo?

Me lo porterò nel cuore per tutta la vita, anche perché non avendo studiato recitazione, ho dovuto far congiungere il mio bagaglio emotivo a qualcosa di scritto da un’altra persona cercando di avvicinarmi il più possibile a lui.

Damiano io non l’ho mai visto come il classico ragazzino incazzato, anzi doveva avere una dolcezza nell’essere diverso dagli altri, non perché avesse i muscoli, o perché vendesse il fumo, ma proprio per le esperienze che aveva vissuto e sofferto.

Perdere un genitore com’è successo a lui è un evento che ti segna, ma credo che ti segni anche a cinquant’anni, ti cambia, ti lascia un vuoto incolmabile.

Sei diventato un’icona di stile, sei sempre stato fashionista o lo sei diventato?

La verità è che mia madre mi ha sempre vestito carino, senza essere ne griffato ne nulla, tanto è vero che mia nonna mi chiamava il principino. Ora non posso dire che il mondo non mi sia cambiato, gli stilisti hanno piacere a farmi indossare i loro capi e io mi diverto… alla fine ho sempre vent’anni!

So che stai per partire con un nuovo progetto.

Sto per iniziare a girare un film prodotto da RAI cinema in puglia, si intitola “Ben tornato papà” per la regia di Domenico Fortunato che interpreta anche il ruolo di mio padre, e il cast è davvero fantastico perché insieme a noi ci sarà: Donatella Finocchiaro, Dino Abbrescia, Giorgio Colangeli  e Silvia Mazzieri di cui mi innamorerò nel film.