Maschile Singolare: per la regia di Matteo Pilati ed Alessandro Guida, la loro storia

Matteo Pilati ed Alessandro Guida, i due giovani registi di “Maschile singolare”, di cui Matteo Bolognese, ed Alessandro Romanissimo, ci hanno regalato un bellissimo e delicatissimo film con tematica LGBT, diventato un poi la bandiera dei Gay Pride italiano. La vera novità sta proprio nel racconto di una storia attuale, senza aggiunte di sovrastrutture drammatiche nella sceneggiatura, una vera commedia. Tendenzialmente in Italia per un film a tematiche omosessuali viene spesso fatta, quasi relegando il mondo gay al drama, qui si ride e si piange entrando nell’anima dei personaggi raccontati dando la possibilità a chiunque di potersi riconoscere. Ecco che cosa mi hanno raccontato i due director.


Matteo Pilati e Alessandro Guida: i registi di Maschile singolare

Come nasce l’idea di “Maschile Singolare”?

Matteo dice che l’idea è nata in maniera totalmente organica scritto da lui insieme a Giuseppe Paternò Raddusa, e nel momento in cui hanno pensato fosse soddisfacente hanno coinvolto anche Alessandro, il quale si è innamorato immediatamente al progetto apportando tantissime idee in più. Quindi è diventata una stesura a sei mani. Lo step successivo era quello di produrlo, abbiamo tentato la strada classica facendolo leggere a case di produzione e distribuzione, con la clausola di voler fare noi due la regia.

Peccato questa nostra richiesta non abbia ricevuto una risposta positiva in nessun caso.

Quindi vi siete autoprodotti?

Beh, era l’unica strada da percorrere per poter fare le cose come volevamo ed essendo convinti di avere in mano qualcosa non solo di buono ma anche di nuovo, senza avere la certezza di uscire in sala o tantomeno su piattaforma, o peggio ce lo saremmo tenuti a casa da far vedere agli amici.


Un’immagine del backstage del film Maschile Singolare

Il progetto nasce poco prima del diffondersi della Pandemia.

Si, perché il film lo abbiamo girato in sole tre settimane, che è davvero pochissimo per un lungometraggio, a cavallo tra gennaio e febbraio del 2020, quindi appena prima del lockdown, e la novità almeno per noi è stato il montaggio in remoto. Tutto questo grazie alla tecnologia che in questi anni ha fatto dei passi da gigante, lasciando spazio alla realizzazione di cose che prima erano impensabili.

Come è stato accolto dal pubblico?

Siamo letteralmente entusiasti della risposta del pubblico e non solo di quello gay, ma ci arrivano tanti messaggi da donne sulla trentina che vivono le stesse problematiche del nostro protagonista interpretato da Giancarlo Commare, perché comunque la società italiana ti vorrebbe ancora vedere accasato a quell’età. A trent’anni oggi si può vivere felici e single con tanti amici che noi abbiamo definito come la famiglia selettiva.

Per noi è stata molto importante la scena della cena, per far capire davvero i rapporti e le interazioni tra i personaggi. Che poi forse è l’unica scena dove ci sono più di due attori.

Come mai la scelta dei trentenni?

Semplicemente perché se ci si guarda intorno nel mercato dell’audiovisivo abbondando storie di teen-ager adolescenti, allo stesso modo anche i quarantenni, mentre i trentenni sono raramente raccontati, è così abbiamo voluto coprire questa landa desolata di target. Abbiamo voluto parlare un po’ di noi, che con un esordio alla regia sia fondamentale.


I registi e i tecnici nel backstage di Maschile Singolare

Henry Lloyd-Hughes Genio british per un inedito Sherlock Holmes

Interview: Rosamaria Coniglio
Photographer  Joseph Sinclair
Stylist         Manny Lago
Grooming    Shamirah Sairally

Fascino e savoir-faire britannico, dotato di grande talento, non solo davanti alla macchina da presa, ma anche sul capo di cricket, a cui dedica parte del suo tempo libero da più di 10 anni. Ha interpretato così bene ruoli drasticamente lontani, al punto che non abbiamo ancora la certezza di quale sia il personaggio che più gli si addice. E forse non lo ha ancora deciso neanche lui, perché quando si parla del suo talento, preferisce non concentrare troppo l’attenzione su stesso. Sarà questa elegante modestia che lo rende così speciale?

Il nostro paese l’ha già apprezzato per la sua interpretazione di Alfred Lyttelton nella serie Netflix “The English game”, ambientata nel tempo in cui il calcio è ai suoi esordi e, tra giochi di potere e colpi bassi, iniziano ad affermarsi i primi giocatori professionisti, non senza polemiche, accese più da interessi di classe che da questioni morali. E se vi consigliamo di non lasciarvi scappare l’occasione di vederlo nei panni di un ricco uomo d’affari che antepone i propri interessi personali davanti a un’apparente solida amicizia e a una moralità utile alla conservazione del potere e di uno status sociale, è la sua interpretazione di Sherlock Holmes la vera notizia. Nella nuovissima serie “The Irregulars” in uscita oggi su Netflix, scoprirete una versione irriverente, brillante e del tutto lontana da tutto quello che avete visto fino ad ora sul detective più famoso al mondo, descritto dalla penna di Tom Bidwell.

Una versione distopica della Londra di Sherlock in cui certezze e valori vengono sostituiti da orribili crimini ed eventi soprannaturali, tocca i nervi scoperti di una società come la nostra, completamente stravolta dalle condizioni dettate da una pandemia che ha investito ogni settore e che da più di un anno ci ha costretti a vivere una nuova realtà.

Protagonisti e vittime allo stesso tempo, di una decadente Londra vittoriana, sono degli adolescenti in difficoltà che vengono manipolati per risolvere i crimini per il sinistro Dottor Watson e il suo misterioso socio in affari.  Bisognerà attendere qualche puntata per scoprire cosa è accaduto a Sherlock Holmes in tutti questi anni. E qui si nasconde la grandezza di questo personaggio che ci svela di sé quello che non abbiamo mai saputo: il prima e il dopo.

Scopriamo il giovane Sherlock brillante e intraprendente, guidato dall’impulso energico della giovinezza e da un’autostima incalcolabile che sarà la sua fortuna, ma probabilmente anche la sua più grande debolezza. E la sua maturità, un uomo svuotato dal suo ego, che ha visto crollare i suoi punti di forza, logorato dal senso di colpa? Dal dolore? lo scoprirete insieme a tutti quegli aspetti di un inedito Sherlock che Henry Lloyd-Hughes riuscirà a trasmettervi nella sua straordinaria interpretazione.

Una chiave psicologica inaspettata, svelata a piccole dosi.
Tracce di elementi personali legati al suo personaggio, attraverso il dono dell’attesa, rendono un atto immorale o un gesto romantico portato all’estremo, una rivelazione che il suo volto non lascia trapelare neanche pochi minuti prima.
E quando gli abbiamo chiesto quanto sia potuto risultare difficile mettere in mostra due lati diversi di una personalità così complessa, dal metodico, spiritoso e sicuro di sé, all’altro distrutto dal dolore e privo di ogni motivazione, la sua risposta ha completamente sorvolato sulla propria interpretazione, spendendo tutte le sue parole sui grandi meriti del costume designer e della makeup artist. Un vero gentleman.
 “Volevamo davvero spingere entrambe le versioni il più lontano possibile. Raccontare il più possibile la storia di chi è assente da 15 anni. Attraverso la fisicità e il look, con la premio Oscar Lucy Sibbick e i costumi di Edward K. Gibbon, è stato un esperimento emozionante, vedere fino a che punto potevamo spingerci pur assicurandoci che sembrasse lo stesso personaggio”.

Credo che il suo fascino risieda nella profondità con cui riesce a entrare in connessione con i suoi personaggi. È lui stesso, infatti, a confermarci che l’aspetto del personaggio di Sherlock che lo ha attratto maggiormente è “La sua vulnerabilità, e il suo ego perforato e rotto”.

Uno scambio intimo e profondo, quello tra Henry e i suoi personaggi. Se la sua grande capacità introspettiva riesce a darci una versione unica del suoi detective, da quello che ci racconta, ogni personaggio entra nel suo universo in modo un po’ speciale. “Dipende sempre da dove ti trova nella tua vita. Incontri un determinato personaggio a una certa età e porti nella tua vita tutto ciò che hai vissuto in quel ruolo. Al momento sto pensando veramente con affetto al mio tempo speso dentro al personaggio di Sherlock, da questo scaturisce qualcosa di molto personale. Ma sono sicuro che quando mi metterò in qualcos’altro, lo amerò allo stesso modo o anche di più”.

Ci sono stati dei momenti divertenti durante le riprese che vuoi raccontarci?
Si! Abbiamo bruciato alcuni dei costumi originali per realizzare i costumi più vecchi di Sherlock. Durante le riprese, la lana bruciata puzzava così tanto che tutti gli altri attori hanno iniziato a lamentarsi. Inoltre, ogni volta che mi mettevo le mani in tasca, si alzavano nuvole di fuliggine, e lasciavo impronte di mani sporche ovunque!

In The  English Game sei uno dei migliori giocatori di calcio di quel periodo. Ma sappiamo che hai una grande passione per il cricket e un marchio con una storia di due generazioni, ispirato proprio a questo sport: N.E. Blake & Co Ti piace dirmelo?
Sicuro. È un grande onore per me continuare la tradizione di famiglia. “Paddy”Padwick era il mio bisnonno e uno sportivo estremamente dotato. Ha trasformato la sua passione in un business con “N.E.Blake  & Co.“, e ho rilanciato il business cercando di riportare un classico look sportivo storico, incentrato principalmente sul cricket. A volte è estenuante gestire un’attività oltre a fare televisione, ma onestamente sono così appassionato di stile e abbigliamento sportivo classico, che non riesco a farne a meno”.

Quanto è stata importante l’attività sportiva per la tua vita?
“Moltissimo, gioco per un club di cricket da 10 anni, il Bloody Lads Cricket Club. Con il Corona Virus, purtroppo, la stagione l’anno scorso è stata ridotta. Non vediamo l’ora di ritornare a giocare regolarmente”.

Considerando che da questo momento non intendiamo più perderti di vista, puoi dirci quali sono i tuoi piani per il futuro sul grande schermo?
“Siamo tutti in attesa di conoscere il futuro di The Irregulars, quindi questa potrebbe essere la mia prossima avventura!”

Hai mai desiderato interpretare un ruolo in particolare? Qualcuno che pensi rifletta la tua personalità o qualcun’altro così distante, da sentirti molto attratto da lui?
Mi piacerebbe fare un musical, o qualcosa di veramente eccentrico come i film di Wes Anderson. Ho adorato il Grand Budapest Hotel così tanto e da sentirmi perfettamente inserito nel suo mondo surreale. Seguito da James Bond, naturalmente.

L’innegabile forza di Griffin Matthews

Griffin Matthews è uno scrittore, regista, attivista e attore. L’attore di “Dear White People” è emerso come uno dei talenti più eclettici e ricercati sulla scena cinematografica attuale. Nel 2019, a seguito dell’uscita delle sue performance in “Dear White People” su Netflix e in “Ballers” su HBO, ha dimostrato di essere un’innegabile forza, capace di catturare l’attenzione del suo pubblico.

Quest’anno Griffin reciterà nell’attesissima serie “The Flight Attendant” (L’assistente di volo), con Kaley Cuoco. La serie racconta la storia di Cassie (Cuoco), un’assistente di volo che si sveglia nell’albergo sbagliato, nel letto sbagliato, affianco ad un uomo morto, senza avere idea di cosa sia successo. Griffin interpreta il ruolo di Shane Evans, collega di lavoro di Cassie, che conosce molti dei suoi segreti. La loro amicizia è messa alla prova nel momento in cui la vita di Cassie inizia a sbrogliarsi e le verità di tutti i personaggi iniziano a venire a galla.



Ecco a voi alcune domande che abbiamo posto a Griffin Matthews riguardo la sua carriera, per conoscere meglio il suo talento.

Come hai scoperto di avere una passione per la scrittura, la regia e la recitazione?

Mi esibisco da quando ero bambino. Nel mio soggiorno. Per i miei genitori. Per i miei fratelli. Non ho mai smesso di esibirmi. Fa parte del mio DNA. Recitare è la passione che ho inseguito quando ho dovuto decidere cosa volessi studiare al college. Sono entrato nella prestigiosa School of Drama presso la Carnegie Mellon University per studiare teatro musicale. È stato proprio qui che mi sono davvero appassionato allo storytelling, non solo come attore, ma anche come cantante, ballerino, scrittore e regista. Ho capito che avrei potuto fare molto più di quanto avessi mai sognato!



In che modo la tua carriera ti ha cambiato la vita?

Lavorare in questo ambito significa che la tua vita sarà in continua trasformazione. Lavoriamo ad orari strani. Viaggiamo in posti nuovi, sempre preoccupati per la stabilità e il denaro. Combattiamo per mantenere intatte le nostre relazioni. Questa carriera richiede grandi sacrifici, ma mi permette di crescere, imparare e migliorare costantemente, sia come artista che come persona.

Qual è stato il traguardo più impegnativo della tua carriera?

Penso che il traguardo più impegnativo sia stato rimanere paziente e fiducioso. Ho 38 anni. Mi ci è voluto tanto tempo per emergere in questo settore. Sono davvero orgoglioso di non aver mollato. Di aver aspettato pazientemente. Di essere andato a tutti i casting. Di essere sopravvissuto a tutti i no ricevuti. Ovviamente, ho ancora molti traguardi da raggiungere, ma sono davvero orgoglioso di “The Flight Attendant”. Mi sento così fortunato ad aver preso parte a questo show!



In quanto omosessuale e di colore, hai avuto difficoltà nell’ottenimento dei ruoli che hai interpretato?

La mia battaglia principale è stata dimostrare al mondo e a questo setttore che posso essere qualcosa di più dello “sciocco migliore amico gay”. A volte i ruoli sono così ricchi di cliché e pregiudizi. Mancano di specificità. Mancano di umanità. Mancano di profondità. Quindi ogni volta che ho la possibilità di interpretare un ruolo, faccio tutto ciò che è in mio potere per dargli autenticità. Questo implica essere vulnerabili, intelligenti e ricchi di sfumature. Il mio obiettivo è che gli spettatori vedano qualcosa di nuovo, cosicchè possano cambiare il loro pensiero nei nostri confronti.

Com’è stato lavorare come collega di Kaley Cuoco in “The Flight Attendant?”

Ho adorato ogni minuto di lavoro con Kaley. Abbiamo stretto un’amicizia genuina durante le riprese. Dal momento in cui ci siamo incontrati, al mio provino finale e fino alle riprese, abbiamo avuto una chimica immediata. È molto divertente e simpatica, anche nella vita reale. Non si prende troppo sul serio. Abbiamo passato la maggior parte del nostro tempo a ridere a crepapelle e penso che questo si manifesti davvero nelle nostre esibizioni in “The Flight Attendant”.

Com’è stato girare parte della serie a Roma?

Ho amato Roma più di quanto si possa esprimere a parole. È una città magica e romantica. La sua cultura, il cibo, l’ospitalità italiana, la moda, i luoghi storici. Sono rimasto sbalordito! Nei miei giorni liberi, passavo ore da solo a passeggiare per le strade, fermandomi nei negozi e nei bar a parlare con estranei. Mi sono sentito come fossi a casa. Ho ufficialmente eletto l’Italia come la mia seconda casa.

Quanto è stato importante per te, a livello personale, interpretare un uomo omosessuale di colore in “Dear White People” e perché?

Interpretare D’Unte nella terza stagione di “Dear White People” ha cambiato la mia vita e la mia carriera. Quel personaggio mi ha permesso di essere “grande”. Ho dovuto correre dei rischi, dire cose controverse ed indossare abiti audaci. D’Unte non si è mai scusato per essere rumoroso, gay e fantastico. Mi ha insegnato ad essere rumoroso, gay e fantastico, sia sullo schermo che nella vita reale.

Qual è stata la lezione più importante che hai imparato nella tua carriera?

Sicuramente quella di fidarmi del mio istinto. Quando ho imparato a fidarmi del mio intuito, ho scoperto di saper accettare quelle che sono le conseguenze, buone o cattive che siano. Quando non ascolto il mio istinto, invece, finisco per avere rimpianti. Sto cercando di avere molti meno rimpianti nella mia vita.

I film più belli diretti da Alan Parker

Il 31 luglio di quest’anno ci ha lasciato il grandissimo Alan Parker, regista inglese che nella sua carriera ha vinto ben dieci Golden globe e dieci Premi Oscar. Molti sono i film che lo hanno reso celebre, i seguenti sono i nostri tre preferiti.

4 film di Alan Parker passati alla storia

1 Mississippi Burning, le radici dell’odio

Film del 1988 interpretato da Gene Hackman, Willem Dafoe e Francis McDormand. racconto ispirato a fatti realmente accaduti nel 1964, durante la lotta per i diritti civili del Mississippi. Il film fu candidato a diversi Golden Globe e Premi Oscar, vincendo quello per la fotografia.

La storia inizia quando tre attivisti civili neri vengono uccisi brutalmente. Due agenti dell’FBI vengono incaricati di investigare sull’accaduto. Purtroppo i due federali si ritrovano a contrastare un’ondata di odio razziale in continua crescita che vede anche l’appoggio della polizia locale, soggiogata dal Kou Klux Klan.

2 Evita

Nel 1996 esce nelle sale dei cinema, Evita, adattamento del musical omonimo che racconta la storia di Eva Perón. La giovane Evita, interpretata da Madonna, parte dalle campagne di Buenos Aires con il sogno di diventare famosa. Intraprende una relazione con il colonnello Juan Domingo Perón, che nel 1946 diventerà presidente dell’Argentina. La donna dovrà affrontare l’aristocrazia del tempo, che mal gradiva che il presidente frequentasse una popolana. L’accettazione da parte dell’oligarchia del suo Paese, fu uno dei motivi che spinse la giovane a viaggiare per il mondo ed ammaliare il pubblico con la sua voce. A soli 33 anni, Evita morirà di cancro, lasciando in lacrime una nazione che aveva imparato troppo tardi ad apprezzarla. Il premio Oscar questa volta lo vinse l’indimenticabile colonna sonora.

3 Midnight Express, fuga di mezzanotte

Considerato il capolavoro di Parker, vinse 4 Golden Globe e 2 Oscar. Siamo ad Istanbul nel 1970, Billy, accetta di portare addosso 2 kg di hashish mentre è in vacanza con la fidanzata. All’aeroporto verrà scoperto e incarcerato. Inizialmente condannato a 4 anni, la sua pena si inasprirà arrivando a 30 anni, per volere del Presidente Nixon, che accusava la Turchia di trattare con troppa leggerezza i trafficanti di droga. La vita di Billy è rovinata, ma lui non smette di sperare in una fuga. Per le scene molto crude, il film fu vietato ai minori di 18 anni in diversi paesi.

4 The Wall

Pellicola del 1982, ispirata all’album omonimo dei Pink Floyd, le cui musiche sono la colonna sonora del film. Il protagonista è Pink, una rockstar che soffre di tossicodipendenza. Mentre si trova sul suo divano a vedere un film rivive la storia della sua vita, tra scene di scuola, ricordi della madre e del padre morto in guerra, fino ad arrivare alla moglie fedifraga. Continuando nel suo stato di trance, si ritrova davanti ad una parata di nazisti e ad un giudice mostruoso che lo punisce per la sua condotta. Il muro è la metafora dietro alla quale Pink cerca di rifugiarsi in sé stesso, lontano da tutti, ma la sentenza del giudice ne provocherà la distruzione.

3 film da vedere in vacanza per rilassarsi

È piacevole godersi le fresche sere d’estate, dopo una lunga e calda giornata. Ma i palinsesti televisivi estivi lasciano un po’ a desiderare, e spesso ci ritroviamo senza idee per passare una serata rilassante davanti alla tv. Continuiamo a fare zapping senza concludere nulla, finché magari è troppo tardi per iniziare a vedere un film senza rischiare di addormentarsi. Se siete alla ricerca di un film da vedere in vacanza per rilassarsi, date un’occhiata alle nostre proposte, non ve ne pentirete.

3 film da vedere per rilassarsi

1 Big Fish- le storie di una vita incredibile (2003)

Con questo film Tim Burton ci ha lasciato una perla di sogno e tenerezza. Negli ultimi giorni di vita di suo padre Edward, Will rivive tutte le fantasiose e surreali peripezie del genitore con il quale ha avuto da sempre un rapporto difficile. Il giovane uomo è infatti convinto che il padre abbia inventato storie per tutta la vita, evitando così di farsi conoscere dal figlio per chi è veramente. Nel frattempo Edward continua imperterrito a raccontare la sua incredibile vita a Josephine, giovane moglie di Will, interpretata da Marion Cotillard. Ripercorrendo tutta la sua vita, le certezze di Will iniziano a vacillare: e se non fossero storie inventate le fantasticherie che suo padre racconta di aver vissuto? Una storia di avventure visionarie e di amore tra padre e figlio, che ci fa sognare divertire e commuovere, come solo Tim Burton sa fare.

2 Knives Out- Cena con delitto (2019)

Perfetto per gli amanti dei thriller, questo film di Ryan Johnson è un crime in stile Agatha Christie. L’investigatore Benoit Blanc, interpretato da Daniel Craig, deve scoprire chi ha ucciso il romanziere Harlan Trombey, rinvenuto in casa senza vita, dopo la festa per il suo ottantacinquesimo compleanno. Il detective, sicuro che sia avvenuto un omicidio, inizia la sua indagine, sospettando sia dei familiari, che della servitù dell’uomo. Dopo l’apertura del testamento, infatti, emergono conflitti familiari legati al denaro e all’avidità dei parenti del defunto scrittore. Quando poi Marta, l’infermiera sudamericana, viene interrogata, i segreti della famiglia iniziano ad emergere finché non si arriverà a risolvere il mistero.

Un omaggio ai classici gialli della Christie, rivisitati in chiave ed ambientazioni moderne, intrisi di una divertente e sottile satira della società americana.

3 Julie & Julia (2009)

Julia Child, interpretata dall’iconica Meryl Streep, spopola con il suo libro di cucina francese. Cinquant’anni dopo, Julie Powell (Amy Adams), cambia la sua vita grazie alle ricette di quel libro. Nel 1949 Julia si trasferisce a Parigi per seguire il marito, si innamora della cucina francese tanto da seguire un corso professionale e scrivere un libro di ricette. Dopo varie peripezie legate alla pubblicazione del ricettario, questo diventa la Bibbia della cucina francese in America, rendendo la sua autrice una leggenda.

Nel 2002 Julie, trentenne in crisi esistenziale, apre un blog di cucina dedicato proprio al libro della Child, completando tutte le 524 ricette nell’arco di un intero anno. Nora Ephron si ispira al romanzo autobiografico della Powell per girare questa commedia con tempi comici perfetti, due protagoniste degne di lode e un insegnamento che tutti dovremmo ricordare.   

5 migliori film con Tom Hanks da vedere e rivedere

Tom Hanks è stato uno degli attori più premiati a Holliwood, ha recitato ruoli lasciando il segno, e non c’è un solo film di Tom Hanks che non meriti di essere visto almeno una volta. Fare una lista ei migliori non è senz’altro facile ecco quelli che abbiamo scelto di consigliarvi.

5 migliori film con Tom Hanks

Philadelphia

Questo film è memorabile perché è la prima volta che viene raccontata la storia una persona affetta da Aids. Tom Hanks interpreta la parte di un avvocato omosessuale malato di aids, che fa causa al proprio studio legale per averlo licenziato a causa della malattia. Fu un film epocale perché dava un volto a un flagello come l’Aids, valse il suo primo premio oscar e innumerevoli premi in giro per il mondo.

Forrest Gump

Un film molto particolare in cui Tom Hanks, un uomo dall’apparente aspetto di disabile, percorre le epoche e i migliori eventi della storia contemporanea. Come non ricordare le sue battute e gli incontri memorabili con i personaggi della storia americana. La fra più famosa del film passata alla storia è “La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita” Da rivedere non una ma mille volte.

Salvate il soldato Ryan

La pellicola, incentrata sullo sbarco in Normadia nel 6 giugno 1944, ottiene buoni consensi di critica e ottimi incassi. La missione è salvare il giovane soldato americano James Francis Ryan.

Il miglio verde

Un film pietra miliare nella storia del cinema americano. In questo film Hanks interpreta Paul Edgecomb ex capo delle guardie del braccio della morte nel penitenziario di Cold Mountain, che racconta le vicende della “permanenza” presso il carcere di John Coffey. Uomo di colore alto due metri, condannato a morte per il brutale omicidio di due gemelline di nove anni.

Cast Away

Pellicola del 2001, il regista è Robert Zemeckis, racconta di un dirigente dalla promettente carriera che si ferma all’improvviso durante un viaggio di lavoro in Malesia, quando un incidente aereo lo conduce su un’isola deserta nel bel mezzo dell’oceano.

Il racconto prosegue raccontando come Chuck riesce a sopravvivere disperso e solo su un’isola deserta. Questo è stato uno dei ruoli più impegnativi di Tom Hanks, ma di una riuscita a dir poco straordinaria.

Ci sarebbero tanti altri film per proseguire la lista.

Qual è il tuo film preferito interpretato da Tom Hanks?

I migliori 5 film demenziali americani scaccia tristezza

In questo nuovo articolo presentiamo una lista di film spassosi da guardare per una carica di buonumore.

Quando non si ha voglia della solita serie TV o di un film troppo impegnativo, perché non rispolverare qualche classico film demenziale americano per una serata spensierata e all’insegna della risata?

Si tratta di film spesso con trame banali ma non per questo simpatici e spassosi per staccare da una giornata pesante e ritrovare subito l’allegria. Ecco subito le migliori 5 commedie demenziali da vedere per scacciare la tristezza e i pensieri dalla testa.

5 film demenziali americani scaccia tristezza

1. Una notte da leoni

Per una serata con gli amici, una maratona di film demenziali a tutto ridere è la trilogia de “Una notte da leoni”, la cui trama parla di un gruppo di amici che si ritrova per un addio al celibato, vivendo divertenti e bizzarre avventure in varie città del mondo (Las Vegas, Bangkok, Tijuana).

2. American Pie

Un classico del genere demenziale è anche la saga di “American Pie” che si compone di otto commedie, di cui quattro “American Pie” e quattro spin off “American Pie Presents”. La trama ruota attorno alle avventure di quattro amici liceali fra feste, sballo, divertimento e amori spesso non corrisposti con avvenenti ragazze molto popolari, che continuano poi anche durante il periodo dell’Università.

3. Eurotrip

Per viaggiare anche un po’ in giro per l’Europa in maniera divertente ed allegra, il film demenziale perfetto è “Eurotrip”: dopo il liceo un gruppo di amici organizza un viaggio con destinazioni le migliori città europee e, fra malintesi, colpi di scena e disavventure, ci sarà molto da ridere.

4. Balle spaziali

Fra i film demenziali non mancano anche quelli che parodiano mostri sacri del cinema come “Balle spaziali”, parodia dei film fantascientifici “Star Wars” e “Star Trek”. Sarà un divertimento rivedere in chiave meno seria e più spassosa i protagonisti delle saghe più geniali e amate di sempre.

5. Scary Movie

Anche la saga di “Scary Movie” composta da cinque film, si diverte a fare parodie di film horror: per tutti i meno coraggiosi, sarà divertente vedere dissacrare in questo modo film terribili e spaventosi.

Da soli o in compagnia questi film demenziali americani, con una birra e dei pop corn, sono l’ideale per scacciare la tristezza.

Cinecult: Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos

Il genio visionario del regista di ‘The Lobster’ affronta un tema tragico e dai risvolti ironici e surreali ispirandosi alla ‘Ifigenia in Aulide’ di Euripide e alla scelta di Abramo. Risultato: un film memorabile per drammaturgia e impatto scenico.

Grottesco, vibrante, sensuale e surreale con esiti talora strazianti. E’ potente e lascia il segno in tutti i sensi ‘Il sacrificio del cervo sacro’, l’ultimo film dell’acclamato e talentuoso regista Yorgos Lanthimos già ammirato per ‘The Lobster’ in cui aveva ancora una volta scelto come protagonista Colin Farrell. La pellicola distribuita da Lucky Red trasuda un cinismo sublimato in complessa tragedia ricca di stimoli e spunti di approfondimento. La trama è all’apparenza estremamente semplice: il cardiochirurgo Steven Murphy (Colin Farrell) conduce una tranquilla vita borghese con la bellissima moglie Anna (il premio Oscar Nicole Kidman) e i figli la teen ager Kim (Raffey Cassidy) e il piccolo Bob (Sunny Suljic). Senza farlo sapere alla famiglia Steven frequenta Martin (un formidabile ed enigmatico Barry Keoghan già visto in ‘Dunkirk’ di Christopher Nolan), un adolescente sedicenne che ha da poco perso il padre, ha una madre molto turbata e sensuale (Alicia Silverstone) e sembra avere delle strane facoltà. L’intreccio si complica quando Martin viene presentato alla famiglia del chirurgo: una serie di strani eventi cominciano a flagellare la felice vita del nucleo familiare che da alveo di normalità si evolve sempre più in un nido di vipere. La storia, avvincente e sanguigna, prende forma in un crescendo di tensione e mistero fino allo zenith finale del tutto imprevedibile. Ispirato al dramma di Euripide ‘Ifigenia in Aulide’ il film denso di allegorie e di spunti di humour nero, mette in scena con il linguaggio ricco e possente mutuato dall’omaggio al maestro Stanley Kubrick le passioni e gli impulsi ancestrali di un padre devoto che vede pian piano crollare le sue certezze fino a trovarsi nella situazione biblica di Abramo, con un rovello psicologico restituito allo spettatore in modo estremamente felice. Il gusto dell’inquadratura studiata e solenne e la visione drammatica della figura del giovane Martin davvero sorprendente rendono il film stimolante e meritevole di essere visto, con interesse e spirito riflessivo. Notevole l’incipit del film con la vivificante musica di Schubert.

®Riproduzione riservata

Cinecult: La truffa dei Logan di Steven Soderbergh

Torna in grande stile sul grande schermo il regista di ‘Sesso, bugie e videotape’ e di Ocean’s 11,Ocean’s 12 e Ocean’s 13 con una commedia spassosa, paradossale, dagli esiti imprevedibili e piena di colpi di scena.

Dopo il passaggio alla Festa del cinema di Roma nella selezione ufficiale arriva nelle sale italiane l’ultimo capolavoro di Steven Soderbergh, regista sorprendente e visionario: ‘La truffa dei Logan’. Distribuito da Lucky Red il film racconta di una ‘rapina da contadinotti’ messa a segno da due fratelli sempliciotti e un po’ sfigati, Jimmy Logan (Channing Tatum) e Clyde Logan (Adam Driver) e da un galeotto dall’aspetto teutonico, l’ineffabile e testosteronico Joe Bang (Daniel Craig) che coinvolge nella impresa anche due fratelli un po’ svitati e moralisti, Sam e Fish. Jimmy e Clyde non hanno niente da perdere: Jimmy era una promessa del football finita a lavorare in miniera che lo ha nel frattempo licenziato e con una menomazione al ginocchio, mentre Clyde ha perso una parte del braccio a causa di una mina in Iraq e lavora in un bar dove fa i cocktail con un braccio solo. Inoltre Jimmy è divorziato dalla più bella del liceo Bobby Joe(Katie Holmes) che si è presa l’affidamento esclusivo della figlia Sadie (Farrah Mackenzie), amante dell’arte culinaria e dei concorsi di bellezza ai quali scalpita per partecipare, vanitosa e sagace com’é. La trama si svolge fra il West Virginia, la terra dei Logan, e il circuito Charlotte Motor Speedway che i fratelli Logan decidono di depredare durante una gara Nascar collegandosi in modo ingegnoso al caveau. Alla banda cui partecipano anche due evasi dal carcere Joe e Clyde, si unisce la sorella dei Logan Mellie (Riley Keough, impareggiabile) che nella vita fa la truccatrice e mette lo smalto sugli scarafaggi ma che nello sviluppo del plot ha un ruolo decisivo, come si capisce solo alla fine del film. La commedia piena di ritmo, di colpi di scena e di esilaranti gag è un ritratto talora cinico, talaltra bonario dell’America più trash e cafona dove le bambine si esibiscono nei talent show truccate da adulte, dove nei bar si ritrovano gli spacconi dei social che giocano a fare gli influencer, e potrebbe essere paragonata per il suo spirito pop e coloratissimo a un affresco corale un po’ kitsch e surreale dell’eclatante fotografo David LaChapelle. Il tratto saliente della commedia, per ovvi motivi associata alla trilogia di Ocean’s 11, Ocean’s 12, Ocean’s 13, è il paradosso: l’America è la terra delle mille contraddizioni e delle infinite possibilità, soprattutto quando la si guarda con una ironia al vetriolo come fa il regista. Interessante il ruolo di Hilary Swank che interpreta l’agente FBI Sarah Grayson che ficca il naso ovunque, riuscendo a ricostruire i fatti con grande talento investigativo ma senza mai trovare uno straccio di prova. Perché alla fine la vicenda del colpo gobbo al circuito automobilistico ha dei risvolti che non ci si aspetta.

®Riproduzione Riservata

Saul Nanni: il bel tenebroso

C’è chi lo paragona a River Phoenix chi, invece, a un esordiente Leonardo Di Caprio, per il suo aspetto da bello e maledetto e i suoi ruoli tosti e intensi. A soli 18 anni, Saul Nanni – che ha cominciato giovanissimo e ha alle spalle anche ruoli cinematografici accanto ad attrici come Margherita Buy e Giovanna Mezzogiorno, oltre al grande successo della serie TV, Alex & Co, della Disney, dove recitava accanto al suo fedele amico Federico Russo – ha al suo attivo un film televisivo in uscita, Il fulgore di Dony, di Pupi Avati che, come ama sottolineare, gli ha insegnato a «cercare la verità e essere credibile quando recito» e, prossimamente, uscirà sempre sul piccolo schermo con, Non dirlo al mio capo, accanto a Vanessa Incontrada. Apparentemente algido, con i suoi occhi di ghiaccio – si divide fra Nord e Sud, Bologna e Roma – Saul è in realtà un ragazzo solare, amante delle spiagge della California, dove ha vissuto per sei mesi, «un’esperienza che consiglio a tutti». Il giovane attore ha un profilo Instagram seguito da 700mila followers.

Che ne pensi degli influencer e come gestisci la tua relazione con i social? Influencer è una definizione un po’ generica, non credo di “influenzare” chi mi segue, ma mi piace pensare di avere un profilo interessante. Non amo postare momenti della mia intimità e, da qualche tempo, ho abolito i selfie, perché, per me, non funzionano.

Il social del futuro?
Sicuramente Instagram, perché è il più intuitivo e accessibile e comprende tutte le funzioni di un social network. Credo che, nel futuro, il potere dei social media crescerà sempre di più. È uno strumento di comunicazione che va usato con saggezza, senza lasciarsi trasportare troppo dalla visibilità che offre, che comunque sicuramente mi ha aiutato anche nel lavoro, sebbene speri di essere apprezzato più come attore.

Capo must-have?
Il pullover a collo alto e poi mi piace vestirmi per le occasioni eleganti. La moda mi piace. Sono stato in prima fila a una sfilata di Emporio Armani.

Sogni nel casetto?
Recitare a Hollywood, diretto da Ridley Scott e Quentin Tarantino.

Photo| Davide Musto
Stylist| Stefania Sciortino
Grooming| Charlotte Hardy per Simone Belli Agency
Location| Radisson Blu Es Hotel Roma
Saul Nanni wears Total look Paul Smith

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Cinecult: Jackie di Pablo Larrain

Racconto struggente di una moglie, una madre amorevole e di una donna dal tormentato destino, Jackie Kennedy, il film biografico ‘Jackie’ diretto da Pablo Larrain distribuito da Lucky Red è uno spettacolo di rara umanità e autenticità pur sotto la superficie sofisticata, suggestiva e sfarzosa. Il regista di ‘Neruda’ ‘No-i giorni dell’arcobaleno’ e ‘Il club’ ha firmato un nuovo capolavoro vincitore all’ultimo festival del Cinema di Venezia del premio per la migliore sceneggiatura e candidato a 3 premi Oscar dei quali uno per la miglior attrice protagonista Natalie Portman, uno per la migliore colonna sonora di Mica Levi, uno per i migliori costumi di Madeline Fontaine, premiata per questo film ai British Academy Film Awards e ai Critic’s Choice Movie Awards. Il film racconta le ore e i giorni della vita di Jackie Kennedy immediatamente seguenti l’assassinio a Dallas del presidente peraltro ricostruito con grande meticolosità e sublime senso del dramma. Jacqueline Bouvier fu una delle first lady più giovani di tutta la storia americana: aveva solo 34 anni quando suo marito John Kennedy venne eletto Presidente. Dotata di stile e senso per il bello e per le arti che proteggeva da umile garbata e munifica mecenate qual era, e giornalista mancata, lasciò un segno indelebile nella storia americana anche per le scelte coraggiose che dovette intraprendere subito dopo la drammatica perdita del marito che riuscì a trasformare in una leggenda. Con un taglio intimistico e intensi primi piani la macchina da presa segue Natalie Portman-Jackie attraverso le stanze di quella che la signora considerava più che la Casa Bianca la ‘Casa del popolo’ e che aveva rinnovato con pochi, piccoli tocchi e un gusto squisito per conferire calore a una dimora ufficiale abitata da tanti capi di stato. Il film mostra una Jackie Kennedy privata molto determinata, mossa sempre dalla ricerca della verità soprattutto quando esprime la sua visione della storia e della moralità pubblica e privata al giornalista (Billy Crudup) che la intervista appena dopo la morte del marito. “Dò molto valore alla mia privacy, l’ho sempre fatto” dice durante il film. La donna si dibatte nelle traversie sulla scelta del miglior funerale per il marito morto e nella gestione dei rapporti con i figli di cui deve assicurare la sicurezza a volte discutendo animatamente con Bob Kennedy (Peter Sarsgaard) personaggio problematico che nel film afferma: “La storia è crudele, non ci dà tempo; siamo solo della belle gente, cosa abbiamo concluso? John Kennedy avrebbe potuto fare così tanto!”. Lei è sempre al centro di tutto e ammette la sua vanità e i suoi limiti pur combattendo contro i formalismi dell’establishment che la circonda e un po’ la soffoca: anche quando trattiene la rabbia e la disperazione per quanto è accaduto, Jackie mantiene sempre un contegno estremamente dignitoso e gentile come una vera first lady deve essere. Interessante il confronto dell’ex first lady con l’attore John Hurt un titano del cinema che nel film è Padre McSorley, confessore di Jackie. L’attore si è spento per un cancro al pancreas un mese dopo l’uscita del film. Bella l’immagine di Camelot metafora di una bella favola storicamente condivisa dalla famiglia Kennedy.

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Cinecult: Io, Daniel Blake di Ken Loach

Ken Loach regista di film di denuncia a sfondo politico-sociale ma anche densi di romanticismo come ‘Riff Raff’, ‘Piovono Pietre’, ‘Ladybird Ladybird’, ‘Il vento che accarezza l’erba’ film quest’ultimo per il quale si è aggiudicato il suo primo Palmarès, è uno che parla diretto alla testa e al cuore del suo spettatore. E lo dimostra egregiamente con il suo ultimo meritatissimo Palmarès, ‘Io, Daniel Blake’, distribuito da ‘Cinema’ di Valerio De Paolis. E’ la storia tragica e malinconica di un maturo falegname in crisi per aver perso il lavoro e immerso repentinamente in una burocrazia farraginosa e perversa che è palesemente contraria allo Stato Sociale e ai diritti dei lavoratori. In uno degli uffici per l’impiego dove è solito protestare e ricevere quotidianamente ‘ceffoni’ da burocrati insensibili ai suoi problemi che non fanno che complicare la sua già durissima vita, Daniel s’imbatte in Katie, una giovane disoccupata come lui ma con due figli a carico che a un certo punto medita di prostituirsi pur di sbarcare il lunario lontano da Londra. Paragonato da acuti critici alla filmografia di Vittorio De Sica, questo è un film molto vero come dimostra la battuta preferita del regista (e di Daniel) : “Io non sono un cane, sono un uomo” quasi a voler enfatizzare la sua condizione frutto di una burocrazia di destra ipertrofica e arrogante. “Stiamo perdendo il valore del termine cittadino-ha detto Ken Loach quando ha presentato il film a Roma-i governi sono schierati col capitale e i posti di lavoro o non ci sono, o sono insicuri o non garantiscono la dignità e un adeguato tenore di vita ai lavoratori; sono stato paragonato a De Sica: ebbene nei suoi film mancava la solidarietà civica e operaia mentre oggi in Inghilterra i lavoratori si sostengono molto l’un l’altro” dice il cineasta britannico. E aggiunge: “La complessità del governo che sa ciò che fa nasce per intrappolarci. Ogni settimana, come si vede nel film, vengono applicate delle sanzioni ai disoccupati: ebbene tutti coloro che hanno accettato di recitare dietro la scrivania come impiegati del governo nelle scene del mio film ambientate nei Job center sono ex dipendenti che mal tolleravano la crudeltà del sistema sanzionatorio. Pensi che durante il film mi raccontavano storie di vessazioni e ingiustizie vissute analoghe a quelle replicate durante il film”. Un grandissimo film da vedere e tenere gelosamente in videoteca.

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