Alle pendici dell’Etna, tutti i luoghi da visitare

Dai ricchi giardini fioriti del Radicepura Garden Festival alla visita delle cantine ai piedi del Vulcano Etna, Donnafugata. Dall’esperienza stellata della cucina di Giuseppe Raciti al Zash restaurant fino al relax firmato lusso alla Villa Don Venerando. La terra del vulcano più attivo d’Europa vi accoglie con un’infinità di luoghi magici da visitare.

ZASH RISTORANTE

Nel Palmento, luogo in cui avveniva la pigiatura dell’uva per produrre il mosto riposto poi in grandi vasche, oggi nasce il ristorante stellato Zash, capitanato dallo chef Giuseppe Raciti.
La dura pietra, le arcate a volta, il torchio, i sentori del legno, qui si rivive la tradizione e l’esperienza culinaria premiata della stella Michelin nel 2019.
Tutti i colori della Sicilia, la tecnica e la passione dello chef Raciti in piatti che si lasciano ricordare: il gambero rosso crudo di Mazara del Vallo servito su zuppetta di pomodoro e fragole e mousse di robiola di capra; spaghetti di grano duro con salsa alle vongole e limone dell’Etna IGP; il tonno scottato roseo su crema di pane all’aceto, cipolla rossa candita e olio al basilico; brioche con tuoppo servito con gelato e accompagnati dall’illustrissimo Ben Ryé.

Il ristorante stellato Zash, un luogo in cui si incontrano tradizione e innovazione culinaria
La sala del ristorante Zash è costruita all’interno di un palmento, il luogo in cui avveniva la pigiatura dell’uva

Zash.it

DONNAFUGATA

E a proposito di Ben Ryé, siete sulla terra di Donnafugata, l’azienda vinicola esempio di passione e dedizione per il vino siciliano.
La famiglia Rallo, oltre 160 anni di esperienza nel vino di qualità, fonda Donnafugata nell’83 e si fa portavoce di un patrimonio che è anche culturale, storico e artistico, perchè creatori di reti e connessioni che portano l’etichetta siciliana in giro per il mondo.
Da Giacomo Rallo (Co-fondatore dell’Istituto del Vino Italiano di Qualità Grandi Marchi) e la moglie Gabriella, pioniera della viticoltura in Sicilia, lo scettro passa ai figli José Antonio; lei un portento di donna con una formazione economica, una forte passione per il marketing e la comunicazione aziendale, inventa un nuovo modo di raccontare il vino nella veste di cantante del Donnafugata Music&Wine. Riceve il Premio Bellisario 2002 per il suo contributo alla valorizzazione dell’imprenditoria femminile. E’ AD Donnafugata insieme a fratello Antonio Rallo, agronomo e winemaker attento e dotato di una visione strategica. Oggi è alla guida del Consorzio di Tutela della DOC Sicilia, strumento di promozione e di coesione territoriale che conta oltre 8.300 viticoltori.

Con un team fucina di idee, non potrebbero nascere che vini originali e per palati esigenti; un giro tra le cantine Donnafugata è la tappa giusta per unire l’utile al dilettevole, siete nell’area della Sicilia orientale, sul versante Nord dell’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, la cantina con barriccaia si trova esattamente a Randazzo, 21 ettari di vigneto e 2 di uliveto.

Le cantine Donnafugata: il luogo da visitare per assaporare i migliori vini dell’Etna, come il cerasuolo Floramundi

Ma Donnafugata è anche “sartorial”, dall’azienda spiccano i Vini Icona: Mille e una Notte, prestigioso rosso della tenuta di Contessa Entellina, Ben Ryé Passito di Pantelleria, e i “cru” dell’Etna Fragore di Contrada Montelaguardia e l’Etna Rosso DOC Contrada Marchesa.

Indimenticabili e certamente artistiche anche le etichette d’autore realizzate da Stefano Vitale, ispirate dal nome della maison che rimandano al romanzo Il Gattopardo e alla storia della regina in fuga, che trovò rifugio là dove oggi si trovano i vigneti aziendali. Sono donne dai capelli rosso fuoco, come la lava del vulcano; sono dee della natura, che ringraziano la terra; hanno i colori accesi della Sicilia e ispirano esotici racconti, un po’ come Le Mille e una Notte. 

Una bottiglia di Floramundi, vino cerasuolo di Donnafugata
Floramundi

Donnafugata.it

FUTURO ANTERIORE

La sfida della viticoltura eroica di Pantelleria al Radicepura Garden Festival 

Un tuffo nei ricchi giardini del Radicepura Garden Festival per conoscere la straordinaria storia della Biennale del giardino Mediterraneo, visitabile fino al 19 dicembre 2021.
Tema sono i Giardini del Futuro e protagonisti assoluti sono le culture eroiche di Pantelleria il cui vigneto ha preso forma e sostanza alle pendici dell’Etna, all’interno del Parco botanico di Radicepura, diventando simbolo di forza e vita di una storia millenaria che celebra la convivenza armonica dell’uomo con la natura. Il nome del giardino è Futuro Anteriore, nell’isola dove l’uomo nel corso dei secoli è riuscito a coltivare la vite in un ambiente estremo: ventoso, poco piovoso, con terreni in forte pendenza e senza sorgenti di acqua. La vigna è su terrazze sorrette da muretti a secco in pietra lavica, costruiti dalle sapienti mani dei viticoltori; i terrazzamenti contribuiscono a prevenire l’erosione del suolo e rendono unico il paesaggio dell’isola.

Mario Faro, il fondatore di Radicepura Garden Festival con Josè e Antonio Rallo, vincitori dei Giardini del Futuro per la loro vigna a Pantelleria
ai lati Josè e Antonio Rallo, al centro Mario Faro, fondatore di Radicepura

DOVE ALLOGGIARE 

SHALAI

Alle pendici dell’Etna, esattamente a Linguaglossa, sorge Shalai Resort, una dimora dell’800 che fu residenza signorile e che oggi ospita 13 camere dove si mescolano tradizione e comfort.

Shalai in dialetto siciliano significa “gioia piena, momento di genuino benessere”, che rappresenta quanto l’hotel desidera far vivere ai suoi ospiti: un benessere completo, personalizzato, che coinvolga tutti cinque i sensi, grazie anche al ristorante Gourmet e al Centro Benessere con bagno turco, sauna finlandese, vasca idromassaggio e trattamenti personalizzabili.

Tra i luoghi da visitare ai piedi dell’Etna c’è sicuramente Shalai: un resort dedicato al relax e alla cucina gourmet
La facciata del Resort Shalai di Linguaglossa
Una delle camere matrimoniali del Resort Shalai
La spa del Resort Shalai, in provincia di Catania

Shalai.it
VILLA DON VENERANDO 

Se davvero volete concedervi un lusso senza tempo, la vostra destinazione è Villa Don Venerando, posizione privilegiata sul Mar Ionio e vista dell’Etna, questa casa di famiglia accoglie al suo interno fotografie, oggetti del passato, antichi dipinti, preziose argenterie, servizi di porcella ed eleganti chandelier.

Totale l’immersione nei colori verdi della natura e blu cobalto del mare, Villa Don Venerando ha terrazze panoramiche, prati, una piscina riscaldabile, ambi divanetti esterni riparati dal sole e camere vista mare con accesso alle terrazze.

Esterni ed interni rispondono ad un arredamento curato nel minimo dettaglio; è certo il luogo che suggerisce molte riflessioni sulla bellezza di “casa nostra”, un’Italia commovente che ci regala le meraviglie del mare e le delizie sulla tavola. Tra le palme e su una marmorea tavolata, è possibile pranzare all’ombra, sperimentare il dolce far niente ed esercitare il nostro spirito d’osservazione.
Non vorrete più andar via, questo è certo, ma tornerete dal viaggio con qualche ruga in meno.

Villa Don Venerando: il punto di partenza ideale per visitare i luoghi più belli del territorio dell’Etna
La piscina di Villa Don Venerando, un luogo magico ai piedi dell’Etna
Villa Don Venerando: camera matrimoniale con letto a baldacchino
Gli interni di Villa Don Venerando a Carrubba

Villa Don Venerando

MORGANA 

A soli 30 minuti d’auto da Linguaglossa, il locale più cool di Taormina, il Morgana!
Clientela internazionale ed esigente, il Morgana vanta l’esperienza dei più grandi artisti della mixology, luogo dove il dettaglio non è mai a caso, si veste spesso di abiti nuovi, rinnova gli arredi, i colori, e soprattutto il menu, che oggi è dedicato alla Sicilia e ai suoi succosi frutti.

Bar Manager oggi Paolo Viola, Brand Ambassador di Belvedere Vodka e una formazione al Ritz di Londra, Paolo vi accompagnerà nella scelta dei cocktail con gentilezza inglese e con la passione della sua terra.
Per iniziare il gioco consigliamo una Bulle Glacée Veuve Cliquot Brut “Cuvée Saint- Pétersburg” e granita alla fragola; per gli amanti del whisky che non vi rinunciano nemmeno in estate, un “Flame” servito in coppa fatto di pera cotta in Ardbeg 10yo Whisky dolcemente pestata con Belvedere Heritage 176, uniti a miele, lime, un granello di sale e Cherry Hering. E per onorare l’opera dei Pupi a Palermo, proclamata Patrimonio Immateriale dell’Umanità da Unesco, un’OPIRA. Frutto della passione e fava tonca legati in un mix di Bulleit rye Whiskey, Casamigos Mezcal, Amaro Montenegro e Cherry Hering servito in Tumbler Basso.

Il Morgana è la gioia di un drink che non delude mai.

Il luogo imperdibile da visitare nel territorio dell’Etna per gli amanti dei cocktail? Il Morgana di Taormina
La sala con divanetti di Morgana per bere ottimi cocktail in completo relax

Morgana Taormina

Roku Gin, il gin giapponese da scoprire adesso

Roku è la tradizione di casa Suntory proiettata in epoca moderna: un gin che racchiude l’anima del primo gin giapponese presentato sul mercato. Era il 1936 quando un giovane Shinjiro Torii, fondatore di Suntory, disse “Un giorno, il gin prodotto in Giappone sarà amato in tutto il mondo” , presentando Hermes Gin, di stampo inglese e basato su 8 botanicals molto classici per la produzione di un buon gin.  I master distiller di casa Suntory, creando Roku nel 2017, hanno voluto dare nuova vita al gin di Shinjiro Torii, avvalendosi degli elementi che la natura giapponese mette a disposizione. La missione è stata quella di valorizzare la ricetta originale, senza però snaturarla.

È proprio nel  2021 che Roku Gin lancia per la prima volta in Italia una campagna di comunicazione a 360°. La nuova campagna ruota intorno alle stagioni del Giappone, di cui Roku è l’emblema. Il claim è semplice, chiaro, diretto, non c’è bisogno di altro: “Alive with seasons of Japan”.



L’ideogramma impresso sulla bottiglia significa 6, come sei sono i botanicals giapponesi raccolti a mano e presenti nel gin. Ogni botanical viene raccolto durante lo Shun, il momento di massima fioritura, in cui ogni elemento della natura esprime le sue massime caratteristiche, e rappresenta una stagione.

Le quattro stagioni dell’anno esprimono quindi il legame indissolubile tra Roku e la natura giapponese.

Così i fiori e le foglie del Sakura, il famoso e coloratissimo ciliegio giapponese, rappresentano la primavera, conferendo a Roku il suo appagante aroma floreale.  L’autunno è rappresentato dal pepe Sansho, un pepe molto particolare che viene raccolto e distillato fresco. Questo, a differenza di quanto si possa immaginare, regala una speziatura agrumata e delicatamente pungente.



L’inverno è la stagione degli agrumi in Giappone, e per rappresentarlo viene utilizzato lo Yuzu, tipico agrume giapponese dal profumo inebriante.  Infine l’estate viene rappresentata dal tè verde. Vengono utilizzati due tipi di tè: il tè Sencha e il tè Gyokuro, che durante l’estate regalano il loro miglior raccolto, detto Summer Flush.

È proprio durante la stagione estiva che le lunghe giornate assolate portano alla pianta di Camelia sinensis, la pianta del tè, il maggior apporto di clorofilla. Questi due tè conferiscono la nota erbacea e leggermente amaricante avvertibile sul finale. La scelta dell’utilizzo del tè viene presa per dare forza alle note leggermente amare e speziate che Torii aveva individuato utilizzando cannella, cardamomo e angelica. Il ginepro ovviamente rimane al centro della scena, proprio per evidenziare il retaggio di cui Roku è figlio.

Il messaggio che Rock vuole lanciare è che la Natura è viva e che il don di ogni stagione è prezioso. Si tratta di un momento di condivisione, in cui ogni Roku Drinker può avvicinarsi al proprio “Shun”.

Passione camicia

Sin dall’Ottocento la camicia diviene protagonista nell’abbigliamento maschile. La forma del colletto in quell’epoca rivelava status sociale: più era imponente e vistoso maggiore era il rango sociale cui si apparteneva. E che dire delle stampe? Si giunge così dai colletti inamidati e candidi fino alla rivoluzione stilistica nata negli States grazie all’invenzione della print hawaiana.

La camicia è perfettamente sospesa tra eleganza e pragmatismo. Abbiamo selezionato alcuni marchi indipendenti che realizzano camicie made in Italy. Da seguire immediatamente.

Benevierre 
https://www.benevierre.it/

“La mia passione nei confronti della moda, deriva dall’estrosità di mio padre. Sin da quando ero in fasce, mi ha cresciuto illustrandomi a colpi di chitarra, i suoi gusti e le sue passioni mescolandoli nella vita quotidiana ad educazione e carattere. Il continuo modificare capi di abbigliamento, mi ha portato ad approfondire quel che c’era dietro un indumento: la scelta del tessuto, la manovalanza, il cucire. Curiosità e passione mi hanno spinto a cimentarmi su queste attività. Con tempo e dedizione, ho imparato a cucire a mano ed a macchina, acquisendo l’arte del creare un capo.”

Con queste parole il giovane imprenditore e direttore creativo Andrea Coli descrive il suo progetto Benevierre, che ci ha colpiti per l’allure nostalgico e psichedelico, ma al tempo stesso attualissimo per la scelta della nuance e per i volumi. La camicia artsy che amerete se siete animi gipsy e sognatori.

Giannetto Portfofino 
http://www.giannettoportofino.it/

Un imprinting più sobrio e classico è la scelta di stile del marchio Giannetto Portofino: tinte naturali affiancate ai classici estivi come il turchese, il verde e l’arancione per le nuance. La gamma dei prodotti per la Spring Summer 2020 omaggia anche i fit di Miami (camicia over a mezza manica) e i volumi militari.

Hydrogen
www.hydrogen.it

Attenzione all’ambiente coniugato a materiali hi-tech: questa la formula adottata dal creativo Alberto Bresci del marchio Hydrogen. Con la sua Hydrogen Future Lab ha creato camicie senza tempo dall’allure metropolitano, particolarmente adatte per il suit da ufficio ma anche declinabili per il leisuretime.

CROSSFIT MANIA

Si riconferma trend per il 2018 il CrossFit, la disciplina creata da Greg Glassman negli Stati Uniti nel 2000, che mira a rafforzare la forza e la prestanza fisica generale dell’individuo attraverso esercizi ad alta intensità, calibrati alle capacità psico-fisiche di ognuno, eseguiti in brevi intervalli di tempo. Si tratta di un allenamento vario, che attinge a diverse discipline, tutte con differenti funzioni e caratteristiche, per raggiungere una preparazione fisica generale. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Bosio, Head Coach di CrossFit Cremona che in esclusiva per Manintown darà nelle prossime settimane ulteriori suggerimenti su come affrontare questa disciplina.

Che cos’è il CrossFit?
Il CrossFit è un programma di forza e condizionamento, che ha come scopo il miglioramento delle capacità psicofisiche dell’individuo, espresse nelle dieci componenti del fitness riconosciute: resistenza cardiovascolare e respiratoria, stamina (resistenza muscolare specifica), forza, flessibilità, potenza, velocità, coordinazione, agilità, equilibrio e precisione. Ciò, quindi, su cui si basa il nostro sport è la preparazione fisica generale. Nel CrossFit non si è specializzati solo su un elemento o su un dominio ma si è pronti ad affrontare prove multiple e costantemente variate. Tutto ciò si traduce nello sviluppo delle nostre capacità motorie tramite i tre grandi insiemi: ginnastica (elementi a corpo libero, sbarra e anelli, ecc.), sollevamento (olimpico, powerlifting, kettlebell lifting, strongman) e monostrutturale (corsa, vogatore, nuoto, bike, skierg).

Cosa significa esattamente? A cosa sono funzionali i movimenti?
Molto semplice, alla vita quotidiana! Imparare a sollevare un oggetto da terra in maniera sicura ed efficiente, trasportare un oggetto da un punto A a un punto B, imparare ad accovacciarsi e rialzarsi senza distruggerci un ginocchio è fondamentale, sia per un uomo d’affari che passa molto tempo in ufficio sia per un campione olimpico che fa della performance il suo pane quotidiano.

E la relativa alta intensità? Cosa significa?
Il CrossFit fa dell’alta intensità (relativa) una parte fondamentale della propria programmazione in quanto, insieme ad i movimenti funzionali, ci porta a un’ottimizzazione della risposta neuro endocrina. Con il termine alta intensità intendiamo la capacità di muovere tanto peso, per una distanza sempre maggiore e nel minor tempo possibile. Ovviamente, come anticipato, essa sarà relativa alle capacità psicofisiche di ognuno al momento dell’allenamento. All’interno del box, quindi, troverete un WOD (così chiamiamo l’allenamento del giorno, Workout Of the Day) che sarà frutto della programmazione studiata e ristudiata dai coach. La programmazione CrossFit è costantemente variata, vero, ma ciò non significa casuale. Ogni programmazione deve rispondere ai criteri scientifici di osservabilità, misurabilità e ripetibilità ovvero ogni singolo risultato deve poter essere registrato, misurato e ripetuto (o meglio migliorato) ed ogni classe deve essere condotta secondo i principi di sicurezza, efficienza ed efficacia dei movimenti.

Come è possibile misurare il miglioramento di un soggetto?
Molto semplice: tramite i cosiddetti allenamenti Bennchmarks, ovvero dei test sempre uguali che, periodicamente, vengono proposti nella programmazione stessa.

Il CrossFit è per tutti?
La mia risposta è sempre affermativa, dal momento che ogni classe è governata dal principio di scalabilità degli esercizi, ovvero la capacità di poter ridurre o modificare il grado di difficoltà di un determinato esercizio proprio per renderlo accessibile a chiunque. Questo è il motivo per cui, nella stessa classe, i coach riusciranno a guidare sia i principianti che i ragazzi più esperti verso il raggiungimento del risultato.

Come è nata la tua passione per il CrossFit?
L’amore per il CrossFit nasce più di 6 anni fa, ancora ero un semplice personal trainer in una globo gym, studente di Scienze Motorie. Il bisogno di una sfida con me stesso, di qualcosa che mi mettesse alla prova, in cui io potessi dare tutto me stesso, mi portarono a conoscere il CrossFit (allora non diffuso come oggi). Il box (chiamiamo così le nostre palestre) più vicino era a Parma ed ogni giorno, insieme ad un amico, prendevamo l’auto da Cremona ed andavamo ad allenarci. Dopo circa un anno e mezzo di allenamenti decisi di sostenere l’esame da CrossFit Level 1 Trainer per insegnare agli altri il nostro sport. Nell’ottobre 2014 ho iniziato a lavorare come coach per CrossFit Piacenza. Col passare degli anni ho ottenuto anche il CrossFit Level 2 e il CrossFit Kettlebell Trainer Certificate e ora sono qui, a CrossFit Cremona. La cosa più bella che potessimo realizzare (grazie al collega ed amico Gianluca Guzzon, owner del box) è stata proprio quella di portare lo sport del fitness nella città dove siamo cresciuti.

Hai altri progetti oltre al CrossFit?
Lavoro insieme alla mia compagna, farmacista, a un progetto chiamato Fuel Academy BM, volto all’ incremento delle performance di un atleta piuttosto che al miglioramento della salute di un utente, grazie alla combinazione di una corretta nutrizione/integrazione ed una precisa programmazione sportiva.

Photos by Gloria Perdomini
®Riproduzione Riservata

Collezionare fragranze. Roberto Greco racconta la passione per Serge Lutens

Nel mondo delle fragranze Serge Lutens é un’icona. L’esordio come make up artist per Vogue, a fianco di maestri della fotografia come Richard Avedon, Guy Bordin e Irving Penn, poi il passaggio dall’altra parte dell’obbiettivo. Una linea di cosmetici creata per Christian Dior, e all’epoca etichettata da Vogue come “rivoluzionaria” e poi le campagne pubblicitarie per Shiseido, scatti che vengono esposti al Guggenheim Museum di New York, mentre alcuni cortometraggi pubblicitari sono premiati con due Leoni d’Oro al Festival di Cannes. Fino ad arrivare al lancio della sua linea di fragranze, amatissime dagli addetti al settore e anche dal pubblico. Tra i fan delle creazioni di Serge Lutens il fotografo Roberto Greco, svizzero (é nato a Ginevra) ma di origini italiane, collezionista dei profumi della maison. Una passione per la fotografia, come Monsieur Lutens, che si é concretizzata nel suo lavoro. Roberto vive a Parigi e le sue immagini sofisticate sono state esposte in tutto il mondo oltre a comparire periodicamente in diversi magazine. Negli ultimi periodi lavora spesso per il mondo del profumo, sopratutto di nicchia. Tra tutti i profumi che ha avuto modo di provare i suoi preferiti sono quelli di Serge Lutens tanto che li colleziona.

Ma come nasce questa sua passione?
La maison Serge Lutens ha un posto importante nella mia passione. I nomi, i colori, le boccette, le storie, il suo universo intero mi da brividi, ancora oggi. Ed è l’unico marchio di cui faccio la collezione. Ho scoperto i profumi di Serge Lutens per caso in una profumeria. Sono stato attratto dalla forma dei flaconi, ma sopratutto dai nomi. Il primo che ho preso in mano era “Arabie”, proprio perché il suo nome mi aveva incuriosito. Da allora ho iniziato a collezionarli arrivando a quota 46, alcuni doppioni, perché ci sono varie versioni.  Due anni fa ho spedito a Monsieur Lutens un ritratto fotografico di donna che avevo fatto ispirandomi al suo mondo fotografico. Ricevere una sua risposta è stato un regalo!
Tra tutti i profumi di Serge Lutens della mia collezione,questi sono i miei preferiti:
Chêne“: è stato il primo. Un legno liquoroso, aspro e poi morbido. La forza della sensualità.
Santal de Mysore“: il suo odore mi ha ossessionato per giorni da una mouillette che avevo nel portafoglio. Un sandalo speziato, quasi culinario, palpabile.
Serge Noire” perché è un profumo fatto di mille storie. Le prime volte è stato lui ad indossarmi e non mi piaceva, ma oggi è uno dei miei preferiti per i suoi chiodi che sanno di garofano “dandy” e i suoi vapori di incensi carbonizzati.
La Myrrhe“: semplicemente un capolavoro. Una mirra metallica, con tocchi amari e frizzanti di scorza di mandarino. Molto chic, elegante, potente senza urlare.
Cuir Mauresque“: perché due parole basterebbero : soave sensualità.
Santal Blanc“: indossare un profumo che sa di pelle salata, cosa c’è di più fantastico? Un sandalo latteo e pepato…

Foto: © pic by Roberto Greco
© Illustrations by Olivier Schawalder

sergelutens.com

USHBAG: IL SOCIAL BACKPACK

Lo sguardo attento e curioso di due giovani designer milanesi, insieme a una fertile creatività e a un forte desiderio di condivisione, ha dato vita allo zaino Ushbag. Totalmente Made in Italy, questo backpack trascende il semplice oggetto fisico perché la sua dimensione social ruota attorno a una community che raccoglie giovani appassionati di nuove tecnologie, di musica, viaggi e fotografia. Di fatto, si appresta a essere un contenitore di idee, di passioni e di esperienze in giro per il mondo. Gli zaini sono studiati e progettati appositamente per interpretare le molteplici esigenze di quei ragazzi metropolitani in perenne movimento. La loro forma, insolita e originale, ricorda una vela, una casa stilizzata o un origami ben piegato. Duttili e funzionali, si rivelano ideali per quegli oggetti ormai essenziali della vita quotidiana, come il notebook e lo smartphone. I concetti base di stile e funzionalità sono declinati in due tematiche dai caratteri contrapposti: la Bright Collection, incentrata sul viaggio, e la Forward, dall’animo più urbano. Entrambe presentano una pratica chiusura a zip verticale a prova di taccheggio e spalline in corda che facilitano un’equa distribuzione del peso e assicurano una maggiore confortevolezza e portabilità anche durante le attività outdoor.

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