Next Generation Awards: il premio di Manintown per supportare i new talents

MANINTOWN presenta la prima edizione dei NEXT GENERATION AWARDS, un nuovo progetto che sottolinea l’ulteriore impegno del magazine, che da anni lavora sullo scouting di nuovi talenti nel mondo del cinema e della creatività. E proprio il legame col cinema e le arti performative è diventato sempre più forte nell’ultimo anno fino a spingersi a diventare un vero e proprio focus editoriale di MANINTOWN inteso come piattaforma dove scoprire i più promettenti nomi nel cinema, nella musica e comunicazione (tra fotografi, registi, digital artist).

Da qui l’esigenza di dare maggior concretezza a questa passione con l’iniziativa NEXT GENERATION AWARDS che trova a Venezia la sua ideale e naturale cornice durante la mostra internazionale d’arte cinematografica.

Commenta Federico Poletti, founder & Editor in chief di MANINTOWN: “Sin dalla sua nascita nel 2013 la vocazione del magazine è stata orientata alla ricerca di tutto ciò che innovativo e nel raccontare i fenomeni emergenti nella moda e nelle arti, dal cinema alla musica, dall’arte fino al design. Nel tempo abbiamo dato voce a numerosi interpreti, che abbiamo visto crescere anche grazie alle nuove piattaforme come Netflix e ai social. Per questo, oltre ai due premi ai nuovi volti del cinema, mi sembrava interessante dare anche spazio anche a un fenomeno che arriva dal web.

I premiati per questa prima edizione del NEXT GENERATION AWARDS sono:

  • –  Miglior attore rivelazione: GIANCARLO COMMARE
  • –  Miglior attrice rivelazione: LUDOVICA FRANCESCONI
  • –  Web talent of the Year: ELISA MAINO

Commare si è fatto notare in serie come “Skam Italia” targate Netflix, e nel recente “Maschile Singolare”, film a tematica omosessuale con una narrativa realista che ha segnato la differenza nel racconto cinematografico. Un volto che sta crescendo con produzioni di qualità tra cinema e teatro. Lo vedremo a breve in sala dal 16 settembre con “Ancora più bello” al fianco di Ludovica Francesconi. Ed è per questo che vogliamo riconoscere il suo talento con il New Generation Awards di MANINTOWN.Commenta lo stesso Giancarlo Commare: “Le sorprese mi piacciono e la comunicazione di questo premio lo è stata sotto ogni punto di vista. Attraversiamo tutti dei momenti un po’ sottotono e soprattutto in quei momenti le belle notizie, aiutano e sono maggiormente apprezzate. Bisogna lasciarsi sempre sorprendere dalla vita e ringraziare per tutto quello che ci viene dato.”

Giancarlo Commare, il vincitore del Premio assegnato da Man In Town al miglior attore

Ludovica Francesconi (classe 1999), giovanissima, con un volto, di cui non si può fare a meno di innamorarsene per la sua freschezza e spontaneità. Anche lei reduce dal grandissimo successo de “Sul più bello” che abbiamo visto su Amazon Prime Video, ora la vedremo sempre al fianco di Giancarlo in: “Ancora Più Bello”. Ha sempre voluto fare l’attrice sin da bambina quando sentiva il profumo dei pop-corn. Siamo certi che il suo percorso sarà ricco di riconoscimenti e vogliamo essere i primi a premiarla come Miglior Attrice Rivelazione con il New Generation Awards di MANINTOWN.

Ludovica Francesconi, la vincitrice del Next Generation Award 2021 per la miglior attrice

Elisa Maino, classe 2003, con oltre 5 milioni di follower su Tik Tok e quasi 3 milioni su Instagram, è tra le web talent italiane della sua generazione che hanno riscosso più successo a livello internazionale. Dall’apertura del suo canale YouTube nel 2014, Elisa non ha mai smesso di raccontare sé stessa e le sue passioni sui social, diventando la musa ispiratrice di una generazione. Appassionata di scrittura, ha pubblicato due romanzi con Rizzoli: il primo, “OPS”, ha venduto più di 100mila copie in tutta Italia. Il secondo, “OPS2 – Non ti scordar di me”, si conferma un successo editoriale. Il suo terzo romanzo “Con amore”, è in uscita il 20 Settembre 2021.

Elisa Maino vince il best web talent Next Generation Award 2021

Davide Musto, fotografo & head of scouting di MANINTOWN: “Ho la fortuna di seguire con occhio attento le evoluzioni dei nuovi talenti e dei cambiamenti socio culturali che il mondo del cinema e i suoi giovani attori ci regalano quotidianamente. Il mio è un impegno costante nella ricerca o nella scoperta di nuovi volti che accompagno insieme a storie di moda. La scelta dei due finalisti è arrivata naturalmente. Seguo Commare da quando è apparso nella serie Skam e da quel momento ho sempre voluto raccogliere il suo volto con la mia fotocamera. In questi anni Giancarlo Commare ha saputo raccontare ruoli diversi con quella fine verità che appartiene soltanto ai grandi attori e ha saputo rendere moderna la capacità di essere una persona, ma anche un personaggio. Ho avuto inoltre l’onore di aver già lavorato con Ludovica Francesconi e sin dal primo scatto il suo sguardo è penetrato così profondo nel mio obiettivo che è stato naturale pensare al futuro di questa giovane attrice che credo sarà segnato da grandi interpretazioni”.

La premiazione si svolgerà venerdì 10 settembre, dalle 18.30 nella Campari Lounge | Terrazza Biennale e ai premiati sarà dedicato un servizio speciale sul prossimo numero cartaceo di MANINTOWN in uscita per il Festival del Cinema di Roma. Per ribadire il legame con i giovani creativi MANINTOWN ha scelto di far realizzare il NEXT GENERATIONS AWARD all’artista italo-colombiana Rosana Auqué, che ha creato per i 3 vincitori 3 opere per testimoniare la magia del paesaggio

veneziano e dell’arte cinematografica. Racconta la stessa Rosana: Ho voluto trasmettere l’atmosfera incantevole di Venezia, la sua bellezza infinita e la sua grande storia. La magia del paesaggio che mischia il cielo con l’elemento più caratteristico della città, l’acqua, creando sfumature inesauribili amate da tanti artisti. Non a caso un Re di Francia ha detto “Se non fossi re di Francia, sceglierei di essere cittadino di Venezia.”

Il team di professionisti Kemon, visionario leader internazionale nel mondo dell’hairstyling, curerà l’immagine dei due vincitori Giancarlo Commare e Ludovica Francesconi e gli special guest dell’evento, oltre una serie di talent che saranno svelati nel prossimo numero di MANINTOWN.

“Il cinema è cambiato con la pandemia, ma non per tutti i versi in peggio, come dimostra il successo di piattaforme digitali come Netflix o Amazon Prime, che si sono rivelate di vitale importanza. Oggi abbiamo la consapevolezza che dobbiamo far tornare ovviamente le persone nelle sale cinematografiche e in sicurezza, ma abbiamo anche una marea di produzioni in più che posso dare lavoro ad attori, attrici ed addetti ai lavori. Il cinema italiano per un momento è stato come in stallo, sembrava che non potesse evolvere, invece ora ci troviamo con una new generation di attori sbalorditivi e preparati. Ed è proprio per questo che noi a MANINTOWN fin da subito abbiamo voluto dare grande spazio ai giovani talenti, guardando soprattutto all’editoria che magari continuava a parlare di giovani talenti tramite le stesse persone, che poi tanto giovani non erano più. Il cinema deve essere una casa sicura dove sperimentare, e solo chi ha la freschezza e il talento con un pizzico di ironia secondo noi potrà portare la bandiera del cinema italiano nel mondo, proprio come l’Italia ha sempre fatto. Dobbiamo lavorare affinché chi se lo merita possa emergere, divertirsi e far divertire il pubblico a casa, perché il cinema ricordiamocelo sempre è Intrattenimento.” conclude Fabrizio Imas, Entertainment Editor di MANINTOWN

DOVE E QUANDO

Campari Lounge | Terrazza Biennale – Venezia Lido (di fronte al Palazzo del Casinò) Venerdi 10 settembre, dalle 18.30 alle 20.30

Per accreditarsi all’evento: [email protected]

La locandina dell’evento Next Generation Awards 2021

A model’s talk: Andrea Manzoni

Cosa ti ha spinto a decidere di intraprendere la carriera di modello?

E’ successo tutto per puro caso: una domenica, mentre frequentavo ancora al liceo, un booker (che purtroppo ora non c’è piu) Massimo Curella, mi ha fermato per strada ed ha lasciato il suo biglietto da visita ai miei genitori. 
È iniziato tutto molto gradualmente, io giocavo a calcio quindi mai mi sarei aspettato di intraprendere questa carriera, poi però ho iniziato a viaggiare molto. Ho vissuto molti anni in Asia, mi piace davvero moltissimo, ho visto città come Shanghai, Singapore, Hong Kong e Pechino. Sono poi tornato in Italia per lavorare con clienti come Dolce e Gabbana e ora vivo tra Milano e Parigi.

Cosa ne pensi di Parigi?

Io mi trovo molto bene, vivo da solo anche se all’inizio non è stato molto facile trovare casa. Abito vicino a Notre Dame, esattamente a Saint Pompidou. È molto bello, rappresenta a pieno la vecchia Parigi, piccoli vicoletti pieni di vita ad ogni ora. Il lavoro è molto diverso rispetto a qui, l’espressione dell’uomo è particolarmente ricercata.

Un luogo che ti è rimasto impresso e che consiglieresti?

Sicuramente Shanghai, dove ho vissuto per cinque anni. Per un anno ho anche smesso di fare il modello perché questa città mi aveva totalmente rapito, facevo quindi il manager nei locali. A differenza di Pechino, Shanghai è molto più aperta ed internazionale. Un ristorante che sicuramente consiglierei è ad esempio The Fellas, un terrazzo con vista sul the Bund, gestito da italiani. Di cose da fare ce ne sono veramente molte, ma anche solo passeggiare per la vecchia Shanghai o People’s square riesce a far innamorare chiunque della città.
La consiglio sicuramente a chi vuole fare il modello, si lavora molto ma decisamente bene.

Parlando invece di te, che tipo di allenamento segui per tenerti in forma?

Io mi alleno in casa, venendo dal mondo dal calcio e del nuoto faccio fatica ad abituarmi alla palestra. Faccio corpo libero un’ora al giorno tutti i giorni, ed è da due anni e mezzo circa che non salto mai un giorno di allenamento.
A 30 anni il fisico cambia, per quanto riguarda l’alimentazione sono sicuramente più attento a ciò che mangio.

Che tipo di rapporto hai con i social network?

Sicuramente è parte integrante del mio lavoro, credo sia molto bello. Molto spesso viene confuso il fatto di essere un modello, un influencer o una persona che sponsorizza un brand. Sono tre cose completamente diverse, però i social ci permettono di essere visti da chiunque e quindi anche di essere ingaggiati più facilmente. E’ bellissimo essere in contatto con tutto il mondo, soprattutto viaggiando molto, anche se in Cina i primi anni è stato molto difficile poiché la maggior parte dei siti sono bloccati dal governo.

Cosa non può mancare nella tua valigia quando viaggi?

Sicuramente un libro che mi ha regalato mio padre, che è l’Alchimista di Coelho. Mi ritrovo molto in alcune parti del racconto; ogni volta che lo leggo c’è sempre qualche dettaglio che mi faccia pensare che la storia sia la mia.

Un accessorio o un capo che non può mancare nel guardorba maschile?

Un pantalone elegante, non uso mai i jeans.

Hai dei sogni nel cassetto?

Vorrei comprare una casa ai miei nonni, perché sono molto legato a loro e vorrei riuscire a fare questo regalo per ricambiare tutto ciò che mi hanno dato.

Progetti futuri invece?

Mi piacerebbe moltissimo poter continuare a lavorare in questo mondo, vorrei diventare booker o casting director per poi magari aprire un’agenzia, che trovi un giusto equilibrio tra la soddisfazione del cliente e le esigenze del modello.

Ph: Antonio Avolio
Style: Stefano Guerrini
Stylist’s assistants: Fabiana Guigli, Davide Spinella
Grooming: Matteo Bartolini @Freelancer Agency using R+CO
Model: Andrea Manzoni @Independent MGMT
Interview: Martina Belluschi

In copertina: Total look Dondup, scarpe Baldinini 

ENGLISH VERSION

What pushed you to undertake a modeling carreer?

I was still attending high school and I was out with my parents on a Sunday, a booker named Massimo Curella stopped me and gave his business card to my parents. It all started gradually, since I was a football player I would’ve never imagined to become a model, but then I started traveling a lot. I lived for many years in Asia, I visited many cities like Shanghai, Singapore, Hong Kong and Beijing. I came back to Italy to work with clients like Dolce & Gabbana, and now I’m living between Paris and Milan.

What can you tell us about Paris?

I simply love it, I live on my own even though it wasn’t easy for me to find an apartment alone. I live near Notre Dame, in Saint Poumpidou. I find it extremely nice, it represents the old Paris, with its alleys. Working it’s wuite different from here, the model’s expression is more cherished. 

Could you tell us a place you would recommend?

Definitely Shanghai, where I lived for five years. I even stopped modeling for a year, since the city totally captivated me, and I worked as a club manager. I find Shanghai more open and international than Beijing. A restaurant I would recommend is The Fellas, a rooftop with a view on the Bund, owned by Italians. There are many things to do there, but even by talking a walk in the old town or in People’s square you could totally fall in love with it. I can also say it’s the perfect city for modeling, the work is tough but worth it.

Talking about yourself, do you train constantly?

I train at home, I’m not really used to the gym, coming from football and swimming. I train an hour every day and it’s been two years and a half since I last skipped a training day. Being 30 years old, I need to be more careful about what I eat then when I was younger, our body is constantly changing. 

What do you think about social network?

It’s for sure a part of my job, I think it’s very useful. It often gets confused how modeling, being an influencer and sponsor a brand are three completely different things. Social network allow us to be seen from everyone and being scouted easily. I love being in contact with the world, especially because I travel a lot, even though it was difficult in China, since most of the websites are blocked by the Government.

What do you always bring with you when you travel?

A book that my father gave me, it’s called the Alchemist by Coelho. I feel like it represents some parts of my life everytime I read it.

A piece of clothing that should always be in a man’s closet?

Elegant trousers, I never wear jeans.

What is your biggest dream?

I’d love to buy a house for my grandparents to give back everything they gave to me.

Any future plan?

I want to continue working in this field, become a booker or a casting director, and maybe fund my own agency, with the right balance between client’s satisfaction and model’s needs. 

Ph: Antonio Avolio
Style: Stefano Guerrini
Stylist’s assistants: Fabiana Guigli, Davide Spinella
Grooming: Matteo Bartolini @Freelancer Agency using R+CO
Model: Andrea Manzoni @Independent MGMT
Interview: Martina Belluschi

Cover: Total look Dondup, scarpe Baldinini 

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Beachwear per l’estate

È innegabile, prima ancora di metterci in forma per la prova costume pensiamo già ai nuovi modelli da acquistare e tra colori, stampe, patch e fantasie anche per questa stagione avremo l’imbarazzo della scelta. Abbiamo selezionato per voi alcune delle migliori proposte per l’estate 2019, dalle stampe iconiche alle più recenti collaborazioni.

All’insegna della semplicità
Dagli scacchi, presenti in diverse varianti di Intimissimi agli shorts mono-color di Ralph Lauren presenti, oltre che nell’iconico hammond blue della casa americana, in rosso, nero e blue navy. E perché no? Anche l’intramontabile fantasia Burberry darà un tocco di stile alle vostre vacanze.

Colore e fantasie
Per chi ha voglia di indossare un po’ di colore ed osare con qualche fantasia ecco gli shorts con vibranti stampe di Missoni e la vegetazione tropicale di Moncler. La novità 100% Made in Italy è Gandhara, che si ispira per agli antichi capolavori artistici della Thailandia.

Flower power
Fiori e piante sono un motivo instancabile e ormai un evergreen di tutte le stagioni estive. Per chi vive di buon umore e vuole portarlo sulle spiagge delle proprie vacanze. Dalle palme di Hartford, ai fiori di Onia.

Logomania
Per chi non vuole passare inosservato ecco una serie di costumi dove Logo-mania è la parola d’ordine anche per l’estate 2019. Dagli accesi colori di Dsqaured2 al total black di Valentino.

Camouflage
Rivisitata, colorata, trasformata. La fantasia militare è diventata ormai un must. Lo stile di Sundek, con le sue linee arancioni, Moncler e le stampe di Tom Ford.

In copertina: Safe Milano SS19

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SOTTO IL PRIMO SOLE

 

Non è mai troppo presto per cominciare a pensare alle prossime vacanze. In primavera, con i primi weekend fuori città diventa opportuno rifornirci di nuove protezioni solari che ci accompagneranno per tutta l’estate. Se iniziamo ad esporci in spiaggia o in montagna cominciamo con le protezioni più alte ma non dimentichiamoci di usarle anche in città. Ci sono formule adatte a tutti i giorni oppure specifiche per chi  abbandona la palestra e inizia a praticare sport all’aria aperta.

 

Acqua dell’Elba 
Protezione SPF molto alta con complesso protettivo ad ampio Ilspettro di filtri UVB e UVA. Il complesso Ultra Marine Complex con Alga Corallina, Cocktail Marino arricchito di Acido Ialuronico e minerali d’alga mediterranea, contribuiscono a prevenire irritazioni, foto-aging e invecchiamento prematuro della pelle.

Caudalie Spray Solaire Lacté SPF30
Spray viso e corpo che assicura protezione dalla testa ai piedi. Lenitivo e idratante grazie all’acqua d’uva bio, consente un’abbronzatura luminosa e duratura in modo graduale. Senza alcol, siliconi e non comedogena è una formula adatta alle pelli sensibili.

Filorga UV-BRONZE BODY SPF30
Olio secco invisibile che si assorbe istantaneamente, nutre intensamente la pelle e dona un aspetto satinato che sublima l’abbronzatura. Alta protezione associata a un trattamento rigenerante per una pelle più tonica e più soda. Il TAN-STIMULATOR COMPLEX favorisce un’abbronzatura intensa e duratura.

Shiseido Sports Invisible Protection Mist
Grazie alla tecnologia Invisible Feel, che sfrutta gli oli volatili per distribuire con uniformità la formula prima che evapori, lascia una sensazione di pelle fresca e asciutta estremamente confortevole. A contatto con l’acqua (il mare, l’acqua della piscina o il sudore), il suo velo altamente protettivo con SPF 50+ non è solo impermeabile ma si rafforza grazie al complesso WetForce.

 

Uriage Hyséac 3-Regul Trattamento Globale Colorato SPF50+
Perfetto per chi si espone al sole in città, è un trattamento globale che svolge una triplice azione regolatrice per sconfiggere brufoli, punti neri ed eccesso di sebo. L’elevato fattore di protezione SPF 50+ protegge maggiormente la pelle dai danni del sole e limita l’effetto rebound.

La Roche-Posay Anthelios Shaka Fluido
Ultra-resistente  e adatto a tutti i tipi di pelle, anche quelle sensibili. I solari della gamma ANTHELIOS hanno inoltre il 100% di filtri organici, nel rispetto della vita acquatica e non determinano lo scolorimento dei coralli né compromettono la fotosintesi delle micro alghe.

Dr Sebagh Sun& City Protection SPF 50
Un prodotto multitasking che agisce non solo come schermo  solare, ma svolge anche un’azione di difesa dalla luce HEV diurna (smartphone, tablet, laptop) responsabile del peggioramento delle condizioni della pelle e dell’invecchiamento prematuro.

Ren Clean Screen mineral SPF 30
Realizzato per il 99% con ingredienti naturali, è un sunscreen per il viso vegano e senza siliconi, da utilizzare quotidianamente, con ampio spettro contro i raggi UVA e UVB e contro la luce blu. Perfetto per proteggere la pelle dai danni dei radicali liberi, fortificandone la naturale barriera.

 

Aesop Protective Facial Lotion SPF25
Idratante e leggero, sviluppato per fornire una protezione quotidiana contro gli effetti dannosi dei raggi solari. Perfettamente equilibrato per proteggere il viso e il collo, lasciando respirare la pelle, raggiungendo una copertura ad ampio spettro attraverso l’aggiunta di filtri che assorbono le radiazioni UVA e UVB.

 

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HIGHLIGHTS FROM MILAN DESIGN WEEK 2019

Dal 9 al 14 aprile Milano ha ospitato il Fuorisalone 2019, occasione in cui artisti trasformano la città nella vera e propria capitale dell’arredamento e design. Da Brera a Via Tortona, da Lambrate a Isola, i quartieri della città si popolano di designer e appassionati provenienti da tutto il mondo per ammirare le più inventive installazioni e per partecipare ai party più esclusivi. Di seguito una selezione degli eventi e delle collezioni più creative che sono state presentate la scorsa settimana.

LOEWE
L’esposizione Loewe Baskets coinvolge dieci maestri artigiani internazionali per la celebrazione dell’arte del vimini, della trapuntatura a mano e della calligrafia. Gli artisti sono stati invitati ad offrire un’interpretazione personale del tema dell’intreccio utilizzando i pellami Loewe, grazie ai quali hanno creato una serie di objets d’art esclusivi che possono essere acquistati presso lo store di via MonteNapoleone 21.
Loewe ha inoltre commissionato la creazione di una collezione di accessori ad alcuni artigiani spagnoli. Tra questi, Álvaro Leiro, grazie alla sua esperienza nella lavorazione della canna e delle fibre naturali, ha realizzato una serie di borse in pelle paragonabili a opere d’arte.

MARNI
Con Marni si approda invece sulla Luna, grazie allo spazio allestito nello showroom di Viale Umbria. Obiettivo del Marni Moon Walk è infatti il compimento di un viaggio in cui fascinazioni primitive si fondono con l’immaginazione del futuro.
I visitatori hanno avuto modo di vedere da vicino una serie di prodotti inediti, realizzati attraverso l’utilizzo di materiali mai esplorati prima. Tavolini simili ad astronavi, alieni tribali, panche che ricordano dei totem sono solo alcune delle creazioni frutto del lavoro accurato e minuzioso di artigiani colombiani con cui Marni collabora da tempo.Tutti i prodotti possono essere acquistati durante l’esposizione e parte del ricavato sarà, poi, devoluto per finanziare il progetto Future Brain promosso dall’associazione Heal onlus a sostegno dei bambini ricoverati nel reparto di neuro-oncologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

ICEBERG
In occasione della Design Week milanese Iceberg presenta una partnership con Surf The Road, realtà fondata da giovani artigiani di Gabicce, in provincia di Pesaro. Oggetto della collezione sono tavole da skateboard limited edition, più precisamente 30 tavole adatte per il longboard e comprende sia singole tavole che trittici.
Tutte le tavole sono realizzate a mano, con un processo produttivo completamente artigianale che parte dal taglio e passa dall’intreccio dei vari strati di legno con fibra di vetro, per garantire la robustezza e l’elasticità necessaria. Le grafiche delle tavole riprendono il mood racing della collezione P/E 2019 del brand del gruppo Gilmar.

COCO CAPITAN X CAMPER
L’artista spagnola Coco Capitàn e Camper, uniscono la loro creatività per la creazione di “Lost Sailor”, una collaborazione ispirata dal mare.
Combinando la sua passione per la navigazione, le uniformi nautiche e la bellezza del Mar Mediterraneo, Capitàn presenta una selezione di capi unici Camper con dettagli che rimandano appunto al mondo della navigazione e personalizzati con messaggi proprio dell’artista stessa.
Ispirata dalle sue precedenti esperienze a Maiorca, Capitàn unisce contrasti di colori bianchi e blu con materiali riciclati, proprio per dare un tocco personale a questa fantastica collezione.

VERSACE
In occasione del Fuorisalone 2019, la maison di Capri holdings ha deciso di collaborare con l’interior designer Sasha Bikoff e l’artista Andy Dixon con una mostra all’interno di Palazzo Versace, in via Gesù.
L’estetica di Bikoff trae ispirazione dallo stile di città cosmopolite come New York e Miami, dal Rococò francese del XVIII secolo combinato allo Space age degli anni ’60, fino al Modernismo francese degli anni ’70 e allo stile Memphis Milano degli anni ’80. Gli iconici motivi della label vengono riproposti su un enorme tappeto con vortici dai toni pastello; nuvole e isole dalle tonalità neon contribuiscono a rendere ancora più fantasy l’allestimento.

CANADA GOOSE
L’esposizione era composta da Kanji giapponesi, creati con inchiostro reattivo all’acqua, simboli che rappresentano ognuna delle 50 parole che nella lingua asiatica descrivono la pioggia. Gli ospiti erano incoraggiati a spruzzare l’acqua per scoprire la scritta nascosta, ad accompagnarli uno speciale sound design creato appositamente per l’evento.
Per lo sviluppo di “50 Words for Rain” Canada Goose ha collaborato con l’acoustic designer giapponese Kouichi Okamoto. L’artista si ispira da sempre alla pioggia: dal rumore che fa, al modo in cui si sente sulla pelle, a ciò che significa quando cade.


ISSEY MYAKE
In occasione della design week Issey Myake ha deciso di collaborare con l’artista olandese  Jólan van der Wiel nella creazione di Journey of a Raindrop. Realizzato per raccontare, attraverso una serie di installazioni che utilizzano acqua e aria, il viaggio che compie una goccia d’acqua in tutte le sue forme, da sempre elementi chiave della cifra stilistica del brand.

 

 

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IL MEGLIO DEL FUORISALONE 2019

E’ l’evento più atteso dagli amanti del design, dagli addetti al settore, dai curiosi, da chi vuole prendere spunti e catturare idee per la propria casa, la MILANO DESIGN WEEK attira da sempre migliaia di visitatori da tutto il mondo.
Evento nato nei primi anni ’80 dalla mente di aziende operanti nel settore del design e dell’arredamento, negli ultimi anni la Milano Design Week si arricchisce di eventi collaterali che includono anche altri rami, tra cui l’automotive, l’arte, la moda, la gastronomia, la tecnologia.
L’edizione del 2019 ha stupito con le sue infinite proposte, qui il nostro BEST OF:

LIFE IN VOGUE 2019- THE INTERIOR’S CUT

Gli uffici della redazione di Vogue Italia smantellati per la design week per ospitare 8 creativi di fama internazionale che hanno reinterpretato le stanze di lavoro con oggetti e arredo di design.  David/nicolas, Massimiliano Locatelli, Pierre Marie, Ana Kraš, Rafael de Cárdenas / Architecture at large, Jonathan Anderson, storagemilano e Studio Proba hanno accettato la sfida lanciata dal direttore di Vogue Italia Emanuele Farneti, lavorando ad un progetto davvero speciale, in cui ogni ambiente assorbe energia e personalità proprie. Dalla parete minimal del direttore creativo somigliante ad un quadro di Miro‘, realizzata da Ana Kraš, fino alla più elegante dai toni dorati, la “newsroom office” ideata da Storagemilano, che nasconde un’angolo segreto dedicato al relax, in cui potersi sdraiare, come in mezzo ad una giungla, e godersi i suoni della natura, il canto degli uccelli, il profumo delle piante.

quando: Dal 9 al 12 aprile – dalle 10 alle 20 (il 9 aprile dalle 12 alle 20)

dove:  in Piazzale Cadorna 5/7

CANADA GOOSE – evento

Canada Goose si avvale della collaborazione di due importanti artisti, il sound designer Kouichi Okamoto e l’esperta calligrafa Aoi Yamaguchi per raccontare la Nomad Capsule Collection. Una limited edition di giacche da pioggia che protegge l’esploratore più impavido dalle imprevedibili sorprese atmosferiche; quattro capi uomo e donna studiati in collaborazione con GORE-TEX, i modelli Nomad Jacket – Rain Shell e la Nomad HyBridge Lite Jacket combinano la profonda esperienza di Canada Goose con i materiali innovativi di GORE. La capsule è stata lanciata inizialmente in Giappone, dove la pioggia è elemento guida e grande fonte di ispirazione, come rappresenta lo speciale wall in cui, durante l’evento, era possibile gettare dell’acqua per veder nascere delle scritte japan, in cui lo sfondo musicale a tema raccontava i suoni della pioggia e degli elementi naturali nella loro forma più pura. La collezione Canada Goose è disponibile in limited edition ed esclusiva italiana a partire dall’8 aprile a Milano presso Antonioli e a livello internazionale nei flagship store di Canada Goose, online e presso i partner selezionati del brand.

LUISA BECCARIA

Nella meravigliosa boutique di Via Formentini 1 in zona Brera, Luisa Beccaria aggiunge un posto alla sua tavola imbandita, ricca di fiori, di bicchieri di cristallo, di tovaglie in lino colorate, immersa tra le piante come in una casa di campagna, l’atmosfera che si respira in questo luogo è davvero magica. Non solo abiti ma oggetti per la casa, accessori, sandali, fermagli, cerchietti, se entrerete farete fatica ad andarvene.

quando: 8-14 aprile dalle 10.00 alle 19.00
dove: Via Formentini 1 – Brera

GABRIELLA CRESPI DA DIMOREGALLERY

Forse l’ambiente più suggestivo della design week 2019, con una serie di stanze tra le più instagrammabili e perfette per un set di moda in stile boudoir. Montagne di sabbia in luogo di tappeti, tavoli/scultura che riflettono la luce, lampade dorate come grandi funghi tropicali, camere da letto in stile savana, con pareti animalier e letti in bamboo e candelabri i cui bracci si allargano in grandi e preziose conchiglie di mare.

dove: Dimoregallery, via Solferino 11
quando: da martedì 9 a domenica 14 dalle 11.00 alle 20.00

ELLE DECOR AT WORK

Una successione di ambienti pensati per il worker, animati da installazioni digitali interattive che coinvolgono il visitatore in una realtà immaginifica orientata al luogo di lavoro del futuro. Molto interessante l’area “The exchange” in cui indossando un visore VR, ci si può immergere in uno spazio di lavoro virtuale, come in una skype call, con il collega posto dall’altra parte del mondo. Indossando i visori si entra in una realtà condivisa, con schermi di appunti e scambiandosi documenti e file. Il vostro collega è un avatar blu che vi sorride, direi meglio della realtà!

dove: Palazzo Bovara Corso Venezia 51
quando: dall’8 al 18 aprile ingresso gratuito

LOUIS VUITTON – OBJECTS NOMADES
Nella splendida cornice di Palazzo Serbelloni, l’esposizione Objects Nomades di Louis Vuitton si apre con una tendenza modaiola, il fluo negli arredi per foglie tropicali e divani dalle forme di un fiore. Suggestiva la visione di centinaia di lampade di carta ispirate alle lanterne Bell Lamp di Edward Barber & Jay Osgerby, quasi fossero delle piccole e bianche lanterne di carta cinesi che, allontanandosi verso l’alto, portano via un desiderio per riportarlo, esaudito, sulla terraferma.

dove: Palazzo Serbelloni, Corso Venezia 16, Milano
quando: dal 9 al 14 Aprile

LEONARDO HORSE PROJECT

13 cavalli di design intorno alla maestosa statua equestre disegnata da Leonardo, che per la serata è diventato schermo su cui proiettare un video-mapping sulla storia della scultura, dai disegni del grande artista fino appunto al Leonardo Horse Project. Uno spettacolo straordinario che ha permesso agli ospiti di interagire coi cavalli e vivere in un’esperienza immersiva la storia del Cavallo di Leonardo. Da maggio i cavalli di design lasceranno l’Ippodromo e prenderanno casa in 13 angoli della città di Milano, dove rimarranno fino ad ottobre. Il lighting dell’evento e il cavallo di Marcel Wanders è stato sponsorizzato da Grandi Architetture & Partners

dove: Ippodromo Snai San Siro
quando: fino a fine aprile

LIVING OBJECTS DI ARTEMEST E TED

Per fortuna c’è ancora chi vive casa come uno spazio in cui sognare e dedica la zona notte ad un film cult della storia del cinema: “Ieri, oggi, domani” del maestro Vittorio De Sica. La romantica stanza rosa in cui Sofia Loren si sfilava le calze in un sensualissimo spogliarello rimasto nell’immaginario collettivo, ispira il progetto di cooperazione tra Artemest e Ted interior. Una splendida villa anni ’30 che si fa teatro di vita e leggenda, in cui performer hanno animato lo spazio con giochi e balletti; il contesto domestico da sogno, decoro e illuminazione di designer provenienti da tutta Italia, un’immagine di vita contemporanea ma assai legata alla tradizione, il gusto retrò e il design più contemporaneo.

dove: via Giovanni Randaccio 5, Milano
quando: dal 9 al 14 aprile, dalle ore 11.00 alle 20.00

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MONTBLANC X PIRELLI: PERFORMANCE E DESIGN NEL VIAGGIO

Montblanc e Pirelli hanno da sempre una forte identità legata al viaggio e all’innovazione che ha contribuito a rendere gli spostamenti di oggi più confortevoli. La continua espansione globale delle due aziende ha consolidato il ruolo di leader nei rispettivi settori per cui Montblanc realizza raffinati prodotti di lusso che completano l’esperienza del viaggio da oltre 110 anni; pensiamo alla pionieristica penna stilografica senza fuoriuscita di inchiostro alla produzione artigianale di pelletteria. Come fornitore di pneumatici High Value, Pirelli è presente nelle competizioni sportive con tecnologie all’avanguardia ed eccellenza produttiva.

Condividendo la passione per innovazione, performance e design, i due marchi oggi presentano una speciale collezione di trolley in edizione limitata. Ispirata allo spirito del viaggio, la collaborazione fa leva sulla tradizione di dinamicità e velocità che contraddistingue Pirelli dal 1872. I trolley superleggeri con ruote performanti e manico di precisione sono disegnati per tutti quei viaggiatori che cercano efficienza, affidabilità e funzionalità durante i loro spostamenti. L’estetica elegante è ulteriormente valorizzata da raffinati dettagli iconici, incluso l’inconfondibile motivo del battistrada Pirelli P Zero.
Ciò che rende questo bagaglio unico è sicuramente la struttura in leggero policarbonato blu, oltre alla rifinitura in pelle nera gommata e le ruote rotanti a 360 ° con cuscinetti a sfera e distintivo logo Pirelli giallo e parentesi colorate ispirate al colore dei pneumatici da competizione del brand.

 

 

 

 

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SHAPO LOVES SASHA: COME BORG & MCENROE

Un amico scrittore, bene informato sulle vicende di racchetta e palla gialla, sostiene che il tennis sia un continuo remake di sé stesso. Per chi lo gioca, a prescindere dal livello, ma anche per chi lo osserva studiandone l’evoluzione. In fondo l’imperativo di fine ‘800 “mandare la palla di là una volta in più dell’avversario” resta la più efficace tra le chiavi di successo. Lo sapevano Bjorn Borg e John McEnroe, con ogni probabilità più il primo del secondo, lo sanno Sasha Zverev e Denis Shapovalov, con la stessa probabilità più il tedesco del canadese. Il gioco è questo: verniciare di attualità i rivali più rivali degli anni ’80 per capire se le stelline next gen possono giocare a essere come loro quarant’anni dopo. Perché le cose che tornano, nel tennis come nella moda, hanno quel sapore ‘riposato’ che il giorno dopo piace anche di più. Lo sport si nutre di rivalità come queste, faccia a faccia che traggono beneficio dalla contrapposizione di stile. Per la serie che l’uno senza l’altro non sarebbe mai diventato ciò che è riuscito ad essere. E viceversa. Ghiaccio e fuoco, insomma, ma spesso con un cuore in mezzo. Come quelle magliette, decisamente molto yankee, con scritto “John loves Bjorn”. Non siete tipi da mercatini delle pulci? Tranquilli, il guizzo di un designer di Soho starà già pensando alla versione 2019: “Shapo loves Sasha”.

A questo punto del ragionamento scatta inevitabilmente il gioco del “trova le differenze”: Johnny Mac non è mai stato biondo come Shapovalov e Bjorn non è nato nella terra di Karl Lagerfeld come Zverev. Fin troppo evidente. Altrettanto facile mettere in evidenza quei punti di contatto che nota pure l’ultimo arrivato tra gli allievi della scuola tennis. Prendete il rovescio di “Iceman” Borg, togliete il legno della sua racchetta, sovrapponete il colpo del suo erede dai materiali moderni: esecuzione bimane 2.0. Fa anche più impressione studiare la volée mancina di “Superbrat” McEnroe e metterla a confronto con l’esecuzione di Shapovalov, nipotino tennistico cresciuto in Canada: “Ctrl-Alt-C” come la formula per copiare, “Ctrl-Alt-V” come la combinazione per incollare. Decisamente meno elementare, invece, scoprire che le prime volte di uno contro l’altro siano pressoché simmetriche: nel 1978 McEnroe batte Borg a Stoccolma (casa sua), nel 2017 Zverev fa fuori Shapovalov a Montreal (casa sua).

A proposito di icone di quel periodo, ricordate i CHiPs? Mitica serie televisiva anni ’80 con la coppia di poliziotti in motocicletta sulle maxi autostrade californiane. Ragazzini incollati alla tv, mamme pronte al rimprovero: “fai i compiti e spegni”. L’effetto di Zverev e Shapovalov nelle vite da adulti degli appassionati di tennis è paragobabile all’irruzione di giovani cloni dei tenenti Poncherello e Baker – da non confondere con Becker nel senso di Boris – con moto e uniformi sì aggiornate ma che innescano un vero e proprio colpo di scena revival. Quella sigla che torna, una smorzata che muore come una volta, le spalline nella giacca riproposte sul mercato. Tanto per spolverare le emozioni lasciate nella sacca da tennis giù in garage quel giorno di tanto tempo fa.

Si dice ‘diffidare delle imitazioni’ ma non è questo il caso. Sulla coppia “Sashovalov” – crasi fantasiosa di Sasha (Zverev) e Shapovalov –  è corretto fare affidamento. Sono loro i giovanotti forti forti pronti a prendersi il centro del palcoscenico. Il piccolo Borg (Zverev) l’ha già fatto chiudendo la stagione con il titolo di Maestro dei Maestri dopo aver messo insieme tre tornei categoria Masters1000 tra 2017 e 2018. “Mini Mac” (Shapovalov) – che scritto così fa venire in mente un hamburger per inappetenti – ha dimostrato di possedere la scintilla giusta – semifinalista più precoce della storia in un 1000 –  nonostante sia ancora un pezzo di strada indietro. Tant’è che nei due head to head – come dicono quelli che frequentano il sito ufficiale dell’Atp – Shapo non ha tolto nemmeno un set al tedesco col cognome da zar. L’anagrafe però gli offre una giustificazione ottima: sono due gli anni che lo dividono da Ice Sasha. E due giri di calendario a questa età hanno lo stesso peso di un’era geologica. Come quella trascorsa dalla mitica finale di Wimbledon 1980 chiusa 8-6 al quinto da Borg su McEnroe e poi raccontata in mille occasioni tra film e libri.

Qualcosa di non riproducibile. Eppure, non la prendano male i federeriani, non sarebbe niente male rivedere un tennista di fuoco (Shapovalov) e uno di ghiaccio (Zverev) giocarsi il titolo su quell’erba lì. Tanto per alimentare il lumicino della leggenda. Sui prati, invece, uno di fronte all’altro il canadian pallido e il tedesco con la catenina d’oro non si sono ancora trovati. Diciamola tutta: è un gioco di specchi sul quale soffia un sano narcisismo. Alexander – di cui Sasha è una sorta di diminutivo – e Denis – nome completo – sono super consapevoli di ricordare due miti pop della racchetta. Tant’è che la griffe che veste il tedesco non si è fatta scappare l’occasione di disegnare una linea vintage fatta di quelle righe orizzontali in campo bianco che hanno reso Borg icona totale pure di stile. Con un guizzo messo lì per marcare comunque una propria cifra: il calzino tirato su fino al ginocchio. Suggerimento di Pharrell Williams, sembra, musicista/stilista assiduo frequentatore di tribune tennistiche. Elementi che mischiati al suo tennis esplosivo e precoce hanno attirato sul fenomeno dinoccolato le attenzioni degli sponsor, dagli orologi alle auto passando per alcuni marchi di abbigliamento anche non sportivi.

Suit Z Zegna

Così Alexander, a proposito di rapidità, è entrato nella lista Forbes “30under30” già dallo scorso anno. I consulenti d’immagine del canadese, dall’altra parte della rete,  sembrano essere qualche passo indietro. Potrebbero ridurre il gap fotografando il loro prodigio nel bel mezzo di Times Square, magari, come quel James Dean della racchetta (McEnroe) in sneakers bianche e abbondante impermeabile scuro. Ribelle con una causa, anche giusta: ricordare che la volée basta toccarla e al resto pensa l’erba. La superficie che Shapo preferisce nonostante il Canada non pulluli di campi in erba. Il suo prossimo obiettivo è incontrare Federer e Djokovic, cosa mai successa. Con Nadal invece ha avuto modo di perdere ma anche di vincere: bilancio in parità. Proprio come Zverev con Roger e Nole, mentre Rafa lo ha sempre battuto.

Denis Shapovalov

Pronti a sfidare i classiconi con la forza delle tendenze che tornano: Sasha in abito gessato, Shapo in total denim. Giusto per sottrarre alla torta della ribalta una fetta di luce per volta. Missione possibile con quelle faccette pulite da primo piano stretto. Madre Russia, anzi madri russe: Irina quella di Zverev, Tessa quella di Shapovalov. I ragazzi dai capelli d’oro hanno una radice comune e parecchio quadrata. Insomma, la meglio gioventù che gioca a somigliare alla old gen  è una realtà parecchio presente.

Ma resti bene inteso: Borg e McEnroe rimangono Borg e McEnroe. Non tanto per Bjorn, più freddo, quanto per John. Lui potrebbe prenderla male: “io e Borg come questi giovanotti? You cannot be serious…”.

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FAIR PLAY NELLA SCHERMA: MARCO FICHERA

Classe 1993 e una vita dedicata alla scherma, Marco Fichera originario di Arcireale ha già collezionato una medaglia d’argento ai giochi olimpici di Rio De janeiro, un bronzo agli europei 2018 e il premio Fair Play 2018, conferito a chi ha saputo promuovere valori di lealtà e correttezza sportiva.
Un vero orgoglio all’italiana che promuove i principi sportivi di lealtà.

Total look: Brunello Cucinelli

Quando hai iniziato a praticare lo sport della scherma ?
L’inizio della mia attività è stato quasi del tutto casuale, il mio vicino di casa praticava scherma e da lì è iniziato il tutto. Avevo 7 anni e poco a poco è diventato un lavoro, sin dall’età di 14 anni ho iniziato a vincere, a 17 anni sono entrato in polizia nelle fiamme oro grazie alle quali ho avuto modo di trasformare la mia passione in un lavoro

A 22 anni hai vinto un argento alle olimpiadi di Rio e solo due anni dopo un bronzo agli europei, quale sarà il tuo prossimo traguardo?

I nostri cicli sono sempre in base alle olimpiadi, dopo Rio abbiamo iniziato subito a programmare le olimpiadi di Tokyo del 2020. Durante questi 4 anni ci sono appuntamenti che valgono comunque tanto, come gli europei o le qualifiche delle olimpiadi che si terranno a maggio.

Recentemente ti è stato assegnato il premio fair play e con ciò che è successo a Bogotà hai dato una splendida lezione di sportività ed eticità, ce ne vuoi parlare?

Noi facciamo uno sport in quale il punto valido è quello sul bersaglio. In quell’occasione stavo 2 a 1 contro l’avversario a 7 secondi dal finale, ho portato uno stoccata non sul bersaglio ma a terra e nessuno si era reso conto, neanche l’arbitro. Io però avevo la certezza di ciò che era successo e quindi l’ho accusata. Noi sportivi grazie alla nostra sensibilità riusciamo a renderci conto quando un punto non è andato a segno, e quindi ho insistito chiedendo la prova video perché ci sono altri valori che vanno aldilà del risultato, dalla vittoria e dal prestigio che ne consegue. Grazie alla moviola l’arbitro si è reso conto dell’errore. Ho perso la vittoria, ma ho vinto come persona.

E il tuo rapporto con la moda?
Io come tanti uomini ho un rapporto conflittuale con il vestirsi, ma se devo essere onesto negli ultimi anni mi è sempre più piaciuto ricercare look diversi e soprattutto essere a passo con i tempi. Ho avuto diverse esperienze con alcune aziende e ne sono contento perché la cura del look fa parte della cura della persona.

Dove ti vedi fra cinque anni?
Sto studiando scienze politiche e dopo la laurea voglio iscrivermi a giurisprudenza, faccio sport e ho diversi interessi. Non so dove sarò tra cinque anni, ma sicuramente sarò impegnato. Per esempio sono molto vicino al sociale con due associazioni importanti, l’associazione Francesca Rava si occupa di assistenza a ragazzi che vivono in situazioni disagiate all’estero e in Italia, con loro abbiamo dato un grande contributo per la realizzazione di alcune scuole colpite dal terremoto nella zona del centro Italia, mentre Aida aiuta i ragazzi con il disturbo dello spettro autistico.

Photographer: Alan Pasotti
Stylist: Stefano Guerrini
Stylist’s assistant: Vittoria Parola, Fabiana Guigli
Grooming: Fabiana Albanese
Thanks to Cristina Florence Galati

 

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OCCHIALI DA SOLE: TREND GUIDE PER QUESTA STAGIONE

Forme da ciclista, aviatore o con proporzioni esagerate: questi i grandi trend degli occhiali da sole da uomo per questa primavera, ma non solo, il mercato degli accessori non esclude nessuno regalando anche agli amanti delle forme più classiche un’ampia scelta di modelli e colori. Ecco quelli da scoprire subito:

 

 

 

 

 

Foto di copertina: Alessandro Magni

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KINGS OF THE NIGHT

 

Di casa a Milano, ma famosi anche oltre i confini. Abbiamo scelto di farli diventare modelli per un giorno, parliamo di due dei più seguiti e amati dj del momento: Marvely Goma The Perseverance e Thomas Costantin.

Hoodie and trackpants by Iceberg

MARVELY GOMA in arte “THE PERSEVERANCE”

Marvely è un ballerino e attore, dj e producer, mente visionaria del duo creativo THE PERSEVERANCE, boss del progetto AKEEM – uno dei migliori party del sabato sera a Milano-. La sua musica è un mix di sonorità urban con contaminazioni elettroniche UK: Marvely è uno dei dj ed ospiti più attivi delle fashion week milanesi, collaborando con molti brand, fra i quali come PHILIPP PLEIN, ICEBERG, TRUSSARDI, VERSACE. In costante evoluzione e ricerca, attualmente sta lavorando ad un nuovo progetto musicale.

I classici della tua playlist?

Kate Bush, un’artista da sempre in anticipo sui tempi, i suoi brani sono sempre proiettati al futuro

-Tutto ciò che fanno Pharrell Williams & Chad Hugo, produzioni, featuring e il progetto N.E.R.D.

Kanye West, qualunque album o canzone: è semplicemente un genio!

George Michael con ‘Amazing’ o ‘Flawless’ e altre cento

-Qualunque brano dell’universo GOLFWANG con Tyler, the Creator, The Internet: consiglio a tutti Steve Lacy e Rex Orange County.

Seguilo su IG: @principebarocco

Shirt, pants and boots all by Versace

THOMAS COSTANTIN

Brand del calibro di Gucci, Moschino, Valentino e Dior lo hanno già intercettato: è uno dei nomi più in voga tra i dj milanesi. Comincia a suonare a soli 17 anni e oggi è diventato resident al Plastic, il più famoso club milanese, dove con il suo sound sofisticato ed elettronico a tinte vintage anima tutti i sabati sera. Ha deciso di diventare dj per ascoltare la musica prediletta e spesso anche composta. Sotto il suo pseudonimo THO.MAS ha lanciato un remix di Giant Steps del duo Mangaboo (Francesco Pistoi\Giulietta Passera), nel 2018 il suo primo EP: Fire a cui hanno collaborato artisti del calibro di Jerry Bouthier e i B-Croma. A marzo 2019 uscirà il suo primo album “Variations” , con 14 pezzi inediti , dove si troveranno collaborazioni con artisti come Leo Hellden (Tristesse contemporaine / camp claude) ed Air! Capitaine . Sono previsti due video e qualche data live , la prima come presentazione del disco.

Printed silk shirt by Valentino

I classici della tua playlist?

Atoi – The Fight
B-52’s – Song for a Future Generation
Bicep – Just
Cheers Elephant – People
The Knife – Pass This on

Seguilo su IG @thomascostantin

Photos by Simon

In copertina: Sahariana jacket and sneakers Adidas Y-3, denim jacket and jeans by Trussardi

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AL CINEMA CON D-ART

Manintown collabora con D-Art per una speciale rubrica dedicata al cinema. Scopri tutte le notizie di arte, moda e attualità su d-art.it

“SUSPIRIA” di LUCA GUADAGNINO 

Una Berlino in pieno autunno tedesco con la città scossa dalle azioni terroristiche della banda Baader-Meinhof. Siamo nel 1977 e Susie Bannon (Dakota Johnson) sogna di diventare una grande ballerina: entra  a far parte della scuola di danza di Madame Blanc (Tilda Swinton), un covo misterioso fitto di antiche e oscure presenze; ma se in Dario Argento si riempiva di citazioni (come le immagini ispirate a Escher sulle pareti), in Luca Guadagnino si fanno estetizzanti, minimaliste come gli abiti indossati da Tilda Swinton, lontana dalla matrigna super accessoriata che fu Joan Bennett.
L’espressione artistica delle insegnanti (che si riveleranno essere delle streghe) cela la loro crudeltà, sono le “madri non buone” della teoria di Donald Winnicott, psicanalista britannico, quelle che portano alla creazione del “falso sé“, ex bambine vittime ma mai del tutto vittime. Sono madri generatrici di vita e di morte, ci accolgono in un nuovo mondo ma ci umiliano, ci regalano il potere dell’arte ma ci nascondono il nostro triste destino, ci amano e ci odiano e parafrasando da una scena: “hanno bisogno della colpa e della vergogna“.
Più che un horror “Suspiria” di Luca Guadagnino sembra un dramma psicologico, con un cast tutto al femminile, soffocante, materno senza vere madri, che rivelerà la natura dell’essere femminino, ma anche in questo caso Lars Von Trier rimane imbattuto con Antichrist.

ROMA di ALFONSO CUARON

“Roma” è il racconto intimista del regista messicano, una casa borghese del 1971 composta da padre medico assente, madre severa e melodrammatica, quattro figli dai cinque ai quattordici anni, una nonna presente, una tata di origine mixteca, Cleo (Yalitza Aparicio) e una domestica. Cleo, la tata, è l’esatto opposto dell’egocentrico, dell’individualista, dell’esclusivista; è invece umile, buona, rispettosa verso i padroni di casa, e sinceramente affezionata ai bambini che cura come fossero suoi fratelli minori.
Una pellicola dallo sguardo femminile dove le donne sono protagoniste perché forti, capaci di superare un tradimento (quello della madre ad esempio – il padre abbandona la famiglia senza spiegazioni per una ragazza più giovane), piene di vita, anche se alcune di queste ci lasciano per volere di Dio (Cleo partorisce una figlia morta), coraggiose nei momenti che temono di più (Cleo salva i due bambini che rischiavano di affogare travolti da una corrente). Uno specchio dall’immagine chiara e nitida di quella che era la società nei ’70 messicani, la distinzione di classi sociali così perfettamente rappresentata attraverso immagini. La raffigura la scena dell’incendio nel bosco, durante la notte di Capodanno, quando i domestici si precipitano prontamente armati di secchi d’acqua per spegnere il fuoco, mentre i padroni di casa, perfettamente habillè, sono accanto a loro, calice alla mano, pettinatura artificialmente composta, nei loro cappotti di cashmire, scambiandosi poche parole senza il minimo accenno di ansia o paura.
Quale regista è capace di tanta grazia? Truffaut, ma è più cavilloso, Fellini, che è più elegante, Visconti, che è più perfezionista. Alfonso Cuarón è nato per un nuovo genere. E’ lui a vincere il Leone d’Oro di questa 75ma Mostra di Venezia.


DOUBLES VIE di Olivier Assayas

“Doubles vies” è un film sulla conversazione, dialoghi fittissimi e ritmi serrati, quasi la sceneggiatura fosse destinata al teatro.
Quello che racconta il regista è nient’altro che quello che conosce: l’ambiente parigino, fatto di dialoghi ping-pong, calici di vino alla mano, sigarette alla bocca, salotti borghesi, cafè caotici e pasti consumati nella zona living, personaggi dall’aria noncurante tipicamente francese, il cardigan stropicciato e il capello arruffato, un dito succhiato tra un Bordeaux e una omelette, la Parigi borghese e cinica.
Lo spazio è ristretto, gli amici fanno tutti parte dell’editoria francese, ma spicca Alain (Guillame Canet), editore di successo che deve scontrarsi con l’evoluzione digitale. Questo è il tema su cui si concentrano gli infiniti dialoghi, briosi, accesi, che innescano alcuna risposta ma infinite domande.

THE FAVOURITE di YORGOS LANTHIMOS

Siamo nel 1700 nella corte di Inghilterra, Anna Stuart è la regnante dal carattere debole, incerto, capriccioso, infantile, ed è quindi facile preda delle più astute dame di corte intorno a lei, a partire da Lady Marlborough, ovvero Sarah Churchill, moglie del generale e politico John Churchill. Sarah, interpretata da Rachel Weisz, nelle notti in cui il marito è al fronte a combattere la guerra, si consola nel letto della regina, fino a quando subentra la figura dolce e premurosa di Abigail Masham, una cugina di Sarah caduta in disgrazia a causa della dipendenza al gioco del padre.
“The favourite” è un film sul potere, sulla dignità, sulla moralità. Fino a che punto siamo disposti a cedere il nostro corpo, il nostro nome, il nostro rispetto? Quando Abigail comprende che l’unico modo per uscire dalla condizione di sguattera sarà “vendersi” alla regina, dirà:

Quando sarò per le strade a vendere il culo ai malati di sifilide, di questa moralità non me ne farò niente e la mia coscienza riderà di me”

Lanthimos colora ogni personaggio con irriverenza, crudeltà, ridicolaggine; eccelsa la fotografia di Robbie Ryan che ci accompagna nel castello a lume di candela, con ritratti dal nero rembrandtiano e intensi  rallenty sulle nature morte e sui banchetti, uno stile che accentua i disgustosi i modi e le eccentricità di corte, perditempo nella corsa delle aragoste e delle oche. La scena finale è la voce della coscienza, e ci ricorda quanto sia caro il prezzo da pagare quando, per raggiungere il proprio scopo, si utilizzano ogni genere di bassezze.


CHARLIE SAYS” di MARY HARRON

Orge ogni sera, natura selvaggia, nessuna regola, droghe a profusione, sesso libero, nudismo, condivisione, le attività della “Family”, un gruppo di cinquanta ragazzi che avevano come loro unico dio Charles Manson, il macabro assassino che ha sconvolto la Hollywood degli anni ’70 con l’uccisione di Sharon Tate (allora moglie del regista Roman Polansky incinta di 8 mesi e mezzo) e quattro dei suoi amici durante una festa privata.
La storia è raccontata dal punto di vista delle tre ragazze che hanno preso parte agli eccidi di  Cielo Drive e della coppia Leno e Rosemary LaBianca: Leslie (Hannah Murray), Patricia (Sosie Bacon) e Susan (Marianne Rendón). Dal carcere e attraverso dei flashback che iniziano con “Charlie Says” – “Charlie dice“, raccontano il vivere della “Family” allo Spahn ranch di Manson, una comune che si ciba di avanzi trovati nei cassonetti della spazzatura, a cui non sono permessi giornali né orologi, dove le donne non possono avere soldi e sono destinate ai lavori più umili e devono essere pronte ai bisogni primitivi dell’uomo  senza mai controbattere la “verità” del leader, che si sente la reincarnazione di Satana e Gesu’ Cristo insieme.
Manson siede in mezzo alle sue discepole come ad un’Ultima cena, le tre ragazze sono dei docili micini quando ricordano i fatti, ma la realtà dice questo: Sharon Tate (26 anni incinta di 8 mesi e mezzo) implora ancora qualche giorno di vita, prima di morire.
Senti, tu stai per morire, e io per te non provo nessuna pietà… Ero strafatta di acido” .
Sono queste le parole agghiaccianti di Susan Atkins, che pugnala l’attrice 16 volte, poi prende uno straccio, lo intinge di sangue e scrive sulla porta la parola «pig», maiale.

THE MOUNTAIN  di RICK ALVERSON

Siamo negli anni ’50, Andy ha perso il padre, e la madre è ricoverata in un istituto psichiatrico chissà dove. A fargli da tutore il dott. Wally Fiennes, palesemente ispirato alla figura di Walter Jackson Freeman II, primo medico statunitense ad aver introdotto il metodo della lobotomia.
Andy è un ragazzo timido, apatico, silenzioso, problematico,  non esprime il minimo interesse nei confronti della vita né delle sue attività; viaggia con il dottore, da un manicomio all’altro, Polaroid alla mano, ritraendo i pazienti sottoposti allo strazio della lobotomia transorbitale, tecnica che, combinata all’elettroshock, avrebbe dovuto guarire dalle malattie mentali. Andy (Tye Sheridan) è vittima di un labirinto malato, dove la pazzia è la normalità e la sua routine. In un copione praticamente assente, volge al cambiamento quando prende coscienza della rudimentalità dei mezzi e della totale mancanza di partecipazione emotiva del dottore durante le infinite operazioni.
Pellicola pretenziosa anche se perfettamente impacchettata nella sua fotografia nostalgica alla Erwin Olaf, vellutata nei verdi, morbida come panna montata ma estremamente fredda, un corpo pallido sotto le luci di un obitorio. Un 4:3 di estrema bellezza, una bellissima donna senza contenuto.

THE SISTERS BROTHERS  di JACQUES AUDIARD

Quella del western è solo una scusa, il regista francese Jacques Audiard prende in prestito il genere per raccontare qualcosa di diverso da colpi di pistola, whisky ingollati, corse a cavallo, eroi machi e sporchi di terra.  I  “fratelli sorelle“ hanno un legame che contempla il gesto femminile di prendersi cura l’uno dell’altro (i due si tagliano vicendevolmente i capelli) e il più forbito tra i due (surreale tanta grazia per un cowboy) è Edi, cui tocca far da balia al più rude Charlie, sempre preso da alcol e testosterone.
Parodico, carico di humor e avventure selvagge, il western di Audiard ci spiazza; a volte freddi e privi di rimorsi, i personaggi si rabbuiano davanti alle loro azioni, o si rattristano per la morte del loro cavallo.
I fratelli Sisters sono la prepotenza e l’avidità. Audiard ce li presenta attraverso le proprie debolezze e i propri feticci: Eli è il romantico che chiede ad una prostituta di recitare una frase, anziché concedersi senza domande. E’ colui che piega ogni notte, prima di addormentarsi, una coperta rossa regalatogli da un’amante passata, la annusa e fantastica, per poi masturbarsi stringendola a sé. Charlie invece è istintivo e vive dell’oggi, beve con piacere e si lascia andare al vizio.
Svuotato della crudeltà del western, “The Sisters Brothers” parla di umanità e di sogni, di un’America che corre verso la ricchezza e che finisce in mano agli avidi e non agli uomini di intelletto, ma lo fa giocando ogni tanto con la pistola e con le corse al galoppo.

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LECLERC: GIOVANE STELLA FERRARI

Lo scorso 16 ottobre ha compiuto 21 anni. Composto, raffinato, elegante, con tratti fini e occhi del colore del mare sul quale ogni giorno si specchia il glamour del suo luogo d’origine: Monte Carlo. Lui è Charles Leclerc, il pilota di Formula 1 che dopo un straordinario campionato in Alfa Romeo Sauber affiancherà Sebastian Vettel in Ferrari nella stagione 2019. L’unico pilota più giovane di lui ad aver guidato la Rossa nel campionato mondiale è stato Ricardo Rodriguez, esordiente al Gran Premio d’Italia del ’61 a soli 19 anni. All’ annuncio dell’arrivo di Leclerc a Maranello non c’era persona che non ne parlasse fuori e dentro il paddock: in lui sono riposte fiducia, speranze, e il forte desiderio di riconquistare un titolo mondiale che manca da molto tempo.

Quando, da piccino, sentiva le auto da corsa passare sotto casa sua, allungava il collo per cercare con lo sguardo quella di colore rosso. Del resto, come ammette lui stesso, “La Ferrari è il sogno di tutti i piloti, anche quelli che non lo dicono.” Il ragazzo ha talento da vendere, gli addetti ai lavori conoscono bene la sua carriera. Spinto dalla passione tramandata dal padre Hervè, Charles a otto anni inizia a correre nel kartodromo di Brignoles. La sua prima volta sul kart è così elettrizzante, da non accorgersi di guidare senza casco. Il tracciato, è quello gestito dal papà di Jules Bianchi, suo fraterno amico. Nel 2015, Jules perde la vita in conseguenza di un grave incidente occorsogli in Formula 1 alcuni mesi prima, mentre il monegasco è alle prese con il campionato europeo di Formula 3. “L’ho conosciuto che ero un bambino”-ricorda Charles- “Bianchi è stato come un padrino per me, sento molto la sua mancanza. Ricordo bene ogni suo consiglio riguardo le gare, era un grande talento.”
Nonostante un backround economicamente benestante, le spese per sostenere la sua intera carriera da pilota non sono poche: per questo, a 14 anni entra a far parte della All Road Management (ARM), la compagnia di Nicolas Todt, figlio del presidente della FIA Jean, che ha lo scopo di finanziare e accompagnare giovani talenti nel complesso mondo del motorsport. Come una famiglia, l’ ARM segue Charles fino al suo arrivo alle monoposto nel 2014: un esordio in Formula Renault 2.0 e un passaggio in Formula 3 europea l’anno successivo.
Come tutte le carriere di un certo valore, anche quella di Leclerc ha una svolta importante. È il 2016, e la Scuderia Ferrari decide di inserirlo nella Ferrari Driver Academy gestendone la crescita sportiva: vince il titolo in GP3 al debutto e diventa collaudatore delle vetture di Maranello e della Haas. La Formula 2 del 2017 è un vero film dal titolo “Charles Leclerc show”. A tre gare dalla fine di un campionato segnato dalla perdita del suo amato padre, si laurea campione del mondo, conquistando il record di pole e vittorie stagionali.

Il volante in Alfa Romeo Sauber per il 2018 è suo, finalmente arriva il debutto nella massima serie che aveva tanto sognato. Una promozione resa possibile anche da alcune importanti manovre politiche. Il neo team principal della Sauber, Frederic Vasseur, blocca l’accordo per la fornitura di motori Honda e stringe un sodalizio con Sergio Marchionne, il Presidente della Ferrari che da tempo desiderava il ritorno del marchio Alfa Romeo in Formula 1.
Dopo un inizio di stagione faticoso, Charles riporta alla luce il suo talento con valide prestazioni, dalle quali emerge la grinta di un potenziale campione. Del suo primo Gran Premio, quello in Australia, racconta quanto sia stato assalito da un incredibile mix di emozioni: “Ho sempre sognato di diventare, un giorno, pilota di Formula 1. Trovarmi nella griglia di partenza di Melbourne tra tutti quei campioni è stata una delle sensazioni più belle della mia vita. Sì, ho avuto un inizio difficile, il momento peggiore credo di averlo vissuto in Cina, terzo appuntamento della stagione, per poi riprendermi la gara successiva, con il sesto posto di Baku. Quello è stato un risultato importante che mi ha motivato moltissimo.”
Nel settembre del suo anno d’esordio, Ferrari lo sceglie per il 2019. Andrà a sostituire  Kimi Raikkonen, l’ultimo Imperatore Rosso. Per la prima volta dalla sua fondazione, la Ferrari Driver Academy riesce a portare un allievo in “prima squadra”. Charles, d’altronde, l’Italia ce l’ha proprio nel cuore. Non solo per le gare di kart, anche per Giada, la sua fidanzata di origini partenopee.  Ironia della sorte, Leclerc segue quello che doveva essere il destino di Jules, indicato quale possibile successore di Kimi. Non è un’impresa semplice, le aspettative su questo ragazzo della Costa Azzurra sono alte, solo il tempo ci darà le risposte. Il giorno in cui è stata ufficializzata la notizia, Charles scrive, in un tweet, “i sogni si avverano”. E allora, che i sogni più belli diventino realtà.

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PECCO DI STILE: FRANCESCO BAGNAIA

Da Campione del Mondo la mia vita non è cambiata. Valentino? Un esempio: sarà figo sfidarlo in MotoGP

Vincere, ma con stile. Francesco Bagnaia, per tutti “Pecco”, non soltanto è l’unico motociclista italiano della velocità a laurearsi Campione del Mondo nel corso di un’entusiasmante stagione 2018 vissuta in Moto2 con lo Sky Racing Team VR46. Con il suo carattere, con i suoi modi di porsi, si è costruito un gradimento da parte del pubblico che ha messo tutti d’accordo. In pista è un pilota “camaleontico”, in grado di non tirarsi mai indietro nella bagarre, nella vita di tutti i giorni è riservato e ha avuto il pregio di restare se stesso. I successi non lo hanno cambiato: gli insegnamenti di Valentino Rossi, suo mentore e idolo, sono stati un tesoro inestimabile per crescere ed affermarsi da pilota professionista. Aspettando di sfidarlo quest’anno nell’ elite della MotoGP…

Trascorsa qualche settimana da Sepang, da Campione del Mondo la tua vita ritieni sia cambiata?

A dire il vero mi sento come sempre, pertanto direi di no. Le persone che mi vogliono bene si comportano con me allo stesso modo: orgogliose sì di quello che ho fatto, ma non direi che qualcosa sia cambiato. Ho notato più che altro un avvicinamento da parte di persone che si sono appassionate al motociclismo proprio in seguito al titolo mondiale vinto, soprattutto nella “mia” Chivasso. Questo non può che farmi piacere: mi rende felice“.

Ancor prima di esordire nel Motomondiale alle persone a te più vicine dicevi “Voglio vincere 5 titoli mondiali, a quel punto mi riterrò soddisfatto”. Adesso puoi dire di essere arrivato a 1 di 5 o gli obiettivi sono cambiati?

(Ride) Non si può mai dire! Cercherò sicuramente di vincere il più possibile, ma non sarà facile. In MotoGP il livello è incredibile. Oggi non ci penso, l’unico mio proposito è quello di crescere, imparare, avvicinarmi sempre più ai migliori… poi si vedrà“.

Quando hai davvero pensato “Sì, questo è l’anno giusto per vincere”?

In due occasioni in particolare. A Misano quando ho vinto, dominando per tutto il weekend, su un tracciato dove ho sempre fatto fatica in carriera. La svolta tuttavia a Buriram, in Thailandia: dopo la vittoria mi sono detto “OK, il titolo è nostro”. Non mi sbagliavo“.

Non succede spesso tra i piloti, ma prima di parlare di te dopo la vittoria mondiale hai voluto tributare un sincero ringraziamento a tutto lo Sky Racing Team VR46. “Insieme” è stato il termine che hai utilizzato di più…

Sì perché è un successo di tutti. Non è solo il pilota che vince: se non hai una moto ed una squadra di livello non puoi ottenere simili risultati. Mi è successo in passato e proprio da queste esperienze difficili mi sono reso conto di quanto sia fondamentale l’apporto della squadra. Per questo è giusto e doveroso riconoscere il merito di tutti: del team, della Academy, di tutte le persone che mi sono state vicine e che ho voluto ringraziare una per una dopo il successo mondiale“.

Adesso la MotoGP con il team Pramac e contratto diretto Ducati per i prossimi 2 anni. Hai detto che vuoi crescere, imparare, ma due obiettivi realistici possono essere il titolo rookie e qualificarti direttamente al Q2?

Sì, questi possono essere due traguardi da raggiungere. Cercherò di essere il miglior esordiente dell’anno e come performance rientrare nel Q2 (seconda sessione di qualifiche, ndr). A partire da che gara? Da subito, dal Qatar. Sarà difficile, considerando il livello della MotoGP, ma ci proverò“.

Lo scorso anno avevi due offerte (Pramac Ducati e Tech 3 Yamaha) per correre in MotoGP, ma hai fortemente voluto restare in Moto2 e posticipare l’esordio nella top class di una stagione. Cosa ti ha dato la forza, in quel momento, di dire no alla MotoGP?

La spinta più grande è dovuta al fatto che avevo una concreta possibilità di vincere il titolo mondiale in Moto2. Era la prima volta in carriera che potevo, pronti-via, giocarmela per il campionato. Salire in MotoGP affrettando i tempi non è mai una cosa buona. Inoltre mi sarei “incasinato” con i contratti: da una parte volevo onorare l’impegno preso con lo Sky Racing Team VR46, dall’altra il mio ipotetico accordo con un team MotoGP sarebbe scaduto un anno prima rispetto ai contratti siglati dagli altri piloti della categoria…

Nel calcio spesso alle presentazioni dei nuovi calciatori dicono “Ho sempre sognato di indossare questa maglia”. Nel tuo caso, per davvero, sei sempre stato un Ducatista, volevi proprio correre con questa moto…

Assolutamente sì. La Ducati è una moto e un’azienda che mi sono sempre piaciute tantissimo. Un po’ meno diciamo dal 2010 al 2013 in MotoGP, ma nei successivi anni ho visto un grande cambiamento. Sono tutti molto, molto motivati a vincere, lavorano tantissimo e non si risparmiano mai. Inoltre sin da bambino volevo correre con una Ducati…

Ducati ha scritto pagine di storia del motociclismo anche in Superbike: se ti chiedessero di correre qualche gara in questo campionato l’anno prossimo? Ai Ducatisti piacerebbe…

Extra-MotoGP in particolare vorrei correre in un prossimo futuro in Giappone, alla 8 ore di Suzuka. Una gara che mi ha sempre affascinato per l’atmosfera, per tutto il contorno, ma non solo. Mi piacerebbe molto correrci con Ducati, ma al momento non prende parte all’evento: in futuro, chissà…

In Ducati sembrano già pazzi di te, anche perché vogliono dimostrare che un “deb” possa andare subito forte con una moto finora ritenuta difficile…

“Sono dell’idea che sia più complicato per un pilota passare da un’altra MotoGP alla Ducati, rispetto che per un rookie salire per la prima volta in sella alla Desmosedici. Me ne sono accorto nei primi test: la Moto2 è una moto che praticamente “non frena”, non curva velocemente, ha chiaramente dei limiti. In sella ad una MotoGP tutto ti sembra più grande e… migliorativo, dove hai sempre un gran margine per andare più forte. Forse per questo mi sono trovato subito bene con la Ducati, non avevo pregressi riferimenti in sella ad una MotoGP. L’attenzione che ripone in me la casa madre? Chiaramente è positivo e ne sono onorato, me lo hanno dimostrato sin dal primo giorno. Poter lavorare con Christian (Gabarrini, capo-tecnico) e Tommaso (Pagano, telemetrista) è il massimo. Mi sono trovato subito bene con loro, si sono interfacciati con me con umiltà, senza impormi nulla, trovando insieme la strada per migliorarci. Davvero il top!

Quest’anno correrai anche contro Valentino Rossi, il tuo idolo, il tuo mentore. Hai detto che non sarà propriamente un avversario…

Confermo che sarà difficile vederlo un avversario come tutti gli altri piloti. Di certo sarà una cosa fighissima: io sono nato nel 1997, l’anno in cui ha vinto il suo primo titolo mondiale in 125cc. Per me è un esempio, per la forza che ci mette per continuare a correre ad alti livelli e migliorarsi di continuo. Sarà qualcosa di incredibile gareggiare insieme a lui…

Tra gli avversari ci sarà anche Franco Morbidelli, altro pupillo della VR46 Riders Academy: la stampa probabilmente ne parlerà di un dualismo tra voi su chi potrebbe diventare l’erede di Rossi. Sei della stessa opinione?

Non proprio. Io e Franco siamo amici, ci rispettiamo, poi chiaramente in pista vogliamo stare davanti. Non ci scanneremo in gara, ma non ci tireremo dietro se ci fosse l’opportunità di sorpassarci…

Di nuovi avversari hai già avuto modo di superare pronti-via Jorge Lorenzo nel corso della prima giornata di test a Valencia…

“Sì, ma solo perché è andato largo alla prima curva (ride, ndr). Per me è stato bello vederlo guidare così da vicino, ti lascia a bocca aperta”.

Dicono che hai uno stile di guida molto simile a lui…

“Lorenzo ha uno stile che privilegia molto la velocità in curva, ha delle linee molto tonde in percorrenza e nel contempo stacca forte. Vero, su diversi aspetti abbiamo una guida similare, ma ad oggi ho ancora tanto, tanto margine soprattutto in fase di staccata

A proposito: dovessi paragonare la guida di una MotoGP a qualcosa nella vita di tutti i giorni, cosa penseresti?

“Non ne ho idea. La MotoGP è assurda: frena troppo, viaggi ad oltre 300 orari, in curva sembra non avere limite. Non saprei a cosa paragonarla: è qualcosa di unico”

Da pilota professionista sei un giramondo: molti tuoi colleghi si sono trasferiti ad Andorra o Lugano, tu pensi vivrai ancora a lungo in Italia?

Si dice “mai dire mai nella vita”, ma non credo. Sono dell’idea che vivere in Italia sia il massimo: come si sta qui non ha eguali

Sei comunque legato alla tua Chivasso e a Torino, dove sei nato. A proposito, la sindaca Chiara Appendino ti ha dedicato un tweet “Hai portato Torino sul tetto del mondo”. In molti hanno risposto “Beh, almeno lui”, in riferimento alla mancata candidatura olimpica della città…

“Non so cosa sia successo al riguardo e non ci ho fatto caso a questo tweet. So solo che sono molto orgoglioso di aver portato la mia città, Chivasso, così in alto. Non era mai successo prima, penso sia positivo per tutti e anche per il motociclismo…”

Di questo sport ultimamente si è parlato a lungo per la vicenda di Romano Fenati. Sei stato suo compagno di squadra, qual è la tua opinione su quanto è accaduto?

Posso dire che Romano è un pilota che va molto forte ed è un gran talento. Anche al suo esordio in Moto2 lo ha dimostrato, ritrovandosi subito in Qatar là davanti. Parliamo di un pilota istintivo, che alle volte diventa incontrollabile, su questo certamente dovrà lavorare. Romano è un ragazzo che, quando è tranquillo, ci ridi e scherzi insieme. Giusto dargli un’altra opportunità? Per me sì. Ha compiuto un brutto gesto, così come brutta è stata la reazione della gente nei suoi confronti. Un’altra possibilità non si nega a nessuno, anche se per lui credo sarà davvero l’ultima…

Un magazine francese ha scritto che tu sei un po’ la sua “nemesi”, anche per via del tuo carattere. Sei un ragazzo tranquillo, riservato, educato… La definizione di “pilota della porta accanto” ti piace?

“Mi sembra un appellativo un po’ “moscio”… Però sì, mi piace. Sono fatto così, anche in queste ultime settimane ho cercato di essere disponibile con tutti, mi sembra doveroso”.

Al Ranch ti chiamano “Lewis” riferendosi ad Hamilton…

“Adesso un po’ meno! (ride). Inizialmente sì, perché mi vestivo con qualche felpa piuttosto appariscente, un po’ come Hamilton”.

Di recente è anche salito in moto e dovrebbe essere ospite al Ranch prima o poi…

“Pare di sì, ma credo non a breve. In moto sì, ho letto e ho visto le sue foto. Dicono che ha girato a 7″ dai migliori della Superbike? Nel caso è andato davvero troppo forte. Vedendo qualche foto di lui in sella mi sembra comunque un po’ strano…”

Diventare un pilota professionista richiede impegno, sacrifici, anche tanti rischi. Di questi tempi, ti ritieni comunque un privilegiato?

“Assolutamente sì e so perfettamente di esserlo. Per questo ringrazio sempre la mia famiglia per i loro sacrifici di questi anni, così come la VR46 e Sky per dove mi hanno portato. Ci penso sempre”

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STAY HEALTHY, STAY COOL

L’allenamento inizia a tavola
Fare attività fisica è molto importante per il nostro benessere, ma mangiare i cibi giusti prima e dopo un allenamento in palestra lo è ancora di più. Infatti con cibi sbagliati o in eccessiva quantità, si corre il rischio, quando si fa sport, di trovarsi o troppo stanchi o troppo pieni a metà dell’allenamento, vanificando così il lavoro fatto. «Innanzitutto – dice Flavia Correale, medico endocrinologo e dietologo – occhio alle quantità, non esagerate con le porzioni e soprattutto calcolate i “tempi giusti” fra i pasti così da far lavorare in modo corretto l’apparato digerente e non appesantirvi». Detto questo, l’ideale, come dimostrato da recenti studi scientifici, sarebbe impegnarsi nell’attività fisica la mattina presto a digiuno e, dopo l’allenamento, fare una colazione completa con yogurt e cereali, pane tostato integrale con marmellata e frutta per assicurare il recupero del glicogeno muscolare. A pranzo pieno di proteine (carne bianca, legumi, ricotta fresca, salmone fresco o affumicato) per ripristinare le miofibrille muscolari. A cena invece via libera ai carboidrati complessi (pasta, riso o farro integrale) e verdure di stagione per approvvigionarsi di vitamine e sali minerali indispensabili per migliorare le performance sportive.

«Se l’allenamento è nel pomeriggio – continua la dietologa – calcolate di dover pranzare almeno tre o quattro ore prima. L’alimentazione pre-palestra deve includere carboidrati come riso, pasta integrale, orzo, farro e proteine come carne di pollo o tacchino o del pesce e accompagnare il tutto con verdure fresche o cotte ma di stagione. Nella dieta non devono mancare le erbe aromatiche, un trucchetto che può aiutare a ridurre di molto le quantità di sale».

Infine per chi va in palestra o in piscina solo dopo il lavoro l’indicazione è di non dimenticare di fare merenda, da una a tre ore prima dell’allenamento, con uno yogurt con cereali o una banana o un panino integrale piccolo con ricotta fresca o frittata o tonno sgocciolato. In questo caso la cena deve prevedere una minestra di legumi, oppure pasta o riso, e un secondo a base di carne bianca o pesce cotti senza l’aggiunta di grassi accompagnati da verdure e, per concludere, un frutto di stagione.

Attenzione agli energy drink!
Durante lo sport si perdono, attraverso il sudore, tantissimi liquidi (oltre 500 ml ogni ora di attività) e minerali. Per ripristinare i liquidi, al di là della sensazione di sete, la raccomandazione è di bere almeno un litro e mezzo di acqua lontano dai pasti mentre per reimmettere i sali minerali sono indicati estratti di frutta e verdura freschi a base di carota, mela, sedano, ananas e arance.

«Occhio agli energy drink – avverte la dottoressa Correale – a base di caffeina, taurina e D-glucuronolattone perché devono essere assunti con precauzione in base all’età o altri problemi medici. Infatti una lattina da 250 millilitri di queste bevande contiene la dose di caffeina equivalente a cinque tazzine di espresso». Una ricerca dell’Università canadese di Waterloo condotta su oltre 2000 consumatori di bevande energetiche ha dato risultati allarmanti. Il 24,7% del campione osservato ha manifestato alterazione del ritmo cardiaco, il 24,1% ha sofferto di insonnia o disturbi del sonno, il 18,3% ha lamentato emicranie ricorrenti, il 5% nausee o problemi gastrointestinali e in rari casi si sono registrati dolori acuti al petto e attacchi cardiaci.

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IL VALORE DEL CROSSFIT SECONDO STEFANO MIGLIORINI

Ho sempre amato la competizione, sfidare i miei limiti per raggiungere degli obiettivi mi fa sentire vivo anche se la strada per raggiungerli non è mai semplice. L’insegnamento più grande che il crossfit mi ha regalato è quello di essere resilienti, nello sport e nella vita di tutti i giorni. Le gare in ambito internazionale a cui ho partecipato mi hanno insegnato a reagire sempre con lo spirito giusto e questa è una delle abilità fondamentali da coltivare. Avere la possibilità di essere di aiuto agli altri, trasmettendo la mia esperienza come coach, mi motiva a fare sempre meglio e a spingermi sempre oltre. Questo è il vero motivo per cui continuo a fare questo lavoro.

Come è iniziato il tuo percorso atletico e nel CrossFit?

Ho iniziato a fare Crossfit nel 2011, con Ernest Briganti che è tuttora il mio coach, cercavo uno sport che mi desse la possibilità di mettermi alla prova fisicamente e mentalmente, misurandomi con altri atleti.

Quali le difficoltà che hai incontrato nel tuo percorso?

Oltre alle scontate difficoltà che può incontrare un atleta nello sport in cui compete,relativamente all’impegno fisico giornaliero, le difficoltà maggiori sono state fronteggiare mentalmente tutte le sfide che si sono poste di fronte in questi anni di competizione.

Quali i momenti e traguardi che hanno segnato la tua crescita ?

Ogni situazione di difficoltà mi ha fatto maturare, rendendomi più resiliente.

Come si svolge la tua giornata tipo?

In genere divido la giornata in 2/3 sessioni di allenamento, intervallate dal lavoro come coach nel box Reebok Crossfit officine in cui passo l’intera giornata.

Quali esercizi non mancano mai nel tuo workout ?

Il bello dello sport che faccio è la costante varietà degli esercizi.

Seguo un programma di allenamento personalizzato dal mio coach sulla piattaforma di BHT LAB, dunque non mancano mai esercizi sulle mie weaknesses

La tua routine alimentare

Seguo un regime alimentare bilanciato e studiato su di me che ammonta a circa 4000kcal al giorno e che è in grado di sostenere il volume dei miei allenamenti.

Quali sono gli stereotipi e luoghi comuni legati al CrossFit 

Il luogo comune chi non conosce questo sport è che non è adatto a tutti. In realtà è perfettamente adattabile e scalabile a qualsiasi livello.

Foto di Stefano Facca

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UNA QUESTIONE DI SCHIENA: ANGELO BONOMELLI

Quella di ANGELO BONOMELLI, surfer italiano che vive in Costa Rica e che si batte per entrare nel gotha del settore, la World Surf League, proprio grazie alle sue manovre in back side. E a un’alleata potentissima: la poesia sussurrata dal mare.

«Sai qual è la verità? Che la paura del mare non te la togli mai ed è questo il bello». Come se la ride Angelo Bonomelli, 27 anni, quando gli spiego che per la prossima oretta lo tartasserò di domande su cosa si prova a fare surf perché io ho troppa fifa per farlo.

Nato in Italia, dalle parti di Varese, in realtà sulla tavola Angelo ci è salito per la prima volta in Costa Rica, dove la sua famiglia si era trasferita quando era piccolo. «Avevo sui dodici anni, ero in spiaggia con i miei amici e a un certo punto abbiamo iniziato a giocare con le onde. Tutto è cominciato per puro divertimento», spiega Angelo con dolcezza, «poi verso i sedici anni ho iniziato a fare sul serio, grazie anche a un allenatore da paura come Didier Piter (per i non esperti, un mostro sacro del surf francese, ndr)». Da lì, un crescendo di successi fino ad arrivare al titolo di campione italiano nel 2017 e campione del Costa Rica nel 2018, mentre ora è intento a gareggiare per garantirsi l’accesso alle World Qualifying Series, ovvero le qualifiche da superare per conquistare un posto nel circuito della World Surf League, la lega più importante nel settore, quella per intenderci in cui è entrato Leonardo Fioravanti. Quando non è impegnato con le competizioni in giro per il mondo, Angelo si divide tra il Costa Rica, dove passa i mesi invernali e la stagione calda, con base in Europa. E oltre ad allenarsi per vincere il più possibile, è attivo come istruttore.

In Italia il surf sta diventando più popolare, anche grazie alle sue imprese, ma forse cè una visione un po’ stereotipata del settore, un immaginario fatto di mare, sole e gran feste sulla spiaggia di sera intorno a un fuoco: è davvero tutto così idilliaco?

«Questo è un ambiente rilassato, il che non significa che non ci si debba mettere d’impegno. Io mi alleno almeno tre o quattro ore al giorno e le sensazioni sono sempre diverse. C’è la volta in cui tutto fila liscio, ti rilassi e pensi solo a essere con l’onda, ma capitano anche i momenti no. La mia fortuna però è che, anche se il surf per me è diventato un lavoro, non ho perso la poesia. Quanto ai surfer italiani, hanno tutto il mio rispetto».

Perché?

«In Costa Rica il mare è sempre caldo ed è facile avere le condizioni giuste per salire sulla tavola. In Italia bisogna essere dei veri appassionati per sopportare la calma forzata dell’estate e il freddo dell’inverno: ci vuole fegato per buttarsi in acqua quando il termometro va verso lo zero, ma ne serve ancora di più per uscire fuori, con l’aria che ti gela le mani. Credo che “Non mollare mai” possa essere il loro motto».

In Italia dove ha trovato le onde più belle? E allestero, invece?

«Lungo tutta la costa sarda ci si può divertire, mentre uno dei miei posti preferiti nel mondo è l’Australia, se si tralascia il piccolo dettaglio che mentre sei in acqua tu, ci sono pure gli squali. L’Indonesia è un altro luogo particolare, anche perché spesso la gente del luogo non parla inglese, quindi bisogna trovare il modo per comunicare. Io mi sono arrangiato benissimo con le mani».

Qual è laspetto più faticoso del suo mestiere?

«Spostare le tavole! Detta così sembra una battuta, ma non è per niente semplice volare da un continente all’altro con tutto l’armamentario al seguito. E anche una volta arrivato, magari ti tocca di camminare per lunghi tratti con la tavola in mano, la logistica di un surfer è una faccenda complicata».

Cosa si prova a competere con i più forti?

«Il bello delle gare di alto livello è che puoi incontrare i big names e chiacchierarci. Uno dei momenti più gratificanti è quello del free surf, quando si entra insieme in acqua per riscaldarsi, poi però arriva la gara e in quei venti minuti non fai sconti a nessuno. Certo se sai di essere primo, ti puoi permettere di aiutare un amico, ma altrimenti devi mettere in atto tutte le tue tattiche».

Cè una situazione in cui si sente davvero un drago?

«Con le manovre di schiena direi che me la cavo alla grande, sono i voli che a volte mi fanno un po’ penare, ma si può sempre migliorare».

A parte i casi disperati, come il mio: paura atavica di non riuscire a ritornare in superficie. Per gente come me il surf resterà sempre e solo un sogno.

«In Costa Rica si fa pratica con onde di mezzo metro e con la tranquillità di poter sempre mettere i piedi a terra, se le cose proprio girano male. Sono convinto che nel posto giusto, tutti abbiano la chance di prendere confidenza con la tavola e di godersi le sensazioni incredibili che il mare regala. Niente è impossibile».

 

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BEAUTY TIPS: LA CURA DELLA BARBA

Ora che il grooming – la cura di barba e capelli per l’uomo – ha rotto il taboo per cui la bellezza sia di esclusiva pertinenza femminile, anche gli uomini hanno iniziato davvero a prendersi cura del proprio aspetto, partendo dalla base: creme per il viso, tagli innovativi o vintage, barba hipster o rasata ogni giorno. Lo sa bene Sali Avdija, che da anni cura l’estetica maschile nell’angolo barberia di Merci à Vous, l’hair boutique di Mayra Cassano, nata con una duplice identità: salone di bellezza, per la tipologia di servizi offerti, che esplorano il benessere in tutte le sue forme, ma anche club, grazie al proposito di proseguire la tradizione storica del salotto meneghino di fine Ottocento, rispondendo all’esigenza di socialità e arricchimento culturale di tutte le persone che vi transitano. Sali pratica la rasatura con il rasoio a lama singola, coccolando i clienti con panni caldi, oli essenziali e l’insaponatura a pennello, per far riscoprire l’antica tradizione artigiana della barberia da cui ha appreso la propria arte. Ecco i suoi consigli!

THE RIGHT TOOLS

Il migliore alleato per una barba perfetta è ovviamente il rasoio. Va scelto di ottima qualità e con più pettini a disposizione, così da poter regolare ogni parte nel modo più idoneo. Soprattutto durante i cambi di stagione, quando la barba tende a essere più crespa, è poi consigliabile pettinarla con una spazzola di seta per renderla più morbida, distribuire l’eventuale olio utilizzato su tutto il pelo e massaggiare la cute.

BE PATIENT

Far crescere la barba non è semplice come sembra. Si ha bisogno di molta pazienza per farla arrivare alla lunghezza desiderata e per superare le scomode vie di mezzo. Il segreto è pulire la barba più spesso, soprattutto durante il primo mese. Avere la barba lunga non significa infatti abbandonare qualunque visita dal barbiere: va regolata di tanto in tanto per mantenerne la forma ed evitare l’effetto crespo.

TAKE CARE

Durante il giorno la barba tende a diventare oleosa e ad assorbire alcuni cattivi odori, come il fumo. L’ideale è lavarla almeno un paio di volte al giorno: in casa, al mattino e a sera, con l’aggiunta di uno scrub apposito e in ufficio, magari in pausa pranzo, con della semplice acqua tiepida.

THE BEST PRODUCTS

Per la rasatura quotidiana è consigliabile utilizzare saponi da barba professionali, distribuendoli con un pennello capace di ammorbidire il pelo e la pelle, per facilitare il passaggio della lama e prevenire le irritazioni. Un piccolo trucco è idratare la barba con una semplice crema idratante neutra, per eliminare il crespo e renderla più morbida, a cui si possono aggiungere poche gocce di oli essenziali per profumarla, come la lavanda, il sandalo o il lemon grass.

 

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VELOCE COME TORTU

Veloce, corre veloce Filippo (Pippo per gli amici), lo capisce anche chi non segue l’atletica o non legge dei suoi record (da leggenda) a 20 anni. Lo capisce chi lo guarda in quello “scatto” armonioso della campagna pubblicitaria di Fastweb. Nessun italiano è oggi più “fast” del brianzolo che è stato anche eletto uomo dell’anno agli Awards 2018 della Gazzetta dello Sport. Pippo, velocista azzurro è stato il primo italiano a correre sotto i 10 secondi i 100 metri piani, con 9’99 lo scorso giugno a Madrid ha battuto il record da sempre proprietà di Mennea. Atleta delle Fiamme gialle, in dicembre ha fatto incetta di premi e riconoscimenti. Ma sarà il 2019 l’anno della sua conferma, tra gare indoor, Mondiali di staffetta di Yokohama, Golden Gala e soprattutto i Mondiali di Doha ad ottobre.

Hai avuto un fine anno intenso, tra riconoscimenti, premiazioni e serate di gala, ma senza abbandonare la pista, avverti di più l’adrenalina quando sali su un palcoscenico per essere premiato a quando sei in gara?

In entrambi i casi, anche se sono due cose diverse. L’adrenalina che si sviluppa in gara è decisamente dovuta ad una grande sensazione di incertezza, non sai come andrà a finire. Quando invece ricevi un premio quella sensazione scaturisce dalla soddisfazione, che si trasforma in orgoglio per quello che ti viene riconosciuto.

Ti senti uno da “gran serata”? Come gestisci questo tipo di eventi?

Amo molto lo sport in tutti i sensi per cui mi piace vedermi sullo stesso palcoscenico insieme ai grandi campioni, mi piace sentirmi uno di loro.

Se ti chiedessero di scegliere tra l’andare in un ristorante stellato o una semplice pizzeria per quale opteresti?

Con gli amici assolutamente la pizzeria, mentre con la famiglia scelgo il ristorante stellato, i miei sono amanti della cucina raffinata.

Il tuo look preferito?

Sono uno dai gusti classici, mi trovo bene in giacca e camicia oppure con magliette semplici, jeans e scarpe sportive. Non sento il bisogno di essere sempre alla moda, non mi piacciono maglie lunghe e pantaloni strappati, non me li sento proprio.

Hai chiuso il 2018 capeggiando un bel numero di giovani atleti in molte discipline

Si, ci stiamo muovendo bene, ci sono molti giovani bravi. Una su tutti sicuramente Simona Quadarella, (argento 800sl campionati del mondo vasca corta ndr), ha ottenuto risultati stratosferici. Credo sia l’inizio di una nuova era di sportivi, senza togliere nulla a campioni come Nibali, per citarne uno.

Ma i record sono ormai tutti dei giovanissimi…

Speriamo

Il 2019 è pieno di aspettative?

Direi di obiettivi, che non mi mancano. Sono concentrato ed ho molta voglia di gareggiare. Farò qualche gara indoor tra gennaio e febbraio e poi a maggio inizierà la stagione vera e propria, ci sarà la staffetta in Giappone. Sarà un anno particolare con i campionati del mondo ad ottobre a Doha che è l’appuntamento clou. Confesso che ho molta voglia di affrontare soprattutto i 200 mt che torno a correre dopo lo scorso anno. I più faticosi sono sempre i 100 mt, ma ora sto preparando tutti e due e la fatica va avanti di pari passo. Sto rafforzando quanto fatto lo scorso anno puntando a mantenere stessa forza e potenza sia a destra sia a sinistra, a non creare scompensi.

A giugno scorso i giornali recitavano: “Filippo Tortu ‘9 99 nei 100, batte Mennea: è il più veloce nella storia italiana”. Come vivevi Pietro Mennea prima di batterne il record?

Come continuo a viverlo anche ora: esempio e leggenda dello sport. E poi, naturalmente, sapendo che lui aveva preso anche 4 lauree. Io sto frequentando la Luiss, l’università dove c’è una borsa di studio intitolata a lui. Per me un modello da seguire non solo in pista.

Come te la cavi tra studi e allenamenti?

Quando aumentano gli impegni è sempre più complicato studiare ed essere in giro per gareggiare, ma con uno sforzo maggiore si può fare. Sono iscritto ad Economia, non ho dubbi laurearmi è una cosa cui tengo.

Tra gli atleti del passato e del presente chi ti appassiona di più?

Livio Berruti per il passato, per il modo in cui intende lo sport, lo viveva in maniera spensierata ma professionale, in modo da divertirsi in tutto quello che faceva. Sebbene la mia generazione sia profondamente diversa io mi sento più simile a loro, a Berruti in particolare. Poi di oggi mi piacciono Armand Duplantis (18enne prodigio svedese) oro nel salto con l’asta, lui è un fenomeno mondiale.

E sui 100 mt avverti rivali?

Non sento rivali e quando sono in pista penso solo a me stesso ed ai miei risultati, e non presto attenzione agli altri, li guardo e non provo rivalità, mi piace l’agonismo.

Ti allena Salvino, tuo padre, non sempre avere un familiare stretto come allenatore è cosa semplice, come funziona il vostro rapporto?

Ci rapportiamo in maniera diversa, quando siamo sulla pista oppure quando siamo a casa. In pista io sono atleta e lui allenatore, riusciamo a interagire molto bene, senza sforzo in maniera naturale. Ma anche fuori abbiamo un bel dialogo. Sono fortunato a poter passare tanto tempo con mio padre ed è un ottimo tecnico dal punto di vista professionale, ho fortuna doppia.

Entrambi siete dei grandi consumatori di sport…

Beh la passione l’ho presa da lui, pensa che siamo appassionati anche di freccette. Ci piace vederne il livello di preparazione, osservare la tecnica e rispettare il talento di tutti gli sportivi. Ogni disciplina richiede competenza e sforzi.

La musica è una delle tue passioni e Patty Pravo, non è un mistero è il tuo mito. Da dove nasce?

Ascolto musica italiana da quando ero piccolo, e da adolescente mi è piaciuto approfondire alcuni cantautori italiani, infatti Lucio Battisti è il mio preferito. Hanno fatto pezzi che mi emozionano ogni volta che li ascolto, e seppure non sembrano brani che possano caricare io li sento prima delle gare e mi fanno un gran bene. Ascolto anche il rock, adoro i The Struts.

 

 

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THOM BROWNE: LO STILISTA DELLO SPORT

E’ un legame forte e autentico quello che lega Thom Browne al mondo dello sport. Dopo aver vestito il cestista statunitense LeBron James e la squadra dei Cleveland Cavaliers, ora il designer è impegnato nella realizzazione delle divise formali della squadra di calcio del Barcellona.Inoltre di recente ha anche lanciato una capsule collection dedicata al golf, che sviluppa la serie a tema sportivo introdotta per la prima volta dalla Collezione Tennis.
Come racconta lo stesso Thom Browne: “Vengo da una grande famiglia in cui tutti sono stati coinvolti nello sport. E’ stato da sempre parte della mia vita. Quando eravamo piccoli, i miei fratelli e sorelle giocavano a basket e a baseball. Io e mia sorella praticavamo il nuoto. Io stesso corro ogni giorno. Lo sport è parte della mia vita. Gli atleti professionisti sono per me una grande fonte di ispirazione. Aspirano tutti a essere la versione migliore di loro stessi, come ad esempio LeBron James o Rafael Nadal. Il percorso di coloro che riescono a diventare veri campioni è davvero stimolante “.

Thom Browne

Il marchio è cresciuto molto negli ultimi anni grazie a una direzione molto precisa che ha ridefinito il codice dell’eleganza maschile con nuove proporzioni: maniche della giacca e rever più corti del solito, slim fit, shorts al posto dei pantaloni sartoriali per confezionare un completo elegante, orli e pieghe dei pantaloni stranamente alti. E poi le collaborazioni dedicate allo sport unite a un linguaggio spesso di rottura, come si vede nei suoi show spettacolari. Dal 2016 Rodrigo Bazan è diventato CEO di Thom Browne, sviluppando una strategia che ha portato il brand a crescere sui mercati internazionali tanto da diventare appetibile per un gruppo come quello di Ermenegildo Zegna, che ha di recente acquistato la quota di maggioranza della società all’85%, con Browne come unico shareholder. Bazan, nato in Argentina da padre spagnolo e madre italiana, vanta un percorso davvero importante in aziende del Gruppo Gucci, poi come direttore finanziario di McQueen, a Londra (a soli 27 anni) fino ad arrivare a dirigere gli affari europei di Marc Jacobs e alla direzione nel 2010 di Alexander Wang. Per Thom Browne ha creato una strategia di espansione che vede al centro il collegamento diretto con il consumatore. Oggi grazie alla sua esperienza il marchio è disponibile in 300 punti vendita nel mondo per l’uomo, e 200 per la donna. In termini di negozi, tra flagship store e concessioni in Giappone o in Corea, l’azienda conta ora ben 29 monomarca.

Rodrigo Bazan

“Il successo di Thom Browne raggiunto nei primi dieci anni ha lasciato tutti senza parole, non si faceva altro che parlare di lui. La creatività, l’artigianato, l’alta qualità del prodotto, la consistenza. Tutti messaggi molto chiari. Ho trovato una situazione unica da cui partire. Per crescere ho pensato a un sistema direct consumer tramite negozi monomarca e online store. Una strategia omnichannel capace di preservare le caratteristiche del prodotto. Abbiamo imparato molto dal retail. Creatività, espressione del marchio e prodotto sia nell’ uomo che nella donna. Ora l’obiettivo è portare i fatturati uomo e donna allo stesso livello. E poi ho implementato la comunicazione con forte attenzione al digital, un altro pilastro molto importante“ ha dichiarato Rodrigo Bazan.

E sulle diverse collaborazioni con il mondo dello sport spiega lo stesso Bazan: “Thom nutre una grande ammirazione per gli atleti, che per lui sono quasi più importanti delle celebrities. Quando facciamo loro indossare il completo sartoriale Thom Browne nasce un contemporary look dal risultato perfetto. Lo stesso quando abbiamo vestito i giocatori del Barcelona. Per noi vestire gli atleti è stata la dimostrazione che i capi andavano oltre ciò che si vede in sfilata. Le collaborazioni sportive di non sono guidate da un marketing plan. Nel caso di LeBron James tutto è nato da un incontro con l’NBA. Nel caso del Barcellona ci hanno contattati loro perchè erano alla ricerca di un partner. E la loro cultura di vincere come team è molto simile a quella di Thom. Ci interessava dare priorità ai giocatori e alla squadra.Oggi i giocatori li vestiamo anche nella vita privata. E gli atleti sono perfetti ambassador. Per quanto riguarda il golf e il tennis, sono due sport molto cari a Thom. Per il Salone del Mobile aveva creato una collezione capsule da tennis che ha avuto un enorme successo. Poi da un viaggio in Corea è nata l’idea del golf”.

Oggi il brand, grazie all’acquisizione del Gruppo Zegna, che sostiene a pieno la strategia sviluppata da Bazan, ha tutte le carte in regola per conquistare il mercato menswwear, anche grazie al distillato equilibrio tra sportswear e tailoring di nuova generazione.

 

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10 PARCHI DA SCOPRIRE IN ITALIA

Nel 2050, secondo le stime dell’ONU, il 68% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane. Tra i motivi di questo spostamento verso le grandi città ci sono le opportunità in ambito formativo e professionale, l’offerta culturale e le numerose attività dedicate allo svago. Una vita urbana non presenta però solo vantaggi. Il ritmo frenetico e lo stress quotidiano possono scaricare velocemente le energie. Per questo motivo Holidu, motore di ricerca per le case vacanza, ha analizzato le recensioni di Google al fine di individuare la top ten dei parchi urbani sul territorio italiano, il posto ideale per staccare la spina dalla vita frenetica della metropoli e dedicarsi ai propri hobby, lo sport oppure una semplice passeggiata. Ecco la classifica dei più belli del nostro Paese.

  1. Giardino degli Aranci, Roma

Il Giardino degli Aranci può avvalersi di un’area verde di circa 7.800 m² impreziosito da numerosi alberi di arancio profumati. Si trova sul colle Aventino e percorrendo il viale in mezzo al parco, si raggiunge il belvedere dove è possibile meravigliarsi con la vista del panorama sulla capitale.

  1. Parco di Monza, Monza

Il Parco di Monza, situato a nord della città, rappresenta uno dei maggiori parchi storici europei e il più grande circondato da mura. Il parco, realizzato per volontà dal figlio di Napoleone come riserva di caccia, nel corso degli anni è stato più volte ampliato e ad oggi è circondato da 14 km di mura.

  1. Real bosco di Capodimonte, Napoli

Motivo di orgoglio per la città di Napoli, Il Parco di Capodimonte vicino all’omonima reggia offre ai visitatori ben 124 ettari di verde e svariati edifici che in passato vennero utilizzati da principi e re.

  1. Parco degli Acquedotti, Roma

Secondo parco in classifica per la nostra capitale. Il Parco degli Acquedotti deve il suo nome ai sette acquedotti risalenti all’epoca dell’Antica Roma. La bellezza di questo parco è stata apprezzata e utilizzata anche in campo cinematografico, ad esempio appare come set nel film La dolce vita.

  1. Parco di Villa Ghigi, Bologna

Anche se lontano dal centro di Bologna, il parco attrae molti visitatori. Dal Parco di Villa Ghini si gode di una vista molto suggestiva ed è possibili osservare una grande varietà di flora, anche esotica.

  1. Parco della collina di Superga, Torino

Il Parco naturale della collina di Superga è stato istituito nel 1991 per promuovere il territorio attraverso la valorizzazione, a livello turistico, della floristica e delle strutture architettoniche che contiene.

  1. Parco del Gianicolo, Roma

Questo parco, posto sull’omonimo colle romano, è famoso per la sua Passeggiata. Presente anche una statua dedicata a Giuseppe Garibaldi che si trova nella piazza (a lui dedicata) adiacente al parco e il Cannone del Gianicolo, che ogni giorno alle ore 12:00, spara un colpo.

  1. Parco Giacomo Leopardi, Torino

Probabilmente è il parco meno conosciuto rispetto agli altri in classifica. Il Parco Giacomo Leopardi ha la caratteristica di contenere tra la sua natura anche dei rifugi antiaerei che risalgono alla Seconda Guerra Mondiale.

  1. Parco Sempione, Milano

Famosissimo invece è Parco Sempione. Prende il nome dal corso Sempione e si trova poco distante dal Castello Sforzesco, rendendolo una frequente meta turistica milanese. La flora del parco è molto variegata e valorizzata attraverso alcuni percorsi botanici.

  1. Parco del Valentino, Torino

Ultimo dei parchi in classifica. Il Parco del Valentino di Torino, chiamato anche semplicemente “Il Valentino”, è una bellissima area verde che ospita al suo interno il Castello dei Savoia, certificato come patrimonio UNESCO.

 

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A NEW RISING STAR: MAX IRONS

Trentatré anni, figlio del Premio Oscar Jeremy Irons e una carriera avviata come attore. È Max Irons, attore britannico formatosi alla Guildhall School of Music and Drama, il cui debutto professionale in “Wallenstein” di Friedrich Schiller al Chichester Festival Theatre gli è valsa la nomination al prestigioso Ian Charleson Award. La sua carriera da attore è costellata di successi internazionali, come “Red Riding Hood” a fianco di Amanda Seyfried e Gary Oldman, il suo ‘Tommy nel thriller “The Runaway” nominato agli Emmy, o il suo ruolo come re Edoardo nella serie televisiva della BBC/STARZ “The White Queen” candidata ai Golden Globes, solo per nominarne alcuni. Tra gli ultimi progetti ricordiamo la serie spy “Little Drummer Girl” basata sul romanzo di John le Carré, dove Max interpreta Al, sotto la regia di Park Chan. Quest’anno sarà protagonista in “Condor”, una serie drammatica di dieci episodi, in cui il personaggio del giovane attore è ispirato al ruolo iconico di Robert Redford nel thriller politico “Three Days of the Condor” del 1975, su cui si basa la serie, in uscita a giugno negli Stati Uniti. Comparirà anche in “Terminal”, un thriller noir scritto e diretto da Vaughn Stein, prodotto e interpretato dalla candidata al Premio Oscar Margot Robbie, in cui Max è il sicario Alf. Ad agosto negli USA, Max è apparso come David Castleman nel film indipendente “The Wife”, scritto da Jane Anderson e basato sul romanzo omonimo di Meg Wolitzer, dove recita al fianco di Glenn Close, Jonathan Pryce e Christian Slater. Ha inoltre prestato il suo volto per marchi come Burberry e Mango. Personaggio affascinante e molto riservato, Max Irons non è un fan dei social network e si dichiara molto geloso della sua privacy. In questa intervista esclusiva scoprite i suoi prossimi progetti e l’editoriale scattato nella sua amata Londra.

Quando hai deciso di diventare attore?

Ho deciso di diventare attore quando frequentavo la scuola d’arte drammatica.  Ho diretto e recitato in un piccolo lavoro teatrale chiamato Gaggle of Saints, che è un atto unico del drammaturgo Neil LaBute. Ho quindi insegnato teatro per un anno e da lì ho avuto la conferma che era quello che volevo fare. Inoltre, se riesci a superare i tre anni di scuola di recitazione e ti diverti ancora, allora stai facendo la cosa giusta.

Come è stato il tuo percorso di formazione alla scuola di arti drammatiche Guildhall?

Intenso, terrificante ma illuminante allo stesso tempo.

Come è andata la tua prima esperienza e apparizione come attore?

Esilarante e spaventosa in egual misura.

Chi sono i registi che ti hanno maggiormente ispirato? Con chi ti piacerebbe lavorare in futuro?

Steven Soderbergh, Francis Ford Coppola, David Fincher, Christopher Nolan, Mike Nichols, Martin Scorsese e Stanley Kubrick, giusto per citare qualcuno.

Ti dividi tra serie tv e cinema, come selezioni i tuoi progetti?

Non c’è una formula fissa, valuto caso per caso. Dal cast coinvolto, la sceneggiatura, la storia della parte, è una combinazione di una serie di cose.

Quest’anno hai interpretato Joe Condor nel film Condor e il tuo personaggio si basa sul ruolo di Robert Redford. Come ti sei preparato per questa parte e quale è stata la tua esperienza?

 Fare una parte resa famosa da Robert Redford è una cosa che può intimidire, ma è anche un onore essere invitato a farlo. Tuttavia, anche se è importante rispettare ciò che è venuto prima, bisogna prendere e imparare quello che puoi e rielaborarlo perché che non ha senso cercare di emulare una determinata performance. Il fatto stesso che sei tu a interpretare la parte lo rende diverso e quindi ti permette di ampliare la tua comprensione del personaggio liberamente. Inoltre, lo scenario della nostra versione di Condor è diverso a causa dell’ambiente geo-politico estremamente mutevole in cui ci troviamo.

La tua performance in The Riot Club ha avuto grande successo ma allo stesso tempo ha creato scalpore, come descriveresti questa esperienza?

 The Riot Club è stata un’esperienza fantastica su più livelli. Lavorare con un giovane cast di attori inglesi e avere Lone Scherfig, una regista danese che racconta un inglese è stato molto entusiasmante.

Hai recitato anche il ruolo chiave di Edoardo IV nella serie storica The White Queen. Com’è lavorare su personaggi storici?

 The White Queen è ambientato durante il periodo storico della Guerra dei Roses, un momento affascinante e ricco di storia. Un’enorme quantità di risorse da cui attingere.

Esaminando la tua carriera, e tra i numerosi ruoli recitati quali sono per pietre miliari per te? Quali sono i film o le serie che rappresentano i punti di svolta per la tua crescita come attore?

 Farragut North, una commedia che ho fatto al Southwark Playhouse e al Riot Club

Quali sono i luoghi in cui ti rilassi e ti ricarichi?

Mi piace andare in bici, ma amo anche l’arrampicata. Mi piace molto anche la Grecia.

 

Il tuo ultimo viaggio che hai nel cuore?

Visitare Maiorca in bici

L’ultimo film che hai visto e ti ha ispirato?

Hereditary. Mi piacciono i film di paura e questo è estremamente bello.

Vivi a Londra o New York?

Londra, mentre prima vivevo a New York.

Hai un forte legame con Londra, quali sono i tuoi luoghi  preferiti della città?

Mi piace andare ad Hampstead Heath e al Borough Market

Raccontaci come è stato l’anno scorso e cosa c’è nel tuo futuro.

Il 2018 è stato un anno molto intenso, sono usciti al cinema ben due film: Terminal e The Wife. Ho recitato anche nella serie della BBC/AMC The Little Drummer Girl basato su un racconto di John Le Carrè. Nel 2019 tornerò a recitare nella seconda stagione di Condor. Non vedo l’ora!

Quali sono i piani per la tua carriera?

Continuare a lavorare, imparare da chi mi sta intorno e non perdere la prospettiva, cercando di divertirmi sempre mentre lo faccio. Il segreto è tutto lì.

 

 

 

 

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UNA STELLA ITALIANA: EDUARDO VALDARNINI

E’ la nuova rivelazione del mondo dell’acting italiano e spazia fra il cinema e la televisione. Su Netflix Eduardo Valdarnini nato in Francia nel 1991 e cresciuto a Roma, segno zodiacale Vergine, ha interpretato il giovane Lele nella prima e nella seconda stagione di “Suburra-La serie” quest’ultima in arrivo sugli schermi italiani nei primi mesi del 2019. Un personaggio ambiguo e scaltro. Figlio di un poliziotto, spaccia stupefacenti nei party della Roma bene fino a fare i conti con Samurai, boss della criminalità capitolina. Con imprevedibili evoluzioni nella seconda serie in cui entrerà in polizia, con un ruolo più attivo rispetto alla prima stagione della serie in cui subiva gli eventi.

 

Eduardo quanto c’è in te di Lele?

Non molto direi. Lele è ambivalente, è un ragazzo ferito, segnato da traumi ma in fondo potrei definirlo un’estremizzazione del mio ‘io’.

Oltre al successo di Suburra, che è un progetto televisivo, ti sei fatto conoscere al cinema con il film di Cristina Comencini ‘Qualcosa di nuovo’ accanto a Micaela Ramazzotti e Paola Cortellesi. Che differenza c’è per te fra cinema e televisione?

Nessuna, in entrambi mi metto in gioco con pari professionalità. Al cinema i miei idoli sono Marcello Mastroianni e Gian Maria Volonté e mi piacerebbe lavorare con chiunque ha una buona idea.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Attualmente mi divido fra Roma e Parigi dove vivo con la mia ragazza Jeanne, che lavora nella post-produzione cinematografica, e mi sono tuffato su una sceneggiatura per un lungometraggio destinato al cinema.

Qual è il tuo rapporto con lo sport?

Ho praticato pallavolo a livello agonistico per 10 anni. Lo sport per me è un piacere ma anche una necessità, mi piace tenermi in forma. Il vero sport è quello di squadra perché sviluppa lo stesso spirito di collaborazione che poi si ritrova nell’ambiente di lavoro di un set. Mi piacerebbe recitare nel biopic di un atleta.

Oltre al lavoro, i tuoi hobby e passioni?

Mi piace stare ai fornelli e la mia specialità sono le lasagne.

Capo must del guardaroba.

Un pullover dallo scollo ad anello, prediligo un gusto casual che possa contaminarsi con il formale.

Luogo fisico e dell’anima.

La Francia, piena di posti da scoprire per la fisicità e per la mia anima Villa Ada, che rievoca la mia infanzia a Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

Photo: Roberta Krasnig

Stylist: Stefania Sciortino

Ph Assistant: Chiara Filippi

Stylist Assistant: Rosamaria D’Anna

Grooming: Silvia Magliocco per Simone Belli Agency

Tutto il servizio in CALVIN  KLEIN JEANS  SS19

 

 

 

 

 

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BEAUTY ENERGY

L’esplosione cosmica all’inizio del tempo ha avuto origine da un grumo di energia. L’incessante trasformazione di questa energia primordiale, il suo continuo disperdersi e riaggregarsi costituiscono a tutti gli effetti la storia dell’universo. L’energia è LUCE ed è massa, è movimento ed è calore, è elettricità ed è vita. I fisici definiscono l’energia come capacità di compiere un  “lavoro meccanico”, ma è molto di più: un pallido riflesso dell’energia primordiale muove le nostre vite, illumina e riscalda le nostre notti, alimenta l’economia del pianeta e con essa la speranza di miliardi di individui.

Come aumentare la propria energia vitale?

Iniziamo a pensare in questi termini. Tutto è energia e vibrazione. Ripristinare la nostra energia psico-fisica attraverso integratori energetici è un passaggio importante. Oggi il mercato offre molteplici possibilità anche se personalmente preferisco avvalermi di prodotti biologici certificati, vegan and cruelty free. Di seguito alcune suggerimenti per ritrovare un’energia che sprigiona benessere e bellezza.

NAROSAN RED BERRY multivitaminico ricco di elementi naturali: sciroppo con calcio e magnesio, bacche aromatiche, lampone, aronia, melograno ed estratto di germe di frumento, adatto per una grinta in più nell’attività fisica.

TERRANOVA CORDYCEPS (fungo puro) la sua peculiarità è quella di produrre energia, è una pianta adattogena capace di produrre un generale miglioramento delle condizioni psicofisiche, incrementando la resistenza alla fatica e allo stress, quindi eccellente per la resistenza fisica.

VEGAVERO BIO MACA polvere di quattro radici di maca peruviana (giallo rossa, nera e viola) utilizzata già duemila anni fa nella cultura Inca come energizzante e afrodisiaco. E’ ricco di aminoacidi essenziali e contiene tutti i tipi di vitamine, in particolare quelle del gruppo B. Ottimo per prestazioni di lunga durata.

B E C  PERFOR MAX  integratore di vitamine e sali minerali con estratti vegetali, magnesio ossido, spirulina, ginseng, rosa canina, olio essenziale di menta e di limone, tutti elementi che supportano l’organismo nella stanchezza e nello condizioni più stressanti.

 

 

 

 

 

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GIFT GUIDE PER LA FESTA DEL PAPÀ

I nostri papà, sebbene vadano celebrati tutti i giorni dell’anno, in  questa ricorrenza speciale meritano un’attenzione in più. Un regalo beauty, un piccolo accessorio o un oggetto tech per esempio, ogni spunto è buono per dimostrargli tutto il nostro affetto. Di seguito alcune idee, per ogni tipo di budget, di gusto e ovviamente di papà.

Men’s Code Cells Swiss Power

Dalla collaborazione tra Swiss Prestige Cosmetic e Lamborghini  una linea di cinque cosmetici: dopobarba idratante, il detergente viso, il siero energizzante, la crema anti age e la crema contorno occhi.  Ciò che determina l’unicità di questi prodotti è la presenza di sostanze biotecnologiche e ingredienti totalmente naturali, che formano di conseguenza una miscela di principi attivi decisamente innovativa.

Terre d’Hermès “Flacon H”  Limited Edition 2019

Firmata da Liubov Edwards, illustratrice e designer inglese, trasporta, ancora una volta, in un viaggio simbolico attraverso gli elementi.  Quest’edizione limitata si articola nelle due declinazioni olfattive di Terre d’Hermès: Eau de toilette e Parfum.

FOREO Luna 2 for Men

Questo fantastico dispositivo di bellezza garantisce una superficie di pulizia più ampia del 50%, punti di contatto il 26% più lunghi, motore due volte più potente per una pulizia ancora più efficace e un’esperienza di rasatura ultra-confortevole.

FOREO Iris Black

Pensato per agire sul contorno occhi, rimuove i segni evidenti dell’invecchiamento come linee d’espressione, zampe di gallina, borse sotto gli occhi e occhiaie. Si adatta perfettamente al contorno occhi effettuando un massaggio ringiovanente con un design smart e travel-friendly.

Braun Series 9

Realizzato con sistemi tecnologici all’avanguardia, si adatta alle caratteristiche del viso, con la speciale tecnologia intelligente SyncroSonic™, brevettata da Braun, che analizza la densità della barba durante la rasatura e la adatta automaticamente 160 volte al minuto.

Hemp Care Styling Gel e Matte Hair Wax

Il gel è adatto a chi cerca uno styling definito, mantenendo la naturale brillantezza del capello. È arricchito con Olio di Cannabis Sativa Italiana Bio, Pantenolo e Vitamina E, dalle proprietà idratanti e antiossidanti.

La cera opaca invece dona al capello un effetto naturale senza appesantirlo e senza lasciare residui. La sua formula è arricchita con Olio di Cannabis Sativa Italiana Bio, Burro di Karitè Bio, estratto di Semi di Lino, Olio di Cocco Bio e Glicerina vegetale: nutre il capello, donandogli forza e lucentezza.

SkinLabo

Una linea composta da tre prodotti dermatologicamente testati, paraben free, allergen free e gluten free. Lo shampoo fortificante anti-forfora consente di ottenere una cute sana e idratata, lo shampoo rinforzante anti- caduta trasforma i capelli in forti e vigorosi; infine la lozione rinforzante anti-caduta rinforza i capelli fragili e diradati attraverso un trattamento intensivo.

Excape Eyewear

Ispirate alle tendenze architettoniche delle metropoli moderne, forme geometriche si incontrano generando una combinazione equilibrata di vertici e linee gentili: questa è l’essenza di Excape Eyewear. L’estetica essenziale è arricchita da cromie a contrasto per uno stile contemporaneo e chic.

Cuffie Pioneer DJ HDJ-X10 C

I materiali speciali utilizzati in questo modello unico non solo vantano un look di gran pregio, ma consentono anche di ascoltare i br, anche nelle maratone di set. La fibra di carbonio negli alloggiamenti riduce le vibrazioni indesiderate, filtrando i rumori inutili, mentre la placcatura metallica aggiunta offre un suono di risoluzione superiore a frequenze più ampie.

Ingersoll

The Swing è il nuovo timepiece della collezione SS19 e si distingue per la particolarità delle anse oscillanti. Oltre ad essere un particolare meccanico della cassa, le anse facilitano la vestibilità adattandosi alla diversa grandezza dei polsi. Disponibile in due versioni, cassa placcata in oro rosa con cinturino in pelle nera o cassa e bracciale in acciaio inox. Rresiste all’immersione nell’acqua fino a 5 ATM e il suo quadrante, con indici in rilievo, è in vetro minerale antigraffio, finiture guilloché e bilanciere a vista.

Alessandro Enriquez

Una capsule speciale, pensata in collaborazione con Universal, in cui viene celebrato il famoso personaggio dei cartoon Woody WoodPecker, sottolineando nuovamente la sensibilità del designer nei confronti delle storiche property che hanno reso immortali le icone del cinema animato.

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MANINTOWN MEETS ARBITER: INSIDE THE WARDROBE

L’uomo Manintown incontra l’uomo Arbiter. Due visioni estetiche a confronto che si completano sotto il comune denominatore della cultura per l’Eleganza e lo Stile. Con Arbiter entriamo nel guardaroba di due personaggi tanto straordinari, quanto diversi: Giovanni Chianese, giovane avvocato e vintage addicted, e l’imprenditore e web icon Alessandro Squarzi. Due self made man che scavano nella moda del passato per trovare nuovi spunti per il presente.

Passione vintage: Dentro il guardaroba di Giovanni Chianese

«Penso che la gente si vesta come per difendersi dal prossimo e passare inosservata. C’è paura sociale di mostrarsi, di apparire e di essere. ‘Meno sono e meglio sto’, salvo poi sfogarsi diversamente. La maniera sana di vivere il contesto sociale secondo me è rispecchiata soprattutto dall’abbigliamento, ed è attualmente deviata». È tacitiano Giovanni Chianese, avvocato trentaduenne napoletano residente nel centro della capitale borbonica. È nato in campagna, caratteristica che traspare nella moltitudine di capi d’abbigliamento accumulati in una dozzina di anni e in centinaia di chilometri percorsi tra i mercatini partenopei. Capi che indossa con un portamento raro. Come sempre più appartenenti alla sua generazione, rifiuta l’imposizione di capi insignificanti e costosi e sceglie la via della ricerca, della verità, dell’economicità, dell’ecologia: il vintage. Impressionante la quantità e la qualità degli indumenti, dalle giacche in tweed alla decina di smoking, ai frac, tight, alle centinaia di cravatte, papillon, bretelle, cappotti, pantaloni in whipcord, stivali da equitazione, camicie inamidate inizio secolo, scarpe. A proposito di quest’ultime, è una delle poche persone a possedere ben cinque paia di Gatto, calzaturificio romano che fece la storia. «La mia è una raccolta non sistematica, un’accumulazione che risponde a un’esigenza di bello», racconta Giovanni Chianese. «È di fatto uno spaccato di quello che è stato creato per lo più a Napoli negli anni 60-70-80. Ci sono certe categorie di capi che si trovano spesso, mentre devi essere molto fortunato per trovare quelli più particolari, o altrimenti farteli fare. Attualmente non mi posso permettere la sartoria tanto in termini di denaro quanto di tempo. Mi riprometto di farlo in futuro per pochi capi particolari che non ho ancora scovato come la norfolk jacket o il burma. I più bei mercatini qui a Napoli fino a poco fa erano nei campi dei rom. Questo perché oggi questo genere d’abbigliamento, per quanto sia stato costoso all’epoca, bello e fatto su misura, ha valore zero». Parliamo di 50 centesimi, un euro o due per giacche in tweed. Gli stessi capi in mercatini o negozi blasonati a Londra, Milano o Firenze costano centinaia di euro o di sterline. Soprattutto le scarpe hanno prezzi più elevati, in base al ragionamento che la scarpa è la prima cosa che uno deve avere, in cui si rispecchia anche Chianese, che prosegue: «I miei riferimenti sono il mercato di Gianturco, quello notturno a piazza Garibaldi, la domenica ad Agnano, che oggi si tiene nell’ippodromo, Poggioreale ma è più antiquariato e modernariato, corso Malta e il sabato mattina a Quarto». Prediligo i tessuti invernali, ruvidi e pesanti, le giacche che stanno in piedi da sole, le fantasie a quadri, molto vistose, le righe molto larghe.

 

Lezioni di stile: Il guardaroba di Alessandro Squarzi

 Alessandro Squarzi ha sempre sognato di lavorare nel mondo dell’abbigliamento. Anche quando, da ragazzo, dopo il diploma in ragioneria e il servizio militare faceva il rappresentante per prodotti di erboristeria, era malato per il vestire e andava regolarmente dal sarto a Forlì, sua città natale. Se i suoi amici compravano i jeans da Armani, lui cercava i Levi’s vintage. Ed è tuttora un cultore del vintage: a Forlì ha un capannone di mille metri quadri che ospita un archivio di capi storici con centinaia di pezzi tra cui numerosi giubbotti di pelle anni 30 e militari. Ma torniamo al sogno di Alessandro Squarzi: lavorare nell’abbigliamento. Classe 1965, ha iniziato a realizzarlo nel 1992, lavorando come commesso in un negozio a Forlì. Da commesso è diventato agente: grazie alla sua intraprendenza ha portato il fatturato dagli 8 miliardi di lire iniziali a 50 milioni di euro in 13 anni. Poi, con amici, ha dato vita al marchio di jeans Dondup. «Il jeans va preso blu scuro e indossato a lungo affinché si personalizzi, prendendo addirittura le tue forme. Cerco di trasmettere questa cultura», racconta Alessandro. «Ho sempre lavorato con grande passione, senza pensare al denaro, poi con gli anni sono arrivate anche le soddisfazioni economiche. Oggi ho anche il mio marchio Fortela, che conduco con quella stessa passione che mi anima da sempre: produco quello che avrei sempre desiderato trovare nei negozi senza mai trovarlo. Viaggiando per il mondo, vedevo che c’erano bei tessuti, ma con vestibilità sbagliate. Il nome doveva essere Tela Forte, ma non era registrabile, essendo parola di uso comune: così ho invertito i termini. È un marchio che rispecchia quello che sono io. Per i pantaloni uso tessuti giapponesi, rigorosamente rigidi e non stretch, confezionati in Italia. In Giappone hanno i vecchi telai denim americani, e non solo. I miei capispalla riportano in vita tessuti che stavano andando nel dimenticatoio». Prosegue Alessandro: «Sto usando dei copri materasso dell’esercito francese degli anni 50 nuovi, in canapa e lino: sovratingo e creo gilet e giacche. Disegno tutto io. Ho un altro marchio di sneaker che si chiama Atlantic Star, forte in Giappone e Corea. Poi produco i parka AS-65, sulla base di vecchi M-51 o M-65: lavo, sterilizzo, rimetto in taglia, rammendo e fodero con la pelliccia di visone, cincillà, coniglio, volpe, murmasky». Lui non ha dei canoni rigidi, se non di fare quello che si sente. Le scarpe sono prevalentemente Alden ed Edward Green, e soprattutto scamosciate. Due delle sue grandi passioni, per parlare di accessori, sono gli orologi e le penne. Ha una collezione di Montblanc Writers Edition: di tutta la serie le sue preferite sono l’Agatha Christie e la Hemingway. Come orologi, spaziamo nel vintage: dal Rolex Oyster Perpetual al Patek Philippe Calatrava, dall’Omega che metteva Kennedy a Cartier. Alessandro tiene a specificare che lui intende l’eleganza esclusivamente a 360 gradi: l’uomo è elegante per come si pone, per come si comporta nel mondo, per le sue movenze. Puntualizza: «Può essere elegante un muratore vestito da lavoro e può essere inelegante un uomo con la giacca. L’eleganza o ce l’hai o non ce l’hai, non puoi comprarla. Per me l’etichetta è importantissima, per esempio se in una serata è indicato un dress code va seguito, per rispetto a colui che ti invita. È questione di educazione. Io appaio come sono e sono così da sempre». Infine, per gli appassionati di vintage come lui, Alessandro ci regala alcuni consigli: bisogna andare a Pasadena, Usa, al mercato che si tiene ogni seconda domenica del mese, a Rose Bowl. A New York non si può mancare al Front General Store, un vintage molto selezionato gestito da ragazzi giapponesi, o al Quality Mending, sempre a Brooklyn. A Tokyo c’è J’antiques, a Londra Vintage Showroom, in Italia Angelo a Lugo, a Firenze Jules e Jim.

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NON SOLO CINEMA: MATTEO MARTARI

Un passato da modello, un folgorante presente da attore. A trentaquattro anni Matteo Martari, nato sotto il segno del Sagittario, si è cimentato in molti ruoli fra cinema e televisione. Un talento naturale il suo che lo fa presto notare e approdare al cinema dove debutta con la partecipazione nel film di Gianni Zanasi ‘La Felicità è un sistema complesso’. Il salto arriva quando conquista un ruolo nella mini serie di Rai1 ‘Luisa Spagnoli’ ed entra nel cast della serie televisiva di Rai3 ‘Non uccidere’, lavori che lo fanno conoscere al grande pubblico e lo porteranno a lavorare con registi come il premio Oscar Michel Hazanavicius che lo dirige nel film ‘Le Redoutable’ presentato a Cannes. Di recente lo abbiamo visto in televisione nel secondo capitolo della produzione internazionale ‘I Medici’ in cui ha vestito i panni di Francesco de’Pazzi che ne ha decretato ulteriormente il successo in un ruolo intenso e drammatico.

 

Quali sono i tuoi prossimi progetti di carriera? Più televisione o più cinema nel tuo futuro?

Nel futuro prossimo, nel 2019, andranno in onda due progetti televisivi ai quali ho lavorato: le nuove puntate di “A un passo dal cielo” e la serie “Non mentire” diretta da Gianluca Maria Tavarelli. Non è una questione di televisione o cinema, secondo me è il ruolo la giusta considerazione da fare.

Fra le tue passioni sportive spiccano i motori….

Una passione che nasce sin da piccolo, attraversando quasi tutta l’Italia tra rally con mio padre e gare di moto con mio cugino. I motori hanno sempre fatto parte della mia vita fra formula uno e MotoGP. Trentaquattro anni dopo sono cambiate tantissime cose, ma la domenica è ancora Formula Uno e MotoGP. Recentemente ho preso la licenza sportiva da pilota…ne vedremo delle belle, chissà.

Ti piacerebbe interpretare un personaggio sportivo in tv o al cinema? In caso chi e perché?

Si mi piacerebbe molto. Se facessero un film su Colin McRae, vorrei poter fare almeno il provino. È stato il più grande campione di Rally della storia (al momento).

L’esperienza più esaltante della tua vita in senso globale?

Credo sia stata la mia nascita, c’ero, anche se ho dei ricordi molto confusi a riguardo.

Capo must del tuo guardaroba?

Il cappello…

Un luogo del corpo e dell’anima.

Trovo il mio equilibrio in montagna, purtroppo però non ci vado troppo spesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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THINK POSITIVE! FABRIZIO SCLAVI & FRIENDS FOR ASA

Grande successo per l’opening del nuovo spazio di 10 Corso Como Tazzoli che ha inaugurato i nuovi spazi con la mostra Think Positive!Fabrizio Sclavi&friends per supportare ASA, Associazione Solidarietà Aids. Un happening per pensare in modo diverso alle persone che vivono con l’HIV. Al vernissage hanno partecipato, insieme a Carla Sozzani, i più importanti fotografi italiani noti a livello internazionale, Gian Paolo Barbieri, Maria Vittoria Backhaus, Maurizio Galimberti, Giovanni Gastel, Piero Gemelli, Ilaria Facci, Stefano Zarpellon ed Efisio Rocco Marras. Tutti i fotografi e creativi hanno donato un’opera per la mostra e in alcuni casi realizzato uno scatto ad hoc per raccontare iniziative importanti per ASA, come La Coperta dei Nomi (THE QUILT) ovvero le coperte disegnate e ricamate da amici o parenti di vittime dell’AIDS, affinché il loro ricordo non vada perduto. La serata, condotta da Fabio Marelli, voce di Discoradio, ha visto inoltre salire sul palco Angelo Di Genio, che ha ha recitato alcuni passaggi tratti dallo spettacolo “Processo a Nureyev” di Mario Acampa, e il duo Sem&Stenn con una live performance. Per l’occasione Manuel Ritz, brand con un dna ispirazionale legato all’arte e improntato a comunicarsi non solo attraverso le sue collezioni, ma anche attraverso un racconto di valori positivi, ha realizzato una limited edition di t-shirt per sostenere ASA nella lotta contro l’AIDS. L’art work impresso sulle magliette Manuel Ritz è proprio a firma di Sclavi, che coinvolge il brand dopo la prima già felice collaborazione per una capsule lanciata la scorsa Primavera-Estate 2018. Claim dell’evento e slogan sulla t-shrt U=U Undetectable Untrasmittable per informare che le persone sieropositive sottoposte a terapia antiretrovirale non sono contagiose. Manuel Ritz, proponendo le t-shirt anche nel suo monomarca milanese, vuole trasmettere lo stesso messaggio alla sua clientela, per far avvicinare a una corretta informazione e incoraggiare uno shopping benefico. La serata è stata inoltre accompagnata dalle bollicine di Valdo e dai drink preparati dai migliori mixologist a base di Tito’s Vodka, certificata “Gluten Free” e prodotta e imbottigliata artigianalmente. Tito’s Handmade Vodka, prende il nome del suo stesso proprietario, fondatore e mastro distillatore Bert “Tito” Beveridge che abbandona la professione di geologo e geofisico per dedicarsi totalmente alla sua passione: la vodka, che ama aromatizzare con particolari infusioni per poi regalarla agli amici per le festività. Una storia di passione e dedizione che lo porta a un rapido successo. Già molto sensibile a tematiche LGBT, Tito’s ha sostenuto il progetto chiedendo agli ospiti un’offerta simbolica per i drink e facendo poi una donazione ad ASA. Una serata di grande energia e solidarietà per combattere pregiudizio e stigma verso chi è sieropositivo: Think Positive!

Piero Gemelli – fotografo per THINK POSITIVE

Giovanni Gastel – fotografo per THINK POSITIVE

Giovanni Gastel e Maurizio Galimberti

Da sinistra: Giovanni Gastel, Gian Paolo Barbieri, Piero Gemelli e Maurizio Galimberti

Da sinistra: Piero Gemelli, Giovanni Gastel, Maurizio Galimberti, Gian Paolo Barbieri, Carla Sozzani, Fabrizio Sclavi

Maria Vittoria Backhaus – fotografa per THINK POSITIVE

Valdo – Dal 1926 a Valdobbiadene

Fabio Marelli introduce Sem&Stenn

Fabio Marelli e Fabrizio Sclavi

Valdo – Dal 1926 a Valdobbiadene

Tito’s Handmade Vodka

Tito’s Handmade Vodka

Limited edition T-Shirt by Manuel Ritz x ASA

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NON SOLO FITNESS: IL PERCORSO DI GIORGIO MERLINO

La “storia fitness” di Giorgio Merlino parte dal suo primo ingresso in palestra. La passione per lo sport e il benessere fisico c’è sempre stata, ma grazie ai molti mesi trascorsi a Los Angeles ha potuto comprendere che l’attività che lui riteneva fosse solo un hobby, si stava evolvendo in un vero e proprio stile di vita. Ha così iniziato a dedicare molto del suo tempo a questa disciplina, sotto ogni componente fondamentale – training, alimentazione e recupero – capendo che voleva poter dedicare tutto il suo tempo allo studio di questi aspetti. La sua passione si è così trasformata nel suo lavoro, con l’impegno di trasmettere sempre il messaggio di “non arrendersi” alle persone che lo seguono. Seguire i propri sogni è la giusta via per dare il meglio di se stessi. Attualmente ambassador di Nike e trainer in una delle più esclusive palestre di Milano, ecco l’intervista di Man in Town al talent del fitness.

– Come e ̀ nata la tua passione per lo sport e il training?
Quando racconto di come ero, nessuno mi crede! Ero una persona completamente diversa: molto introverso,
pigro, il classico bambino “imbranato” che preferiva saltare la lezione di educazione fisica per paura di fare
figuracce. Mi era stato anche diagnosticato un principio di obesità!̀ Si dice che siano proprio gli avvenimenti
più̀ toccanti a scatenare cambiamenti profondi ed è stato così anche per me. Mi sono detto che era giunto il
momento di cambiare: non solo la mia vita ma, cosa ancora più̀ difficile, cambiare me stesso.

– Come si articola la tua giornata tipo?
La mattina mi alzo dal letto abbastanza presto. Anche nel weekend la sveglia non suona mai dopo le 7:30.
Una bella doccia, colazione dei campioni (caffè, uova, avena e frutti di bosco) e si corre in palestra dove
trascorro gran parte della mia giornata. Se fino a poco tempo fa mi dedicavo solo ad allenare me stesso, da
qualche tempo ho sentito la necessità di trasmettere la mia passione per il Training non solo sui social ma
anche come Personal Trainer. Sono abitudini che mantengo sempre, ovunque mi trovi, a Milano come in
qualsiasi altra città. Ho infatti la fortuna di poter viaggiare molto spesso anche grazie al lavoro di mia moglie
Veronica.

– Raccontaci tua esperienza come primo Nike Training Ambassador italiano
Non mi sarei mai immaginato qualcosa di simile! E ̀ quindi più̀ di un “sogno diventato realtà”. Che si siano
appassionate di sport o meno, intere generazioni sono cresciute con un claim ben chiaro in testa: “Just Do
It”. Non è solo il nome della collezione che indosso, ma ci ispira a dare sempre il meglio di noi stessi.
La mattina in cui sono entrato per la prima volta al JDI HQ di Los Angeles, mi sono quasi commosso. È tutto
testimoniato anche in un video su YouTube.

– Training sportivo ma anche mentale come si può raggiungere un’esperienza di benessere
a tutto tondo?
Come dico sempre, il modo migliore per raggiungere un obiettivo è quello di creare una propria routine,
soprattutto nel fitness. Ci vuole veramente poco affinché qualcosa diventi una vera abitudine. È come un
circolo che può essere vizioso o vincente. Se siamo abituati a uscire dal lavoro e sederci sul divano per
mangiare un sacchetto di patatine, basta invertire il cerchio. Prima che ce ne si possa accorgere, lasceremo
l’ufficio con uno shaker proteico in mano, pronti per correre in palestra con gli amici.

– Come hai integrato nella tua esperienza e vita i 5 aspetti del training movement, mindset,
recovery, nutrition and sleep?
Tutti questi aspetti sono imprescindibili l’uno dall’altro. Alcuni possono essere più divertenti, ma nessuno più
importante.
Non potrei mai immaginare di allenarmi senza almeno sette ore di sonno alle spalle – è necessario dormire le
giuste ore di sonno perché aiuta il raggiungimento degli obiettivi, soprattutto nel fitness. Dormire risulta infatti
fondamentale sia che l’obiettivo sia la perdita di grasso corporeo, sia lo sviluppo muscolare.
È importante avere aver ben chiaro l’obiettivo fisico del periodo, ma cerco sempre di dare il massimo e
superare i miei limiti. Senza questo pensiero, mi sarei già annoiato da tempo. Penso di essere una persona
dotata di una grande forza di volontà, ma cerco di impegnarmi ogni giorno per migliorare questa mia
caratteristica. Il mio suggerimento è sempre quello di impostare e mantenere una routine.
Quando vado ad allenami non posso uscire senza essermi portato in sacca il mio pasto post-workout o
senza avere a portata di mano un foam roller o il numero del mio massoterapista di fiducia.

– Che obiettivi si possono raggiungere con il giusto training?
Tutto ciò che si vuole. Non ci sono limiti se non genetici, ma sono più marginali di quanto le persone
possano pensare. Non smettero ̀ mai di ripetere, e spero prima o poi di poter convincere chiunque, che il
fitness è come la matematica: 1+1= 2. Non ci sono scappatoie e pochissimo margine di errore.

– Cosa significa per te il claim “Just don’t quit”
E’ la risposta a tutti coloro che mi dicono che non riusciranno mai a fare uno squat, a cambiare le proprie
abitudini alimentari o che non troveranno mai il coraggio di abbandonare il lavoro che odiano per seguire la
passione di una vita. Conosco molte persone che hanno fatto tutto questo. Io sono una di quelle!

– Sui social sei molto seguito, che messaggio vuoi lanciare con la tua storia?
Ad un primo sguardo, può sembrare che sul mio profilo Instagram io parli solo di come mi alleno, di quanti kg
ho preso, perso o sollevato quel giorno. Avendo un po’ di pazienza a conoscermi meglio, potrete capire che
tutto ciò in cui credo veramente è di porsi un focus ben chiaro, non avere alcuna paura di raggiungerlo e
circondarsi di persone che tengono veramente a te. Nulla è più forte e contagioso della positività.

Il talent Giorgio Merlino indossa NIKE.

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AJ BUCKLEY – Star di “SEAL Team”

Manintown ha intervistato in esclusiva la star della serie di successo “SEAL Team“, che ha anche lanciato Paperclip, una linea innovativa di borse per pannolini di fascia alta pensata per i papà dei giorni d’oggi.

1. SE POTESSI DESCRIVERE LA TUA PERSONALITÀ CON TRE AGGETTIVI, QUALI SCEGLIERESTI E PERCHÉ?
Sognatore – Ho vissuto la mia vita seguendo i miei sogni, non importa quanto siano stati grandi o quali ostacoli io abbia incontrato.
Resiliente – In questo business ho sentito “No” molto più di “Sì”, ma non mi arrendo mai e non fa altro che alimentare la mia etica del lavoro.
Family Man – non c’è niente di più importante nella vita.

2. QUAL È IL REGALO PIÙ GRANDE E LA LEZIONE DI ESSERE UN GENITORE?
Penso che il regalo più grande sia riuscire a vedere il mondo attraverso gli occhi di tuo figlio e la più grande lezione imparata è che devi avere pazienza. Anche Babbo Natale è reale.

3. POTREBBE RACCONTARCI DI PIÙ SUL PROGETTO PAPERCLIP, PROGETTATO PER I GENITORI?
Il mio socio in affari ed io eravamo frustrati per la mancanza di attrezzatura per il cambio dei bambini nei bagni degli uomini. Una volta dovevo togliermi la maglietta e posare mia figlia per cambiare il pannolino sul pavimento del bagno. Così abbiamo progettato una borsa con un tappetino pieghevole, che consente di cambiare il tuo bambino ovunque, in qualsiasi momento. Volevamo disegnare una borsa che i genitori avrebbero comprato e renderla unisex, così tutti si sarebbero sentiti a proprio agio nel trasportarlo. Mai avrei pensato di vendere borse per pannolini, e invece.

4. SE POTESSI VIVERE IN UN LIBRO, QUALE SCEGLIERESTI E PERCHÉ?
La storia infinita perché non finisce mai.

5. SEI UNA PERSONA DAVVERO DI SUCCESSO, MA C’È ANCORA QUALCHE COSA CHE VORRESTI RAGGIUNGERE NEL PROSSIMO FUTURO?
Non sono mai compiacente e sento che sto solo iniziando. Mi piacerebbe avere un ruolo dietro la macchina da presa e dirigere un giorno.

6. QUALI SONO I TUOI PENSIERI PRINCIPALI DURANTE IL GIORNO?
Famiglia.
Allenamento.
Lavoro.
Dormire.
Ripetere.

7. COSA TI HANNO INSEGNATO LE TUE RADICI IRLANDESI?
Non prenderti mai troppo sul serio.

8. C’È UN PENSIERO CHE VORRESTI CONDIVIDERE CON I LETTORI DI MANINTOWN CHE STA NUTRENDO ATTUALMENTE LA TUA ANIMA?
Non aver paura.

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HAPPY BIRTHDAY MICKEY MOUSE!

A novembre 2018 l’iconico personaggio Disney ha compiuto 90 anni. Dell’inguaribile ottimismo e della determinazione che lo contraddistinguono non ci stancheremo mai. È il capo del club Disney: ha ispirato mostri sacri dell’arte come Andy Warhol, Keith Haring, Damien Hirst.

Keith Haring, Mickey Mouse.

Dal debutto sul grande schermo che lo vedeva capitano della nave in “Steamboat Willie” nel 1928 ha vissuto mille avventure, e sarà così ancora per molto. Influencer d’antan, Topolino per la celebrazione del suo 90° compleanno sarà presente nelle collezioni di oltre 90 brand tra cui: Marcelo Burlon, United Colors of Benetton, Superga, Vans. E questi solo nel ready-to-wear: il mondo del food, dell’orologeria, dei giocattoli e dell’interior design si uniscono a questa importante ricorrenza.

Un’icona senza tempo che non smette mai di ispirare i creativi e i designer di tutto il mondo. Le celebri orecchie del topo sono così presenti nelle stampe degli stilisti, oppure i suoi iconici guanti diventano le lancette che segnano il tempo dell’orologio da polso. Le interpretazioni dell’icona Disney sono moltissime e divertenti: ideali per l’uomo che ama indossare con disinvoltura e un pizzico di autoironia un ricordo speciale della propria infanzia.

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VENEZIA INTERNATIONAL TATTOO CONVENTION

I Big del tatuaggio si sono dati appuntamento lo scorso weekend nella città dei Dogi alla Venezia International Tattoo Convention, che anno dopo anno si sta qualificando come un punto di riferimento per gli appassionati di questa vera e propria Body Art. Una tre giorni non solo di ink, ma anche di Arte Contemporanea, Live Music e mercatini. E le cifre sono molto eloquenti: questo business produce introiti per un valore di 100 milioni di Euro per 30.000 imprese. Oltre 150 tra i più importanti artisti del tatuaggio mondiale provenienti da ben 29 Nazioni hanno meravigliato il pubblico con la loro arte. I Tattoo Contest hanno certamente rappresentato uno dei momenti più avvincenti di questa kermesse: i tatuatori si sono sfidati sul palco del salone centrale a colpi di creatività, divisi per categorie e stili. Vediamo adesso alcuni tra i tattoo artist presenti alla manifestazione che ci hanno maggiormente colpiti in redazione.

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Silvano Fiato dell’Eternal Tattoo Studio di Genova non ricorda un giorno della sua vita senza tenere la matita in mano per disegnare. Poco più che adolescente, scopre che può trasferire questa passione sulla pelle. Da qualche anno si dedica a tatuaggi iperrealistici che lasciano senza fiato per la loro maestria d’esecuzione.

-I vibranti colori di Julian Siebert , TATTOO artist di Monaco, prendono ispirazione dalla natura e dalle opere d’arte. E’ celebre soprattutto per i suoi capolavori a larga scala.

– L’iperrealismo di Sandry Riffard, artista d’oltre Manica, è declinato in soggetti Black and White connotati da un fascino dark, macabro e molto intenso.

Little Andy spazia tra i soggetti new traditional e il ritratto, ma ciò che certamente lo contraddistingue è l’uso “lisergico” del colore.

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HAIKURE, DOVE TREND E SOSTENIBILITÀ COESISTONO

Amore per il denim, origini sudamericane e un credo: che le esigenze della moda, il rispetto per l’ambiente e le persone possano coesistere. Sono questi gli “ingredienti” dell’imprenditrice Lara Reck, proprietaria del marchio Haikure. Formatasi come giornalista a Buenos Aires e con una grande passione per la moda, Lara, una volta in Italia, ha collaborato con Federico Corneli per l’azienda C&S srl, che dal 1981 produce denim. Nel 2011 C&S ha lanciato la propria label Haikure, con l’obiettivo di promuovere un nuovo stile di vita nel rispetto dell’ambiente dove trend e sostenibilità possano coesistere. L’impatto è stato immediato, tanto che Isko™ – leader globale nella produzione e nell’innovazione tessile, da sempre sensibile al tema della sostenibilità – ha richiesto la presenza di Lara Reck nella giuria alla quarta edizione del talent Denim Design Award di ISKO I-SKOOL™, contest internazionale che come ogni anno ha coinvolto gli studenti delle migliori scuole di moda e business del mondo. MANINTOWN ha intervistato l’imprenditrice argentina, per sapere da dove nasce la sua passione per il denim e il desiderio di un nuovo stile di vita, nel rispetto delle persone e della natura, tradotto nella sua collezione Haikure, eco-sostenibile e made in Italy.

Sei un’imprenditrice argentina che vive e produce moda in Umbria. Quanto le tue origini sudamericane influiscono nelle tue collezioni?

Direi che più che nella collezione, le mie radici influiscono nel modo di gestire il nostro marchio, è una caratteristica positiva che abbiamo in comune con gli argentini: poter risolvere bene qualsiasi situazione con poche risorse, con tanta passione e occupandosi delle problematiche senza lamentarsi troppo. Credo sia conseguenza di un Paese complesso come il mio, ma fatto di gente buona, lavoratrice, che conosce i sacrifici, sa rialzarsi quando è ora e che vede spesso tanta povertà e ingiustizia sociale ogni giorno. Riguardo alle collezioni, non me ne occupo direttamente, perché abbiamo un gruppo di stilisti molto bravi che ci seguono per ogni linea, ma mi piace comunque dare degli spunti, contribuire con certa esperienza organizzativa che credo sia fondamentale per sviluppare una collezione chiara e completa.

 Come e quando è nata la tua passione per la moda?

Da sempre, da piccola. Ho studiato giornalismo, ho lavorato come produttrice di moda e di radio per dieci anni a Buenos Aires. Quando sono venuta in Italia e ho conosciuto l’azienda C&S srl è stato amore a prima vista, una realtà che produceva per conto terzi il mio capo di abbigliamento favorito. Come non resistere all’idea di creare insieme a Federico Corneli il marchio di jeans Haikure che oggi è diventato una collezione total look?

 Per Haikure sperimenti diverse lavorazioni con il denim, che significato ha per te questo tessuto?

L’azienda con cui collaboro, C&S srl, è una realtà che conta più di 35 anni di esperienza nel mondo del denim, ha prodotto e continua a produrre per i grandi marchi internazionali ed è una delle poche società produttrici di jeans di alta qualità, in Italia. Nel mio caso particolare, come ho detto prima, sono un’amante del denim fin da piccolissima. Ho sempre portato i jeans e continuerò a farlo. Nell’ambito lavorativo lo sviluppo di nuovi trattamenti, la ricerca di tessuti innovativi, la sperimentazione costante ti fanno amare questo mondo blu ogni giorno di più. Il denim è un materiale molto duttile, la nostra collezione per Haikure è composta dell’80% di pantaloni, ma sperimentiamo anche gonne plissé, t-shirt, abiti eleganti e tante altre cose, tutte declinate nella tela blu, che ci hanno dato molte soddisfazioni.

 Hai fatto parte della giuria alla quarta edizione del talent Denim Design Award di ISKO I-SKOOL™. Per la categoria Marketing gli studenti hanno dovuto ideare un piano strategico, utile a valorizzare il legame tra sostenibilità e mondo della moda. Quanto è importante per te la sostenibilità nella moda?

Direi che è essenziale. Significa credere in uno stile di vita dove le esigenze della moda, il rispetto per l’ambiente e le persone possono coesistere. E significa, soprattutto, avere un’attitudine al non convenzionale. Bisogna impostare un format credibile e di sostanza. Si parte sempre dall’idea proposta da un’azienda di reputazione, che sia affiliata a un gruppo di fornitori con il pallino per l’innovazione e farsi seguire da un ente riconosciuto a livello europeo, che sia dotato di un benchmark e che ti guidi verso corrette scelte di sostenibilità, come è il caso della nostra agenzia MADE-BY.

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manintown meets am crew

Spazio alle collaborazioni internazionali grazie al progetto di capsule collection con l’emergente brand danese The AM Crew, che si ispira alla vita notturna di Copenaghen. Qui, un piccolo gruppo di influencer e personaggi del mondo della moda, dell’arte e dell’entertainment, si ritrova per formare una società segreta il cui motto è “Sleep all day. Party all night. Never grow old. Never die. It’s fun to be a vampire.” (tratto da, The Lost Boys, 1987). Il gruppo di amici si chiama The AM Crew. La loro divisa è l’iconica giacca in pelle stile biker, dal mood rock’n’roll. Il retro di questa jacket si caratterizza per il logo con, “L’angelo della morte”, illustrato dall’ar- tista Daniel van der Noon. Simboleggia la notte, il buio e la ribellione.
MANINTOWN, complice la passione per la musica, ha collaborato con The AM Crew per realizzare una limited edition jacket. Una sintesi tra il minimalismo estetico scandinavo e alcuni elementi teatrali, come il logo riconoscibile sul retro e la fodera rossa interna. Un brand che nasce con l’idea di produrre capi no season e in limited edition, poi distribuiti in modo selettivo, per rompere i classici schemi dei marchi del fashion system. Proprio come MANINTOWN, il progetto The AM Crew è nato grazie alla passione di un gruppo di amici: il fotografo e street style influencer Adam Katz Sinding (Partner, Global Ambassador), l’imprenditore scandinavo e tv producer Casper Christensen (Partner, Global Ambassador & Investor), Frederik Frank (Partner, Logistics), Vlatko Dukic (Founder, Partner, Design & Production) che segue lo sviluppo del prodotto e Signe Christoffersen, responsabile per le PR del brand.

le21eme.com

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MANINTOWN & L.L. BEAN @ PITTI UOMO 91

MANINTOWN presenta L.L. BEAN Heritage Experience: un evento per conoscere la storia di uno storico outdoor brand americano, che debutta per la prima volta in Italia. Uno special event per degustare specialità toscane e immergersi nell’heritage e stile di vita L.L.Bean.
Nel 1912 Leon Leonwood Bean gettava nel Maine le basi per la nascita di L.L.Bean, divenuto nell’arco di un secolo un impero dell’outdoor. Zaini, borse, abbigliamento e accessori rigorosamente handmade: l’offerta si rinnova e si amplia di stagione in stagione, ma il caposaldo resta l’iconico Bean Boot, compagno di vita all’aria aperta nella natura come in città. Un brand che ha il sapore dell’autenticità e il colore della nature del Maine, dove è nato e dove è interamente prodotto a mano da artigiani locali. Un marchio impresso nel vissuto degli americani, tanto da diventare un neologismo, grazie ai Bean Boots, gli stivali con il gambale in pelle color cammello e la tomaia in gomma testa di moro, nati per la pesca e divenuti sinonimo di vita a contatto con la natura e di avventure in contesti urbani. Zaini, borse, accessori, abbigliamento, attrezzature per vivere all’aria aperta in piena sicurezza, in campagna come in città, in montagna come a bordo di un kayak: L.L.Bean rimanda a un universo di prodotti studiati per durare, garantiti al 100%.
All’evento parteciperanno influencer e blogger con l’obiettivo di vivere un’esperienza in stile L.L.Bean, facendo conoscere la straordinaria storia del brand tramite l’hashtag #llbeanheritage.

llbean.com

HERITAGE EXPERIENCE EVENT
WEDNESDAY 11th JANUARY 2017
FROM 17.00 to 21.00
TRATTORIA COCO LEZZONE
Via del Parioncino 26 R – FIRENZE

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