Giacomo Hawkman, uno youtuber al Magna Grecia Awards

Essendo io non più esattamente un Millennial, scopro ed incontro Giacomo Hawkman, nel contesto del Magna Grecia Awards di Fabio Salvatore in Puglia, dove oltre a premiare le eccellenze della cultura e dello spettacolo, quest’anno hanno aggiunto un confronto tra i “meno giovani” ed i Millennials che con i social media a disposizione comunicano in maniera innovativa. La parola youtuber in Italia non è ancora chiara al grande pubblico, ma Giacomo ispirandosi al film “Perfetti sconosciuti” ha inventato il modo di far scoppiare le coppie.



Spiegami esattamente che cosa combini in giro?

Praticamente io mi diverto a fare delle interviste irriverenti in giro per l’Italia andando dalle coppie di fidanzati chiedendo di scambiare i cellulari per testare il livello di fiducia social, in tal modo da far controllare tutto quello che vogliono sul telefono del partner.

Casi eclatanti di litigi in diretta?

Sinceramente tanti, anche perché, una foto, un messaggino, decontestualizzato fa subito un certo effetto facendo sorgere dei dubbi al punto di far emergere delle vere e proprie magagne, facendo innescare uno screzio iniziale davanti alle telecamere, per poi proseguire in maniera più accesa dopo.



Però son dei pazzi a darti retta ed a fare questo giochino letale, come fai a convincerli?

Il mio approccio è sempre sul fare un test sulla tecnologia, del tipo meglio iPhone o Samsung, oppure a seconda della situazione mi invento qualcosa, il vero problema adesso arriva perché iniziano a riconoscermi, ma ragion per cui la fidanzata obbliga il fidanzato, il quale costretto non può esimersi dal farlo. Anche perché se si rifiuta, sarebbe già come fare una vera e propria ammissione di colpa, quindi al povero disgraziato non rimane che sperare che non riesca a trovarvi nulla di probatorio.

Come hai iniziato a fare questo delirio?

Sin dai tempi dell’università facevo video, scenette comiche, Candid Camera e poi dopo aver visto il film di Paolo Genovese “Perfetti sconosciuti”, ho realizzato di avere un passato sia da traditore che da tradito, mi son detto chissà come sarebbe traslare il film nella realtà. Lo smartphone è diventato la nostra scatola nera, chi non ha qualcosa da nascondere?

Poi comunque andando più indietro con gli anni, quando ero piccolo mio padre mi aveva regalato la mia prima telecamera ancora con le mini-cassette e riprendevo qualsiasi cosa, insomma questa è l’evoluzione della mia passione.



E dove li pubblichi i tuoi video?

Un po’ ovunque, su Instagram ovviamente solo delle pillole, poi Facebook e YouTube che sono in realtà il mio core business, anche se in Italia la parola youtuber fa pensare al ragazzino con i brufoli che si fa dei video nella cameretta. All’estero è una vera professione, un creatore di contenuti, nel mio caso un intrattenitore che distrugge coppie.

E uno youtuber come fa a guadagnare i soldi per il mutuo? 

Intanto c’è la pubblicità sia all’inizio del video che a metà che alla fine, e poi c’è il così detto product placement, che se si riesce a chiudere una campagna con il brand, poi viene inserito all’interno del video stesso. La cosa interessante è che non deve essere una marchetta, anzi bisogna cercare di costruire una storia ad hoc che sia divertente ed interessante per il fruitore.

E quando avrai finito di far scoppiare le coppie che farai?

Come ti dicevo la parte difficile si sta già verificando in quanto mi riconoscono, poi comunque ho un programma in radio e per il futuro spero di arrivare in TV, magari come inviato.



Alessandro Politi, una Iena dal cuore d’oro.

Incontro Alessandro Politi in Puglia al Magna Grecia Awards & Fest, dove viene premiato da Fabio Salvatore, ideatore e conduttore della manifestazione che premia le eccellenze e le persone che si sono distinte nella loro professione. Alessandro ci mette il cuore in ogni sua inchiesta che fa all’interno del programma che lo vede protagonista “Le Iene” di ITALIA1, a volte mettendo a rischio la propria vita, perché l’unica cosa che desidera quando fa un servizio è portare a casa la verità. Ha avuto la sfortuna di contrarre il Coronavirus dapprima, e poi di metterci la faccia con una delle inchieste più forti della sua carriera, scontrandosi con virologi ed immunologi, ma cosciente del fatto che qualcosa stava per essere taciuto per interessi di qualcuno, come sempre Alessandro ci ha aiutato ad aprire gli occhi sulla realtà dei fatti.



Come hai iniziato a fare il giornalista?

Sono figlio di giornalisti, tra cui mio padre davvero bravissimo che stimo all’infinito, in realtà io ho iniziato scrivendo di moda all’età di quindici anni, tra virgolette paesana, nel senso che davo i miei consigli sulle tendenze del momento. E anzi fu proprio mio padre a stimolarmi a mollare la playstation ed iniziare a scrivere seriamente, e così ebbi la mia prima rubrica che si chiamava “Moda e Modi”. Con tutta l’ingenuità che si può avere a quell’età iniziai, per poi presto passare alla cronaca.

E come si sono sviluppati i tuoi studi?

Mi sono laureato in giurisprudenza, ed ho sempre alternato tre mesi in giro per il mondo come in Cina, o Miami, piuttosto che in Austria dando esami ad ogni rientro in Italia, dandomi la possibilità di viaggiare e conoscendo posti nuovi e nuove culture che fanno parte del mio bagaglio culturale che tutt’oggi mi porto dietro.



Invece come ti è venuta l’idea di fare “la Iena”?

Parti dal presupposto che il mio sogno è sempre stato far parte del programma e l’ho sempre inseguito in tutti i modi, ma diciamoci la verità, in quanti magari lo vorrebbero fare. Fa parte di quei lavori, un po’ come il calciatore che rimane nel range dei lavori ambiti dal grande pubblico, in questo devo dire che la mia famiglia mi ha sempre disincentivato. Su questo mi sono sempre battuto, perché quando ti dicono che ce la fa uno su centomila, io mi son sempre detto: “ma perché non dovrei essere io quello lì”. Quindi credo fermamente che sia un errore madornale quello di limitare i sogni dei propri figli da parte dei genitori.

Ora dimmi, come sei arrivato ad ITALIA1?

In quel momento stavo facendo un programma che raccontava il mondo della moda sul web e proprio in quel periodo ho conosciuto una persona che stava lavorando ad un nuovo programma di ITALIA1 che era uno spin-off delle Iene, condotto dalla nostra amatissima Nadia Toffa “Open Space”, così mi proposero di andare a fare un casting in quanto cercavano persone giovani e soprattutto nuove. Insomma, la notte prima non ho nemmeno dormito per l’agitazione, e poi il giorno seguente Nadia e gli altri autori mi hanno scelto.

Te lo ricordi il tuo primo servizio?

Ovviamente si, era sempre sull’ambiente della moda, son andato in giro con telecamera nascosta in tutte le agenzie di modelle di Milano fingendomi l’agente di una modella bellissima ma leggermente fuori misura, stiamo parlando di un 90 cm di fianchi, insomma mi son sentito dire senza filtri che era grassa che non doveva mangiare e che avrebbe dovuto perdere almeno sei centimetri, abbiamo fatto scoppiare una vera bomba. A quel punto Nadia mi ha portato alle Iene. Lì è partito il mio cammino al fianco di Davide Parenti, prima come autore, e poi come vero infiltrato con servizi creati da me.

E poi veniamo alla tua massima esposizione tuo malgrado dopo essere risultato positivo al COVID19.

La mia esperienza personale è stata davvero durissima più a livello psicologico che fisico, perché fortunatamente non ho avuto grandi problemi per il Coronavirus a parte la febbre alta per un paio di giorni e difficoltà respiratorie, insomma ho fatto influenze molto più gravi di questa. Invece psicologicamente questo continuo martellare da parte di colleghi, con bollettino dei morti non riuscivo a capire per quale motivo lo stessero facendo, in quanto forse non si rendevano conto del danno che stessero infliggendo sulle persone a casa. A un certo punto ho dovuto smettere di guardare la TV perché stavo iniziando davvero a pensare forse non ce la farò.



E poi cosa ti è scattato nella mente?

Per fortuna ha avuto la meglio la mia indole da Iena e con Davide Parenti e Marco Fubini siamo riusciti a trasformare questa mia “sfiga”, in un messaggio di speranza per gli altri. Si parlava solo di immunodepressi, ma la pandemia ha creato tanti nuovi depressi a causa di un’informazione incerta e frammentata. Il mio problema è stato che quando telefonavo negli ospedali e chiedevo quanto ci voleva a negativizzarsi, la risposta era dai sette ai quattordici giorni dalla scomparsa dei sintomi, io ero arrivato al ventottesimo da positivo, con quattro tamponi alle spalle. Io non volevo uscire allo scoperto e veicolare il mio problema come hanno fatto tanti altri dal giorno 1. Quando invece l’ho fatto ne è uscito davvero un pandemonio, mi hanno intervistato televisioni asiatiche, russe, rumene, insomma avevo sollevato un polverone. Sono stato il primo ad andare contro all’OMS, in quanto dei giorni di positività non se ne parlava prima.

E alla fine che cosa hai fatto?

Avevo perso sette kg, ed io sono già magrolino di mio, ora ne ho ripresi tre, ma son sempre un po’ l’ombra di me stesso. La prima cosa che ho fatto è stata quella di donare il plasma, ed è stata una delle esperienze più belle della mia vita, sono fermamente convinto che sia una buona soluzione, ma ci sono troppe polemiche a riguardo, vedremo cosa succederà nei prossimi mesi.

Magna Grecia Awards Fest 2020

Siamo nel vivo della 23° edizione del Magna Grecia Awards Fest: ideato, creato e condotto da Fabio Salvatore, uomo dai mille talenti formatosi in teatro sia come attore che come regista. È inoltre autore di diversi libri.

Il dolore lo ha segnato sin dalla diagnosi del cancro alla tiroide a soli ventuno anni, poi la perdita del padre nel 2008 travolto da un incidente stradale. Incessantemente continua a celebrare le eccellenze del nostro paese nella sua amata terra: la Puglia. Proprio quest’anno con tutte le incertezze dovute al periodo pandemico, la sicurezza di poter svolgere la manifestazione non c’era, ma la sua tenacia e quella di tutto il team incredibile che lavora con lui lo ha portato mettere insieme un vero e proprio Festival.

Infatti, se gli anni passati era un’unica serata, quest’anno per rispettare le norme vigenti di distanziamento sociale, le serate son diventate sedici, tutte all’aperto e divise tra Castellaneta e Gioia del Colle. Non è mancato un grande evento anche a Casa Isabella, palazzo Ducale adibito ad hotel esclusivo di lusso, con un parco che trasporta gli ospiti in luogo dal sapore d’altri tempi.

Proprio per questa occasione la wedding planner Silvia Slitti ha creato una scenografia da favola, infatti anche lei è stata premiata la stessa sera per il suo impeccabile lavoro che protrae da svariati anni.

Ovviamente non è mancata la madrina d’eccezione Lorella Cuccarini, molto legata all’evento ed a Fabio Salvatore con il quale collabora anche per “trenta ore per la vita”, arrivata accompagnata dalle sue splendide figlie che rispecchiano in pieno la trasparenza ed il garbo della mamma.

Tanti i volti della televisione che si sono alternati in questi giorni, come la coppia più innamorata dell’anno ovvero Simona Ventura e Giovanni Terzi, prossimi alle nozze, sono stati entrambi premiati per il loro lavoro svolto in questi anni.

Poi Giampiero Ingrassia, colonna portante del teatro italiano, accompagnato dalla sua bellissima compagna Veronica ha ricevuto il premio alla carriera, sinceramente commosso, ci ha ricordato che aveva appena iniziato una tournee e che ha dovuto ovviamente sospendere a causa della pandemia. Ora il problema vero sono i teatri di cui non sappiamo ancora quando ed in che modalità potranno riaprire.

Ci son stati giovani influencer come Paolo Stella giunto al suo secondo romanzo che ha presentato qui al MGA, e poi la sempre sopra le righe Giulia Salemi è al suo primo romanzo autobiografico e come detto da lei motivazionale: “Agli uomini ho sempre preferito il cioccolato”.

Francesco Martino ne “Gli anni amari”

Francesco Martino è un vero e proprio attore internazionale, infatti la sua vita si è divisa per parecchi anni tra Roma e Los Angeles avendo la fortuna di formarsi nelle migliori scuole.Lo abbiamo conosciuto in diverse serie TV, ma il suo battesimo al cinema è stato al fianco di Ferzan Ozpetek ne “La finestra di fronte”.

Ora lo possiamo finalmente vedere nel tanto atteso film “Gli anni amari”, al cinema dal 2 Luglio, ispirato e dedicato alla vita di Mario Mieli a cui è intitolato il circolo di cultura omosessuale. Lui che ha combattuto le prime battaglie per i diritti LGBT.



Come hai iniziato a fare l’attore?

Tutto è iniziato all’età di quattordici anni, ero un ragazzino molto timido, e quasi per caso feci un corso di teatro e misteriosamente salendo sul palcoscenico si sbloccò tutto.

Una volta provata quell’ebrezza è difficile dire non mi piace e tornare indietro, e così è successo anche a me.

Che tipo di formazione hai avuto?

Devo dirti due, una italiana molto classica ovvero l’Accademia di arte drammatica Silvio D’Amico e l’altra Americana a Los Angeles con Ivana Chubbik, entrambe durate circa tre anni l’una.


Cardigan: Paoloni, Pantaloni: Siviglia

Ti piace la vita sulla West Coast?

Beh, è molto diversa da qualsiasi città europea, in quanto è stata costruita per essere guidata e non camminata, è un po’ come se fosse una regione con vari centri abitati collegati tra loro da grandi autostrade. 

Questo ha un impatto fortissimo appena ci arrivi poi man mano capisci come rapportarti con le persone ed il modo di costruire i rapporti è anche molto diverso, sono molto più italiano sotto questo punto di vista.


Giacca e pantaloni Lardini, T-shirt: stylist’s own

“Gli anni amari” sarebbe dovuto uscire a Marzo..

Ebbene si, era previsto per il 12 marzo, ovviamente a due giorni dal lock-down, data non fortunata, e momento storico senza previsioni.

La scelta è slittata al 2 luglio proprio per non mandarlo direttamente su di una piattaforma digitale ma dando l’occasione di ritornare al cinema a tutti gli appassionati.


Parlami del film e di Mario Mieli.

Viene considerato uno dei padri del movimento di liberazione omosessuale, al tempo si chiamava così l’attività per la difesa dei diritti, che in quel periodo erano totalmente assenti.

Io personalmente ne sapevo pochissimo e quando ho letto la sceneggiatura e ho visto che quarant’anni fa a Sanremo si teneva un convegno per capire se l’omosessualità fosse una malattia psichiatrica da curare con l’elettro shock, mi ha fatto rabbrividire.


Giacca e pantaloni Lardini, T-shirt: stylist’s own

Dimmi del tuo ruolo nel film.

Io interpreto Corrado Levi, compagno storico di Mario Mieli, intellettuale, architetto, attivista e fu anche uno dei primi personaggi sposati con figli a fare coming out, cosa totalmente inaudita al tempo con il rischio di licenziamenti e linciaggio. Il quale fondò una pratica simile a quella del movimento femminista, ovvero quella di ritrovarsi e parlare tutti insieme delle stesse tematiche di cui non si parlava con nessuno a scopo terapeutico. Quello che fanno tutt’ora gli alcolisti anonimi.


Foto: Davide Musto @davide_musto

Styling: Filippo Casaroli @filippocasaroli

Special thanks: Mpunto Comunicazione

Intervista a Marco Ferrero-ICONIZE

Marco Ferrero, alias ICONIZE, è uno degli influencer e Tik-Toker Italiani più famosi al mondo. Nato a Biella ma adottato da Milano sin da quando aveva diciotto anni. Giugno è il mese dell’orgoglio omosessuale, e proprio lui del suo coming-out ne ha fatto un video virale che è passato alla storia, gioca e scherza sull’argomento con contenuti esilaranti. Segni particolari: bello e pazzo da far innamorare.



Come hai iniziato a fare i tuoi video?

Sin da piccolo ho sempre avuto questa passione per la fotografia che mi ha trasmesso mio nonno, che era un appassionato d’arte lavorando nel tessile, e così ho iniziato a scattare foto ai miei amici per poi postarle su facebook.

Praticamente loro erano i miei modelli, e poi un po’ per caso e un po’ per fortuna i miei video hanno iniziato a diventare virali, ma non era assolutamente quella la mia intenzione.

Alla fine, la mia creatività è stata premiata, quindi mi reputo anche fortunato.

Questi video li fai tutti da solo o hai un team che ti aiuta?

Credo che sia proprio la mia caratteristica, non ho persone che lavorano per me, anzi faccio tutto da solo dal montaggio alla regia.

Poi a volte quando lavoro per un brand importante mi appoggio a qualcuno, ma penso sempre che sia l’idea quella importante e non la tecnica.



A proposito dei tuoi video, voglio sapere tutto su quello del “pene saltellante”.

In quel periodo ero a Miami, e una mia a mica ha pensato ovviamente di regalarmi questo costume di carnevale a forma di pene con dimensioni umane, era sicura che qualcosa avrei combinato di certo.

Infatti, ho iniziato ad andare in giro per la città, con la gente che nel frattempo scattava foto e faceva video, in quanto capisci bene che non è da tutti i giorni vedere un pene che saltella in giro!

Come lo hai vissuto il periodo del lockdown?

Chiaramente è stata una tragedia un po’ per tutti, però io dai momenti no riesco sempre a trarne qualcosa di buono, ed infatti mi son messo a creare contenuti che magari rimandavo da tempo, ed invece avendone molto a disposizione ho messi a frutto le idee.

Ho sfruttato anche il momento visto che non ero solo io ad avere troppo tempo a disposizione, tutti quanti erano sui social molto più del solito.



Ho visto che ti sei cimentato anche nella conduzione, vorresti diventare un Mike Bongiorno? 

Mi vedrei a condurre qualcosa tipo “Total request Live” come quello che facevano da piazza Duomo a Milano, e poi mi son divertito a condurre “Mai dire quarantena”, idea che mi era venuta appunto stando a casa.

Come ti è venuto in mente il tuo nome d’arte ovvero ICONIZE.

Sinceramente non lo so nemmeno io, però mi ricordo che era di notte, sempre dal fatto che fotografavo i miei amici, ed alla fine li volevo iconizzare, e tutt’ora sono convinto che sia stata la scelta giusta, mi ci rispecchio.



Raccontaci del tuo coming-out.

Normalmente quando le persone scelgono di fare questo passo, iniziano dagli amici più stretti, hanno sempre un po’ di timori nei confronti della famiglia, io invece nel 2011 ho scelto di farlo nel modo più plateale possibile, ho fatto un video e l’ho messo in rete. Sono felice di averlo fatto perché in quel momento c’erano veramente pochi personaggi pubblici che sceglievano di farlo e questo mi ha dato una grande forza.

Osteria Candalla, il paradiso in Versilia

Per chi ama, conosce e frequenta la Versilia, sa benissimo che la bellezza di questo luogo non è circoscritta solo al lungomare, infatti basta alzare gli occhi e vedere la maestosità delle Alpi Apuane.



Infatti, proprio a Camaiore nella località Lombrici appena sulla collina sorgono le cascate naturali di Candalla che danno nome alla oramai rinomata Osteria.

Ai piedi del monte Prana appoggiata magicamente sul letto del fiume troviamo un ex mulino che trasformato dal genio e follia dei proprietari Alessandro, Daniela, Giulio e Massimo nel giro di pochissimo tempo è diventato “The place to be” per tutto il jet-set Versiliese.



La prima volta che si arriva si ha l’impressione di aver preso la strada sbagliata, in quanto la strada sale fino ad arrivare a destinazione.

L’effetto scenico della natura è davvero unico. La serata parte con l’aperitivo al “Bananas Bar” dove soprattutto quest’anno è diventata obbligatoria la prenotazione anche per questo rito di degustazione di vini e di cocktails, nel pieno rispetto delle misure di sicurezza.



Anche se diciamocelo, la vastità di spazio all’aperto che ha a disposizione questo ristorante è davvero invidiabile.

La maggior parte dei tavoli esterni sono disposti con un sistema a terrazze tanto amato dai vip, proprio per il senso di estrema privacy offerto ai clienti come Michelle Hunziker, Jodie Foster, Giorgio Panariello, Giobbe Covatta, Alessandro Sallusti e Patrizia D’Asburgo Lorena per citarne alcuni tra i più affezionati.



La carta vincente del menù è sicuramente un abbinamento di piatti tipici della Lucchesia come i famosi “tordelli” fatti a mano ed un’attenzione ricercata anche per clienti vegetariani, insomma praticamente impossibile non uscirne felici e con la voglia di ritornarci.

Il Mediterraneo al MAXXI inizia l’estate

Lunedì 1° giugno vi è stata l’inaugurazione del ristorante Mediterraneo all’interno del cortile del MAXXI a Roma, il bellissimo museo di arte contemporanea disegnato da Zaha Hadid, archistar di fama internazionale.



La cornice più unica che rara è davvero incantevole quello che ha voluto presentare l’imprenditore romano Alessandro Cantagallo è un contesto raffinato, elegante e visti gli ampi spazi che possa dare la completa sicurezza richiesta da questo momento storico.



La scelta dell’allestimento con “Homy”, ovvero degli igloo sparsi per il giardino costituiti da canne di bamboo e luci luminose i quali creano un’atmosfera accogliente e raccolta, come ricorda il proprietario è assolutamente necessaria la prenotazione, visto il numero ridotto degli ospiti rispetto ad anni passati, diventa fondamentale la telefonata per assicurarsi il proprio posto.



Questo è stato il primo vero evento post quarantena, un’immagine nuova con le persone distanziate e con mascherina obbligatoria, a tal punto da stentare a riconoscere i tanti ospiti vip intervenuti come: Bebe Vio, Isabella Rauti, Manfredi Alemanno (direttore artistico di Mediterraneo), Tess Masazza, Fasma, Antonio Aiello, Leonardo Bocci, Matteo Martinez, Beatrice Grannò.



Il progetto MEDÏTERRANEO estivo è in collaborazione con Spirito, Helbiz (con le sue soluzione di micro-mobilità green come i monopattini) e Verde Pistacchio. 

Disponibile il servizio di consegna a domicilio sulle piattaforme online Deliveroo, Just Eat, Glovo e Uber Eats. 

Sarà inoltre possibile ordinare da asporto tutti i prodotti del ristorante. La location resterà aperta tutti i giorni a pranzo (escluso il lunedì), all’ora dell’aperitivo, a cena e per il dopocena.


Intervista a Miguel Gobbo Diaz: “fuori dalle scene conduco una vita bucolica”

Miguel Gobbo Diaz, attore italiano di origini Domenicane, ma la sua città è Vicenza, anzi il veneto come ci confermano il suo accento ed i suoi oramai imperdibili TikTok.

La gavetta lui l’ha fatta ed anche seriamente, dopo due tentativi è riuscito ad entrare nell’ambitissimo Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma dove ha studiato e si è diplomato.

Oramai il Grande pubblico lo riconosce per la serie TV di RAI1 “Nero a metà” di cui è protagonista e di cui sta per arrivare la seconda stagione.

Dimmi subito qualche news sulla seconda stagione?

Non posso dirti troppo, però è finita, ed è pronta, stiamo solo aspettando la data della messa in onda, che doveva già essere programmata, poi con il lockdown, ovviamente i palinsesti hanno inevitabilmente subito dei cambiamenti.

La buona notizia è che la RAI sta mandando proprio in questi giorni la replica della prima serie così chi se la fosse persa, può recuperare.

Parlami del tuo personaggio in “Nero a metà”

Il mio ruolo è quello di Malik Soprani e sono un poliziotto, il quale si ritrova a lavorare con Carlo Guerrieri che sarebbe Claudio Amendola, il fatto è che non vanno assolutamente d’accordo, anzi non si sopportano proprio, e poi tra una tensione l’altra risultano funzionare molto bene come coppia e come squadra.

Per chi ti segue sui social, la tua è una vita bucolica!

Si, ho la fortuna di avere i miei che vivono in campagna in Veneto, tre giorni prima della chiusura dell’Italia ero a Roma e poi mi son detto magari salgo su per un weekend in quanto poi avrei dovuto girare un progetto nuovo e non sarei più potuto risalire.

Poi è successo il delirio che tutti noi conosciamo e son fortunatamente rimasto qui e con l’occasione ho potuto aiutare mio padre con qualche lavoretto riscoprendo i valori della natura.

Quindi hai preso le usanze della tua regione, si beve senza domani?

Beh, diciamo che da ragazzino si, ora però molto meno anche se non posso negare che qui gli aperitivi con gli amici sono sempre importanti.

Qui c’è una vera e propria tradizione del vino ne dello Spritz.

Ti sei mai dovuto scontrare con un pregiudizio nei confronti della tua pelle?

Sinceramente no, ho avuto pochi amici neri, ho sempre avuto amici della zona di Vicenza, forse son stato fortunato ma non saprei, però penso che a volte i pregiudizi ce li creiamo noi, e magari basta distogliere l’attenzione e non dare importanza ad un solo primo sguardo.

Difficile che io non sia simpatico, ma può succedere.

Come ti sei avvicinato a questo mestiere?

Decisamente per caso, a scuola, non conoscevo esattamente il teatro, poi un pomeriggio mi hanno offerto la possibilità o di fare i compiti o di fare teatro, e la scelta è stata facile, a me non piaceva studiare.

Da li ho iniziato con quel corso di recitazione e non mi son più fermato.

Intervista a Moisé Curia

Moisé Curia, è un attore giovane con un curriculum vitae di tutto conto, ha in iziato a lavorare appena uscito dal Centro sperimentale di Roma, e come dice lui, è anche stato molto fortunato, aggiungo un vero talento.

Di origine calabrese, dopo aver iniziato da una gavetta particolare ovvero facendo l’artista di strada con la serie TV “Braccialetti rossi” raggiunge il pubblico italiano facendo breccia al cuore di tutti.

Lo abbiamo apprezzato in “Pezzi Unici” diretto da Cinzia TH Torrini al fianco di Sergio Castellitto, di cui si attende una speranzosa seconda stagione visto il successo della prima.

Hai sempre avuto la passione per la recitazione?

Direi proprio di sì e la conferma la ebbi dopo essere stato accettato al centro sperimentale di Roma, e proprio frequentando I corsi di recitazione incontrai Giacomo Campiotti, il quale stava per girare una miniserie per Raiuno “Non è mai troppo tardi”.

Era il mio primo provino appena uscito dall’Accademia, lo presi e diventare uno dei protagonisti della serie.

Il tuo picco di popolarità lo raggiungi con la serie cult “Braccialetti Rossi”…

Proprio lo stesso regista Giacomo o a chiamarmi ad interpretare uno dei personaggi della serie di Raiuno “braccialetti rossi”, da quel momento a me e a tutti gli altri ragazzi del cast posso dire che hai cambiato la vita. È stato quasi uno shock passare dall’essere un signor nessuno all’essere riconosciuto continuamente per la strada. E dopo questa esperienza sono iniziate ad arrivare proposte lavorative veramente interessanti.

Sei reduce da un grande successo di Rai1, te lo aspettavi?

Si, aver avuto l’opportunità di lavorare con una grande regista come Cinzia TH Torrini in “Pezzi Unici”, è stata un’esperienza meravigliosa, non c’è ancora nulla di confermato però visti gli ascolti della serie ci sono tutti presupposti per una seconda.

Cinzia lascia molta libertà agli attori ma appena esci dall’idea che lei si è fatta del personaggio si incazza veramente tantissimo, devo ammettere che mi ha sgridato parecchie volte. Il ritmo thriller che ha voluto dare alla storia credo che sia la componente che ha tenuto i telespettatori inchiodati alla domenica sera.

Parlami del tuo film in uscita, appena riapriranno i cinema..

È un film molto duro, in quanto è una denuncia contro la pedofilia. Il mio personaggio è veramente difficile in quanto interpreto il rapitore della bambina non che il pedofilo.

Nel film in generale non viene nulla di esplicito e tutto implicito, un ruolo decisamente lontano da me, un tossico un pazzo un pervertito, senza svelare troppo posso dire che in tutto questo malessere c’è anche una sorta di poesia.

Nel cast insieme a me c’è Valeria Golino, c’è Cosima Stratan che ha vinto la Palma d’oro a Cannes con un film che si chiama oltre le colline, e poi molte star da Ukraina e tedesche in quanto il film è tutto girato nell’est Europa.

Che rapporto hai con la moda?

A me piace tantissimo la moda, mi è capitato svariate volte di partecipare a servizi fotografici di moda e devo dire che mi diverto tantissimo, infatti a volte mi confronto con la mia fidanzata su come vestirmi e devo ammettere che è una passione per il tessuto delle camicie.

Cosa ti rende più felice nella vita?

Sicuramente la mia fidanzata Lara, è stato un incontro bellissimo, pensavo di aver raggiunto tanti obiettivi nella mia vita, invece quando l’ho incontrata in un locale a Torino ho capito che forse mi manca qualcosa.

Ma la cosa più bella è che quell’incontro non è mai terminato siamo stati legati fin dal primo momento.

E cosa ti fa arrabbiare di più?

Non amo che non ha il coraggio di parlare in faccia, amo la chiarezza, soprattutto in un ambiente artistico. Mi infastidiscono le persone che arrivano ad un obiettivo per non so quale motivo senza lo studio la preparazione e la professionalità.

La tua vacanza ideale?

Sono nato a Rossano Calabro, quindi per me in una vacanza ci deve essere per forza al mare. Se dovessi cambiare vita andrei a vivere ai Caraibi con solo il mare davanti a me e la mia fidanzata al mio fianco.

A Parigi Bob Sinclar suona sull’Arco di Trionfo

Bob Sinclar, non ha bisogno di presentazioni, lui è the King of DJ: Francese, Parigino, produttore con una serie di hit che lo hanno fatto diventare nell’arco degli anni una celebrities di caratura internazionale.

I suoi party ad Ibiza hanno segnato la storia, l’estate 2020 la vede un po’ difficile da celebrare, ma non si è perso d’animo e sin dal primo giorno di lockdown ha voluto dedicare a tutti coloro che lo seguono dei DJ set quotidiani con la sua musica preferita in diretta via social.

Proprio per questo motivo la città di Parigi gli ha offerto una possibilità unica, ovvero quella di suonare sull’Arco di Trionfo, senza pubblico ovviamente, ma regalando la sua musica a tutti via Facebook in una cornice incredibilmente scenografica.

Bob Sinclar
Bob Sinclar

Come stai vivendo la tua quarantena?

Lavoro in studio e mi diverto a suonare per tutti gli amici che seguono i miei live tutti i giorni, ed è meraviglioso ricevere messaggi di amore dalle persone che mi ascoltano.

Sono molto vicino all’Italia per la difficile situazione che sta vivendo, e sentire il loro calore mi fa sentire davvero benissimo.

Prossimamente suonerai sull’Arco di Trionfo, puoi anticipare qualcosa?

Sarà qualcosa di veramente grande, farò un Dj set live, precisamente su uno dei monumenti francesi più famosi al mondo ovvero l’Arc de Triomphe, naturalmente senza pubblico, ma sarà in diretta streming su facebook, e poi successivamente verrà pubblicato su YouTube ed altre piattaforme.

La cosa più bella è che non me lo sarei mai immaginato, mi hanno chiamato per fare questo evento proprio perché stavo facendo i DJ set sui miei canali social.

Questa è una nuova esperienza anche per me, suonare senza pubblico davanti non è qualcosa che ti aspetteresti mai.

Che cosa è successo quando ti sei trasformato da Bob a Cindy in uno dei tuoi Dj set l’altro giorno?

Allora, tutto parte dal fatto che ho un manichino in studio, che io chiamo Cindy, e diciamo che mi fa compagnia mentre suono tutti i pomeriggi, ma gli haters sul web ci sono sempre, così ho iniziato a ricevere messaggi veramente cattivi i quali mi dicevano che quella era una brutta rappresentazione della donna, che era solo plastica e stavo degradando la loro immagine.

Alla fine, mi sono davvero arrabbiato, perché penso di amare le donne più di chiunque altro!

Quindi mi son detto, pensate davvero questo di me? Ok, allora mi vestirò io da Cindy, ho preso il suo vestito, la sua parrucca e suoi tacchi a spillo e mi son divertito. Adoro divertirmi.

Cosa ne pensi di questa #summer2020?

Credo che sarà difficile da celebrare questa stagione, soprattutto per Ibiza, e poi qui in Europa usciremo da questo incubo del virus in momenti diversi, quindi la programmazione è praticamente impossibile.

L’importante in questo momento è essere in salute e poter tornare al più presto nei club a divertirci come abbi amo sempre fatto.

Cosa farai ora che è terminato il lockdown?

Lavoro dodici ore al giorno, quindi forse entrerò in un lockdown mio personale e mi riposerò.

Intervista a Jan Michelini, regista di “Diavoli”

Jan Michelini è un regista dal talento internazionale, infatti ha costruito le basi della sua carriera proprio respirando e carpendo i segreti di grandi maestri che lo hanno guidato. Fin da giovanissimo ha cercato di lavorare al fianco di visionari professionisti come Mel Gibson. Si divide tra un set e l’altro senza trascurare la sua bellissima moglie Giusy Buscemi, già Miss Italia, da cui ha avuto due bellissime bimbe.

La sua ultima fatica “Diavoli” è in onda sui canali SKY dal 17 Aprile con Alessandro Borghi e Patrick Dempsey protagonisti.

Dove stai trascorrendo la tua quarantena?

Ovviamente a casa, vivo a Roma e più precisamente a Trastevere, grazie al cielo abbiamo una bella terrazza che permette di avere un po’ di sfogo, e soprattutto con due bambini piccoli che non possono uscire è davvero indispensabile. Nel frattempo, mi sono trasformato in colf.

Diamo che la più grande se ne sta accorgendo perché ogni tanto ci fa capire di voler tornare al nido dai suoi amici, l’altra non se ne rende conto perché ha sei mesi.

Che differenza trovi nel girare una fiction italiana ed una internazionale?

Di base il mio lavoro non cambia, la differenza la fanno solo le risorse che si hanno a disposizione per realizzare il progetto.

Ovviamente in una produzione internazionale avendo più giorni a disposizione si può dare più sfogo alla creatività.

E poi ci sono serie come “DOC: nelle tue mani“ dove invece ti chiedi come fare ad ottenere un prodotto di altissima qualità con meno mezzi, e li posso dire che nascono i veri miracoli.

Ti aspettavi il grande successo della serie “DOC”?

Quando avevo letto la storia scritta da due grandissimi autori, per altro realmente accaduta, ho capito immediatamente che c’era una storia forte con dell’ottimo materiale su cui poter lavorare.

Soprattutto nella fase di montaggio mi son reso conto di continuare a provare emozioni diverse, poi la scelta della messa in onda in un momento così difficile dove eravamo bombardati da immagini di medici ed ospedali.

Credo che il pubblico ci abbia premiato in quanto è una serie televisiva che comunque porta a credere nella speranza.

Il finale invece lo vedremo a settembre?

Sì, quando è scattato il blocco totale ci mancava ancora una settimana di riprese, ed anche una parte di montaggio, ma quello son riuscito a farlo da casa con l’oramai noto “smart working”.

Che hai pensato quando ti è stata offerta diavoli?

Beh, la prima cosa è stata: studia, studia! Era un argomento che non conoscevo assolutamente, non conosco la finanza, non investo quindi era una scoperta anche per me.

Non conoscevo le radici profonde di un territorio di guerra, che giorno dopo giorno può decidere le sorti dei paesi.

È una serie che non da un giudizio morale sulla finanza, anzi permette al telespettatore di farsi una propria opinione e capire quale può essere il bene e quale il male.

Diavoli è un titolo che può essere frainteso, ma non posso ovviamente svelare le vere origini altrimenti svelerei la fine della serie, ma non si riferisce all’entità spirituale diabolica.

La scelta del cast l’hai fatta tu o era già sul tavolo quando sei arrivato?

In quel momento non era ancora definito, ma ci stava lavorando il titolare della prima parte della serie, però devo dire che è stato un lavoro svolto totalmente a quattro mani e chi meglio di Alessandro Borghi e Patrick Demsey per quei ruoli, credo nessuno.

Regista e Miss, è da sempre un connubio che funziona, come vi siete conosciuti?

La prima volta è stato ad un evento di beneficenza dove lei era testimonial, io son andato di corsa giusto per salutare, ed un amico me l’ha presentata, ma non ci siamo assolutamente filati.

Ci sono voluti almeno tre anni di incontri casuali, avevamo entrambi dei pregiudizi a vicenda, che poi con un viaggio in treno sono crollati in un attimo.

Rising stars: Filippo Marsili

Filippo Marsili, romano, giovanissimo attore al terzo anno del centro sperimentale di Roma, si è già fatto notare nella seconda stagione di Baby con il suo personaggio Carlo.

Ora attendiamo l’uscita su Netflix del capitolo finale della serie che ha appena finito di girare.

Sempre per lo stesso network, ovvero Netflix, lo vedremo presto nella nuovissima serie Curon.

Photo by Riccardo Riande

Quando hai capito di voler fare l’attore?

Potrei dirti che tutto iniziato al liceo, in maniera del tutto non professionale, poi ho proseguito con dei workshop che hanno fatto crescere in me la passione per la recitazione.
Subito dopo la scuola ho capito che non sarei riuscito a vedermi in un lavoro standardizzato, quindi ho deciso di intraprendere questa professione che mi concede il lusso di vivere 1000 vite.

Sei ancora al centro sperimentale?

Si, stiamo facendo le lezioni online e spero potremmo abbracciarci tutti molto presto.

Nonostante tu stia ancora frequentando i corsi hai già avuto la tua bella occasione…

Per l’appunto essendo ancora io al centro aver avuto la possibilità di accedere al mio primo lavoro con un progetto Netflix come “Baby2” è stata davvero una grandissima soddisfazione.
Ero cosciente del fatto che fosse stata seguitissima la prima serie ed io ero al mio primo provino, questa è stata una grandissima iniezione di fiducia per la mia professione.
Ed alla fine dei conti rimane sempre il primo lavoro, quello che non ti scordi mai.

Ci sarà presto anche Baby3?

Si confermo che abbiamo appena finito di girare la serie, orientativamente credo debba uscire a ridosso dell’estate, però con tutti i cambiamenti che ci sono in questo periodo non saprei dire niente di più preciso.

C’è qualcuno in particolare con cui hai legato di più nel cast?

Sicuramente ti direi Sergio Ruggeri in quanto siamo entrati insieme nella serie alla seconda stagione, ma alla fine ci siamo integrati benissimo con tutto il cast in quanto siamo tutti ragazzi giovani quindi l’atmosfera era sempre ottima.

Cosa mi racconti come evoluzione del tuo personaggio nella terza serie?

Nell’ultima serie tutti personaggi arrivano alla resa dei conti, in quanto, in modi diversi, ma avevano vite segrete che sveglieranno di puntata in puntata arrivando all’epilogo.
Carlo, il mio personaggio nel suo piccolo continuerà a seguire il branco, di più non posso dirti altrimenti che gusto c’è a guardare la serie.

Sarai anche nella nuova serie Netflix Curon, cosa mi puoi anticipare di questa?

Curon è un piccolo paesino del Trentino-Alto Adige famoso per il suo lago da cui emerge il campanile della chiesa.
E proprio da qui parte la storia di alcuni abitanti con qualcosa da nascondere, insomma una serie di genere, potremmo dire un thriller psicologico.

Cosa farai appena potrai uscire di casa?

Innanzitutto, finire il terzo anno del centro sperimentale che per me è davvero importantissimo, e poi una bella birra rossa con gli amici che mi manca davvero.

Cosa non deve mai mancare nella tua valigia prima di un viaggio… quando torneremo a viaggiare?

Sicuramente gli occhiali da sole, non me ne separo mai.

Cover photo credit: Riccardo Riande

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Alessio Vassallo “La concessione del telefono”

Alessio vassallo, Siciliano DOC, un vero talento del panorama del cinema italiano, un attore impegnato a trecentosessanta gradi nel suo lavoro, con cinema, TV e tanto teatro.

Quest’anno l’abbiamo visto anche presentare i “Fabrique du Cinemà Awards”, che sono appunto i riconoscimenti per tutti i giovani talenti nelle arti cinematografiche.

Dopo aver lavorato precedentemente con Camilleri ne “il giovane Montalbano” e “la stagione della caccia”, ritorna a Vigata, per interpretare Pippo Genuardi ne “La concessione del telefono” che andrà in lunedì 23 Marzo ore 21.25 su RAI1.

MI racconta Alessio che per lui è un grandissimo onore tornare in questa cittadina siciliana per la quarta volta, interpretando il ruolo del protagonista (Pippo) un commerciante di legnami, che come vedremo si dall’inizio del film inizierà a scrivere delle lettere al prefetto, per cercare di ottenere la concessione della linea telefonica.

L’ambientazione è nella prima metà dell’800’, quindi stiamo parlando dei primi prototipi, lui si permette di fare una cosa del genere in quanto benestante e conduce la cosiddetta “bella vita” grazie ai soldi del padre di sua moglie che lo vizia un po’ in tutto.

È un uomo a cui piacciono i lussi dell’epoca, infatti possiede anche un quadriciclo a motore, ma vi è un motivo specifico per cui brama questa concessione, non mi svela nulla su questa suspense che avvolge il film, dobbiamo vederlo tutti per capirne il perché.

Entrerà in un vortice di equivoci incredibile, arrivando al punto di essere considerato sovversivo, e sono proprio le alte cariche dello stato che iniziano ad insospettirsi non capendo questa sua necessità di codesta linea telefonica.

Da li ne succede un dramma all’italiana, un po’ come accade nei film dei fratelli Cohen, dove da una palla di neve ne succede una valanga, quindi una vera e propria commedia degli equivoci sulla stupidità umana, e la complessità della burocrazia del nostro paese, che dal 1800 ad oggi è cambiata ben poco.

Alessio ci garantisce che si ride molto, in quanto siamo un po’ tutti Pippo Genuardi, in quelle situazioni con un guaio più grande di te ove però oramai è troppo tardi per fare retromarcia.

Il film TV è stato girato tra Vigata e palermo città d’origine di Alessio infatti per lui è stato un grande onore filmare per le strade di casa sua.

Siamo tutti invitati a vederlo, soprattutto per il fatto che questo romanzo era il preferito dallo stesso autore: Andrea Camilleri.

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Intervista a Gianni D’Addario

Gianni D’Addario, pugliese, di Gravina, è il co protagonista di Checco Zalone nel suo ultimo film campione d’incassi “Tolo-Tolo”, dove il suo personaggio spicca per il suo inverosimile cinismo. Ma è davvero un attore poliedrico, infatti tra poco lo vedremo anche a teatro con Pirandello, e poi in estate al Festival di Napoli con uno spettacolo ispirato a “La grande abbuffata” di Marco Ferreri.

Ovviamente hai iniziato il percorso attoriale con dei concorsi di bellezza?

Si, ho fatto Miss Italia, Mr. Italia e non mi son fatto mancare i concorsi nei villaggi turistici, classificandomi anche piuttosto bene mettendo i capelli lunghi! Ovviamente Gianni sta al gioco, in quanto facciamo riferimento ai repentini cambi di parrucca che ha nel film, i quali, definiscono la crescita del personaggio.

Il tuo con Zalone è un sodalizio che si protrae da diversi anni, in quanto ti avevamo già visto in “Quo Vado”.

Tutto nasce da un amico in comune che abbiamo, ovvero Francesco Asselta, che è anche il mio autore teatrale, e per una serie di connection dopo una serata assurda finita con me senza benzina nel motorino, mi son ritrovato a fare un provino il giorno seguente. Sono risultato abbastanza simpatico e mi ha preso.

Com’è lavorare in un film di Zalone, di cui si sa già che incasserà tantissimo e ci saranno tantissime critiche che creano sempre una grande aspettativa.

Prima di tutto devo dire che la responsabilità che senti addosso è davvero tanta per me, quindi immagina per lui! La verità però è anche che ci divertiamo tantissimo, e siamo come un gruppo di amici che gira un film. In quest’ultimo in particolar modo, ha preso tantissimi attori dal teatro, quindi persone che conoscevo benissimo e con cui avevo già lavorato precedentemente.

In questo film in particolare le critiche hanno largamente fatto da trailer al film.

La situazione si spiega semplicemente con il fatto che quando un film viene visto praticamente da tutto il paese, stiamo parlando quasi di rito collettivo, dove ognuno ovviamente deve dire qualcosa per parteciparvi. Soprattutto quando si fa della satira che colpisce la coscienza delle persone, gli animi si scuotono facilmente.

Con la tua escalation del personaggio che da disoccupato diventa Presidente Europeo alla commissione dell’immigrazione, ti sei ispirato a Di Maio?

No, mi sono ispirato a quello che era scritto nella sceneggiatura (vedi Luigi Di Maio) alla fine è un modo di agire che vedo quotidianamente nelle persone.

Ora come ti vedono in Puglia, la tua terra, dopo questo successo.

Posso dire di essere un uomo libero, in quanto non mi riconosce nessuno, a parte quelli del mio paese che sanno che ho fatto il film, giro tranquillamente.

Progetti futuri imminenti?

Esco al cinema con un altro film che è un’opera prima di Marcello di Noto, che dovrebbe chiamarsi, se non cambiano il titolo, “L’amore non si sà”, ed al mio fianco ci sarà la mia amica Silvia D’Amico. Posso dire che il montaggio che ho già visto è davvero bellissimo, con delle immagini stupende, vediamo come si organizzerà la distribuzione ma in primavera dovrebbe essere nelle sale. Poi sarò a teatro con “Sei personaggi in cerca di autore” per la regia di Michele Sinisi. E poi sempre a teatro per il festival di Napoli faremo uno spettacolo tratto dal film del 73’ “La grande abbuffata” con Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, un vero cult della cinematografia mondiale.

Dimmi del tuo CV?

Beh, diciamo che agli esordi il mio CV era un vero fake, in quanto nonostante io ce la mettessi tutta, non riuscivo nemmeno a fare i provini. Quindi, diciamo che ho dato largo sfogo alla mia fantasia in quanto non avevo grandi scuole da inserire, sono diventato famoso proprio per le mie invenzioni di esperienze che non avevo avuto.

Il ricordo più bello dei tuoi esordi?

Sicuramente lo spettacolo su Giorgio Gaber che feci quando avevo ventotto anni, dove giravo con cinque musicisti su di un furgone Ducato scassatissimo, con delle sponde altissime sopra che ci aveva fatto un fabbro per gli strumenti.

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Italian Wedding Stars in Love

San Valentino, la festa che celebra l’amore in tutto il mondo, a volte può risultare invadente e troppo commerciale come celebrazione.

Il problema l’ha risolto Daniela Corti, fondatrice di Italian Wedding Stars, evento di eccellenza per il settore, creando un Gran Galà dinner super esclusivo a Villa Lina resort a Ronciglione nel cuore della Tuscia in provincia di Viterbo, con la collaborazione di Silvia Jacopini anche lei wedding planner.

Questa splendida dimora è di proprietà di Paola Igliori, poetessa, scrittrice, fotografa, saggista ed editrice.

È diventata residente a New York City dagli anni ’80, quando si è trasferita lì per la prima volta, fino al 2003, quando è tornata nel suo paese d’origine.

Infatti, l’arte e la cinematografia sono veramente parte integrante della famiglia, tanto è vero che nella splendida limonaia del giardino all’italiana vi ha girato l’ultimo spot Campari nientemeno che Paolo Sorrentino che a quanto pare ha occhio per “la grande bellezza”.

Quando si apre il cancello si scorge solo un’infinita salita che per l’occasione era costellata di candele, un effetto scenico davvero unico, al punto di avere l’impressione di non arrivare alla fine, ma poi ad accogliere gli ospiti vi erano da trampolieri a mentalisti, insomma il gioco dell’amore non si è fatto attendere troppo, culminando con gli immancabili fuochi d’artificio.

La Tuscia sta sempre più affermando una crescente attitudine nel destination wedding, potendo coinvolgere gli ospiti stranieri con una serie di attrattive culturali, storiche ed artistiche capaci di arricchire e rendere unici prestigiosi e selezionati matrimoni internazionali.

Photo credits: Melissa Fusari

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World of Fashion giunge alla sua 23° edizione

Oltre 600 ospiti alla 23° edizione dell’Evento Internazionale WORLD OF FASHION che si è svolto a Palazzo Brancaccio, durante la settimana dedicata alla Moda Romana.

Il World of Fashion resta sempre uno degli eventi più attesi della Capitale. Personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, ambasciatori, giornalisti, buyer, imprenditori ed esponenti della nobiltà per una passerella d’eccezione che fa della moda un catalizzatore di costumi, usanze, tradizioni e ideali.

Con estremo orgoglio ci dicono gli organizzatori di questo appuntamento imperdibile, che con quest’ultima edizioni sono riusciti a coinvolgere ben 30 paesi da tutto il mondo.

A volte moda e cultura possono unire i popoli, come ad esempio vedere Palestinesi ed Israeliani cucire insieme nella stessa stanza.

La vera novità è l’iraniana Neda Mokhtari ha realizzato una collezione con tessuti che giungono direttamente dall’Iran, scelta dovuta per l’alta qualità dei tessuti e alla particolarità delle fantasie. Questa collezione trae ispirazione dall’arte e della cultura medio orientale, a cui sono sommati elementi minimal chip tipici della moda occidentale, con dettagli puliti, semplici e luminosi ma con grande attenzione alle rifiniture, curate nei minimi dettagli Testimonial della sua collezione è stata Sara Manfuso Presidente di #IOCOSÌ che si spende per il sociale quotidianamente.

Invece dal Mali il Progetto Sociale Pinda for Griot ha portato la collezione “Joker” dedicato alle donne libere che lottano per liberare sé stesse e tutti coloro che sono vittime di prevaricazioni o di malattie che possono cambiarti la vita. Pinda, la fashion designer che ha firmato questa collezione è, infatti, affetta da Sclerosi multipla ed ha realizzato una collezione giocosa, quasi clownesca, di chi si batte per un altro mondo possibile. Gli abiti presentati sono tutti realizzati in cotone naturale, il basin, che rispondono all’idea che il nuovo decennio appena apertosi sarà all’insegna della sostenibilità e del protagonismo femminile.

Tra gli ospiti presenti: : l’ex Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, 

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Lamezia International Film Fest 6

Coerentemente con la linea artistica delle precedenti edizioni, al centro della manifestazione vi è stato il Premio LIGEIA nella sezione ESORDI D’AUTORE, dedicata ai migliori esordi del cinema italiano.

Quest’anno il riconoscimento è stato assegnato al regista napoletano Mario Martone, reduce dal successo de Il sindaco del rione Sanità. Lo stesso Premio andrà, poi, all’attrice Isabella Ferrari.

L’ultima serata del Lamezia International Film Fest diretto da Gianlorenzo Franzì, ha visto la presenza di molti ospiti d’eccezione: l’attrice Isabella Ferrari, il regista Mario Martone, la sceneggiatrice Ippolita Di Majo, il regista francese Jean Jacques Annaud, e Le Coliche.

Proprio i fratelli Colica accompagnati dal loro regista, ci hanno raccontato episodi esilaranti della loro breve ma già intensa carriera, come quando inscenando una rapina per un clip di youtube, le persone intorno hanno realmente chiamato la polizia.

Alla Ferrari, che ha ritirato il PREMIO LIGEIA nella categoria ESORDI D’AUTORE, è stata inoltre dedicata la retrospettiva MONOSCOPIO che l’ha vista protagonista di numerosi film di successo da lei interpretati tra cui ‘Amatemi’, ‘La vita oscena’, ‘Romanzo di un giovane povero’, ‘Arrivederci amore ciao’.

Isabella Ferrari ha ripercorso la sua carriera parlando del suo rapporto con importanti registi come Ettore Scola – “Scola venne a teatro a vedere il primo spettacolo che feci a Milano e subito mi ha offerto il ruolo di protagonista nel film Romanzo di un giovane povero. L’inizio delle riprese, però, continuava a subire dei ritardi e nel frattempo rimasi incinta della mia prima figlia. A quel punto pensai che non avrei più fatto quel film a cui tenevo molto. Le riprese iniziarono e, nonostante fossi incinta di 5 mesi, Scola mi prese ugualmente. Mai avrei pensato di poter vincere la Coppa Volpi a Venezia, eppure successe”.

Attualmente la Ferrari è sul set della terza serie di Baby. “Nella prima serie ero una madre molto superficiale che non capisce nulla della vita della figlia, nella seconda si rende conto che sua figlia si prostituisce e non riesce a fare nulla per lei. Nella terza serie non mancheranno le sorprese. Il bello di questo mestiere è che diventano tutte delle meravigliose sfide. È sempre un salto nel vuoto”.

Con l’incontro con Sabrina Paravicini e Nino Monteleone che hanno presentato il film da loro diretto dal titolo Be Kind – viaggio all’interno della diversità, ricevendo anche il Premio LIGEIA nella sezione Esordi d’Autore. Un progetto nato dal desiderio della Paravicini di fare un regalo a suo figlio Nino, ma che con il tempo è diventato un vero e proprio film che racconta il viaggio da piccolo di una persona diversa all’interno della diversità, intesa non come differenza ma come ricchezza della varietà.

La mamma accompagna il figlio in un percorso fisico ma soprattutto emotivo dove ogni tappa rappresenta un incontro con persone che raccontano le esperienze attraverso la condizione delle proprie storie.

“Be Kind è un film che abbiamo voluto raccontare attraverso lo sguardo di Nino che all’epoca aveva 12 anni – ha affermato Sabrina Paravicini – mi piaceva l’idea di rappresentare la gentilezza intorno alla diversità perché nel nostro percorso abbiamo avuto la fortuna di incontrare tante persone gentili. Il film è nato come un’esperienza familiare perché volevo che Nino facesse una bella esperienza in piena autonomia. Giorno dopo giorno, però, diventava un film a tutti gli effetti. Da qui è nato anche il Be Kind World, un premio rivolto a tutte le professioni in cui le persone si sono distinte per gentilezza”.

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Intervista a Riccardo Maria Manera

Riccardo Maria Manera ha iniziato a recitare davvero prestissimo, a soli quattro anni, poi non ha pensato di fare questo mestiere fino all’età adulta. Ora non ha dubbi: la sua strada è questa e gli sta regalando tantissime soddisfazioni, infatti lo vediamo tra i protagonisti di “volevo fare la rock star su Rai2”.

Hai iniziato a teatro nel lontano ‘98 a soli 4 anni, portando avanti 180 repliche di “Pensaci Giacomino”. Che ricordo hai, se lo hai?

Confermo tutto! Diciamo che è il ricordo che qualsiasi altro bambino ha dell’asilo, ecco il mio è stato un po’ diverso, solo questo. Potrei dirti qualche sporadico flash sul palcoscenico, o qualche giochino per farmi rimanere in scena senza correre il rischio che scappassi via. Qualcosa dev’essermi rimasto per forza sennò non farei la stessa cosa a venticinque anni.

Diciamo che la tua carriera era già scritta o hai mai pensato di fare altro nel frattempo?

Non ho mai voluto far l’attore fino a vent’anni, essendo figlio di attori, ho dovuto ribellarmi al volere della famiglia e quindi sognavo di fare altre cose. Nonostante loro intravedessero un talento e volessero farmi fare dei corsi, io ho desistito dicendo di no. In realtà volevo fare il giornalista sportivo, poi il destino invece mi ha portato sul set, ed ho capito che questo era il mestiere più bello del mondo ed avrei voluto continuare così.

Quale è stata la scintilla che ti ha fatto capire che era questa la strada da percorrere?

Era l’opera prima di Irene Pivetti, ed avevo una figurazione speciale, nel preciso istante in cui mi son trovato davanti alla macchina da presa, non posso dire altro che me ne son innamorato.

Ora sei in tv con ‘Volevo fare la rock star’, ti senti un po’ rock?

Sono quanto di più distante dal mio personaggio, per me il massimo della gioia sono divano e zapping. Diciamo che ho dedicato molto tempo ad Eros per capirlo, lo definirei un bell’incontro. Mi ha fatto vedere la vita sotto un altro punto di vista travolgendomi completamente.

In prima serata su rai 2 portate in scena baci omosessuali, non è da poco, che hai pensato quando hai letto il copione?

Beh, mi son detto “che audacia!”, anche se essendo alle porte del 2020 non dovrebbe nemmeno più far parlare in quanto naturale e normale se vogliamo dire.

Pensi che iniziare a lavorare così presto ti abbia tolto qualcosa della vita di un ragazzino?

Assolutamente no, perché a parte il periodo dell’asilo che non ho fatto, poi grazie ai miei genitori condotto una vita molto normale. Ho fatto veramente tutto e anche peggio, tipo sei anni di liceo classico, son stato anche bocciato.

Dove ti senti più a tuo agio o comunque ti piace di più tra cinema, tv e teatro?

Il teatro forse dovrei approfondirlo, perché alla fine dei conti non ne ho fatto tantissimo a parte il periodo del centro sperimentale. La TV adesso è la mia casa, semplicemente perché ho una serie in corso, però non c’è nulla che metterei al primo posto.

Hai 25 anni, che rapporto hai con i social?

Sono cresciuto con loro, ho scoperto di essere un Millenial da poco, diciamo che Facebook non lo uso quasi mai e preferisco Instagram in quanto più immediato. Realmente non penso di essere molto capace, vedo che i miei cuginetti sono molto più bravi di me.

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Al Lamezia International Film Festival trionfa Jean-Jacques Annaud

Jean-Jacques Annaud è forse uno dei registi più celebri e più simpatici al mondo, il vero francese cha ama la vita e tutto ciò che di bello può offrirle. La sua carriera inizia con un Oscar al suo primo film “Bianco e nero a colori”, come asserisce lui, difficile andare avanti con il supporto della critica, ma Annaud è riuscito egregiamente, lo abbiamo incontrato al Lamezia International Film Festival dove ha ritirato il premio Carl Theodore Dryer.

Hai vinto tutti gli awards al mondo, quale statuetta ti manca a casa?

Non posso assolutamente lamentarmi, ho avuto una carriera fantastica, non credo di aver bisogno di altri premi. Posso dirti una curiosità però a riguardo, ovvero sono sempre stato invitato al festival di Cannes, ma ho sempre rifiutato di andarci. Son sempre stato amico di tutti quelli che si occupavano della selezione e del management della manifestazione, il mio problema è che avendo avuto troppi successi precedentemente, sarei solo stato l’uomo da distruggere a Cannes. La questione è che c’è troppa stampa in quel Festival, e in ogni modo devono trovare qualcosa da dire. La mia problematica personale è che ho vinto un Oscar per il mio primo film, ed è difficile da superare come situazione, infatti sapevo che qualsiasi film avessi fatto avrei avuto la stampa contro.

Hai avuto colleghi con la stessa esperienza?

Sì, assolutamente, uno dei miei più cari amici è Luc Besson, ed ogni volta che è andato invece che ricevere applausi ha solo ricevuto pallottole da una macchina spara palle. Essere messi alla gogna non fa mai bene alla creatività di un artista.

Uno dei film più celebri rimane “Il nome della Rosa”, volevo sapere se avessi realmente girato realmente a Torino alla Sacra di San Michele il film.

La storia è che il film è ovviamente tratto dal romanzo di Umberto Eco, il quale, è poi diventato un carissimo amico, ed all’inizio ha voluto che visitassi il luogo che lo aveva ispirato. Ma poi non ho girato li, ho ricostruito tutto il set in studio a Roma con il grandissimo Dante Ferretti, il quale ne ha vinti più di me di Oscar. È costato una fortuna, infatti la produzione non era felicissima, ma poi i risultati son arrivati, quindi tutti contenti. Fu il più grande set mai costruito a Cinecittà dai tempi di Cleopatra. È stato impegnativo ma non riuscivo a trovare un posto che si avvicinasse a quello che mi ero immaginato quando ho letto il libro.

Hai fatto lo spot di Jadore di Dior con Charlize Theron, ed è subito diventato cult per i fashionisti, tutto quello che fai diventa magico.

Allora non ho fatto tutto da solo, è stata una sinergia di elementi messi insieme, in quanto Charlize era già testimonial per il brand. Io ho avuto l’idea di girare a Versailles, ma è molto difficile avere il permesso di fare una cosa del genere. Quando l’ho detto ad un meeting con Bernard Arnault, il proprietario del marchio LVMH, tutti i presenti mi hanno guardato come se fossi pazzo, nel frattempo Bernard si era alzato, ed io credevo fosse per andare in bagno, ma no è tornato è ha detto ok si gira alla “Galleria degli specchi”. Bisogna pensare ed osare nella vita.

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Torino, città delle art fair

Quando si diceva Torino, la prima cosa a cui si pensava era la FIAT, che invece ad oggi non esiste praticamente più nella città sabauda. Sulle ceneri del Lingotto, la ex fabbrica più grande della casa automobilistica nasce uno spazio espositivo immenso e con quel sapore dell’epoca industriale che non ha uguali. Proprio qui è andata in scena la ventiseiesima edizione di Artissima, dove hanno esposto settanta paesi diversi, tutte gallerie affermate e di prestigio. 

Anche questa edizione di Artissima è stata un’occasione per richiamare a Torino il grande pubblico ed offrire alla Città una piena visibilità internazionale. Con questo fine, la Fondazione Torino Musei, a cui fa capo la fiera, ha sviluppato nelle proprie sedi museali importanti iniziative tra cui l’Antologia di Paolo Icaro in GAM e una nuova collaborazione con la Fondation Prince Pierre de Monaco pour la création contemporaine che porterà il vincitore del loro premio Arthur Jafa a Palazzo Madama in occasione di Artissima” 

Negli stessi giorni invece per la sua quindicesima edizione Paratissima, l’esposizione di artisti nascenti, si è spostata in pieno centro, nel cuore della città, tra piazza Castello, il Teatro Regio, e la Cavallerizza, recentemente colpita da un incendio, e la Mole Antonelliana, per inserirsi in uno spazio immenso, di quasi 12mila mq. La location: quella che un tempo era la “Reale Accademia”, una scuola per la formazione dei giovani gentiluomini alla vita di corte, poi diventata Accademia Artiglieria, e ora dismessa.

È Guglielmo Castelli, Torinese, classe 1987, presentato dalle gallerie Francesca Antonini di Roma e da Rolando Anselmi di Berlino e Roma, il vincitore del Premio Ettore e Ines Fico, dedicato a un giovane artista scelto tra tutti quelli presenti in fiera; il premio viene bandito da Artissima in collaborazione con il MEF Museo Ettore Fico di Torino.

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Sposarsi in Umbria: le migliori destinazioni

L’Umbria con i suoi castelli affascina da secoli: nobili, intellettuali e ovviamente turisti da ogni parte del mondo. Scrittori e letterati della vecchia Europa trovavano rifugio per poter godere della pace, serenità e creatività al fine di poter scrivere nuove pagine di letteratura.

Tra questi proprio Lord Byron, il poeta romantico inglese, noto per la sua avventurosa e burrascosa vita sentimentale, nel 1816 intraprese un lungo viaggio in Italia. Fu soprattutto il paesaggio dell’Umbria, il cuore verde del paese a cogliere la sua attenzione. Meraviglie come il Lago Trasimeno, le sorgenti del Clitunno e le cascate delle Marmore incantarono i suoi sensi e rapirono la sua immaginazione.

Ora ad attrarre oltre alla cucina tradizionale ed il loro tartufo nero di cui ne sono patria indiscussa, sono anche le location incantevoli con le loro tenute di pregio. Tra queste vediamo spiccare il Castello di Petrata, antica fortezza del XIV sec. sapientemente ristrutturata, con una vista unica su Assisi e Perugia.

L’incantevole borgo del Castello di Gallano, dove oltretutto vengono ambientate delle divertenti cooking class che permettono di imparare come realizzare i deliziosi gnocchi di patate secondo la segreta ricetta del castello. La Tenuta di San Masseo, immersa in un parco di 20.000 mq che integra splendidi elementi artistici e di design. 

Un ambiente unico ed esclusivo in cui godere di una vista incredibile, il magico scenario della città di Assisi all’interno di un’oasi di assoluto relax spirituale, a diretto contatto con la natura ed il territorio. Ed infine il Castello di Ramazzano del XII secolo, più volte restaurato nel corso dei secoli, offre varie sale affrescate e conserva un prezioso sviluppo murario, merlato alla guelfa con una torre quadrata

La proprietà è di una famiglia pugliese DOC, che mantenendo tutta l’essenza del territorio aggiunge una cucina umbro-pugliese comandata dalla signora Angela Aliani, gli americani son di casa qui. Insomma, tutte queste sono le vere nuove “wedding destination” del lusso che portano clienti da ogni parte del mondo, e questo Daniela corti lo sa molto bene , infatti, con la nuova edizione di “The Italian Wedding Stars” che si terrà il 29 Novembre a Roma premierà anche proprio le location.

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Intervista a Sergio Ruggeri, il bullo di “Baby 2”

Sergio Ruggeri, è la new entry della seconda stagione della fortunatissima serie Netflix “Baby”, ovvero Vittorio, il bullo del liceo. Che cosa hanno in comune Sergio e Vittorio? Davvero nulla, lui, bellissimo venticinquenne romano è un vero bravo ragazzo che ti sorprende per la sua estrema educazione. Insomma, questo è solo l’inizio, lo rivedremo presto sul silver screen.

Come sei entrato a far parte della seconda serie di Baby per Netflix?

La serie di provini a cui sono stato sottoposto è stata lunga, infatti mi avevano già visto per la prima serie, poi ovviamente le cose vanno come devono andare e in quel caso la fortuna non è stata a mio favore. Per la seconda stagione le cose son andate diversamente ed è così che son diventato Vittorio.

Il tuo rapporto con la moda è cambiato dopo essere entrato a far parte nella serie più fashionable che abbiamo in Italia?

Posso dirti che mi appassiona tantissimo il mondo della moda, ambiente di cui ero solo spettatore prima, invece, ora essendo curioso per natura amo vedere il cambiamento e l’evoluzione del settore. Per adesso faccio i miei abbinamenti al meglio, poi avendo suscitato l’interesse di diversi brand tutto diventerà più facile.

Raccontami del momento più esilarante del set di Baby

Al di la del set, in primis dovrei dirti proprio il momento del provino, in quanto i due registi che sono Andrea De Sica e Letizia Lamartire, non ti chiedono di portare esattamente il copione, anzi ti lasciano la libertà di improvvisare. E questo non avere troppe indicazioni ti lascia lo spazio di fare qualsiasi cosa pur di convincerli che sei tu la persona giusta. Invece come scena recitata, senza dubbio la festa di Halloween, che si è svolta in un castello, ed eravamo veramente in tanti, tutti truccati e vestiti fino a notte fonda. È stato davvero magico.

Sei il bullo della scuola, ti è mai capitato nella vita reale di assistere a qualcosa di simile?

Nella serie il mio personaggio è davvero una persona orribile che punta l’attenzione sul terribile fenomeno del bullismo, per fortuna non ho mai dovuto assistere né come vittima né come carnefice a qualcosa di simile. Conoscendomi se mi capitasse non starei a guardare, anzi cercherei di aiutare il più debole.

Che tipo di attore sei? Hai fatto studi o è tutta farina del tuo sacco?

Inizialmente sono stato autodidatta, però per svolgere questo mestiere bisogna avere il maggior numero di strumenti possibili per andare avanti, infatti quando non sono impegnato a girare studio. Frequento una scuola di allenamento, dove mi sento libero di esprimermi al meglio e credo mi stia aiutando tantissimo.

Quanto sei consapevole dell’essere “gnocco” e quanto pensi ti possa aiutare nel tuo lavoro?

Non voglio essere ipocrita, quindi posso solo dire di essere riconoscente ai miei genitori per il lavoro svolto! Però allo stesso tempo so che questo è solo il biglietto da visita, poi ognuno di noi ci deve mettere del suo per portare avanti l’azienda.

Che cosa ti rende più felice?

I rapporti stretti con le persone che mi circondano, ho una comitiva di amici non numerosissima, ma contano davvero molto per me. E poi anche in famiglia so che quando ho bisogno posso contare su tutti. Non posso non dire però che amo viaggiare, infatti ho fatto un road trip a piedi in Malesia per un mese l’estate scorsa, solo uno zaino da quindici kg e due amici, ho avuto modo di visitare dei luoghi incredibili.

Invece che cosa ti fa arrabbiare maggiormente?

Mi altero per le questioni di principio, soprattutto con le persone che non mantengono la parola o ancor peggio, quando si prendono troppa confidenza e risultano maleducate.

Crediti foto: Ernesto S. Ruscio/Getty Images for Netflix

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Sposarsi in Puglia: le migliori destinazioni

Il mondo del wedding è in continua evoluzione ed espansione, oramai sposarsi nella chiesa più vicina e andare a pranzo nel ristorante preferito è out!

Questo lo abbiamo imparato dagli americani che per tradizione hanno sempre scelto una “wedding destination” ovvero un luogo incantevole sotto ogni aspetto che trasformi veramente il matrimonio in qualcosa di unico.

Bene, l’Italia da qualche tempo sta diventando una delle mete più ambite al mondo, ed alcune regioni come la Puglia hanno saputo cogliere perfettamente l’occasione.

Infatti, proprio i trulli, elemento abitativo conico protetto dall’UNESCO, ed un vasto territorio contraddistinto dalle pietre di Trani e di Lecce sempre più turisti e matrimoni arrivano qui.

Senza dimenticare il mare da bandierina blu, come ad esempio quello di Polignano, sembrerebbe indirizzare sempre più stranieri verso questa meta, da Indiani, Russi ed arabi, insomma il lusso è di casa qui tra gli olivi.

Ed è così che le famose Masserie Pugliesi, con i trulli, che originariamente erano deposito agricolo dove vivevano gli animali si son trasformati in Resort a 4 e 5 stelle.

Tra questi, spicca sicuramente la Tenuta Le Monacelle di Monopoli che è in grado di riprodurre lungo gli infiniti ettari di terreno un vero mercatino medioevale con tutte le prelibatezze pugliesi, catapultando l’ospite in un vero tuffo nel passato.

Puglia Promotions  e Undiscovered Italy Tours in primis, e persone come Erika Gottardi, Massimiliano Piccinno e Daniela Corti di Madreperla Event lavorano assiduamente rendendo tutto questo possibile avvalendosi della collaborazione di wedding planner di calibro mondiale come Kevin Lee, una vera super star nel settore.

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Festa del Cinema di Roma, 14° edizione

Anche quest’anno dal 17 al 27 ottobre all’Auditorium Parco della Musica va in scena la 14° edizione della Festa del cinema di Roma. Tra Roma e il cinema esiste un connubio indissolubile fin dagli inizi del ‘900, quando nacque la CINES, prima casa di produzione cinematografica italiana. Da allora, con la presenza di diversi studi di produzione ne fa la mecca di registi e produttori di tutto il mondo.

La natura dell’appuntamento romano è, infatti, nella sintesi tra una programmazione di qualità e una fruizione popolare: bambini e ragazzi delle scuole, giovani in fila per gli incontri con attori e registi, famiglie che condividono il piacere di un film per tutti.

Vi sono professionisti che verificano le tendenze del settore, studenti e studiosi che scoprono qui le opere più innovative, tanti che affollano il red carpet, uno dei più suggestivi al mondo, per applaudire le star e strappare un autografo, insomma persone di tutte le età, cultura ed estrazione sociale. Questo week- end proprio sul red carpet gli ospiti sono stati tanti, anzi tantissimi. Ho avuto modo di parlare proprio con Ron Howard, regista di Pavarotti, il film documentario che racconta vita e retroscena, con il suppporto di Nicoletta Mantovani vedova del tenore.

Quando gli domando se fosse la sua prima volta al festival mi dice con rammarico di si, in quanto tante altre volte avrebbe dovuto esserci ed invece alla fine non è riuscito per motivi di lavoro. Ci tiene a sottolineare la sua vicinanza alla famiglia, quindi la voglia ed il dovere di essere presente alla proiezione.

Tanti se lo ricordano come Ricky Cunningham della fortunatissima serie televisiva “Happy Days”, beh di strada ne ha fatta il ragazzo. Tra gli altri ospiti super attesi ci sono stati i protagonisti di “Downtown Abbey” che dalla serie ne hanno tratto un film, molto suggestivo il red carpet che con centinaia di figuranti in costume rigorosamente anni 30’ ci hanno riportato indietro nel tempo.

Il regista Michael Engler non si è sentito di fare l’intervista in italiano, anche se avrebbe potuto, ma per pudore di sbagliare ha preferito proseguire in inglese. La sua vicinanza con il bel paese è davvero forte, infatti i suoi studi cinematografici li ha svolti proprio a Roma, ed ogni occasione di vacanza per lui è sempre una buona occasione per tornarci. Per Michael infatti essere nella città eterna a presentare il suo film con un connubio di arte e storia pensa essere l’occasione perfetta.

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Isabella Sedik, ecco chi c’è dietro i luxury brand: Sedik Milan e SDK activewear

Isabella Sedik, interior designer di lusso, che ha abbracciato con la sua imprenditoria un’ambiente di nicchia, lo stesso che l’ha portata a diventare designer di moda.
Sedik Milano e SDK activewear, sono le sue due linee di abbigliamento dedicate al mondo equestre, la prima più esclusiva mentre la seconda con un target più giovane, rivolta a chi si vuole distinguere svolgendo la propria passione: l’equitazione.

Quando nasce la tua passione per l’equitazione?

Tendenzialmente arriva dall’amore per i cavalli di mia figlia, nonostante io abbia un cugino che è attualmente un Cavaliere d’altissimo livello internazionale, ed ha trasformato la sua passione in lavoro.

Invece l’idea di creare una linea d’abbigliamento high-end dedicata a questo mondo?

Inizialmente ero una designer di interni che si dedicava all’ambiente del lusso, poi successivamente son riuscita a dedicare il mio tempo nel fondare la mia casa di moda, fondamentalmente per soddisfare le mie necessità a cavallo.

Come funziona l’ambiente equestre.

L’ambito è equestre è molto particolare, ed io sono sicuramente una donna estrosa, infatti quando andavo a cavallo mi sentivo più a mio agio con una camicia di seta ed una cintura di Hermes.

Cercavo di fare degli abbinamenti che rispecchiavano maggiormente la mia personalità, cosciente dell’essere criticata in maniera spropositata da tutti. 

Allo stesso tempo ho notato che stavano iniziando ad imitarmi, quindi mi son detta siccome la qualità premia sempre, e lo so per certo perché ho sempre frequentato quel mondo li, so che anche se il prezzo è elevato, il cliente arriva lo stesso.

Prima del tuo ingresso nel fashion system, com’era la moda a cavallo.

Beh, diciamo che una volta che avevi comprato la camicia più bella e lo stivale più bello, la storia finiva li, perché non è come nella moda dove troviamo le collezioni A/I o P/E, vi sono semplicemente dei continuativi dal 1922.

Posso dire con sincerità che essendo vedova, ed ho sempre cresciuto mia figlia da sola, l’idea di creare qualcosa insieme a lei era anche una vera e propria bonding experience, quindi perché no!

Sedik Milano e SDK sono le due linee disegnate da te, cosa le accomuna?

Sedik Milano nasce quasi due anni fa con una startup, con un progetto che prende la mia impronta, quindi super lusso, senza badare a spese. 

I risultati sono stati che i capi spalla avevano un costo che andava dai 2000 ai 3000 euro, le calzature in partnership con un artigiano di altissima qualità, ed anche li con prezzi che andavano dai 1500 ai 2000.

Peccato non mi son posta la domanda che invece si pone l’utente finale ovvero a parità di prezzo dove andrebbe a spendere questi soldi? In un brand che non conosce o da Burberry, beh la risposta è evidente.

Ecco allora la nascita SDK activewear, ovvero un prodotto che non vincoli l’haute couture, ma che comunque che soddisfi un’esigenza di tailor made con la flessibilità di un e-commerce ma sempre legato al mondo del luxury.

Hai in mente di presentare le collezioni con un evento?

In effetti l’ho già fatto presentando alla fiera cavalli di Verona, che sicuramente è l’evento più importante che abbiamo sul territorio nazionale, a giugno ne abbiamo un altro, ed inoltre presenterò anche le mie giacche per l’arma dei Carabinieri ed Aeronautica Militare. Infine, a settembre presenteremo la collezione Sedik Milano durante la fashion week, dove per la prima volta una casa di moda equestre si esporrà al grande pubblico, in segno di totale versatilità.

L’uomo ideale da vestire?

Ho iniziato con la collezione donna, poi intanto ho capito cosa ne pensasse l’uomo, ora non ti nego che mio sogno sarebbe quello di vestire Alessandro Gassman.

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Filippo Bologni, un giovane Cavaliere con la sua storia

Filippo Bologni, giovane cavaliere, sette volte campione italiano, che è entrato a far parte ben due volte nel medagliere Europeo.
Fa parte del gruppo sportivo dei Carabinieri, e da quest’anno è anche testimonial per il brand più esclusivo e raffinato per tutti quelli che hanno la passione dell’equitazione: Sedik Milano.

Da quanto tempo pratichi equitazione?

Considerando il fatto che mio padre fa il cavaliere di mestiere, ed ha partecipato per due volte alle olimpiadi, posso tranquillamente dire che in mezzo ai cavalli ci sono nato e cresciuto. La prima gara l’ho fatta quando avevo otto, il mio destino era già scritto.

Fai parte di un’arma?

Si, sono oramai sette anni che appartengo al gruppo sportivo dei Carabinieri, per entrare ci sono dei bandi online, ma poi fondamentalmente l’arma sceglie lei in base al curriculum o ai risultati raggiunti dai giovani ragazzi promettenti, e li arruola direttamente.
Sicuramente è una questione di prestigio farne parte e poi a livello tecnico è un aiuto per la carriera. 

Quanto tempo dedichi al tuo cavallo?

Veramente tantissimo, calcolando che solo il lunedì ed il martedì sono a casa e mi alleno una media di cinque ore al giorno con più cavalli, in quanto non possiamo affaticare troppo l’animale per poter reggere poi il ritmo delle gare internazionali.
Invece dal mercoledì alla domenica siamo sempre in concorso in giro per l’Europa, infatti ora mi trovo a Saint Tropez, e la prossima settimana sarò in Polonia.
Ma alla fine della storia, son sempre sul cavallo.

Che rapporto hai con la moda?

Mi piace e mi interessa, infatti quando mi invitano sono sempre felice di andare a vedere una sfilata, però non mi ritengo un fashion victim.

Come avviene l’incontro con Sedik Milano?

Diciamo che la proprietaria e designer del brand mi conosceva sia di nome che di vista, in quanto essendo lei un’appassionata di equitazione ci siamo incontrati svariate volte.
Poi l’anno scorso in occasione della Fiera Cavalli di Verona abbiamo iniziato a parlare di una collaborazione, e dall’inizio del 2019 è diventata il mio main sponsor, con un’idea lungimirante per un percorso che possa durare nel tempo per poter crescere insieme professionalmente.
L’unione dello sport e della moda guidate dalla creatività di Sedik Milano, credo siano una coniugazione vincente.

Come ti senti ad essere testimonial di un brand cosi particolare?

Ovviamente per me è motivo di orgoglio anche perché ricoprire un ruolo così, con un brand di cui ero già precedentemente un estimatore, beh il vero lusso è anche questo.

Foto: Davide Musto

Stylist: Stefania Sciortino

Grooming: Antonio Bonfanti

Filippo veste Sedik Milano e SDK

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Il trionfo della Resilienza alla 22° edizione del Magna Grecia Awards

Sabato 18 maggio 2019 si è tenuta presso il Teatro Comunale di Massafra in provincia di Taranto, la 22° edizione dei MAGNA GRECIA AWARDS, manifestazione ideata e diretta dallo scrittore Fabio Salvatore che ha come sottotitolo “Tu che mi capisci”, quest’anno completamente declinata al femminile con l’assegnazione dei prestigiosi riconoscimenti a donne che si sono contraddistinte in ambito culturale, sociale, civile, artistico. Da quest’anno il Magna Grecia Awards ha come Presidente d’edizione 2019 Barbara Benedettelli, scrittrice e giornalista, da sempre impegnata attivamente nel sociale.
Super ospite d’onore è stata Anna Dello Russo, pugliese D.O.C. nonché direttore creativo di Vogue Japan, riconosciuta globalmente come Fashion Icon, ha voluto sostenere il suo territorio di cui si sente ambasciatrice.
È tornata in veste di madrina d’eccezione, Lorella Cuccarini, ormai da anni ambasciatrice straordinaria dell’evento. Il Magna Grecia Awards rinnova la sua partnership solidale con 30 Ore per la Vita, sostenendo il progetto in favore dell’AISM, attraverso l’istituzione di un comitato charity coordinato da Maria Teresa Trenta.
Ovviamente i più acclamati sono stati i giovanissimi come Cristiano Caccamo ed Aurora Ruffino protagonisti di tante fiction di successo RAI.
Oppure la sedicenne Elisa Maino, che su instagram con il nome La Maino vanta più di 1.5 milioni di follower, e che con la sua semplicità ha scalato le vette delle classifiche con il suo libro, da cui ne è stato tratto un film. Sicuramente la più commossa nel ritirare il premio.
Poi c’è stata Simona Cavallari, che ha letto l’ultimo discorso pubblico di Paolo Borsellino, quasi una premonizione che lo ha portato alla tragica fine pochi giorni dopo.
Ovviamente Simona grazie alle sue partecipazioni a serie televisive di successo in cui interpretava una poliziotta, viene identificata dal pubblico per questo motivo, infatti ha concesso con simpatia foto a tutta la Polizia di Stato presente, che come dicevano loro:” sei una di noi”.
Non sono mancati momenti di goliardia, come ad esempio quando è stata premiata Barbara Foria con il Premio “Maska” riconoscendo la sua effervescenza sul palcoscenico, la quale è garanzia di ilarità e sorriso travolgente. Non ha mancato di coinvolgere tutti i presenti improvvisando degli sketch unici, come solo lei sa fare.
Poi è stata la volta di Cristina Parodi che ha ricevuto il premio “Clio”, Signora della televisione italiana, giornalista di razza. Con il suo fascino, la sua eleganza, la classe e la padronanza di sé infondono sicurezza e certezze. All’indiscusso successo professionale si unisce il ruolo di madre complice ed amorevole e il nobile impegno sociale e civile.
L’evento si è concluso con la premiazione di Fiammetta Borsellino: Premio “Eccellenza Franco Salvatore” La fiducia nello Stato che ha sempre contraddistinto l’attività del suo papà è l’eredità morale più grande che una figlia può ricevere e custodire. Per questo altissimo è l’impegno morale e civile vissuto come figlia vittima di una strage che ha sconvolto la storia della nostra Repubblica. Mafia. Crudeltà. Via D’Amelio.

Foto: Daniele Galli

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Traditore, Spietato: ecco il momento d’oro di Alessio Praticò

Alessio Praticò, Calabrese, sta vivendo un momento artistico davvero incredibile. Infatti, se guardate Netflix, lo potete vedere protagonista al fianco di Riccardo Scamarcio ne “Lo Spietato”.
Nel caso siate appassionati del Festival di Cannes, sarà li a presentare il nuovo film di Bellocchio: “Il Traditore”, al fianco di Pier Francesco Favino, sarà l’unico film italiano in gara.
Direi che meglio di così non si può chiedere al destino.

Questo è il tuo momento d’oro, sei protagonista nelle migliori uscite al cinema e TV, come ti senti.

Ovviamente sono super felice, in quanto come dico sempre per me il successo è il poter fare il lavoro che ho scelto di fare e che faccio principalmente per passione.

Per chi non l’avesse visto “Lo spietato”, com’è stato girare riportando in vita gli anni 80’ e 90’.

È stata un’esperienza bellissima e divertentissima, in quanto si è creata un’alchimia straordinaria con tutti gli attori, in particolar modo con Riccardo (Scamarcio) ed Alessandro (Tedeschi) con i quali ho condiviso la licenza di poter essere sempre cialtroni.
E questo anche proprio a scopo di sceneggiatura in quanto dovevamo raccontare vent’anni di amicizia.
Il tutto era avvallato dal regista Renato De Maria.
Ci tengo a precisare che il film è liberamente tratto dal libro intitolato “Manager calibro 9”, che ci rimanda immediatamente alla Milano degli anni di piombo.
Insomma, è un omaggio al genere poliziottesco degli anni 70’, con una lettura in chiave tragicomica.

Com’è stato lavorare con il maestro Bellocchio, andrete anche al Festival di Cannes con “il Traditore” ed uscirà al cinema il 23 maggio.

Innanzitutto, l’essere stato convocato direttamente dal regista senza passare dal lungo processo dei provini, questa è stata la prima vera soddisfazione che ho avuto. La considero una super esperienza in quanto mi considero una spugna io, e trovandomi a lavorare con lui, non fatto che imparare ogni singolo momento condiviso.
È un regista che lascia molto spazio agli attori per parlare ed interagire, non lo fanno tutti, questa è una cosa che non mi sarei aspettato, e mi ha piacevolmente sorpreso.

Quale ruolo ti piacerebbe interpretare dopo tutti questi cattivi

Personalmente sono quanto ci possa essere di più lontano dal cattivo, mi piacerebbe molto il potermi confrontare con un ruolo più leggero.
Una bella commedia al cinema o TV mi manca, invece a teatro l’ho già fatto.

Quanto c’è di stereotipo nei ruoli che interpreti, nel senso, se eri nato a Bolzano?

Pensa che il primo film che ho fatto è “Antonia”, prodotto da Luca Guadagnino, dove, io calabrese interpretavo un milanese, film peraltro ambientato negli anni 30’, quindi parlavo con l’accento di quel periodo.
Poi forse il caso ha voluto che in questi ultimi anni ci fossero storie ambientate e girate in Calabria e quindi ci son caduto a pennello.

Cosa ne pensi del cinema italiano.

Storicamente ha tante cose da dire e da raccontare, una miriade di registi che hanno composto la storia del cinema mondiale. Siamo molto bravi sui generi, forse dovremmo avere il coraggio di ripercorrere questa strada. Generi peraltro, copiati ed emulati in altri paesi.
Invece noi li guardiamo sempre con quell’occhio un po’ snob.
La commedia all’italiana è stata esportata ed ammirata in tutto il mondo.

Qual è la differenza nel recitare in una serie TV o per il cinema per te.

Assolutamente nessuna, come non c’è nemmeno tra cinematografica e teatrale, la differenza è solo il mezzo. Vi è solo la buona e la cattiva recitazione.

Chi era il vero sex symbol tra te e Scamarcio sul set de “Lo Spietato”.

ride(ndr) ti stupirò, Alessandro!

Foto: Alessandro Rabboni

Styling: Identity Communication

Grooming: Cinzia Carletti per Making Beauty

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Alessio Vassallo: un talento Made in Sicily

Alessio Vassallo, lo abbiamo conosciuto ed apprezzato in serie televisive di grandissimo successo come “Il giovane Montalbano” di Andrea Camilleri ed “I Medici”, ma lui si divide anche tra cinema e teatro.
Un attore introverso ed impegnato, che porta dentro di sé tutto il calore della sua terra d’origine: la Sicilia.

Partiamo dalla vocazione del sacro fuoco della recitazione. Quando nasce?

Abbastanza per caso in quanto mi trovavo a Palermo in ospedale operato di appendicite, ed affianco a me ricoverato c’era un’insegnante di recitazione, e parlando, mi disse quando esci magari vieni a fare un corso di teatro.
A me sinceramente sembrava una cosa surreale, un po’ come se mi avessero chiesto vieni a fare alpinismo.
Però da li mi si è aperto un mondo espressivo che non conoscevo in quanto ero molto introverso. Ho comunicato immediatamente ai miei genitori la volontà di trasferirmi a Roma e tentare il mio ingresso all’accademia Silvio D’amico.
Il risultato fu che mi presero, e la mia passione, quindi la mia carriera iniziò a consolidarsi.

Credi nella formazione continua?

Assolutamente si, non smetto mai di studiare, leggere ed informarmi, perché prima di tutto sono uno spettatore, nonché un divoratore di romanzi. Amo quello che faccio, apparire e fare interviste è solo una conseguenza della mia professione.

Hai interpretato Vespucci nei Medici, com’è stato lavorare in una produzione internazionale?

Decisamente unica, in quanto tutta girata in presa diretta in lingua inglese, e poi il ritrovarsi con dei costumi originali incredibili che ti fanno respirare la storia con un tuffo nel Rinascimento, è davvero bellissimo.
Mi son ritrovato a veder girare delle scene in cui forse mi son divertito di più a fare lo spettatore, per la precisione minuziosa dei dettagli che mi circondavano.

Ho letto che sul set de “Il giorno più bello” hai ricevuto attacchi e offese in quanto interpretavi un ragazzo omosessuale.

Per la precisione era un momento fuori dal set, nel senso che eravamo per strada a far dei selfie abbracciati con il mio partner di scena.
Certo avevamo una certa intimità, pur senza baciarci, al fine di utilizzare gli stessi scatti per il set, come magari le foto sparse per casa o sul frigo.
Tutto questo succedeva Roma, con le macchine che passando a finestrino abbassato ci urlavano la qualunque.
Sembra che l’Italia sia focalizzata sui migranti, quando il problema dei diritti civili, è un tema molto più forte e che ci riguarda tutti da vicino.
Le leggi ci sono, è vero, ma quanto vengono onorate? Mi domando sempre questo.
La legge dovrebbe diventare normalità entrando negli ambienti sociali. Purtroppo, siamo indietro con il concetto di diversità.

Ho visto il manifesto che mi ha molto colpito, dimmi del tuo ultimo progetto MENS-A.

Sono molto emozionato per queste letture di OZ, scrittore mancato quest’anno, che faremo al museo Ebraico di Bologna, sono rimasto sorpreso dall’ironia con cui vengono descritti i momenti della deportazione, che non ti aspetti assolutamente.
Una vera e propria lente d’ingrandimento sulla diversità.
Quando qualcuno dice:” tu sei diverso da me”, in realtà è proprio lui quello diverso, la diversità viene sempre vista come un qualcosa che non appartiene a noi.

Dimmi il momento più bello della tua carriera.

Sicuramente la vincita del premio alla festa del Cinema di Roma con il film “Fino a qui tutto bene” di Roan Johnson, è stato bello in quanto ho fatto il red carpet con mio padre, ed è stato soprattutto vedere lui emozionato per me quando all’Auditorium mi hanno chiamato per nome sul palco che mi ha colpito maggiormente.

Quanto hai della tua terra dentro di te?

Tantissimo, vivo a Roma da sedici anni e ne ho vissuti diciotto a Palermo, quindi sono mezzo e mezzo, sono sicuro che sarò sempre un Siciliano per il mio modo di pensare nonché per il mio ritmo. Il mio DNA è questo.

Cosa non deve mai mancare nella tua valigia prima di partire per un viaggio? Non mi dire un libro…sei già troppo impegnato.

Sicuramente, anche se sembra brutto dirlo, son calze e mutande me le scordo sempre, infatti a casa mia a Roma ho un negozio intero di biancheria intima, in quanto continuo a comprarne di nuove ogni volta che mi sposto.
Faccio un appello a tutti: quando sto per partire, fatemi una telefonata: “Alessio le hai preso le calze e le mutande?”.

Crediti foto: Davide Bonaiuti

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“FUORI GIOCO THE PASS” CON EDOARDO PURGATORI E MIGUEL GOBBO DIAZ

Da giovedì 31 gennaio a domenica 17 febbraio 2019

Dodici anni. Tre camere d’albergo. Un’ultima scommessa.
Quanto sei disposto a perdere per vincere?

Un’intervista doppia ed esclusiva ai due attori protagonisti Edoardo Purgatori e Miguel Gobbo Diaz nella prima trasposizione teatrale italiana della pièce presentata al Royal Court Theatre di Londra nel gennaio 2014.
Lo spettacolo suddiviso in tre atti ci racconta la storia di due ragazzi diciannovenni, in competizione tra di loro la notte prima della decisione di chi tra i due entrerà a far parte di una grande squadra.
Ma proprio quella notte succederà qualcosa che li cambierà per sempre, infatti uno abbonderà il calcio e vivrà la sua vita apertamente gay, l’altro arrivando a compensi milionari che come sempre prevedono grandi sponsor alle spalle, sarà costretto a vivere la sua omosessualità in totale segreto.
Siamo nel 2019 eppure sulla carta abbiamo solo un ex calciatore dichiaratamente gay, per il resto rimane tutto nell’ombra.
Proprio per questo l’importanza del testo originale di John Donnelly viene rimarcato con il patrocinio di Amnesty International e del CONI. Il tema dell’omofobia viene trattato con estremo garbo, e sarebbe consigliabile di poterlo vedere a tutti, soprattutto alle nuove generazioni, che hanno bisogno di segnali di amore e non di odio.
Forse qualcosa sta cambiando.

1- Che cosa hai pensato quando hai letto la sceneggiatura.

M: Che era una fantastica occasione, in quanto il calciatore fa parte della mia adolescenza, e l’attore è il mio mestiere.

E: Ho pensato che era una figata. Infatti, ho finito di leggerlo alle quattro del mattino e ho detto subito di si. Il testo proveniva da un festival di pièce con autori stranieri mai portati in scena in Italia, l’occasione era perfetta.

2- Avevi già lavorato con il tuo partner di scena?

M: Si avevo già lavorato con Edo ne “La grande rabbia”.

E: Si ma ci eravamo incontrati poco nel film, però il ricordo era bellissimo.

3- Hai esitato o hai detto subito di si per questo spettacolo?

M: Le cose son andate in maniera strana, in quanto la prima volta che mi hanno chiesto di partecipare a questo provino non c’ero perché ero a Londra. La seconda volta stavo girando la fiction” Nero a metà” e poi finalmente l’anno scorso, ero appena atterrato ed ho avuto modo di fare il provino e di li siamo partiti.

E: Quando uno può scegliere i propri progetti è sicuramente una grande fortuna, e questo è nato con la mia compagnia teatrale che si chiama “La forma dell’acqua” con la regia di Maurizio Mario Pepe.
Il prossimo anno sicuramente andremo in giro per l’Italia con lo spettacolo.

4- Senti la responsabilità di portare un messaggio forte come quello dell’omofobia nello sport.

M: Assolutamente sì. Soprattutto a quei livelli dove l’immagine è così importante, sarebbe bello che un giorno le persone si sentissero libere di poter essere sé stessi nonostante il lavoro svolto.

E: Il teatro è un luogo d’incontro prima di tutto, penso che l’arte in generale sia intrattenimento, quindi come minimo non bisogna annoiare il pubblico, poi se si riesce a trasmettere un messaggio forte al punto di porsi delle domande, vuol dire che si sta facendo qualcosa di meraviglioso.

5- Perché secondo te tutt’oggi è ancora un problema inaffrontabile essere gay nel calcio.

M: Credo che a quei livelli l’immagine che deve dare un calciatore è quella dell’uomo sposato con una bellissima donna, con figli ed una vita quasi perfetta. Sono abituati a vedere quello che loro chiamano “normale”, tutto li.

E: Si sono abbattuti parecchi muri a riguardo, però il calcio è ancora troppo legato alla cultura del virilismo e machismo, sono tifoso della Roma e so perfettamente che cosa viene detto allo stadio.
Anche Lippi che ci ha fatto vincere un mondiale ha detto “non ho mai conosciuto un calciatore gay”, statisticamente impossibile, ma questo è ciò che la gente vuole sentir dire.

6- Perché bisogna venire a vedere lo spettacolo

M: Perché lascia un messaggio molto forte, ovvero la scelta di vivere la vita per come sei o nasconderti dietro ad un’immagine.

E: Andare a teatro fa bene a tutti a prescindere, e questa è una storia che vale la pena di essere ascoltata.

7- La cosa più difficile di questo ruolo?

M: La consapevolezza dell’essere gay quando si è giovani. Con una tenerezza ed una sensibilità che hanno le persone che sentono delle emozioni ma non le vogliono seguire.

E: È una struttura classica quella di questo spettacolo, con la trasformazione del personaggio in tre fasi, quindi il far vedere tre momenti diversi della vita di questo personaggio.

8- Chi è più bravo dei due?

M: Abbiamo una connessione molto forte, ma non potrei mai dire chi è più bravo.

E: Quando siamo in scena ci divertiamo, ma ovviamente io! (ride)

 

 

 

ph. Manuela Giusto
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ANDREA CARPENZANO

Chi è veramente Andrea Carpenzano? Le versioni sono tante, quella del “bad-boy” di Roma, oppure il giovanissimo attore, considerato la nuova promessa del cinema italiano, ma lui non si rivede in nessuna di queste. Dice di essere stato fortunato ed aver incontrato persone giuste che lo hanno instradato ad un mestiere a cui lui non pensava proprio.
La sua carta vincente è la trasparenza che ne fa un vero e proprio personaggio senza sovrastrutture.
Presto lo vedremo al cinema nei panni di astro nascente del calcio, un mix di genio e sregolatezza che incontrerà Stefano Accorsi, il quale lo aiuterà a diventare una persona migliore, dopo le tante bravate commesse. Commedia per la regia di Leonardo D’Agostini.

Trench, jacket, shirt and pants all by Gabriele Pasini

Jacket Barena, low tech hoodie by Lotto, pants Tela Genova, white sneakers Church’s

Suit and hoodie by Filippo Pecora, wrist band Nohant, trainers Church’s

Checked Trench, tartan suit and printed shirt all GUCCI

Long military orange coat Acne Studios, micro checked jacket Tagliatore, red hoodie C.P.Company, pants Pence 1979, Chelsea Boots by Church’s, hat Champion

Trench coat Allegri, striped pink jacket Thom Browne, white shirt Emporio Armani, tartan pants Gucci

Tartan Jacket, shirt with pin, all by Gabriele Pasini

Ti senti un bad-boy?

Sono stato una bella testa di …, soprattutto per la mia famiglia, ed un “paraculo” per i professori, finalmente adesso hanno visto che occupo il tempo in modo costruttivo senza far danni in giro, quindi diciamo che sono tutti più contenti.
Mi rendo conto di essere stato un macello per tutti quelli che mi stavano accanto.
Creavo costantemente problemi. Ma ora sono cambiato.

Che tipo di ragazzino sei stato?

Dipende delle fasi che ho avuto, la mia crescita è stata scandita da alti e bassi, da piccolino ad esempio ero molto tranquillo, silenzioso, tenebroso e sempre imbronciato.
Poi c’è stato il passaggio delle medie al liceo in cui ero completamente fuori di testa, andare a scuola: pochissimo, uscire alle quattro del pomeriggio per tornare alle cinque del mattino: sempre.
Finalmente ora mi son calmato, questo lavoro mi obbliga a ricordarmi che magari domani ho qualcosa da fare e quindi cerco di comportarmi bene.

Chi sono le persone che ti stanno più vicino in questo momento.

Pur se non è sempre al mio fianco, per me è mia sorella il mio punto di riferimento, è più grande di me e so di poter contare su di lei in qualsiasi momento.
Possiamo stare in silenzio, ma ci capiamo senza dire nulla.

Ti vedresti vivere in una città diversa da Roma.

Non te lo saprei dire, in quanto non sono mai stato troppo tempo lontano dalla mia città, e quando mi è capitato, alla fine mi manca sempre.
Parigi ad esempio è bellissima, ma poi ti manca la puzza, il disordine, insomma tutti i punti di riferimento della capitale.
Anche Milano, stupenda, ma questa cosa che l’autobus poi ti arriva sempre puntuale, per me è spiazzante. Non hai nemmeno il tempo di fumarti una sigaretta in pace.

Come ti sei preparato per il film in uscita con Stefano Accorsi “Il campione”.

Innanzitutto, sono entrato in una palestra per la prima volta nella mia vita, ed ho avuto occasione di toccare con mano che cosa vuol dire, alla fine non mi è dispiaciuto nemmeno troppo.
Poi mi sono allenato con una squadra di calcio, o almeno ci ho provato, perché anche se ti sforzi, se sei una “pippa”, tale rimani. Non basterà la fatica, ma ci saranno le inquadrature giuste che mi salveranno.
(mi confida che la passione per il calcio l’ha sempre avuta, ma solo da spettatore, anche perché quando da piccolo chiese a sua madre di iscriverlo, le rispose di no, perché altrimenti sarebbe diventato un “cojone”, ndr).

Cosa ne pensi di te come attore.

Oddio, non posso nemmeno dire parolacce, mi trovo in difficoltà. Non so giudicarmi, il senso critico lo abbiamo tutti, quando mi vedo recitare inorridisco, ma credo sia normale da quello che sento dire anche dai miei colleghi.
Preferisco non avere pensieri a riguardo, non sono capace e nemmeno incapace, sono così, e spero di non cambiare la mia visione, anche perché non voglio diventare una brutta persona con il rischio di sopravvalutarmi.

Hai un attore o un regista a cui ti ispiri, o con cui vorresti lavorare.

Non potrei mai ispirarmi ad un’altra persona, per quanto mi riguarda, traggo spunti dal mondo che mi circonda. Forse dal barbone sotto casa o da uno che guardo sulla metro.
Sul regista, difficile dirlo, i miei preferiti son tutti morti (ride,ndr).

La cosa che ti piace di più e quella che ti piace di meno del mestiere di attore.

Ciò che mi piace meno sono sicuramente le pubbliche relazioni forzate, solo perché non mi piace, non perché sono snob. Mi hanno sempre spiegato che fanno parte del gioco, ma per me non è cosi. Una persona; che può essere un regista, un attore o un produttore, se mi è simpatico ci vado a cena, altrimenti no, è semplice.
Non amo le imposizioni, o ancor peggio le dietrologie, solo quello.
Al contrario la cosa che mi diverte maggiormente è proprio il fatto di conoscere persone di ogni tipo dal casting director al macchinista, o l’addetto alle luci (che come dice lui, sono malati di mente di ogni tipo) e quindi fare le pubbliche relazioni non forzate.

Qual è il tuo tipo di vacanza ideale.

Non lo so perché non l’ho mai fatta pensandola come dovrebbe essere.
Forse in autunno andrei a fare un tour del vino, in Toscana o in Piemonte, visto che sicuramente la degustazione è tra le mie passioni.
In estate invece al mare in uno di quei posti che vedi solo in cartolina, che non sai esattamente se esistono davvero oppure no.

ENGLISH VERSION

Andrea Carpenzano will be in theatres soon as The Champion, but in real life is he the reputed “bad boy”?

Who really is Andrea Carpenzano? There are many versions- Rome’s “bad boy,” young actor considered to be the next promising talent in Italian film- but he doesn’t see himself as either. He claims to be lucky to have met the right people who lead him toward a career he had never even considered.

His trump card is his transparency, rendering him an honest personality without superfluity.

Soon he will appear on the silver screen as a rising football star, a mix between genius and unruly who, after years of mischief, meets Stefano Accorsi’s character who helps him become a better person. The comedy is directed by Leonardo D’Agostini.

Do you think of yourself as a bad-boy?

I was a real pain in the… especially for my family, and a piece of work to my teachers. Finally, they see that I now spend my time constructively, without running around doing damage, so I’d say they are all much happier now.
I realise that I was a disaster for all those around me.
I created trouble constantly. But now I’ve changed.

What were you like when you were young?

Depends on the phases I had. In the years growing up there were lots of ups and downs; when I was a child, for example, I was calm, quiet, even sombre and sullen.
Then there was the move from middle school to high where I was completely crazy, I barely showed up to school, I’d go out at four in the afternoon and come home at five in the morning, always.
Finally, I have calmed down. This job forces me to remember that I have to wake up and be responsible tomorrow, so I try to behave well.

Who are the people who are closest to you right now?

Even though she’s not always by my side, my sister is my go-to person; she’s older than me and I know I can count on her at any time.
We can even be together in silence; we understand each other without saying a word.

Do you see yourself living in any city besides Rome?

I couldn’t say, because I haven’t spent much time far from my city and when I have, in the end, I always miss it.
Paris, for example, is beautiful, but it doesn’t have the smell, the chaos, basically all the characteristics of my capital city.
Even Milan is great but the fact that the bus is always on time, for me, is unsettling. You don’t even have time to smoke a cigarette in peace.

How did you prepare for the upcoming film with Stefano Accorsi, The Champion?

First of all, I stepped inside a gym for the first time in my life and saw first-hand what it means to work out, which in the end wasn’t all that bad.
Then I trained with a football team- or at least I tried- because even if you push yourself, if you suck, you suck. Effort is not enough, but luckily the right camera angles and editing will save me.

I’ve always had a passion for football, but only as a spectator. When I asked my mother to sign me up for a league when I was young, she said ‘no’ because otherwise I would have become a “cojone.”

What do you think of yourself as an actor?

Oh man, I can’t use curse words, so I’m stuck about what to say. I don’t know how to judge myself, the critical sense we all have- when I see myself acting, I’m horrified. But I think it’s normal based on what I hear even from my colleagues.
I prefer not to think about it, I’m neither good nor bad, just so so, and I hope not to change my opinion. I do not want to become an arrogant person by overestimating myself.

You have an actor or director who inspires you, or with whom you would like to work?

I never get inspiration directly from another person as an actor, I draw inspiration from the world around me. It may be from the homeless man on my street or from someone I see on the metro.
As for a favourite director, it’s hard to say, but my favourites are all dead (laughs).

What do you like best and least about the acting profession?

What I enjoy least is most certainly the forced public relations, simply because I don’t like doing it, not because I’m a snob. It has always been explained to me that it’s just part of the job, but for me it’s an burden. In my book, if a person is nice- whether a director, an actor, a producer- I’ll go to dinner with him or her; otherwise I won’t, it’s that simple.
I don’t like the obligation, the blowing hot air, that’s all.
On the other hand, the thing that I enjoy the most is getting to meet all kinds people, from the casting director to the stagehand or the lighting person- I’m intrigued by all types of people- hence non-forced, natural public relations.

What is your ideal holiday?

I’m not sure, because I’ve never planned a trip thinking about the ideal.
Maybe in autumn I would go for a wine tour in Tuscany or Piedmont, as wine-tasting is one of my passions.
In the summer, though, I’d go to the seaside, to one of those places I’ve only seen in postcards that I’m not sure really exists or not.

Photography PASQUALE ABBATTISTA

Styling 11

Grooming GIUSEPPE GIARRATANA

Postproduction ALESSANDRO LAMANNA

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