Grand Hotel Victoria Menaggio, il lusso tra storia e design sul Lago di Como

Il Grand Hotel Victoria Menaggio Concept & Spa, Lago di Como

Con vista incantevole fronte lago, proprio sul punto di incontro tra i due rami, il Grand Hotel Victoria Menaggio Concept & Spa, hotel a 5 stelle, con una L in più che esplicita chiaramente il concetto di lusso, domina il lungolago di Menaggio. Elegante borgo dalle origini antiche, Menaggio si trova sulla sponda occidentale del Lago di Como, all’inizio di una valle che lo collega al Lago di Lugano. Grazie alla sua posizione privilegiata tra lago e montagna – da qui è possibile ammirare il massiccio delle Grigne – il clima mite, il suggestivo borgo antico da visitare e il lido accogliente e ben curato con piscina e spiaggia, il paese si afferma come rinomata località di villeggiatura da oltre un secolo.

E infatti, già durante la Belle Époque, il Grand Hotel Victoria Menaggio ospitava nobili e abbienti famiglie inglesi, tedesche e russe che scendevano dall’Engadina, con un carico di bagagli a seguito, per godersi un soggiorno in un luogo affascinante e dalle tante sfaccettature.

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Grand Hotel Victoria Menaggio, gli esterni visti dall’alto (ph. Giacomo Albo)

Grand Hotel Victoria Menaggio: una storia centenaria

Nonostante sia stato oggetto di un’importante opera di ristrutturazione voluta dalla famiglia Rocchi, proprietaria del gruppo alberghiero R Collection, di cui il Grand Hotel Victoria Menaggio fa parte, l’albergo ha saputo mantenere l’allure legata alla sua storia centenaria. Lo splendore dello stile Liberty continua a trionfare attraverso le sontuose scalinate, i grandi lampadari e gli stucchi e i fregi dorati che ornano le sale. Ma la maestosità e i materiali dell’epoca sono stati accostati, e in parte mitigati oggi, da un design attuale, caratterizzato da linee e forme essenziali e da arredi attuali e funzionali.

Il risultato è una struttura classica dal fascino moderno, in cui la luce naturale illumina gli ambienti penetrando dalle ampie vetrate. In un continuum tra passato e presente, il Victoria si compone di un edificio storico, la Villa, e di una struttura recentissima, il Palazzo, collegati tra loro da un tunnel in vetro lungo circa 30 metri, che simboleggia così l’unione tra tradizione e contemporaneità. Le due strutture, in un contesto architettonico armonioso, racchiudono un’area piscina con open bar – il Bar Griso – immersa nel verde, e i dehors dei ristoranti e dei lounge bar, delineando una sorta di oasi silenziosa e tranquilla.

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Il grande camino classico del bar

La Villa e il Palazzo, in un continuum tra passato e presente

Ottantuno tra camere e suite di design, dotate di ogni comfort e nelle quali nulla è lasciato al caso, si distribuiscono tra la Villa e il Palazzo. Tutto qui è domotizzato, per garantire un impatto ambientale orientato alla massima sostenibilità. L’edificio originale, la Villa, ristrutturata recentemente, affaccia sul lungolago e dispone di un pontile privato con servizio di limousine sull’acqua. La reception, situata all’ingresso, è inondata dalla luce naturale. Le tinte dominanti sono il bianco, il crema, il verde ottanio – nuance che ricorre in tutta la struttura – e l’oro. Qui, sono stati preservati i lampadari e gli antichi camini, oggi funzionanti a vapore. E poi, gli stucchi d’epoca, messi in risalto dal grigio dei soffitti, e la scalinata storica, che affiancati a complementi d’arredo di design definisco un layout classico, sobrio e raffinato.

Il Palazzo, la parte nuova del Grand Hotel Victoria Menaggio, sorge sull’impianto architettonico di un antico convento. Al piano terra spicca la zona piscina, uno scrigno di pace e relax, confinante con la modernissima palestra, sempre aperta. I colori usati nella Villa si rincorrono qui creando una gradevole coerenza stilistica.

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Suite con vista lago
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Una suite del Grand Hotel Victoria Menaggio
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Gli esterni dell’hotel con la piscina

Il Ristorante Lago e il Ristorante 1827: attenzione per le materie prime e altissima qualità

Il Ristorante Lago si trova al piano terra della Villa e offre uno scorcio suggestivo del Lago di Como, con vista su Bellagio. Un all-day-dining restaurant con una piacevole veranda, aperto tutto il giorno a partire dalla sontuosa colazione e fino al dopo cena, propone una cantina a vista con una variegata selezione di etichette. Il Ristorante 1827, vero e proprio gourmet restaurant, ha sede invece nel Palazzo. I tavoli sono divisi tra loro da cortine di catenelle in metallo, che creano delle isole private sapientemente illuminate. La cantina è completamente climatizzata e offre la scelta fra più di quattrocento etichette. Ogni bottiglia è qui codificata e un gioco di luci va ad illuminare di volta in volta quella prescelta dal cliente.

Prima di accedere al Ristorante 1827, il passaggio è d’obbligo attraverso la Erre Boutique che propone magnifici prodotti made in Italy, delle vere e proprie gemme rare, tra le quali una selezione di gioielli, capi di abbigliamento e accessori per la casa.
A guida delle cucine del Grand Hotel Victoria Menaggio, il giovane chef Gabriele Natali vanta una carriera consolidata tra i fuochi di rinomati ristoranti stellati, tra i quali il ristorante di Enrico Bartolini al Mudec, a Milano, e il locale guidato da Paolo Griffa a Courmayeur. Attentissimo all’utilizzo delle materie prime locali di qualità, seguendone la stagionalità, e con uno sguardo rivolto verso il biologico, Natali interpreta le ricette tradizionali dando vita a percorsi gastronomici mirabilmente abbinati alle ricchissime potenzialità dei vini presenti. Con una visione della cucina come convivialità e condivisione, per il ristorante gourmet, lo chef mette in scena un menù dedicato all’arte, al mondo della letteratura e della poesia.

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Grand Hotel Victoria Menaggio, il ristorante

I Promessi Sposi rivivono al Grand Hotel Victoria Menaggio

Il progetto di ristrutturazione dell’albergo ha voluto evidenziare ulteriormente il forte legame tra la struttura e il territorio. Il Bar Manzoni, l’american bar dell’hotel, è stato così nominato in onore all’autore dei Promessi Sposi, ambientato proprio su queste sponde. Il Bar Manager Antonio Notarnicola mette a punto la carta del beverage e aggiunge un tocco personale di creatività e gusto estetico, esaltando ogni drink – tra cui cocktail classici e innovativi, distillati ma anche analcolici – e trasformando ogni sorso in una suggestiva experience.

Sulla scia manzoniana poi, anche il ristorante gourmet deve il suo nome alla data di uscita della prima edizione dell’opera di Renzo e Lucia.
Il fil rouge del lago torna, invece, nelle stampe fotografiche antracite che ricoprono le pareti delle aree comuni e che descrivono, con taglio grafico, paesaggi e scorci del lago di Como.

Infine, Il Tunnel dei Promessi Sposi – illustrato da episodi del romanzo realizzati a mano da un artista che lavora per Wall&Deco – permette di accedere direttamente all’area Spa dalle camere della Villa Storica.

Benessere e design in un viaggio tra corpo e mente alla Erre Spa

La Erre Spa si sviluppa su 1200 metri ed è il luogo ideale per ritrovare un perfetto equilibrio di corpo e mente. Bagni a vapore mediterraneo e turco, percorsi aroma e cromo terapici delle water paradise e docce emozionali. E ancora, saune soft e finlandese, percorso Kneipp, stanza del ghiaccio con la crioterapia, vasca privata illuminata dal cielo starlight ed una piscina di venti metri con postazioni relax jacuzzi, incorniciano il percorso benessere.
Respiro, Equilibrio, Energia ed Armonia sono le cabine dal design moderno e curato, adibite ai trattamenti viso e corpo che, assieme alla cromoterapia delle luci soffuse, delle spotlights e delle candele aromatiche, personalizzano il rituale rigenerante psicofisico. I quattro elementi – il legno, l’acqua, l’aria, il fuoco – convivono alla Erre Spa per un’esperienza immersiva multisensoriale.

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La Erre Spa del Grand Hotel Victoria Menaggio

Weekend in città: 3 indirizzi gourmet a Milano

Milano non è solo la capitale della moda, ma anche quella del food: cucine di ogni parte d’Italia e del mondo qui si mescolano e sperimentano nuovi sapori e ricette innovative. Il panorama gastronomico della città è in continuo fermento; soprattutto se parliamo di realtà giovani che uniscono tradizione a sperimentazioni moderne che non possono passare inosservate. Abbiamo conosciuto da vicino tre indirizzi food che consigliamo assolutamente di visitare per un weekend in città tutto da vivere.


DRY AGED

Dry Aged, è il nuovo progetto di Matteo Ferrario e Stefano Carenzi. Sono due giovani, chef e maitre, che dopo diverse esperienze gourmet hanno deciso di puntare su loro stessi. L’accoglienza la fa la scritta al neon “LIFE IS BEAUTIFUL” che racconta il mood di questi due giovani intraprendenti. 

La nuova destinazione, in pieno centro Milano si trova tra Sant’Ambrogio e Corso Genova. Stile urban ed eleganza informale accolgono gli ospiti in tre ambienti: dal New York bar con tavolo social, alla sala con panoramica sulla cantina, da prenotare anche come privée, una delle poche sale disponibili per almeno 14 persone a Milano, e la sala con cucina a vista attraverso un oblò, quasi un occhio magico a spiare lo chef al lavoro. 

Tra i piatti signature spiccano sicuramente i Mondeghili della tradizione, lo Spaghetto ai 3 pomodori mantecato con olio EVO e basilico; l’Entraña alle braci con cipolla caramellata. Le carni sono certamente un grande focus, con un’attenta ricerca della concentrazione del gusto, nella sperimentazione delle frollature e infine delle macerazioni. Anche la carta dei vini è frutto di grande ricerca con una selezione di tanti produttori di nicchia, sia esteri che italiani per allestire la spettacolare cantina a vista che abbraccia la sala privée. 

Non solo food ma anche arte e design, due componenti fondamentali che caratterizzano il dna del locale.  Dalla scultura lampadario dal design futuristico che con i suoi giochi di luce illumina il pavimento originale anni Venti alla selezione di opere uniche in cui troviamo un “Joker” originale di No Curves, lo pseudonimo dietro il quale si nasconde uno dei più famosi artisti della tapeart di tutto il mondo.

PARTICOLARE

Uno chef, Andrea Cutillo e il maître e sommelier Luca Beretta hanno creato la loro “tana”: Particolare. Il locale vuole essere un punto di accoglienza per tutti coloro che vogliono uscire e sentirsi a casa; che desidererebbero un cocktail ma forse anche una cena; che arrivano per un aperitivo post lavoro e si trovano in un giardino di oltre 100 mq nascosto a Porta Romana, in via Tiraboschi 5

La cucina è creativa e mediterranea, un’attenta selezione di piccoli produttori e una forte attenzione a privilegiare l’allevamento italiano ed etico; una filiera pulita di approvvigionamento degli ingredienti della cucina. Poi abbiamo anche una carta dei vini selezionata privilegiando piccoli produttori come grandi realtà legate al territorio nazionale.

Anche il design non viene meno al nome del locale. Gli architetti Rodolfo Sormani, Alessandro Tonassi e Matteo Ranghetti si sono ispirati all’eleganza degli anni Cinquanta e Sessanta. Tutto è progettato e disegnato nei minimi dettagli, osservando le prospettive specchiate, le textures a rombi, gli accostamenti cromatici, le linee degli arredi, le lampade dorate.

CLASSICO TRATTORIA & COCKTAIL

Classico trattoria &cocktail è il nuovo progetto imprenditoriale della famiglia Murray, con un ampio giardino interno in pieno stile liberty, tra tavoli e sedie d’epoca che coniugano dettagli decò a tessuti di tendenza come il velluto, che raccontano di un elegante salotto in un contesto di Vecchia Milano. La sinergia tra cucina e cocktail bar, le due anime di Classico, è il tratto distintivo del ristorante, da gustare al civico 6 di via Marcona

I drink lover troveranno qui una cocktail list in cui ogni miscela è legata al titolo, al testo, o all’autore di una canzone. La cucina dello chef Emanuele Menna valorizza invece le ricette della cucina regionale con sapori netti, senza filtri e genuini, che rimandano alla tradizione gastronomica mediterranea con un piglio fresco che non stravolge, bensì esalta i gusti dei singoli ingredienti.

In cover: Dry Aged

Dalla Gioconda apre un pop up restaurant a Cortina da Franz Kraler

Allegra Tirotti RomanoffStefano Bizzarri, lo chef Davide Di Fabio, grazie alla famiglia Kraler hanno voluto portare un po’ di loro e del loro mondo a Cortina, creando un pop up restaurant dall’immagine fresca e contemporanea, una vetrina sul mare nella stupenda località di montagna.

Avrà luogo tutte le sere dal 21.02.22 al 27.02.22, nella boutique di Franz Kraler in corso Italia 119. Sarà un lampo o meglio uno scorcio sui primi raggi di sole della riviera, una cena riservata, pochi intimi, un menu unico, un buon sound e la voglia di accogliere gli ospiti come a casa, tra gli splendidi vestiti della boutique, i libri, i fiori e il buon vino.

Dalla Gioconda nasce negli anni 50 come dancing pizzeria a Gabicce Monte, provincia di Pesaro Urbino, chiamata un tempo “la Capri dell’Adriatico”.

Patria della musica e del divertimento di quel mood il ristorante Dalla Gioconda mantiene ancora oggi la leggerezza impressa in quel nome e nel suo juke box, conservato anche dopo la profonda ristrutturazione, guidata da Stefano Bizzarri e Allegra Tirotti Romanoff.

I principi di sostenibilità e tutela della terra sono valorizzati sotto tutti gli aspetti: è il primo ristorante certificato plastic free in Italia, la struttura è certificata leed gold e vanta materiali scelti al minor impatto possibile ed è riscaldata attraverso la geotermia. Lo spreco è ridotto al minimo grazie al recupero delle acque piovane. Le pareti di librerie, una in ogni spazio, danno la sensazione di entrare a casa.

La cucina è nelle mani dello chef Davide Di Fabio (16 anni in Osteria Francescana) che nella sua vita ha viaggiato in alcuni dei paesi più interessanti del mondo. Amante dei sapori veri e diretti, appassionato di arte pop e colori, è patito di musica e qui gioca anche a fare il dj.
Il suo menù prevede ingredienti della zona che seguono rigorosamente la stagionalità dei prodotti.
Adiacente al ristorante è stato creato un bellissimo orto naturale. Nella cantina oltre 500 diverse etichette e più di 2000 diverse bottiglie. Il ristorante è novità dell’anno 2022 per Gambero Rosso ed è nella 50 Top Italy.

I piatti dello Chef stellato Paolo Griffa sono la dedica di Ruinart al mondo dell’arte

Una cena stellata ad alta quota firmata dallo Chef Paolo Griffa che ha celebrato uno champagne con una lunga tradizione e allo stesso tempo estremamente innovativo nella suggestiva cornice alpina del ristorante Petit Royal all’interno del Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur.

Un menù ispirato alle opere dell’artista David Shrigley – ultimo di una lunga serie di artisti a cui la Maison si accosta nel rispetto di una tradizione legata al binomio champagne – cultura, al quale viene data carta bianca per creare delle opere d’arte che sappiano interpretare lo spirito di Ruinart: un percorso di contaminazione ambizioso che non a caso prende il nome di Carte Blanche.
Una storia d’amore tra Maison Ruinart e il mondo dell’arte che ha inizio durante il regno di Luigi XIV, quando Dom Thierry Ruinart, lo zio del fondatore diventa “Master of Art” nel 1674. Da allora, la storia di questo champagne è andata di pari passo con la missione di supportare le nuove generazioni dei talenti creativi che si sono succedute nel tempo.



David Shrigley, visual artist dotato di una vivace ironia, è riuscito a tradurre la filosofia del brand attraverso una serie di opere riunite sotto il nome di “Unconventional Bubbles” che attraverso la matericità della scultura e la potenza visiva delle arti visive ha interpretato il processo di vinificazione di Ruinart, presentato al pubblico in occasione del Miart a a Milano.

Paolo Griffa, stella Michelin dal 2019, da quest’anno all’interno del circuito Ruinart Assemblage 1729, il network della più antica Maison de Champagne che include selezionati ristoranti italiani, ha disegnato un percorso di gusto caratterizzato da una visione estetica di grande impatto visivo, ispirato alle opere di Shrigley che ben interpretano le bottiglie e il processo di vinificazione della Maison e dal concept disruptive come l’universo poliedrico di Ruinart.
Dal mosaico di verdure ispirato all’opera d’arte “Thousands of bottles of champagne! In a giant hole in the ground” ai bottoni ripieni di patate, erbe e funghi, che evocano l’immagine, vista dall’alto, delle bottiglie che riposano nelle cave in attesa di raggiungere il livello di perfezione richiesto dalla qualità della Maison Ruinart e della diversa personalità che ogni bottiglia è in grado di custodire nel suo processo di vinificazione che anche di David Shrigley ha rappresentato nel suo “Each bottle is the same and Each Bottle is different”. Fino alla sua “Break Second Skin”, che nasconde una faraona cotta con foglie di fico e spinaci, servita insieme a un martello per vivere insieme una vera esperienza “di rottura” e di stupore, nel sapore e nell’estetica. La Second Skin di Ruinart, unicamente in carta riciclabile va a sostituire i vecchi coiffeur in versione gioiello senza impattare l’ambiente, da un mese disponibile nel suo formato magnum.
E infine, “upside-down” un dessert coperto da una cloche che quando viene alzata il piatto rimane apparentemente vuoto, in quanto il dolce rimane nella cloche. Si tratta di una cheescake alla vaniglia, pan di spagna al miele d’acacia e tè al matcha. Per completare il dolce fragoline di bosco, fragole, lamponi, mirtilli e un gel di yuzu che dono al piatto una nota acida e agrumata.



Ogni piatto pensato a regola d’arte dallo chef stellato Paolo Griffa sono le tappe di un percorso gastronomico che, come un sottofondo musicale, sono stati accompagnati da Ruinart Blanc de Blancs, Ruinart Vintage 2011,  Ruinart Rosé, Ruinart Rosé, sapientemente raccontati da Silvia Rossetto, senior Marketing Manager della Maison Ruinart.


MAISON RUINART 1729: UN’ESPERIENZA IMMERSIVA PER LA PRIMA VOLTA A MILANO NEGLI SPAZI DI IDENTITÀ GOLOSE

Identità Golose Milano, il primo Hub Internazionale della Gastronomia nato nel 2018, è lo scrigno di Maison Ruinart 1729, un’esperienza immersiva e multisensoriale che la più antica Maison de Champagne ha fatto vivere ad appassionati del bon vivre, per tre giorni di assoluta eccellenza.
Dal 19 al 21 Novembre, Ruinart ha svelato la sua storia centenaria di savoir-faire attraverso tre cene esclusive che in Maison Ruinart 1729 si sono trasformate in un vero e proprio viaggio onirico animato dalla virtual reality Petit R: ogni cena è diventata infatti un’esperienza immersiva realizzata attraverso un videomapping in 3D e il concetto dell’anamorfosi, dove i disegni dell’artista giapponese Kanako Kuno hanno preso vita sulla tavola della sala, mettendo in scena la storia e il ricchissimo patrimonio di Maison Ruinart.



Un viaggio arricchito dall’arte culinaria della Chef di Maison Ruinart, Valérie Radou che, per la prima volta, ha lasciato la sede di Reims in Champagne per trasferire all’Hub Identità Golose Milano tutta la sua creatività e maestria. Resident chef dal 2018, Valérie ha saputo conquistare il pubblico con un menu esclusivo, dove ogni piatto è stato ideato per essere perfettamente abbinato alla sua cuvée: la freschezza di Ruinart Blanc de Blancs esaltata dall’ostrica, come entrée, seguita dal Rombo di Bertrand Mure (omaggio ad uno dei Fondatori di Maison Ruinart), con crema di cavolfiore, nelle sue varianti verde, arancio e bianco, a sottolineare la rotondità dello Chardonnay. Il piatto forte si fonda sui contrasti: faraona con zucca, finferli e succo di liquirizia abbinato a Ruinart Vintage 2011, la cuvée tanto attesa che da quest’anno è distribuita anche sul mercato italiano. Un Vintage che accompagna perfettamente anche il Chaource, tipico formaggio della regione della Champagne, con uva e granola. Per concludere, pera infusa con ibisco, pompelmo e rosa, aromi che ritroviamo nel Ruinart Rosé, la cuvée che accompagna appunto il dessert. Ingredienti ricercati, prodotti di stagione, creatività che, insieme ai suggerimenti dello Chef de Caves, hanno consentito a Valérie di regalare un’esperienza indimenticabile ai suoi ospiti.

Oltre alle tre esclusive cene immersive Petit R, che si sono tenute per soli 12 ospiti nella sala ovale dell’Hub, Ruinart è stata protagonista assoluta di Identità Golose Milano grazie anche alle cene a 4 mani con Valérie Radou e gli Chef del Ruinart Assemblage 1729, il raffinato circuito di ristoranti italiani selezionati da Ruinart, dove la filosofia della più antica Maison de Champagne si fonde con il ricercato senso artistico, il servizio, le proposte culinarie e culturali dei locali. In particolare, venerdì 19/11 la cena è stata firmata da Denis Pedron, Corporate Executive Chef del gruppo Langosteria che ha partecipato rappresentando Langosteria Bistrot Milano, sabato 20/11 e domenica 21/11 dallo Chef due stelle Michelin Giuseppe Mancino de Il Piccolo Principe di Viareggio. Ciascuno chef, insieme a Valérie Radou, ha realizzato un menu speciale che avrà come antipasto Branzino con sedano e olio di levistico, piatto signature di Valérie per questo autunno, accompagnato da Ruinart Blanc de Blancs.
Esperienza viti–vinicola, tradizioni familiari, savoir-faire e art de vivre consapevole: la Maison Ruinart ha scritto il suo destino per quasi tre secoli con questi valori, diventando un riferimento di eccellenza, eleganza e innovazione nel mondo dello Champagne. Oggi, la Maison Ruinart, fiore all’occhiello del gruppo LVMH, è una realtà di riferimento per una clientela internazionale di intenditori, appassionati d’arte ed esteti informati e consapevoli

Nel cuore della Milano finanziaria, la cucina creativa di Desco

Desco inaugura a Milano, in via Bassano Porrone 8, e si aggiunge alla mappa dei ristoranti da non perdere del capoluogo lombardo. Merito di un concept moderno, che si traduce in uno spazio conviviale ed elegante, caratterizzato da una proposta gastronomica che reinterpreta la tradizione, donandole un twist contemporaneo. La cucina creativa del nuovo brand si distingue per i giochi di contrasti e la forte contaminazione esotica, con l’obiettivo di far vivere agli ospiti un’esperienza unica e coinvolgente.

Il giovane chef Roberto Godi, a capo di una altrettanto giovane brigata, esprime la Milano di oggi a tavola attraverso un approccio all’avanguardia, con piatti divertenti e gustosi dove l’alta qualità delle materie prime si fonde con la profonda conoscenza della cucina italiana e gustose incursioni nella cucina asiatica. 

“Vogliamo stupire la clientela garantendo un’esperienza gastronomica di alto livello, ricercata e aperta alle contaminazioni, ma che mantenga tutto lo stile e il gusto italiani”, raccontano il marketing manager Emanuele Sala e il designer Pasquale Di Meglio, fondatori del nuovo brand. 



Dal lunedì al sabato Desco propone un menù vario che abbraccia anche la cucina vegana. La proposta per il pranzo è gustosa e bilanciata: con Hummus, tahina e arachidi con bacon di cocco si viaggia lontano, per poi tornare ai profumi di casa con Desco n° 5, il delizioso spaghettone trafilato al bronzo ai cinque pomodori. Tra i secondi, la Skirt di manzo alla brace servita con purè di patate e burro fermentato si fa apprezzare per la ricercatezza degli abbinamenti. 



Il menù serale “à la carte” è affiancato dalla proposta, ancora più sperimentale, Desco Lab: una selezione di piatti ad alto tasso di creatività, come il Risotto alla milanese rana e piccione e l’Anatra, alghe e katsuobushi di manzo. La proposta beverage si distingue per la continua ricerca delle migliori etichette vinicole italiane e francesi, a cui si aggiunge un’ampia offerta di cocktail, dagli iconici ai signature.



Lo spazio, che ospita fino a 60 coperti, è perfetto per concedersi una pausa tra gusto e relax, dal pranzo alla cena, passando per l’aperitivo. “Desideriamo che Desco diventi un punto di riferimento in città, uno spazio in cui rifugiarsi per staccare dalla frenesia della vita metropolitana, gustando la migliore cucina in un ambiente sofisticato e giovane”, continuano Sala e Di Meglio.

Il concept brand degli interni porta la firma dell’architetto e designer Paolo Albano ed è impreziosito dalle illustrazioni di Simone Massoni e Maria Chiara Fantini.

Sito: https://descomilano.it

IG: @descomilano

Romeow Cat Bistrot, un angolo intimo e riservato di pura accoglienza nel segno delle fusa

Valentina ha mollato tutto per inseguire il suo sogno, spinta dall’amore per la natura e tutto ciò che ne fa parte, dando vita a Romeow Cat Bistrot, un luogo insolito nel cuore di Roma in cui godersi del buon cibo in compagnia di gatti, vivendo un’esperienza unica e ritagliandosi una piccola parentesi di felicità insieme alle persone che si amano.



Romeow Cat Bistrot nasce da un sentimento semplice e pulito, elevando il concetto di Cat Cafè per accompagnare gli ospiti in un sofisticato viaggio intorno al mondo alla scoperta dei sapori e dei gusti più raffinati e ricercati.

Dietro la nascita di Romeow c’è una missione, che è quella di condividere uno stile di vita ricercato, attento e consapevole. Romeow non è un ristorante, ma una filosofia.

Il bistrot è la casa di sei dolcissimi gatti (provenienti dalla onlus “Luna di Formaggio“) che non vedono l’ora di accogliere gli osp  iti per rendere più dolce la tua permanenza. Dal momento che sono loro i veri padroni di casa, è importante rispettare i loro spazi, i loro tempi e, soprattutto, i loro pisolini.



Da Romeow tutto è frutto di una scelta consapevole. A partire dai prodotti biologici che non implicano alcuna forma di sfruttamento, né umano né animale, passando all’utilizzo di ingredienti ricercati e costosi, per arrivare alle materie prime rispettose dell’ambiente e della salute delle persone. 

Presso il ristorante è possibile trovare un menù nuovo a ogni stagione. Nuove proposte gourmet, nuove combinazioni e nuovi abbinamenti per regalare agli ospiti un’esperienza culinaria originale, di alto livello e sempre ricca di nuovi stimoli. 



Nonostante le tante richieste, tutti i lunedì il bistrot rimane chiuso, così da permettere ai gatti di riposare e di riappropriarsi dei propri spazi. La struttura è aperta dal martedì alla domenica, tra coccole e fusa in pieno stile Romeow Cat Bistrot.

Sito: https://www.romeowcatbistrot.com

IG: @romeowcatbistrot

Le novità gourmet per la stagione fredda dell’Aleph Rome Hotel

L’arrivo della stagione fredda è sempre accompagnato, in cucina, da ingredienti e sapori che ben si conciliano con il calare delle temperature; l’Aleph Rome Hotel, elegante 5 stelle incastonato nel cuore della città eterna, tra piazza Barberini e via Veneto, rivede pertanto la propria offerta gourmet, trasferendola dalla terrazza protesa sul panorama mozzafiato della capitale all’interno dello Sky Blu Restaurant, per cui l’executive chef Carmine Buonanno ha messo a punto un programma gastronomico d’eccezione, che spazia tra proposte ad hoc per i primi freddi e una serie di appuntamenti tematici che faranno la felicità dei foodie più esigenti.

Formatosi alla corte di Alfonso Iaccarino nel prestigioso Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui due Golfi (doppia stella Michelin) e già alla guida del ristorante romano Gran Melià Villa Agrippina, Buonanno presiede oggi l’offerta F&B dell’hotel Aleph, tenendo fede a una filosofia basata sulla commistione di tradizione e innovazione, in cui la prima (legata alle origini dello chef, alla sua impronta mediterranea) si fonde armonicamente con la seconda, in un percorso di costante ricerca e sperimentazione culinaria.



Ne risultano sapori intensi, abbinamenti moderni che però tengono sempre in grande considerazione il territorio, come dimostrano le novità del menù invernale, aperto da portate quali la “variazione di coniglio con castagne e melograno” e il “carpione di ricciola, pistacchio e gelée di sedano e cardamomo”; tra i primi, invece, “tortelli di genovese di manzo con salsa mozzarella e riduzione di aglianico” e “pacchero di Gragnano con stracciatella e polvere di dragoncello”, seguono i secondi (“filetto di manzo come un saltimbocca alla romana” e il “baccalà cavolfiori e lattuga di mare”); chiudono il percorso a prova di connoisseur, in equilibrio tra sapori stagionali, ricette classiche e abbinamenti sorprendenti, i dessert, ossia il “limone yuzu e tè matcha” o la “rivisitazione della ricotta e visciola”.

Un’alternanza di menù speciali, a disposizione della clientela per un periodo limitato, scandirà inoltre i prossimi mesi, omaggiando gli ingredienti tipicamente invernali; primo protagonista sarà il tartufo, “in scena” dal 16 al 21 novembre. Gli ospiti dello Sky Blu Restaurant potranno inoltre comporre in libertà la propria cena ideale, attingendo al menù permanente come a quello tematico per ottenere la combinazione di piatti a loro più congeniale.

Chi, infine, volesse ritagliarsi una pausa deluxe per gustare un tè nei rigidi pomeriggi che ci attendono, potrà rivolgersi all’Onyx Bar della struttura, il cui tea time prevede delizie gourmet dolci o salate, per una stagione da vivere all’insegna del connubio perfetto tra bellezza e bontà, affidato alle sapienti mani di Carmine Buonanno.

Testo: Marco Marini

Alimentazione e Prevenzione

La dieta Mediterranea, è una fonte preziosa di nutrienti e sostanze, alimenti antitumorali, antiossidanti, vitamina C che possono aiutare anche nella lotta e nella prevenzione dei tumori.

Si tratta di uno stile alimentare che prevede il consumo di 5 porzioni al giorno di frutta e verdura di stagione: quindi una dieta varia, sana ed equilibrata.

In occasione del mese della prevenzione del cancro al seno, abbiamo scelto alcuni cibi che possono essere considerati, per le loro proprietà, alimenti antitumorali.

1 – Alimenti antitumorali: i broccoli

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I broccoli sono tra i vegetali più utili per prevenire i tumori secondo molte ricerche. Contengono vitamina A, vitamina C e flavonoidi (beta-carotene, luteina, ziaxantina, cripto xantina), ma l’azione più importante nella prevenzione tumorale viene svolta dai composti solforati e in particolare dal sulforafano.

Nell’insieme compongono un mix di antiossidanti che proteggono in particolare dai tumori al seno, alla prostata, al colon e ai polmoni.

Nei broccoli si trovano in buone quantità il ferro e il potassio. Abbinato sempre alla vitamina C che ne facilita l’assorbimento, il ferro dei broccoli è di aiuto come anti-anemico e per compensare la carenza di ferro. Invece, il potassio contribuisce alla corretta funzione cardiaca, muscolare e nervosa e regolarizza la pressione.

Attenzione però a non mangiare i broccoli troppo spesso quando si assumono farmaci anti-coagulanti. Infatti, La vitamina K che contengono, infatti, interferisce con il meccanismo di azione e con il metabolismo di tali farmaci.

2 – Alimenti antitumorali: Kiwi

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Il kiwi ha un contenuto in vitamina C elevato, 85 mg in un etto, molto più di limone e arancia che ne possiedono 50.

Consumarne uno al giorno significa rifornirne l’organismo del fabbisogno quotidiano, rinforzando il sistema immunitario. La vitamina C è un ottimo antiossidante quindi il kiwi è un ottimo alleato nella prevenzione dei tumori.

Inoltre, la sua presenza nel menu dà una mano a ridurre il colesterolo cattivo nel sangue, prevenendo rischi cardiocircolatori. Tutela poi la salute di gengive e denti con le sue proprietà antinfettive e, grazie anche alla presenza di vitamina E, è un potente antiossidante che si oppone ai radicali liberi.

3 – Mirtilli

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I mirtilli sono tra i frutti più ricchi di antiossidanti, soprattutto di flavonoidi come gli antociani, che prevengono i tumori e in generale l’invecchiamento.

Inoltre, rinforzano il sistema immunitario, aiutandolo a difendersi meglio dai virus e da malattie metaboliche e cardiovascolari. Con i mirtilli rossi, consumati sia freschi che come succo, si curano le infezioni alle vie urinarie e le cistiti. Nello specifico, i mirtilli si comportano come antinfiammatori e anti-infettivi grazie soprattutto ai flavonoidi, che impediscono ai batteri di attaccarsi alle pareti della vescica e di proliferare.

Secondo molte ricerche i mirtilli fanno bene anche al cervello, soprattutto alla memoria e alla capacità di concentrazione. Al consumo regolare di mirtilli corrisponderebbe un aumento dell’attività cerebrale che va a migliorare le funzioni cognitive con un rallentamento del decadimento cerebrale nelle donne anziane, come osservato in uno studio pubblicato su Annals of Neurology nel 2012.

4 – Pomodori

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Il pomodoro ha dei pregi nutrizionali che sono rappresentati da nutrienti chiamati carotenoidi, in particolare uno – il licopene.

Si tratta di un antiossidante che protegge le cellule dall’azione dei radicali liberi (che venendo a contatto con le cellule possono danneggiarle), per questo svolge un’azione anti-tumorale. Il licopene, fortunatamente, non si perde durante la cottura del pomodoro, quindi è presente non solo nel pomodoro crudo ma anche nella salsa.

Il licopene ritarda l’invecchiamento cellulare, preserva l’elasticità di pelle e tessuti, mantiene in salute la vista, protegge da alcune forme di tumore, come quello alle ovaie. Tra le sue azioni anche quella di spazzare via il colesterolo che si deposita nelle arterie.

5 – Soia

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La soia è particolarmente utile in menopausa grazie alla presenza degli isoflavoni, fitoestrogeni che vanno a compensare il naturale calo degli estrogeni tipico di questa fase della vita della donna e che, per questo, contribuiscono ad attenuare i disturbi, come le vampate di calore, associate ai cambiamenti ormonali.

I fitoestrogeni della soia sono anche alleati importanti nella prevenzione di alcuni tipi di tumore: quello alla mammella per le donne e alla prostata per gli uomini. Non è un caso se il numero di tumori è largamente inferiore nelle popolazioni asiatiche che normalmente introducono questo legume nel loro regime alimentare.

Questo legume offre al nostro organismo minerali fondamentali come calcio, potassio, magnesio, ferro e fosforo e vitamine A, B2, D ed E. Grazie a questo mix di nutrienti, la soia aiuta la mineralizzazione delle ossa rivelandosi utile anche per la prevenzione dell’osteoporosi.

Ma i benefici che offrono i semi di questa pianta asiatica non finiscono qui. Infatti, è un’importante alleata della regolarità intestinale grazie al suo contenuto di fibre. La presenza di fibre, insieme ad un contenuto di grassi per lo più polinsaturi, la rende anche un prezioso aiuto per tenere sotto controllo i valori di glicemia.

Beatrice Olearo, Nutrizionista

Dove mangiare in un weekend autunnale

Dove mangiamo nel week end? È una delle domande più comuni da quando ci siamo lasciati alle spalle molte limitazioni dovute al lockdown. Durante il fine settimana, soprattutto chi resta in città o vuole spostarsi il minimo indispensabile è sempre alla ricerca di pranzi, aperitivi o cene (anche meglio se con vista panoramica). Per iniziare bene l’autunno ecco qualche spunto per vivere delle vere esperienze gastronomiche, tra nuove insegne e indirizzi classici della tradizione.

Il pranzo sul lago da Momi 

A Blevio, suggestivo borgo sito sulla sponda orientale del Lago di Como, si trova la terrazza panoramica del ristorante Momi, location perfetta per un’esperienza gastronomica locale di grande emozione. Lo storico ristorante è guidato da Andrea Dotti, da tutti conosciuto come “Momi”, uno chef eclettico e solare che da anni abbina la sua passione per il lago con le origini toscane. La filosofia in cucina è all’insegna della semplicità, direttamente all’orto alla tavola. Troverete sapori semplici e salutari che valorizzano il territorio e le eccellenze del Lago di Como. La proposta gastronomica infine esalta i piatti della cucina classica italiana in una fresca contaminazione con i prodotti del lago e della provincia.

L’ora dell’aperitivo al Tàscaro

Il Tàscaro è il primo Bacaro veneziano a Milano che riapre le sue porte nella nuova sede in via Thaon di Revel uno dei quartieri culturalmente più attivi del capoluogo: Isola. Sembrerebbe di essere a Venezia, in uno dei localini storici quasi invisibili tra le calli dove i veneziani si fermano a fare “quatro ciacole” in compagnia, uno di quei posti che i turisti non si filano a dispetto dell’autenticità e del dialetto che aleggia tra uno spritz e un “dame un’ombra de bianco”. Ed è proprio così che funziona: una moltitudine colorata di cichéti con baccalà, saor e tramezzini che qui si chiamano proprio Tàscari, vino bianco o rosso e tutti i tipi di Spritz possibili da quello al Select, l’originalissimo veneziano, ai più celebri con Aperol o Campari.

Una cena creativa da El Ganassin

Una terrazza da vivere in ogni stagione nel cuore di Milano, in zona Washington-Solari. Nasce dalla volontà di creare una cucina creativa contemporanea, come ci racconta Feng Ye, proprietario e imprenditore nel mondo della ristorazione milanese da oltre venti anni.

La cucina è guidata da un giovane Chef di Milano, intende proporre piatti della tradizione lombarda con contaminazioni orientali come ad esempio i Dimsum, vale a dire i casoncelli tradizionali, chiusi come tipici ravioli cinesi, impiattati con alga wakame e salvia essiccata, e irrorati con delicato brodo dashi; la cuboletta alla milanese con verza saltata, cipollotti brasati e salsa tonkatsu o dessert come Tea-ramisù.

Un dopo cinema da Miro Osteria

Situato all’interno di uno dei primi cinema d’Italia, Miro- Osteria del Cinema è un’osteria ricavata su due livelli nello spazio che negli anni ’30 era destinato al palco, ai camerini degli artisti e alle luci del Cinema d’Annunzio. Una grande quinta illuminata accoglie chi entra, vero e proprio sipario di un cinema. Divertente e frutto di ricerca è il menu (inserito nel contenitore di un dvd) che prende spunto dai film più famosi e si intreccia dagli antipasti al dolce con i nomi tipici del linguaggio cinematografico, dal prologo per gli antipasti, passando per primo e secondo tempo, all’epilogo per i dolci. Da scoprire adesso per tornare poi durante la bella stagione, è il Giardino Segreto, un cortile interno nascosto che fa parte del complesso dell’antico convento benedettino del 1496.

Un drink sul Naviglio da GRAMM Café

Perdersi nella meravigliosa ed intramontabile cornice dei Navigli di Milano, per ritrovarsi seduti a sorseggiare un drink in un luogo dove il tempo lascia spazio alle emozioni, un inaspettato preludio di un’esperienza sensoriale e antropologica dalle mille sfaccettare. Nato nel luglio del 2018 dalla tenacia di Niccolò E Giacomo Mazzucchelli assieme a Eda Akman e il loro team, il GRAMM café è un cocktail bar con un tocco in più; ambienti scaldati da luci soffuse e arredi ricercati e dal sapore vintage che strizzano l’occhio alle botteghe di una volta, ma anche una forte componente musicale, cosi In un angolo a voler dominare la scena, ma con discrezione, si può scorgere un antico grammofono, un simbolo di rivoluzione sociale ed energia, la stessa che qui si vive ogni giorno e che ha ispirato il suo nome.


Bowls and More, mangiare con gusto senza rimorsi

Per chi ancora non lo sapesse, nel cuore della città meneghina è possibile gustare in un ambiente moderno e accogliente delle sane e deliziose bowls diverse dal solito, e molto altro.

Bowls and More nasce nel 2018 come un nuovo format di ristorazione milanese per proporre un‘offerta gastronomica ampia ed eclettica in grado di rispondere alle tendenze del momento in un’atmosfera dal design informale e contemporaneo.




Il nuovo format è pensato per essere replicato e declinabile, ma anche unico in ogni singolo punto vendita partendo da Milano. Con i suoi sei punti vendita, Bowls and More riesce a coprire gran parte della città, in modo da essere facilmente raggiungibile in tutta Milano.

Lo stile dei locali gioca su un mix di elementi che spaziano dall’industrial al minimal, con decorazioni ispirate al mondo green con l’utilizzo di materiali come il rame accostato ad una palette di colori attuali, contemporanei ma mai banali.



Aperto tutto il giorno, Bowls and More ha un’offerta gastronomica per tutti i momenti della giornata. A colazione vi aiuteranno a iniziare la giornata con il piede giusto, mentre a pranzo potrete soddisfarvi senza rimorsi mangiando una delle originali, coloratissime, sane e gustosissime bowls. Dopo una stancante giornata lavorativa vi aspetteranno per un rilassante aperitivo insieme a una vasta selezione di cocktails, e infine potrete concludere la giornata con una deliziosa cena. Per chi avesse voglia di mangiare a casa guardando un bel film, è sempre disponibile il servizio delivery e take away.

IG: @bowlsandmoremilano

Sito: https://bowlsandmore.it

Da Londra a Verona: Elk Bakery

Nel cuore di Verona, dall’idea di offrire una cucina internazionale con i prodotti locali, nasce Elk Bakery.

L’ispirazione è arrivata a Londra, quando i fondatori hanno scoperto il take away: una vera rivoluzione nella cultura del cibo. Al tempo non c’erano ancora i food blogger, Instagram e i tour gastronomici. Sono bastati una carrot cake e un caffè americano gustati passeggiando ad aprirli a questa nuova realtà di cui si sono innamorati.



La loro filosofia si riassume in un’unica parola: easy. Mangiare può essere facile e veloce. Non servono tante portate, basta un piatto completo e gustoso e, se sei pieno, lo puoi portare via e finire dopo. Vogliono che tutti i loro ospiti si sentano a proprio agio, sia da soli, sia in compagnia. 

I viaggi culinari sono il loro leitmotiv: non c’è cosa più affascinante che scoprire nuovi sapori e nuovi stili dalle cucine e dalle piazze di tutto il mondo. I loro piatti sono preparati con ingredienti freschi e selezionati con grande cura. 



Da Elk non ci sono preclusioni: carnivori, vegetariani, vegani, golosissimi o super fit, loro cercano di di soddisfare i gusti di tutti!

Entrando da Elk Bakery, ci si immerge in un mondo meraviglioso di profumi e sapori, mescolati in un ambiente contemporaneo ed essenziale che ti trasporta in un mondo senza luogo. Un po’ New York, Stoccolma, Copenhagen o Parigi. 



Il caffè è trattato con cura meticolosa ed è preparato con “la Ferrari” delle macchine espresso: La Marzocco. Tostato da un piccolo torrefattore indipendente, è servito espresso secondo la tradizione italiana d’eccellenza o americana.

Il brunch è il loro appuntamento fisso del Sabato e della Domenica. Quando ci si alza con calma, da Elk Bakery potrai rilassarti e gustare il giusto mix tra dolce e salato.

@elk.bakery

https://www.elkbakery.com

Molino Pasini e Bar Basso si incontrano con un cocktail a base di farina

Cocktail a base di farina? Ebbene si, al Bar Basso Gianluca Pasini, mugnaio e collezionista, ha iniziato a collaborare con Maurizio Stocchetto, celeberrimo bartender e proprietario dello storico bar milanese, per ideare dei cocktail con la farina; la Primitiva integrale, prodotto iconico di Molino Pasini, è al centro del pensiero e dell’identità del Marchio, è una farina che adora fare esperienze, scoprire mondi nuovi.



Con la Primitiva Integrale 3, Maurizio ha creato nuovi signature cocktail: il primo è un Misuari (“annacquato” in giapponese), un long drink dissetante, poi un Margarita rivisitato e per finire un cocktail after dinner, parente dell’Alexander. Dal 15 ottobre, i signature cocktail entreranno a far parte della carta del bar e potranno essere provati dai milanesi affezionati al locale storico e dalla crowd internazionale di giornalisti, designer, fashionistas, per cui il Basso è un po’ “home outside home”.



Alla Primitiva sono dedicate anche le vetrine del Bar Basso, con una scenografia suggestiva, creata da Vandersande Studio. Spighe e grano fanno da quinta all’ingresso del locale, evocando un’opera d’arte primitiva o di land art, che narra della terra e dei suoi frutti.



La storia del Bar Basso parte da Mirko Stocchetto, barman del Posta di Cortina, che lo acquista da Giuseppe Basso nel ’67. Mirko porta a Milano la cultura del bere, fino ad allora sconosciuta, iniziando i milanesi al variopinto mondo dei cocktail. Nel 1972, Mirko inventa il Negroni Sbagliato, sostituendo al Gin il Prosecco da miscelare con il Vermouth Rosso e il Bitter Campari: nasce così un cocktail iconico, bevuto oggi in tutto il mondo. Il bar diventa così negli anni un punto di riferimento per i milanesi e non solo. A partire dagli anni ’80, con il grande successo di Memphis e l’accresciuto interesse per il design, molti giovani designer internazionali, come Marc Newson, Jasper Morrison, Thomas Sandell, iniziano a frequentare il bar e ne diventano amici.



Nel ’99 un “Comitato” di designer, che comprende anche Stefano Giovannoni e lo stesso Maurizio Stocchetto, decide di organizzare un party al Bar durante il Salone del Mobile invitando un centinaio di amici, ma la voce corre, i telefonini squillano, i taxi viaggiano e alla fine arrivano più di mille persone. Da allora il Bar, oggi guidato da Maurizio Stocchetto è un punto di passaggio obbligato per i designer e stilisti.



Per l’occasione verrà presentato il nuovo numero de ‘Il Mugnaio’ dedicato al pane, un vero e proprio lifestyle magazine completamente rinnovato nella grafica e nell’impostazione editoriale.

Alle pendici dell’Etna, tutti i luoghi da visitare

Dai ricchi giardini fioriti del Radicepura Garden Festival alla visita delle cantine ai piedi del Vulcano Etna, Donnafugata. Dall’esperienza stellata della cucina di Giuseppe Raciti al Zash restaurant fino al relax firmato lusso alla Villa Don Venerando. La terra del vulcano più attivo d’Europa vi accoglie con un’infinità di luoghi magici da visitare.

ZASH RISTORANTE

Nel Palmento, luogo in cui avveniva la pigiatura dell’uva per produrre il mosto riposto poi in grandi vasche, oggi nasce il ristorante stellato Zash, capitanato dallo chef Giuseppe Raciti.
La dura pietra, le arcate a volta, il torchio, i sentori del legno, qui si rivive la tradizione e l’esperienza culinaria premiata della stella Michelin nel 2019.
Tutti i colori della Sicilia, la tecnica e la passione dello chef Raciti in piatti che si lasciano ricordare: il gambero rosso crudo di Mazara del Vallo servito su zuppetta di pomodoro e fragole e mousse di robiola di capra; spaghetti di grano duro con salsa alle vongole e limone dell’Etna IGP; il tonno scottato roseo su crema di pane all’aceto, cipolla rossa candita e olio al basilico; brioche con tuoppo servito con gelato e accompagnati dall’illustrissimo Ben Ryé.

Il ristorante stellato Zash, un luogo in cui si incontrano tradizione e innovazione culinaria
La sala del ristorante Zash è costruita all’interno di un palmento, il luogo in cui avveniva la pigiatura dell’uva

Zash.it

DONNAFUGATA

E a proposito di Ben Ryé, siete sulla terra di Donnafugata, l’azienda vinicola esempio di passione e dedizione per il vino siciliano.
La famiglia Rallo, oltre 160 anni di esperienza nel vino di qualità, fonda Donnafugata nell’83 e si fa portavoce di un patrimonio che è anche culturale, storico e artistico, perchè creatori di reti e connessioni che portano l’etichetta siciliana in giro per il mondo.
Da Giacomo Rallo (Co-fondatore dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi) e la moglie Gabriella, pioniera della viticoltura in Sicilia, lo scettro passa ai figli José Antonio; lei un portento di donna con una formazione economica, una forte passione per il marketing e la comunicazione aziendale, inventa un nuovo modo di raccontare il vino nella veste di cantante del Donnafugata Music&Wine. Riceve il Premio Bellisario 2002 per il suo contributo alla valorizzazione dell’imprenditoria femminile. E’ AD Donnafugata insieme a fratello Antonio Rallo, agronomo e winemaker attento e dotato di una visione strategica. Oggi è alla guida del Consorzio di Tutela della DOC Sicilia, strumento di promozione e di coesione territoriale che conta oltre 8.300 viticoltori.

Con un team fucina di idee, non potrebbero nascere che vini originali e per palati esigenti; un giro tra le cantine Donnafugata è la tappa giusta per unire l’utile al dilettevole, siete nell’area della Sicilia orientale, sul versante Nord dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, la cantina con barriccaia si trova esattamente a Randazzo, 21 ettari di vigneto e 2 di uliveto.

Le cantine Donnafugata: il luogo da visitare per assaporare i migliori vini dell’Etna, come il cerasuolo Floramundi

Ma Donnafugata è anche “sartorial”, dall’azienda spiccano i Vini Icona: Mille e una Notte, prestigioso rosso della tenuta di Contessa Entellina, Ben Ryé Passito di Pantelleria, e i “cru” dell’Etna Fragore di Contrada Montelaguardia e l’Etna Rosso DOC Contrada Marchesa.

Indimenticabili e certamente artistiche anche le etichette d’autore realizzate da Stefano Vitale, ispirate dal nome della maison che rimandano al romanzo Il Gattopardo e alla storia della regina in fuga, che trovò rifugio là dove oggi si trovano i vigneti aziendali. Sono donne dai capelli rosso fuoco, come la lava del vulcano; sono dee della natura, che ringraziano la terra; hanno i colori accesi della Sicilia e ispirano esotici racconti, un po’ come Le Mille e una Notte. 

Una bottiglia di Floramundi, vino cerasuolo di Donnafugata
Floramundi

Donnafugata.it

FUTURO ANTERIORE

La sfida della viticoltura eroica di Pantelleria al Radicepura Garden Festival 

Un tuffo nei ricchi giardini del Radicepura Garden Festival per conoscere la straordinaria storia della Biennale del giardino Mediterraneo, visitabile fino al 19 dicembre 2021.
Tema sono i Giardini del Futuro e protagonisti assoluti sono le culture eroiche di Pantelleria il cui vigneto ha preso forma e sostanza alle pendici dell’Etna, all’interno del Parco botanico di Radicepura, diventando simbolo di forza e vita di una storia millenaria che celebra la convivenza armonica dell’uomo con la natura. Il nome del giardino è Futuro Anteriore, nell’isola dove l’uomo nel corso dei secoli è riuscito a coltivare la vite in un ambiente estremo: ventoso, poco piovoso, con terreni in forte pendenza e senza sorgenti di acqua. La vigna è su terrazze sorrette da muretti a secco in pietra lavica, costruiti dalle sapienti mani dei viticoltori; i terrazzamenti contribuiscono a prevenire l’erosione del suolo e rendono unico il paesaggio dell’isola.

Mario Faro, il fondatore di Radicepura Garden Festival con Josè e Antonio Rallo, vincitori dei Giardini del Futuro per la loro vigna a Pantelleria
ai lati Josè e Antonio Rallo, al centro Mario Faro, fondatore di Radicepura

DOVE ALLOGGIARE 

SHALAI

Alle pendici dell’Etna, esattamente a Linguaglossa, sorge Shalai Resort, una dimora dell’800 che fu residenza signorile e che oggi ospita 13 camere dove si mescolano tradizione e comfort.

Shalai in dialetto siciliano significa “gioia piena, momento di genuino benessere”, che rappresenta quanto l’hotel desidera far vivere ai suoi ospiti: un benessere completo, personalizzato, che coinvolga tutti cinque i sensi, grazie anche al ristorante Gourmet e al Centro Benessere con bagno turco, sauna finlandese, vasca idromassaggio e trattamenti personalizzabili.

Tra i luoghi da visitare ai piedi dell’Etna c’è sicuramente Shalai: un resort dedicato al relax e alla cucina gourmet
La facciata del Resort Shalai di Linguaglossa
Una delle camere matrimoniali del Resort Shalai
La spa del Resort Shalai, in provincia di Catania

Shalai.it
VILLA DON VENERANDO 

Se davvero volete concedervi un lusso senza tempo, la vostra destinazione è Villa Don Venerando, posizione privilegiata sul Mar Ionio e vista dell’Etna, questa casa di famiglia accoglie al suo interno fotografie, oggetti del passato, antichi dipinti, preziose argenterie, servizi di porcella ed eleganti chandelier.

Totale l’immersione nei colori verdi della natura e blu cobalto del mare, Villa Don Venerando ha terrazze panoramiche, prati, una piscina riscaldabile, ambi divanetti esterni riparati dal sole e camere vista mare con accesso alle terrazze.

Esterni ed interni rispondono ad un arredamento curato nel minimo dettaglio; è certo il luogo che suggerisce molte riflessioni sulla bellezza di “casa nostra”, un’Italia commovente che ci regala le meraviglie del mare e le delizie sulla tavola. Tra le palme e su una marmorea tavolata, è possibile pranzare all’ombra, sperimentare il dolce far niente ed esercitare il nostro spirito d’osservazione.
Non vorrete più andar via, questo è certo, ma tornerete dal viaggio con qualche ruga in meno.

Villa Don Venerando: il punto di partenza ideale per visitare i luoghi più belli del territorio dell’Etna
La piscina di Villa Don Venerando, un luogo magico ai piedi dell’Etna
Villa Don Venerando: camera matrimoniale con letto a baldacchino
Gli interni di Villa Don Venerando a Carrubba

Villa Don Venerando

MORGANA 

A soli 30 minuti d’auto da Linguaglossa, il locale più cool di Taormina, il Morgana!
Clientela internazionale ed esigente, il Morgana vanta l’esperienza dei più grandi artisti della mixology, luogo dove il dettaglio non è mai a caso, si veste spesso di abiti nuovi, rinnova gli arredi, i colori, e soprattutto il menu, che oggi è dedicato alla Sicilia e ai suoi succosi frutti.

Bar Manager oggi Paolo Viola, Brand Ambassador di Belvedere Vodka e una formazione al Ritz di Londra, Paolo vi accompagnerà nella scelta dei cocktail con gentilezza inglese e con la passione della sua terra.
Per iniziare il gioco consigliamo una Bulle Glacée Veuve Cliquot Brut “Cuvée Saint- Pétersburg” e granita alla fragola; per gli amanti del whisky che non vi rinunciano nemmeno in estate, un “Flame” servito in coppa fatto di pera cotta in Ardbeg 10yo Whisky dolcemente pestata con Belvedere Heritage 176, uniti a miele, lime, un granello di sale e Cherry Hering. E per onorare l’opera dei Pupi a Palermo, proclamata Patrimonio Immateriale dell’Umanità da Unesco, un’OPIRA. Frutto della passione e fava tonca legati in un mix di Bulleit rye Whiskey, Casamigos Mezcal, Amaro Montenegro e Cherry Hering servito in Tumbler Basso.

Il Morgana è la gioia di un drink che non delude mai.

Il luogo imperdibile da visitare nel territorio dell’Etna per gli amanti dei cocktail? Il Morgana di Taormina
La sala con divanetti di Morgana per bere ottimi cocktail in completo relax

Morgana Taormina

SHAKE CAFÈ : un nuovo modo di concepire il plant based

Clean, healthy and nourishing food to fuel and soothe the intense lifestyle of today.

Shake Café è il modo alternativo di mangiare e bere a Firenze. Aperto 8 anni fa Shake è nato con l’idea di portare qualcosa di nuovo in una città molto tradizionale – con particolare attenzione ad una dieta sana con opzioni plant based, freschezza, semplicità dei prodotti e la rapidità del servizio. “Siamo orgogliosi di offrire ai fiorentini un fast food sano, “green” e fresco, in un ambiente tranquillo e informale nelle quattro locations distribuite nel cuore di Firenze.” affermano i proprietari. 



Shake Cafè è un’azienda familiare con una grande attenzione nella selezione della frutta e della verdura ( il core business del locale), che più volte alla settimana va al mercato per selezionare i prodotti migliori, seguendo la stagionalità e preferendo i produttori locali.

Tutto quello che si consuma allo Shake Cafè viene fatto in casa – dal pane ai dolci ( tante opzioni vegani ), bagels, granola, burro di mandorla, succhi, smoothies ecc….) 



E le opzioni sul menu sono tante: Vegan Bowl, classic Caesar salad, wrap integrali, acai bowls o perché no creare la tua bowl dal salad bar pieno di ingredienti freschi, nutrienti, fermentati in casa ecc



Fin dall’inizio l’ ecosostenibilità è stato una grande parte della sua filosofia, il packaging è 100% compostabile, riducendo quanto più possibile l’impatto sull’ ambiente. All’interno dei locali non si serve plastica, ma solo bottiglie di vetro o bicchieri to go in bambù fiber cups che si possono riportare ottenendo in cambio sconti per incentivare la clientela a vivere in maniera più sostenibile.

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Armonico, quattro giovani millenial rivisitano la sushi culture

Armonico è il primo progetto che può essere realmente definito “Fine-Delivery”. 

Quattro giovani under 30, Daniel Fompowou, Francesco Riganelli, Gian Marco Virgini e Teo Re Fraschini, ad inizio 2020 hanno iniziato a pensare ad un progetto corale che vedeva la fusione di un ristorante giapponese con un cocktail bar. Le problematiche pandemiche hanno rivoluzionato il format rendendolo unico nel suo genere.

Il nome Armonico si ispira alla filosofia giapponese Ikigai, termine che non ha una vera e propria traduzione italiana ma il suo significato è “ragione di vita, di esistere”, ovvero tutto ciò che rende la vita bella da vivere, la felicità intesa come scopo di vita. L’Ikigai è il centro di quattro che si intersecano tra loro, allo stesso modo il concept di Armonico ha al proprio centro il Fine Delivery. 



Quest’ ultimo è vivere un’esperienza fine dining tra le mura della propria casa o dell’ufficio dove ogni dettaglio è stato pensato con l’approccio di un ristorante gourmet, partendo da grande qualità e ricerca nelle materie prime, che vengono poi lavorate con autenticità e rigore nelle preparazioni e nella presentazione. Le proposte sono esclusivamente di pesce crudo, frutta e verdura, ideali per mantenere un alto livello qualitativo con il servizio delivery. La gestione interna del servizio di consegna con propri rider e propri mezzi elettrici garantisce competenza e un totale controllo di tutte le fasi del processo, oltre al rilevante particolare che la copertura di consegna è ad ampio raggio; infatti, sono serviti i cap di tutta l’area di Milano ed in qualche caso, su richiesta, anche del vicino hinterland. 



Questo contatto tramite chat è un elemento sicuramente innovativo per il mondo della ristorante, il “concierge” Ambrogio (non vi ricorda quello di una famosa pubblicità di cioccolatini?) è sempre al servizio del cliente che può così porre domande riguardo a problematiche, particolari esigenze dell’ordine.

Accanto al concept iniziale, è stato aggiunto il pay-off “Sushi Culture”, una testimonianza dell’intento di totale trasparenza nei confronti del cliente, attraverso elementi e contenuti che verranno pubblicati nel blog che mostrano e raccontano il lavoro di selezione e ricerca che viene fatto sulle materie prime tra pescato e allevamenti certificati Friend of The Sea e in questo modo gli permettano di percepire la qualità del prodotto. La sala fisica del ristorante verrà invece completata e aperta ai clienti in un secondo momento in via Pastrengo, nella sempre più vivace zona Isola, oggi è il centro di produzione e distribuzione. 



La cucina è guidata da Josè De Souza, chef brasiliano di San Paolo, incontrato da Teo, uno dei tre fondatori, nel 2016 in un piccolo ristorante giapponese a Lisbona portato in Italia 30 ore dopo per seguire il nuovo progetto. 

L’offerta è molto ampia, sono circa un centinaio le proposte nel menù, tra uramaki, gunkan, hosomaki, nigiri e sashimi, incluse una decina di box degustazione, e tende ad assecondare la stagionalità, in particolare per ciò che riguarda la parte vegana, molto più ricca ed interessante rispetto alle abitudini. 



Armonico 

via Pastrengo, 15 – 20159 Milano
armonico.it
Instagram & Facebook @armonico.sushi.milano 

Aroma’s – Tasty experience

Il marchio Aroma’s ( instagram @aromas_tasty) ha il suo core business incentrato su prodotti come spezie ed erbe aromatiche, farine, tè e tisane, risi delle migliori produzioni.Tutto rigorosamente prodotto e confezionato in Italia. Comprende anche una linea aperitivi/snack monouso: arachidi, pistacchi, mais tostati e salati,tarallini. Le tanto attese golden hours estive dopo i mesi di lockdown ci aspettano! Aroma’s è uno dei brand emergenti di food & snacks che noi di Man in Town vi segnaliamo. Abbiamo intervistato il suo CEO, Samuele Galbiati.


Come nasce Aroma’s?

Il brand aroma’s nasce dalla volontà di Sipec srl, azienda leader nel confezionare alimenti in barattoli in banda stagnata, di creare una gamma di prodotti di alta qualità confezionati in packaging plastic free, ossia in barattoli in banda stagnata.



Descrivereste la vostra gamma di prodotti?

I prodotti aroma’s sono suddivisi in delle macro categorie: spezie ed erbe aromatiche, tisane e te’, risi, farine e linea aperitivi ( arachidi, pistacchi, mais e tarallini) La linea aperitivi è nata subordinata dal momento di pandemia seguendo la normativa di igiene alimentare prevista,
in quanto tutti gli alimenti sono sigillati e somministrati in sicurezza. C’è da dire che siamo sempre in constante evoluzione nel ricercare nuovi prodotti da inserire in gamma.



La Lombardia é la madre dell’aperitivo. Consigliate ai nostri lettori 3 posti ideali dove farlo ? E quale é il drink
dell’estate 2021 e perché?

Sicuramente la nostra città, Brescia, è perfetta per gustare un aperitivo di tutto rispetto. The Lab, Enotema e Areadocks sono posti che sicuramente non vi deluderanno. Il drink dell’estate? Gin tonic profumato con bacche di ginepro e mirtillo.

Parlateci del packaging. Cosa vi ha ispirato?

Il restyling dei prodotti Aroma’s, dal packaging alla comunicazione, alle collaborazioni esterne è stato un processo sicuramente naturale e frutto di un’evoluzione, ma è anche un segno di rottura, un concetto di slow food anche nella fruizione dell’oggetto in sé. I rimandi artistici sono sicuramente tangibili ed evolveranno con il tempo. L’apertura del barattolo deve essere un’esperienza di gusto e di vista. Il barattolo, il contenitore rigorosamente plastic free, è un oggetto d’arte, da conservare, collezionare e riutilizzare.



Guardiamo sempre avanti … Un traguardo per il 2022 cui aspirate? Puntiamo sempre ai migliori locali, l’obbiettivo è quello di portare Aroma’s al di fuori dei confini nazionali.



E da intenditori di aperitivo, cui solitamente segue la cena, quali sono i vostri ristoranti preferiti di Milano? perché
li consigliereste?

Senza ombra di dubbio Turbo Milano, Botanical Club, Lùbar. Sono locali con atmosfere completamente diverse tra loro ma in ognuno di questi posti ci sentiamo a casa e respiriamo Milano allo stesso tempo.

Qual è l’aroma del 2021?

L’intramontabile culto del pistacchio, da gustare dolce o salato a qualsiasi ora.

La Forchetta Verde: la natura nel piatto

Un angolo gourmet, nel cuore di Milano dove gustare, a pranzo e a cena, piatti vegetariani e vegani preparati seguendo la stagionalità delle materie prime. La Forchetta Verde è una gastronomia da asporto che ha tagliato il nastro nel febbraio 2015 realizzando un sogno ben più antico. 

La realtà offre un menù alternativo applicando nelle preparazioni i principi della macrobiotica, che il fondatore Stefano Capasso segue da anni. 



«La mia clientela – conferma Capasso– è composta da persone che vogliono prendersi cura di sé e non manca chi viene a trovarmi quotidianamente in gastronomia perché consuma i miei piatti come se fosse una vera e propria dieta». E i risultati – in termini di benessere e di prestazioni fisiche – non tardano a farsi vedere, spiega ancora Capasso che, proprio per venire incontro alle esigenze della sua clientela abituale, rinnova integralmente il menù – quasi completamente vegano – ogni tre o quattro mesi a seconda della stagione proponendo quotidianamente nuovi piatti del giorno che sono perlopiù vegetariani.

Oltre al take away e alla consegna a domicilio, La Forchetta Verde propone un servizio di catering e buffet a base di preparazioni vegetariane e vegane. Il settore è in netta crescita e, anche in occasione di eventi privati e di cerimonie, aumentano le persone che desiderano poter fare affidamento su un menu completo che, a partire da ingredienti selezionati con cura meticolosa, proponga preparazioni gustose ma sane. 



Obiettivi per il futuro?

I progetti sono tanti e, tra questi, c’è il sogno di aprire un secondo negozio. Mentre la Forchetta Verde rinnoverà i suoi spazi e continuerà a proporre ogni giorno piatti preparati con cura per soddisfare anche i palati più esigenti garantendo un benessere a tutto tondo.

La Forchetta Verde

Via Montebello 7, 20121 — Milano

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Berton Al Lago: gusto asiatico, vegetali e contaminazione per una cucina sana tra benessere e arte dell’accoglienza

Il Sereno Hotel sul Lago di Como è ormai un must dell’ospitalità del lago di Como. Progettato da Patricia Urquiola, designer dell’anno 2015 della rivista Wallpaper* ha ottenuto riconoscimenti in tutto il mondo, inclusi ambiti spot nella lista “Gold List” 2018 di Condé NastTraveler e nella lista “World’s Greatest Places” di TIME Magazine 2018. Ognuna delle 30 spaziose suite sul lungolago vanta finestre dal pavimento al soffitto e ampie terrazze arredate.

Noi siamo stati al ristorante stellato Berton Al Lago gestito dall’executive chef Raffaele Lenzi con l’F&B Manager Stefano Gaiofatto per scoprire un’esperienza di gusto davvero sorprendente. Si tratta del Menu – Radici Tuberi e Vegetali ideato dallo chef Lenzi insieme ad altri due percorsi di degustazione che raccontano una filosofia di cucina che lui stesso ama definire “intraprendente, appassionata e delicata”.
Parliamo infatti di vegetali, elementi in grado di rendere un piatto completo e da qui la volontà di farli diventare dei protagonisti. E’ un percorso che vuole omaggiare alla stagionalità per quanto possibile e alla materia prima nella sua essenza più pura e vera.

L’arte del Ricevere al Berton al Lago consiste in un concetto di sala che pone “al cuore” il cliente e i suoi bisogni in un servizio di lusso raffinato ma allo stesso tempo informale. La ”grande” sala di Stefano Gaiofatto è un racconto vero e raffinato di un’arte del ricevere di bellezza dove vi è cura elegante per ogni dettaglio e particolare.
La cucina di Raffaele è poi sublimata da un’attenta proposta di vini italiani, di territorio che esaltano i piatti con armoniosità e rispetto della materia prima.  Noi siamo riusciti a provare anche un’interessante progetto di mixology che nasce al lounge bar del resort dove preparati barman studiano ad hoc miscelati e mocktail di grande qualità. Si ispirano al giardino verticale di erbe botaniche realizzato dal botanico Patrick Blanc e sono basati sulla natura e sui concetti di sostenibilità e stagionalità.

Questi drink ci raccontano storie di lago e ispirazioni internazionali accompagnandoci in un’esperienza che consigliamo davvero di provare.


Il nuovo stile di MEDÏTERRANEO al MAXXI

Il progetto estivo 2021 dello spazio di tendenza ospitato a Roma nella piazza del Museo nazionale delle arti del XXI secolo ha aperto al pubblico giovedì 27 maggio, ripartendo dal successo della passata stagione e torna come un giardino urbano incantato pronto a sorprendere i clienti e a conquistarli attraverso delle experience all’insegna dell’enogastronomia di qualità e della buona musica, immersi un’isola di luci, colori e piante che caratterizzano il nuovo stile di MEDÏTERRANEO. Ristorante e Giardino del MAXXI.

Lo spazio, infatti, curato dallo studio di architettura Project On, si accende di atmosfera con un reticolato di luminarie pronto a ricreare un magico cielo stellato, mentre delle corde naturali, dei filari di edera e dei lampadari sospesi conferiscono alla location un tocco tropical. Tra complementi d’arredo in marmo, acciaio e legno di recupero, il locale ospitato nell’area esterna del Maxxi sfoggia poi la grande protagonista della stagione estiva: la consolle, regina dei live set dal martedì alla domenica, ingabbiata nell’iconica homi di bambù lanciata un anno fa come allestimento ecochic imprescindibile del ristorante open air. Stavolta, la proposta enogastronomica, continuando a puntare sulle materie prime di qualità e di territorio, e sulle ricette tradizionali rivisitate, sposa invece una formula più conviviale, con momenti dedicati al cibo all’insegna di piatti ripensati per la cena come portate da condividere, con main course nel weekend pure a pranzo, ma anche una grande varietà di assaggi in formato mini sfizi, dessert classici come il tiramisù e la cheesecake, o i sorbetti.

Racconta Alessandro Cantagallo, titolare e imprenditore romano: “L’esperienza dell’anno scorso ci ha consentito di capire alcune dinamiche e via via abbiamo apportato le modifiche necessarie a far funzionare uno spazio così grande. Noi siamo un ristorante atipico. Vieni per stare all’aperto, per stare bene e scopri che si mangia anche bene per essere un posto che fa così tanti numeri. Questa volta puntiamo sulla materia prima e sulla qualità, ma con una proposta nuova, quella dei mini piatti, dai piccoli hamburger al polpo in tre varianti, per far vivere ai clienti un momento di leggerezza che non rinuncia al gusto”, conclude Cantagallo. Ancora: non mancheranno invece dal martedì al venerdì per il pranzo le colorate bowl di poké, anche da comporre, del pop up Palmerie ai Parioli, altro ristorante di proprietà del gruppo, che sarà accolto proprio negli spazi di MEDÏTERRANEO. Spiega lo chef Emanuele Pompili: “Cerchiamo di spaziare chiaramente come sempre, con un piccole portate e pasti modulari, ma soprattutto un gusto che possa accontentare tutti, dal pesce sia cotto che crudo alla carne, tra carpacci, marinati e tartare. Cercheremo di accontentare anche vegetariani e vegani. In carta restano i primi dello scorso anno, che hanno funzionato e che riproponiamo come la Nerano, i 4 pomodori, e l’Aglio, olio, gambero rosso e lime”. Nello spazio che vanta circa 250 posti a sedere, infine, sarà dato spazio al brunch, che prevede due piatti principali sia di primo che di secondo da scegliere in base ai gusti. Altra protagonista della stagione sarà la selezione musicale, con la direzione artistica di Manfredi Alemanno: “In programma ci sono live session con anche ospiti internazionali, da band ad acclamati dj, per far ascoltare diversi correnti musicali, dal tribale alla house, fino agli show in duo voce e piano con pezzi anche pop per la domenica al tramonto”. Il barman Glauco, che arriva da Palmerie, nel frattempo, conquisterà i clienti a suon di cocktail della sua drink list ispirata ai profumi dei Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo.

VIVO: il vero sapore del mare dall’Argentario a Milano

A metà strada tra Brera e Moscova, una zona in cui tradizione e modernità si incontrano oggi più che mai, apre VIVO, il secondo ristorante dei fratelli Manno a Milano.

Una famiglia di pescatori alle spalle, che dal 1904 ha trasmesso di generazione in generazione l’amore per il mare, per l’arte della pesca e per la materia prima del pesce stesso, fino ad arrivare a oggi. Dalla tradizione di famiglia è nata l’esigenza di far conoscere agli amanti della buona cucina, i piatti tipici dei pescatori dell’Argentario; un progetto che ha lo scopo di onorare il mestiere del pescatore e allo stesso tempo comunicare, attraverso la cucina, l’importanza della filiera corta, che attribuisce una qualità superiore al prodotto ittico. 

L’intera filiera è formata da pescherecci di proprietà e attenzione all’ambiente. I piatti hanno sempre una storia da raccontare regalando il sapore del vero pesce, pescato poche ore prima e portato in tavola. La nuova straordinaria sfida del gruppo Manno, che proprio in questo momento di pandemia ha investito in un nuovo ristorante, perseguendo l’obiettivo quasi decennale di valorizzazione del pesce, per raccontare ai clienti la storia del piatto, oltre al gusto.

Il ristorante di Via Statuto 16 accoglie i suoi ospiti in un bellissimo dehor ampio in cui delle vele bianche fanno da cornice, coprendo i tavoli e il bancone, un gozzo del 1965 ristrutturato a mano da Mileo, l’ultimo maestro d’ascia dell’Argentario. Il locale profuma di mare e ci racconta la sua storia tramite le sue mura e con la cucina degli Chef Benedetto e Alessandro.

Un locale vivo per davvero, come Milano, che si prepara a riaprire dopo questo periodo buio di chiusure, pronto ad accogliere gli amanti del buon cibo e del buon bere in questo angolo di Rinascimento della città.

Eclettismo culinario e tradizione: Duanima

L’incontro con Duanima avviene nel segno della carnalità e dell’autenticità tipiche del territorio sardo.

Luca Floris, con il nomadismo di ogni chef che si rispetti nelle vene, parla delle sue origini, delle parche mense matriarcali e della voglia di far conoscere al di fuori del nuorese i piatti tipici della tradizione contaminati con il suo know how internazionale.



Parigi, Londra, Barcellona sono la capitali che hanno ospitato la sua formazione per poi rientrare in Sardegna. La sua terra l’ha riaccolto grazie ad un’esperienza in prima linea presso il resort più green d’Europa, il Valle dell’Erica, dove ha unito la sua di anima a quella dello chef Mario Piroto. 

Il destino di Floris negli ultimi anni lo conduce nel centro di Cagliari dove, insieme al suo stesso DNA, lancia Duanima che sin da subito si afferma come uno dei ristoranti più amati de capoluogo.



Oculata la scelta di ogni singolo dettaglio, dal design interno alla mise en place, Duanima rimarca la sua dualità e la voglia di contaminarsi ed essere contaminato da differenti forme d’arte. 

Uno sguardo proiettato al futuro dove il buon cibo è il fil rouge che connette le visioni dell’esigente clientela pronta a sperimentarne la culinarie ambizioni.

Duanima

Via Sebastiano Satta Poeta, 28, Cagliari

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Maido porta in Italia l’Okonomiyaki : il più popolare piatto street food di Osaka

Poco conosciuto in Occidente, l’Okonomiyaki è, però, molto familiare ai nostalgici fan millennial di Ranma 1/2 e di Kiss me Licia. Il padre di Licia, Marrabbio, aveva infatti un piccolo ristorante di Okonomiyaki di cui il Gatto Giuliano andava ghiotto.



Okonomiyaki significa “come piace a te”. Si tratta di una frittata a base di farina, verza e uova, preparata su un’apposita piastra (teppan) a cui vengono aggiunti diversi ingredienti come carne, formaggio e gamberetti. Il piatto viene poi rifinito con una speciale salsa okonomi, maionese giapponese, fiocchi di alghe verdi e scaglie di bonito.



Da Maido, attraverso la grande vetrata si può osservare e ammirare la preparazione del piatto in tutte le sue fasi. Oltre all’Okonomiyaki da Maido! si possono assaggiare altre specialità tipiche, come zuppa di miso, onighiri, edamame, yakisoba, spaghetti di grano cucinati sulla piastra e il rice burger, pollo in salsa teriyaki o manzo saltato tra due dischi di riso pressato.



Il food concept fa parte del progetto Seguilabocca che mette al centro una concezione di ristorazione focalizzata sulla qualità degli ingredienti e sul cibo come “divertimento” senza dimenticare la ricercatezza, l’attenzione al dettaglio e la cura.

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Indirizzi: Via Savona 15, Milano

Via Jacopo dal Verme 16, Roma

Via Urbana 122, Roma

Alla scoperta del Messico più autentico: Madre!

Non ha nemmeno un anno il progetto nato di cuore, pancia, testa, olfatto e gusto che ambisce a conquistare Milano grazie all’estro di Costanza Zanolini, head dell’ambizioso concept “Seguilabocca”.

Congiunto di Amuse Bouche e Maido! – piccole botteghe del buon cibo tra le vie strette di via Savona e la movida del quartiere Isola – Madre! Nunca Mas Sin TI promette, a chi vorrà, un’esperienza unica nella sua sede adiacente.

I sapori autentici del Messico, approdano direttamente a casa per un momento multisensoriale pronta a rapirvi grazie al menù studiato con la collaborazione di chef autoctoni. 



Dal burrito a base di Carne al Pastor, o la Cochinita Pibil, maiale marinato con semi di annatto e arancia; il pollo a la tinga, piatto messicano originario di Puebla, sfilacciato e condito con una salsa a base di pomodori, peperoncini chipotle in adobo e cipolle affettate; senza dimenticare il più classico Chili, abbinato a guacamole e cheddar, dal sapore piccante. 



Madre! che buone anche le proposte veggie, con tofu alla carnitas e riso nero, salsa guacamole al limone, cipolla rossa marinata e pico de gallo. Infine il pesce, con un burrito a base di salmone accompagnato alla guacamole con mango e salsa tamarindo, per i palati più esigenti. Tutto servito all’interno di una morbida tortilla di grano o di mais – perfetto anche per gli intolleranti al glutine – da accompagnare a un contorno di nachos, frijoles refritos o guacamole al lime e con l’immancabile margarita-to- go, per un’autentica serata messicana da vivere con allegria tra le mura domestiche.



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Indirizzi:

AMUSE BOUCHE Laboratorio Via Savona 17, Milano
MADREVia Savona 13a, Milano

Exclusive venue: il best of dei ristoranti a Porto Ercole in costa d’Argento

Porto Ercole è uno stato d’animo. Qua tutto è possibile: mente sorseggi un cappuccino alle undici di mattina presso un bar del porto, capita di osservare il regista Paolo Sorrentino tutto trafelato con il figlio andare al molo, pronto per salire su un’imbarcazione. Oppure l’imprenditrice digitale più famosa al mondo, Chiara Ferragni, viene proprio qua a mangiare con le amate sorelle in uno dei fine dining gourmet restaurant più quotati a livello nazionale, che non mancheremo di menzionare in questo articolo dedicato ai migliori ristoranti del borgo marittimo del Monte Argentario in Toscana. Insomma, anche se non siamo ai fasti degli anni Sessanta, il jet set ama ancora questo posto esclusivo. A onor del vero, la situazione pandemica ha fatto registrare nell’estate 2020 presenze da record in costa d’Argento. Venire per credere. E soprattutto per godere di panorami mozzafiato e pranzi a base di pesce fresco da leccarsi i baffi.

Il Pellicano

La ricchezza della natura e il talento dell’uomo. Una profonda passione per la cucina mediterranea, questo il segreto di Michelino Gioia, che rende uniche le ricette tradizionali italiane trasformandole in creazioni contemporanee mediante l’impiego di  tecniche innovative. Dunque non solo un tripudio di sapori, ma la sua specialità sta anche negli abbinamenti cromatici della presentazione dei piatti.



Sono due i punti fondamentali per l’ideazione e la realizzazione di ogni sua ricetta: dare il giusto valore alla naturalità dei prodotti e rafforzare il legame con il territorio. L’abbondanza di materie prime toscane di terra e mare, prende forma in piatti divini, da gustare al chiaro di luna. Al Ristorante Il Pellicano (dell’hotel omonimo, uno dei più famosi al mondo gestito da Marie Louise Sciò) lo chef Michelino Gioia offre una cucina italiana tradizionale che a tratti si fonde sapientemente con sapori internazionali. Tutte le materie prime preferite dello Chef, come il piccione, le ostriche, le triglie, l’aragosta e gli scampi, sono parte del menu, creato con passione e amore. Alla fine di ogni cena, un carrello con golosi cioccolati artigianali è offerto a tutti gli ospiti. Tra le specialità di questa stagione alle porte lo chef ci segnala: Astice, pappa al pomodoro, ricotta e levistico, Anguilla di Orbetello (il paese lagunare vicino Porto Ercole celebre per questo pesce), finocchio e misticanza, Fagotto d’anatra, parmigiano e gobetti, Pezzogna, parmigiana e acqua pazza.

Alicina hosteria

Un posto speciale dove gustare il mare a km 0.

Ivan Silvestri è il patron-chef di Alicina Hosteria, piccola veranda nel pieno centro del borgo toscano, a due passi dal porto. Persino Chiara e le sorelle Ferragni hanno scelto di mangiare nel suo piccolo ma assai accogliente ristorante. La tenacia e la dedizione di Silvestri gli hanno permesso di essere menzionato nelle guide del Gambero Rosso, L’Espresso ed infine quella Michelin in ordine cronologico. La cantina di Alicina Hosteria vanta più di 300 etichette, “perché il cliente va messo al primo posto “ –  dichiara il proprietario a Man in Town – tra cui Bellavista e Corion Charlemagne, per menzionarne due. Il menù del gourmet restaurant varia tutto l’anno seguendo la filosofia del mare a km 0. Tutte le materie prime della cucina vengono infatti acquistate presso le pescherie del lungomare di Porto Ercole. Di conseguenza a seconda del pescato l’invitante menù cambia più volte a seconda della stagionalità.



Proseguendo la sua filosofia, Silvestri sta lavorando sulla stagionalità dei prodotti e una carta dei dessert tutta nuova. Tra i suoi must-have cita la palla di neve farcita con una spuma di sgroppino alla vodka oppure il dolce cocco, mango e lime. Tra i primi piatti i fusilli cacio pepe e bottarga che vengono cotti nel te lapsang, un piatto che ha presentato a Festa a Vico al Pranzo delle giovani che si svolge a Vico Equense organizzata dallo chef Gennarino Esposito e che  fu molto apprezzato dalla critica gastronomica nazionale. Tra le novità di quest’estate 2021 del suo branding Silvestri menziona il delivery, ovvero la filosofia di Alicina si sposta a Spinnaker, delivery and takeaway, la cui fase embrionale aveva visto gli albori la scorsa estate ma a cui quest’anno ha deciso di dedicare un proprio spot nella centralissima piazza Roma.

Il Ristorantino

Melting pot di culture e amore per il territorio

Il ristorantino di Porto Ercole, in pieno centro davanti alla Chiesa di San Paolo della Croce, perla della costa d’Argento in Maremma, è uno spin-off dell’osteria dei Nobili Santi. I proprietari infatti, Paola Sclano e Bilel Mabrouk, hanno affinato la loro expertise culinaria seguendo le orme del compianto Moreno Santi, chef tra i più amati della zona argentarina. Nel 2019 i due allievi di Santi decidono di aprire il Ristorantino, un eclettico ed elegante ristorante gourmet.



Paola Sclano è portercolese, Bilel Mabrouk è di origine tunisina ma italiano d’adozione. Da questo metissage culturale culinario, rimanendo sempre fedeli alla tradizione maremmana, emerge un menù variegato e sfizioso. Tradizione dunque si, ma anche tanta rivisitazione e originalità: la sperimentazione al Ristorantino è il diktat. Il sapore è certamente quello inconfondibile del mare dell’Argentario, la cucina è basata soprattutto sul pesce fresco del promontorio. Semplice, ma al contempo ricercata. E non solo pesce. Un’ ottima scelta di piatti di carne soddisfa ogni palato, dall’antipasto, passando per i primi piatti fino ai secondi. Fiore all’occhiello del Ristorantino sono i dessert: Dalla cornucopia ripiena di delizioso mascarpone con la sua cialda croccante e profumata rifinita con frutti di bosco o delizioso cioccolato fuso. Oppure il croccantino , un semifreddo a base di croccante alle nocciole rifinito con cioccolato fuso. Come cavallo di battaglia Paola Sclano suggerisce di assaggiare il suo tagliolino  allevongole, gamberi e zucchine. Realizzato con pasta all’uovo fresca, a parte si prepara una base di aglio, olio e prezzemolo con vongole e si fa mantecare. Aperte le vongole si aggiunge la zucchina tagliata a rondelline molto sottili. Dopodichè si aggiungono i gamberi sbucciati e per finire lo scampo da mettere come decorazione sul piatto finito. Infine si fa saltare la pasta in padella per due minuti. Si serve e si decora con uno scampo in bella vista.

The Brisket: la cultura del bbq texano a Milano

Nato dall’idea dello chef italo-argentino Lucas Duretti , The Brisket è una delle prime Smokehouse italiane, che ha diffuso a Milano la cultura del BBQ Texano. Nella sua vita Lucas ha vissuto un lungo periodo in Texas proprio per studiare e scoprire i segreti della tradizionale cottura della carne ‘Low&SLow’ e il risultato di questa esperienza lo troviamo proprio nel suo ristorante, che prende il nome dal piatto simbolo del BBQ Texano, il ‘Brisket’: la punta di petto di manzo che, avvolta da un mix di spezie (‘il rub’), viene cotta a bassa temperatura per 12 ore in uno smoker americano.



Ma questo non è l’unico piatto di punta del locale, possiamo infatti gustare altre specialità come il pulled pork, il maiale sfilacciato, e le costolette in salsa BBQ fatta in casa, possibilmente accompagnate da patate fritte, che qui come negli States sono a fette grosse e dal gusto deciso grazie dalla paprika. Non mancano ovviamente i dolci come la tradizionale ( e golosissima) cheesecake al burro d’arachidi.

The Brisket Milano si trova in Ripa di Porta Ticinese 65.

Evocativa, autentica e deliziosa: la Polpetteria e la gastronomia di quartiere

Nata nel 2014 come formula itinerante per i vari Eataly d’Italia, la Polpetteria vive grazie all’estro della campana Roberta Lamberti che nella vita ha sempre voluto “fare le polpette”.


Sin dai suoi esordi il successo ha decretato la formula vincente di un progetto nato intuitivamente homemade ed esploso in tutta Italia grazie ai food truck.

Un exploit che ha condotto Roberta in ogni angolo della Penisola tanto da pensare di concretizzarlo in un temporary.

Dopo un anno di ricerche la Polpetteria ha piantato le basi in quel del quartiere Isola di Milano con il suo inconfondibile stile campano contaminato dalla buona cucina regionale.


La pandemia non ha fermato la sua evoluzione ed è stata in grado di reinventarsi grazie all’ampliamento della proposta gastronomica virandolo ai must della cucina italiana in chiave gourmet.

Roberta spinge l’accelleratore verso idee sempre nuove come il Brunch di quartiere di cui è promotrice coinvolgendo varie attività local come:

Fiuri Milano per la caffetteria, Artico per i gelati, l’Ile Douce per la pasticceria e Cru come l’enoteca naturale.

Ordinando il brunch collettivo su www.lapolpetteria.it la consegna avviene direttamente a casa grazie allo scooter o alla Panda ibrida gialla di Tatta la Polpetteria.

E per Pasque e Pasquetta in da house?

Tatta ha studiato un menù ad hoc ordinabile entro Venerdì 02 Aprile e disponibile per la consegna anche nell’hinterland milanese.

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Social lunch: a pranzo con Berberè

Indirizzo tra i più cool di Milano, Berberè è un’ insegna di pizzerie fra le migliori in Italia e nasce dall’idea di due giovani imprenditori con una sola grande passione: quella per una pizza buona, artigianale, realizzata da lievito madre vivo e con prodotti biologici selezionati, servita rapidamente a prezzi accessibili. L’insegna di pizzerie creata nel 2010 a Bologna da Matteo e Salvatore Aloe in 10 anni è divenuta una realtà di successo riconosciuta dal pubblico e dalla critica enogastronomica. Oggi proprio attraverso la pizza propone una vera rivoluzione della cultura gastronomica fondata sull’artigianalità.

Se il 2020 sarà anche ricordato come l’anno del Food Delivery, anche l’inizio del 2021 conferma l’ascesa di questo trend. Il confinamento in casa, e la seguente chiusura al pubblico dei ristoranti, hanno favorito la diffusione delle principali piattaforme d’asporto e una crescente passione per il delivery. 

La ricetta per fare impresa passa anche dalla capacità di adeguarsi alle situazioni, senza mai arrendersi e per essere più vicini alla propria clientela, Berberè ha ideato l’iniziativa Divano Pizza Film a.k.a la Tripletta perfetta. Se la Margherita fosse un film quale pellicola sarebbe? Si è partiti proprio da questo gioco per abbinare ogni pizza ad una selezione di film, fra nuove uscite e grandi classici. Per creare questi accoppiamenti è stato coinvolto Marco Lombardi, autore, giornalista e conduttore di Come ti cucino un film, in onda su Gambero Rosso HD ed esperto di Cinegustologia®. Lombardi si è divertito a creare una selezione di pellicole da godersi insieme alla pizza su alcune delle piattaforme on-demand più famose (Netflix, Prime Video, Rakuten, Sky, ecc).

Le pizze Berberè che dovete provare assolutamente? La Margherita si aggiudica il podio, a seguire la Diavola con salamino piccante e un classico del menù del locale, la pizza con Prosciutto crudo di Norcia, burrata, rucola, fiordilatte, olio all’arancia. Quando? tutti i giorni a pranzo o a cena!

PIZZIUM O’SHOP: l’alimentari di quartiere per fare la spesa con prodotti regionali IGP e DOP

Nato nel 2017 a Milano da un’idea di Stefano Saturnino, Giovanni Arbellini e Ilaria Puddu, Pizzium propone la pizza napoletana classica utilizzando il meglio della materia prima italiana. Il suo stile è inconfondibile ma ogni locale è unico perché trae ispirazione dalla terra che lo ospita, senza rinunciare al meglio di Napoli e della Campania. Grazie al suo approccio creativo e contemporaneo si sta affermando in Italia ed è arrivato a quota 20 con 6 locali a Milano, Serravalle, Gallarate, Como, Seregno, Varese, Busto Arsizio, Brescia, 2 a Torino, Roma e Bologna, Parma, Piacenza e Cesano Maderno.



Non solo pizza però, perchè dopo il successo di vendita dei 5 kit regionali, Pizzium arricchisce il proprio shop con un più vasto assortimento di prodotti IGP e DOP simbolo delle regioni italiane. L’O’SHOP è la bottega alimentare di quartiere dove è possibile acquistare gli ingredienti di alta qualità delle sue amate pizze regionali, per dare vita a ricette tradizionali o sperimentare nuovi piatti dando libero sfogo alla creatività.

Presso il proprio punto vendita preferito oppure online, i PIZZIUM lovers possono ora fare una spesa veloce e immediata acquistando salumi, formaggi e verdure, ma anche pane e focaccia sfornati freschi tutti i giorni e prodotti da dispensa come paste artigianali e conserve.


I prodotti di O’SHOP sono acquistabili in delivery su UberEats, in asporto in tutti punti vendita fatta eccezione per i locali di Roma, Bologna e Serravalle – oppure sono ordinabili nella sezione O’SHOP dell’online shop ordina.pizzium.com per poi passare a ritirarli nel punto vendita più vicino.

Infine, per dare sempre nuovi spunti ai propri clienti il brand ha anche avviato una collaborazione con Chef in Camicia www.chefincamicia.com realtà che vive e racconta il mondo del Food a 360 gradi attraverso ricette e contenuti video originali. Chef in Camicia ha preparato per PIZZIUM 3 video ricette con i kit regionali che vanno ad aggiungersi a una raccolta di ricette disponibili all’interno del menù di O’SHOP.


VgO Lab e la vegan experience nel cuore della Laguna

VgO è un’azienda nata a Venezia Mestre nel 2015, operativa in diversi settori, che spaziano dal comparto gastronomico a quello tessile, da quello dell’arredamento a quello della cura del corpo. Il filo conduttore tra i vari ambiti è il concetto di sostenibilità ambientale, promosso attraverso uno stile di vita possibilmente vegan.

VgO è anche VgOLab e VgOloso nel segno dell’ italian life style 100% cruelty free.

Un modello da diffondere nel mercato estero attraverso ristoranti e nei negozi specializzati che vogliono offrire al consumatore pasti leggeri e una gamma di specialità vegetariane ad ottimi prezzi nel rispetto per il pianeta e per il mondo animale.

Nel VgO Lab l’azienda sperimenta nuove ricette prendendo spunto da quelle tipiche della cucina italiana. Un catalogo ricco e ampio che spazia dalle paste fresche e secche (ideali anche per celiaci), alle salse e ai patè, dalle confetture alle tisane e alle birre. Si tratta di un laboratorio di idee che si basano sul concetto di esistenza in armonia con la natura. VgO Lab è anche abbigliamento e laboratorio didattico, in cui, grazie ad esperti naturopati, si impara a vivere seguendo il fluire delle stagioni, e ad alimentarsi per stare bene.

VgOloso, invece, è il primo format di cucina per asporto sana etica e vegana, aperto a Mestre ma con la voglia di colonizzare il mercato italiano e statunitense. 



Ma cosa si mangia da VgOloso? Non aspettatevi seitan e tofu , qui si mangiano piatti gustosi, che partono dalla tradizione italiana: ovvero zuppe di legumi e cereali, ravioli con ripieno di verdura e sugo di pomodoro, polpette di cereali e nocciole servite con purè di patate, burger di legumi freschi, muffin e frolle con marmellate biologiche. 

E cosa, invece, si beve da VgOloso? Il prosecco vegano innanzi tutto, con l’assenza di albumina, una proteina presente nel latte e nelle uova che alcuni produttori usano come sbiancante per il vino. Poi la birra artigianale, prodotta in un micro-birrificio della zona per conto del locale e tante centrifughe fresche.

L’azienda, oltre ad offrire una selezione gourmet di prodotti, si occupa di organizzare eventi per la promozione del proprio brand. Attraverso appuntamenti fissi quali seminari, giornate di approfondimento e degustazioni guidate all’interno del laboratorio aziendale, gli appassionati di cucina hanno la possibilità di toccare con mano le materie prime impiegate per realizzare i prodotti VgO e di assaggiarli in prima persona. Un aperitivo o uno showcooking all’interno di questo concept innovativo diventano così l’occasione perfetta per conoscere da vicino il mondo della cucina vegetale e dei prodotti bio, scelti accuratamente a seconda della stagionalità.

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L’anima healty della ristorazione: Soulgreen

Volto integralmente alla cucina sana, e alla dieta flexetariana in cui gli alimenti green la fanno da padrone, Soulgreen pianta le sue basi a Milano con l’obiettivo di estendersi worldwide.

L’ambiente, scelto da molti influencer per le proprie pause nel segno dell’instagrammabilità, è ricco di green: vetrate ariose, mobili realizzati con materiali naturali e di riciclo in una location che, in molti punti, ha mantenuto la sua autenticità valorizzata dal progetto architettonico dello studio belga Creneau.

L’internazionalità, che da poco prevede anche una sede a Dubai, si percepisce nella cucina multietnica da cui vengono tratte le fusioni vegane e vegetariane.

Le bowl ne sono l’esempio più eclatante : si parte dalla Lebanese Bowl (quinoa, verdure miste, pomodori secchi, ceci, coriandoli, tahina, insalata) fino ad arrivare alla Thai Bowl (curry verde, riso rosso, verza, latte di cocco, verdure, broccoli, anacardi, cavolfiore). 


La parte delle pasticceria è una categoria molto cara a Soulgreen che si pone l’obiettivo di realizzare una proposta 100% vegana che strizza l’occhio ai più grandi maître pâtissier.

Un mondo che si apre alla personalizzazione dei cadeaux dolci per cene ed eventi privati, disponibili in esclusiva su cosaporto.it.

Tutto è homemade così come i cold pressed juice e gli smoothies.

Aperitivo è spesso sinonimo di junk food ma ciò non avviene da Soulgreen dove il finger food che accompagna la parte beverage è nel segno dell’healthy.

Dal momento in cui i delivery sono parte della nostra quotidianità la realtà ristorativa ha un particolare occhio per i packaging plastic free che non mancheranno di stupirvi.

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Healthy Color – Il fast food diventa healthy

Chi ha detto che il fast food è solo junk, non ha ancora scoperto la rivoluzionaria vision food di Healthy Color: l’ultima opera del cantante multiplatino Sfera Ebbasta, del calciatore Andrea Petagna e dello stilista Marcelo Burlon.

Fresco fresco d’inaugurazione, nel cuore della Capitale, in Via Leone IV 64, a cavallo tra lo storico Rione Prati e le Mura Vaticane, il primo Fast Healthy Food d’Italia, ha già conquistato Milano nel fashion district di via della Moscova, attraverso un concentrato di benessere e positive vibes.
I suoi colori, invitanti e corroboranti per lo spirito, e un menù che offre una scelta variegata di burger di salmone, tonno, pollo al curry e fassona, coniugano il piacere del benessere con piatti sfiziosi e contemporanei, con il meglio del fast food di ogni Paese in chiave rigorosamente healthy. Tra wrap, insalate, tartare e poke, per chiudere con golosi pancake e ice cream “0″ calories.

Con uno sguardo sempre rivolto al green e alla sostenibilità, l’healthy fast food ha lanciato una linea originale di packaging monouso eco-friendly e la Healthy Water, l’acqua di Healthy Color confezionata in Tetrapak completamente riciclabile ad alto contenuto di materia vegetale.

“In una società in continua evoluzione nutrirsi in modo corretto non è mai facile e scontato. Da sportivi e amanti della forma fisica Healthy Color nasce proprio dalla volontà di proporre una valida alternativa nello scenario dei corner food attraverso una proposta che sia il più possibile equilibrata e salutare” dichiarano Sfera Ebbasta, Andrea Petagna e Marcelo Burlon.
“Prendersi cura di se stessi, del proprio corpo e volersi bene sono atti di fondamentale importanza nel nostro agire quotidiano, che dipendono anche dalle nostre scelte alimentari quotidiane in quanto Il cibo non è un elemento secondario ma fonte di vita ed energia”.

Tra pareti pop,opera degli street artist Motorefisico, e l’occhio contemporaneo dell’architetto Antonio Zonfrillo, l’Healthy Color di Roma rende omaggio alla tradizionale ospitalità della Capitale con un orario continuato al pomeriggio con un servizio wi-fi gratuito e speciali caffè, cappuccini colorati alla curcuma, alla barbabietola o alla spirulina, tisane e centrifughe.

Il carnevale di Venezia si festeggia a casa con Select

Il Carnevale di Venezia è una festa cittadina che si svolge con cadenza annuale nel capoluogo veneto. Si tratta di uno dei più conosciuti e apprezzati carnevali al mondo. Le sue origini sono antichissime: la prima testimonianza risale ad un documento del Doge Vitale Falier del 1094, dove si parla di divertimenti pubblici e nel quale il vocabolo Carnevale viene citato per la prima volta. Con abitudini, tradizioni e usi differenti nel corso dei secoli, è sempre stata una celebrazione molto sentita e partecipata fino al 1797 quando, con la Caduta della Repubblica di Venezia e l’occupazione francese di Napoleone e con quella successiva austriaca, nel centro storico la lunghissima tradizione fu interrotta per timore di ribellioni e disordini da parte della popolazione. Solamente nelle isole maggiori della Laguna di Venezia, come Burano e Murano, i festeggiamenti di Carnevale proseguirono il loro corso, anche se in tono minore, conservando un certo vigore ed allegria. Solo nel 1979, quasi due secoli dopo, la secolare tradizione del Carnevale di Venezia risorse ufficialmente dalle sue ceneri, grazie all’iniziativa e all’impegno di alcune associazioni di cittadini e al contributo logistico ed economico del Comune di Venezia, del Teatro la Fenice, della Biennale di Venezia e degli enti turistici. Nel giro di poche edizioni, grazie anche alla visibilità mediatica riservata all’evento e alla città, il Carnevale di Venezia è tornato a ricalcare con grande successo le orme dell’antica manifestazione, anche se con modalità ed atmosfere differenti. L’edizione di quest’anno, per la prima volta dopo decenni, indosserà una veste inedita: tra le calli e i canali della laguna non avranno luogo le tradizionali sfilate e cortei in maschera che richiamano a sé migliaia di visitatori da tutto il mondo.

Non potendo celebrarlo tra le strade , Select, icona dell’aperitivo veneziano e promotore dei valori e delle tradizioni della città sin dalle sue origini nel 1920, lancia #TheSocialCarnival, un’iniziativa digitale creata per portare il Carnevale di Venezia a casa delle persone e far loro scoprire gli aneddoti e le storie dietro a uno degli appuntamenti più caratteristici della Serenissima. A partire da Martedì Grasso, 16 febbraio 2021, #TheSocialCarnival permetterà di festeggiare il Carnevale in perfetto stile veneziano grazie a tre elementi fondamentali:

Si parte con la maschera. Attraverso la collaborazione con Ca’ Macana, storico laboratorio artigianale di maschere dal 1986, Select ci porta alla scoperta della Bauta, travestimento veneziano per antonomasia, utilizzato tipicamente durante i banchetti e gli eventi mondani fin dal XV secolo, vera icona di convivialità del Carnevale di Venezia. Inoltre ci sarà anche un filtro AR (realtà aumentata) ad hoc, da poter utilizzare per celebrare e condividere i festeggiamenti sui social in perfetto stile veneziano. Il filtro sarà disponibile sulla pagina Instagram del brand @selectaperitivoit

Lo Spritz Veneziano.  Altro elemento fondamentale è naturalmente la ricetta dell’autentico Spritz Veneziano che da oltre un secolo è icona dell’aperitivo grazie al suo raffinato profilo aromatico e al suo equilibrato gusto dolce-amaro. 

Infine i cicchetti tipici, una proposta food con i tradizionali cicchetti veneziani da preparare a casa, tra i quali sarde in saor e baccalà mantecato.

Come preparare uno spritz autentico allora? Basta seguire 4 semplici passaggi: riempite un calice da vino con ghiaccio, versate 7.5cl di prosecco e 5cl di Select, colmare 2.5cl di soda o seltz e infine guarnire con un’oliva verde grande. Cheers!

Un delizioso viaggio nell’healthy food: Dolce Green

www.dolcegreen.it

Dolce Green, nasce dall’unione di Silvio e Andreea, coppia nel lavoro e nella vita da sempre appassionata di viaggi e di healthy food. Dopo un’attenta ricerca worldwide, nel pieno della pandemia e, sfruttando lo stop forzato del lockdown, hanno messo in moto la macchina per realizzare il loro sogno. Nella ricerca dello chef in grado di affiancarli, sono stati letteralmente stregati da Alessandro Andaloro. Al trio si è poi aggiunto Daniel, un giovane under 30 italo-asiatico, che li ha aiutati a dare un’attitude internazionale all’intero progetto.

Non si definiscono una food location qualunque ma un luogo h24 accogliente, green e tecnologico dove dedicarsi allo smart working o al social sharing.

Nel segno dei trend, che vedono la pokè ai primi posti tra i piatti internazionali preferiti dagli italiani , decidono di dare spazio anche agli antipasti come l’Hummus, il Guacamole, le Nachos con il Chili, la Zacusca e il Babaganoush.


A completare la proposta, i bagel e la vasta varietà di hamburger tra cui spicca quello Vegan, tutti rigorosamente home made compreso il pane.

Da Dolce Green si può gustare una delle più deliziose carbonare della Città Eterna e i migliori dessert per una customer experience di altissimo livello.

La clientela vegetariana, vegana e gluten free viene seguita con attenzione anche nel “delivery mode”. Infatti, Dolce Green è presente sulle quattro piattaforme principali italiane, Glovo, Just Eat, Uber Eats e Deliveroo.

Pronto per il franchising il format ha grandissime ambizioni nella sua internazionalizzazione.

Simone Rugiati e la sua factory: come brandizzare la cucina italiana

Cuoco, conduttore televisivo ed influencer, Simone Rugiati è riuscito a conquistarci da subito con le sue ricette. Vivace, carismatico ed intraprendente, lo chef ha dato vita ad una creativa Factory House, Food Loft Milano. Lo abbiamo incontrato per scoprire il progetto da vicino…



Come è nata la tua passione per il cibo ?

Sono sempre stato un grande fan della cucina, sin da quando ero bambino. 

I miei genitori, insegnanti di ginnastica, quando ero giovane la mattina e il pomeriggio lavoravano, con la conseguenza che non avevano il tempo di cucinare per me. La mia vicina di casa Gigliola, insieme alle mie nonne, si occupava dei pranzi, ed io ero sempre in casa con loro. Mi ricordo che cucinavamo e giocavamo, e le attività ludiche terminavano mangiando il piatto che avevamo preparato. Mi piaceva questa magia del fare, trasformare e mangiare.

Io ero molto casinista, curioso e vivace, non stavo mai fermo, assaggiavo, cucinavo, preparo e mangiavo. Ero felice nel vedere la protagonista, mia nonna, a tavola. Senza di lei la domenica non funzionava: la sua cucina teneva insieme tutta la famiglia (ancora oggi mi ricordo il suo detto “compra la roba buona, che viene buona”).

Terminate le medie, mi iscrissi alla scuola di cucina ad indirizzo alberghiero. 

Come sei riuscito a trasformare la cucina in lavoro?

Dopo la scuola ho iniziato a lavorare in giro, cercavo di stare poco in diversi posti, al fine di fare più esperienza nel minor tempo possibile. Tuttavia, mi accorsi che stare all’interno di un ristorante non mi bastava: volevo inventare, ma soprattutto mi mancava stare a contatto con la materia prima. Quando lavori in un ristorante ti devi adeguare: avevo bisogno di poter dare spazio alla mia creatività. Iniziai a leggere libri di cucina, ma anche quelli mi sembravano banali. In seguito, andai a lavorare a Parma in una casa editrice che produceva riviste culinarie. Questo gruppo editoriale mi ha permesso di pranzare in ristornati stellati e testare la cucina di grandi chef: diciamo che ho fatto una bella scuola!

Nel frattempo, iniziai a fare foto e mi abituai alle telecamere. All’inizio avevo paura di stare in televisione, pensavo di non esserne all’altezza. Capii in realtà poi quanto fosse importante il mondo della comunicazione e dei media nel mio settore.

La carriera televisiva iniziò con “Il piatto forte” su Canale 5, condotto da Iva Zanicchi. Seguì “La prova del cuoco”, con Antonella Clerici, per non dimenticare i dodici anni da “Gambero Rosso”.  Infine, mi spostai su “La 7” e su “Food Network”. 



Parlaci del tuo progetto Food Loft Milano.

Food Loft Milano (https://www.foodloft.it/foodloft-milano/) è una mia iniziativa, un laboratorio creativo d’eccellenza che realizza consulenze, catering, eventi e produzioni.

Io, non volevo aprire un classico ristorante, bensì un laboratorio. Attraverso questa attività, posso infatti fornire servizi a 360 gradi legati alla cucina, ma che vanno al di là della singola preparazione del piatto. Infatti, con lo studio siamo in grado di distribuire veri e propri contenuti, scattare foto e produrre video. Sono contento del contesto che ho creato: tramite un mio videomaker di fiducia, mi sono attrezzato di luci, obiettivi e tutto il necessario per creare format non solo per il web, ma anche per aziende e produzioni televisive. 

La nostra mission consiste nel realizzare un pacchetto audio-video, di massima qualità, su richiesta dei brand. Food loft è nato 7 anni fa quando decisi di smettere di andare costantemente in giro a creare contenuti: era arrivato il momento di avere un unico spazio tutto mio, con una sola cucina professionale, versatile ad ogni tipo di situazione. Una specie di base operativa facilmente brandizzabile, adatta a creare e il servizio di catering e tutte le varie produzioni prima menzionate.  



Progetti per il futuro?

Stiamo cercando di lavorare con aziende sempre più sostenibili, che sposano i principi della green attitude. Questi anni, più che mai, hanno dimostrato quanto, anche in cucina, sia fondamentale avere un’occhio di riguardo rispetto all’ambiente. Io continuo a specializzarmi sulla produzione di contenuti: l’obiettivo finale è quello di potermi interfacciare direttamente con i clienti, fornendogli un pacchetto completo. Infine, non posso negare che vorrei cercare di trascorrere sempre più tempo in Kenya, ormai la mia seconda casa. 

Pacifik Poke: un format dai gusti esotici ed influenze oltreoceano

www.pacifikpoke.com

Pacifik Poke è un’esperienza imprenditoriale nata dalla voglia di 3 ragazzi torinesi di sperimentare in Italia un modo diverso di fare business nel F&B. Era il 2018 e, dopo solo due anni, Pacifik Poke approda a Milano nella sua duplice forma: take away e ristorante. Una novità nel mondo dei “Poke” che generalmente si limitano ad offerte take away. Pacifik Poke sposta il concetto un po’ più in là e si trasforma in un luogo dove la convivialità e l’immersione nelle atmosfere hawaiane diventano i protagonisti nel segno dell’instagrammabilità.

La formula di Pacifik Poke consiste nella fusione di ingredienti eccellenti nella loro semplicità: pesce o tagli di carne freschissimi che incontrano una base di riso o cavolo “kale” e una serie di dettagli golosi che vanno dall’avocado agli anacardi, passando per le cipolle rosse, mango, peperoni, edamame e tanti altri. 
Le ricette Pacifik Poke, analizzate anche in collaborazione con la nutrizionista Martina Donegani, sono in grado di adattarsi ad ogni esigenza: ci sono bowl dalle spiccate proprietà toniche e depurative, quelle pensata per le esigenze degli sportivi e per la protezione della salute cardiovascolare, oppure la bowl interamente veg o ancora quella in grado di aumentare il buonumore e contrastare lo stress.
La nascita del format è stata fortemente voluta da Stefano Zenga, Pierfranco Masera, Andrea Garavoglia, tutti classe ‘84. Il team è stato arricchito recentemente anche dalla figura di Ezio Salce. Quest’ ultimo vanta un’esperienza di franchisee per Autogrill, Rossopomodoro e Jv Partner di McDonald (con cui ha aperto 14 pdv).




Alla base dei loro intenti c’è la ricerca dell’equilibrio, che passa però da un viaggio gastronomico curioso e curato in ogni dettaglio, dalla mise en place al packaging, fino alle proposte che vanno oltre i poke, tra tartare di pesce fresco, zuppe, bagel, tapas e dolci senza dimenticare la cantina vini. 

Pacifik Poke è, inoltre, eco-friendly, ponendosi l’obiettivo di ridurre il consumo di materiali non biodegradabili e lo spreco di cibo con notevole costanza.

Il cibo come alleato per stare bene: in dialogo con Michela Coppa

Garbo ed eleganza contraddistinguono da sempre Michela Coppa (@michelacoppaofficial) , che dalle conduzioni televisive, alla radio e oggi sempre di più sul web, ha fatto del cibo buono e salutare uno stile di vita. Ed è certamente grazie ai social in questi ultimi tempi, che riusciamo a scoprire la sua vera e propria seconda vita, seguendo la condivisione di ricette salutari e funzionali, consigli di bellezza, allenamenti e circuiti yoga, disciplina di cui è diventata anche insegnante da poco tempo.



Cucinare sano e condividere benessere, come nasce questa tua passione?

Più che passione ormai, la definirei missione! (ride ndr). Sin da quando ero ancora molto giovane avevo capito che il cibo poteva essere un alleato, come uno strumento di cura per vivere meglio. Ho origini parmigiane, e nella mia terra i buonissimi piatti della tradizione erano carichi di ingredienti molto grassi, quindi combinati tutti insieme alla lunga non mi facevano stare bene. Sentivo che il mio corpo rallentava le sue funzioni, come un motore alimentato da un carburante sbagliato. Così ho capito che dovevo personalizzare la mia dieta, studiare l’alimentazione e capirne di più. 

Quando ho cambiato regime alimentare tutto il corpo stava meglio, a cominciare dai capelli, dalla pelle e ovviamente è arrivato anche qualche kg in meno, ma sempre intenso come conseguenza dello stare bene e mai come ostinazione ad una magrezza ideale.  

Oggi, a 37 anni, ho raggiunto un alto amore verso me stessa dovuto anche a questo, e sono riuscita nel tempo a portare le mie esperienze nelle vite degli altri per migliorarle, a partire da famiglia e amici che hanno cambiato il proprio regime alimentare traendone beneficio.  Grazie ad Instagram ho chiuso il cerchio, tramite queste canale cerco di influenzare positivamente anche i miei follower.

Questa tua missione si è concretizzata anche nel libro “Ricette funzionali “scritto insieme alla Dottoressa Sara Farnetti…

Proprio così, questo testo non è un ricettario, ma un percorso di conoscenza e approfondimento sulla consapevolezza da avere verso il cibo e per riflettere sul fatto che mangiare bene può trasformare al meglio fisico e mente.

È bene specificare che la nutrizione funzionale è una prescrizione medica, quindi per ottenere risultati specifici per le proprie patologie o malesseri, è necessario rivolgersi sempre ad uno specialista, tuttavia è vero anche che alimentandosi con combinazioni funzionali possiamo già prevenire quegli stadi infiammatori che poi degenerano in tante patologie. Fare prevenzione è lo step fondamentale.

Quale ingrediente ci consigli allora in questa stagione? 

In questo momento sono innamorata della catalogna. Una verdura amara che va ad aiutare il nostro fegato a detossinare il corpo. La possiamo cucinare in tanti modi, semplicemente spadellata in olio e.v.o con maggiorana e peperoncino, abbinata ad un piatto di pasta, ma anche accostata alle uova o al pesce. Funziona bene anche all’interno della pasta stessa con qualche gambero rosso messo a crudo.

Anche lo yoga può essere una medicina per stare bene?

Per me la pratica è terapeutica. Si dovrebbe avvicinare questa disciplina con l’aiuto di un insegnante, perché se apprendiamo bene possiamo portare beneficio a tanti problemi del nostro corpo. Lo yoga è davvero per tutti, da poco sono diventata teacher e ci tengo a ribadire che questa è la regola fondamentale. La pratica aiuta ad entrare dentro se stessi, ci insegna ad ascoltare il nostro respiro e solo così può funzionare al 100% . Ovviamente i benefici fisici sono tangibili, perché vai  a riossigenare i tessuti, tonifichi tutto il corpo, e se fatto in maniera dinamica diventa anche un’attività che ti permette di bruciare.

Allo yoga dinamico associo anche il kundalini, che si basa sull’aspetto spirituale della disciplina. Meditare tutte le mattine serve a conoscersi meglio e aumentare la nostra consapevolezza.

Quali sono invece gli ingredienti chiave della tua beauty routine?

Al pari dell’alimentazione ho anche diversi rituali beauty. Per il viso almeno due maschere a settimana a base di argilla o acido ialuronico. Grande cura nella detersione della pelle e nel trattamento con crema, contorno occhi e siero. Per il corpo, un fango a settimana per la ritenzione e un massaggio drenante.  La pelle e il corpo sono certamente il risultato di quello che mangiamo ma anche delle attenzioni che riusciamo a dedicarle.

Cosa non può mancare nel tuo armadio?

In questo momento storico una tuta felpata (che sia però super chic) e poi un paio di leggings.

Cosa non deve mancare invece nell’armadio di un uomo?

Un dolcevita bianco , magari abbinato ad una giacca in tartan o grigia. Lo trovo molto sensuale.

Progetti e desideri per questo 2021?

I progetti sono tantissimi, dal restyle completo del mio blog che vedrete molto presto, e ancora in progress un libro legato al cambiamento della mia vita dovuto anche allo yoga. Un altro sogno è quello di comprare una cascina vicino alla città, in Brianza, immersa nel verde e con tanto spazio per creare un mio angolo di pace per riconnettermi alla natura. La immagino come una casa in grande stile, lontana dalla vita frenetica e da condividere con chi amo.

Food tips: una ricetta gluten free

Filippo Cini (@filippocinireal), una laurea in economia aziendale appesa al muro e un’impastatrice sulla dispensa, si divide tra la gestione dell’azienda nel settore automotive e la realizzazione di ricette. Ama la pasticceria e la fotografia.

Il suo approccio, per quanto riguarda il food, parte dal concetto di “cucina dei ricordi”, cercando di far evolvere su un piano creativo e attuale il sapore della tradizione, anche perché il profumo di un piatto deve esaltarne il ricordo sensoriale ed emozionale.

Nel suo percorso di food blogger ha partecipato a diverse trasmissioni televisive e radiofoniche, collaborando inoltre ad alcuni eventi di show cooking.
Adora le spezie, la cucina sensoriale e il cioccolato, sua grande passione! I dettagli, com’è noto, fanno la differenza, ma anche una nota speziata, pur sembrando a volte stonata, può portare ad un piatto gustoso, esaltandone in modo esponenziale la materia prima.

Sostiene di non ricercare la perfezione, bensì l’effetto ‘wow’, fedele al suo mantra «make it sweet: se tutto va storto fatti una torta al cioccolato!».

Per Man in Town ha pensato alla famosa cecina ligure (la base della ricetta è dunque una crespella fatta con farina di ceci), a come poterla declinare in modo nuovo, moderno eppure dal fascino retrò.



Un piatto gluten free e veggie per venire incontro a tutte le esigenze, leggero e dal sapore autunnale.

La farina di ceci è naturalmente senza glutine, molto proteica, ottenuta dalla macinazione dei ceci secchi; è un alimento salutare e la troviamo in numerosi piatti. La zucca, invece, è un ortaggio molto versatile quanto a usi in cucina, amico delle diete poiché il suo apporto calorico è di sole 18 Kcal per 100 grammi. Ricca di vitamina A, è fonte di potassio, fosforo, magnesio e ferro; notevole anche la percentuale di vitamina C e del gruppo B.
La parte “grassa” della ricetta è rappresentata dall’avocado, che apporta una buona dose proteica, e dalla maionese veg, che presenta la nota aromatica e cromatica della curcuma.

Un piatto che può essere una portata unica oppure un antipasto se “vestito” da finger food; per renderlo più light possiamo sostituire la maionese con una marinatura di olio, peperoncino e limone.

Ricetta per 2 persone

Per la crespella:
80 g di farina di ceci
5 g di bicarbonato

160 ml di acqua
1 cucchiaino di olio evo


Per il ripieno:
100 g di zucca
1/2 avocado maturo

sale

Per la maionese veg alla curcuma:

50 g di latte di soia

1 cucchiaino di curcuma

100 g di olio di semi
1 pizzico di sale
1 cucchiaio di succo di limone

Insalata:
sedano rapa

spinaci freschi

melagrana

olio evo, sale e pepe

Procedimento:
Preparate le crespelle di farina di ceci setacciando la farina di ceci con il bicarbonato; aggiungete l’acqua e l’olio evo, mescolate bene con una frusta e lasciate riposare qualche minuto. Scaldate bene una padella, ungetela con l’olio e cuocete le crespelle da entrambi i lati. Proseguite fino al termine dell’impasto e lasciatele freddare. Ricavate, con l’aiuto di un coppapasta, 6 crespelle.



Su una placca da forno foderata con carta forno mettete ben distanziata la zucca tagliata a quadratini, irroratela con olio evo e salate. Cuocete a 180 gradi in forno statico per 15/20 minuti.



Pulite l’avocado, tagliatelo a dadini ed irroratelo con succo di limone.

Preparate la maionese inserendo in un bicchiere alto il latte di soia, la curcuma e un pizzico di sale, mescolate con l’aiuto di un frullatore ad immersione, aggiungete a filo l’olio di semi continuando a miscelare. Aggiungete il succo del limone filtrato e continuate a mescolare; il succo aiuterà ad addensare la vostra maionese. Riponete la maionese in frigo per farla riposare.

Componete il vostro piatto andando ad alternare gli strati di crespella a quelli di maionese veg, zucca e avocado, come se fosse un millefoglie.



Servite le crespelle con un’insalata fatta con spinaci freschi, melagrana e fili di sedano rapa, il tutto condito con olio evo, sale e pepe.

Continuate a seguire le ricette di Filippo sul suo profilo @filippocinireal !

Marta Grassi: passato, presente, futuro di una stella Michelin

Ci si chiede com’è possibile che una così potente forza sia concentrata in una donna così piccina. 
Marta Grassi, chef del ristorante Tantris di Novara, una stella Michelin, è l’esempio vivente che desideri e forza di volontà sono i gradini per arrivare lontano. Il successo, la stella Michelin e ventisei anni di attività per il Tantris di Novara, ristorante stellato che propone una cucina creativa di qualità e sostenitrice del territorio
La incontriamo per un’intervista poco prima del secondo lockdown. 

Quando è iniziata la sua avventura nella ristorazione? 

Fino ai trentacinque anni ero insegnante di scuola materna all’asilo nido, un lavoro che amavo ma da cui trasparivano dinamiche difficoltose (molti bambini e pochi finanziamenti) e talvolta monotone. 
Per quattro o cinque anni ho cercato nel tempo libero dei corsi di cucina, difficili da trovare in provincia; è in quello di Milano che ho avuto la spinta a continuare, dal mio insegnante. Avevamo dei compiti a casa, piatti da ricreare dove mettevo del mio, allungavo cotture, inserivo ingredienti; per partecipare alle lezioni prendevo dei giorni di ferie senza riferirlo alle colleghe e intanto organizzavo grandi cene a casa mia, con amici e tavola imbandita, salmone farcito in crosta e torte al cioccolato servite su piatti specchiati. Mio marito Mauro, che ora è in sala al Tantris, lavorava ancora in un’agenzia viaggi; sul book grigio di Lufthansa ho creato il mio ricettario, per non proporre mai lo stesso piatto e cimentarmi in qualcosa di nuovo, di più difficile. 
E’ un percorso che abbiamo fatto insieme, lui avvicinandosi al vino, grazie al fondatore di Vinarius Francesco Vivian, grande enotecaio di Novara, io alla cucina. 

Che tipo di clientela ha il Tantris?

Novara, cittadina dove siamo, ha una cultura risparmiatrice, contadina, oggi per il centro solo franchising e poca tradizione. Novara rientra nella lista di uno studio sui luoghi dove non aprire attività; oltre a Novara, Rimini e Brescia. Da Brescia la gente si sposta alle località vicine, più belle, come il Lago d’Iseo e la Franciacorta; Rimini invece è conosciuta per la qualità buona ma a basso costo, a Rimini ci si accomoda in una pensione, non in un hotel a cinque stelle, è una città per giovani e famiglie. Novara invece ha una predominanza di cittadini âgée, di risparmiatori, quindi la clientela viene da fuori, da Milano, dalle grandi città o estera, una clientela che comprende gli sforzi e lo studio di una cucina come la nostra, dove nel piatto raccontiamo una storia, un luogo dove vivere un’esperienza. 
E poi noi abbiamo un cliente simpatico e fidato che torna da anni, il cliente che possiede lo scontrino numero 1!

I suoi piatti hanno sempre un richiamo al territorio ma rielaborati in chiave moderna e creativa

Quando ho aperto il ristorante mi sono raccomandata di una cosa, e cioè di non cucinare mai la paniscia, che è il piatto tipico novarese. Perchè? Perchè è una pietanza da trattoria e osterie, non mi ci identifico e soprattutto il cliente novarese avrà sicuramente la mamma o la zia che la faranno meglio di me. 
Ho deciso quindi di dare sì luce ai prodotti locali, ma di inserirli in una cucina contemporanea, moderna. Compro le mele piemontesi anziché quelle del Trentino dall’aspetto lucido e intonso, perchè sono buone e aiuto i produttori locali; la stessa scelta per il riso, le zucche e i polli, dove siamo leader nel settore. 
Lo spostamento della merce inquina, e cerco di fare scelte intelligenti e sostenibili, ma se opto per il pomodoro lo prendo da Napoli, perchè è un pomodoro nato senza serre, che non ha bisogno di antimuffe e antifunghi grazie al clima dove nasce, che invece sarebbero necessari in un territorio umido come quello di Novara. 

Da dove trae ispirazione per i suoi piatti? 

Ero in un luogo di montagna, esattamente in Svizzera e passeggiavo in mezzo a dei bellissimi pini, profumatissimi: subito ho pensato che avrei dovuto farne qualcosa. 
La prima parte di crescita del pino ha degli aghi verde acceso e molto teneri, ho creato un risotto con i funghi, con tante contaminazioni, e l’ho terminato con una polvere di aghi di pino che ho raccolto lì, fatti essiccare e frullati, così il mio piatto oggi, che è ancora nel menu degustazione, ha quel profumo di bosco che mi piace tanto. Ecco, la natura mi ispira

Lei ha lavorato da Marchesi dove Davide Oldani era secondo sous-chef e Carlo Cracco stava ai dolci insieme a Ernst Knam, tanti grandi nomi in una sola brigata

Marchesi ha lasciato un’eredità culinaria inestimabile, ha chiuso una pagina di storia e quell’esperienza mi ha molto commosso e al tempo stesso fatto riflettere. Chiudeva allora in Via Bonvesin de la Riva un maestro, un artista, un innovatore, penso a lui in questi momenti di difficoltà quando il telefono non squilla e la sala è vuota, e so come ci si poteva sentire. 
Sono i momenti in cui si è soli con se stessi, ma si è soli anche quando si ottiene la stella e si tocca il cielo con un dito. 
In cucina? Cracco e Knam si facevano degli scherzi terribili!

Come ha fatto Marta Grassi, oltre ad avere un indubbio talento, a farsi strada nella ristorazione? 

L’Europa è oggi la regione geografica che ha più donne stellate, tante ragazze talentuose, ma in quanto donna, in questo settore così come in tanti altri, bisogna valere il doppio per essere ascoltata. Non nascondiamoci, viviamo ancora in un paese patriarcale e maschilista, con una percentuale molto bassa di donne al governo e dove il Papa è e rimarrà maschio. 
Una sera lavoravo, insieme ad altri colleghi, ad una cena di solidarietà dando indicazioni precise e svelte ai ragazzi in cucina, e uno di questi colleghi si è stupito di come fossi organizzata e preparata, che io mi chiedo dove sta lo stupore dato che, come tutte le donne, gestisco famiglia, lavoro, dipendenti, casa…  
Mi viene in mente un esempio italiano in cui una donna viene bistrattata nonostante abbia un passato lodevole e meritevole di elogi, quello della politica Laura Boldrini, presa di mira su temi più fragili quali la famiglia, sul personale; gli uomini sanno sempre dove colpire, e quando colpiscono la famiglia, lo fanno al cuore

Cosa mangia uno chef in vacanza?

Affitto sempre una casa e cucino tutti i giorni, perché se vado all’estero so che troverò prodotti nuovi, tante tipologie di pesce fresco come le sarde locali, le alacce, le aguglie, piccoli pesci pescati e venduti in piccoli mercati, dove in Italia non ci sarebbe richiesta. Se vado in Francia so che potrò assaggiare dieci tipi di ostriche differenti, quando i miei fornitori ne hanno solo tre, quindi è un viaggio di gusto in solitaria, testo i sapori in quel territorio e cucino per me e mio marito, non posso portare qui dei prodotti che terrei per poco tempo in menu: se un cliente contento torna con un amico, dovrà trovare gli stessi gusti che lo hanno colpito, non posso cambiarli. E poi ci piace stare a tavola per due o tre ore, un regalo in confronto ai dieci minuti che abbiamo quando siamo in servizio. 

Mai senza…

Il mio coltello! 
Ho le mani piccole e voglio coltelli affilati; durante i pranzi di Natale a casa di mio padre porto sempre il mio coltello per il taglio della faraona; anche la pinzetta chirurgica non manca mai, per spinare il pesce; è una pinza usata per clampare le vene, me l’ha portata un amico chirurgo: se afferro una spina con quella, non mi scappa più! 

Si descriva in cucina con tre aggettivi

Agile, la fortuna di essere piccole.
Curiosa, è la mia caratteristica peculiare, devo conoscere tutto e approfondire. 
Frettolosa, forse come tante donne impegnate, faccio una cosa e ne penso cento e in quell’istante non mi soffermo sul presente, e me ne dispiaccio. Ma è anche il prezzo da pagare dell’essere multitasking.

Piatti preferiti

I lievitati. La pizza, che deve essere super; il pane, e il croissant della Pasticceria Frida di Magenta

In cosa si sente più portata in cucina? 

Paste lievitate e pani. Anche se in molti mi dicono che sono brava nei dolci; ma se sul tavolo ho un pezzo di cioccolato e una fetta di salame, io mi fiondo sul salame!

Un palato pretenzioso come il suo, dove sceglie di mangiare, fuori dalla sua cucina? 

Se decido per la pizza, ah sono noiosissima! Ma ho trovato il luogo perfetto, la pizza perfetta: Pizzeria dell’Angolo di Vittuone, dove lo chef Giuseppe Rizzo nobilita le farine usate e le lunghe lievitazioni; ottima la materia prima, olio e mozzarella molto buoni; insieme allo chef ho tenuto delle lezioni sui lieviti, mia grande passione, a Identità Golose, il primo hub internazionale della Gastronomia
Se voglio essere stupita non c’è confine che tenga, prendo un aereo e volo da Amparito Roca, a Madrid, oppure a San Sebastian da Arzak, due dei 3 stelle Michelin dalla cucina innovativa e spettacolare; in casa nostra abbiamo Spazio Niko Romito, piatti semplici ma deliziosi: seppie con i piselli, filetto di manzo con aromi, funghi con patate, agnello arrosto, sono sapori unici e le cotture sono molto curate, inoltre apprezzo il lavoro etico (no scarti e sprechi, team affiatato), e quello si vede anche dal piatto.

Durante il primo lockdown alcuni ristoranti hanno opzionato un delivery con costi accessibili, voi come avete reagito alle chiusure? 

La mia cucina in un lunch box non ci può stare, non posso permettermi di vendere sottocosto, abbiamo però recuperato denaro facendo personalmente dei lavori al ristorante: imbiancato, pulito, rifatto le piastrelle in cucina, cambiato le tende, aggiustato i pannelli solari, insomma abbiamo risparmiato cinquemila euro e abbiamo impegnato il tempo, non male in questo periodo. 

Qual è stata la risposta del pubblico alla riapertura dopo il primo lockdown? 

Un’ondata di persone che comprensibilmente avevano voglia di un ritorno alla vita sociale, il locale è ben predisposto per il distanziamento dei tavoli e i tavoli stessi hanno cento centimetri di diametro per il posto da due, e centoventi centimetri per le prenotazioni da tre. Abbiamo lavorato bene fino all’8 agosto, data di chiusura, poi il rientro è stato difficoltoso, la gente è spaventata, persino gli allievi dei nostri corsi, quelli che arrivano da zone di alto contagio come Milano, sono premurosi nei confronti degli altri ed evitano di presentarsi per paura di contagiare. E’ una situazione surreale, delicata e molto difficoltosa e i primi a risentirne commercialmente sono i ristoratori. 

Un consiglio alle donne che vogliono intraprendere questo mestiere

Siate forti e non lasciatevi scalfire, puntate a un obiettivo e andate avanti. 
Quando lavoravo da Marchesi saltavo i pasti perchè ero lenta, lavoravo tanto e potevano anche essere poco gentili con me che tanto avevo la corazza e un grande scopo: guardare e imparare più che potevo, rubare il mestiere. 
Se non si hanno le idee chiare, si brancola nel buio e si rischia di perdere tempo; questo è un mestiere di grandi sacrifici, soprattutto quando l’attività è propria; noi abbiamo aperto con un piccolo fondo che erano le nostre liquidazioni dei lavori precedenti e siamo andati avanti grazie al forte sentimento che ci lega, una grande fortuna fare questo viaggio in due. 


Quando le hanno annunciato della Stella Michelin, se lo aspettava? 

Eravamo ancora in sala per il servizio, erano le undici di sera, squilla il telefono e una voce di ragazzo ci dice “Lavoro per Iaccarino, sapete chi è? Avete ottenuto la stella”.
Io subito chiamo mio marito “Mauro, qui c’è un cretino che dice che abbiamo avuto la Stella Michelin”. E dall’altra parte giurava fosse vero, insomma a quel tempo erano quattro giornalisti in croce a decidere le stelle, pochi critici e niente Internet. 
Lo abbiamo riferito ai clienti ancora in sala e la mattina abbiamo pensato “E se fosse uno scherzo, che figura ci facciamo? Non diciamolo a nessuno”. Decisi poi a scoprire la verità abbiamo chiamato la Michelin e ci ha risposto una segretaria, forse stufa degli infiniti trilli telefonici, sento il rumore delle pagine sfogliate: 
Sì, l’è vero, qui c’è un fiorellino”. 
(ride) 

Marta Grassi, chef del ristorante Tantris di Novara, una stella Michelin

Davide Campagna: dentista di giorno, chef di sera

Un blog aperto quasi per caso, la passione per la cucina e quella marcia in più tipica dei romagnoli hanno reso Davide Campagna ( @cottoaldente ) in poco tempo una star del web: il suo blog conta infatti più di 7mila contatti al mese e su Instagram ha raggiunto oltre 300mila follower. La sua dieta sana, abbinata ad una serie di esercizi, è entrata a far parte del suo metodo che lui stesso ha definito “Cotto al dente”. Davide non è nato con il fisico che ha adesso e così, grazie anche alle sue conoscenze mediche ( è un dentista di professione) , ha deciso di sviluppare e condividere questo suo metodo dietetico e sportivo, attento anche alla salute.



Come è nata la tua passione per la cucina?

Ho sempre amato cucinare, una passione trasmessa da mia mamma e mia nonna. Inizialmente era solo un’attività saltuaria, oggi invece dedico buona parte delle mie giornate a questa attività.

Come nasce invece ‘Cotto al Dente’?

Cotto al Dente nasce esattamente 8 anni fa, quando sono andato a vivere da solo e ho iniziato a cucinare per amici e parenti. Proprio in quel periodo ho deciso di aprire il mio blog. Tutto è nato in modo molto naturale, quasi per caso.



Hai un piatto della tradizione a cui sei particolarmente legato?  

Nonostante io non mangi più carne, porto sempre nel cuore le roselline al forno ripiene di prosciutto, mortadella, panna e parmigiano. Tipico del periodo natalizio e che mia nonna era solita prepararmi.  

Oggi invece hai un ingrediente a cui non rinunceresti mai?

Sono un amante del salmone, in tutte le sue forme. Che sia cotto, sashimi o una semplice tartare, non potrei farne a meno.



Il metodo migliore per tenersi in forma a casa in questo periodo?

Il tipo di allenamento varia da persona a persona, in base al livello di ognuno di noi. Sicuramente consiglierei un allenamento ad alta intensità (Emom, Tabata), di 30 / 35 minuti al giorno per mantenersi sempre in forma. Al contrario, sconsiglio i pesi , a causa della mancanza di attrezzi e spazio sufficienti.  

C’è un personaggio del mondo del fitness che segui sui social e a cui ti ispiri?

Si, mi ispiro molto a The Body Coach, un personal trainer inglese che ammiro in quanto è stato il primo a fare ciò che oggi faccio anche io. Mi piace molto anche Pamela Reif, una trainer tedesca. È un po’ difficile in Italia farsi degli amici che condividano la mia stessa passione e professione, l’invidia regna sovrana.

Come combini allenamenti, social e lavoro?

Per dare il massimo in tutte le attività che faccio, ho deciso di suddividerle in giorni della settimana differenti. Ci sono giornate in cui mi dedico solo alla mia professione, ossia quella del dentista, ed altre invece in cui mi dedico solo ai social.

Oltre alla cucina e al fitness, una delle tue grandi passioni è viaggiare. Quale meta ci consiglieresti di visitare non appena questo periodo di lockdown ce lo permetterà?

Inizialmente vorrei andare in Perù e Bolivia e poi tornare a Bali, compatibilmente con le regole imposte da questa pandemia. Mi piace molto alternare viaggi rilassanti a viaggi più esplorativi ed avventurieri perché lo stare solo in spiaggia alla lunga un po’ mi annoia.

Quali sono 3 oggetti che non potrebbero mai mancare nella tua valigia?

Tre oggetti che porto sempre con me sono le scarpe da corsa, il drone e una guida del luogo che andrò a visitare.

Quali progetti hai per il futuro?  

Nel mese di Dicembre ho creato un calendario dell’avvento sulla mia app “Cotto al Dente”: ogni giorno propongo un allenamento e una ricetta differenti. Nel 2021 invece uscirà il mio secondo libro, che sarà il seguito del primo. Tratterà principalmente del cambiamento avvenuto durante la quarantena, che in qualche modo ha influenzato la vita di tutti noi. Vuole essere una guida per le persone sia dal punto di vista alimentare che sportivo.

Healthy color: un arcobaleno firmato Sfera Ebbasta, Andrea Petagna e Marcelo Burlon

Cosa hanno in comune Sfera Ebbasta, il calciatore di serie A Andrea Petagna e Marcelo Burlon, lo stilista più innovatore del panorama contemporaneo? Un arcobaleno di colori nel segno del benessere e della nutrizione sana e a colori: Healthy color.



Salute e ecologia sono alcuni dei valori chiave che guidano il processo di ogni singola preparazione del nuovo Healthy fast food del celebre trio. Poke, burger, smoothie bowl, pancake, salad e avocado sono le proposte del giovane brand che ha rivoluzionato il mondo dell’healthy fast food in Italia. Un mix esplosivo con in programma nuove aperture in tutta Italia attivando un piano di espansione mirato a far divenire la realtà una vera e propria catena, con posizionamenti anche in alcune capitali europee.  



Intanto, la prossima apertura, prevista a Febbraio, sarà a Roma. Parallelamente Healthy Color ha attivato il programma franchising, che permetterà ulteriori sviluppi e aperture in ogni dove.

Sito: www.healthycolor.it 

Instagram: @healthycolormilano  

Alimentazione e workout: come restare in forma durante il lockdown

Il covid-19 continua a stravolgere la nostra quotidianità, comprese le routine legate a sport e salute. Oggi all’avvicinarsi di un possibile nuovo blocco possiamo non farci cogliere alla sprovvista e mettere tra le priorità il benessere. Ecco alcuni brevi ed efficaci consigli per una sana e gustosa alimentazione abbinata ad un allenamento smart e dinamico. 

Un’alimentazione senza privazioni aiuta a mantenere alto il buon umore : pancakes e lasagne proteiche

In questo periodo la nostra mente è già proiettata in una realtà proibizionista a causa del virus: perché togliere anche i cibi che si amano? Se mangiati a giuste dosi infatti, anche alimenti ricchi di zuccheri e grassi diventano funzionali al nostro metabolismo: basta non esagerare. Il segreto è riuscire a distribuirli in maniera omogenea durante l’arco della giornata. Brioches al cioccolato al mattino o alla sera; pasta a pranzo o a cena. Anche l’utilizzo dei condimenti come olio e aceto non deve essere negato se usato con parsimonia. Esistono delle micro bilance adatte a pesare ogni singolo grammo permettendoci di evitare eccessi. Un’altra chiave in cucina è legata alla rivisitazione dei piatti: i dolci più tradizionalmente “pesanti” possono essere interpretati con ricette light e proteiche, come ad esempio i pancake. Oltre ai classici con marmellata e nutella, questi dolci si possono preparare mettendo alla base ingredienti sani e genuini quali albume, latte di mandorle, proteine, yogurt greco e frutti rossi. Le proteine (che si possono tranquillamente acquistare online) sostituiscono la farina e il risultato finale ha lo stesso sapore del dolce tradizionale ma senza appesantire. Un altro esempio calzante è quello delle “protein lasagne”. Il tipico piatto bolognese può essere integrato sostituendo i classici ingredienti con sfoglia proteica integrale (si può ordinare facilmente anche online), ragù di pollo, pomodoro bio, olio di cocco e besciamelle di soia. 



Un work-out smart ed efficace: Il programma Revolution di Virgin Active

Una sana alimentazione non basta: il costante allenamento diventa un must, soprattutto ora. Il lock- down ha solo accelerato una trasformazione che era già in atto e che rispondeva all’esigenza di un workout fruibile in qualsiasi momento. Se si è lontani dal club per lavoro, oppure a casa in smartworking, a causa degli spazi ridotti e dell’assenza di attrezzi, allenarsi tra le mura domestiche può risultare meno agevole. Se però ci procuriamo due manubri (scomponibili), elastici (di diverse intensità), una sbarra per trazioni e cavigliere, avremo a disposizione una piccola palestra (per i più esperti si può anche acquistare un “giubbotto” del peso di 15 chili). 



Se però l’attrezzatura non è sufficiente, perché soprattutto da casa quella che spesso manca è la motivazione ecco che entra in gioco il ruolo fondamentale del trainer che deve spronare gli allievi a tenersi in forma. E’ il caso di Virgin Active. Da sempre leader nel settore del fitness, durante il lock down ha reso disponibili sia per i clienti che per tutti gli utenti sui canali social dell’azienda l’esperienza di allenamento digitale “Revolution” per permettere a tutti di continuare – o di cominciare – ad allenarsi. L’offerta digitale dà la possibilità di fare attività fisica esattamente come al club ma da remoto, mantenendo quel legame con la nostra community fitness. Sette categorie di allenamento a scelta fra Cycle, Running, Grid, Recovery, Strength, Yoga e Pilates e la professionalità dei trainer. 

Ed è cosi che un costante allenamento (anche semplicemente 30 minuti al giorno) abbinato a qualche trucco ai fornelli ci permetterà di mantenere la linea in un periodo di sedentarietà forzata.

Stefano Cavada: la tradizione in cucina vince su tutto

Dopo gli studi in Italia e all’estero Stefano Cavada è oggi uno youtuber, food influencer e anche cuoco televisivo. Abbiamo incontrato il giovane chef altoatesino che ci racconta la sua idea di cucina, caratterizzata dall’uso di prodotti tipici regionali inseriti nei piatti più moderni e ovviamente anche in quelli della tradizione.


Ti chiederanno in molti come hai cominciato e cosa ti ha spinto a diventare / creare la figura di FoodBlogger che ti caratterizza, ma nella vita normale chi è Stefano?

Nella vita, lontano dai social, sono esattamente la stessa persona che faccio vedere tutti i giorni. Ho una grande passione per la cucina che porto avanti anche lontano dai social. Sono circondato da tre gattini a casa che per me sono come dei figli e che mi fanno tantissima compagnia. Inoltre mi piace dilettarmi con vari sport. Nuoto, canottaggio, crossfit e yoga sono fra i miei preferiti.

Abbiamo potuto visitare ESSEN , la tua cucina / studio fotografico, ci vuoi raccontare il suo carattere?

ESSEN nasce proprio come spazio per la creazione creativa, come punto di riferimento per chi mi segue. È uno studio con il bancone da lavoro e il piano ad induzione, ma ha la stessa familiarità e calore di una cucina di casa (e per me è una seconda casa). Grazie a questo spazio sono riuscito a dare un’identità maggiore al mio lavoro e soprattutto ad ottimizzare la creazione dei contenuti.

La passione per la fotografia è nata insieme a quella per la cucina o si è sviluppata nel tempo?

La passione per la fotografia si è sviluppata in un secondo momento. Avevo avuto da sempre interesse per l’editing video. Quando infatti andavo a scuola montavo i filmati con le fotografie scattate durante le gite scolastiche. Poi quando avevo avviato il mio canale YouTube e avendo fra le mani una macchina fotografica professionale, ho iniziato a dedicarmi alla food photography ed è diventata una mia altra grande passione.



Hai scelto di portare la tua passione, non solo sui social e nel mondo mediatico, ma anche nel mondo dell’editoria con il tuo primo libro “La mia cucina Altoatesina”, ci vuoi parlare di come è nato il progetto?..ora stai lavorando ad un secondo libro… spoileriamo un po’?

Ho sempre avuto il grande desiderio di pubblicare un libro di cucina, un valido strumento offline che possa sempre essere a portata di mano. Io stesso faccio grande uso dei libri di cucina, perché mi piace sfogliarli, lasciarmi ispirare e seguire le ricette così come sono scritte. Così con un’idea ben chiara di come volevo che fosse il mio primo libro, sono andato da Athesia, la mia casa editrice, e da subito si sono innamorati del progetto e abbiamo iniziato a lavorarci dal primo giorno che ci siamo visti. È stata un’avventura nuova per me, sicuramente ho imparato tanto e ci sarà ancora tanto da imparare. Ma sono felicissimo e fiero del mio primo libro.

In porto c’è già il secondo e posso solamente dire che profuma di spezie e ti fa immaginare che fuori casa stia scendendo la neve. Uscirà l’anno prossimo, dopo la primavera.

Ispirazione, Concentrazione, Passione, Racconto, ti ritrovi?

Certamente sì, sono proprio i miei capisaldi nella mia vita privata così come sul lavoro.

Ora più che mai il nostro stile di vita sta cambiando, come scegli cosa mantenere e cosa cambiare per il futuro?

Mi lascio sempre guidare dal mio istinto, cercando di innovare quello che penso non vada più bene per la mia visione o per i miei gusti, lavorativamente parlando. Viviamo in tempi che cambiano molto velocemente, mode che vanno e mode che vengono in ogni campo. Per quanto riguarda la cucina però, la tradizione vince sempre su tutto e quella raramente può essere cambiata.


Ci lasci una ricetta per i lifestyler di Manintown?

Vi lascio la ricetta dello Spiegeleier, un piatto altoatesino di Speck e patate molto amato.

Per 4 persone:

800g patate sode

40g e un cucchiaio di burro chiarificato

8 uova

12 fette di Speck Alto Adige IGP

Prezzemolo tritato (o erba cipollina)

Sale

Pepe nero macinato

Inserire le patate ben lavate e con la buccia in una pentola di acqua fredda. Aggiungere del sale grosso, portare a bollore e lasciare cuocere per 35-40 minuti, finché le patate saranno morbide se punzecchiate con una forchetta. Scolare le patate, lasciarle intiepidire e successivamente tagliare a fette spesse circa 1cm. Scaldare una padella antiaderente con i 40g di burro chiarificato ed aggiungere le patate a fette. Lasciare rosolare per alcuni minuti, girando le patate delicatamente di tanto in tanto, fino a quando inizieranno a formare una crosticina. In un’altra padella antiaderente scaldare un cucchiaio di burro chiarificato e rosolare le fette di speck. Aggiungere anche le uova intere e cuocerle all’occhio di bue, insieme alle fette di speck. Servire le uova e lo speck su un letto di patate saltate con una spolverata di prezzemolo tritato.

Stefano Cavada@stefanocavada

Pazzi per le jacket potatoes? Tranquilli c’è Dume

Che siate a Torino per piacere o affari è d’obbligo una tappa da Dume, nei pressi del famoso mercato di Porta Palazzo, crocevia di tante etnie, suoni e sapori.

Il giovanissimo chef Andrea, ispirandosi al territorio e alle materie prime locali sperimenta nella versione Made in Italy uno dei classici della cucina anglosassone: la jacked potato. Dal ripieno con le polpette domenicali della nonna alla versione veggie, tutti potranno trovare il proprio ripieno su misura.

“L’approccio gourmet e la particolare cura dei dettagli nella scelta dell’arricchimento del menù, dove spiccano le focacce, il vitello tonnato (abbiamo clienti che vengono solo per assaggiarlo!) e la pasticceria homemade”, spiega Edoardo, zio di Andrea e suo partner in crime, “ci differenziano dalle altre realtà similari. Il sogno potrebbe essere quello di diventare un franchising ma la strada è ancora lunga. La nostra dedizione nella scelta degli ingredienti e la ricerca delle eccellenze regionali ci portano via molto tempo. Siamo, inoltre, molto operativi sui social e il customer care per noi è fondamentale. Pre-Covid era abitudine donare ai nostri clienti una piantina aromatica per ogni recensione.”

Una delle tante coccole, così come la curata selezione musicale che accompagna l’experience culinaria.

Come fare una cheesecake originale americana

La New York cheesecake è uno dei dolci freddi più amati dagli italiani. Composta da una base di biscotti al burro e da una farcia di crema a base di formaggio fresco, può essere decorata e impreziosita da diversi ingredienti come i frutti di bosco (versione classica), ma anche cioccolato, caramello, granella, farina di cocco e altro ancora.  

Come fare una cheesecake originale americana: ricetta

Ingredienti

-300g di biscotti digestive

-150g di burro fuso

-500g di formaggio cremoso (es philadelphia)

-100g di zucchero

-1 uovo

-150g di yogurt bianco magro senza zucchero

-150g di panna fresca

-1 cucchiaio di succo di limone

-estratto di vaniglia

Per la glassa:

-180g di frutti di bosco                                                                         

-3 cucchiai di zucchero

– frutti di bosco freschi

Preparazione della cheesecake americana

Come prima cosa si deve creare la base della cheesecake. Sono necessari dei biscotti digestive e del burro fuso. Eventualmente, i biscotti possono essere sostituiti da dei biscotti frollini. Il procedimento da seguire è davvero semplice: dopo aver polverizzato i biscotti, mescolateli con il burro fuso all’interno di una ciotola. Il composto ottenuto deve essere morbido e compatto. Una volta ottenuta la giusta consistenza, si può procedere stendendolo su uno stampo apribile, coprendone sia il fondo che il bordo.

La crema

Per la panna acida, in una seconda ciotola versate panna, yogurt e il succo di limone ben filtrato, mescolando il tutto.

A parte, in una seconda ciotola, vanno mescolate con l’aiuto delle fruste elettriche, il formaggio cremoso, lo zucchero e la vaniglia. Infine aggiungete l’uovo e mescolate ancora. Una volta che il composto è diventato cremoso, aggiungete 170g della panna acida (tenete da parte il resto). Dopo aver mescolato le due parti cremose, stendetele con l’aiuto di una spatola all’interno dello stampo rivestito di biscotto.

Cottura

In forno preriscaldato, a 165 gradi, in modalità statica. Posizionate la torta nella parte medio-bassa del forno e cuocete per un’ora. Una volta tirata fuori da forno, versate sulla superficie circa 3 cucchiai della panna acida avanzata e riponetela subito in frigo. Dopo circa 3 ore eseguite di nuovo il procedimento poggiando sullo strato raffreddato, la parte di panna acida che resta.

A questo punto la torta dovrà freddarsi per circa 10h in frigo.

Decorazione cheesecake americana

Se volete seguire alla lettera la tradizione, decorate con glassa ai frutti di bosco. Per prepararla vi basterà mettere sul fuoco i frutti di bosco con dello zucchero e lasciare andare per circa 5 minuti. Poi frullate con un minipimer e setacciate la glassa per separare i semi dal composto. Una volta che la glassa si è raffreddata in frigo, potete spalmarla sulla superficie della cheesecake e decorare con dei frutti di bosco e delle fragole freschi.

La decorazione però è la parte più divertente e personalizzabile, quindi potrete sbizzarrirvi e seguire i gusti che preferite.

Conservazione

La cheesecake americana si mantiene in frigo per 3-5 giorni, ma potete anche congelarla. In quest’ultimo caso evitate la glassa, ma decorate la torta solo nel momento in cui sarà servita. In questo modo ne preserverete la freschezza.

Grano saraceno: proprietà della pasta

Contrariamente a quanto si penserebbe considerando il nome, il grano saraceno non è un cereale, ma una poliogonacea, fa parte quindi della stessa famiglia di spinaci e barbabietole. È privo di glutine e di conseguenza indicato come sostitutivo dei cereali per una dieta gluten free.

Se cercate un’alternativa alla pasta di grano duro, vi raccontiamo tutte le proprietà di quella base di grano saraceno.

Perché scegliere il grano saraceno

Il grano saraceno, che viene chiamato anche grano nero, non è un cerale, quindi non contiene glutine, tuttavia le sue caratteristiche nutrizionali sono simili a quelle dei cereali, per questo lo troviamo spesso paragonato ad essi. In commercio lo troviamo sotto varie forme, e tutte che ricalcano quelle dei cereali più utilizzati, proprio perché come tale viene consumato.

Quando si desidera contrastare i gonfiori, il grasso addominale ed il sovrappeso, questo pseudo-cereale è davvero un asso nella manica da inserire nelle nostre ricette, perché è ricco di carboidrati, ma anche di vitamine ed amminoacidi, che non solo ci aiutano a mantenere e ritrovare la linea, ma anche a tenere a bada glicemia e colesterolo.

Proprietà del grano saraceno

Il grano saraceno è innanzitutto ricco di vitamine e minerali, che lo rendono ideale come pasto invernale. Inoltre contiene:

-Magnesio e potassio, che aiutano a mantenere contenuta la pressione sanguigna consentendo il corretto funzionamento di muscoli e nervi.

-Lo zinco, il selenio, il ferro ed il rame, i quali facilitano il buon funzionamento di tiroide ed insulina, oltre che ad aiutare il sistema immunitario in caso di infiammazioni o in presenza di anemia.

– Le vitamine del gruppo B, A e J, che supportano l’organismo nel mantenimento della salute di occhi e pelle, ma anche a combattere stress, malumore e stanchezza cronica.

Benefici del grano saraceno

Il grano saraceno aiuta a ridurre il colesterolo, grazie ai fitosteroli che contiene. Avendo un basso indice glicemico (40) risulta, inoltre, ottimo anche per chi soffre di diabete. Uno studio di un’università canadese ha dimostrato che il chiroinositolo presente nel grano saraceno (ma anche in riso e ceci), influisce sul livello di zuccheri nel sangue e aiuta a contrastare la sindrome metabolica. È ricco di fibre (ben il 6 %), e gli innumerevoli minerali all’interno dei suoi chicchi aiutano a regolare gonfiori addominali e ristagno dei liquidi, aiutandoci così a contrastare pancia gonfia e ritenzione idrica.

Le vitamine del gruppo B e il magnesio, aiutano il sistema nervoso e l’attività cerebrale, ma anche a mantenere il tono muscolare, in più aiutano a contrastare emicranie, ansia, stress ed insonnia.

Infine gli amminoacidi di cui è ricco aiutano a proteggere i vasi sanguigni e i capillari, ad attivare il rinnovamento cellulare.  

Il grano saraceno in cucina

Come abbiamo già detto, nonostante non lo sia, il grano saraceno viene considerato uno pseudo-cereale, e lo si trova sotto le stesse forme dei cereali veri: pane, crackers, pasta, farina…

Quindi spazio alla creatività e alla tradizione, tra ricette classiche e menù più sfiziosi ed originali per godere di tutti i benefici di questo ottimo alleato in cucina.

Latte di riso: proprietà benefiche

Il latte di riso è una bevanda vegetale caratterizzata da un’alta digeribilità, particolarmente indicata per sostituire il latte vaccino. È molto usato anche in cucina, proprio per le sue innumerevoli proprietà, scopriamole insieme!

Cos’è il latte di riso

Il latte di riso ha origini vegetali, quindi non presenta lattosio né proteine del latte, sostanze cui diverse persone sono intolleranti o addirittura allergiche. Rispetto ad altri tipi di latte vegetale, come quello di cocco, di avena, oppure di mandorla ha un sapore più leggero e delicato. Inoltre, al contrario del latte di soia, più blasonato, non contiene fitoestrogeni, che sono delle sostanze vegetali molto simili agli ormoni femminili, che a volte interferiscono con il normale funzionamento dell’apparato ormonale.

Si ottiene facendo macerare i chicchi di riso nell’acqua, pressandoli ed aggiungendo degli enzimi. Infine, viene arricchito di addensanti e macronutrienti, dopo essere stato filtrato.

È abbastanza facile trovarlo nei supermercati, anche nei discount ad un prezzo competitivo e solitamente più basso di altre tipologie di latte vegetale.

Composizione del latte di riso

Grazie alla presenza di zuccheri semplici è altamente digeribile ed adatto agli sportivi ed alle donne in gravidanza. Alta è la percentuale di carboidrati e fibre, mentre minimo è l’apporto di grassi e proteine.

Per chi è adatto

Essendo altamente digeribile e non contiene lattosio è particolarmente adatto per chi è intollerante al lattosio, per chi segue una dieta vegetariana o vegana, e per chi soffre di disturbi gastrointestinali, proprio perché non appesantisce lo stomaco e non crea acidità. Anche chi soffre di celiachia spesso lo preferisce al latte vaccino, proprio per la composizione vegetale. 

Può essere consumato anche dalle donne in dolce attesa, a patto che non sia presente una patologia di diabete gestazionale, a causa della facile assorbibilità degli zuccheri. Per lo stesso motivo è molto apprezzato dagli sportivi o da chi effettua lavori molto pesanti a livello fisico.

Contenendo un basso livello di calorie è spesso inserito all’interno di diete ipocaloriche, 100ml infatti, contengono circa 40 calorie, meno della metà di quelle presenti nella stessa quantità di latte intero.  

Infine assieme a tapioca e semolino può essere utile per lo svezzamento dei neonati, poiché privo degli allergeni derivati dalle proteine del latte.

Controindicazioni del latte di riso

Se ne sconsiglia l’utilizzo in presenza di diabete o intolleranza glucidica, a causa dell’indice glicemico elevato, oppure se si soffre di candidosi, perché un’alimentazione ricca di zuccheri facilita la prolificazione dei batteri che la causano.

Consigli di utilizzo

Il latte di riso può essere a tutti gli effetti utilizzato come sostituto del latte vaccino, sia per la prima colazione, sia per la preparazione di dolci o di ricette salate, soprattutto se decidete di prepararlo home made, limitando il livello di zuccheri.

Yogurt greco: perché è l’ideale per la mia dieta

Rispetto allo yogurt classico, lo yogurt greco si differisce sia per la consistenza, molto più densa, ma anche e soprattutto per la composizione, che lo rende ottimo come alimento da inserire all’interno delle diete ipocaloriche, in particolare proteine, minerali, vitamine e sodio.  Scopriamo quindi le proprietà di questo alimento.

Come si ottiene lo yogurt greco

Lo yogurt greco, si ottiene attraverso un secondo processo di filtrazione dello yogurt classico. Nonostante questa seconda filtrazione, le proprietà nutritive restano pressoché invariate perché non restano all’interno della parte acquosa che viene eliminata.

Di fatto, quindi, lo yogurt greco “classico”, non differisce molto da quello intero che siamo abituati a magiare. Ma allora perché viene sempre più consigliato nelle diete ipocaloriche e viene sempre più spesso preferito allo yogurt tradizionale?  Perché lo yogurt greco è uno yogurt a basso contenuto di grassi, ed è questa caratteristica che fa la differenza.

Lo yogurt greco nella dieta

Lo yogurt greco magro, quindi con una bassa percentuale di grassi, si inserisce bene in una dieta ipocalorica di ispirazione mediterranea in quanto è ricco di proteine ed ha un buon potere saziante. Inoltre apporta all’organismo una buona quantità di calcio e vitamine come la B e A.  In più è privo di lattosio e di glutine, quindi può essere consumato da soggetti intolleranti o allergici, ad eccezione di chi è allergico alle proteine del latte. E di facile digeribilità ed ha un’alta percentuale di proteine ed amminoacidi che lo rendono un perfetto spuntino post allenamento, aiutando il recupero muscolare.

Yogurt greco, perché è l’ideale per la mia dieta

Per tornare quindi, alla domanda iniziale, lo yogurt greco, quello a basso contenuto di grassi, è un ottimo alleato per la nostra dieta, grazie al basso contenuto di calorie e grassi, ma all’elevata percentuale di proteine, vitamine ed amminoacidi. Grazie all’alta digeribilità ed al potere saziante è una pratica ed ottima soluzione per i nostri spuntini, soprattutto quelli post workout. Il formato più frequente è quello da 150g ideale come spuntino, magari accompagnato da frutta e da 30g di cereali integrali.

Yogurt greco in cucina

Lo yogurt greco viene molto utilizzato in cucina sia per ricette dolci, fredde o semifredde come gelati o mousse, ma anche in ricette salate. Grazie al suo sapore “non dolce”, infatti viene usato anche in sostituzione della crema di latte nei sughi, magari arricchito con verdure e spezie, e per le salse di accompagnamento alle carni o come farcitura di torte salate.

Pesto di zucchine come farlo light e servirlo fresco

Nelle giornate più calde dell’estate non abbiamo proprio voglia di metterci ai fornelli. Oggi vi proponiamo un’alternativa light e gustosa per condire i nostri primi piatti freddi, ma anche per condire toast e bruschetta, per un o uno spuntino veloce e fresco.

Pesto di zucchine light

Il pesto di zucchine è facilissimo da preparare, ed è un condimento versatile e fresco, perfetto per i pasti estivi, per chi ha poco tempo a disposizione, ma non vuole rinunciare al gusto e alla linea. Vi proponiamo una versione light pe limitare l’apporto di grassi.

Il pesto di zucchine è un’alternativa ottima per una cena quando le giornate sono calde, ma anche una ricetta salvavita da tenere a mente quando abbiamo poco tempo per preparare il pranzo da portare al lavoro.

Vediamo insieme quali sono gli ingredienti necessari e la modalità di preparazione.

Come si prepara il pesto di zucchine

Ingredienti

  • 250g di zucchine
  • 1 cucchiaino di olio evo
  • 1 cucchiaino di parmigiano reggiano
  • Basilico
  • frutta secca (opzionale) potete scegliere tra mandorle, noci, pinoli e qualunque altro tipo di frutta secca vi piace
  • 1 pizzico di sale fino

Dopo aver pulito le zucchine dalle estremità, tagliatelle in piccoli pezzi ed inseritele nel bicchiere di un frullatore ad immersione. Aggiungete l’olio ed iniziate a frullare il tutto. Se necessario potete diluire con una goccia d’acqua, magari dell’acqua di cottura, se state preparando anche la pasta. Aggiungete man mano gli altri ingredienti e frullate finché il composto non risulta morbido e senza grumi.

Lasciatelo riposare in frigo per circa 20minuti, e servitelo come preferite.

Consigli di utilizzo e conservazione del pesto di zucchine

Il pesto di zucchine può essere conservato in frigo in una ciotola per un paio di giorni. Sarebbe opportuno coprine la superficie con dell’olio, oppure chiuderlo con contenitori ermetici, che limitino la presenza di aria. Può essere conservato anche in freezer in apposite contenitori monoporzione e utilizzato durante l’inverno per condire la pasta o per accompagnare anche le carni.

Una volta pronto il pesto di zucchine light, fresco di frigo, può essere usato per condire la pasta fredda, o per farcire dei toast o dei crostini, se volete usarlo per arricchire un aperitivo alternativo.

Essendo molto leggero potete consumarlo anche per una merenda fresca e gustosa, accompagnato da una crudité di verdure.

Se poi volete renderlo più ricco e appetitoso potrete aggiungere della ricotta o dei pomodorini secchi durante la preparazione o a guarnizione.

Il successo è assicurato.

Bruschetta, come farla italiana e ad opera d’arte

La bruschetta è un piatto tipico italiano che si presenta per un buon aperitivo ma che viene consumata anche come pasto unico e preparata con diversi condimenti, per quanto semplice e alla portata di tutti, ci sono delle “regole” da seguire anche nella preparazione delle bruschette. Un piatto semplice, ma gustosissimo, che può adattarsi a tutti i gusti e necessità.

Per preparare una bruschetta all’italiana degna di uno chef stellato seguite queste tre regole base e poi date libero sfogo a tutta la vostra fantasia.

Come preparare la bruschetta italiana ad opera d’arte

1 Scegliete il pane adatto

La scelta del pane per la bruschetta non è affatto da sottovalutare. Meglio non affidarsi al pane in cassetta o alle fette preconfezionate con farine diverse. Non adatti alla “bruschettatura” sono anche il pane arabo, i panini al latte o all’oli, rosette e michette. In linea di massima un filone con una mollica compatta e spugnosa e una bella crosticina fragrante, come quello casereccio per esempio, sarà perfetto per le vostre bruschette.

2 La cottura perfetta

Nello scenario comune la bruschetta si fa sulla griglia magari di un barbecue, ma è possibile abbrustolire le fette di pane al forno oppure su di una padella antiaderente o sulla piastra. Il segreto sta nello spessore delle fette, che non deve essere troppo sottile per evitare che la mollica, magari ammorbidita dal condimento crolli sotto il peso di quest’ultimo. Lasciate scaldare il pane circa 2 minuti per lato e la doratura della bruschetta sarà impeccabile.

3 Il condimento

Qui entra in gioco l’estro del cuoco. Già solo con un filo di olio, una spolverata di sale e magari una strusciata di aglio si possono gustare delle bruschette saporite, ma i condimenti possono trovare infinte soluzioni. Si passa dalla tradizionale bruschetta al pomodoro, con un po’ di basilico, ai paté di olive, funghi, carciofi. Se amate i salumi piccanti un’alternativa davvero gustosa è la ‘nduja calabrese, la cui consistenza si sposa benissimo con il pane “bruschettato”. Ma possiamo anche allontanarci dalle tradizioni nostrane affiancando la bruschetta a dell’hummus o alla babaganoush per un mix di sapori insolito, ma vincente.

Il consiglio è quello di consumare la bruschetta calda, una buona opzione può essere quella di preparare i condimenti in anticipo, in modo che gli ospiti possano scegliere come arricchire le proprie fette. Il successo è davvero assicurato!

AGUA SANCTA: a talk with Fabio Morelli

Fabio Morelli, cagliaritano classe 1993, è il mastermind dietro al successo del locale milanese Agua Sancta. Dopo il diploma scientifico segue la sua vocazione, addentrandosi nel settore food & beverage. Gli anni di formazione in Sardegna, a Berlino all’interno del contesto internazionale Soho House ispirato a Londra e infine a Milano presso Russian Standar. Per diversi anni Fabio ha cercato di apprendere quanto più possibile dall’ambiente circostante, occupandosi prima di eventi privati in Sardegna, poi regalandosi un anno a Berlino dove ha potuto affinare la tecnica all’interno del contesto internazionale Soho House, gruppo di stampo londinese. Ultima tappa della sua formazione Milano, dove ha potuto collaborare con il primo e unico flagship store di Russian Standar, comprendendo al meglio l’anima milanese e la tecnica della miscelazione molecolare. 
Completato il suo processo creativo Fabio Morelli apre Agua Sancta, un progetto avviato insieme a un amico messicano. Juan è originario di Queretaro, cittadina messicana, ma nasce a Brescia. Ibiza è la città dove si sono incontrati e il progetto ha visto la sua fase progettuale.
Agua Sancta si trova C.so Garibaldi, storico corso meneghino conosciuto per i suoi locali cool e giovanili, si presenta come un locale piccolo ma ricco di elementi che lo rendono unico. 
“L’approccio diretto con il cliente è per me fondamentale – dichiara a Man in Town Fabio Morelli – per questo tendo a delegare, dando così l’opportunità ai miei collaboratori di essere in prima linea ottenendo una formazione completa, anche se nel nostro settore è un sistema ancora poco concepito. Io supervisiono, mi siedo con i clienti creando un rapporto diretto e ascoltando i loro pareri sui piatti e i drink che gli vengono serviti, così che possano sentirsi sempre a casa”. 
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con questo imprenditore emergente di cui sentiremo parlare.

Quale storia c’è dietro la nascita del brand?

Prima di Agua Sancta i nostri universi erano paralleli, io provengo da eventi privati e discoteche sparse per la Sardegna con un excursus di un anno all’estero a Berlino, dove ho affinato tecnica e pratica nel campo beverage, in un contesto internazionale come solo il gruppo Soho House di stampo londinese poteva darmi.In seguito il trasferimento a Milano nel primo e unico flagship store di Russian Standar, dove ho potuto sperimentare e addentrarmi nella movida milanese e nella miscelazione molecolare.
Juan arriva dall’altra parte nel vero senso della parola. Queretaro, il paesino in Messico di cui è originaria la madre, lui nato a Brescia, rappresenta il vero e proprio crocevia di culture. Ha sempre fatto avanti e indietro per la famiglia, dove ha scoperto nel ristorante delle zie la passione per la cucina.
Ci siamo conosciuti a Ibiza durante una vacanza, per amicizie in comune. Da lì, dopo svariate serate e chiacchiere sul settore, è nato il desiderio di unire i nostri due back ground F & B per dare vita a un locale dove entrambi i campi dessero il meglio di sè.
Mancavano i fondi, ma per fortuna abbiamo incontrato i nostri attuali finanziatori che ci han permesso di rendere possibile la nostra realtà

Quale tipo di lifestyle promuovete?

Noi ci siamo conosciuti in viaggio, pertanto direi che è anche nel nostro dna scovare nuove idee e far viaggiare la nostra fantasia, oltre a tenerci costantemente aggiornati.In particolare poi il mio stile di vita esige una fuga settimanale per ricaricare le pile e dare il massimo sul lavoro. Non è raro che a termine delle 12/14 h lavorative del sabato, parta all’alba a fine servizio per recarmi da qualche parte. E’ un’abitudine presa appena arrivato a Milano, e vorrei non perderla!

Quale è il design del locale?

Siamo stati aiutati dallo studio SGSM, coppia di architetti estrosi che han firmato alcuni dei locali piu prestigiosi nella nostra città, tra cui IYO, il primo ristorante etnico stellato d’Italia.
L’idea nasce dall’esigenza di avere un locale piccolo ma ricco di elementi che ci caratterizzassero e che ci rendessero assai riconoscibili. Dato lo spazio ridotto gli architetti si son divertiti a immaginare e creare il nostro soffitto.realizzato in betulla multistrato e lamelle d’acciaio smaltate retroilluminate. Riprende l’idea di sobborgo latino ma in chiave chic e contemporanea, così da valorizzare la zona che è richiamo di turisti e apassionati di architettura e design, oltre che del buon bere e mangiare.

Quale è la la vostra offerta food and beverage?

La drink list ormai si è consolidata su due versioni estate/inverno. Sono sempre presenti una carta di otto margarita, una di  9 signature e twist on classics che riprendono i cocktail internazionali, e una di hot drinks (inverno) e una di detox (estivi). La nostra proposta risponde così alla maggior parte delle esigenze dei clienti, spaziando tra ingredienti messicani a prodotti più italiani.
Stessa filosofia viene applicata al menu, appetizer pensati per essere condivisi durante la giornata, all’aperitivo o nel dopo cena, i tacos che danno sostanza e riprendono in toto la filosofia messicana delle street food e i ceviche, che in messico si chiamano aguachile. Pesce marinato nel lime, jalapeno, sale e zucchero con della frutta tropicale, mango, ananas, passion fruit. 
Data la particolarità e l’orientamento fortemente caratteristico, abbiamo deciso di unire i prodotti italiani per avvicinare i palati più diffidenti, così che per ogni proposta “autentica messicana” abbiamo una proposta più mediterranea.
Pomodori secchi, feta, stracchino, alioli alle acciughe, olive taggiasche vanno a stemperare il calor delle spezie
Tendenzialmente lasciamo liberi i clienti di scegliere cosa a pelle recepiscono come piu appetitoso, consigliamo comunque sempre di iniziare con un guacamole servito con nachos, due tacos diversi da condividere e un’aguachile in chiusura magari accompagnato dal mezcal.

Lascereste ai nostri lettori una vostra esclusiva ricetta?

Assolutamente, per noi è iconico il taco al pastor, tant’è che dalla nostra app è anche possibile ordinare un kit con tortilla e spezie per cucinare a casa la maggior parte delle ricette messicane, nostre e non.
Per il tacos al pastor è necessario:
icetta pastor 4 persone
salsasucco di un arancia1/4 pasta achiote2 peperoncini chipotle1 pomodoro3 peperoncino guajilio100 ml succo ananas100 ml aceto
frullare e versare sulla carne 
300 g coppa di maiale / lonza tagliata a listarelle
far riposare circa 4 ore
cuocere in padella con un filo di olio e far stringere la salsa 
pepare trito di cipolla rossa, ananas, coriandolo
servire su torilla scaldate prima in padella.

Il segreto del vostro successo?

Il metissage culturale è stato il punto di partenza, garantire qualità delle materie prime e autenticità dei sapori al fine di distinguerci di netto da tutte le catene franchise tex mex presenti sul territorio.E’ molto difficile spesso far capire al cliente che il cheddar, la panna acida, i tacos a conchiglia croccanti e tanto altro non fanno parte della cucina messicana. Molti apprezzano e scoprono un nuovo mondo, altri preferiscono il format classico da supermercato e famiglia. Fa parte del gioco!!
Onestamente credo ci siamo mossi bene perché abbiamo sviluppato e lanciato la nostra app di delivery, e appoggiati alla nostra super pr per raggiungere i maggiori influencer in città, così da farci pubblicità in un momento in cui il settore beverage era particolarmente fermo. Oggi arrivano clienti che grazie alle attività di marketing e comunicazione svolta stanno conoscendo e frequentando il nostro locale. Per il resto navighiamo a vista, e pianifichiamo il 2021 con una probabile nuova apertura.

Barbecue: 4 attrezzi da comprare subito

Chi non ama fare il barbecue con gli amici? Che sia di carne, pesce o sole verdure è senz’altro un ottimo modo per cucinare e passare del tempo in compagnia di amici e parenti, in particolare quando è estate e si può stare fuori.

Oltre all’acquisto di un buon barbecue per grigliare con una griglia di qualità per un risultato professionale è fondamentale anche avere gli attrezzi giusti. Voi li avete? Ecco i 4 accessori per barbecue che secondo noi dovreste comprare subito.

4 attrezzi per grigliare che non devono mancare

Cominciamo col dire che gli attrezzi base per il barbecue sono senz’altro quelli che non mancano mai in una cucina quindi dovrete avere a disposizione:

  • spatola con manico lungo per evitare scottature
  • pinza per girare la carne
  • pennello in silicone per cospargere la carne di spezie, marinatura o quanto altro per insaporire
  • forbici per carne ottimali per tagliare il pollo in più parti.

Termometro da barbecue

Il termometro da barbecue permette di controllare il grado di cottura interno della carne, senza doverla incide se vuoi realizzarli tu con ciò che più ti piace puoi acquistare i bastoncini in acciaio inox così sono lavabili e riutilizzabili più e più volte.

Grembiule multiuso e guanti

Esistono grembiuli per chi deve grigliare dotati di più tasche con anche un anello porta salvietta. Questi permettono di avere a portata di grigliatura tutto il necessario e anche il classico strofinaccio dello chef. I guanti para-calore poi non possono di certo mancare per evitare scottature accidentali. In fase di acquisto verificate che il grembiule e i guanti siano ignifughi.

Set di luci magnetiche Barbecue

Hai ancora bisogno di installare un po’ di illuminazione esterna? Aggiungi queste luci magnetiche barbecue alla tua griglia per aiutarti a cucinare la cena al buio. Le luci funzionano sulla maggior parte delle griglie, ad eccezione di quelle in acciaio inox. Hanno un collo flessibile in modo che possano essere regolati per emettere luce proprio dove ne hai bisogno.

Raschiatore in legno Grill con apribottiglie

La pulizia finale della griglia dopo aver cucinato è necessaria per permettere al nostro barbecue di vivere più a lungo. L’ideale è farla con un raschiatore in legno così da non graffiare la superficie e meglio ancora perché non acquistarlo con apri bottiglie incorporato.

Cosa mangiare prima e dopo l’allenamento

L’allenamento richiede che ci si nutra in modo adeguato sia prima che dopo l’esercizio fisico, questo perché i cibi possono aumentare l’energia e quindi i risultati, ma non solo sono anche i mattoni dei nostri muscoli.

Quello che si mangia prima di allenarsi serve a dare energia fondamentale durante l’allenamento, invece quello che si mangia dopo aiuta la ricostruzione dei muscoli.

Vediamo quindi cosa mangiare prima e dopo l’allenamento.

Prima dell’esercizio fisico: cosa mangiare

In preparazione dello sforzo fisico, è necessario immagazzinare la giusta quantità di energia, almeno 90 minuti prima dell’allenamento, per dar modo al corpo di assimilare i nutrienti e non appesantirsi troppo.

Fondamentale controllare anche l’indice glicemico degli alimenti che si mangiano per tenere sotto controllo l’insulina.

Prima dell’allenamento preferire proteine e alimenti semplici, che rilasciano energia più lentamente. Si a carni magre come il pollo e riso integrale, albume d’uovo, soia, ma anche frutta come mele, pere o pompelmi.

Da evitare alimenti con alto contenuto di carboidrati complessi, come pizza, pane, corn flakes riso soffiato, pane in cassetta, patate e pasta.

Dopo l’esercizio fisico: preservare la forma fisica

Nulla di più falso che mangiare dopo l’allenamento vanifichi gli sforzi dell’esercizio fisico. Dopo l’allenamento si può e si deve mangiare. Cosa, quanto e quando mangiare è variabile, bisogna evitare il cosiddetto catabolismo muscolare, che si verifica quando l’organismo è a corto di riserve energetiche e smantella le proteine dei muscoli per compensare la carenza di altre fonti.

Che ci si alleni per mettere massa muscolare o per perdere peso, lo spuntino post esercizio fisico diventa fondamentale, non esiste un piano alimentare post allenamento standard per tutti. Dipende se vi state allenando per aumentare la massa muscolare e per partecipare a gare a livello agonistico o se lo fate per perdere peso e tonificare.

Ricordarsi che l’obiettivo primario è ripristinare in fretta le scorte energetiche dell’organismo e fornire ai muscoli i nutrienti fondamentali per la ricostruzione.

In linea di massima viene consigliato post allenamento di consumare: patate, riso bianco, gallette, tonno, frutta secca, yogurt.

Se hai problemi particolari a livello alimentare e non sai combinare i cibi puoi rivolgerti ad un nutrizionista che ti fornirà un piano alimentare base da seguire specifico per gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Puoi chiedere anche al tuo personal trainer di fiducia come abbinare gli alimenti fra loro e cosa preferire come alimentazione pre e post allenamento a seconda degli obiettivi che devi raggiungere, poiché l’alimentazione di uno sportivo è diversa a seconda che si pratichi per solo scopo di mantenersi in forma o se si fanno gare a livello agonistico.

Riso: dal basmati al venere, ecco tutte le differenze

Il riso è un’alternativa deliziosa e versatile alle patate e alla pasta, e ne esistono diverse varianti per deliziare ogni palato e dalle diverse proprietà. Ecco una guida ai diversi tipi di riso dal basmati al venere.

Riso caratteristiche base

Il riso è classificato per la dimensione del suo grano in varietà lunghe, medie e corte e varia da soffice a cremoso o dalla consistenza appiccicosa. Il colore varia dal marrone/nero, al bianco al rosso.

La forma, le dimensioni, la consistenza e altre caratteristiche delle diverse varietà influenzano il modo in cui il riso viene utilizzato nelle ricette, per quali tipi di piatti è adatto e il modo in cui viene cucinato. Ogni paese predilige varietà di riso diverse per la realizzazione dei suoi piatti.

Tipi di riso più utilizzati: dal basmati al venere

Riso a grana lunga: questo tipo di riso, come suggerisce il nome, ha grani lunghi e sottili. Una volta cotti, i grani tendono a rimanere separati, e il risultato finale è di solito abbastanza asciutto e fermo. La maggior parte è in una forma bianca lucida, anche se il riso integrale a grana lunga è disponibile anche in varie qualità. Il riso Patna viene dall’Asia; Il riso Carolina, che è leggermente più grosso in apparenza, è del Nord America.

Riso Basmati: i chicchi di questo riso sono a grana lunga molto lunghi e sottili. Il riso basmati ha eccellenti qualità di cottura e un sapore pieno. Viene coltivato solo nell’India settentrionale e in Pakistan, e nessun altro riso può essere etichettato come basmati. Si presenta anche in una forma integrale, che tende ad essere più leggero e più veloce da cucinare rispetto ad altri riso integrali. Il vantaggio nutrizionale del riso basmati è che ha un basso indice glicemico: il suo contenuto di carboidrati viene assorbito meno rapidamente nel flusso sanguigno rispetto ad altri tipi di riso, e quindi aiuta a mantenere stabili i livelli di glucosio nel sangue. Il riso Basmati deve essere sciacquato prima della cottura per eliminare la polvere amidacea rimasta dalla fresatura.

Riso nero o venere: è una qualità di riso non raffinato, che ha una pelle marrone-nera e dai grani larghi. Di solito è lavato e poi cotto a vapore. In Asia è anche usato per fare un dessert con latte di cocco e zucchero di palma.

Riso Paella: questo viene utilizzato nel piatto tradizionale della Spagna, la paella. Si tratta di un riso paffuto, a grana corta, simile al riso al risotto, ma con una consistenza meno cremosa.

Riso per risotto: riso utilizzato maggiormente in Italia per realizzare risotto mantecato e le qualità più conosciute sono senz’altro il Carnaroli, il Vialone Nano e l’Arborio.

Riso di grano corto e medio: questa qualità di riso contiene una sostanza amidaceo chiamata amilopectina, che lo rende diciamo appiccicoso (il riso a grana lunga ha molto meno amido). Dopo la cottura, i singoli grani si aggrappano insieme, per cui viene di solito utilizzato per realizzare piatti in cui si vuole una consistenza cremosa. Ideale anche per la realizzazione di dolci a base di riso come ad esempio il budino.

Riso Sushi: un riso a grana corta, questo è di solito lavato e poi cotto con il metodo di assorbimento. Una volta raffreddato, viene aromatizzato con aceto di riso zuccherato e arrotolato in alghe nori con altri ingredienti come pesce crudo o verdure per fare sushi. È la viscosità del riso che tiene insieme i panini al sushi.

Pistacchi, proprietà benefiche per la dieta

I pistacchi sono semi ricchi di acidi grassi, contenuti nel frutto del pistacchio, un albero di origine asiatica della famiglia delle Anacardiaceae. Questi semi dal caratteristico colore verde, possono essere consumati al naturale, oppure tostati e salati.

Il suo gradevole sapore si presta all’utilizzo in diverse ricette sia dolci, come torroni, gelati e torte, che salate, associandoli sia alla carne, che al pesce e ai formaggi.

A livello nutrizionale, i pistacchi vengono inseriti nell’insieme della frutta secca, grazie al loro elevato contenuto calorico, dovuto soprattutto agli acidi grassi. Ma i benefici di questi semi sono diversi, motivo per cui vengono spesso consigliati a chi segue una dieta ipocalorica, o per chi fa sport. Di seguito vi riportiamo i principali.

Proprietà benefiche dei pistacchi

Omega 6 e 9

Gli acidi grassi, soprattutto mono e polinsaturi, sono fondamentali per una salute ottimale. Questi acidi aiutano l’organismo a tenere sotto controllo il colesterolo e l’accumulo di grassi saturi nel sangue, aiutando a prevenire così le malattie cardio vascolari.

Vitamine del gruppo B ed E

Grazie all’alto contenuto di acido folico, 100g di pistacchi forniscono il 144% della quantità giornaliera raccomandata. La vitamina B6 è molto importante per la sintesi della mielina e la comunicazione nervosa, oltre a migliorare il sistema immunitario.

La vitamina E, invece, non solo aiuta a prevenire invecchiamento e tumori della pelle, proteggendoci dai raggi UV, ma protegge anche le pareti capillari.

Sali minerali

Numerosi sono i Sali minerali contenuti nei pistacchi. Calcio, potassio, zinco, magnesio ci aiutano a mantenere forti e sani pelle, ossa e capelli. Il fosforo, aiuta a tenere sotto controllo il diabete di tipo 2. Infine il rame, che aiuta l’assorbimento del ferro, prevenendo e curando l’anemia, e potassio che ci aiuta a tenere a bada la pressione arteriosa e quindi l’ipertensione.

Luteina, zeaxantina

Questi rari carotenoidi aiutano a proteggere i nostri occhi dall’insorgenza di problemi visivi. Ma soprattutto, essendo degli antiossidanti, aiutano il nostro organismo a combattere e prevenire l’insorgenza di radicali liberi, causa di alcuni tumori.

Come consumare i pistacchi

L’OMS consiglia l’assunzione di circa 30g di pistacchi al giorno, preferibilmente come snack o spuntino, tra uno dei tre pasti principali.

Controindicazioni

Non ci sono particolari controindicazioni, ma se ne sconsiglia la consumazione in caso di cardiopatie o insufficienza renale. È sempre opportuno non superare la dose giornaliera consigliata e preferire la versione non salata.

Anguria: proprietà benefiche del frutto per l’estate

L’anguria è sicuramente uno dei frutti simbolo dell’estate. È una pianta di origini africane, dunque molto presente nelle tavole dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, e fa parte della stessa famiglia dei cetrioli.

Con le sue pochissime calorie, circa 30 per 100g, è il cibo ideale per uno spuntino gustoso e dissetante, ottimo anche per chi segue una dieta ipocalorica. L’anguria è Composta per il 93% da acqua, è un frutto altamente saziante, nonché diuretico, ma sono diverse le proprietà dei suoi nutrienti. 

Proprietà benefiche dell’anguria

Combatte l’ipertensione

I Sali minerali al suo interno, potassio e magnesio, tra tutti, contribuiscono al giusto funzionamento dell’apparato cardiocircolatorio. Per questo aiutano a mantenere costante la pressione sanguigna e a contrastare l’ipertensione. 

Diuretica

Grazie alla ricca percentuale di acqua e di potassio, e al contempo al basso contenuto di sodio, l’anguria stimola la diuresi, aiutando ad eliminare i liquidi in eccesso. L’assunzione di questo frutto, dunque, può aiutarci a contrastare gli inestetismi della cellulite. Questa stessa funzione, inoltre, ci permette di tenere a bada la fastidiosa cistite, troppo spesso nemica delle donne.

Energizzante

L’estate ci permette di vivere momenti meravigliosi, ma richiede anche molta energia: le alte temperature, associate all’umidità causano spesso un senso di spossatezza. Le vitamine, e i Sali minerali presenti all’interno dell’anguria, aiutano il corpo a mantenere alto il livello di energia dell’organismo. 

Antiossidante

Il retinolo, precursore della vitamina A, conferisce agli alimenti di cui è ricco, il caratteristico colore rosso. Insieme alla vitamina C aiutano a mantenere in salute il nostro sistema immunitario, ma anche e soprattutto a contrastare i radicali liberi. Assumere la giusta dose di questi antiossidanti ci aiuta quindi a mantenere in salute la vista, a contrastare l’invecchiamento della pelle e soprattutto, l’insorgere di cellule tumorali.

Il licopene, infine ha azione antinfiammatoria, e promuove la salute di cuore ed ossa.

Afrodisiaca

L’anguria contiene la citrullina, un amminoacido che favorisce la vasodilatazione. Per questo è considerato un potente afrodisiaco naturale, addirittura viene paragonato al viagra.

Cosmetiche

La pianta dell’anguria, fa parte della stessa famiglia dei cetrioli, possiamo dunque utilizzarne delle sottili fettine per contrastare borse ed occhiaie. Basterà poggiarle sugli occhi, ben detersi e puliti per qualche minuto per poter godere dei suoi effetti.

Sinestesia tra i sensi: slow drinking, food pairing e fragrance bar

La sinestesia è un fenomeno che prevede la contaminazione dei sensi e le esperienze sinestetiche dimostrano tre caratteristiche principali: sono provocate da uno stimolo, sono percezioni coscienti e sono automatiche. Abbiamo chiesto a tre esperti del settore beverage, food e fragrance di raccontarci i loro esperimenti e di come la stimolazione di un senso innesca una risposta predicibile e riproducibile in un altro senso.

Radici ben salde nella tradizione, da cui partono per innovare, ma con uno sguardo rivolto alla sostenibilità e alle tendenze del momento, che talvolta possono rivelarsi nuove vie su cui soffermarsi e fare ricerca.

La nostra intervista a BE Barman Eventi, Mimosa Milano e Campomarzio70

@be.barman.eventi

@mimosa_milano

@campomarzio70

Che cosa fa un bartender oggi e come nasce la tua passione per la mixology? 

Alessandro – BE Barman Eventi: Quella che fino allora avevo creduto fosse semplice curiosità, si è palesata quale passione che non avrei più abbandonato, in occasione del primo corso di mixology che mi regalarono al termine del mio percorso di Laurea in Economia e Commercio. Il mio fu un vero riconoscimento.

Fare della mia passione la mia professione, è senz’altro un privilegio. E ancor più aver potuto interpretare e vivere in “prima linea” l’ultimo decennio, in cui è avvenuta la divulgazione della mixology in Italia, e la ricerca è divenuta trainante. Oggi il bartender ruba letteralmente dalla cucina dei grandi chef tecniche d’avanguardia, ricette, ingredienti e attrezzature e riedita i grandi classici nella versione “twist on classic”, ricercando, scoprendo e interpretando ingredienti particolari e un po’ sorprendenti, per elaborare sciroppi, acque aromatizzate, estratti, infusi, olii essenziali e shrub.

Un abbinamento nuovo può esaltare e svelare caratteristiche e potenzialità nascoste di un ingrediente, fino allora destinato a un uso ormai consolidato e che invece è ancora tutto da scoprire e da esaltare, e da cui veder nascere nuovi sapori in cocktail innovativi, sorprendenti e di qualità. 

Parlateci di trend e di stile. Negli ultimi anni il mondo del beverage sta cambiando, in che direzione stiamo andando? 

Alessandro e Giovanna – BE Barman Eventi: Il mondo dei cocktail è variegato e complesso e nel corso del tempo ha assistito a un cambio di gusti, di materie prime e di tecniche utilizzate. In continua evoluzione, proprio per la contaminazione con altre arti ma anche per fenomeni che ne hanno accelerato la divulgazione. 

Da una parte il boom che ha visto come protagonista il Gin, la cui versatilità gustativa dovuta alle diverse combinazioni di botaniche al suo interno, ha consacrato il Gin&Tonic tra i drink più popolari, aumentando la consapevolezza del consumatore. Dall’altra, l’utilizzo e la sperimentazione legata a ingredienti inediti quali ad esempio il Sakè, i Mezcal o provenienti dal foraging, e non ultimi i fermentati, o ancora il thè e il caffè, con cui mi piace creare sciroppi, infusi alcolici e analcolici, polveri da utilizzare per decorare.

Oltre al tema imprescindibile legato alla sostenibilità, la grande tendenza è volta all’esperienza creativa, emotiva e sensoriale, che si esprime nella qualità attraverso la selezione della materia prima.

La Mixology oggi è tesa a mettere al centro e amplificare l’esperienza sensoriale, e lo fa mettendo il focus sul drink pairing, il cui protagonista indiscusso è l’abbinamento fra food e drink, lo scambio reciproco di sapori che esalta il viaggio gustativo, con lo scopo di riuscire a creare delle emozioni, delle alchimie in bocca e sul palato; e lo slow drinking, inteso come lo stile di vita volto a trasformare una semplice consumazione in arte della degustazione. 

Quali messaggi si possono trasmettere attraverso il beverage? 

Giovanna – BE Barman Eventi: penso che la convivialità sia uno dei messaggi più forti che si possa trasmettere. L’atmosfera e l’intimità che si creano nella degustazione vissuta come esperienza condivisa, sono uniche e sempre diverse. Accomunano e creano vicinanza.

Movimenti eleganti, misurazione attenta degli ingredienti e una spiegazione raffinata, affascinante ed esaustiva di quello che si sta andando a degustare rimarrebbero fini a e stessi se non si facessero tramite di qualità e bellezza. Il mantra oggi è scoprire per conoscersi meglio, per evolversi e migliorarsi. 

Le nostre drink list sono sempre pensate ad hoc, proprio perché con la personalizzazione delle ricette, dell’estetica e dei sapori, e attraverso la degustazione anche visiva, vogliamo andare incontro alle aspettative del cliente, rendendo fruibili i messaggi da veicolare.

Cultura, passione, bellezza nel senso più ampio del termine e pertanto fare e stare bene, ogni volta un po’ di più.

Come nasce il tuo concetto di catering Mimosa Milano e secondo te esiste una sinestesia tra cocktail e food? 

Mimosa – Mimosa Milano: nasce nel gennaio 2018, quando dopo aver lavorato in svariate realtà stellate e avendo osservato con attenzione l’ambiente che mi circondava, decisi di concentrare tutte le mie forze e la mia passione in un progetto che mi rispecchiasse appieno, così ho aperto. Il concetto alla base del mio lavoro è di offrire un servizio quanto più attento ai dettagli, alla qualità dei prodotti e alla bellezza in senso ampio. Il rispetto delle materie prime è alla base di tutto. Anche per questo mi sono trovata subito in sinergia con il lavoro di Giovanna e Alessandro, abbiamo una visione molto simile e questo ci fa avere tanta affinità professionale.

Più che una sinestesia, che li pone quasi su piani differenti, penso che tra cocktail e food ci sia un forte legame di sensi, si può giocare con la vista, l’olfatto e il gusto per creare un pairing che susciti emozioni e sensazioni differenti.

Nei nostri esercizi di stile, Alessandro ed io ci divertiamo a decidere cosa far assaggiare prima e cosa dopo e come determinare un prolungamento del sapore quanto un rimando olfattivo. 

Quali sono gli abbinamenti meglio riusciti e come nascono?

Mimosa – Mimosa Milano: quando si abbina il food al beverage esistono delle combinazioni “storiche”, date anche dalla conoscenza degli abbinamenti vino-pietanze, che ci suggeriscono i sapori e gli odori che si sposano meglio tra loro. Sto pensando per esempio a un sapore tendente all’affumicato, al morbido, o strutturato come può essere una carne, che ben si abbina a un alcolico con sentori di legno come un Wiskey, caldo, accogliente, aromatico; o ancora un cibo dal sapore leggero, acido, allegro, come un pesce crudo o una verdura fresca marinata, che immaginerei accompagnati a un drink altrettanto acido, fresco e perché no, con una punta di bollicine. 

Penso che la buona riuscita di un pairing avvenga quando si crea equilibrio, il beverage non deve sovrastare il sapore del cibo e viceversa, ma trovare forza e identità l’uno nell’altro.

Ancora più divertente è quando si riesce a combinare sapori che si completano e si prolungano durante la degustazione alternata. Con Alessandro abbiamo lavorato molto bene a un pairing per un evento autunnale che prevedeva due proposte, la prima un bignè craquelin allo zafferano ripieno di spuma di cicerchie e liquirizia in abbinamento a un drink composto da gin aromatizzato al mandarino, sciroppo di camomilla, infuso di zenzero e liquirizia, una punta di sale al mandarino, in questa proposta avevamo scelto di dare risalto all’aroma balsamico della liquirizia proponendolo come richiamo, lo zafferano ne allungava il sapore, mentre il mandarino, lo zenzero e la camomilla alleggerivano il tutto e coloravano di freschezza e allegria l’esperienza. Per la seconda proposta abbiamo scelto di abbinare un uovo di quaglia leggermente affumicato, marinato nella soia con l’aggiunta di miele di castagno, zenzero, te nero a un drink a base di Mezcal, infuso al tè nero al gelsomino, frutti rossi, marmellata di pere e miele di castagno, devo dire che qui la sensazione era totalmente diversa: l’affumicato dell’uovo e il Mezcal, il salato della soia e la marmellata di pere, creavano un sorprendente equilibrio di contrasti, dando la sensazione che food e beverage fossero un tutt’uno, concepiti come un unico sapore. Davvero sorprendente.

Quali sono le nuove tendenze in ambito food

Mimosa – Mimosa Milano: Come per il beverage anche l’ambito food è in continua evoluzione. Purtroppo le mode che negli anni si sono avvicendate, parlo di mode di prodotti, non hanno tenuto conto di tanti aspetti che oggi sono imprescindibili. La cucina negli ultimi anni si sta facendo portavoce di quelle che devono essere scelte etiche e di sostenibilità in materia di prodotti e di stili di cucina, inutile dire che un avocado che viene dal Brasile o un salmone allevato a mangimi e antibiotici non hanno un valore qualitativo né etico, se paragonati alla quantità di prodotti unici ed eccezionali che può vantare la nostra penisola. A tal proposito sono davvero felice che il mondo del food stia tornando a una cucina più semplice, meno fronzoli e più sostanza, che avvicina le persone, una cucina comprensibile che stupisce per la genuinità delle materie prime e per la conoscenza dei cuochi che le trasformano. La nuova “moda” sono le storie che ci sono dietro, trovo di una ricchezza assoluta poter assaporare un pomodorino del piennolo e conoscere la storia dell’agricoltore che l’ha coltivato, riuscire a percepire l’acidità e la dolcezza che solo la terra, il sole e il vento gli hanno dato. Sostenibilità è di tendenza, ed era ora! Ormai non può esistere una cucina che non faccia attenzione a proporre piatti sostenibili e in linea con le problematiche attuali, chi ancora non l’ha capito è vecchio, resta indietro, ecco, in questo caso la parola “moda” abbinata al cibo mi piace! Per terminare cucina italiana e prodotti italiani, questa è la tendenza.

Continuando con le sinestesie, se volessimo coinvolgere altri sensi? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: di certo anche l’olfatto è protagonista di quest’esperienza, inscindibile dal gusto.  

È in conformità a quest’intuizione che abbiamo sviluppato e consolidato la nostra collaborazione con BE Barman Eventi sul Fragrance Bar e il pairing olfattivo. 

Campomarzio70 coltiva da quattro generazioni la cultura olfattiva, prima ancora di occuparsi di distribuzione e vendita di fragranze di ricerca. Durante il lockdown abbiamo organizzato numerose dirette Instagram con i nostri nasi (i creatori di fragranze, ndr), postando al termine di ciascuna la ricetta di un cocktail ispirato al profumo best-seller proprio di quel naso, ideata da BE Barman Eventi. Soprattutto in questo contesto, in cui si sta riscoprendo il valore della lentezza, concedersi il tempo per immergersi, a più livelli, in un momento in grado di coinvolgere più sensi, riconoscendo l’effetto su ciascuno e l’armonia dell’insieme, crediamo possa regalare un approccio nuovo alla fruizione di una fragranza, così come di un piatto o di un cocktail. 

Quando la percezione di una fragranza diventa immediata e ti emoziona? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: è una reazione istantanea quando nel profumo che stiamo annusando, riconosciamo un elemento familiare che la nostra memoria olfattiva ha incamerato, ad esempio. È un processo fortemente inconscio. Nel tempo abbiamo osservato nei nostri clienti le reazioni più diverse, dal sorriso alla sorpresa o ancora alla commozione. Il potere evocativo dell’olfatto è straordinario e al tempo stesso siamo forse poco abituati a riconoscerne l’impatto. 

C’è un criterio per scegliere il profumo perfetto o ci s’innamora e basta di quell’odore? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: un profumo è perfetto nella misura in cui emana quello che noi vogliamo comunicare di noi stessi, che tra l’altro può cambiare da un giorno all’altro. Possiamo aver voglia di sentirci più autorevoli, oppure cerchiamo una carica di energia, oppure qualcosa di più intimo e personale. L’abilità sta nel saper leggere, da parte di chi propone una fragranza, questi desideri. E interpretarli, poi, nella maniera più corretta.

Quali sono i sapori, gusti e profumi che preferite? 

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: di certo quelli che invitano a un’interpretazione creativa. Trasferire su cibo e bevande le note gourmand di una fragranza è più scontato. Farlo, come nel caso di Citizen X di Ex Nihilo, che al pepe bianco combina note di legni di mastice e iris, oltre a un’innata brillantezza, è di certo una sfida molto più intrigante.

Avete pensato a una sinestesia da dedicare a ManInTown?

Pariamo di un uomo cittadino del mondo, che ama viaggiare ed esplorare ma non rinuncia allo stile.

Valentino Di Liello – CAMPOMARZIO70: Citizen X, in questo senso, è molto calzante. Anche Wake Me Up di Familia Familia, con la sua freschezza agrumata, o Cedarise, legnoso aromatico della nuova linea di profumi molecolari Hermetica, completamente priva di alcol e molto persistente, darebbe il giusto allure a questo “man in town”.

Illustrazione di Irene Ghillani

Alessandro – BE Barman Eventi & Mimosa – Mimosa Milano: Partendo dalla piramide olfattiva di Citizen X, abbiamo estrapolato le note della fragranza per creare un pairing tra drink e food. Alessandro – BE Barman Eventi: Il cocktail che abbiamo pensato è a base di Gin aromatizzato all’olio essenziale di iris, uno sciroppo al pepe bianco che rimanda alla nota pungente tipica della fragranza e infine abbiamo bilanciato l’acidità con del succo di bergamotto. In degustazione la prima sensazione è di spiccata freschezza alla quale seguono note floreali e pungenti di iris e pepe bianco, lasciando 

sul finale le note balsamiche e amaricanti del bergamotto. Il drink è presentato in un bicchiere le cui forme prendono ispirazione dal flacone di Citizen X, linee nette, maschili che rimandano anche alla forma del cubo singolo di ghiaccio presente nel bicchiere.

Una foglia d’argento completa il drink con un ulteriore rimando al design del profumo.

Mimosa – Mimosa Milano: Il finger proposto è un cubo di melone bianco non ancora maturo, messo in osmosi in un estratto di sedano, timo limone, finocchietto selvatico, sale e aceto, in questo modo le sensazioni verdi del sedano e aromatiche delle erbe penetrano all’interno del melone coprendone il sapore ma conservandone la consistenza cruda/croccante. Una goccia di emulsione alle mandorle e pepe bianco completa il finger. Alla degustazione si avvertono subito sensazioni fresche e acide, accompagnate da note balsamiche e infine la nota di pepe bianco avvolge la bocca. Come per il drink anche il finger riprende il design del flacone, è presentato su un disco metallico che rimanda al tappo della fragranza.

Per la degustazione vi consigliamo di iniziare con un assaggio di drink per preparare la bocca al finger.

Come vi siete reinventati in questo periodo e quali sono i vostri prossimi progetti?

Alessandro e Giovanna – BE Barman Eventi: il lockdown ha imposto a noi tutti dei rallentamenti, se non addirittura uno stop, che però ha permesso di risintonizzarci con quel concetto slow di cui parlavamo in apertura, con il concedersi del tempo per apprezzare fino in fondo il sapore del momento, il poter fare un’esperienza multisensoriale e, in definitiva, il vivere meglio. Abbiamo così colto l’opportunità data dal periodo per coniugare tutto ciò con la ritrovata esigenza di rimanere un po’ più a casa, scegliendo di trascorrere il proprio tempo con le persone a noi più vicine, e in primo luogo con noi stessi. Naturalmente portando a casa un’esperienza! Sono nate così le nostre Drink Experience Box, collegate ai corsi digitali one-to-one con Alessandro e contenenti tutto il necessario, dalle attrezzature alle materie prime, per cimentarsi (o regalare) un’esperienza immersiva nel mondo della Mixology, a propria scelta. 

A breve vedrà inoltre la luce, un progetto in gestazione da più di un anno, cui teniamo molto: “Eleven”, la gamma di cocktail ready-to-serve da noi ideata sia nelle ricette uniche che nel packaging completamente sostenibile, unitamente al nostro Gin, Vermouth e Bitter.

Mimosa – Mimosa Milano: Devo dire che questi mesi sebbene difficili per tanti motivi, sono stati per altrettanti, un rinnovarsi. In questa chiusura ho potuto riflettere davvero su quelle che sono le tematiche importanti, la natura, i rapporti tra le persone, il tempo a disposizione e ho voluto tradurre questi pensieri nella mia attività. È nato da marzo un bellissimo progetto di beneficenza che si chiama SOSTENIAMOCI, per cui ho voluto sostenere sia i piccoli produttori che lavoravano abitualmente con me proponendo i loro prodotti sotto forma di ricette della tradizione italiana in bag acquistabili dal mio sito, sia le persone a casa regalando loro un momento speciale e di condivisione, il tutto in un’ottica più grande, perché l’intero ricavato del progetto, sotto forma di generi alimentari freschi, è devoluto settimanalmente alla onlus CAF che si prende cura di minori allontanati da famiglie difficili.

Di certo non possiamo ancora pensare agli eventi con l’idea che avevamo prima, ma ho pensato a tanti nuovi modi per poter far vivere l’esperienza Mimosa Milano, come con le box aperitivo che sto sviluppando con BE Barman Eventi, prossimamente acquistabili online, o con gli eventi digitalbrand experience per cui oltre al food & beverage offro un servizio di event planning o ancora con le lezioni di cucina online. Sto sviluppando un servizio di chef a domicilio, avvalendomi anche del mio team di collaboratori specializzati, considerando che la propria casa sarà ancora per un po’ il luogo dove ci sentiremo più a nostro agio.

Entrambi siamo d’accordo nel dire che questo periodo ci ha portato a riflettere sulla bellezza dell’essere slow, sull’importanza di concedersi del tempo per apprezzare quello che ci circonda, ha rafforzato le nostre idee sull’agire nella semplicità, puntando all’essenza del prodotto, ha infine avvalorato l’idea della condivisione, e della ricchezza che ne deriva.

La colazione perfetta

Dopo un lungo periodo di lockdown, abbiamo ripreso tutti a lavorare e ora più che mai abbiamo bisogno di concentrazione ed una buona dose di energia per affrontare al meglio le nostre giornate. La base di tutto? Una sana ed equilibrata alimentazione, partendo dalla colazione. Quante volte avete sentito dire “La colazione é il pasto più importante della giornata?”. Ecco qualche spunto per iniziare al meglio una giornata lavorativa da Nicole Carosini (@nicolecarosini), imprenditrice digitale e mamma a tempo pieno.

Partiamo con il dire che la prima colazione deve contenere i nutrienti principali: proteine, vitamine, fibre e carboidrati. Se state già pensando alla classica colazione italiana composta da caffè o cappuccino con brioches, siamo sulla cattiva strada! Dopo il digiuno notturno, é meglio evitare di aggredire improvvisamente il pancreas con una carica di zuccheri. Una colazione sana ci farà guadagnare molta più energia e concentrazione. La prima cosa da fare è quella di selezionare esclusivamente alimenti freschi e di qualità, accantonando il cibo spazzatura o insaccati pieni di conservanti. 

La mia colazione preferita in assoluto è composta proprio da questi alimenti, che uso per creare le mie energy bowl mattutine.  Utilizzo sempre come base lo yogurt greco o skyr e lo unisco agli altri alimenti. Oggi ad esempio prendiamo la papaya, con cacao amaro, avena e semi di lino. Ecco nello specifico gli alimenti utilizzati:

Yogurt greco e skyr

Entrambi ricchissimi di proteine, ma con una differenza sostanziale. Lo skyr è un formaggio cremoso di origini islandesi, più denso rispetto allo yogurt e leggermente più acidulo. La quota proteica é di circa 11 gr di proteine per 100gr di prodotto. Lo yogurt greco invece nasce in Grecia ed è uno yogurt più cremoso rispetto ai classici yogurt, prodotto con latte di pecora o capra. Anche in questo caso il contenuto proteico è alto 11 gr di proteine per 100gr di prodotto, ma è più grasso rispetto allo skyr.

Infine, lo yogurt greco contiene fermenti lattici vivi, che sono un probiotico di grande aiuto per la nostra flora batterica intestinale. Lo skyr essendo un formaggio non può vantare la stessa qualità.

Papaya 

Frutto dolce e leggermente aromatico dalla polpa morbida e pastosa. Perfetto per gli snack dolci, ma anche un ottimo ingrediente per le insalate e ricco di vitamina C. La papaya è uno dei frutti esotici che mettono al riparo l’organismo dagli stress della stagione fredda.. quindi è un ottimo integratore naturale contro i mali stagionali.

Cacao amaro 

Ingrediente consigliato a chi pratica attività fisica essendo ricco sali minerali. Oltre ad essere un componente energico, ci limita anche il colesterolo.

Avena

Cereale ricco di fibre utile per regolare i livelli di colesterolo nel sangue. Da alcune ricerche sembrerebbe che sia un ottimo riequilibrante del sistema nervoso dando ottimi risultati in caso di depressione e nervosismo. 

Semi di lino 

Semi ad alto contenuto di fosforo, magnesio e proteine. Conosciuti per le loro proprietà emollienti e protettive, sono utili per combattere le infiammazioni interne (ad esempio in caso di cistite) o esterne a livello epidermico.


Mixando tutti gli ingredienti possiamo ottenere una TROPICAL ENERGY BOWL come raffigurato nell’immagine.

Da ultimo, una serie di utili consigli validi per tutti i giorni per evitare il gonfiore addominale da applicare durante la giornata: mangiare lentamente, bere tisana al mattino e sera, evitare di masticare gomme, consumare probiotici, fare piu pasti ma di piccole quantità, utilizzare lo zenzero.

Testo di Nicole Carosini

Osteria Candalla, il paradiso in Versilia

Per chi ama, conosce e frequenta la Versilia, sa benissimo che la bellezza di questo luogo non è circoscritta solo al lungomare, infatti basta alzare gli occhi e vedere la maestosità delle Alpi Apuane.



Infatti, proprio a Camaiore nella località Lombrici appena sulla collina sorgono le cascate naturali di Candalla che danno nome alla oramai rinomata Osteria.

Ai piedi del monte Prana appoggiata magicamente sul letto del fiume troviamo un ex mulino che trasformato dal genio e follia dei proprietari Alessandro, Daniela, Giulio e Massimo nel giro di pochissimo tempo è diventato “The place to be” per tutto il jet-set Versiliese.



La prima volta che si arriva si ha l’impressione di aver preso la strada sbagliata, in quanto la strada sale fino ad arrivare a destinazione.

L’effetto scenico della natura è davvero unico. La serata parte con l’aperitivo al “Bananas Bar” dove soprattutto quest’anno è diventata obbligatoria la prenotazione anche per questo rito di degustazione di vini e di cocktails, nel pieno rispetto delle misure di sicurezza.



Anche se diciamocelo, la vastità di spazio all’aperto che ha a disposizione questo ristorante è davvero invidiabile.

La maggior parte dei tavoli esterni sono disposti con un sistema a terrazze tanto amato dai vip, proprio per il senso di estrema privacy offerto ai clienti come Michelle Hunziker, Jodie Foster, Giorgio Panariello, Giobbe Covatta, Alessandro Sallusti e Patrizia D’Asburgo Lorena per citarne alcuni tra i più affezionati.



La carta vincente del menù è sicuramente un abbinamento di piatti tipici della Lucchesia come i famosi “tordelli” fatti a mano ed un’attenzione ricercata anche per clienti vegetariani, insomma praticamente impossibile non uscirne felici e con la voglia di ritornarci.

Il Mediterraneo al MAXXI inizia l’estate

Lunedì 1° giugno vi è stata l’inaugurazione del ristorante Mediterraneo all’interno del cortile del MAXXI a Roma, il bellissimo museo di arte contemporanea disegnato da Zaha Hadid, archistar di fama internazionale.



La cornice più unica che rara è davvero incantevole quello che ha voluto presentare l’imprenditore romano Alessandro Cantagallo è un contesto raffinato, elegante e visti gli ampi spazi che possa dare la completa sicurezza richiesta da questo momento storico.



La scelta dell’allestimento con “Homy”, ovvero degli igloo sparsi per il giardino costituiti da canne di bamboo e luci luminose i quali creano un’atmosfera accogliente e raccolta, come ricorda il proprietario è assolutamente necessaria la prenotazione, visto il numero ridotto degli ospiti rispetto ad anni passati, diventa fondamentale la telefonata per assicurarsi il proprio posto.



Questo è stato il primo vero evento post quarantena, un’immagine nuova con le persone distanziate e con mascherina obbligatoria, a tal punto da stentare a riconoscere i tanti ospiti vip intervenuti come: Bebe Vio, Isabella Rauti, Manfredi Alemanno (direttore artistico di Mediterraneo), Tess Masazza, Fasma, Antonio Aiello, Leonardo Bocci, Matteo Martinez, Beatrice Grannò.



Il progetto MEDÏTERRANEO estivo è in collaborazione con Spirito, Helbiz (con le sue soluzione di micro-mobilità green come i monopattini) e Verde Pistacchio. 

Disponibile il servizio di consegna a domicilio sulle piattaforme online Deliveroo, Just Eat, Glovo e Uber Eats. 

Sarà inoltre possibile ordinare da asporto tutti i prodotti del ristorante. La location resterà aperta tutti i giorni a pranzo (escluso il lunedì), all’ora dell’aperitivo, a cena e per il dopocena.


Delivery d’autore, a Milano il Food & Beverage si reinventa

Anche se la fase due ha dato un sospiro di sollievo, ancora non possiamo godere a pieno della socialità a cui siamo abituati, e si sa, Milano vive di aperitivi e cene fuori. Ci sono delle realtà, diverse tra di loro per stile, gusto e proposta, ma che in comune hanno la voglia di raccontare nuove storie e tracciare nuovi orizzonti. Sono degli storyteller, imprenditori appassionati, ricercatori sopraffini, ma anche delle brillanti brigate.

Raccontano storie fatte di cibo buono e sostenibile, influenze messicane che stanno dettando le nuove tendenze in ambito F&B, di street food e cocktail d’autore.

Un occhio di riguardo al take away e al delivery, rigorosamente creativo e sostenibile, capace di portare nelle nostre case una ventata di energia positiva. Di seguito i posti più cool che abbiamo intervistato e vogliamo raccontarvi:

Soulgreen 
Piazzale Principessa Clotilde – Milano
@soulgreenitalia

Stefano Percassi – Founder

Come nasce Soulgreen?

Soulgreen nasce da un’idea, o forse meglio dire da un sogno, di Stefano Percassi. L’intento era ed è quello di soddisfare precise esigenze in un mondo in continua trasformazione. Lo stile di vita odierno è faticoso e stressante, vogliamo offrire un servizio teso a rispondere a un modo di nutrirsi sano. La nostra cucina può aiutare non solo noi stessi ma anche la natura. Crediamo che ogni singola decisione possa avere un impatto positivo sul nostro pianeta. Per questa ragione scegliamo fornitori e produttori che condividono i nostri valori. Uno dei più importanti per noi è la sostenibilità. Il nostro approccio è Plastic-Free, scegliamo di utilizzare packaging compostabili e biodegradabili. Scegliamo di offrire acqua gratuitamente, perché l’acqua è un bene di tutti.  Vogliamo restituire concretamente un po’ della nostra fortuna, “Proud To Give Back” è il nostro programma di charity, che garantisce acqua e cibo ai bambini in difficoltà nel mondo.

Cosa si ordina da voi?

La nostra cucina è plant-based, quindi principalmente composta da prodotti di origine vegetali, e i nostri piatti sono studiati per essere bilanciati a livello nutrizionale. Quasi tutto il menu è gluten free. Abbiamo un menù volutamente variegato con influenze provenienti da tutto il mondo, i nostri piatti spaziano dalle bowl, ai ramen, passando ai burger e wrap, ai bites e appetizers e infine i dessert. Ovviamente non possono mancare le eccellenze del nostro paese – come i nostri noodles o gli spaghetti con sugo alla norma.

Tutto è rivisitato in chiave Soulgreen.

Avete riaperto dopo un periodo di blocco, com’è stato tornare a lavoro?

Siamo rimasti chiusi per pochi giorni dopo che è stato dichiarato il lockdown in Italia. Non riuscivamo a stare con le mani in mano! Ci siamo presi qualche giorno per capire come far lavorare i nostri dipendenti in sicurezza, ma non solo, abbiamo “riammesso” a lavoro solo coloro che non dovevano utilizzare i mezzi di trasporto pubblici per non metterli ulteriormente a rischio. I ragazzi del nostro staff erano impazienti di avere novità sulla riapertura e avevano voglia di tornare a lavorare. Oltre a Deliveroo con cui lavoriamo da tanto, la novità di questi giorni è la consegna a domicilio che facciamo direttamente noi, ci siamo quindi organizzati per consegnare e garantire il nostro standard di servizio per “tutta la filiera” anche per il take away. 

Delivery, avete studiato un concept ad hoc? 

Fortunatamente il nostro format e il nostro menu hanno sempre avuto un’ottima resa anche per il Take Away. Come offerta in menu abbiamo semplicemente ridotto la scelta, che solitamente è composta da più di 100 piatti, per ridurre al minimo gli sprechi alimentari – cosa a cui teniamo molto. Abbiamo dato più spazio ai nostri best seller e agli ingredienti stagionali. In parallelo stiamo lavorando a diversi progetti, come dei kit per preparare le nostre ricette a casa, dei box con tutto il necessario per un aperitivo con cocktail o vini biodinamici, cesti di frutta e verdura di primissima scelta, la stessa che utilizziamo nel nostro ristorante

Qual è il vostro best seller?

Le nostre BOWL, Italian Bowl, Lebanese Bowl, Thai Bowl e Asian Bowl.

Chihuahua Tacos
Piazza Ventiquattro Maggio – Milano 
@chihuahuatacos_

Alessandro Longhin – Founder

Come nasce Chihuahua Tacos?

Sono Trevigiano di origine e terzo figlio di una famiglia di globe trotter, dopo qualche anno vissuto tra Messico e Africa Orientale mi sono traferito a Milano per laurearmi in Comunicazione e pubblicità. Sono stato co-founder di The Botanical Club e di Champagne Socialist. A Marzo del 2019 ho deciso di uscire – in parte – dal gruppo da me co-fondato per dedicarmi all’apertura di “Chihuahua Tacos”, un tacos/mexican bar focalizzato sul far divertire e intrattenere i propri clienti con una proposta autentica di street food messicano e di cocktail a base di mezcal e tequila. 

Il nostro motto è “ridiamo un sacco ma non scherziamo per niente”.

Cosa si ordina da voi?

Da Chihuahua Tacos i protagonisti sono senza dubbio loro, i tacos, fatti rigorosamente con tortillas artigianali di mais italiano – come vuole la tradizione  e proposti in tante irresistibili varianti tutte gluten free e con salse e topping artigianali: dalla carnita mexicana al pastor come ad Oaxaca, dalla variante più californiana con il pescado a quella leggera e fresca vegetariana. Tostadas, quesadillas ed elotes completano il menu assieme ad una selezione di cocktail in puro stile messicano a base tequila e mezcal, come il Paloma o il Margarita, e vini naturali freschi e divertenti: tutto il necessario per farsi trascinare dal ritmo tropicale e sfuggire alla frenesia della città.

Avete riaperto dopo un periodo di blocco, com’è stato tornare a lavoro?

Siamo ripartiti con più energie di prima e con nuovi progetti nella nostra route map. Innanzitutto il delivery ci sta dando grandi soddisfazioni e stiamo ricevendo moltissimi feedback positivi. Abbiamo studiato il nostro packagin perché fosse il più funzionale possibile per mantenere i nostri tacos caldi e belli – e stilisticamente riprendessero lo stile mexican cool di Chihuahua Tacos. Ovviamente tutti i nostri packaging sono plastic free ed ecologici. Abbiamo inserito nuove proposte come la Fiesta Mexicana per riportare a casa l’esperienza di una festa messicana con tortillas, toppings, salse e condimenti tutti preparati da noi. Diamo così la possibilità ai nostri clienti di organizzare cene e aperitivi a casa con gli amici divertendosi a costruire con pochi semplici passi i propri tacos a piacimento.

Stiamo studiando nuovi piatti e nuove proposte ideate ad hoc per il delivery e per il take away, ad esempio pensiamo ad un set mexican per i pic nic con tacos, le nostre cervezas artigianali Chihuahua, la shopping bag in canvas e tutto il necessario per un mexican pic nic all’aria aperta.

Quale è il vostro best seller?

Sicuramente i tacos, il più amato da grandi e bambini è il Suadero Brisket morbidissimo e succoso di manzo cotto a lungo e a bassa temperatura con gli aromi messicani e poi servito in tortillas con una salsa nera affumicata e un crumble di patate fritte. 

Attenzione, provoca dipendenza!

Il Nemico 
Via Piacenza, 20 – Milano 
@il_nemico_milano

Andrea MarroniMaddalena MontiRobi Tardelli – Co-founders

Come nasce il Nemico?

C’era un bar di fronte al Dabass, il nostro primo locale, che puntavamo da qualche tempo, appena si è liberato ne abbiamo approfittato e ci siamo fiondati in questa nuova avventura. L’idea era di avere più spazio dedicato a chi volesse fare un aperitivo e stuzzicare qualcosa senza bisogno di prenotazione, al Dabass quando cala il sole, iniziano le cene e gli aperitivi cedono il posto a chi ha prenotato per magiare. Volevamo creare uno spazio ancora più informale, che rispecchiasse il nostro animo rilassato ma sempre vigile, con qualche serata di spettacolo dal vivo e cibo semplice che facesse d’accompagnamento ai nostri cocktail.

Cosa si ordina da voi?

Da noi puoi ordinare da bere: drink, vino e birra.

Dalle vetrine, come in un vero bacaro veneziano, puoi scovare e ordinare tramezzini e paninetti, mentre dalla cucina serviamo piccoli piatti caldi: come il baccalà mantecato, il vitello tonnato e le braciole alla messinese.

Avete riaperto dopo un periodo di blocco, com’è stato tornare a lavoro?

Durissima! Abbiamo riaperto con il delivery che possiamo dire: è un altro mestiere e stiamo imparando a farlo ora. Il nostro forte è sempre stato il rapporto diretto con il cliente, l’atmosfera che si riesce a creare. Ci siamo sempre divertiti ad accontentare le richieste del cliente, a riconoscere e a soddisfare i suoi desideri sul momento. Vogliamo ripartire, riaprire le nostre porte, incontrare i nostri clienti e amici e farli accomodare nei nostri salottini anni 70.

Delivery, avete studiato un concept ad hoc? 

Non siamo tipi da concept, né da format. Quindi proponiamo quello che sappiamo fare, facendo sentire la nostra vicinanza al cliente, mettendo nel sacchetto un pensiero in più, un messaggio – qualcosa che possa accompagnare i nostri piatti e i nostri drink, regalando un momento di piacere a chi ci manca e a cui manchiamo noi. Vogliamo, per quanto possibile, continuare a curare i rapporti con i nostri clienti, anche semplicemente rispondendogli al telefono per salutarli ed esaudire le loro richieste. Proprio per questo, al momento non usiamo piattaforme dedicate al delivery, ma comunichiamo con i nostri canali diretti.

Quale è il vostro best seller?

Il Tardelli: un sour con estratto di zenzero fresco – questo è il drink che in questi anni abbiamo venduto di più, sia al Dabass che al Nemico. Tra i panini? quello con il pastrami home-made è davvero buonissimo.

Il piatto caldo? Direi le braciole alla messinese…a prova di siciliano.

Agua Sancta
Corso Garibaldi, 110 – Milano 
@aguasancta

Fabio Morelli – Co-Founder

Come nasce Agua Sancta?

Agua Sancta nasce dall’amicizia tra Fabio Morelli e il cuoco messicano Juan Alessi.

Grazie all’aiuto dei due fratelli imprenditori HU proprietari del locale Chinesebox e all’inserimento nella squadra del bartender Christian Gazzoni, abbiamo voluto creare un luogo che punta sulla proposta drink& food latina.

Cosa si ordina da voi?

Noi siamo un cocktail bar con una selezione di taco e platillos messicani dall’influenza mediterranea. 
Il nostro locale è situato in Corso Garibaldi, crocevia di turisti e di abituè della movida milanese, che da noi possono rilassarsi bevendo un buon cocktail e gustare ricette autentiche messicane, proposte in sinergie a ingredienti nostrani che vanno a rendere internazionale un’esperienza locale.

Avete riaperto dopo un periodo di blocco, com’è stato tornare a lavoro?

La pausa imposta si è fatta sentire e anche se fisicamente siamo stati fermi per un mese, mentalmente ci siamo messi subito all’opera. Abbiamo sviluppato un app per il delivery, studiato e messo in atto una campagna di comunicazione e marketing puntando sui passaparola dei social, che ha fatto incrementare la nostra popolarità, in un momento in cui tutto il nostro settore, specialmente quello dei cocktail bar si stava fermando.
Abbiamo pianificato e realizzato un nuovo layout per il dehor esterno in modo da massimizzare i coperti per quando potremo riaprire. Stiamo rivedendo i turni dei dipendenti, in modo da garantire la loro sicurezza per lavorare insieme, allegramente, come piace a noi.

Appena potremo aprire, saremo operativi dalle 8:00 del mattino alle 5 del mattino dopo, dalla colazione fino all’alba.

Delivery, avete studiato un concept ad hoc? 

Per il delivery abbiamo da subito puntato sul concetto di aperitivo messicano e ora che è già passato più di un mese dall’inizio, proporremo una formula accattivante che comprende una porzione di guacamole e nachos accompagnati da 4 margarita al prezzo davvero conveniente. Inoltre con la pianificazione di un delivery notturno, stiamo preparando delle soluzioni che copriranno tutte le fasce orarie, anche quelle più impegnative.

 Quale è il vostro best seller?

Abbiamo ideato Aqua Sancta: un signature drink servito in un bicchiere a forma di teschio che prende il nome del locale, consiste in un margarita a base di tequila infusa agli agrumi, lime, triple sec e sciroppo d’agave, da accompagnare ai nostri tacos, in particolare il più venduto è il taco di tinga de pollo, che dopo l’assenza nel menu di quest’inverno ritornerà in quello estivo. 

Food for thought & fun. Il nuovo progetto social di Michele Chiocciolini

Il nuovo progetto social @micolovescooking di Michele Chiocciolini.

Un creativo poliedrico che ha saputo caratterizzare il suo brand grazie all’amore per l’architettura, il colore e la qualità tutta artigianale, ma sempre nel segno della contemporaneità.

Sono le creazioni di Michele Chiocciolini, che insieme alla sorella Francesca ha lanciato nel 2012 un brand di borse e di recente anche il primo flagship store nel cuore di Milano in via Stoppani 12.

La formazione di Michele parte dalla laurea in architettura cui si aggiungono la passione per la pittura e grafica con una visione della moda ispirata dalla cultura Pop & Graffiti e alle atmosfere anni Ottanta della New York di Keith Haring, Basquiat e Madonna. Una visione che ha saputo trasferire nelle sue collezioni e nei disegni che rappresentano sempre con ironia il suo immaginario.

Tra le altre passioni è da sempre la cucina, che ci racconta lo stesso designer: “Ho sempre amato cucinare, l’ho sempre fatto per gli amici; ho rubato l’arte con gli occhi dalla mia mamma e dalle nonne e ciò che mi ha sempre divertito di più era la creazione di piatti con quello che trovavo in frigorifero”.

Da questo amore per la convivialità e dal periodo di forzata quarantena Michele inizia a intrattenere i suoi amici cucinando in diretta dal suo account Instagram personale. Decide, quindi, di declinare questa sua filosofia anche nel food e nasce il progetto instagram @micolovescooking che diventa una nuova espressione di creatività che inizierà a condividere con tanti ospiti selezionati in diversi ambiti professionali.

E precisa Michele in merito alla nascita di questo progetto: “Questo momento storico ha reso ancora più forte il concetto di uguaglianza tra le persone, qualunque rilievo e ruolo ricoprano nella nostra società, tutti siamo vulnerabili allo stesso modo. Sulla base di questo principio, che mi è sempre appartenuto, ho scelto di chiacchierare con tante persone, ognuna con delle specialità che appartengono ad ambiti professionali diametralmente diversi”.

Anche noi di MANINTOWN abbiamo chiacchierato con Michele, che non solo ci ha raccontato di questa nuova passione, ma anche dedicato uno speciale burger di Quinoa. Godetevi quindi la lettura e provate la ricetta di MicoLovesCooking. 

Come vive un creativo il lockdown? Raccontaci la tua giornata in questi mesi

La mia quarantena è all’insegna della riscoperta. Da poco sono a Milano in pianta stabile e non ho ancora effettuato un trasloco definitivo delle mie cose dalla casa di Firenze. Certo è che ho portato con me i miei piccoli tesori, le scatole con foto, biglietti, appunti e disegni di questi ultimi anni.

Tanti progetti e idee realizzate e adesso stipate in scatole di latta. Ripercorrere a ritroso questi anni di intenso lavoro  è stato un passatempo divertente. Dopo aver dedicato tempo alla lettura e ai film che mi ero perso, ho curato le piante del ballatoio e cominciato un po’ ad allenarmi. Ma la cosa che più mi ha coinvolto in questo periodo è stato il mio amore per la cucina creativa.

Come è nato il progetto che unisce food e social?

Cucinavo dal mio instagram personale e molti apprezzando mi chiedevano ricette e consigli! Ho deciso così di aprire un nuovo profilo @micolovescooking dove incontrare e intervistare in modo molto democratico persone che destavano in me curiosità e interesse e che sono diventate amiche anche dopo l’intervista.

Inoltre la diretta Instagram fatta nei due appuntamenti quotidiani 12:30 e 19.00 non solo regalava loro un piatto, ma inspirava in me un disegno. Una ricetta disegnata in chiave pop secondo il mio gusto grafico da regalare all’ospite stesso.

Come scegli i personaggi e le ricette?

Il taglio che segna la scelta degli ospiti di “cucinando e conversando” è molto trasversale e democratico. Sono persone che provengono da ambienti lavorativi diversi, spesso da spettacolo, moda, cinema, food, ma non è detto.

Una nota che deve contraddistinguerli è la creatività e il mio spiccato interesse. Dopo una diretta Instagram dove  gli ospiti  parlano e io cucino, dedicherò loro una ricetta e un disegno speciale.

Quali le ricette cui sono legati particolari ricordi?

La ricetta  del mio cuore è il tortello di Castagno d’Andrea fatto da mia nonna Jole con le patate di mio nonno Stefano. Indubbiamente la cosa più buona del mondo!

La ricetta che hai pensato per i lettori di MANINTOWN?

Vi dedico un panino molto speciale! Con un burger di Quinoa, green salad, french fries & tomato ketchup, sweet and sour cucumbers, mustard e cheese. E come caratteristica fondamentale del mio Mico’s burger per MANINTOWN un panino al sesamo a forma di cuore … come il cuore Chiocciolini.

Come evolverà il tuo brand post Covid -19? 

Io e mia sorella Francesca, socia del mio brand, avevamo già prima della pandemia iniziato a riflettere su un concetto di moda più sostenibile. Lo avevamo fatto in modo spontaneo e naturale. Parlo di un’etica nella  produzione.

Abbiamo cercato di fare collezioni mirate, destinate a rimanere nel tempo come continuative, allontanandoci dall’idea di moda veloce e temporanea che si possa bruciare sui social nel giro di pochi post per poi fare cose nuove. Post Covid continueremo a disegnare e creare meno cose, purché ben fatte e rigorosamente Made in Italy.  

Accanto a ciò espanderemo il nostro progetto ad un mondo più completo fatto di altre sfaccettature della mia vena creativa, come la grafica e anche la cucina! Stay tuned…

Essere vegetariano: 5 motivi per fare il grande passo

L’alimentazione vegetariana prevede il consumo di tutti i cibi di origine vegetale e di alcuni derivati da animali come le uova, il latte e i formaggi. E’ vietato mangiare carne e pesce, in poche parole è vietato alimentarsi con animali.

Se stai pensando di diventare vegetariano ma non hai ancora avuto l’input giusto per fra il grande passo, ti forniamo 5 motivi che potrebbe spingerti ad affrontare questo nuovo percorso alimentare e ad intraprendere un nuovo stile di vita.

5 motivi per essere vegetariano

Questi a seguire sono 5 motivi per essere vegetariani, ve ne sono moltissimi altri ed è una scelta da fare con consapevolezza.

Cruelty-free

Il primo motivo per essere vegetariani è quello collegato all’essere cruelty-free. Non consumare carne vuol dire non acquistarla e in questo modo si smette di finanziare gli allevamenti intensivi, dove gli animali crescono in modo crudele e in condizioni disumane. Gli spazi in cui sono costretti a vivere sono molto piccoli rispetto alle loro dimensioni, non vivono quasi mai allo stato libero. Insomma le loro condizioni di vita sono davvero orribili.

Limitazione del consumo di sostanze tossiche

Non consumare carne ed essere vegetariani permette di limitare l’assunzione di sostanze dannose per l’organismo. Gli animali in allevamento sono sottoposti a continua somministrazione di antibiotici e altre sostanze come ormoni e anabolizzanti in dosi massicce. Queste sostanze possono a lungo andare creare diversi scompensi nell’organismo umano come ad esempio lo sviluppo precoce nei bambini, in particolare nelle bambine, in cui si verifica la comparsa del ciclo mestruale precoce.

Per quanto riguarda invece il consumo di pesce, la sua esclusione dall’alimentazione riduce il rischio di intossicazione da mercurio che accumulandosi nell’organismo umano è la causa di diverse malattie gravi. I pesci sono purtroppo ricchi di mercurio a causa dell’inquinamento dei mari causato dall’uomo stesso.

Digestione più leggera

Consumare cibi vegetali permette una digestione più facile e spesso più veloce, questo fa sentire più leggeri e meno gonfi, riducendo i problemi digestivi e in alcuni casi anche le gastriti.

Riduzione dell’insorgenza di malattie

Diversi studi scientifici hanno dimostrato come un’alimentazione vegetariana riduca l’insorgenza di malattie gravi. Alimentazione vegetariana e attività fisica ponderata sono due fattori che viaggiano di pari passi per un corpo più sano e più a lungo.

Maggior lucidità mentale

Consumando cibi più facili da digerire e con una presenza ridotta di sostanze tossiche si abbassa il livello di acidità del nostro organismo. Questo permette di avere più energia e una mente più libera. Il risultato è maggiore lucidità mentale.

Vi lasciamo con questa famosa frase del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach

“Siamo quello che mangiamo”

Le aziende food che fanno del bene

In un clima di incertezza, disorientamento e imprevedibilità normativa e prospettica, le aziende food si stanno dando da fare per aiutare gli eroi del Covid-19: i medici, gli ospedali, i pazienti colpiti e i parenti, che in questo momento vivono una situazione ben più difficile del #iorestoacasa.

  • Il Gruppo Illva Saronno, multinazionale italiana conosciuta per il liquore Disaronno, ha deciso di riconvertire parte della sua produzione per realizzare gel disinfettante per mani. 100.000 bottigliette formato mignon 50 ml del brand Disaronno sono state trasformate in confezioni tascabili di gel igienizzante e donate alla Fondazione Banco Farmaceutico. Sono la Caritas di Roma, di Milano, di Firenze e di Palermo, Opera San Francesco per i poveri (Milano), Fondazione Progetto Arca (Milano), Fratelli San Francesco (Milano), Centro Astalli di Roma e di Palermo, Banco Farmaceutico Cosenza le associazioni che stanno beneficiando del prodotto. 
  • La gastronomia più celebre di Milano, Peck, ha donato tutto il ricavato della vendita delle sue colombe artigianali dell’ultima settimana al Policlinico di Milano. Due le varianti: la “Classica” e “Ai 3 cioccolati”, rispettivamente a 30 e 34 euro. L’importo raccolto contribuirà a potenziare le nuove aree di Terapia Intensiva dell’Ospedale, permettendo alla struttura di curare sempre più pazienti affetti da Covid-19. 
  • Prepara un cocktail a casa tua e fai del bene. Tu pensa al ghiaccio e alla tonica ed ENGINE spedirà a casa tua il Kit ENGINE Oil inclusive, la speciale confezione per il tuo cocktial da preparare a casa, che include il gin biologico prodotto nelle Langhe nella sua irriverente tanica di olio motore, un secchiello da gran premio e i bicchieri di latta più rumorosi del mercato.Tutti i profitti di questa vendita saranno destinati alla raccolta fondi del Cesvi per l’Ospedale di Bergamo. 
  • Offrire una cena a chi ne ha più bisogno con pochi clic: grazie a TheFork e Banco Alimentare arriva l’unico ristorante prenotabile e “aperto” in tutta Italia che lo rende possibile.Per tutto il periodo dell’emergenza da COVID-19 sarà attiva sulla sua app la possibilità per gli utenti di offrire un pasto a un’altra persona o famiglia effettuando una donazione libera al Banco Alimentare. Attraverso un vero e proprio “ristorante virtuale” creato da TheFork sulla sua applicazione, gli utenti potranno “prenotare” un pasto e offrirlo ai più bisognosi, con la possibilità di lasciare un messaggio solidale sotto forma di recensione. L’iniziativa che prende il nome di “Cena Sospesa” si ispira all’usanza campana del “caffè sospeso” e della più recente “spesa sospesa” che si sta diffondendo per fronteggiare le difficoltà economiche generate dal lock-down.
  • Il Gruppo Barilla ha effettuato una donazione di oltre 2 milioni di euro per l’Ospedale Maggiore di Parma con il fine di migliorare le attrezzature e le funzionalità della terapia intensiva, alla Protezione Civile e alla Croce Rossa per acquistare dispositivi medici e logistici per fronteggiare l’emergenza, e serviranno per munire di ventilatori polmonari le strutture mediche regionali dell’Emilia Romagna. «L’Italia che resiste siamo tutti noi: sono le persone che operano anche nella filiera alimentare, sono tutti i lavoratori che con senso di responsabilità ci permettono di continuare a portare i nostri prodotti nelle case degli italiani. E sono, soprattutto, i medici, gli infermieri e tutti gli operatori a cui siamo immensamente grati per il lavoro straordinario che stanno facendo per fronteggiare l’emergenza», ha dichiarato Luca Barilla, Vicepresidente del Gruppo Barilla. 
  • Zuegg, storica azienda veronese del settore delle bevande, ha donato 250 mila euro a favore delle strutture sanitarie dell’Azienda ULSS 9 Scaligera e distribuirà 150.000 succhi di frutta, in segno di solidarietà e sostegno agli operatori della Protezione Civile. 
  • Coca-Cola ha fatto una donazione di 1,3 milioni di euro alla Croce Rossa Italiana e inoltre sta offrendo i propri prodotti a 10.000 operatori sanitari in prima linea per l’emergenza. Infine, a nome dei dipendenti dello stabilimento siciliano di Sibeg saranno donati 80mila euro all’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico-Vittorio Emanuele di Catania per acquistare apparecchiature e dispositivi medico-diagnostici per i reparti di Terapia Intensiva e Rianimazione. 
  • Insieme per cucinare il giorno di Pasqua all’Ospedale Sacco di Milano: sono il gruppo di ristoranti Miscusi e lo chef due stelle Michelin Pino Cuttaia, un pranzo speciale per circa 100 tra medici e infermieri che lottano in prima linea. “Rendere le persone felici, diffondendo lo stile di vita mediterraneo è la nostra missione di vita, fatta di piccoli gesti quotidiani. Nel buio iniziale del Covid (abbiamo 300 persone a casa), cercavamo una luce e così abbiamo iniziato a portare pasti agli ospedali per sostenerli ed evitare di sprecare quello che avevamo in magazzino. Giorno dopo giorno l’emozione dei medici ci ha dato ancora più forza e da allora non ci siamo mai fermati, tanti amici ci hanno scritto per offrirci il loro aiuto così abbiamo abbracciato la solidarietà di chi condivide i nostri valori. Pino Cuttaia, tra i primi. Un amico che, come solo lui sa fare, con un semplice sugo ha raccontato un’emozione che ti rende felice” ha spiegato Alberto Cartasegna, fondatore e CEO di Miscusi. 

La mini guida su Roma


Roma è la città delle quattro stagioni, piace sempre, e anche se mormora di voci, i riflessi delle ombre sulla maestosa Fontana dei Quattro Fiumi di Piazza Navona regala un religioso silenzio interiore, dove poterci vedere tutti gli occhi che l’hanno attraversata nel corso della storia romana. 


Roma è un uomo semplice dall’abito distinto ed elegante, i musei ed i palazzi che l’attraversano parlano da sé, a volte nostalgici, a volte acciaccati dal tempo, ma conservando sempre una qualche virile dignità. 
Per poter guardare dentro Roma si ha bisogno di mille occhi e molto cuore; la linea retta che collega il proprio sguardo allo spazio deve salire su fino al cielo, dove solenni colonne si ergono a formare quelle che un tempo furono dimore di imperatori romani. Più ci si apre, più Roma regala bellezza, ma anche per chi ha poco tempo, così da prenderla a pizzichi e bocconi, Roma regala delle piccole chicche dove fare tappa per una due giorni full immersion. 




Museo MAXXI – Museo Nazionale delle arti del XXI secolo

Della materia spirituale dell’arte” è la collettiva presente al MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XXI secolo, cui partecipano diciannove artisti di fama internazionale chiamati a raccontare il tema dello spirituale attraverso il loro sguardo contemporaneo. Yoko Ono, tra questi, risponde con un progetto in cui spiritualità è condivisione e ci chiede di creare con lei l’opera, una ricerca comune, con risposte e cammini diversi.

La ricerca della spiritualità è una riflessione a lungo percorsa nella storia dell’arte, che ha quasi sempre visto il tentativo di rappresentare il non rappresentabile attraverso l’astrazione dell’arte; Yoko Ono invece mette in gioco l’elemento materiale, chiede di trasformare un pensiero, un sogno, una parola, in qualcosa di visibile, e allora lo spazio bianco prende forma, si fa vivo, e per farlo abbiamo a disposizione colori e pennelli e tutta la nostra creatività.

La mostra è visitabile fino al 15 marzo 2020



Palazzo Barberini

Palazzo Barberini è sito in via Quattro Fontane e ospita l’importante Galleria Nazionale d’Arte Antica dove sono custoditi, insieme a Palazzo Corsini, i più grandi capolavori dell’arte pittorica. Fino al 1949 il palazzo fu dimora storica della famiglia Barberini per poi essere venduta allo Stato Italiano; la celebre scala elicoidale opera di Borromini collega i piani dell’attuale museo dove al piano nobile si estende il famoso affresco realizzato tra la fine del 1632 e il 1639 da Pietro da Cortona, il “Trionfo della Divina Provvidenza”. 400 metri quadri di soffitto con un vortice di figure , elementi naturali e architettonici che coinvolge lo spettatore in una straordinaria avventura visiva ed emozionale. Il tema fu elaborato dal poeta di corte Francesco Bracciolini da Pistoia sotto il pontificato di Urbano VIII, e tendeva ad esaltare il Papa, la sua famiglia e la Chiesa.

Nelle prime sale ci da’ il benvenuto un “Nudo femminile di schiena” di Pierre Subleyras (1740 cca); non ci è dato sapere il nome del soggetto, né possiamo riconoscerlo o intuirlo, come spesso accadeva dagli abiti, dagli orpelli, dai simboli o dalle iconografie; l’identità è un mistero ma la presenza di questa donna, nella completa nudità del corpo, si fa sentire ed anticipa di un secolo l’imbarazzo che un altro francese, il pittore Eduard Manet, provocherà con più scalpore con il ritratto di Olympia.

Nel salone dedicato al Caravaggio sono conservate tre opere fondamentali del grande artista: Giuditta taglia la testa a Oloferne, Narciso e San Francesco. La prima, 1600 cca, raffigura l’uccisione del generale assiro Oloferne per mano di Giuditta, così come narrata nell’Antico Testamento tra i testi Deuterocanonici (Giuditta, 13,9-10). Per chi non conoscesse la storia, Giuditta è una giovane vedova ebrea che vive a Betulia, città assaltata dalle truppe degli Assiri, guidati da Oloferne. Per salvare il proprio paese Giuditta decide con coraggio di sedurre l’uomo per poi ucciderlo in un momento di debolezza, mentre ubriaco si addormenta, decapitandolo. Nel dipinto Caravaggio descrive perfettamente i tratti che animano l’eroina, stessa enfasi che spinge il pennello a disegnare la paura negli occhi di Oloferne. Sullo sfondo della scena un drappo di un rosso fiammante accentua la teatralità del gesto, amplifica il sensazionalismo di un attacco a sorpresa, oggetto che Caravaggio userà spesso in altre sue opere.

Giuditta e Oloferne, Caravaggio 1600 cca

Identica scena vista dalla mano di Francesco Furini (Giuditta e Oloferne 1630-1635), con l’aggiunta di dettagli ambigui e sensuali, incorniciati sotto una tenda in piena notte, come la gamba nuda di Giuditta e il piede che indica in basso i sandali slacciati, come recita il testo biblico: “i suoi sandali rapirono gli occhi di Oloferne” e con queste armi il conquistatore fu conquistato.

Il secondo piano del palazzo ospita dal 2011 alcune opere del frivolo ‘700 , come “La piccola giardiniera” di Francois Boucher e “Fanciulla che esce dal letto” di Jean Frédéric Schall.



Madeleine, Via Monte Santo, 64

Madeleine è un bistrot in stile belle époque sito nel quartiere Prati di Roma; a pronunciarlo viene subito in mente quel dolce francese assaporato da Proust che lo riportò a memorie involontarie. Ma non solo madeleine, il locale accoglie gli ospiti dalla prima colazione alla cena, si comincia con un pain au chocolat, crostate, Saint Honorè, macarons allo zafferano, cassis e pistacchio, tarte citron meringuée, millefoglie con chantilly e frutti di bosco, e si passa all’arte della mixology con un cinquieme arrondissement fatto di gin, sambuco, lime, simple syrup e vino rosso, per concludere con un rollè di coniglio farcito, funghi, parmigiano e puntarelle. 
Alle pareti non potevano mancare i ritratti del grande scrittore che li ha ispirati, Proust per l’appunto, e una collezione di teiere che farebbero impazzire Csaba dalla Zorza. Al piano inferiore carta da parati in stile chinoiserie, e le collezioni di farfalle, utili come scusa per invitare a cena una gentil dama. 

Madeleine, Roma



PACIFICO Ristorante

A Palazzo Dama, uno degli hotel 5 stelle della capitale, ha aperto il secondo “Pacifico”, ristorante con cucina peruviana-nikkei, dopo il successo del primo spazio milanese. 
Jaime Pesaque, Corporate Chef di PACIFICO, è considerato tra i migliori chef Peruviani al Mondo, ed è l’ideatore del ricco e prelibato menu definito “la massima espressione della cucina Nikkei in Italia”, dominato da ceviche, tiradito rivisitati, tacos e anticuchos, crudi italo-giapponesi e una ampia selezione di Dim Sum accompagnati da salse peruviane.

Dell’oceano, come elemento di unione tra i paesi, ha preso il colore blu intenso dei drappeggi e delle poltrone; i grandi chandelier illuminano le sale con una luce perfetta per una cena tête-à-tête, soffusa e calda, così dev’essere; i tavolini in vetro laccato, i dettagli in ottone, maestose palme e l’affaccio alla piscina circondata da un giardino fruttato, conferiscono al locale un’aria elegante ed esotica.
Fino a tarda sera, per gli animali notturni, il bar di Palazzo Dama diventa Pisco Bar, dove poter gustare l’omonimo cocktail a passi di danza.




Hotel Lord Byron, via Giuseppe De Notaris, 5


Antica dimora patrizia nell’elegante quartiere Parioli, l’Hotel 5 stelle Lord Byron è il luogo più esclusivo e riservato dove poter alloggiare durante il vostro soggiorno nella capitale. 

Vicino alla splendida Villa Borghese e a pochi minuti da Piazza del Popolo, questa storica villa in stile Art Deco’ offre il servizio impeccabile e discreto di una struttura alberghiera e l’accoglienza calda e premurosa di una casa privata. 

Qui un tempo alloggiavano gli illustri personaggi dell’aristocrazia, oggi, in gran segreto, si riuniscono nelle sale del ristorante politici, attori e il jet set del cinema italiano e internazionale. 


Suite, lounge, spazi comuni, sono legati da un comune denominatore: la donna. Deliziosi ritratti femminili accompagnano le sale del Lord Byron in una marcia che è un inno alla donna. Sono donne in abiti dalla fattezza elegante e ricercata, con leziosi cappellini ed abiti anni ’30; passano tutte le età della vita, non ci è dato sapere la loro identità, ma sappiamo che tra queste si cela il volto della proprietaria, che di tanto in tanto si aggira tra le mura della villa, in incognita. 


La Panoramic Suite offre una meravigliosa vista sul parco di Villa Borghese; è arredata in stile Art Deco’ inizi ‘900 con pregiati mobili in mogano e palissandro, bagni in marmo, un set di cortesia completo per corpo e capelli di Etro, tessuti pregiati per la biancheria da letto ed è illuminata a giorno. Un ricco portafrutta in vetro vi accoglie nella camera, strabordante come una scintillante natura morta caravaggesca. 

Jerry Thomas, speakeasy

Una porta in legno scura vi aspetta segretamente per essere aperta, per poterlo fare avrete bisogno di una password che troverete sul sito del locale (nascosta ovviamente), varcata la soglia, dopo averla pronunciata sottovoce, vi attendono gli anni ’30 in pieno Proibizionismo, quando l’alcool viene messo al bando. Qui esiste una sola regola: bere bene. Il Jerry Thomas è infatti il primo “speakeasy” italiano che rientra nella classifica dei “50 World Best Bar”; prende il nome dal più grande barista statunitense che, grazie al suo spirito creativo, è stato soprannominato “il padre dell’arte di miscelare i cocktail”.
Mixology è la laurea dei componenti di questo “secret bar”, un’oasi di pace ed estasi dove poter chiedere lo scenico “Blue Blazer”, un preparato dello storico Professore a base di whisky scozzese e acqua bollente, l’icona dei drink, il re assoluto, un arcobaleno infuocato che passa da un boccale all’altro cinque volte per essere ben mescolato, una perfetta dose di esercizio e spettacolarizzazione. 

Jerry Thomas non è un semplice locale, è un’esperienza da vivere, si viene accolti con un mini calice di champagne con due gocce di bitter al bergamotto e ci si sente subito coccolati; non è un caso trovare al bancone chef stellati che si rifocillano con un cocktail Martinez e fedeli compañeros che tornano per “il solito”. La clientela è internazionale, conversa a bassavoce; il personale è preparato e parla cinque lingue, consiglio vivamente una serata al bancone per chi è interessato al magico mondo della mixology; a degustare un piatto senza sapere cosa si sta mangiando si gode solo a metà.

La luce è soffusa e accompagnata da quella calda delle candele; alle pareti rosse, i ritratti dei più grandi gangster della storia; il famoso “Vermouth del Professore” si deve proprio ai fondatori del locale, il primo prodotto di una lunga serie, frutto di un laboratorio creativo tra il marchio e le distillerie Quaglia. Jerry Thomas è il posto ideale per ribaltare le sorti di una serata! 



Foto e testo @ Miriam De Nicolo’

Pharmapower, il wellness brand italiano per uno stile di vita sano

 “Abbi cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere”. Questa celebre citazione è il punto di partenza di PharmaPower, brand italiano fondato nel 2017 nel campo del wellness food e supplement di prima qualità che nasce con l’obiettivo di promuove uno stile di vita sano, felice e sostenibile grazie a soluzioni scientificamente avanzate e interamente Made in Italy. 

L’offerta di prodotto è davvero ampia e ci accompagna durante tutto l’arco della giornata, sia per chi ama fare sport e necessita di un’integrazione per migliorare le proprie performance, ma anche per coloro che prediligono una daily routine all’insegna del benessere.

Tutti i prodotti sono privi di zuccheri e glutine e nascono con l’ambizioso obiettivo di dimostrare che mangiare bene può voler significare non dover rinunciare a nulla. Tra le diverse proposte troviamo farine e fiocchi dalla migliore avena sul mercato, disponibili in una gamma organolettica unica in aromi e sapori, capaci di soddisfare tutti i gusti.

Creme spalmabili, caratterizzate da materie prime di origine 100% italiana come, solo per citarne alcune, la nocciola del Piemonte e la massa di cacao della migliore qualità.

Healthy Snack invece è lo spuntino senza sensi di colpa. Il connubio tra la migliore maestria dolciaria artigiana italiana e i più recenti studi di tecnologia alimentare hanno sviluppato un prodotto per una pausa sana, nutriente e leggera. Sicuramente da provare!

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Cibo dal mondo, quando la cucina ci fa viaggiare

Viviamo in un mondo ormai globalizzato, in cui merci e persone si spostano senza problemi su tutta la superficie terrestre e fanno viaggiare non solo l’economia, ma anche la cultura dei propri paesi. In una nazione attenta al cibo come l’Italia, ed esposta per natura a influenze culturali da più parti del mondo, è naturale che a interessare di più sia proprio l’aspetto culinario delle varie culture. Alcuni tradizionali cibi di varie nazioni, bisogna ammettere, si sono imposte a livello globale proprio per via di alcuni fattori tra cui la grande rappresentatività che fanno del loro Paese e la grande qualità e particolarità che sono in grado di incarnare.

Non è un caso, dunque, che gli italiani – soprattutto giovani e interessati ad allargare i propri orizzonti culturali con contaminazioni da tutto il mondo – abbiano pian piano volto i propri sguardi alle cucine del resto del mondo, e il fatto di cimentarsi nella preparazione di alcune specialità, è diventato di gran moda, fungendo da base fondante di molte serate in compagnia tra amici. C’è da dire che a dare ulteriore spinta a questa ondata di avventure culinarie è stata la nostra rete di distribuzione di supermercati, che, vista questa crescente attenzione verso l’estero, si è dotata di prodotti specifici, adatti a preparare pietanze straniere– esempi a tal proposito si possono ritrovare nell’anteprima del volantino Eurospin della prossima settimana

Ma quali sono allora queste culture che tanto ci appassionano? Andiamo a vederne due, le più considerate.

IL GIAPPONE

Che il Giappone sarebbe stato il primo a essere citato, era abbastanza scontato. Dobbiamo rilevare che oggigiorno quella giapponese è la cucina più diffusa al mondo. La straordinaria varietà dei piatti, l’incredibile qualità dei prodotti– soprattutto ittici, per via delle acque da cui il Paese è circondato, foriere di meravigliose specie di crostacei e di innumerevoli specie di pesci, spesso introvabili alle nostre latitudini – hanno reso quella giapponese la cultura culinaria più apprezzata a livello globale (superando, secondo alcuni recenti studi, quella italiana). Col tempo sono sorti ovunque ristoranti che offrono i migliori cibi di questa tradizione, sui quali regna incontrastato il sushi.

Per la verità, bisogna dire che in Europa e Stati Uniti siamo spesso abituati a confondere i concetti di sushisashimi. Nel primo caso si tratta di palline di riso con all’interno – o all’esterno – pesce crudo, avocado e altri ingredienti variabili. Con sashimi si intendono invece le tipiche fettine di pesce crudo da mangiare da sole, senza altri condimenti (a eccezione della salsa di soia e, per i più arditi, del wasabi, cioè una pianta tipica giapponese la cui radice tritata risulta estremamente piccante).

Al fianco dei famosi sushi e sashimi, la cucina giapponese offre anche una serie di zuppe, a capo delle quali possiamo citare il Ramen, e molti tagli particolari di carne, apprezzatissima anche nei nostri supermercati.

L’INDIA

La tradizione indiana ha impiegato più tempo di quella giapponese a imporsi anche nel nostro mercato, forse per via di un diffuso e atavico scetticismo verso la qualità e l’igiene che quelle zone del mondo esprimono. Tuttavia, col tempo e con una serie di ristoranti che da qualche anno hanno fatto da apripista a questa cucina, ci siamo accorti che in realtà è molto valida. Lo sappiamo tutti, a regnare nella cultura culinaria indiana sono le spezie, che danno un tocco inconfondibile a tutti i piatti. Su tutte, regna il famoso curry, usato in molti modi ma reso celebre dal tipico pollo al curry, accompagnato da riso basmati. Per qualche motivo questi sapori e questi profumi esotici fanno inevitabilmente viaggiare la mente verso quei paesaggi tipici indiani densi di atmosfere magiche accentuate dalla bellezza e particolarità dell’architettura moghul, rendendo dunque la cucina indiana estremamente affascinante e sempre più diffusa.

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È street food mania, mangiare per strada è il nuovo gourmet

Altro che stellati, il vero caso di successo nel mondo della ristorazione è lo street food. Il cibo da strada batte ogni gourmet e segna dei risultati incredibili. Negli ultimi 5 anni sono raddoppiate le imprese di ristorazione ambulante ma il dato più rilevante è che sono i giovani under 35 e gli stranieri a guidare questo nuovo fenomeno.

L’ultimo rilevamento risale alla seconda metà dello scorso anno e prendeva in esame il periodo 2013-2018. In questo lasso di tempo i food truck (questo il nome dei punti vendita su ruote) è passato da 1.717 a 2.729 attuali. Di questi oltre 600 (22%) sono gestite da Millenials con una crescita, nel quinquennio, del 23,9%. La diversificazione dell’offerta è testimoniata da un altro dato che fissa al 52,1% la quota di mercato rappresentato da imprenditori stranieri. Ricercatore di street food in giro per il mondo, Maurizio Rosazza Prin, secondo classificato nella seconda edizione di MasterChef Italia e volto televisivo, riporta nel suo blog Chissenefood, ricette, idee e racconti che raccoglie nei luoghi più disparati.

Quali sono i motivi del successo dello street food che lo hanno fatto passare da cibo per i meno abbienti a proposta d’avanguardia?

Le mani, la sensazione tattile e la libertà di muoversi che ti procura il godere di un cibo senza doverti sedere in una tavola è assolutamente impagabile. Rimane la convivialità senza la geometria della tavola. Più che avanguardia è un ritorno al passato dove il cibo aveva un significato funzionale e veniva cucinato là dove doveva essere consumato. E dopo la sbornia dei menù degustazione, il trionfo della tavola con le mille portate, parallelamente è nata questa esigenza di libertà. E come ogni contro cultura ha finito per diventare la cultura dominante e non è affatto raro che venga proposto nei grandi ristoranti come un elemento in un menù di degustazione. La mia critica è che deve rimanere popolare, nei prezzi e nella proposta: ai venditori di cibo da strada vorrei dire di non farci pagare il prezzo delle vostre operazioni di marketing ma di darci qualcosa di vero, con l’anima e a un prezzo giusto. Come dovrebbe essere. E prima di pensare ai format e alle gastro operazioni di marketing pensare a far da mangiare bene, solo questo è il successo di un cibo, se è buono e giusto, preparato pensando alle persone e non ai business plan.

Per molti lo streetfood è sinonimo di cibo fatto velocemente e con poca cura, tu cosa ne pensi?

Anzi, il contrario, c’è tantissima cura. Coloro che scelgono di stare in mezzo alla strada a cucinare, scelgono di voler stare a contatto con il cliente finale e non possono più mentirgli, siamo tutti troppo attenti e notiamo tutto. Io sto vedendo grande passione da parte di chi ha scelto veramente di dedicarsi a questo stile di vita. Per noi è un fenomeno, mentre all’estero è la realtà e il motore della cultura gastronomica, pensa all’Asia, dove è normare mangiare per strada. Andare a fare file chilometriche per un piatto, in baracchini che fanno bene magari solo un piatto, ma divinamente. Un mio amico chef cinese mi racconta sempre di quando è in Cina e si sveglia alle 5 per andare al mercato al banchetto del tofu fresco, dove sanno fare solo questo con mille salse, null’altro e lo fanno da 150 anni. Pensi che in 150 anni ci abbiano messo poca cura, poco igiene nel farlo?

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STAY HEALTHY, STAY COOL

L’allenamento inizia a tavola
Fare attività fisica è molto importante per il nostro benessere, ma mangiare i cibi giusti prima e dopo un allenamento in palestra lo è ancora di più. Infatti con cibi sbagliati o in eccessiva quantità, si corre il rischio, quando si fa sport, di trovarsi o troppo stanchi o troppo pieni a metà dell’allenamento, vanificando così il lavoro fatto. «Innanzitutto – dice Flavia Correale, medico endocrinologo e dietologo – occhio alle quantità, non esagerate con le porzioni e soprattutto calcolate i “tempi giusti” fra i pasti così da far lavorare in modo corretto l’apparato digerente e non appesantirvi». Detto questo, l’ideale, come dimostrato da recenti studi scientifici, sarebbe impegnarsi nell’attività fisica la mattina presto a digiuno e, dopo l’allenamento, fare una colazione completa con yogurt e cereali, pane tostato integrale con marmellata e frutta per assicurare il recupero del glicogeno muscolare. A pranzo pieno di proteine (carne bianca, legumi, ricotta fresca, salmone fresco o affumicato) per ripristinare le miofibrille muscolari. A cena invece via libera ai carboidrati complessi (pasta, riso o farro integrale) e verdure di stagione per approvvigionarsi di vitamine e sali minerali indispensabili per migliorare le performance sportive.

«Se l’allenamento è nel pomeriggio – continua la dietologa – calcolate di dover pranzare almeno tre o quattro ore prima. L’alimentazione pre-palestra deve includere carboidrati come riso, pasta integrale, orzo, farro e proteine come carne di pollo o tacchino o del pesce e accompagnare il tutto con verdure fresche o cotte ma di stagione. Nella dieta non devono mancare le erbe aromatiche, un trucchetto che può aiutare a ridurre di molto le quantità di sale».

Infine per chi va in palestra o in piscina solo dopo il lavoro l’indicazione è di non dimenticare di fare merenda, da una a tre ore prima dell’allenamento, con uno yogurt con cereali o una banana o un panino integrale piccolo con ricotta fresca o frittata o tonno sgocciolato. In questo caso la cena deve prevedere una minestra di legumi, oppure pasta o riso, e un secondo a base di carne bianca o pesce cotti senza l’aggiunta di grassi accompagnati da verdure e, per concludere, un frutto di stagione.

Attenzione agli energy drink!
Durante lo sport si perdono, attraverso il sudore, tantissimi liquidi (oltre 500 ml ogni ora di attività) e minerali. Per ripristinare i liquidi, al di là della sensazione di sete, la raccomandazione è di bere almeno un litro e mezzo di acqua lontano dai pasti mentre per reimmettere i sali minerali sono indicati estratti di frutta e verdura freschi a base di carota, mela, sedano, ananas e arance.

«Occhio agli energy drink – avverte la dottoressa Correale – a base di caffeina, taurina e D-glucuronolattone perché devono essere assunti con precauzione in base all’età o altri problemi medici. Infatti una lattina da 250 millilitri di queste bevande contiene la dose di caffeina equivalente a cinque tazzine di espresso». Una ricerca dell’Università canadese di Waterloo condotta su oltre 2000 consumatori di bevande energetiche ha dato risultati allarmanti. Il 24,7% del campione osservato ha manifestato alterazione del ritmo cardiaco, il 24,1% ha sofferto di insonnia o disturbi del sonno, il 18,3% ha lamentato emicranie ricorrenti, il 5% nausee o problemi gastrointestinali e in rari casi si sono registrati dolori acuti al petto e attacchi cardiaci.

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SPRING BREAK: 24 ORE TRA LANGHE E ROERO

I professionisti delle gite fuori porta lo sanno bene, la formula weekend lungo è l’ideale per allontanarsi dalla città e concedersi una pausa ristoratrice dalla routine quotidiana. Se però, potersi concedere un giorno libero è diventato sempre di più un lusso, eccovi svelato un mini itinerario per esplorare una parte delle celebri Langhe in sole 24 ore, per chi proprio non può rinunciare ad un city break rigenerante o desidera godere di una gita all’insegna della scoperta e del buon cibo.

 

Guarene

Borgo della provincia di Cuneo, certificato a dicembre nuova località Bandiera arancione del Touring Club italiano, si trova nel Roero immerso nell’itinerario del Barocco piemontese. Qui, il protagonista è l’illustre Castello, una splendida dimora storica destinata dal 2011 a nuova vocazione: un hotel di lusso appartenente alla catena Relais e Chateaux, in grado di offrire ospitalità di altissimo livello in uno scenario mozzafiato. La mirabile struttura domina infatti dalla sua sommità le Langhe, il Monferrato e le cime delle Alpi.

La location è davvero suggestiva poiché è rimasta intatta con tutte le sue opere d’arte diventando inoltre una tappa eccezionale nei percorsi turistici della regione. Le camere da letto sono sontuose, in stile barocco con seduzioni aristocratiche. Per vivere a pieno l’esperienza, non deve mancare una pausa nella spa della struttura: dalla piscina, scavata interamente nella roccia ai percorsi di caldo e freddo, acqua e vapore, e le esperienze olfattive di profumi e di colori cromo terapici. Fiore all’occhiello, un lungo corridoio medioevale lungo 120 metri che separa i due lati della spa, e i prestigiosi rituali da cabina del brand Comfort Zone ideali per coccolarsi a fine giornata.

Infine, l’antica sapienza gastronomica del Roero e delle Langhe è il naturale riferimento della cucina del castello. I piatti della tradizione arrivano a tavola rivisitati, stupendoci per stile e delicatezza. Quanto ai vini, la cantina sfoggia l’intero repertorio dei più celebri del Piemonte, come Barolo e Barbaresco.

 

Barbaresco

Fondamentale per tutti gli appassionati dei vini piemontesi, il borgo sorge sotto l’imponente Torre che separa le Langhe dal Roero. Dalla terrazza panoramica è possibile ammirare un panorama mozzafiato, mentre all’inerno della struttura è stato allestito un piccolo museo per conoscere le storie di uomini, luoghi ed etichette che hanno contribuito a rendere il Barbaresco un vino conosciuto su scala mondiale. Terminata la visita, potete esplorare una delle numerose cantine presenti nel paese, da completare per i più golosi con una food experience presso la prestigiosa osteria Campamac.
Osteria Campamac

 

Alba

La città, storicamente romana e punto di riferimento per tutti gli amanti del tartufo è anche la capitale enogastronomica delle Langhe. Nel capoluogo piemontese è possibile visitare l’imponente duomo in stile gotico realizzato con i tipici mattoncini rossi. La città medioevale crebbe sui resti di quella romana, chiamata Alba Pompeia ed è oggi visitabile grazie al tour Alba Sotterranea, un percorso guidato da un archeologo professionista che si snoda su tre tappe principali e si conclude presso il museo archeologico di scienze naturali.

 

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TOKYO CAPITALE GOURMET

La meta del 2019 per gli appassionati del settore “food and beverage” è soltanto una: Tokyo, Giappone. Il Paese del Sol Levante affascina sempre più potenziali visitatori e invoglia, chi già c’è stato, a tornarci per vivere nuovamente le esperienze che solo la cultura giapponese può offrire. Ad aggiungere una nuova voce alla lista di motivi validi per fare le valigie e partire verso il Giappone ci ha pensato la rinomata Guida Michelin che annualmente si occupa di stilare una raccolta dei locali enogastronomici migliori al mondo.

Tokyo, secondo la dodicesima edizione della guida citata, è la città più stellata al mondo per quest’anno. Proprio tramite l’assegnazione di stelle ai singoli locali valutati, la Guida Michelin premia quelli ritenuti migliori (considerando diversi fattori) mettendoli subito sotto i riflettori dei professionisti e degli appassionati del settore culinario. I locali di Tokyo che si sono aggiudicati almeno una stella sono ben 230 ma le stelle totali assegnate sono addirittura 308. Un risultato degno di nota che rende la capitale del Giappone anche la capitale gourmet.

In questa edizione i nuovi locali entrati in classifica sono 73 ma non tutti sono specializzati in cucina tipica giapponese come si potrebbe pensare. La metropoli di Tokyo è una delle più globalizzate e l’interesse per il cibo non asiatico è molto. Lo testimonia il ristorante L’Osier, guidato dallo chef Olivier Chaignon e ispirato alla cucina francese, che quest’anno ha conquistato la sua terza stella Michelin. Per il must della cucina nipponica, il sushi, sono numerosi i ristoranti premiati: dalla new entry Kobikicho Tomoki, con le sue due stelle conquistate in un solo colpo, a Sukiyabashi Jiro Honten, un veterano nella guida gastronomica che conferma anche questa volta le sue 3 stelle. Nell’edizione attuale sono molte le novità riguardo i Bib Gourmand, indirizzi dove è possibile assaporare ottimo cibo a fronte di prezzi moderati. I locali di questo tipo inseriti nella guida sono 44 e testimoniano il fatto che la città offre proposte interessanti e gustose per tutte le tasche.

Non finisce qui il focus su Tokyo perché dal 19 al 29 aprile 2019, tra gli spazi della Roppongi Hills Arena, verrà ospitata l’edizione annuale della Craft Saké Week. Questa fiera-evento metterà in mostra 110 aziende produttrici di saké (il tipico liquore nipponico ottenuto tramite la fermentazione del riso) provenienti da tutto il Giappone. Un’occasione imperdibile per gli amanti della cultura e della cucina locale.

 

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8 e 9 Settembre torna la terza edizione di WardaGarda

Sabato 8 e domenica 9 settembre ritorna WardaGarda per la sua terza edizione. Due giorni aperti al pubblico con degustazioni, mercatini gastronomici, showcooking e una spazio dedicato ai bambini; un calendario fitto di appuntamenti per raccontare l’Olio Garda DOP nel Cavaion Veronese –  nel cuore della produzione –  tra gli uliveti dell’entroterra gardesano. E proprio nel cuore della produzione del Garda DOP, si parla dell’oro giallo che dal 2004 unisce le regioni di Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto e le quattro province di Brescia, Mantova, Trento e Verona dal Medioevo ad oggi. La terza edizione di WardaGarda aprirà la giornata di sabato un convegno sull’olio, il turismo e l’agricoltura, seguito da un ricco programma con degustazioni di olio in abbinamenti dolci e salati, stand gastronomici, una mostra d’arte e un mercatino enogastronomico dove trovare il meglio dei prodotti del lago. WardaGarda è una tra le iniziative di valorizzazione del prodotto oleario, che si estende ben aldilà della semplice spremitura e dell’imbottigliamento. Significa anche conoscenza dell’ambiente da cui proviene il prodotto, tema particolarmente caro al Consorzio di Tutela dell’Olio Garda DOP, che con rigorosi e certificati controlli, garantisce al consumatore un prodotto di qualità, tutelato da abusi, contraffazioni e concorrenza sleale.

vardagardadomenica-30warda-garda-bis-20-1WardaGarda si inserisce appieno in questo programma, offrendo ai visitatori due giorni fitti di iniziative, a partire da un mercatino di prodotti DOP e IGP della regione, degustazioni di olio e vini dei consorzi Chiaretto di Bardolino DOC e Garda DOC, cene e showcooking.

Il festival prosegue con passeggiate tra gli uliveti, mostre d’arte, musica dal vivo e uno spazio dove i bambini potranno divertirsi con il gioco dell’olio; un’ottima occasione per conoscere l’olio e visitare l’entroterra del Garda attraverso uno dei suoi prodotti più rappresentativi.

vardagardadomenica-46Si darà il via al programma, nella mattinata di sabato 8 settembre, con una tavola rotonda moderata da Luigi Caricato, fondatore di OlioOfficina; all’ordine del giorno ci saranno temi da trattare come prodotti certificati, territorio e turismo. A mezzogiorno seguirà un aperitivo a cura di Amira (Associazione Maîtres Italiani Ristoranti ed Alberghi) e Abi Professional (Associazione Barmen Italia), mentre nel pomeriggio (16.30) avrà inizio il mercatino, seguito dalla degustazione di Chiaretto di Bardolino DOC guidata dall’AIS Veneto. Alle 17 ci sarà un laboratorio di assaggi dedicato all’olio, chiudendo poi la giornata con la degustazione di Spumante Garda DOC, sempre a cura di AIS Veneto.

Domenica la giornata si aprirà con l’apertura del mercatino delle 17.00, accompagnata da una passeggiata fra gli oliveti con rientro e partenza a Corte Torcolo. Contemporaneamente torna l’appuntamento con le degustazioni di Olio Garda DOP curate dal Consorzio.

Warda è il termine longobardo da cui deriva il toponimo Garda, che deve la sua origine alle fortificazioni di avvistamento con funzioni difensive sulle colline che circondano il lago, gli stessi rilievi su cui da secoli si coltiva l’olivo. Il Garda è conosciuto proprio per questo come “Riviera degli Ulivi” con le sue costruzioni a terrazze, tra le prime cinque realtà olivicole italiane. Tutte le informazioni sono presenti sul sito www.oliogardadop.it.

È TEMPO DI GELATO!

È bastata una settimana di caldo e i consumi di gelato sono volati. Infatti in quest’ultimo ponte lungo si sono mangiati il 30% in più di coppette e coni rispetto alla settimana precedente. Secondo l’analisi Coldiretti/Ixè il preferito dagli italiani (ne consumiamo oltre 6 kili l’anno) è il gelato artigianale nei gusti storici anche se cresce la tendenza nelle diverse gelaterie a offrire “specialità della casa” come i gelati con frutta e verdura locali ma anche con formaggi Dop o grandi vini.

Tutto il comparto utilizza ogni anno 220mila tonnellate di latte, 64mila di zuccheri, 21mila di frutta fresca e 29mila di altre materie prime. Quando siamo indecisi sul locale dove gustare il gelato è importante premiare quelle gelaterie che impiegano frutta e latte freschi italiani perché questi sono gli indicatori del vero gelato e non di un prodotto realizzato con surrogati di bassa qualità. Un rischio che non si corre nelle agrigelaterie, che garantiscono la provenienza della materia prima dalla stalla alla coppetta con gusti che vanno dal latte di asina a quello di capra fino alla bufala.


Esiste anche un campionato mondiale del gelato artigianale: il Gelato Festival World Masters 2021, un torneo individuale internazionale di categoria con partner Carpigiani e Sigep – Italian Exhibition Group. In tutto il mondo concorrono alla conquista del titolo ben 5000 gelatieri che, dopo le varie eliminazioni, si ridurranno a 36 e parteciperanno alla tappa finale che si terrà in Italia. Il percorso di qualificazione dei gelatieri si snoderà attraverso una serie di appuntamenti, dalle centinaia di selezioni nelle sedi dei concessionari Carpigiani denominate “Gelato Festival Challenge” (non aperte al pubblico) alle oltre 50 tappe di Gelato Festival in giro per Europa e Stati Uniti, fino ai tre “Carpigiani Day” che si terranno nella sede di Anzola Emilia tra il 2019 e il 2020.

Il 5 e 6 maggio sarà la volta di Torino. In piazza Vittorio Veneto verrà allestito il Gelato Village dove si potranno assaggiare i lavori dedicati al capoluogo piemontese: dal gelato del patrono San Giovanni a quello ispirato al Gran Torino, da quello che valorizza le nocciole e il gianduja fino a gusti d’ispirazione più mediterranea o addirittura esotici. La prossima settimana toccherà Milano in piazza Castello (12 e 13 maggio) nell’ambito della Milano Food City e da giugno il Festival si sposterà all’estero con le tappe al McArthurGlen outlet di Berlino (1-2 giugno), Varsavia (9-10 giugno), a Covent Garden a Londra (23-24 giugno) e al McArthurGlen outlet di Parndorf (Vienna) il 6 e 7 luglio.
Il programma continentale culminerà con la All Star a Firenze (14-16 settembre), la gara dei campioni, che riunirà su un unico palco tutti i vincitori del Gelato Festival dal 2011 a oggi, prima di varcare l’Atlantico per l’edizione americana, in 8 tappe tra la West Coast e, per la prima volta, la East Coast.

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LIFESTYLE TIPS

Una serie di suggerimenti tra moda, food, beauty e musica. Scopriamo l’immaginario e il lifestyle di Stefano Terzuolo, fondatore di Gum Salon a Milano.

”Per la sera opto per l’Apollo Club Milano, cocktail bar, ristorante e discoteca nato dall’idea di Marcellina e Tiberio fondatori di “Rollover Milano”, dove mi sento accolto come nelle famose SoHo house. 1000mq suddivisi in 4 sale per poter vivere esperienze diverse: Cocktail room dove fermarsi per l’aperitivo, Ristorante, Gaming room ( con ping-pong, flipper e videogames ) e ovviamente una sala disco dove ballare.
Mi piace per l’atmosfera intima e privata che si riesce a vivere rimanendo comunque in un ambiente dal sapore internazionale, dato anche dalla cucina ricercata dello chef italo-brasiliano Bruno Cassio con sapori da tutto il mondo, in una fusion tra la cucina classica e la cucina moderna globalizzata. Il mio piatto preferito? Polpo con Crema di Zucca.”

Per il pranzo quando ho bisogno di un Exit Way dal mio solito tran tran mi concedo un momento di ricreazione da EXIT. Il nuovo progetto nato dall’idea di Matias Perdomo, Thomas Piras e Simon Press: lo stesso trio che ha portato al successo Contraste. Un classico chiosco milanese riconvertito a Chiosco Gourmet con una trentina di posti a sedere. L’ambiente è luminoso, la mise en place di una trentina di coperti semplice ed elegante, con un blocco di Ceppo di Grè (una pietra ornamentale con cui la gran parte dei palazzi meneghini è stata costruita) usato come poggia posate. Il piatto da provare? L’UOVA all’ EXIT!

Il mio punto di riferimento per lo shopping a Milano sicuramente è Groupies Vintage, in via Gian Giacomo Mora. Non un semplice vintage shop ma un ambiente in divenire che non segue le mode, le costruisce. Nato con l’idea di recupero e riciclo di capi di abbigliamento vintage in potrete trovare diverse tipologie di abiti, principalmente identificabili in tre categorie:
-Vintage selected: capi selezionati dagli anni 50 agli 80 provenienti da Londra e Berlino.
-Vintage recycled: una linea innovativa disegnata da Alice, che ha dato nuova vita a diversi capi rimodernizzandone le linee.
-Kilo Vintage, ossia è possibile comprare abbigliamento vintage “al chilo” scegliendo tra innumerevoli stili e pezzi a costo ridotto.
La mia ossessione? Le vintage shirts.

Il mio momento beauty? Da Bahama Mama, a due passi dai Navigli. Un concept store, interamente dedicato alla bellezza ma anche un ricercato vintage shop con bar dove puoi goderti la coccola sorseggiando un frullato o una tisana. Un ambiente moderno e familiare, ma dal tocco retrò, sottolineato non solo dagli oggetti che decorano gli spazi, ma anche dal look anni 40 del personale.

Extra: l’album del momento AS YOU WERE di Liam Gallagher.

Prodotto beauty: PURE-CASTILE LIQUID SOAP.

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Taste porta in tavola bacche, erbe e fiori

Week end dedicato al food italiano d’eccellenza quello che sta per cominciare a Firenze. Sabato, infatti, alla stazione Leopolda aprirà le porte la 13esima edizione di “Taste – In viaggio con le diversità del gusto”. Quest’anno il tema della manifestazione, che vede la partecipazione di 400 aziende, sarà il “foraging” ovvero la nuova tendenza culinaria che porta in cucina le piante selvatiche. Alghe, erbe, arbusti, licheni, semi, resine, radici, saranno i protagonisti di Ring, incontri con esperti del settore, moderati dal Gastronauta Davide Paolini, che si tengono all’interno del teatro dell’Opera, e di una serie di eventi curati da Pitti Immagine in collaborazione con Wood*ing, Wild Food Lab, il laboratorio di ricerca animato da Valeria Mosca. Il cibo selvatico è un’importante risorsa alimentare e culturale a impatto quasi nullo sul pianeta.
Tra gli eventi dedicati al tema il talk, condotto dalla forager & chef Valeria Mosca, con lo chef Roberto Flore del laboratorio di ricerca Nordic Food Lab di Copenhagen, “La Geografia del Foraging -Dalle Alpi alle coste italiane fino agli habitat del nord Europa. Perché raccogliere oggi? Secondo quali dinamiche è giusto farlo?”. Sabato 10 marzo, dalle 15 alle 17, le Serre Torrigiani ospiteranno invece Miniforaging: uno speciale workshop con merenda dedicato ai bambini dai 5 ai 10 anni, a cura di Wood*ing. Per tutta la durata della manifestazione, che si chiuderà lunedì 12 marzo, nel piazzale tra la Stazione Leopolda e il Teatro dell’Opera, si terrà “Storie di bosco”, la mostra-installazione di Dispensa  magazine.
Alla fine del tour di degustazioni è possibile acquistare i prodotti al Taste Shop in Piazzale Gae Aulenti. La scorsa edizione il negozio ha presentato 2.180 prodotti, 43.000 pezzi in catalogo, e sono stati oltre 20.200 i pezzi venduti.

Gli orari di apertura:
sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.30 e lunedì dalle 9.30 alle 16.30

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MAGIA IN CUCINA

Nella sua cucina ingredienti, utensili, pentole e piatti levitano, creando una magia che gli ha fatto guadagnare quasi 60mila follower su Instagram. «L’idea di fotografare oggetti sospesi – spiega Francesco Mattucci, ideatore di @kitchensuspensionnasce da una situazione assolutamente quotidiana, per ragioni di spazi, necessità, esigenze la cucina è il posto della casa che vivo di più. Guardandomi attorno ho pensato di creare un luogo dove gli oggetti che popolano la mia cucina possano “animarsi” in maniera insolita, quasi a giocare tra loro e quindi uno spazio dove il cibo non abbia più una rappresentazione classica, dove possa estraniarsi dai contesti nei quali viene normalmente immortalato, vivendo quasi una vita propria e, naturalmente, divertendosi». Per lui la svolta da creativo a influencer è stata quasi immediata. Prima la pubblicazione di una serie d’immagini nella home page di Repubblica e, pochi mesi dopo, l’intervista sul blog di Instagram, hanno portato al progetto grande visibilità in tempi ristretti. «Non mi ritrovo tanto nella definizione di “influencer” – continua Mattucci – non mi sento tale e non credo che le mie immagini possano invitare le persone all’acquisto di un prodotto, invece che un altro. Io credo che il progetto di @kitchensuspension funzioni, perché le immagini che lo compongono sono sempre in grado di sorprendere e bloccare per un secondo l’attenzione degli utenti che vi incappano. Questo è un profilo studiato ad hoc per l’online e in questo contesto funziona, il mio follower sa sempre cosa aspettarsi dalla prossima foto ma, in realtà, ne rimane ogni volta sorpreso». Ogni scatto di Francesco ha dietro un lavoro lungo e paziente, basti dire che per fotografare la coppa con il gelato sospeso in volo, ci sono voluti quasi due giorni di lavoro. «Non esiste un metodo per ottenere questi scatti – conclude – ogni immagine ha le sue caratteristiche e il sistema per sostenere gli oggetti che la compongono cambiano di volta in volta, il difficile sta proprio nel costruire set diversi per ogni scatto. È comunque fondamentale una massiccia dose di post-produzione per ottenere gli effetti voluti».

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In viaggio per gusto

Il museo aziendale dedicato alla famosa Guinness; la cantina con il look rifatto da una grande archistar; il museo a Bordeaux con ingressi da capogiro; il mercato coperto rivoluzionario queste le nuove mete che il viaggiatore italiano affianca alla visita di musei e monumenti. I dati rilevano come il fenomeno del turismo enogastronomico sia in netta crescita, dal 21% del 2016 al 30% dello scorso anno. Inoltre, se rimane in patria, la meta preferita del viaggiatore gourmet italiano è la Toscana, ma si riscontra anche un forte interesse per il Sud, in primis Sicilia e Puglia. Molte regioni hanno un potenziale inespresso e non vengono percepite come mete enogastronomiche rilevanti, nonostante siano ricche di eccellenze. Lombardia, Piemonte e Veneto, per esempio, vantano un’offerta che in termini numerici si colloca immediatamente dietro alla Toscana. Queste due delle principali evidenze che emergono dal primo rapporto sul turismo enogastronomico italiano, studio che traccia un quadro sul settore e delinea le tendenze di un segmento in forte crescita in tutto il mondo. «Questo lavoro – spiega Roberta Garibaldi, esperta a livello internazionale di turismo enogastronomico, coordinatrice dell’Osservatorio e promotrice della ricerca – mette a fuoco un trend in forte ascesa. Risulta sempre più evidente come la gastromania stia condizionando la scelta dei viaggi. Troviamo un rafforzamento su ogni fronte: ora gli italiani si muovono anche per cercare esperienze legate al cibo e al vino. Un atteggiamento sempre più simile a quello di molti stranieri». Chiude il rapporto una sezione con il profilo del turista enogastronomico internazionale, la situazione nei principali Paesi del mondo e best pratice estere. In relazione a questa nuova forma di turismo nasce una domanda crescente di servizi, che va soddisfatta di più e meglio. La ricezione turistica, anche attraverso l’apertura delle strutture produttive ai visitatori, può diventare uno strumento essenziale per avvicinare produttori e consumatori, oltre che essere una voce di reddito aggiuntiva.

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Il gusto del reale – in conversazione con gli Gnambox

Un racconto onesto, rassicurante, ma con quel “twist in più”, che lo rende unico e decisamente addictive. Gnambox, blog di cucina e lifestyle, è per i suoi fondatori, Stefano e Riccardo, un modus vivendi. Contenitore di esperienze, gusti, consigli ed incontri, ad oggi, Gnambox si è già trasformato in un libro di cucina stagionale e contemporanea, in una guida super cool di Milano, ma soprattutto in una realtà social da migliaia di followers. Li abbiamo intervistati per trovare la ragione di un progetto genuino e fresco, cogliendo i limiti imposti da un lavoro 3.0 e rubando i segreti del suo successo.

Gnambox: un lavoro o uno stile di vita?
Siamo partiti mettendo online tutto ciò che ci piaceva, creando un contenitore di ricette e tantissime altre passioni, come suggerisce il nome. Senza nemmeno doverci pensare troppo, lo vedevamo trasformarsi con noi e diventare la naturale trasposizione del nostro gusto, della nostra estetica, quindi senza dubbio del nostro stile di vita. Poter definire una linea editoriale in questo modo, in funzione del proprio stile, è stato l’ingrediente principale per un prodotto vincente. Ci sentiamo estremamente fortunati di poter raccontare semplicemente la nostra vita quotidiana, rendendola un’esperienza gradevole per chi decide di seguirla: le ricette che scattiamo sono ciò che mangiamo, così come i piatti in cui vengono servite, vengono dalla nostra dispensa. Tutto questo senza dover mai fingere o scendere a compromessi comunicando qualcosa in cui non crediamo. Ora che il progetto si è ingrandito, ha necessariamente una struttura più articolata, in cui è diventato essenziale tracciare dei confini e per farlo, seguiamo una semplice regola: quando ne abbiamo voglia! (ci comunicano con rara e preziosa spontaneità ndr). Non ci siamo mai forzati di dover pubblicare qualcosa in funzione di engagement o visibilità, anche se, a volte, ci sentiamo fin troppo votati alla riservatezza. Potremmo “cavalcare l’onda” assecondando i macro-trend social? Certo, ma per ora non è una strategia che ci appartiene. Qualche domenica fa, eravamo a pranzo con le nostre famiglie e abbiamo pubblicato un boomerang di gruppo, proprio come faremmo a tavola con qualsiasi amico. Abbiamo invece ricevuto centinaia di messaggi da persone sorprese e affascinate da quel tipo di condivisione della nostra vita di coppia…non ce lo aspettavamo! Fossimo quel genere di trend catchers, organizzeremmo un pranzo social, con le nostre famiglie, tutte le domeniche (ridono), ma non è ciò che ci interessa.

Blogger e influencer di successo, la versatilità e la novità sono essenziali. Siete evidentemente riusciti a non chiudervi nella vostra “Gnam box”, come?
Mai essere solo auto referenziali! Introdurre continuamente nuovi temi e spunti per lasciare aperta la box, che pur rimanendo un personale contenitore di cose che amiamo, diventa occasione di scambio continui con l’esterno. Abbiamo passato il primo anno di vita del progetto in totale anonimato, siamo comparsi per la prima volta, con una foto scattata il giorno di San Valentino, nel 2013 e abbiamo subito capito che sarebbe stata la scelta vincente. Mostrare chi stava dietro ai fornelli, chi realmente creava Gnambox, è stata la risposta dovuta a tutti i followers, che erano curiosi di saperlo. – Quanti siete? Esiste una redazione? Dove si trova? Che aspetto ha? – Erano le domande più frequenti di chi ci seguiva; rispondere ha dato al progetto la forma che oggi tutti conoscono. Versatili? Se ora dovessimo descrivere la “Gnambox”, sarebbe un mix con molte sfumature: siamo partiti parlando di food e nel corso del tempo è rimasto il filo conduttore per molti altri contenuti, che abbiamo sviluppato strada facendo. La sezione travel, per esempio, ad ora è la parte più consistente insieme dopo il food.

A chi volesse percorrere le vostre orme e fare della propria passione un lavoro, cosa consigliereste?
Deve innanzi tutto essere una grande passione. È un percorso in cui dover investire tanto impegno e tante energie; nel nostro caso, essere in due è stata una grande risorsa, soprattutto pensando alla costanza necessaria; ovunque non arriva uno, ci può pensare l’altro. Avere una visione chiara di ciò che si vuole comunicare, considerando che la qualità del progetto risiede nel taglio personale che gli viene dato: il proprio potrebbe anche essere l’ennesimo blog food e lifestyle, eppure mantenere la sua unicità proprio perché personale e decisamente soggettivo. Il punto fondamentale diventa la coerenza. Essere coerenti con se stessi o con la linea che ci si impone e nel nostro caso le due cose coincidono. Coerenza, costanza e unicità, sono regole che ci sentiamo di suggerire, soprattutto perché siamo i primi ad osservarle.

Essere influencer comporta avere un’agenda impegnata, com’è cambiata la vostra routine? Quanto di questo è stress e quanto fun?
La “questione influencer” non è mai voluta diventare un lavoro, quanto più, invece, la parte editoriale di Gnambox: pianificare, studiare e produrre contenuti; influenzare le persone è una conseguenza di tutto questo. Non ci svegliamo la mattina pensando – che bella la nostra vita da influencer – (ironizza Stefano, ridendo. ndr); è solamente un passaggio necessario, un’evoluzione. Essere influencer diventa l’espressione del gradimento di chi ti segue, se i tuoi follower apprezzano ciò che fai, ne verranno in qualche modo influenzati. L’agenda? Sì, è sempre impegnata, anche perché non esiste una netta distinzione tra lavoro e vita “quotidiana”, o meglio, la quotidianità è il nostro lavoro. Eventi, appuntamenti, incontri sono uno step fondamentale e per noi molto stimolante, anche se stressante e a volte quasi alienante: ritagliarsi dei momenti in cui essere off-line è fondamentale. L’esempio più evidente è il viaggio: è occasione di comunicazione, quindi di ricerca e produzione (ci mostrano alcune coloratissime istantanee del loro ultimo viaggio in Africa). Se lasciassimo che questa attività prendesse il sopravvento ogni volta che facciamo le valige, non avremmo mai un istante in cui goderci il tempo libero. L’agenda è effettivamente pianificata al contrario! Dobbiamo capire in anticipo quali saranno i momenti on e off-line, quando poter dire a priori – di tutto questo conserveremo “solo” il nostro personalissimo ricordo – . La parte più funny è sicuramente scoprire un’infinità di cose sui luoghi che visitiamo, grazie anche alle connessioni che si creano con gente sempre diversa, che, in qualche modo, entra a far parte del progetto. Tenere sempre gli occhi oltre lo schermo è un mantra che ci aiuta, per non rischiare di pensare che tutto quel che ci accade vi debba per forza passare attraverso.

Partner sul lavoro e anche nella vita privata, come ha influito sul vostro progetto?
In assoluto, anche perché lo ha fatto nascere. Facevamo entrambi lavori creativi, di cui non eravamo pienamente soddisfatti e confrontandoci è nata questa esigenza comune: un progetto da far crescere insieme, in cui crescere insieme. Pensando alle molte coppie che scelgono di non collaborare mai in ambito lavorativo, ci sentiamo fortunati, per esserci trovati concordi e disposti a farlo. Circoscrivere il “racconto” alla nostra vita personale di coppia, ha decisamente aiutato e lo ha reso ancora più coerente. Una complicità che si deve “creare” solo di fronte alle telecamere, non sempre funziona, la nostra, d’altra parte, non ha bisogno di un interruttore, anzi, diamo il meglio e il peggio di noi 24 ore su 24… non potremmo mai rischiare di scadere nella finzione. Vivendo insieme, siamo cresciuti insieme e il progetto con noi!

Belli ai fornelli. raccontateci il Gnambox style
Per noi l’estetica è una parte imprescindibile, che arricchisce Gnambox e lo rende effettivamente nostro, lo specchio più fedele di ciò che siamo, evitando ovviamente di trasformarlo in un mero esercizio di styling. Definire il nostro stile? Non avremmo saputo dargli un nome ben preciso fino a qualche tempo fa, quando sul New York Times abbiamo letto un’ intervista riguardo il “new normal”. Quella normalità che rassicura l’occhio di chi guarda, mai portata all’eccesso, mai estrema, eppure mai noiosa. Una normalità contemporanea e divertente, come per la nostra cucina, con quel twist in più, che la renda interessante e irresistibile.

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LA MAGIA DELLA CUCINA MEDIORIENTALE FINALMENTE A ROMA

Za’atar, un’antica miscela di spezie diffusa in tutto l’ex impero Ottomano e CA nell’attuale Middle East, è, ora, anche un ristorante al Testaccio: un melting pot di cultura e un’apertura verso l’Oriente. Ventuno spezie donano a questa salsa il particolare mix che dà il via a questo viaggio culinario che, dalla capitale italiana, porta nelle variopinte vie di Istanbul, tra gli arazzi di Gerusalemme, nell’intrigante deserto marocchino e tra le assolate dune persiane. Proprio in questo periodo in cui il Medio Oriente è, purtroppo, associato alla paura, Luca Piperno, imprenditore di successo nel campo della ristorazione romana, ha voluto creare un ristorante che avvicini alla cultura del Middle East, insieme ai soci Mayer Naman, Victor Nahum, Michele Aprile e Marco Domenicucci, già rodati con i locali, Dolce, Retro e Casa 900. “Vogliamo sdoganare il concetto della cucina mediorientale, che non è solo kebab e cous cous e che si presta a una ristorazione di livello. Esempi chiari, in questo senso, sono le aperture di Cleo Hollywood a Los Angeles, Momo a Londra e El Jardin del Califa a Cadice”. Blu cobalto alle pareti, un ricordo delle notti d’Oriente e decori arabeschi da Mille e Una Notte, curati dall’architetto spagnolo Elena Piulats, con smalti colati e il bancone del bar con gli ottoni piegati, acidati e invecchiati, oltre alle decorazioni marocchine che tracciano la via del tavolo. Il menu spazia tra ricette libanesi, israeliane, greche, marocchine e persiane. Tra gli antipasti da provare gli speziati hummus, lo tzatziki e le insalate dagli ingredienti ricercati come menta, melograno, barbabietole viola, pesche e miele. La punta di diamante sono, però, i gamberi fritti avvolti in pasta kataifi, serviti con avocado e salsa di yogurt allo zafferano. Tra i main courses (il concetto tra primi e secondi diventa labile) i Tajine di pollo, manzo, agnello e pesce serviti alla marocchina, ma anche le polpettine di legumi con spezie e coriandolo, la tartare di salmone marinato con harissa e tabulenia. I dessert sono ancora in fase di studio, argomento delicato in Medio Oriente, dove tutti i dolci sono eccessivamente zuccherati per il nostro palato. I cocktail studiati da Roberto Laureri meritano da soli il passaggio al locale: bilanciati, speziati e suadenti come le note della musica araba.

Za’atar
Piazza Orazio Giustiniani 2,
00153 Roma
06 5741382
[email protected]

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Il benessere gourmet delle vacanze nel sud Italia

Il sud Italia ha sempre un fascino misterioso e regioni come la Puglia o la Calabria, negli ultimi anni, hanno visto un incremento esponenziale delle presenze durante la stagione estiva. Luoghi rinomati per la bontà del cibo possono essere anche mete per il benessere del corpo: un viaggio tra le strutture più belle dove trovare entrambi i piaceri nel sud Italia.

La prima tappa del viaggio è la Puglia: ci troviamo al Vinilia Wine resort, a Manduria in provincia di Taranto. Il ristorante Casamatta è capitanato dalla chef Valeria Piccini, che fa scoprire una Puglia del gusto che riunisce i sapori di questa terra all’eleganza della cucina due stelle Michelin. Nel prato della dimora, al tramonto, le lezioni di tai ji con esercizi di Qi Gong coinvolgono i cinque elementi della natura. Ci si può tuffare, poi, nella piscina realizzata con cemento osmotico, che riproduce un fondale marino. Inoltre, è attesa l’apertura, per l’autunno, di una mastodontica spa con i trattamenti, a base di vino, che ora vengono fatti direttamente nelle camere.

Dalla Puglia un salto in Calabria: era chiamata nell’antichità “acqua disgustosa”, ma ora, nell’epoca del benessere, l’acqua delle Terme Luigiane è super ricercata, anche se impregna i vestiti e la pelle di zolfo, avendone la percentuale più alta d’Europa. Ogni due settimane prende vita la serata calabra: antipasto con salumi e formaggi tipici, la bruschetta con la ‘nduja, la marmellata di cipolle rosse di tropea e le polpette di carne sono solo alcuni degli spuntini proposti, per concludere con una serata danzante a tema calabrese nell’Hotel Terme Lunigiane della struttura.

Dalla Calabria basta attraversare uno stretto per trovarsi in Sicilia, nella splendida Taormina, qui al Belmond Grand Hotel Timeo si gode il “Sicilian Ritual”, all’interno del centro benessere della struttura: massaggi ai fiori di Neroli e trattamenti per i piedi, con la lava vulcanica della vicina Etna. Per chi vuole godere delle gioie del palato lo chef Roberto Toro, siciliano verace, riscopre la semplicità della cucina tipica sicula e propone, tra i piatti signature, la pasta alla Norma o con le sarde e il tonno in crosta di quinoa, con zucchine e salsa all’arancia.

Poco distante, a Castiglione di Sicilia e ai piedi dell’Etna, il Pìcciolo Etna Golf Resort & Spa offre un completo relax nel cuore del parco dell’Alcantara e dei Nebrodi: una spa di 1.000 mq con sauna, bagno turco, idromassaggio, water paradise, piscina idroterapica. Due ristoranti propongono una cucina ispirata alla tradizione siciliana, con la filosofia dello chef stellato Andrea Ribaldone: “Fresco, Italiano e Semplice”.

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Il nuovo sapore della tradizione

Antica Pizzeria da Michele

Ci sono luoghi nei quali la tradizione non riesce a stancare. Ci sono posti nei quali, quando ti siedi a un tavolo, speri di trovare i sapori della cucina della nonna, senza rinunciare alle sperimentazioni gourmet più recenti. Ci sono posti nei quali si torna non per abitudine, ma per scelta. Che il popolo italiano sia legato a filo doppio alla tradizione culinaria della propria terra è scontato, ma oggi non tutto finisce qui. L’onda delle sperimentazioni tra ricette della memoria e audaci rielaborazioni è, infatti, un leitmotiv sempre più riconoscibile. Un nome su tutti? L’Osteria Francescana di Modena che, con la firma dello Chef Massimo Bottura, si è aggiudicata quest’anno il secondo posto tra i 50 migliori ristoranti europei al mondo (fonte:www.theworlds50best.com).
Ecco 6 indirizzi che vanno dalla pizza, al gelato, dai fritti al gourmet. Per riscoprire le tradizioni con un nuovo gusto.

Antica Pizzeria da Michele – 125 Church Street (Londra)
Da Napoli a Londra, passando da Tokyo. La famiglia Condurro, da 130 anni presente nel quartiere napoletano di Forcella per far sognare l’eterna folla che si assiepa fuori dalle vetrine, ha deciso recentemente di aprire al mondo. L’idea è stata di Alessandro, discendente dei fondatori, che ha fatto della pizza di Michele un marchio e una startup chiamata “Michele in the World”. Nella capitale inglese, oltre al menu storico (margherita e marinara) c’è qualche proposta in più per accontentare e far innamorare i palati britannici.

Antica Osteria La Rampina – Frazione Rampina, San Giuliano Milanese (Milano)


Più che un ristorante storico dei dintorni milanesi, una pietra miliare della cucina lombarda. Rigorosamente a conduzione familiare, questa trattoria oggi sta vivendo una stagione di rinnovamento, dettata dal ritorno ai fuochi del giovanissimo Chef Executive Luca Gagliardi, che alterna un menu eccezionalmente sperimentale alle proposte più tradizionali del padre Lino. Luca, forte dell’esperienza vissuta a Le Buerehiesel di Strasburgo sotto la guida dello Chef tristellato Westermann, regala la sua sensibilità, attenzione e conoscenza delle tecniche più innovative alla tradizione de La Rampina e di tutti coloro che si siedono nelle sue sale del ‘500.

Restaurant Passerini – Rue Traversière (Parigi)


A volte ritornano. E quando lo fanno, lo fanno alla grande. Stiamo parlando di Giovanni Passerini, chef 40enne che, dopo essere stato assente dalle scene e dalle cucine francesi, è tornato un anno fa, con il suo personalissimo ristorante. O meglio, con la sua personalissima ristorazione. Se vi siete già scordati il suo raviolo di zucca e ricci di mare che faceva perdere la testa nel precedente bistrot Rino, nel nuovo punto di riferimento della cucina italiana gourmet, appena dietro la Bastiglia, la meraviglia è trovare tutta la perfezione della cucina e della ristorazione italiana, dalla pasta, alla quale è dedicata una lista a parte, alla conduzione dalla forte impronta matriarcale.

VesYouVio e Frie ‘N’ Fuie – Via Spontini (Milano)

«Le rivoluzioni spesso derivano dall’esigenza di ritrovare vecchie tradizioni», è il leitmotiv di Vincenzo Di Fiore, napoletano doc con una visione internazionale. La volontà di riscoprire le proprie radici è sempre più forte nel mondo del food e le ricette create in esclusiva per questa piccola Napoli milanese ne sono la prova. Non fatevi ingannare, nei fritti si racchiudono intere ricette della tradizione partenopea, che fanno sognare anche i palati più pretenziosi.

La Bottega del Buon Caffè – Lungarno Benvenuto Cellini (Firenze)

Dalla natura al piatto. Con una stella Michelin. La cucina di Antonello Sardi è autentica, onesta ed eccezionale. La sua storia inizia come assistente, ma in poco tempo le sue doti culinarie saltano agli occhi e al palato. La sua dote naturale, insieme a un’inventiva unica, gli sono valsi il riconoscimento come uno dei giovani chef più talentuosi della Toscana. Questo equilibrio rivive nei suoi piatti che s’ispirano alla tradizione regionale e stagionale, ma che riescono a osare, senza strafare.

Gelateria Tasta – Corso Garibaldi (Milano)

Sono gli unici a proporre la più classica cioccolata in tazza 100% naturale, direttamente dalla barretta. Gelateria, ma anche pasticceria dal forte carattere siciliano e da poco arrivata anche a Milano. Le materie prime sono d’eccellenza, il Pistacchio Verde di Bronte DOP o la Nocciola Piemonte IGP, e le ricette sono all’insegna della sperimentazione tra abbinamenti, profumi e gusti unici ideati dal TastaLab che ne confermano ogni giorno il successo. Qui come in tutto il mondo.

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Milano-Puglia, alleanza di gusto

Nel “laboratorio del gusto” di Antonio Moscara, ponte ideale tra Milano e la Puglia, si investe nella ricerca delle materie prime; la tradizione enogastronomica della sua amata terra è esaltata nei colori, nei sapori e nei profumi, che si traducono in una ricca varietà di piatti meravigliosamente unici. “Pasta fatta in casa, pesce dei nostri mari, verdure dolci, amare e piccanti….” queste le memorie culinarie tramandate di generazione in generazione, che ora vivono di una gloria tutta nuova al Moscara Terra D’Otranto.

Un menù tradizionale e variegato, racconta come una mappa dettagliata, ogni angolo di Puglia. Già a partire dagli antipasti, il tour gastronomico si apre con grandi classici, come le “pittule”, crocchette tradizionali del Salento da gustare con vin cotto, o come il morbidissimo polpo in pignatta (uno dei fiori all’occhiello dello chef ndr), servito con le mitiche friselle, per poi proseguire con puntarelle croccanti, gamberi, scampi e ricci di mare. Mai sazi, si continua con pasta fresca, da tradizione chiamata “scurtighiatta”, fatta con purè di fave, cicoria e pancotto; in alternativa orecchiette con cime di rapa, cicoria e pecorino, o la “ciricì e tria” ovvero la versione salentina di pasta e ceci.

Per onorare la tradizione tricolore il menù di Moscara Terra D’Otranto si arricchisce di una selezione di pizze specialim, che ovviamente portano alto lo stendardo pugliese, con ricette e combinazioni di sapori, inedite. Preparate con farina biologica integrale, vengono lasciate lievitare naturalmente e  cotte in forno a legna, per essere quindi proposte a pranzo e cena come piatto salutare, digeribile, leggero e non per ultimo come mix sfizioso di sapori tradizionali.

Per Antonio, la cucina è una pura forma d’arte in continua evoluzione, da sperimentare e da condividere con gli altri. Testimoni di questa squisita accoglienza, possiamo toccare con mano il piccolo grande regno Moscara, trapiantato a Milano in spazi completamente rinnovati. Il restyling artistico, curato dall’architetto Fabio Novembre, non solo amico e conterraneo, ma anche uno degli architetti-designer più noti a livello internazionale, ha restituito al locale un fascino tutto nuovo,  ispirato ai frantoi ipogei salentini scavati nella roccia.

L’instancabile ambizione del proprietario, rende più che mai viva questa parentesi culinaria doc; da pochissimo arricchita di uno spazio-enoteca, dove apprezzare i prodotti delle piccole realtà d’eccellenza pugliese, magari proprio attorno ad una tavola imbandita.

www.moscaraterradotranto.com

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Sushi all’italiana: dal Giappone all’Italia

Il sapore della cucina del Sol Levante, con i condimenti all’ italiana e un design che ricorda le Hawaii nascosto, però, in una viuzza laterale “vecchia Milano”, nei pressi di Corso Sempione. Fusion è l’aggettivo che caratterizza Kitchen Society, la sintesi del percorso di vita dello chef Alex Seveso, con tante esperienze condensate in gusti decisi, ma armoniosi. Appassionato giocatore di golf e del bien vivre, stile Miami Beach di 20 anni fa, Alex ha sempre amato il sushi e il sashimi, eleggendolo a suo principale nutrimento. Rispetto a quello che si prova in Italia, però, indipendentemente dal ristorante di lusso o dal take away finto giapponese, il sushi qui è sempre intriso da forte salsa di soya e wasabi, tanto da perdere il gusto del pesce fresco. Il condimento sovrasta il sapore del piatto.
Ecco come nasce l’idea di un sushi all’italiana: le migliori tecniche giapponesi unite ai condimenti italiani, la materia prima viene così esaltata da selezionati olii extravergine d’oliva, capperi di Pantelleria, granelle di pistacchio di Bronte, creme di tartufo bianco e di erbe, spezie mediterranee. A Miami il successo. La proposta di aprire catene di ristoranti, società e franchising. L’Italia chiama e Alex Seveso decide che vuole un unico ristorantino, il suo, dove poter sperimentare continuamente nuovi piatti nell’amata Milano, che lo ha visto nascere. Cosa non manca mai nelle creazioni dello chef? Un gusto orientale abbinato al meglio dei sapori italiani, un forte senso dell’estetica e quel tocco caraibico immancabile in chi ha vissuto a Miami.
I must da provare sono il Nigiri Rocher, un gamberone affumicato al pepe, con granella e crema di pistacchio che s’ispira, come tecnica di pralinatura, al noto cioccolatino; la Polpo salad, si parte da un semplice polpo lessato e poi grigliato, abbinato a un’ insalata di cavolo cappuccio con avocado, acciughe e paprika dolce; i risottini fusion con riso giapponese non mantecato (da provare la versione giallo Milano, per una vera e propria fusion) con gamberi, avocado, peperoni e crema al tartufo bianco o quello con mix di salmone, orata, tonno e gamberi con olive, capperi e basilico; tra gli uramaki rolls i migliori sono quelli con orata, burro e salvia (una rivisitazione di una classica ricetta lacustre, il risotto con pesce persico).
Se la novità è la regola, il menu continua a cambiare a seconda dell’estro dello chef: per l’estate i nuovi antipasti come il burger di salmone scottato alla piastra su riso condito e alghe goma wakame; la caprese di tonno tonnato con mozzarella di bufala; il totanetto scottato, ripieno di riso con peperone su purea di fagioli cannellini al vino bianco; il gunkan di King Crab, con acciughe del mar Cantabrico; gli uramaki di gamberi rossi al pesto ligure e diverse proposte con jamon iberico Pata Negra de Bellota de cebo de campo, anche in versione mini hamburger, stanno conquistando rapidamente la clientela.
Lo chef non ama mettersi in mostra, preferisce incontrare i clienti per caso, perché spinti nel vicoletto invisibile di via Chizzolini, per il passaparola, per la curiosità, per il gusto. Preferisce lasciar parlare i Paesi che ha visto, amato, vissuto.

 

Kitchen Society
Via Gerolamo Chizzolini 2
20154 – Milano
Tel. 340.6763939
Chiuso domenica e al pranzo di sabato
Orari cucina: 12-14.30/19.30-23.30

www.kitchensociety.it

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A cena con un single (malt)

L’idea di pasteggiare a whisky può suscitare perplessità al momento, magari si è troppo abituati ad accompagnare le pietanze con del vino, per prendere in considerazione un super alcolico come questo distillato. Poi, però, capita anche di scoprire che l’abbinamento whisky/cibo non solo sia possibile, ma particolarmente indovinato e gustoso. Del resto, si dice che già Ava Gardner e Renato Guttuso fossero degli habitué di questo binomio a tavola, prediligendo distillati dal gusto importante e deciso. Questa particolare esperienza di abbinamento ha pure un nome ben definito, food pairing e sembra essere l’ultima frontiera dell’arte culinaria. A Milano, in vicolo Lavandai, c’è chi propone questa food experience da par suo, accompagnando i piatti dello chef Paolo Rollini non con un solo whisky, ma abbinando a ciascuna portata un single malt diverso, tutti, però, scozzesi. È la scelta di Morgante Cocktail &Soul, raffinato bar ristorante incastonato in fondo al più suggestivo dei vicoli sui Navigli meneghini. Se la cucina è di competenza di Rollini, la degustazione di whisky è affidata a Diageo Reserve, con l’attenta supervisione del brand ambassador Franco Gasparri. Così, si alternano la Tartare di salmone su pane nero con mandorle tostate al gusto leggermente fumoso e fruttato di un Caol Ila Moch d’eccezione; i Tagliolini freschi con cardi gobbi, carciofo e bottarga di muggine alla morbidezza cremosa con note di buccia d’arancia, cacao e liquirizia del Cardhu Special Cask Reserve. Fino all’ultima portata, è un susseguirsi di pietanze e distillati, per arrivare a concludere il pasto con un Parfait agli agrumi con Croccante di Amaretti e Salsa al Cioccolato, accompagnato da un superbo Talisker 18YO. Artefice di questo nuovo modo di degustare, bevande e cibi, è lui, Gianfranco Morgante. Se proprio vogliamo trovargli una definizione Morgante è un architetto, in realtà è un perfetto ospite per i suoi avventori perché, per lui, “la cortesia e la qualità vivono insieme generando piacere”. Non sono solo i whisky a poter essere abbinati con le pietanze. Seguendo il fil rouge della sperimentazione sensoriale, al Morgante il cibo si accosta anche al rum, alla vodka e al gin, oltre che ai cocktail preparati dal bartender Lorenzo Allegrini, che tratta i drink come creazioni sartoriali su misura. Del palato.

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Il locale dove degustare. Lentamente

Lo chef Domenico Della Salandra torna alla carica con un nuovo progetto. Dopo essersi fatto amare da Il Taglio, in via Vigevano, in zona Navigli a Milano, ora si sposta in un quartiere upper class, accanto alla fermata Turati, a metà strada fra il Duomo e la Stazione Centrale. Ha aperto, in sordina e da circa un mese, un ristorante che, sicuramente, sarà molto frequentato dove, tra orchidee e cactus più unici che rari, consumare lentamente un buon piatto di casa, realizzato con tecniche da cucina stellata.
È proprio questa la filosofia di Desinolento, in Galleria Turati. Una carta che a pranzo cambia quotidianamente, garantendo ingredienti selezionati, freschi e stagionali, appartato e solo per pochi. Al momento l’apertura è solo per il pranzo, ma presto sarà elaborato un menu degustazione a 60 euro, per la cena, con piatti semplici, ma sfiziosi. Desinolento: una parola arcaica per sottolineare l’antico rito che incita a consumare in convivialità un pasto, assaporandolo fino in fondo; ecco perché spesso in menu si trovano anche piatti che “gridano” casa.
Alle pareti sono esposte mostre temporanee della galleria Deodato Arte; gli ambienti sono corredati da musica elettro jazz, pop anni ‘70 e da qualche momento rock. Il ristorante è molto materico, con delle tendenze anni ‘50, materiali diversi, sedie spaiate, dove l’unicità di ogni singolo angolo rende il locale sempre diverso. Un grande tavolo social- conviviale al piano superiore, che sembra a prima vista ricavato dal cuore di un albero, fa da contraltare a un bancone retroilluminato di finta ossidiana, più pacato e semplice il primo, effervescente e impegnativo il secondo.
Questo è il regno di Davide Mingiardi, ex Enocratia, che fu il tempio del buon bere a Milano e con esperienza nel bistellato Arnolfo, in Toscana. Il suo fare, spigliato e attento al tempo stesso, rende ancora più preziosa la cucina di Della Salandra e del sous chef Raffaele Russo, in perfetto accordo con lo stile del locale: fine dining, ma senza pretese, senza “puzza sotto il naso”. Trenta selezionati vini in mescita, una piccola carta di cocktail old school e i grandi classici della Milano da bere, ma anche svariati gin e 7 diverse acque toniche. L’inaugurazione si attende per i primi di giugno.
La primavera, introduzione al percorso gastronomico è un gioco visivo di colori e consistenze al palato: asparago bianco, verde, scquacquerone, piselli, fragole, crumble di uova e nero di seppia stordiscono e incuriosiscono fino a finire il piatto prima del previsto.
Dopo l’innovazione si passa a qualcosa di più codificato, ma non meno scontato: triglia con crema di patate al limone, zenzero confit, polvere capperi e olive taggiasche. Semplice e accattivante, perfetto per l’estate.
Ecco il piatto di casa – quello che Antonio Guida, chef executive del ristorante Seta del Mandarin Hotel chiese a Della Salandra quando era da Il Taglio e che diventò il suo piatto del cuore – fave e cicoria. Non un tradizionale fave e cicoria, perché si è usato un olio che è rimasto in infusione con 15 spezie e che conferisce, a un piatto visto e rivisto, una nota piacevolmente speziata e intrigante.
Classico anche questo, ma con qualche appunto caratteristico, il risotto cacio e pepe con le zeste di limone. Un ristretto di aceto di mele e il burro acido a mantecare ne attesta l’appartenenza all’alta cucina.
Per chiudere, un cioccolato bianco, lime, menta e ananas sciroppato homemade, realizzato con la tecnica del sottovuoto. Un ristorante dove prendersela molto lentamente.

Desinolento

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La bellezza nel piatto

Non è difficile meravigliarsi a Roma. Non tanto per i monumenti, quelli si sa, abbondano, quanto per i piccoli segreti che i vicoli celano. Piazza del Fico, ad esempio, rappresenta uno dei tre vertici del «triangolo delle bevute», con piazza della Pace e via della Fossa. Qui, incastonato tra i Rioni Ponte e Parione, nel cuore del centro storico, tra Piazza Navona e il Chiostro del Bramante, si trova un albero di fico che ha poco più di 30 anni ed è stato piantato da Piero Serafini, presidente del circolo degli scacchi. Ogni mattina i partecipanti al circolo degli scacchi si radunano e, sino a sera, giocano con scacchiere portate da casa. E’ uno “show” che attira l’attenzione di tutti coloro che passano per questa piazzetta e che si fermano a bere o mangiare qualcosa al Bar del Fico, punto di ritrovo dei romani e non, da tantissimi anni. Qui, sono presenti i più importanti piatti della cucina romana, reinterpretati dallo chef Giuseppe Claudio Fruci. Tra i più gettonati il parfait al burro d’arachidi, una sorta di semifreddo goloso e avvolgente servito a -16/-18 generalmente a fine pasto. Un dessert facile e veloce dal gusto americano presentato qui da Alice Margherita Bedini, pasticciera del Bar del Fico.

Ingredienti per 4 persone:

4 tuorli
150 g di zucchero
60 g di burro di arachidi liscio
50 g di acqua
230 ml di panna liquida da montare
5 g di gelatina (colla di pesce)
100 g di acqua
400 g di zucchero
150 g arachidi salate

Difficoltà media

Tempi di preparazione 30 minuti + 2 h per il raffreddamento

Ammorbidire la colla di pesce nell’acqua fredda. Nel frattempo, preparare uno sciroppo portando a bollore 50 g di acqua con 150 g di zucchero. Portare alla temperatura di 121 °C e spegnere il fuoco. Versare i tuorli nella planetaria, montare e aggiungere subito lo sciroppo di acqua e zucchero a filo. Montare fino a triplicare il volume iniziale. Strizzare bene la colla di pesce e aggiungerla alla panna. In una ciotola capiente, montare la panna semi ferma. Stemperare il burro d’arachidi nella panna. Iniziare ad aggiungere, poco per volta, il composto di panna e burro di arachidi ai tuorli montati. Mescolare con una spatola con movimenti lenti, dal basso verso l’alto, per non smontare. Versare il composto negli stampini monoporzione e lasciarli in congelatore per almeno 2 ore. Nel frattempo preparare il croccante: versare in una pentola 100 g di acque e 400 g di zucchero. Portare a bollore fino a ottenere un caramello biondo. Aggiungere le arachidi tostate e saltarle in padella. Spegnere i fuoco e versare il composto tra due fogli di carta forno col mattarello. Maneggiare con attenzione il croccante in fase di raffreddamento perché molto caldo. Assemblare il dolce togliendo il parfait dagli stampini monoporzione e aggiungendo un po’ di croccante.

Come cantava Mina? “Dammi il cucchiaino / Fai assaggiare un pochettino / Ma che bontà, ma che bontà / Ma che cos’è questa robina qua /Ma che bontà, ma che bontà…” Appropriato per il parfait che andrete a mangiare.

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Milano Golosa 2016: La riscoperta della materia prima

Al Palazzo del Ghiaccio di Milano tutto è pronto per la quinta edizione di Milano Golosa, rassegna gastronomica ideata da Davide Paolini aka Il Gastronauta. Sabato 15, domenica 16 e lunedì 17 ottobre più di 200 artigiani del gusto daranno vita a un vero e proprio organigramma delle eccellenze agroalimentari italiane, esponendo i propri prodotti e coinvolgendo i visitatori in un viaggio alla scoperta dei tanti giacimenti gastronomici che caratterizzano la nostra penisola.
Il tema principale di questa edizione è la materia prima e la sua valorizzazione, in cucina quanto nelle piccole scelte quotidiane.
Accanto a focus sulla qualità di ingredienti fondamentali come il cacao, il latte, il luppolo, il miele e la farina, troveranno spazio argomenti per i quali cresce sempre più l’interesse del pubblico: gluten free, agricoltura sinergica e foraging saranno oggetto di approfondimento durante la tre giorni grazie alla partecipazione di chef ed esperti del settore.
Oltre a laboratori, incontri e conferenze ci sarà tempo anche per le ricette – sempre all’insegna dell’equilibrio tra consapevolezza e piacere del cibo – e per interessanti degustazioni di vino.
Gli appassionati potranno infatti partecipare a sette importanti master class, organizzate in collaborazione con WineMi, cui si aggiunge l’atteso confronto sui metodi alternativi di vinificazione e affinamento dal titolo Pietra, vetro, porcellana: nuove vie per il vino?, in programma lunedì 17 ottobre alle ore 11.
Da segnalare nel fitto calendario di appuntamenti il Premio Kia alle Botteghe Golose d’Eccellenza, domenica 16 alle ore 14:00, il contest Panino, passione italiana e il premio alla migliore pizzeria d’Italia, attribuito dagli utenti del Gastronauta.it a Sp.accio di San Patrignano (Rimini), le cui premiazioni si terranno lunedì 17 ottobre presso il Palazzo del Ghiaccio.
Il prezzo del biglietto per Milano Golosa è di 10 euro a persona, 5 euro per bambini dai 6 ai 12 anni e gratuito per i bambini di età inferiore a 6 anni.
Info e programma della manifestazione: www.milanogolosa.it

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Una ricetta genuina pensata per l’estate

Una ricetta genuina pensata per l’estate by Zona Franca: Verdure saltate

Ingredienti per 6 persone: 300 gr di fagioli piattoni, 2 porri, 2 gambi di sedano, 3 carote, 2 patate americane, 1/3 di un cavolo cappuccio piccolo.

Pulite bene le verdure e pelate batate e carote. Tagliare i porri a rondelle, i piattoni in tre parti, le carote a rondelle di mezzo centimetro, le patate a fette sottili di mezzo centimetro, il cavolo cappuccio a strisce medie.

Lavare e scolare bene, prendere una pentola con il triplo della capacità della verdura, mettere i semi di 3 bacche di cardamomo e un cucchiaio di semi di coriandolo, farli tostare senza bruciare, aggiungere 3/4 cucchiai di olio extra vergine di oliva. Arrivare a una temperatura alta, evitando di fare fumare l’olio.

Quando la temperatura arriva ad essere molto alta, buttare le verdure scolate creando così uno shock termico sempre tenendo il fuoco alto. La pentola deve rimanere aperta, la verdura non deve stufare né rosolare, deve cuocere però ad altissima temperatura. Salare e pepare a piacere. Con due cucchiai di acciaio, girare le verdure in padella per 8/10 min. Quando si vede che la patata (la patata americana) o il porro iniziano ad essere al dente, spegnere il fuoco, chiudere con il coperchio e lasciare finire di cuocere per altri 5 minuti. Controllare che la verdura non sia cruda. Meglio servirla al dente, senza rischiare di farla diventare scotta. Servite a temperatura media.

ABOUT ZONA FRANCA

ZONA FRANCA è un take away di Varese dove si possono trovare pietanze dolci e salate cucinate prevalentemente con ortaggi, frutti e farine coltivate con semi antichi. Le materie prime provenienti dai semi antichi sono esclusivamente coltivate con tecniche biologiche e biodinamiche. Vengono privilegiate frutta e verdura stagionali  a filiera corta. I piatti, bicchieri e contenitori usati sono composti da fibre vegetali interamente biodegradabili. I forni utilizzati sono elettrici a vapore combinato o a gas, nessuna cottura o riscaldamento sono effettuati al microonde. Sono disponibili una vasta scelta di estratti di frutta e verdura nutrienti sia nelle stagioni calde che fredde. Questo progetto culinario-culturale è stato ideato dall’artista Franca Formenti con la co-direzione di Giulia Bonomi.

www.zonafranca.biz

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In cucina con…Carlo Dal Bianco

Lo sapevate che il design e l’architettura vanno a braccetto con il mondo del food? Sì, perché in questi mondi ci vuole rigore, pazienza, passione, ma soprattutto fantasia. Oggi torniamo con la rubrica tutta al maschile dedicata al mondo del cibo e il protagonista di questo mese è Carlo Dal Bianco, designer e architetto Vicentino di fama internazionale.

Il nome della sua ricetta parla da sè: “Cereali alla scappppadora”

Ingredienti:

2 carote
2 zucchine verdi
2 uova
1⁄2 cipolla o scalogno
150gr. mix 5 cereali Bio (orzo, farro, riso, kamut, avena) Sale rosa dell’Himalaya
Pepe nero del Madagascar
Olio E.V.O.

Preparazione del riso:

Bollire in acqua salata per 10 minuti i cereali,
nel frattempo tagliare a striscioline le verdure e saltarle in padella
con un goccio d’olio, aggiungendo sale e pepe a piacimento.
Tagliare la cipolla e soffriggerla in una padella a parte con olio
extra vergine di oliva. Quando la cipolla sarà dorata, rompere due uova all’interno della padella e strapazzarle con un cucchiaio di legno.

Quando le verdure e i cereali saranno pronti, unire il tutto in un’unica padella, aggiungendo anche le uova strapazzate.
Saltare per un minuto il tutto, aggiustando sale e pepe e completare con un filo d’olio.

Impiattare in una ciotolina e servire tiepido

Preparazione delle uova:

Separare il tuorlo dall’albume e montare gli albumi a neve aggiungendo prima un pizzico di sale.
Pre-riscaldare il forno a 150-160° ventilato.

Prendere una teglia da forno e stendere un pezzo di carta da forno, dividere gli albumi in due piccole montagnole uniformi.

Fare un piccolo buco al centro e adagiarci il tuorlo. Aggiustare con sale e pepe.
Infornare e cuocere per circa 5 minuti controllando che gli albumi siano dorati al punto giusto.

Servire come contorno ai cereali alle verdure.
DD
Un grazie speciale al nostro ospite Carlo e al fotografo David Hatters

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