Torna dopo due anni il Kappa FuturFestival al Parco Dora di Torino

Il Kappa FuturFestival, il festival italiano dal respiro internazionale dedicato alla musica elettronica torna, dopo due anni, a far vibrare di energia il Parco Dora di Torino con i suoi oltre 70 artisti che si alterneranno sui suoi 4 stage.
L’evento sarà raccontato dalla personale visione di Oliviero Toscani, attraverso il suo progetto in continua evoluzione “Razza Umana”; vedrà esibirsi artisti del calibro di Carl Cox, Carl Craig, insieme alle nuove star della scena techno-house globale come Amelie Lens, Peggy Gou, The Blessed Madonna, Honey Dijon. Arricchisce ulteriormente la line up di Kappa® FuturFestival una selezione di nomi che rappresenta appieno il valore artistico del festival piemontese, da anni il più importante evento open air nel campo della musica elettronica.

festival musica Torino 2022

A completare il programma lo show esclusivo di Diplo, uno dei dj/produttori di maggior successo su scala globale, capace di combinare pop futurista e sound underground. 
E ancora i giovani talenti Michael Bibi, Pawsa, Anotr o Dennis Cruz, a dimostrazione della grande attenzione verso lo scouting sui nuovi protagonisti della club culture.

Kappa futur festival

Kappa festival 2022

Un in-store party con Dj Set ha aperto le danze il 29 giugno presso lo store Robe di Kappa® di via Lagrange, a Torino.

Celebrating the Best of Every Season: la nuova campagna di Roku Gin

Roku Gin, un incontro tra Italia e Giappone al Four Seasons milanese per la nuova campagna del marchio

Martedì 21 giugno, nel giardino del Four Seasons di Milano, Giappone e Italia si sono incontrati nella adv 2022 Celebrating the Best of Every Season di Roku Gin, svelata appunto nella cornice del prestigioso hotel meneghino. Sbarcato in Italia nel 2018 e subito divenuto protagonista del panorama beverage tricolore, il marchio ha ideato per quest’anno una campagna a 360 gradi, incentrata sulle stagioni del paese del Sol Levante, di cui è in effetti un prodotto emblematico. Il claim è d’impatto, semplice e e diretto: The Best of Every Season.

Roku Gin Suntory
Roku Gin, marchio dell’azienda nipponica Suntory

A dominare il primo evento di lancio della campagna, tenutosi come detto nel luxury hotel di via Gesù, è stata la bella stagione per eccellenza, reinterpretata nel corso della serata dal bar manager dello Stilla, Luca Angeli, in quattro cocktail unici, a base di Roku Gin, ça va sans dire. Tradizioni estive nipponiche e sapori della stagione calda nostrana, dunque, si sono fusi nella rivisitazione del classico Gin Tonic, con le ricche note di Roku esaltate da un liquore artigianale all’erba cedrina; e ancora, in Roku Roots, drink ideale per rinfrescarsi dalla calura del periodo. In una drink list dedicata dal brand all’estate giapponese non potevano poi mancare le botaniche, ossia tè sencha e gyokuro. Il punch firmato Luca Angeli e il Rose Highball, disponibile alla spina nello Stilla bar, rappresentano un omaggio a queste preziose foglie, nonché alla secolare tradizione jap del tè.

Roku Gin, la tradizione nipponica di casa Suntory reinterpretata in chiave contemporanea

Il vero dominus della serata è stato però Roku Gin, cioè la tradizione di casa Suntory proiettata nell’epoca contemporanea. Questo distillato, infatti, racchiude l’anima del primo gin giapponese, introdotto sul mercato nel 1936, quando Shinjiro Torii (giovane fondatore dell’azienda), presentò Hermes Gin, prevedendo che la bevanda alcolica prodotta nello stato un giorno sarebbe stata amata in tutto il mondo. Il suo era un gin senza compromessi d’impronta inglese, basato su 8 botanicals che più classici non si poteva.

Lanciando Roku nel 2017, i master distiller di Suntory hanno voluto regalare nuova vita alla creazione di Torii, avvalendosi degli (strepitosi) elementi che la natura del paese mette loro a disposizione. L’obiettivo – raggiunto – era valorizzare la ricetta originale senza snaturarla, amplificandone le caratteristiche intrinseche, espresse già negli anni ‘30 da Hermes.

L’ideogramma impresso sulla bottiglia di Roku sta per 6, il numero dei botanicals locali presenti nel distillato in questione, raccolti a mano. Ciascuno di essi rappresenta una stagione, dalla primavera all’autunno, che insieme simboleggiano il legame indissolubile tra Roku e Impero del Sol Levante. Vengono raccolti durante lo shun, ossia lo specifico momento dell’anno (racchiuso talvolta in una manciata di giorni) nel quale un elemento della natura esprime al massimo le proprie peculiarità. Nel dettaglio, in primavera vengono raccolti fiori e foglie di sakura; nella stagione successiva i due tè sencha e gyokuro; in autunno il pepe sansho; in inverno lo yuzu.

Roku Gin botanicals

Il meglio di ogni stagione, raccolto, infuso e distillato nel gin firmato Roku

Sono perciò fiori e foglie del sakura, celeberrimo, coloratissimo ciliegio nazionale, raccolte solamente per due settimane ogni anno, a racchiudere l’essenza della primavera, conferendo a Roku il suo appagante aroma floreale. I due botanicals vengono distillati in un alambicco di acciaio e sottovuoto, con la tecnica della distillazione a freddo, che permette di mantenere inalterate le delicatissime caratteristiche del Sakura (scelto per accentuare le note floreali già presenti nella ricetta originale).

Roku Gin botanicals

L’estate, invece, trova il proprio corrispettivo nel tè verde; i due selezionati, sencha e gyokuro, regalano il loro miglior raccolto – detto Summer Flush – proprio in questa stagione. Queste varietà donano al gin di Suntory la nota erbacea, leggermente amaricante, che si avverte sul finale. L’uso del tè è motivato dalla volontà di rafforzare gli accenti lievemente amari e speziati che Torii aveva individuato ricorrendo a cannella, cardamomo e angelica. Il ginepro, ovviamente, resta al centro della scena.

L’autunno chiama il pepe sansho, assai particolare, raccolto e distillato fresco; un procedimento che, a differenza di quanto si possa immaginare, regala speziature agrumate, delicatamente pungenti, a Roku Gin. L’inverno, infine, è anche in Giappone la stagione degli agrumi: a rappresentarlo è lo yuzu, tipico agrume dell’arcipelago dalla fragranza inebriante; della sua distillazione, in un alambicco discontinuo di rame, viene conservato solo il cuore, dov’è presente la maggior concentrazione di olii aromatici. Pepe sansho e yuzu esaltano quelle punte agrumate che Torii diede a Hermes selezionando scorze di arancia amara e limone.

Roku Gin caratteristiche

Umbria Film Festival, a Montone dal 6 luglio la 26esima edizione

Umbria Film Festival: dal 6 al 10 luglio la XXVI edizione

Cinque giornate consacrate alla settima arte, che il comune di Montone organizza da tempo per presentare al pubblico il meglio della produzione cinematografica internazionale: la XXVI edizione dell’Umbria Film Festival torna ad animare, dal 6 al 10 luglio, il suggestivo borgo del Perugino. La manifestazione, da oltre cinque lustri, accompagna l’estate umbra, nel segno del cinema. A presiederla, il presidente e cittadino onorario Terry Gilliam (regista e sceneggiatore dal palmarès stellare, autore di capolavori come BrazilLa leggenda del re pescatore, Paura e delirio a Las Vegas) e la direttrice artistica Vanessa Strizzi.

Umbria film festival 2022

Terry Gilliam oggi
Il regista e presidente del festival Terry Gilliam

Il programma della kermesse

Umbria film festival 2021
Un talk della 25edima edizione dell’Umbria Film Festival

A corollario della rassegna, una serie di appuntamenti tra mostre, concerti e tavole rotonde; e ancora, la seconda edizione di ‘Amarcorti’ e la cerimonia di consegna della chiavi di Montone a Stanley Tucci, nome di spicco della scena hollywoodiana, conosciuto – e amato – dal pubblico per le sue interpretazioni in pellicole quali The Devil wears Prada, Harry a pezzi e The Terminal.

Montone borgo
Il borgo di Montone, sede della rassegna

Le serate dell’UFF si apriranno con la proiezione di una selezione di corti, per concludersi con  i cinque lungometraggi selezionati  dalla  direzione: La  Mif (Frédéric Baillif), My Sunny Maad (Michaela Pavlátová), Toubab (Florian Dietrich), Supernova (Harry Macqueen), Hit the Road (Panah Panahi). Il festival non trascura i più piccoli, col ritorno, in piazza San Francesco, di ‘Corti per Bambini’, competizione che promuove e diffonde la cultura cinematografica presso i giovanissimi, coinvolgendoli attivamente.

Stanley Tucci Supernova
Stanley Tucci e Colin Firth in una scena di Supernova

La mostra celebrativa e i titoli del concorso ‘Corti per Bambini’

La Mif film
La locandina de La Mif di Frédéric Baillif

A dare il via alla cinque giorni, mercoledì 6, l’inaugurazione della mostra celebrativa dei 25 anni della kermesse, che ne ripercorre i momenti più significativi, tra ospiti di rilievo e parterre d’eccezione, che l’hanno resa un’occasione d’incontro e discussione sull’arte filmica. La serata omaggerà Frédéric Baillif proiettando il suo La Mif, vincitore del Best Film Generation alla Berlinale 2021.

Mercoledì 6 verranno proiettati i 15 cortometraggi di ’Corti per Bambini’. Spiccano tra di essi, per importanza e attualità dei temi affrontati, unitamente alla tecnica di realizzazione, Roberto di Carmen Córdoba González, che tratta il tema della body positivity e del body shaming raccontando l’amore del protagonista omonimo per la sua vicina di casa, chiusa in sé stessa a causa del sovrappeso; Dans la Nature (Marcel Barelli), che insegna come l’omosessualità non sia solo una storia umana, ma anche animale; Haut les coeurs di Adrian Moyse Dullin, storia dei fratelli Kenza e Mahdi, abituati a prendersi in giro regolarmente sui social, con la prima che metterà alla prova il secondo spingendolo a confessare il suo amore per Jada.

Tavole rotonde, proiezioni, musica: gli appuntamenti del 26esimo UFF

Il 7 è il turno della round table Dall’Umbria del Grand Tour all’Umbria Film Festival bene comune; momento di riflessione sull’evento come attrattore territoriale e opportunità di sviluppo. Nel corso della serata sarà presentato My Sunny Maad, film d’animazione candidato ai Golden Globe, vincitore del premio della Giuria al Festival del cinema d’animazione di Annecy del 2021.

L’8 e 9 luglio, presso il Teatro San Fedele, è prevista la proiezione – e premiazione – del miglior cortometraggio di ‘Amarcorti’. Il cineasta vincitore potrà collaborare con Produzione Straordinaria S.r.l. per la realizzazione di una nuova opera, partecipando in concorso all’Italian London Short Film Festival londinese; in più, una menzione che garantisce libero accesso all’archivio Augustus Color. A seguire, l’esibizione del duo di Ginger Bender Alessandra Di Toma e Jeanne Hadley, che si produrranno in sonorità evocative delle vecchie ballad jazz, cantate su un ritmo reggae sincopato.

Ospite d’onore della serata dell’8 è Florian Dietrich, di cui verrà proiettato Toubab, pellicola vincitrice del premio del pubblico al Warsaw International Film Festival. Sabato l’appuntamento è per la visione di Supernova alla presenza del protagonista Stanley Tucci, cui come detto verranno consegnate le chiavi cittadine.

Solis string quartet
Peppe Servillo e i Solis String Quartet (ph. Mimmo Attademo)

Nella stessa piazza, Peppe Servillo e i Solis String Quartet si esibiranno domenica con Carosonamente, spettacolo dedicato a Carosone. Il festival si chiuderà con Hit The Road di Panah Panahi, presentato a Cannes nel 2021, vincitore come miglior film del London Film Festival.

Il commento di Vanessa Strizzi, direttrice artistica del festival

Commentando il programma della rassegna, Vanessa Strizzi segnala, nella competizione riservata ai bambini, «The Sausage Run di Thomas Stellmach, regista vincitore dell’Oscar nel 1997, un corto che rivisita la favola di Cappuccetto rosso; Haut les coeurs di Adrian Moyse Dullin, che racconta come cambiano i rapporti sentimentali nell’era dei social; Günter Falls in Love, animazione divertentissima su un cane che si innamora di un pupazzo».

«L’edizione di quest’anno – prosegue la direttrice artistica – ha un particolare riguardo nei confronti dei giovani. Sono tutte anteprime, dei colpi di fulmine per noi. Da La Mif, racconto in stile documentaristico della vita in una casa famiglia che accoglie adolescenti in difficoltà, a My Sunny Maad, sulla vita di una donna che sposa un afgano, decidendo di rinunciare alle sue radici culturali per trasferirsi con lui a Kabul; da Toubab, divertentissima commedia tedesca che parla di immigrazione, a Hit the Road, on the road iraniano con una sottotraccia di suspense». E chiosa: «un’edizione frizzante. La cosa bella del nostro festival è proprio l’atmosfera rilassata che si respira. Per gli ospiti e per il pubblico. La possibilità di scoprire universi altri rispetto al nostro».

Hit the road film Cannes
Hit the Road

Nell’immagine in apertura, un momento della 25 edizione del festival, nel 2021

A Forte dei Marmi inaugura Madeo, più che un ristorante, uno stile di vita

Riapre rinnovato nel design e con una nuova formula di intrattenimento lo storico ristorante Madeo al Forte, uno dei salotti più rinomati della prestigiosa località toscana, frequentato negli anni d’oro della Dolce vita dalla famiglia Agnelli, dai Moratti e dal jet set internazionale. Rilevato da Blue Water Group, società di consulting internazionale attiva nel settore nautico, il nuovo locale di tendenza della Versilia, facilmente raggiungibile dal centro di Forte dei Marmi e dotato di ampio parcheggio interno, è un luogo di ritrovo per una clientela sofisticata e attenta al dettaglio.

Madeo al Forte
La sala interna del Madeo al Forte

Cucina di qualità, musica, arte e intrattenimento nel cuore della Versilia

“Mancava in Versilia un locale che proponesse anche dinner show in stile Saint-Tropez e Lío di Ibiza. Madeo al Forte – raccontano i nuovi investitori – affianca alla cucina tradizionale di pesce d’alta qualità, presentata in due ambienti dallo stile diverso (teatro all’aperto e locale al chiuso), arte, musica dal vivo e intrattenimento, con 14 artisti di fama internazionale che hanno collaborato con il Moulin Rouge, Le Lido e Paradiso Latino di Parigi. Ogni sera dal 1 luglio i nostri clienti rimarranno stupiti dalle acrobazie e dagli spettacoli in programma che accompagneranno la cena dalle ore 22”.

Madeo al Forte ristorante
Un particolare del ristorante

Le proposte culinarie di Madeo al Forte, tradizione mediterranea in chiave contemporanea

La cucina di mare, che reinterpreta in chiave contemporanea la tradizione mediterranea, gioca sulla seduzione della semplicità e sulla riconoscibilità del gusto; si avvale infatti della consulenza di Franco Bloisi, chef di grande esperienza e sensibilità.

La stagione del locale inaugura con gli imperdibili antipasti, tra cui il “Crudo Imperiale” (tartare di pesce bianco e tonno, gambero rosso, scampi, ostriche); quindi i primi con pasta fatta in casa come “Le Chicche della Nonna Madeo” (con crostacei, pecorino romano, datterini, basilico) seguiti da secondi scenografici nella presentazione ed equilibrati nel gusto, ad esempio la “Gran Catalana Madeo” (astice, scampi, mazzancolle, verdure croccanti e citronette). Classici e imperdibili le proposte dei dolci, su tutti il tiramisù scomposto, preparato sul momento dal personale di sala.

Il décor d’ispirazione nautica

Madeo al Forte cucina

L’ambiento interno è contraddistinto da un’eleganza sobria, discreta: il décor omaggia i leggendari Riva, Stradivari delle barche col loro primato di stile e bellezza. Immancabile, poi, il legno pregiato che sposa armoniosamente la raffinata mise en place dominata dal tovagliato bianco, col blu di Prussia che caratterizza le sedute.

Madeo al Forte bar
Un cocktail servito al bar del Madeo

Nel teatro esterno, incastonato in un curato giardino di piante e fiori, domina il rosso delle quinte, il palcoscenico ad angolo – delimitato da luci d’atmosfera- e il disegno originale delle sedute.
Grandi classici della mixology e un coinvolgente pianobar sotto le stelle, infine, renderanno le serate di Madeo al Forte davvero indimenticabili.

Madeo al Forte

Via G.B. Vico 75 – 55042 Forte dei Marmi (LU)

Telefono:  375 731 2555 

Orari: ristorante à la carte ore 19:30 – 23:30

Nell’immagine in apertura, gli ambienti interni del ristorante

MMU S/S 2023: Manintown presenta il magazine Youth Babilonia al Circolo Marras

Durante la cinque giorni della fashion week maschile che, dal 17 al 21 giugno, ha portato nella metropoli lombarda le collezioni maschili per la prossima S/S 2023, MANINTOWN ha svelato il magazine Youth Babilonia con un evento ad hoc presso il Circolo Marras, spazio sui generis concepito dallo stilista sardo come un manifesto concreto della propria eclettica, fantasiosa cifra creativa.

Spazio Marras Milano

Protagonista della serata, la performance artistica di Cristian Cucco, una serie di videoproiezioni per raccontare sia l’ultima collezione del marchio, Narciso, che due copertine dell’issue Hot child in the City, con Francesco Gheghi ed Ema Stokholma.

performance danza arte
La performance di Cristian Cucco
Thomas Costantin dj
Thomas Costantin alla consolle durante la serata

A seguire, il cocktail party con il dj set di Thomas Costantin, ad animare e chiudere in bellezza un appuntamento che ha visto la partecipazione di numerose personalità di spicco del mondo della moda, cinematografico, musicale e artistico in generale, dagli attori Lorenzo Richelmy (nome in rapida ascesa del nostro cinema – ha recitato, tra gli altri, in Una questione privata, Il talento del calabrone e nella serie Marco Polo – nonché cover star di Youth Babilonia) e Simone di Scioscio a Carmen Ferreri, dal modello Michael Terlizzi alla content creator Eleonora Cixi Bosio.

Lorenzo Richelmy
Carmen Ferreri
Eleonora Cixi Bosio

Lorenzo Richelmy, Carmen Ferreri, Eleonora Cixi Bosio

Un evento che celebra il nuovo sviluppo, digitale e cartaceo, di MANINTOWN, che grazie alla partnership con MI HUB e SUPERNOVA HUB implementa ulteriormente le proprie piattaforme, in un’ottica sempre più cross-channel e internazionale.

Nell’immagine in apertura, Eleonora Cixi Bosio (al centro), Leonardo Marras (a destra) e alcuni ospiti dell’evento di MANINTOWN al Circolo Marras

Il best of di Pitti Uomo 102

Abbandonato il low profile (obbligatorio, in verità, per cause che è ormai superfluo specificare) dell’ultimo biennio, Pitti Uomo torna al consueto format pre-pandemico, con un tourbillon di presentazioni, progetti speciali ed eventi collaterali, spalmati su quattro giornate, dal 14 al 17 giugno. Metabolizzata la massa di input stilistici concentrati nei padiglioni della Fortezza da Basso, abbiamo pensato di ricapitolare alcune novità primavera/estate 2023 viste durante la rassegna.
A seguire, il best of di Manintown della 102esima edizione del salone, categoria per categoria.

Pitti uomo 102

Capispalla

L'impermeabile brand
L’Impermeabile P/E 2023 (ph. courtesy L’Impermeabile)

Con le belle stagioni che, ahinoi, saranno caratterizzate sempre più da clima canicolare, umidità, rovesci forse sporadici ma violenti (sposare la sostenibilità, d’altra parte, è urgente proprio per mitigare le conseguenze del climate change), i produttori di outerwear non lesinano gli sforzi per adeguarsi alle – mutate – necessità e preferenze dei clienti.

Uno specialista della categoria come L’Impermeabile, sotto questo profilo, è avvantaggiato. Per la P/E 2023 la (rinnovata) collaborazione con lo stilista Romano Ridolfi, che firma i capi dell’etichetta blu, attinge alla rilassatezza dei volumi e alla praticità dello sportswear ‘60s, ibridando formale e informale in una serie di must che non dovrebbero mai mancare nell’armadio maschile; si dà risalto alla versione 2.0 della paramatta, tessuto impermeabilizzato australiano opportunamente alleggerito, reso più compatto e versatile; nella linea contrassegnata dall’etichetta grigia, invece, prevale l’utilizzo del cotone cerato e si arricchiscono i classici del marchio (spolverini, field jacket e soprabiti) con motivi principe di Galles o tartan.

Sartoria Latorre porta al padiglione centrale la capsule collection Vent De Sirocco, rilettura dello stile coloniale attraverso il savoir-faire artigiano e l’ossessione per la qualità che animano il brand; immancabili, dunque, sahariane color gesso o taupe, trench doppiopetto e parka, evocativi di un’eleganza souple d’altri tempi.

Non cessa di esercitare il suo fascino (vedi l’interesse per l’America’s Cup, nel 2021) l’abbigliamento nautico: Murphy & Nye e North Sails esaltano – giustamente – un heritage definito da regate, yacht e paesaggi marittimi, il primo rieditando i pezzi che, all’inizio del millennio, ne decretarono il successo – dal blouson con zip allo smanicato (attualizzati però all’oggi mediante innovazioni come termonastrature e tessuti performanti), il secondo associandosi a Maserati in una collab dove il lifestyle dell’azienda americana (centrato sull’oceano, suo vero propulsore estetico) incontra l’avanguardismo tech della casa del Tridente in giubbini imbottiti, gilet, giacche in due lunghezze ideali per viaggiare, sviluppati privilegiando filati eco, organici o riciclati.

Jeans

I mesi caldi richiedono grammature di un certo tipo e tonalità che si accordino alla palette stagionale, concedendosi – perché no? – cromie accese e lavaggi fantasiosi, per conferire un tocco extra di vivacità all’outfit. Lo sanno bene da Cycle (una garanzia in tema di luxury denim): la collezione P/E 2023 è la sintesi perfetta dell’inesauribile estrosità con cui la griffe manipola la tela blu, che a seconda dei casi viene sdrucita, decolorata (gli effetti tie-dye o bleached si sprecano), rammendata, mischiata a lyocell e modal per accentuarne la morbidezza, con la modellistica resa ora aderente (nei cinque tasche skinny), ora comfy.


Attenendosi alla filosofia per cui ogni indumento dovrebbe essere «ricco di storie, unico e prezioso», anche Reign diversifica notevolmente le opzioni tra cui scegliere, passando dai pants scorticati a quelli chiazzati di vernice, dal délavé a gradienti di rosso, arancio e verde scuro, alternativa colorful al sempiterno blue jeans.
Da HandPicked le salpe diventano la cartina al tornasole per orientarsi nei sei mood di stagione, che vanno dal Pop (identificato da un’etichetta in ecopelle, ispirata ai dipinti neoespressionisti di Julian Schnabel) all’Handmade; in quest’ultimo si concentra il virtuosismo creativo e manifatturiero della label, tra preziosismi, pinces e costruzioni che si aspetterebbe di trovare in un atelier.

Pantaloni

Due i modelli di punta targati Berwich per il prossimo anno: Negroni Lux, chino dai toni sablé in canapa (fibra green che regala al capo una patina vissuta, di autenticità), e 2P, bermuda oversize con doppia piega a stampa maculata.

Cruna (sinonimo di pantalone a regola d’arte fin dalla nascita del brand, nel 2013), da parte sua, triplica l’offerta, suddivisa in Main, Natural Wonders e Active, ma l’obiettivo è il medesimo, elevare cioè la nozione di casual, farne un genere trasversale valorizzando sia i materiali (lino, cotone, gabardine, blend di lana e seta…), sia le vestibilità, che aspirano alla perfezione, si tratti del taglio a carota del best-seller Mitte, delle linee asciugate del Brera o dello smooth fit (così viene definito) del Burano.

Maglie e camicie

Nonostante le temperature torride già dai primi accenni estivi, maglieria e camiceria continuano a farla da padrone nei guardaroba degli espositori di Pitti. Nel “salottino” KNT, ad esempio, ruba l’occhio la minicollezione Panda, con impresso l’animale preferito di Mariano De Matteis (designer della linea, assieme al gemello Walter), alternativamente spigoloso (perché composto da pannelli geometrici), stilizzato tipo manga oppure rimpicciolito in un pattern ipnotico che s’impossessa di overshirt e pantaloncini; dietro l’apparente facilità di t-shirt, felpe e simili si cela la maestria sartoriale dell’azienda di famiglia, Kiton, ché «la semplicità è la suprema sofisticazione», per dirla alla Leonardo da Vinci.

Dal maglificio genovese Avant Toi, invece, via libera alla rivisitazione dello stile Seventies a suon di motivi etno-chic, disegni optical, digradazioni di colore che trasferiscono su lino, seta, cachemire e altri filati nobili le sfumature del tramonto. Stilemi anni ‘70 sugli scudi anche nello spazio di Roberto Collina, dove ci si perde tra intarsi jacquard floreali, cromie acidate, petali multicolor ad illuminare le trame di cardigan sciallati, pull e magliette.

Per chi non rinuncia mai alla camicia, inverno o estate poco importa, ecco poi la tante novità svelate dai marchi specializzati, dall’elegia del lino – usato in tutte le salse, in tinta unita, madras, seersucker, color sorbetto… – di Alessandro Gherardi all’istituzionalità camiciaia di Borriello Napoli; dalla traduzione dei generi musicali – funky, soul, indie – in shirt di varia foggia operata da Brancaccio ai coloratissimi patchwork di Poggianti 1958.

Calzature e accessori


2star sneakers uomo
2Star P/E 2023 (ph. courtesy 2Star)

Per quel che concerne scarpe e accessori, negli stand della fiera ce n’è davvero per tutti i gusti. 2Star, ad esempio, seleziona tele irrinunciabili per il menswear – denim, canvas organico al 100%, felpa – e le trasferisce sulle tomaie delle nuove sneakers P/E, “sporcate” quel tanto che basta per accentuarne l’allure metropolitana. Vintage effect anche da Monoway, esplicitato in questo caso da piccole screpolature e ombreggiature su ginniche bianche dal carattere ‘80s.

Monoway sneakers
Monoway P/E 2023 (ph. courtesy Monoway)

Leggerezza, voglia di evasione, ritorno alla vita en plein air. Le parole d’ordine della bella stagione di Barrett si riflettono nelle soluzioni tecniche (forme destrutturate, suole in gomma ultra morbide, pellami intrecciati o sfoderati) e cromatiche (una scala di nuance lievi, celesti, beige, blu pastosi, marroni caramellati) adottate da monk strap, stringate, mocassini e slip-on.

Tra gli accessori, vanno menzionati perlomeno gli occhiali Jacques Marie Mage (adorati dal jet set californiano, leggasi – tra gli altri – Jude Law, Samuel L. Jackson, Kristen Stewart, LeBron James); i cappelli handcrafted Superduper; i bracciali edgy di Topologie (che incorporano ganci e chiusure delle corde da arrampicata); in quota green, infine, le borse Regenesi, ottenute da materiali rigenerati e scarti tessili.

Nell’immagine in apertura, uno scatto della campagna ufficiale dell’edizione numero 102 della fiera, ‘Pitti Island’ (ph. courtesy of Pitti Immagine)

NH Collection Milano Porta Nuova, place to be dell’hotellerie milanese

NH Collection Milano Porta Nuova, il nuovo indirizzo milanese della catena

La vivace scena dell’hotellerie milanese si arricchisce di una new entry, che si candida a diventare la meta elettiva cui rivolgersi per scoprire le mille sfaccettature del capoluogo lombardo, metropoli cosmopolita e camaleontica, costantemente in fieri, da vivere – e apprezzare – in ogni suo angolo. Il risultato della trasformazione dell’hotel 4 stelle NH Milano Grand Hotel Verdi è, infatti, il NH Collection Porta Nuova, nel cuore dell’omonimo quartiere, cuore finanziario della città. Nell’ultimo arrivato della prestigiosa catena alberghiera, sofisticatezza ed esclusività della location si fondono armoniosamente, esaltandone il carattere urban-chic.

NH hotel Collection Milano Porta Nuova
La facciata dell’hotel

Tra i punti di forza dell’hotel c’è sicuramente la posizione privilegiata, attigua ai numerosi ristoranti e locali à la page della zona. Gli ospiti possono raggiungere comodamente Brera (fiore all’occhiello meneghino, con le sue viette acciottolate e l’atmosfera bohémien ) e Corso Como. La vista su piazza Gae Aulenti, emblema della Milano contemporanea, di cui rappresenta plasticamente lo slancio, la proiezione al futuro, è a dir poco suggestiva, permettendo di abbracciare con lo sguardo lo skyline dominato dai grattacieli, tra cui svetta, coi suoi 231 metri, l’Unicredit Tower.

Comfort e cura meticolosa dei dettagli nelle 100 camere dell’hotel

La succitata visione panoramica sulla città è possibile grazie a una struttura sviluppata su otto piani. Le 100 camere totali dell’hotel si distinguono per ariosità e ampiezza degli spazi, le cui dimensioni variano dai 36 mq delle superior agli oltre 70 delle magnifiche suite, in cui un’inconfondibile tonalità di rosso (firma visiva del brand NH Collection) si amalgama con le nuance grigie, verdi e oro degli arredi, creando un’atmosfera unica, raffinata.
Oltre al Wi-Fi e alle amenities in ogni stanza, gli ospiti hanno a disposizione un fitness corner perfetto per ritemprare corpo e spirito.

NH Collection Milano Porta Nuova novità
NH Collection Milano Porta Nuova

NH Collection Milano Porta Nuova camere
Una camera dell’albergo

Le proposte gourmet del NH Collection Milano Porta Nuova

La nuova proposta ristorativa dell’albergo è targata Artusia, divisione del Gruppo Elior specializzata nella gestione del food & beverage per l’hotellerie, che ha inaugurato Timo Bistrot. Si tratta di un ristorante la cui offerta è incardinata sulle erbe aromatiche, filo conduttore di piatti che rimandano immediatamente alla migliore tradizione italiana e mediterranea.
Il bistrot è stato concepito per soddisfare il palato con portate di qualità, in ogni momento, dalla pausa pranzo all’aperitivo post lavoro, accompagnato dagli esclusivi Timo Cocktails, alle cene all’insegna del benessere.

Timo Bistrot, cucina centrata sulle erbe aromatiche

Il menù del pranzo offre quattro combinazioni, si può inoltre ordinare alla carta, naturalmente, scegliendo tra una ricca varietà di insalate, tra cui la rivisitazione della classica Caesar salad con dressing al parmigiano ed erbe aromatiche, ribattezzata Caesar del Timo. A disposizione della clientela, poi, aggiunte di proteine animali (ad esempio mozzarella di bufala o salmone) e dressing e condimenti a scelta nel buffet.

Timo Bistrot
Timo Bistrot

Nella carta spiccano i burger in versione vegan, a base di spinaci e verdure, alternativa ai classici di fassona. E ancora, un’ampia scelta di primi e secondi della tradizione: si può spaziare tra bigoli con ragù estemporaneo (ragù di funghi, mandorle e maggiorana), calamarata alla sorrentina, tagliata di pollo con erbe mediterranee, salmone in crosta di pane, la caprese del Timo (a base di mozzarella di bufala, ciuffi di pomodoro cuore di bue e olio al timo). In chiusura i dessert, golosità assortite che comprendono la tagliata di frutta e sciroppo al basilico, il fondente al cioccolato con crema di fragole al Campari e noci sablé, la tropicale con ananas marinato alle spezie e timo, l’immancabile tiramisù, con salsa in estrazione di caffè.

NH Collection Milano Porta Nuova camere
Gli ambienti del NH Collection Milano Porta Nuova

NH Collection Milano Porta Nuova

Via Melchiorre Gioia, 6 20124 Milano – Italia

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Manintown lancia la nuova fashion issue a Pitti Uomo

In occasione della 102esima edizione di Pitti Uomo e di Milano Moda Uomo S/S 2023, MANINTOWN – magazine che è ormai un punto di riferimento delle new generation musicale e cinematografica – presenta Youth Babilonia, nuova Fashion Issue in uscita due volte l’anno, che sarà presentata con due eventi speciali a Firenze e Milano. Nato da un’idea di Davide Musto, quest’inedito supplemento moda print e digital intende raccontare differenti culture, fenomeni, volti e linguaggi di stile. Sono quattro le cover del primo numero, che vede tra i protagonisti l’attore Lorenzo Richelmy e il content creator Matthew Zorpas, che festeggia i dieci anni del The Gentleman Blogger. Un nuovo sviluppo sia digitale che cartaceo per MANINTOWN, dunque, che grazie alla partnership con MI HUB e SUPERNOVA HUB, implementa ulteriormente le proprie piattaforme in un’ottica sempre più cross-channel e internazionale.

Manintown eventi
Moodboard della nuova fashion issue Youth Babilonia all’evento MANINTOWN presso Palazzo San Niccolò
Palazzo San Niccolò Firenze eventi
Un momento della mostra-evento nei giardini del palazzo

La mostra-evento di Firenze a Palazzo San Niccolò

Lo scorso 16 giugno, durante Pitti Immagine Uomo, una speciale mostra-evento presso Palazzo San Niccolò, nel cuore del quartiere fiorentino di San Niccolò. On show un percorso di brand artigianali e sostenibili, a partire dalla collezione genderfluid di Tiziano Guardini, cappotti d’impronta artsy in edizione limitata. Commentando concept, ispirazioni e obiettivi della linea, il designer sostiene: “Si parla spesso di genderless, come a dover racchiudere in una parola una tendenza momentanea. Per me il termine individua il coraggio di “aprire”, esercitando una libera espressione, abbandonando concetti che appartengono a una società ormai passata. Vuol dire altresì riconoscersi come esseri viventi liberi. I capi esposti raccontano di fiabe che incoraggiano ad aprire i nostri sentimenti, a essere determinati nel creare una società migliore, connessa con il nostro essere più puro e onesto, ovvero con la Vita e, di conseguenza, col nostro pianeta. Gli abiti che disegno sono da sempre uno strumento per vivere questa consapevolezza, un elemento di riconnessione, un abbraccio per ritrovarsi, un emblema del cambiamento”.

Segue precetti eco-responsabili anche la griffe Ten Minutes to Moon, che fonde animo streetwear e made in Italy in capi timeless arricchiti da grafiche originali. Si muovono tra arte e moda le sculture indossabili di Maurizio Tomasello, da portare con le cravatte. E ancora, Palladium, maison calzaturiera francese conosciuta ovunque per il modello Pallabrousse, studiato nel 1947 per l’esercito; Vagabond, brand svedese che si focalizza sulle scarpe, tra le più amate dalle shoes addicted di tutto il mondo, conquistate dallo stile elegante delle proposte, attento ai dettagli e sostenibile. Infine, le calzature firmate Bruno Bordese, must have per trend setter, artisti e creativi; i suoi sono pezzi unici e riconoscibili, grazie al mix di stilemi classici e trendy.

Design e profumi protagonisti negli spazi del palazzo

Il percorso continua col design di Situér Milano, che progetta arredi eco-friendly dalle linee minimali e ricercate partendo dal metallo, lavorato in Italia con maestria artigianale e sapientemente tradotto in un perfetto equilibrio di estetica e funzione.

Situer Milano mobili
Tavolo per esterni Situér Milano (sulla destra) e alcune proposte della collezione Marcantonio x Slide

Marcantonio x Slide, invece, propone complementi di arredo per interni e outdoor, lasciandosi ispirare dalla natura con un approccio sospeso tra onirico e fanciullesco, alla scoperta del mondo che lo circonda; pezzi che esprimono al meglio la filosofia  del designer romagnolo, nelle sue parole, “una commistione tra arte e design, porto nel secondo la prima, nello specifico la scultura, con soggetti illustrativi, che raccontano una storia”. Sono inoltre protagonisti, negli spazi del Palazzo, Millefiori e Yankee Candles, che guidano gli ospiti in un tour olfattivo e sensoriale attraverso le loro fragranze. Millefiori presenta la fragranza estiva Lime & Vetiver, invece la collezione di candele da esterno di Yankee Candles si compone di quattro nuove profumazioni, miscelate con citronella e oli essenziali noti per allontanare gli insetti e creare un’atmosfera rilassante nell’ambiente outdoor.

Marcantonio Slide
Marcantonio con i nuovi pezzi della linea firmata per Slide
Millefiori Milano diffusore
L’allestimento all’interno di Palazzo San Niccolò (sul tavolo al centro, un diffusore Millefiori)

Dopo la mostra si è tenuto un cocktail party con dj set curato dallo stesso Bordese.

Nell’immagine in apertura, il dj set di Bruno Bordese (ritratto tra due creazioni della linea Marcantonio x Slide) all’evento di MANINTOWN a Palazzo San Niccolò

Spirito punk e ispirazioni artsy nella F/W 2022 di John Richmond

Rock Royalty, Punk Couture, Sophistication: sono queste le parole chiave della proposta Fall/Winter 2022 di John Richmond, Lead me to temptation. Una tentazione, quella cui allude il titolo, squisitamente fashion; la collezione è stata infatti concepita come un viaggio stilistico, che attinge a pieni mani ad immaginari musicali e artistici, cari da sempre alla maison.

Uno stile timeless, in equilibrio tra tailoring e casual

Tanto nel menswear quanto nel womenswear, Il designer riversa un métissage di concetti e riferimenti, forgiando uno stile unico nel suo genere, che gli appassionati possono far proprio e adattare a qualunque occasione d’uso. Un mix and match che fonde armoniosamente un lato tailoring, sempre presente nelle collezioni della griffe, ed uno più basic, centrato su must dell’estetica urban (felpe, maglieria, t-shirt, pants cinquetasche, anfibi, leather jacket…) arricchiti da applicazioni e disegni sui generis. Sugli outfit si stagliano infatti grafismi, stampe particolareggiate, i simboli del brand (Snake e teschio JR in primis) rielaborati; una profusione di borchie e catenelle di metallo, poi, si impossessa di pezzi d’impronta casual e capi in denim.

Il gioco degli opposti caratterizza in egual misura i look uomo e donna: convivono micro e macro, lungo e corto, vestibilità aderenti e ampie. Per lei, una serie di minidress e abiti che segnano la silhouette, esaltando le forme attraverso lunghezze studiate al millimetro, trasparenze e spacchi, accostati a capisaldi del guardaroba femminile quali blazer, cappotti, longuette e pullover, impreziositi da dettagli strong (qui le iniziali ricamate del marchio, là texture cosparse di strass, zip e punti luce, o ancora scritte a mo’ di graffito e lucentezze metalliche). Per lui, un compendio di evergreen del menswear (dal perfecto al bomber) nobilitati da decorazioni in puro stile Richmond, tra loghi, scritte e motivi tattoo.

La palette cromatica alterna l’immancabile combo black & white alle sfumature del rosso, che contrastano con nuance più accese come verde acido e rosa. Un’allure 80s permea mise che vedono protagonista la pelle, emblema di quella sensualità ribelle che Richmond maneggia alla perfezione, fedele al motto per cui è tutta questione di attitudine, più che di moda in quanto tale.

Patatas Nana, l’artigianalità della patatina

Nel fashion system artigianalità e numero contenuto di “ingredienti” (cioè tessuti) rappresentano una conditio sine qua non per ottenere capi irreprensibili, sotto ogni aspetto. La combo craftsmanship e pochi, selezionati materiali si rivela un atout anche se applicata a prodotti talmente diffusi, radicati nell’immaginario collettivo, che si finisce col darli per scontati, ignorandone qualità intrinseche che, invece, fanno la differenza.

Ne è consapevole Patatas Nana, azienda che ha pensato bene di rivoluzionare lo snack per eccellenza dell’aperitivo italiano, tramutandolo in un alimento per intenditori ma a portata di mano, letteralmente. Le sue patatine in busta, infatti, uniscono alla lavorazione artigianale l’uso di soli tre ingredienti, senza alcun conservante o aroma. Un’idea tanto semplice quanto (felicemente) radicale, che sublima il concetto di sottrazione, rifiutandosi di aggiungere dubbi orpelli per puntare sull’essenza della patata nella sua purezza e integrità gustativa, lasciando al consumatore la possibilità di arricchirla secondo il proprio estro, sperimentando magari abbinamenti o ricette consigliate dagli chef.

Pochi, selezionati ingredienti e una lavorazione articolata in step precisi

La breve scadenza (non oltre cinque mesi) costituisce un primo indicatore di qualità, requisito imprescindibile per gustare la patatina come appena fritta. E poi ci sono materie prime comme il faut: nello specifico, esclusivamente patate della varietà Agria, coltivate in Spagna secondo la tradizione della vega granadina, irrigate dall’acqua incontaminata del rio Dúrcal; specificità che conferiscono loro un sapore unico.
Le patate vengono raccolte e conservate sotto terra al buio, così da mantenerne intatte le proprietà organolettiche. Quindi sono lavate, leggermente pelate, tagliate a fettine, fritte in olio di girasole puro – il migliore perché insapore – a 155 gradi. Vengono scolate, asciugate, lasciate raffreddare a temperatura ambiente e salate a mano con sale fino marino. Infine, l’imbustamento tramite macchinari di ultima generazione, in grado di preservare l’originale sapidità.

Patatas Nana
Patatas Nana

Le patatine artigianali in busta alla conquista del Belpaese

Dalla Spagna all’Italia il passo è più breve di quanto si possa pensare, nel 2016 la rivoluzione targata Patatas Nana sbarca nel Belpaese, accompagnata dai versi di Nana de Sevilla di Federico García Lorca – da cui il nome Nana, ossia ”ninna nanna”. Ora i punti vendita sono 3.500, sparsi su tutto il territorio nazionale; trattandosi di una specialità gourmet non si trova nei supermercati, ma nei migliori bar e cocktail bar, nelle enoteche, nelle drogherie contemporanee, nei bistrot. E ancora, in tutti quei negozi e luoghi selezionati che fanno della ricerca dei sapori genuini, tradizionali, il fiore all’occhiello della propria offerta gastronomica. È comunque possibile acquistarla nell’e-store ufficiale (www.patatasnana.com/negozio).

Patatas Nana patatine

Il marchio si propone, inoltre, di elevare il concetto del classico aperitivo, accompagnandolo con patatine da degustare semplicemente aprendo il sacchetto, oppure seguendo il consiglio dello chef Michele Gilebbi, riscaldandole in forno a 180° per riportarle alla temperatura di servizio ideale. Le Patatas Nana possono sposare le ricette più disparate (con alici del Mar Cantabrico, polpo e rosmarino, marinate in aceto, servite con lime e pepe…).

I Fiammiferi, lo snack retrò rivisitato

Patatas Nana patatine

Gli ultimi arrivati – nel 2020, sull’onda del claim “il futuro è solo un ricordo” – sono i Fiammiferi. Rievocano lo snack simbolo degli anni 70/80, arricchendolo però di un tocco contemporaneo, perfetto per i nostalgici che non disdegnano sapori inediti. I Fiammiferi sono anche sinonimo di sostenibilità grazie al packaging riciclabile, 100% plastic free, essenziale ed elegante, in pieno stile Patatas Nana.

Nove25 X Mace, i gioielli nati dalla collaborazione col producer dei record

Il brand di gioielleria urban Nove25 svela la sua ultima, esclusiva collab, che ha coinvolto un nome di spicco della scena musicale nazionale, il producer Mace. Data la caratura del personaggio, la collezione non poteva che attingere all’immaginario della musica elettronica, terreno d’elezione di uno tra i più riconosciuti e visionari musicisti italiani, capace di raccontare la contemporaneità con un tocco unico. Il suo album doppio disco di platino OBE, uscito nel 2021, ha visto la partecipazione di assi musicali come Blanco, Salmo, GemitaizGué Pequeno e Madame.

Mace producer moda
La campagna della collezione, con protagonista lo stesso Mace (ph. courtesy of Nove25)

Nove25 X Mace riprende valori e narrazioni di Oltre, disco pubblicato quest’anno dall’artista, in cui il concept del viaggio è da intendersi nel suo côté trasformativo, come un superamento dei confini territoriali, fisici e sensoriali; è un invito ad andare oltre le proprie percezioni, paure, limiti, oltre il proprio corpo e l’idea che abbiamo di noi stessi.
Pendenti e orecchini in argento e oro giallo della linea s’ispirano perciò all’universo psichedelico delineato da Mace, non senza ironia e sense of style, adottando emblemi quali il funghetto magico (sviluppato in verticale nel Pendente Fungo, e in versione più ridotta, circolare, nell’Orecchino Fungo) e il simbolo del Mercurio, considerati una chiave necessaria per esplorare gli stati “altri” dell’inconscio.
La capsule è in vendita esclusivamente negli store del marchio e su www.nove25.net

Nell’immagine in apertura, uno scatto della campagna della collezione Nove25 x Mace, che vede protagonista lo stesso producer e musicista

ItalianCreationGroup protagonista alla Milano Design Week con FontanaArte, Driade e Valcucine

La Milano Design Week torna ad animare il capoluogo lombardo e lo fa in grande stile, provando a lasciarsi alle spalle un biennio tormentato. Non è da meno ItalianCreationGroup, presente al Salone del Mobile (nonché all’appendice imprescindibile del Fuorisalone) con tre dei suoi quattro brand d’eccellenza, FontanaArte, Driade, Valcucine. Il primo, d’altronde, celebra quest’anno il 90° anniversario ed entra a far parte del registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale, istituito dal Mise.

Fontanaarte light art
Una vista della mostra FontanaArte, 90 Years of Light and Art, fino al 12 giugno nello spazio di via San Marco 26
Fontanaarte mostre
L’allestimento della mostra (sulla destra, lampade FRENESI, disegnate da Studiolucaguadagnino)

FontanaArte in mostra, tra pezzi d’archivio e un’exhibition fotografica

Nata a Milano nel 1932 da un’idea di Gio Ponti, FontanaArte è divenuta nel tempo un’autentica istituzione dell’illuminazione decorativa italiana, potendo vantare oggetti assurti al rango di icone del miglior design tricolore. Per l’occasione, si regala FontanaArte, 90 Years of Light and Art, realizzata dal direttore artistico Francesco Librizzi col contributo di Pupilla Grafik, esposta nello spazio di via San Marco 26, che consta di diversi progetti speciali. In primis, l’exhibition fotografica di Roselena Ramistella che, in tandem con Zero, dà la propria interpretazione del concetto di luce, cuore pulsante dell’azienda, che non è questione solo di lumen, bensì di capacità e appeal; da qui i ritratti di personalità di spicco, capaci di far brillare concetti e storie (Stefano Boeri, Nina Yashar, Edoardo Tresoldi, Venerus per citarne alcune). Ci si ricollega così idealmente alla storia aziendale, intrecciata da sempre con quella di figure del calibro di Gae Aulenti, Max Ingrand, lo stesso Ponti.

FontanaArte, 90 Years of Light and Art svela inoltre un’anticipazione dell’archivio storico del marchio, rimasto finora “sommerso”; un corpus eccezionale di immagini, progetti, miniature, registri e documenti, riportati alle luce grazie a un certosino lavoro di recupero, catalogazione e valorizzazione dei materiali. Si tratta di un primo nucleo di 580 oggetti, un compendio dell’attività dei maestri del design che hanno reso la maison l’icona che è oggi. L’archivio, in formato digitale, è supportato dalla presenza di alcune storiche proposte FontanaArte fornite dalla Casa d’Aste Cambi, “meravigliosi pezzi originali degli anni ‘30 e ‘50” – li definisce Librizzi – posti in continuità con le novità presentate alla MDW.

Le nuove proposte di FontanaArte

Fontanaarte lampada novità
FRENESI, design by Studiolucaguadagnino (ph. Giulio Ghilardi)

Il quadro si completa, infatti, con quattro new entry: la lampada da parete FRENESI, disegnata da Studiolucaguadagnino (fondato dal regista già candidato all’Oscar nel 2017), rivisitazione in chiave contemporanea degli stilemi art déco, caratterizzata da morbide increspature in vetro, che emanano una luce morbida all’interno della struttura angolare; OORT di Jacopo Roda, linee luminose posizionate in cilindri, combinabili a piacimento in un sistema pressoché infinito di forme e posizioni; THEA (design by Gabriele e Oscar Buratti), famiglia di lampade con doppia calotta, trasversale alle tipologie di applicazione; TUTTI, chandelier-installazione di Matilde Cassani Studio, un trionfo degli opposti risultante dalla serie di sagome appese dell’opera, a simboleggiare un mondo di contraddizioni e contrapposizioni.

Fontanaarte nuove lampade
TUTTI, design by Matilde Cassani Studio

Le collaborazioni “pop” di Driade

Alla Triennale va invece in scena o meglio, On Stage (come da titolo dell’ultima collezione) Driade, con un’operazione che mescola progettazione, intrattenimento e arte, in linea col carattere di laboratorio estetico votato al bello della griffe, che trascende i confini canonici di architettura e design e persegue il dialogo, la contaminazione tra differenti linguaggi creativi, accomunati dalla ricerca continua dei più alti valori estetici.

Il brand volge dunque lo sguardo ai fenomeni pop emergenti, chiamando a collaborare quattro nomi provenienti da ambiti eterogenei, ossia Marcelo Burlon, Sfera Ebbasta, Omar Hassan e il gamer e content creator Pow3r, autori di altrettanti progetti inediti, sotto la guida dell’art director della label Fabio Novembre. Nello specifico, lo stilista firma Edaird, specchio d’ispirazione tribale, un anello di congiunzione fra terra e cielo dell’Argentina, patria di Burlon. Il rapper da milioni di ascolti, invece, personalizza la chaise longue Cocky, seduta decisamente sopra le righe, che rispecchia appieno lo stile del personaggio. Hassan realizza l’arazzo PiùDiUno, sintesi perfetta di ricerca e azione che omaggia l’arte contemporanea, mentre Giorgio Calandrelli (meglio conosciuto come Pow3r, pro player in forza al team di e-sports Fnatic) condensa nel pouf Arcad3 la sua passione per il gaming, concepito come un’evoluzione nell’ambiente domestico delle sale giochi di un tempo. Novembre parla a riguardo di “collaborazione di quattro amici che […] danno forma ai loro pensieri”, certificando come “la creatività nasca dall’interazione tra discipline diverse”.

Sfera Ebbasta design
Cocky di Sfera Ebbasta (ph. Iacopo Barattieri)
Driade milano design week 2022
PiùDiUno, Omar Hassan (ph. Iacopo Barattieri)

Le novità di Valcucine, all’insegna della sostenibilità

La partecipazione di Valcucine, infine, è all’insegna della sostenibilità con Sustainability beyond Space and Time, che ribadisce l’impegno della casa verso una produzione green. Si spiega così anzitutto il Percorso Fuorisalone: LEED Buildings in Milan_ che tocca (pregevoli) edifici LEED progettati da GBPA Architects, Tectoo, One Works e altri. Quindi la mostra LE3DERS nel rinnovato showroom Valcucine a Brera, con modelli architettonici di noti studi internazionali in versione 3D, visualizzati attraverso un’esperienza AR. Nella stessa sede viene presentato anche il nuovo percorso espositivo e le novità di prodotto coi relativi crediti LEED v4.1.

Valcucine Artematica
Artematica Soft Outfline

Innovative soluzioni estetiche e funzionali sono poi state applicate ai modelli di punta del marchio. Fanno il loro debutto Artematica Soft Outline, un blocco unico che coniuga linee soft e volumi puri, mantenuti elegantemente in equilibrio; e Riciclantica Outline, sintesi estrema di dematerializzazione che tiene insieme armonia formale e cura dei particolari; una cucina simbolo dell’evoluzione tecnica dell’azienda, progettata per avere il minimo impatto ambientale.

Valcucine cucine 2022
Riciclantica Outline

Tutte le immagini courtesy of ItalianCreationGroup

Nell’immagine in apertura, uno scatto della mostra FontanaArte, 90 Years of Light and Art 

‘Sottacqua’, un assaggio di estate nel nuovo singolo di chiamamifaro e rovere

È uscito venerdì 3 giugno per Columbia Records/Nigiri il nuovo singolo di chiamamifaro e rovere, sottacqua, un vero e proprio condensato dell’agognata, imminente atmosfera estiva che contraddistingue la stagione estiva.

Dalla collaborazione tra la cantautrice Angelica Gori, capace in tandem col chitarrista Alessandro Belotti di far breccia nel pubblico brani da diversi milioni di stream, e la band che racconta i vent’anni negli anni ’20 del millennio come nessun altro, nasce infatti una canzone che distilla efficacemente il mood delle calde serate d’estate, tra feste e falò sulla spiaggia.

Angelica Gori rovere
Angelica Gori (chiamamifaro), Nelson Venceslai (rovere)

Non solo spensieratezza e summer vibes però, visto che il singolo tocca anche argomenti di grande impatto sociale quali l’inquinamento (serate in spiaggia che sono tra la plastica e le birre ghiacciate, petrolio e margarita sulle labbra salate) e guerra (“feste al mare con la fine del mondo sullo sfondo mentre si cantano canzoni sperando di salvarlo).

i rovere Nelson
Nelson Venceslai e Angelica Gori

Le parole di Angelica Gori, in questo senso, esprimono al meglio l’essenza del progetto, a cominciare dal titolo: «Sottacqua ci si nasconde dal mondo, dai problemi, e da laggiù anche le scuse hanno il sapore del sale e la forma delle bolle. A volte pensare a quel che sarà di noi ci fa sentire come se fossimo giù, sottacqua. Non c’è fiato che tenga, i movimenti sono morbidi e rallentati, la vista annebbiata. Ma per uscire da questa bolla bastano poche bracciate, ed è subito spiaggia, sole, ombrelloni, calore sulla pelle, sale sulle braccia. Fino a quando è sera, e tutto è vento e profumo di domani. Giorni di sguardi, libertà, complicità, di vista al cielo, con qualcuno che, quando siamo sottacqua, ci prenda la mano per non perdersi nel blu».

Nell’immagine in apertura, Angelica Gori (chiamamifaro) e Nelson Venceslai de i rovere

Valentino lancia il nuovo hub conscious-driven ‘Creating Shared Value’

È attiva dallo scorso 31 maggio la nuova area conscious-driven del sito di Valentino, Creating Shared Value. Si tratta di una sezione interna e integrata al portale online della maison capitolina, un autentico universo digitale che dà forma alla volontà del marchio di passare dal me al noi, dal mitico atelier romano della label (luogo delle meraviglie dove si creano sogni e costruiscono visioni di stile) alle strade dove quei sogni e quelle visioni prendono vita.

La piattaforma si pone l’obiettivo di svelare al pubblico ciò che si cela dietro l’operato del brand guidato da Pierpaolo Piccioli, sempre più impegnato in un processo di green transition tramite progetti ad hoc, in ambito sia sociale che ambientale; un percorso del tutto naturale e coerente con i principi fondanti della griffe, intrapreso da tempi non sospetti e ora raccontato, con dovizia di particolari, agli utenti e in generale al mondo esterno col quale Valentino ha avviato un dialogo continuo, con l’obiettivo di restituirgli ciò che gli spetta di diritto.

Valentino sostenibilità
Image courtesy Valentino

I tre cardini della piattaforma: People, Planet, Product

Creating Shared Value si configura come una finestra in costante aggiornamento che invita l’utente ad immergersi nel mondo interattivo pensato dalla maison, in cui i valori aziendali, raccontati attraverso un’inedita interfaccia grafica, risultano articolati in tre sezioni, People, Planet, Product. Per quanto riguarda la prima, è il riflesso del modus operandi di un brand che ha sempre messo al centro del proprio operato l’elemento umano, poiché l’eccellenza artigianale che lo contraddistingue fin dalla nascita negli anni ‘60 è frutto (anche e soprattutto) delle qualità, del talento dei singoli dipendenti, che si adoperano per tramutarla in realtà. La company culture di Valentino, dunque, non può che essere inclusiva, e passa – tra le altre cose – da collaborazioni con enti culturali, scholarship, attività di mentorship, progetti che danno il via a conversazioni tra artisti e giovani, permettendogli di essere agenti di un cambiamento sociale positivo.

Valentino moda consciousness
Image courtesy Valentino

Planet si focalizza invece sul senso di responsabilità ambientale del marchio, oggi più forte che mai, vale a dire la capacità di rispondere del proprio operato e delle proprie azioni. Consapevole della drammatica situazione in cui versa il pianeta, la maison adotta pertanto pratiche trasparenti, adeguando il business model a un mondo in continua evoluzione ed esplorando le infinite possibilità offerte da studi e analisi dell’impatto ambientale.

Product, infine, si concentra sul connubio (ormai imprescindibile) tra eccellenza artigiana e tecnologia, che consente di immaginare nuovi metodi produttivi; l’identità odierna di Valentino si fonda proprio su questo, sulla necessità cioè di preservare lo straordinario heritage dell’etichetta adeguandolo alle necessità della società contemporanea, per continuare a realizzare capi e accessori di squisita fattura ma dall’animo “eco”, ponendo così le basi per una ri-significazione del lusso in ottica green.

Valentino creating shared value
Image courtesy Valentino

Il video di Ainslie Henderson che racconta l’universo di Creating Shared Value

Per presentare Creating Shared Value, la griffe ha scelto di affidarsi alla visione immaginifica di Ainslie Henderson, scrittore, regista e animatore, autore di numerosi corti e clip musicali da milioni di riproduzioni (come Moving On dei James), già vincitore di un BAFTA nel 2012 per The Making of Longbird. L’artista scozzese firma un video in stop motion che vede protagoniste le consistenze tessili nelle quali si costruisce il filo verde, sinonimo dell’approccio conscious-driven di Valentino.

Dsquared2 & LONDONART: nasce la collezione Wallpaper

Torna il Salone del Mobile con un programma ricco di eventi dopo lo stop degli ultimi due anni legati alla pandemia; il risultato è un calendario ricchissimo di iniziative e nuovi progetti, segnale di un mercato in forte crescita. Sempre più spesso, poi, i brand moda sviluppano linee di complementi per la casa, non fa eccezione quest’edizione che segna, in particolare, il debutto della collezione di carta da parati firmata da Dsquared2 in collaborazione con LONDONART, azienda nota a livello internazionale nel segmento wallpaper.

Dsquared2 Wallpaper: Dean e Dan Caten lanciano la carta da parati del brand in tandem con LONDONART

Dsquared2 home
Un wallpaper della linea Vandalized Granny’s Flowers

Dsquared2 per LONDONART è infatti un progetto di co-design che ha coinvolto due realtà leader dei rispettivi settori in un’unione armonica. Il punto di partenza è un dialogo libero tra moda e design, con grande attenzione al Dna del marchio; ne risulta un viaggio attraverso motivi iconici e best-seller, selezionati tra i più significativi nella storia ultraventennale della label di Dean e Dan Caten, con un approccio all’home decor che privilegia il classicismo senza tempo, sviluppato su concetti quali simmetria e pulizia delle forme. Da questa visione nasce una collezione in cui ogni pattern è pensato come identificativo di un aspetto caratterizzante del brand: dalla suggestiva foresta canadese, che insieme al legno e alle illustrazioni caratterizza sin dagli esordi Dsquared2, come pure l’iconico D2 Jack (ovvero il motivo a quadri check rosso e nero), fino al denim camouflage, altro trademark dei gemelli.
Dalla moda al design insomma, con elementi grafici e pop che tornano protagonisti anche nella stampa Vandalized Granny’s Flowers, dove la base floreale è sporcata da scritte e messaggi, mentre Ceresio 7 ci riporta agli ambienti raffinati di Milano e Mykonos griffati D2. In definitiva, un caleidoscopio di decori, print, intrecci, sensazioni e visioni, che incontrano stili, gusti ed esigenze diverse, al punto che ogni pattern convive egregiamente con gli altri pur nella riconoscibilità di ciascuno.

dsquared2 Ceresio 7
Collezione Ceresio 7
Dsquared2 icon
Collezione Icon

Un mix & march di decori che integra e amplia il progetto lifestyle del marchio

Il risultato finale comprende rivestimenti che sanno essere casual ed eleganti in ugual misura, col loro mix & match di decori tra il check, il monogram, l’animalier, i graffiti, i riferimenti al Canada e al quartier generale del marchio Ceresio 7, in una fusione di passato e presente.

Concludono a riguardo Dean e Dan Caten: “La collezione di wallpaper per LONDONART integra ed amplia il nostro progetto di lifestyle. Dsquared2 non è solo moda, ma anche un’esperienza e in questo caso abbiamo avvicinato il nostro mondo a quello degli interni con alcune stampe rappresentative. Oggi più che mai abbiamo capito l’importanza della casa e il desiderio di costruirla in modo originale e accogliente, aprendola a nuove scenografie e orizzonti. Questa prima collezione di wallpaper racconta il nostro mondo e le nostre passioni, sviluppando ulteriormente la nostra visione lifestyle iniziata con il progetto Ceresio 7”.

Dsquared home decor
Collezione Cement Horizon
Dsquared design
Collezione Pop Art
Dsquared design
Collezione Monogram

Nell’immagine in apertura, una proposta della linea Canadian Forest di Dsquared2

A Taranto la seconda edizione del MAP Festival, rassegna che unisce musica e architettura

Dal 7 al 18 giugno Taranto accoglierà, o meglio, si lascerà travolgere dal mix di musica, architettura e parallelismi tra le due discipline della seconda edizione di MAP Festival, progetto innovativo all’insegna della transmedialità culturale, pensato per avvicinare i visitatori al patrimonio musicale, artistico e paesaggistico nelle sue declinazioni più varie.

festival musica Puglia

Ideata dall’Istituzione Concertistica Orchestrale Magna Grecia in collaborazione col Comune e l’Ordine degli architetti, la kermesse intende rivoluzionare i concetti di comunità, città, scenografie urbane; non solo, dunque, un’analisi dei rapporti che intercorrono tra le due arti (musica e architettura), ma anche il loro apporto alle infinite espressioni della creatività attraverso i parallelismi, capaci di tessere fili tra voci ed espressioni differenti, tra realtà (teoricamente) agli antipodi.

festival musicale Taranto
Il programma di MAP Festival

“È un festival che va oltre ogni limite – spiega Piero Romano, direttore artistico dell’Orchestra della Magna Grecia – creando connessioni eccezionali tra arti diverse. Musica, architettura e parallelismi avranno una capitale, Taranto, grazie anche al supporto ricevuto da tante realtà cittadine, sensibili a iniziative culturali come il MAP. Vogliamo davvero che la cultura diventi un bene comune”.

Il programma di MAP Festival, tra musica, architettura ed eventi speciali

Più di dieci gli appuntamenti in calendario, centrati ovviamente su musica e architettura (di cui sono espressione le installazioni on site sparse in città), fino alla lectio magistralis dell’archistar Franco Purini, fra i principali esponenti del neorazionalismo italiano e della cosiddetta architettura disegnata.

Map festival Taranto
Andrés Gabetta, Mario Stefano Pietrodarchi

Ad aprire la kermesse, sulla scalinata della concattedrale tarantina (progettata da Gio Ponti), martedì 7, sarà il concerto Le 8 stagioni – Vivaldi & Piazzolla, in cui saranno protagonisti il violino del franco-argentino Andrés Gabetta e il bandoneon di Mario Stefano Pietrodarchi, accompagnati dall’Orchestra della Magna Grecia; un incontro tra barocco e nuevo tango reso possibile dai virtuosismi di uno dei massimi esponenti dell’archetto e del nostro talentuoso connazionale, sullo sfondo di scenografie digitali d’impronta architettonica, nonché della musica curata da Luigi Console, multimedia designer.

Gloria Campaner
Johannes Moser, Gloria Campaner

Mercoledì 8 sarà la volta di Electric Nature, esibizione all’aperto con il duo Gloria Campaner e Johannes Moser, rispettivamente una pianista di enorme talento, che le ha permesso di suonare nelle sale da concerto più prestigiose, come la Carnegie Hall newyorkese; e un violoncellista nominato due volte “strumentista dell’Anno” agli ECHO Klassik, che ha suonato con le migliori orchestre internazionali, compresa la Filarmonica di Berlino. La serata scorrerà tra musica e le Pietre Sonore di Pinuccio Sciola, artista di fama che ha dato vita alle sculture attraverso un’incessante ricerca. Secondo Gloria Campaner “sarà un’esperienza per tutti i gusti, quasi un viaggio musicale, sono felice e onorata di proporre questa esibizione a Taranto”.
La (splendida) cornice sarà quella del convento dei Battendieri, perfetto connubio tra natura e storia; al termine del concerto si potrà gustare un aperitivo, continuando a godere dell’atmosfera suggestiva del luogo, perseguendo quel senso di comunità ritrovata caro al festival.

convento Taranto
Un evento al convento dei Battendieri di Taranto

Sabato 11 ecco poi Drum Circle, evento ritmico ad accesso gratuito in cui cento non professionisti creeranno musica dal vivo insieme all’Orchestra della Magna Grecia. Scenografia della session (unico evento  trasmesso in streaming sui social) sarà l’isola di San Pietro, che ospiterà un concerto per la prima volta. Lunedì 13, al Museo Archeologico Nazionale, si svolgerà la lezione di Purini, che esporrà idee e soluzioni urbanistiche innovative confrontandosi con l’arte millenaria del MArTA

isola San Pietro Taranto spiaggia
L’isola di San Pietro, a Taranto

Il progetto dei Deproducers, il dj set di Ultra Naté, il concerto di John Rutter

Mercoledì 15, nel capannone di Five Motors – esempio da manuale di architettura industriale – sarà il turno dei Deproducers, progetto nato dall’estro di Vittorio Cosma (ex membro della Premiata Forneria Marconi e vincitore di numerosi dischi d’oro in collaborazione con – tra gli altri – Fabrizio De André e Pino Daniele), Gianni Maroccolo (in passato bassista dei Litfiba e dei CCCP – Fedeli alla linea), Roberto Angelini (chitarrista che vanta collaborazioni con Niccolò Fabi e Pino Marino) e Riccardo Sinigallia, cantautore e produttore di canzoni come La descrizione di un attimo dei Tiromancino o Non erano fiori di Coez. Il gruppo musicherà DNA: brani inediti, immagini suggestive e una scenografia ad hoc per rendere spettacolare la conferenza del filosofo, romanziere ed evoluzionista Telmo Pievani, che ripercorrerà la storia del genere umano, dall’Homo Sapiens alle conquiste più recenti della genetica. 

Deproducers project
Il team dietro al progetto DNA

Giovedì 16 è previsto un flash mob sulle note del dj set di Ultra Naté, regina dell’house anni ’90, autrice della hit dance Free. A conclusione del festival, sabato 18, il concerto Look at the world di John Rutter, compositore e direttore d’orchestra tra i più noti e apprezzati. L’evento, all’interno della concattedrale, vedrà la partecipazione di 130 coristi e 70 professori d’orchestra; saranno presenti ARCoPu, l’Associazione Regionale dei Cori Pugliesi, L.A Chorus e i maestri del coro Andrea Crastolla, Annarita Di Giovine Ardito e Agostino Ruscillo. Lo stesso Rutter si lascerà ispirare dalla cattedrale di San Cataldo per comporne il quadro sonoro, opera multisensoriale che diventerà un appuntamento fisso della manifestazione.

John Rutter concerti
John Rutter

Per tutta la durata della rassegna piazza Garibaldi verrà animata dall’installazione/mostra a cielo aperto di Francesco Di Dio alias Effe; con #leragazze l’artista, ricorrendo a un linguaggio pop, restituirà l’incisività delle donne che hanno fatto e fanno la differenza. La città, inoltre, sarà “colonizzata” da installazioni firmate, in esclusiva per il festival, dallo studio New Fundamentals Research Group di Giuseppe Fallacara e Ubaldo Occhinegro.

Nell’immagine in apertura, un concerto sulla scalinata della concattedrale di Taranto, progettata dal grande architetto Gio Ponti

Il segreto della musica per d.whale: una punta di inquietudine

Scrivo canzoni da una vita, da quando sono bambino. È sempre stato l’unico modo per capire me stesso e per esorcizzare il male.

Sono nato  come autore di canzoni e solo in un secondo momento sono diventato produttore. Produco da sempre i brani che scrivo, per questo il passaggio è stato molto naturale. Il mio approccio parte sempre dalla canzone, difficilmente lavoro su cose che non scrivo direttamente.

Va così: ci si trova in studio, si beve un caffè, ci si racconta e si inizia a scrivere. Ma solo se ritengo che una canzone sia forte passo al secondo step, che è l’arrangiamento.

Ho ancora una sorta di rispetto antico per la musica. Non mi prendo mai gioco di lei e non faccio mai una cosa solo perché si tratta di lavoro.

La musica mi ha letteralmente salvato la vita, e ogni volta che entro in studio è come se entrassi in un tempio.

Davide Simonetta d whale

Lì ho il mio team di lavoro, è lo stesso da una vita. C’è Paolo Antonacci, autore con me di molti successi in radio negli ultimi anni, e c’è Stefano Clessi, l’amico di sempre. Con lui abbiamo iniziato in una realtà indipendente, inventandoci ogni giorno. È stato lui a introdurmi al mestiere dell’autore, perché fino a dieci anni fa per me era impensabile che un’artista cantasse le canzoni di un altro. Ora invece mi trovo a lavorare con tanti artisti diversi tra loro, che spaziano tra differenti generi e mondi musicali.

Ciò che accomuna i miei lavori è sicuramente uno strato di malinconia ed emotività, che mi porto dentro da sempre. Non ho mai creduto alla musica impacchettata, quella “di plastica”, per intenderci.

Per toccarmi le corde più profonde un pezzo deve conservare una sorta di inquietudine.

Allo stesso modo, in ogni produzione inserisco quelli che sono i miei ascolti e la mia formazione. Dall’hip hop della golden age a Berlino, all’elettronica figlia degli anni ‘80. Sono davvero innamorato del pop e di tutto ciò che ti fa canticchiare il pezzo dopo il primo ascolto.

La scena musicale in Italia cambia di mese in mese e ora la trovo assai stimolante. Non ci sono più distinzioni nette. Le regole sono saltate completamente. E questo mi tiene sveglio e mi stimola moltissimo. Pensiamo a Mahmood e Blanco: due artisti che solo un anno fa sarebbero stati definiti “urban”, ora vincono Sanremo con un pezzo squisitamente pop, con una bella melodia nella migliore tradizione italiana. È il trionfo del pop. Cambiano un po’ le metriche, certo, ma l’urban si mischia al pop e non ci sono più regole.

Siamo il paese che esalta la melodia, e una bella melodia  vince sempre su tutto. Vince  sui tentativi di essere sempre e solo super cool a discapito della canzone, e vince anche sui tentativi inutili di rendere una produzione forzatamente sfarzosa, impoverendo la scrittura.

Alla fine vincono solo le canzoni. Un concetto così semplice che è capito solo da pochi.

L’eco-sostenibilità di Situér Milano al Salone del Mobile

Situér Milano, il marchio milanese dal codice estetico minimale, sarà protagonista al Salone del Mobile di Milano, atteso dal 7 al 12 giugno 2022. L’etichetta è stata fondata in seguito ad un’intuizione: piegare il metallo anziché saldarlo. In Toscana nasce l’inconfondibile curvatura protetta da brevetto e che realizza le celeberrime scaffalature.

Il prodotto proposto da Situér vanta un’ispirazione industriale, minimale ed è modulabile.

La label, che vede tra le sue figure chiave Biagio Castellani e Federica Paoli, forgia l’acciaio con l’iconica piegatura a “C” con attenzione alla sostenibilità. Ciò è permesso dalla tecnica di lavorazione che rifiuta la saldatura (altamente inquinante) a favore della piegatura. Ne limita le emissioni di Co2, permette di risparmiare i consumi energetici; riduce il materiale di scarto e accorcia considerevolmente la durata del ciclo produttivo.

Lampada in ottone
Situér Milano – LG-02 pouf ottone

Al salone del Mobile di Milano, il marchio propone la nuova collezione LG – 22 che nasce dall’incontro tra i due giovani designer Federica Poli e Biagio Castellani – fondatori del marchio Situér – e Lorenzo Guzzini, architetto e fondatore dello studio-atelier a Milano.
Ogni elemento presentato esprime la volontà̀ di creare oggetti semplici e densi di significato. Il metallo, sempre senza saldature grazie alla piegatura Situér, resta l’attore principale e per la prima volta, si accosta a materiali naturali come vetro e legno o a tessuti tecnologici ed ecosostenibili.

Torna a giugno il Cigognola Summer Festival

Si terrà dal 9 al 12 giugno la seconda edizione del Cigognola Summer Festival, la manifestazione culturale, ideata da Gabriele Moratti, che unisce alla cultura vitivinicola delle colline dell’Oltrepò Pavese il meglio dei protagonisti della scena internazionale della musica e della danza, sotto la direzione artistica di Paolo Gavazzeni ed Emilie Fouilloux, che abbiamo incontrato per farci raccontare le interessanti novità legate alle performance ideate insieme alle eccellenti personalità artistiche selezionate, che il pubblico presente avrà l’occasione d’incontrare nei giorni della manifestazione.  

Quattro serate di musica classica e danza, in cui i giovani talenti, per la maggior parte italiani, ma tutti con un curriculum affermato a livello interazionale, si esibiscono per celebrare il valore e la bellezza di un luogo incantevole contraddistinto da una cultura vitivinicola antica, attraverso un programma culturale di grande sensibilità artistica in cui appassionati e neofiti potranno scoprire il significato di uno spettacolo trasversale.
Talenti di ogni disciplina sperimentano, con un entusiasmo fuori dal comune, lo scambio e la condivisione di specialità che si fondono all’interno dello stesso palcoscenico, come alcuni passi a due su una musica eseguita dal vivo, spiegano Emilie Fouilloux – responsabile dei progetti creativi del Castello di Cigognola e direttrice artistica del Festival per la parte dedicata alla danza, che si è appena esibita al Galà di San Patrignano con alcuni ballerini dell’Opéra di Parigi – e Paolo Gavazzeni – direttore del canale televisivo Classica HD, regista e personalità di riferimento nel mondo della lirica.

La Scala cameristi
I cameristi della Scala

Un calendario di eventi in cui la parola d’ordine è condivisione

“Un dialogo così aperto con il territorio e le istituzioni non è una cosa scontata” continua Paolo Gavazzeni, che sottolinea il grande coinvolgimento del Comune di Pavia con il Teatro Fraschini e il Collegio Ghislieri, che sarà sede di una presentazione viva e spettacolare, alla presenza di tutti gli artisti.

Il lavoro di team del duo è di fondamentale importanza per l’attenzione con cui ha curato ogni dettaglio di questo calendario di eventi in cui l’obiettivo primario, quello di voler emozionare, rappresenta il fil rouge di una tela su cui hanno voluto ricamare un percorso artistico dedicato non solo al pubblico più esperto, ma anche a chi desidera avvicinarsi con la curiosità della prima volta a uno spettacolo di musica e danza nelle suggestive cornici di Piazza Castello all’aperto o del Teatro Fraschini di Pavia.

Cigognola summer festival
Emilie Fouilloux e Paolo Gavazzeni

“Il nostro augurio è che per molti questo sia il primo approccio alla bellezza, e di riuscire a trasmettere questo importante lavoro di condivisione cui musicisti e ballerini hanno lavorato intensamente, mettendo insieme tutta la loro passione e il loro talento all’interno dello stesso spettacolo, portando sul palco performance che desideravano interpretare, che sentivano veramente proprie”, spiega Fouilloux.

“Volevamo prenderci la responsabilità d’individuare dei talenti in grado di passare un messaggio di valore artistico, ma soprattutto un messaggio di vita che riguarda una passione che diventa una professione, che va a toccare le corde del loro vibrare umano. E spero he questo abbia un valore anche per le nuove generazioni che si avvicinano all’universo della danza e della musica”, dichiara Gavazzeni.

Proust Roland petit
Il ballerino della Scala Gabriele Corrado (a destra) in Proust di Roland Petit

Dal concerto del 9 giugno diretto da Giulio Prandi alla serata conclusiva del 12 giungo, gli appuntamenti principali della manifestazione

All’interno di un ricco calendario, stilato in più di sei mesi, l’esibizione del Direttore Artistico del Centro di Musica Antica della Fondazione Ghislieri di Pavia Giulio Prandi – insignito del Premio Abbiati 2019 della Critica Musicale Italiana quale “miglior iniziativa musicale” – che dirigerà il concerto del 9 giugno, dopo aver diretto orchestra e coro al Teatro Filarmonico della Fondazione Arena di Verona. Quella del violinista Giovanni Andrea Zanon, vincitore di prestigiosi riconoscimenti e concorsi in Italia e all’estero, noto anche al grande pubblico per la recente esibizione durante la cerimonia di chiusura dei Giochi olimpici invernali di Pechino.
Quella della violoncellista Erica Piccotti, Premio ICMA come “Young Artist of the Year” nel 2020, impegnata già da anni in un’intensa attività concertistica, come solista e in formazioni cameristiche; è previsto anche il concerto del pianista Filippo Gorini, vincitore del Primo Premio e del Premio del Pubblico al Concorso Telekom-Beethoven di Bonn nel 2015, una carriera in costante ascesa che lo ha portato sui maggiori palcoscenici internazionali. I tre artisti eseguiranno musiche di Johannes Brahms, tra cui il celebre Trio op. 8.

Giovanni Zanon
Giovanni Andrea Zanon
Erica Piccotti
Erica Picotti

Nella quarta e ultima serata, quella del 12 giugno, sarà il Teatro Fraschini di Pavia ad aprire le sue porte al pubblico per lo spettacolo conclusivo Le Stelle del Cigognola Summer Festival. Un suggestivo incontro tra musica e danza, in cui si esibiranno nuovamente i ballerini del Teatro alla Scala, con la partecipazione di Zanon, Piccotti, Gorini, del sopranista Federico Fiorio e del maestro Giulio Prandi al pianoforte.

Filippo Ggorini
Filippo Gorini (ph. Marco Borggreve)

Nell’immagine in apertura, il castello di Cigognola

Estate 2022: una guida su cosa vedere a Pantelleria

L’estate è ormai dietro l’angolo e facendo gli scongiuri del caso le nostre vacanze si prospettano con meno restrizioni delle precedenti. Se per la stagione estiva avete deciso di restare in Italia e in cima alle vostre preferenze c’è l’immancabile vacanza al mare, ecco un suggerimento che potrebbe fare al caso vostro. Prendete quindi nota e aggiungete alla vostra lista Pantelleria, la Perla Nera del Mediterraneo; la più grande delle isole satellite della Sicilia ma quella ancora oggi meno nota rispetto alle più famose Favignana, Panarea, Stromboli o Lampedusa. In questo articolo vi consigliamo cosa vedere a Pantelleria.

E per semplificarvi le cose, a voi una breve guida con le principali informazioni utili e qualche suggerimento per pianificare e vivere al meglio la vostra vacanza sull’isola.

Cosa vedere a Pantelleria. Tipiche costruzioni dell'isola.
Le tipiche costruzioni di Pantelleria.

Cosa vedere a Pantelleria: il mare

Cosa vedere a Pantelleria? Chiariamo subito una cosa: se siete alla ricerca di confort di ogni genere, siete sull’isola sbagliata. Dimenticatevi spiagge attrezzate e lettini perché Pantelleria non è Formentera né tanto meno Mykonos; qui troverete soltanto scogli, rocce nere di origine lavica sulle quali trascorrerete le vostre giornate di mare ingegnandovi a trovare una posizione il più possibile comoda, isolati (è proprio il caso di dirlo) dal resto del mondo. Il gioco vale la candela: di fronte a voi scoprirete il mare più blu che abbiate mai visto, nuotando tra banchi di pesci neri come l’ossidiana e del tutto indifferenti alla vostra presenza.

Inoltre, resterete a bocca aperta alla vista di fondali semplicemente meravigliosi: enormi massi franati dal costone come a Cala Cinque Denti, giganteschi blocchi di colata lavica ricoperti da una fitta vegetazione marina che dalla scogliera degradano lentamente nelle profondissime acque blu che circondano l’isola come a Martingana e ancora strapiombi mozzafiato che nascondono grotte che potrete ammirare durante il giro dell’isola.

Tra le cose da vedere a Pantelleria, Arco dell’Elefante

Pantelleria on the road

A Pantelleria il vostro unico mezzo di locomozione sarà una Panda anni 90 o se siete fortunati una vecchia Mehari. In alternativa, potrete girare sull’isola con uno scooter, ma se è la vostra prima volta a Pantelleria meglio munirsi di un’auto. Sull’isola avrete a disposizione diversi noleggi che è preferibile contattare con un certo anticipo rispetto al vostro arrivo.

In ogni caso il vostro mezzo vi servirà per macinare ogni giorno chilometri su chilometri per i vostri spostamenti casa-mare-centro di Pantelleria o Scauri (i due principali centri abitati), percorrendo la strettissima strada perimetrale a doppio senso che costeggia l’isola: 51 km di curve, discese e salite ripidissime da cui si diramano strade sterrate per raggiungere le numerose discese a mare, alcune agevoli e raggiungibili con il vostro mezzo come Bue Marino o l’Arco dell’Elefante, altre decisamente meno come Cala Cinque DentiMartinganaPunta li Marsi Nikà: in questi casi dovrete parcheggiare sulla strada principale e raggiungere a piedi la discesa a mare destreggiandovi tra diversi sentieri che faranno di voi dei veri Indiana Jones. In compenso però, vi ritroverete letteralmente immersi nella natura. 

Vi basterà fare il giro dell’isola sulla perimetrale per raggiungere alcune delle più belle discese a mare come Balata dei Turchi o la stessa Martingana e Nikà, e rendervi conto che ancora oggi queste parti di Pantelleria sono rimaste incontaminate e lontane anni luce da ogni forma di modernizzazione: una folta vegetazione che si alterna ad un paesaggio roccioso con qualche dammuso abbandonato sparso qua e là a testimoniare la presenza dell’uomo e tutto attorno un’infinita distesa blu del Mediterraneo.

Cosa vedere a Pantelleria. L’isola del vento

Uno dei nomi con cui in passato era conosciuta Pantelleria durante la presenza degli arabi è Bent-el-Rhia, cioè figlia del vento: qui infatti il vento non manca (quasi) mai e spesso manderà all’aria il vostro giro dell’isola in barca o in gommone. Ma non temete perché, anche nelle giornate di vento più intenso, troverete sempre un posto al riparo “dietro l’isola” dove trascorrere una tranquilla giornata di mare (per esempio, i giorni di tramontana sono l’ideale per raggiungere via terra Balata dei Turchi o Martingana).

Non solo mare

A Pantelleria non ci si annoia mai grazie alle numerose alternative che l’isola offre al mare. Potrete decidere così di trascorre una giornata all’insegna del benessere in una delle numerose sorgenti di acque termali che testimoniano ancora oggi l’origine vulcanica dell’isola. Le trovate a Cala Gadir (le più frequentate, soprattutto per la loro facilità di accesso); al lago Specchio di Venere, noto anche per i suoi fanghi dalle proprietà terapeutiche e tappa obbligatoria per chi visita Pantelleria per la prima volta; e ancora alle Grotte di Sataria e a Nikà. Qui le sorgenti termali si mischiano direttamente con il mare e per questo raggiungibili solo a nuoto durante il vostro giro in barca.

Gli amanti della natura potranno invece andare alla scoperta della Pantelleria più nascosta attraverso i numerosi sentieri un tempo utilizzati dai panteschi per gli spostamenti all’interno dell’isola. In questo caso, attrezzatevi di scarpe da trekking e ovviamente di una guida locale per evitare di perdervi.

Imperdibile anche il giro delle varie contrade alla scoperta delle tantissime chiese di Pantelleria. Incontrerete prospetti bianchi, che ricordano molto le chiese delle isole greche; questi si scontrano con il colore nero dell’ossidiana impiegata per i muretti a secco; il verde della vegetazione e il blu del mare e del cielo.

Nessun segnale

Se siete dei social addicted o degli incalliti workaholic e pensate di lavorare in modalità smart working, sappiate che vi ritroverete nel luogo meno adatto. Infatti, se escludete la rete wi-fi della struttura in cui soggiornerete, sul resto dell’isola, la vostra connessione sarà spesso fuori uso. Approfittatene per staccare la spina e godervi la quiete che questa isola ancora oggi riesce ad offrire. A Pantelleria avrete la sensazione, vi assicuro favolosa, di essere anni luce lontani dalla terra ferma.

Cosa vedere a Pantelelria.  Le case bianche
I frutti della natura in esibizione

Aperitivi, cena e vita notturna

Nonostante Pantelleria non sia Ibiza, anche sulla Perla Nera l’aperitivo è l’appuntamento irrinunciabile dopo una lunga giornata al mare o in barca. Fermatevi quindi alla Dispensa Pantesca (a pochi metri dal piccolo centro di Scauri). È un antico dammuso restaurato, ideale per un aperitivo al tramonto con vista sul golfo di Scauri. Qui troverete tutti i migliori vini zibibbo e passiti dell’isola; e ancora al Kaya Kaya a pochi metri dal porticciolo di Scauri per una atmosfera più anni 80 e una selezione musicale sempre impeccabile.

I dammusi di Pantelleria diventano locali chic vista mare

Il Sesiventi (in contrada Mursia, a metà strada tra Pantelleria centro e Scauri, aperto anche a cena) e il Sikelia (in contrada Monastero, sopra il paese di Scauri) sono invece le location ideali per vivere l’esperienza dell’aperitivo sui caratteristici tetti bianchi dei dammusi; di fronte ad uno dei tramonti più belli dell’isola. E se siete fortunati, avrete la possibilità di vedere in lontananza le coste della Tunisia. Vi assicuro che sarete testimoni di uno spettacolo della natura unico nel suo genere che ricorderete a lungo.

Anche per la cena, avrete l’imbarazzo della scelta tra numerosi ristoranti pronti a soddisfare ogni vostra esigenza e palato. Punto di riferimento sull’isola ormai da anni è certamente la Nicchia (@lanicchiaristorantepantelleria). Il locale è noto per i suoi piatti che riflettono la cultura culinaria e il patrimonio enogastronomico unico di Pantelleria (imperdibile a fine cena il gelato alla vaniglia con elisir di uva zibibbo); ma anche l’Altamarea (@altamareapantelleria) per una cena a base di pesce con vista sul porticciolo di Scauri. E ancora, il Tramonto in Contrada Penna e la Favarotta a Kamma Fuori, immersa nella campagna isolana, dove potrete gustare oltra alla tipica cucina pantesca anche il famoso coniglio.

Per un’atmosfera più ricercata potrete invece prenotare un tavolo a L’Officina, ristorante all’interno della Tenuta Coste Ghirlanda, situata a Piana della Ghirlanda, nel cuore dell’isola, che offre la possibilità di cenare a lume di candela sotto il cielo stellato immersi tra i vigneti della Tenuta, al Thema (all’interno del Sikelia) e ai Giardini di Rodo.

Ricordatevi in ogni caso di concludere la vostra cena con due prelibatezze isolane. I baci panteschi, tipico dolce di Pantelleria composto da due cialde croccanti rigorosamente fritte farcite con ricotta fresca e scaglie di cioccolato. Abbinateli all’immancabile passito: vero e proprio marchio di fabbrica dell’isola famoso in tutto il mondo.

E se non siete ancora stanchi e avete voglia di un po’ di vita notturna, potrete fare un salto al Kaya Kaya o al Tanit Lounge Bar (a pochi metri di distanza l’uno dall’altro). In alternativa  al Sesiventi, che anche questa estate in tarda serata si trasforma in discoteca.

Pantelleria e il suo cielo

C’è un altro spettacolo unico che la Perla Nera vi regalerà è il suo cielo stellato. La sera, al ritorno dalle vostre cene o da una passeggiata sul lungomare di Pantelleria centro, fermatevi sulla veranda del vostro dammuso; sdraiatevi sulla ducchena (la tipica seduta in pietra o muratura che delimita la terrazza del dammuso, spesso trasformata in divano esterno ricoperto da cuscini) e alzate lo guardo. Verrete letteralmente rapiti dal cielo stellato più bello che abbiate mai visto, grazie ad un inquinamento luminoso praticamente inesistente sull’isola.

Cosa vedere a Pantelleria. Uno dei tramonti più affascinanti d'Italia
I tramonti di Pantelleria

Dove dormire

A Pantelleria potrete scegliere tra numerosi hotel, appartamenti e ville private. Ma a rendere speciale la vostra vacanza sarà un soggiorno nei Dammusi; sono le tipiche abitazioni dell’isola retaggio della dominazione araba, che con le loro mura in pietra lavica e i tetti bianchi a cupola rendono unico e inconfondibile il paesaggio della Perla Nera. 

Come unica sarà la vostra esperienza ad Almofeem (@almofeempantelleria). È una tenuta situata in Contrada Rekhale (in una posizione strategica per raggiungere le più belle discese a mare e vicina al centro di Scauri), recentemente ristrutturata e composta da tre Dammusi indipendenti all’interno dei quali sarete rapiti dal loro stile elegante, un mix di tradizione siciliana ed elementi arabeggianti. Inoltre, il solarium e la piscina esterna a sfioro sono l’ideale per vivere appieno la quiete di fine giornata; davanti a tramonti con vista mare che difficilmente scorderete. 

Come raggiungerla

Grazie al suo piccolo aeroporto, potrete raggiungere Pantelleria da Trapani, Palermo e Catania con i collegamenti aerei della compagnia olandese Dat; nel periodo estivo è anche raggiungibile con voli di linea dalle principali città italiane come Milano, Bergamo e Roma.

In alternativa, e sempre che le condizioni meteo lo permettano, potrete raggiungerla via mare in traghetto o aliscafo grazie ai collegamenti giornalieri dal porto di Trapani.

Scrive Jean-Claude Izzo nel suo “Chourmo. Il cuore di Marsiglia” che di fronte al mare la felicità è un’idea semplice. Nulla di più vero nella celebre frase dello scrittore francese. E personalmente, dopo oltre 20 estati trascorse sulla Perla Nera del Mediterraneo mi piace aggiungere che a Pantelleria questa idea di felicità diventa realtà.

Testo e Credits foto: Luca Giambalvo

Stravaganze imperiali: l’arte contemporanea approda sul lago di Garda

Dopo il grande successo di IN WONDER(IS)LAND a Isola del Garda e per il secondo anno consecutivo, approda sul Lago di Garda e presso le magiche rive di Sirmione la mostra-evento Stravaganze Imperiali”, un progetto artistico multimediale immersivo dell’artista e curatrice Vera Uberti proposto da MAI MUSEUM, con il supporto della Direzione Regionale Musei della Lombardia e del Comune di Sirmione. Otto maxi-installazioni luminose multimediali, in dialogo con il paesaggio circostante, accenderanno e faranno emergere l’energia monumentale delle Grotte di Catullo, che ospiteranno la mostra dal 2 giugno fino al 30 luglio 2022.

MAI MUSEUM accompagna anche quest’anno il pubblico alla ri-scoperta di un nuovo posto segreto sul Lago di Garda, facendone respirare la magia della sua particolare bellezza in una cornice storica unica come le Grotte di Catullo ma da una prospettiva totalmente inedita e fortemente emozionale; un’esperienza di rivitalizzazione del territorio del lago attraverso un’operazione di valore culturale e artistico.

MAI MUSEUM infatti è un open-air museum che combina arte contemporanea tecnologia multimediale, reinterpretando luoghi pieni di significato sul Lago del Garda e in tutto il mondo. La mostra “Stravaganze Imperiali” non è dunque solo un progetto artistico, ma si presenta come un’iniziativa dai risvolti culturali importanti.

Con l’obiettivo, infatti, di valorizzare le bellezze italiane tramite l’arte contemporanea, MAI Museum prende parte all’iniziativa Art Bonus, in cui le società del privato possono concorrere a implementazione e miglioria di enti pubblici legati alla fruizione dello spettacolo.

“Stravaganze imperiali” contribuirà ad aiutare l’area archeologica delle Grotte di Catullo a essere conservata e valorizzata attraverso la progettazione di un nuovo impianto luminoso. Per la realizzazione dell’evento, MAI Museum si avvale delle competenze, dell’operatività e dell’esperienza dalla Fondazione Francesco Soldano, motore da più di vent’anni di importanti iniziative culturali sul territorio, che hanno visto la presenza di numerosi ospiti di caratura nazionale e internazionale.

L’area archeologica delle Grotte di Catullo è il più importante esempio archeologico di villa romana della prima età imperiale presente nell’Italia settentrionale; conserva infatti al suo interno due ettari dei resti di Villa Catullo, una delle maggiori ville residenziali romane del Nord Italia, circondata da uno storico uliveto che conta più di 1.500 alberi. Collocata su uno sperone roccioso, in una posizione eccezionale sulla punta della penisola di Sirmione, dalla Villa è possibile godere di una vista mozzafiato.

Per la prima volta, grazie alla mostra “Stravaganze Imperiali” le Grotte di Catullo ospiteranno installazioni multimediali e opere d’arte contemporanea dell’artista Vera Uberti, e un trittico digitale dell’artista David LaChapelle, e saranno visitabili durante la sera, dalle ore 20:45 alla mezzanotte, in un’atmosfera unica e irripetibile che permetterà di ammirarle illuminate come mai viste prima.

La bellezza dell’antico e del contemporaneo, illuminati insieme in un’esperienza visiva ed emotiva unica.
La mostra sarà inoltre l’occasione per un’esperienza immersiva a 360 gradi che oltre a far vivere l’arte in modo del tutto nuovo e coinvolgente, sveglierà in profondità tutti i sensi: luce, suoni, ma anche gusto e profumi.

‘Hot child in the City’, la serata-evento di MANINTOWN al MAXXI

MANINTOWN e Mediterraneo al MAXXI, un binomio d’eccezione nel segno del talento e della ricerca musicale, celebrato mercoledì 18 maggio con un appuntamento ad hoc. Si è svolto infatti nella cornice – a dir poco suggestiva – del locale lo speciale summer party Hot child in the City; una serata-evento per festeggiare il lancio del nuovo numero della testata, che dà particolare spazio alle voci più promettenti del panorama musicale italiano. Un lavoro di attenzione e scouting di new names che prende ora nuova forma sia nel formato print che in quello digitale.

Mediterraneo Maxxi events
Ph. Michele Provera

L’ispirazione dell’issue in questione, in particolare, viene dal brano eponimo di Nick Gilder, hit di culto già negli anni Settanta, le cui note e parole (“Hot child in the city | Runnin’ wild and lookin’ pretty”) sono rimaste scolpite nella mente di moltissimi appassionati.
Partendo da questo mix all’insegna del wild & pretty, la rivista riserva sei copertine ad altrettante personalità di spicco della scena artistica nazionale, tre provenienti dal settore musicale, tre da quello cinematografico.

I protagonisti delle sei cover di MANINTOWN Hot child in the City issue

Sulla prima cover campeggia il ritratto a tinte pop del fenomeno musicale del momento, Tananai, fotografato da Leandro Emede e vestito dallo stylist Nick Cerioni. Poi è la volta del cantautore Fulminacci (al secolo Filippo Uttinacci), raccontato nell’editoriale di Maddalena Petrosino e Simone Folli.
Infine il mix di arte, cultura, musica che caratterizza Ema Stokholma, figura eclettica, carismatica, tanto più nelle immagini evocative di Davide Musto e Alfredo Fabrizio.

Mediterraneo Maxxi events
Ph. Michele Provera
Mediterraneo Maxxi events
Ph. Michele Provera

Non è stato trascurato il cinema, con la cover story di Matilde GioliMaria Chiara Giannetta, attrici affermate oltreché bellissimi esempi di empowerment femminile. La loro verve viene colta al meglio dall’obiettivo di Davide Musto e, a livello di outfit, dallo styling di Valentina Serra. E ancora, Giacomo Ferrara, pronto a raccogliere sfide inedite dopo il successo di Suburra. Last but not least, il giovanissimo (è nato nel 2002) Francesco Gheghi, un’autentica promessa su cui scommettere; dopo l’eccellente prova fornita ne Il filo invisibile, lo potremo vedere presto in Piove, pellicola di Paolo Strippoli.

Le due performance live che hanno scandito la serata del Mediterraneo al MAXXI

Les Cactus
L’esibizione dei Les Cactus durante la serata Hot child in the City (ph. Michele Provera)
Gianmarco Amicarelli
Gianmarco Amicarelli canta con i Les Cactus (ph. Michele Provera)

La serata è stata animata da due performance live: a salire sul palco per primi sono i Les Cactus, cioè Gianmarco Amicarelli (chitarra/voce), Bea Sunjust (chitarra/voce), Alessandro Giovannini (basso/voce) e Lucio Castagna (cajón/percussioni), collettivo nell’orbita della factory White Rock Studio. Sebbene i componenti del gruppo siano attivi da tempo con i rispettivi progetti musicali (Amicarelli, ad esempio, è membro della band The Lira e della label MKS, e in passato ha pubblicato vari album con i San La Muerte e Vatycans, Sanjust affianca alla carriera di solista le collaborazioni con cinema e tv, Lucio Castagna suona con Carl Brave…), l’unione sotto l’etichetta Les Cactus gli permette di spaziare tra generi, sonorità e influenze, dal rock all’indie al pop, senza tralasciare suggestioni glam e riferimenti alla Nouvelle Vague, così da infondere un’eleganza e un gusto prettamente cinematografici alle loro cover rivisitate, muovendosi con disinvoltura tra pezzi dall’energia intensa, quasi tarantiniana (come Sugar Man o These boots are made for walkin’) e brani più soft.

Rbsn
Il concerto di Rbsn sul palco del Mediterraneo al MAXXI (ph. Michele Provera)

Si alternano sul palco con Rbsn, musicista diviso tra Roma e Usa, che nel suo lavoro fonde jazz, sensibilità cantautoriali, elementi folk, psichedelici ed electro. Ha presentato in anteprima il singolo Stranger Days (tratto dall’omonimo album, in uscita il 20 maggio), che marca l’inizio di un capitolo per lui inedito, concentrandosi – ci spiega – «sulla vita individuale e lo scorrere del tempo, che risulta alterato. The stranger days are gone for me significa centrarsi e riallinearsi, tornare all’essenza di se stessi dopo una lunga dissociazione». Ad accompagnarlo, una proiezione live realizzata da Brando Pacitto, con cui Rbsn sta stringendo un sodalizio creativo sempre più stretto, tanto che l’attore e regista romano, oltre a dirigere tutti i suoi video, cura interamente l’aspetto visivo del progetto, dalle fotografie ai visual dei concerti.

Gli ospiti dell’evento organizzato da MANINTOWN

Non sono mancati, all’evento ospitato dal Mediterraneo al MAXXI, i numerosi talent del cinema diventati ormai parte della community di MANINTOWN. Erano presenti i protagonisti delle cover stories Giacomo Ferrara, Ema Stokholma e Francesco Gheghi come pure volti noti quali Andrea Delogu, Giancarlo Commare, Brando Pacitto. Ancora, Claudia Gusmano, Riccardo Maria Manera, Joseph Altamura, Filippo Contri, Guglielmo Poggi, Giacomo Giorgio, Filippo De Carli, Ludovica e Ginevra Francesconi.

Il founder di MANINTOWN Federico Poletti e Davide Musto, head of scouting, commentano: «Con questo numero continua il supporto alle nuove generazioni, con particolare attenzione alla musica nel suo rapporto con la moda e l’immagine dell’artista. MANINTOWN è la piattaforma di riferimento per il panorama di talent che si sta consolidando e definendo. Siamo un ponte tra Milano e Roma, capitale del cinema che con la sua Bellezza nutre queste nuove generazioni, fonte d’ispirazione per il nostro lavoro».

Di seguito, il video del summer party Hot child in the City

Video by Federico Cianferoni

In apertura, foto di Jacopo Lupinella

Fun: la prima mostra personale a Milano di Rosana Margarita Auquè

Rosana Margarita Auquè è una giovane artista di origine colombiana che scopre la passione per l’arte sin da bambina, avvicinandosi alla pittura all’età di 11 anni per poi proseguire gli studi d’arte al liceo e all’università, tra Cambridge, Colombia e l’Italia. Dopo il diploma, si trasferisce in Inghilterra, per iniziare a studiare arte e pittura all’università di Cambridge per poi ritornare in Colombia e concludere la laurea in arte a Bogotá, all’Università De Los Andes. 

Crepuscolo – Il giardino del camine – Zinia – El jardin de los milagros – Amuleto

Il percorso professionale porta Rosana in Italia a Milano, dove la sua esperienza si arricchisce nel mondo del design fino a farla diventare Vice Presidente della storica azienda comasca  di design e arte Bonacina 1889, che è in tutto il mondo sinonimo di artigianalità Made in Italy, altissima qualità formale ed estetica.

Rosana riesce così a conciliare la sua carriera nel design con la passione per l’arte, iniziando a creare e vendere i suoi primi dipinti. Il risultato di questa formazione emerge nelle sue opere che risentono fortemente delle ispirazioni della sua terra di origini, la Colombia, e l’Italia, due culture che continuano ad avere un grandissimo influsso sulla sua creatività, abbinate poi all’ispirazione dei maestri del Rinascimento e dell’arte moderna, come Monet e Klimt. Su questa contaminazione culturale commenta Rosana:  “Entrambe le culture, sia quella colombiana sia quella italiana, hanno un grandissimo influsso sulla creatività. Il mio più grande interesse, che si evidenzia in ogni creazione, è quello di trovare l’equilibrio tra il colore e la forma.  L’attrazione per il colore viene senz’altro dalle mie radici colombiane. La felicità che ti fa sentire il colore è unica! E questa gioia e libertà cromatica sono caratteristiche del folklore colombiano, così come l’accoglienza e la libertà in senso generale, tutti valori con cui sono cresciuta. Dell’Italia ho colto sicuramente la forma: l’interesse concettuale per quello che sto dipingendo, il fatto di approfondire l’argomento di mio interesse e creare una forma sistematica e disciplinata”. 

Per la prima volta Rosana espone le sue nuove opere a Milano, all’interno dello spazio di design P’n’P Communication (Corso di Porta Nuova 32) in un evento tenutosi ieri sera, 19 Maggio dove ha mostrato una parte inedita del suo lavoro nel suo dialogo continuo con la Natura. Su questa nuova fase creativa dichiara la stessa artista: “Non sottovalutare mai il potere del divertimento. La vita è fatta anche per condividere gioia, energia e consapevolezza. Questa personale costituisce l’evoluzione del mio lavoro degli ultimi 4 anni. La parola F U N “divertimento/gioia” è il collante che unisce questo viaggio di creazione e ispirazione, dove mi sono aperta a scoprire la bellezza, dalle cose ordinarie a quelle più straordinarie, sperimentando la vita senza paura e limiti“.

Allestimento nello spazio P’n’P Communication

Partner speciale della serata è stata la cantina Fasol Menin, etichetta wine con uno spirito giovane e dinamico. La cantina sorge tra i vigneti in piena terra di elezione della riserva garantita: le colline di Valdobbiadene dichiarate sito patrimonio dell’UNESCO. Immersa nel cuore storico e produttivo dell’omonimo Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG, la cantina coniuga l’antica tradizione vinicola con una costante ricerca artistica, mantenendo un profondo legame con il territorio circostante.

Un luogo in cui arte, musica e vino si incontrano creando un’atmosfera magica. Definita zona di Arte Collinare la cantina collabora con numerosi artisti e musicisti nazionali, troverete quindi numerose opere esposte sia all’interno che all’esterno dell’edificio mentre nel portico adiacente al vigneto vengono organizzati concerti di musica Jazz e aperitivi in musica. Le etichette dei vini sono state disegnate da artisti locali e sono proprio uno dei fili conduttori tra l’arte e il vino.

La mostra resterà aperta dal 20 al 25 maggio su appuntamento presso Pnp Communication, Corso di porta nuova 32, Milano.

La Rotonda Bistrò. A tavola la firma dello chef-star Tommaso Arrigoni

Il suggestivo porticato coperto illumina con la sua luce ambrata le serate estive del capoluogo lombardo, circondando i 12 mila metri quadrati di giardino della rinnovata location che ospita la Rotonda Bistrot con una proposta culinaria “fatta di piatti e gusti semplici, ma eseguiti con tecniche innovative” – così descrive il suo menù lo chef stellato Tommaso Arrigoni, la cui selezione è accompagnata dai cocktail ideati da 1930 SpeakEasy di Fabio “Benjamin” Cavagna.

La magia di un luogo che trova la sua ragion d’essere nel rispetto e la valorizzazione per l’origine della struttura: l’ex Chiesa di San Michele ai Nuovi Sepolcri – grazie al lavoro dello studio OBR che ha pensato un sofisticato design di arredo, essenziale e ispirato proprio alla cultura monacale: è qui che moderni tavoli fratini e una lunga panca dialogano con la pavimentazione in cotto. «Quando Rotonda Bistrò ha preso forma, da subito ci siamo posti il problema del rispetto di questi spazi. Infatti, abbiamo scelto di affidare alla matita dello studio OBR, del duo Palo Brescia e Tommaso Principi, la realizzazione del progetto architettonico. Ogni nostra azione è dettata dalla scelta di rispettare la Rotonda della Besana e aggiungere opportunità qualitative allo stile di vita che si può assaporare qui», racconta Pasquale Formisano, fondatore e project manager di Rotonda Bistrò.

Rotonda Bistro Milano
La Rotonda Bistrò in notturna

Dal concept alla cucina, un percorso che celebra l’autenticità

Si aggiunge, così, al MUBA – Museo dei bambini, caposaldo della tradizione formativo-educativa della Rotonda Bistrò, un nuovo concept che parte dalla condivisione di uno spazio incantevole, in cui l’interno dell’architettura tardo barocca si sposa con l’accogliente giardino esterno protetto dal suo colonnato, in cui il “menù educativo” dello chef Arrigoni fa da fil rouge a un’estetica del buon gusto che esalta l’eccellenza della cucina italiana.

la Rotonda Bistrò Milano
Il bar di Rotonda Bistrò

Ingredienti di altissima qualità e provenienza certificata come salumi D.O.P. e IGP, primi piatti interregionali rieditati in chiave contemporanea, come gli gnocchetti di patate con sugo di crostacei e topinambur, le uova CBT servite in graziose ceramiche che ne ricordano la forma, in tre sfiziose varianti: dalla spuma di piselli, fave e katsuobushi, alla fonduta di grana padano e carciofi arrosto o alla spuma di patata tartufata e crostone di polenta. La guancetta di maiale confit con riduzione di carne su purea di sedano rapa e, se non lo avete ancora provato, val la pena di tornare per l’hamburger di manzetta Prussiana JDC.
Una proposta pensata per tutta la famiglia, con le mezze porzioni dedicate ai più piccoli che sono pronti ad avvicinarsi al gusto della buona tavola.

Grandi classici rivisitati da un vero filosofo della miscelazione, Benjamin Cavagna di 1930, che si dedica ai cocktail and spirits addicted che possono gustarsi delle originali varianti dell’Americano con un flavour mix d’autore, come l’Americano della Besana, il Paloma Negra, o il Negroni in Vigna, vero fiore all’occhiello di questa esclusiva drink list.

ARIA Retreat  & SPA: un nuovo concetto di lusso sul lago di Lugano

Una sensazione di libertà, di protezione e di benessere: ecco cosa aspetta chi varcherà la soglia del nuovo progetto hotellerie di lusso ARIA Retreat & SPA. Affacciato sulle acque smeraldine del Lago di Lugano, a Cima di Porlezza, Como, sul versante sud del Monte Bronzone, immerso in un parco subtropicale di 35.000 mq ed un bosco di oltre 200.000 mq, ARIA Retreat & SPA è destinato ai veri amanti della natura e della bellezza. 
Un progetto architettonico a basso impatto ambientale che ben si integra con il territorio in un armonico abbraccio con il lago. La struttura è stata costruita in classe energetica A grazie all’applicazione dei migliori materiali e di soluzioni tecnologiche impiantistiche di altissimo livello. 

Vista Lago da una terrazza dell’Hotel

Al cuore di questo progetto, il Benessere a 360° del cliente che si costruisce attraverso un servizio tailor made ed una proposta personalizzata di servizi e di facilities. 
ARIA Retreat & SPA lavora sul concetto di “emotional experience” per i suoi ospiti: la SPA CEò con centro benessere, il Lounge Bar “La Dolce Vita Lounge & Terrace”, il ristorante fine dining La Musa Restaurant & Rooftop Terrace contribuiscono a rendere l’offerta di questo luxury hotel veramente esperienziale. 

Lounge Bar “La Dolce Vita”

Un progetto interamente curato dal noto studio di architettura di Milano, R4M Engineering, che ha sviluppato ARIA Retreat & SPA in 2000 mq di superficie residenziale, su tre piani, che sono stati destinati interamente per la realizzazione di 15 suite. Un progetto architettonico unico e veramente tailor made. 
Il primo “terrazzamento” ospita la piscina interna riscaldata di 130 mq con una importante zona relax; le ampie vetrate conferiscono a questo ambiente una grande luminosità oltre ad una splendida vista lago. 
Dallo stesso piano, attraverso un “passaggio” in acqua, si raggiunge la piscina esterna salata e riscaldata; una “infinity pool” dove godersi, in totale relax, la bellezza di un luogo ricco di fascino. 

Il piano successivo ospita la SPA CEò, un’importante zona benessere con saune panoramiche, bagno turco, private-SPA, jacuzzi esterna, locali per trattamenti. Sempre sullo stesso piano si trova il Lounge Bar “La Dolce Vita” con la sua suggestiva terrazza e la reception.

Sauna con vista lago

Sopra le piscine e la SPA, ma arretrati, sorgono i 3 blocchi distinti a destinazione residenziale composti da LOGGIA SUITE, GRAND LOGGIA SUITE e PENTHOUSE SUITE. Le GARDEN SUITE hanno un loro appezzamento di giardino in proprietà esclusiva. Ogni singola suite ha una loggia importante con vista lago che funge da soggiorno molto protetto persino nelle ore solari durante l’inverno e si offre come home-office molto motivante.

Loggia Suite

Un interior design elegante, raffinato e confortevole studiato in ogni dettaglio. Ambienti luminosi con arredi di lusso, materiali esclusivi e tessuti pregiati caratterizzano ogni interno delle suite, tutte anallergiche. 

Bagno en-suite con materiali pregiati


Tutte le unità abitative hanno un ingresso indipendente dall’esterno, sono raggiungibili con ascensore e sono direttamente collegate con il Ristorante gourmet La Musa e anche con il Resort Parco San Marco tramite un tunnel misticamente illuminato. Un vero percorso esperienziale, tra luci e suoni, che conduce l’ospite in un viaggio sensoriale tra interno ed esterno.

Ristorante “La Musa”

La Musa Restaurant & Rooftop Terrace è un viaggio emozionale attraverso la cucina contemporanea dello chef Michele Pili.

Il ristorante affacciato sul suggestivo Lago di Lugano, a Cima di Porlezza, è la cornice perfetta per un viaggio nel gusto. Un design senza tempo, dallo stile elegante e ricercato definiscono lo spazio e il tempo del ristorante La Musa attraverso un concetto nuovo di ristorazione, mai banale ma sorprendente. Il ristorante fine dining si racconta tra arte ed opere di design, tessuti pregiati dai colori intensi ed arredi dallo stile minimal ed essenziale. Lo chef, sardo di origini, conduce gli ospiti in un percorso sensoriale tra le tradizioni della bella Sardegna e le eccellenze dell’Italia, contaminando sapori e prodotti di grande eccellenza con equilibrio ed armonia.

Piatto gourmet del ristornate “La Musa”





IN&AUT, a Milano il primo festival su autismo e inclusione

Dal 13 al 15 maggio, alla Fabbrica del Vapore di via Procaccini 4 (Milano), si svolgerà IN&AUT Festival, kermesse dedicata all’inclusione sociale e al lavoro delle persone con autismo, la prima nel suo genere in Italia. A tenerla a battesimo una “madrina” d’eccezione, la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, che aprirà venerdì alle 12 la tre giorni di talk, incontri, appuntamenti culturali. Saranno presenti, inoltre, diverse altre cariche istituzionali, dal sindaco Beppe Sala alla vicepresidente della Regione Lombardia Letizia Moratti, oltre a numerosi parlamentari e figure politiche e istituzionali.

Il programma del festival

Il programma di IN&AUT prevede dibattiti scientifici e confronti tra addetti ai lavori, che vedranno confrontarsi realtà sociosanitarie e aziendali che si occupano di  autismo, disabilità, inclusione nell’ambito lavorativo. Vi prenderanno parte neuropsichiatri ed esperti di fama come Maurizio Arduino, Luigi Mazzone, Roberto Keller, Maria Luisa Scattoni, fondazioni quali Don Gnocchi, Fondazione Bracco, Fondazione Adecco, Fondazione Italiana Autismo, Aut Academy, Rai per il Sociale, Auticon, Angsa Umbria, Fondazione un futuro per l’Asperger, Cometa; e ancora, imprenditori e aziende che hanno deciso da tempo di investire nell’inclusione delle persone  autistiche, oltre a realtà lavorative italiane impegnate sul tema, da PizzAut a Il Tortellante passando per Equo Food, Cascina Blu, Duepuntiacapo, InChiostro.

Festival autismo

Ospiti e conduttori di IN&AUT Festival

Non mancheranno neppure momenti conviviali, tra proiezioni di film, presentazioni di libri e performance teatrali sull’argomento. La direzione artistica dell’evento è affidata all’attrice Giorgia Cardaci, tra gli artisti che hanno confermato la loro presenza, mettendosi volentieri al servizio della causa, ci sono invece Vinicio Marchioni, Elio, Paolo Ruffini, Milena Mancini, Valeria Solarino, Francesco Foti, Arduino Speranza, Fausto Sciarappa, Eleonora Daniele, Camilla Filippi, la Banda Rulli Frulli, Sabrina Paravicini, Giulio Pranno e Giulia Bevilacqua.
Parteciperanno al festival, alternandosi alle conduzioni degli appuntamenti, anche i giornalisti Safiria Leccese, Paola Severini Melograni, Elisabetta Soglio, Riccardo Bonacina, Eugenio Fatigante, Mimmo Pesce.

Promosso dalla Fondazione InOltre, dal giornalista (e papà di un bambino autistico) Francesco Condoluci e dal senatore Eugenio Comincini (promotore della legge sugli sgravi fiscali per le startup che assumono lavoratori con autismo), IN&AUT Festival è patrocinato dal Comune di Milano e dalla Regione Lombardia. Tra i partner istituzionali troviamo Saint-Gobain, Fondazione Bracco, Fondazione Cariplo, Istituto Buddista Italiano Otto per Mille Sokka Gakkai, come main partner BCC Milano, Autostrade per l’Italia, Tecne e Fondazione di Comunità Milano.

Altre informazioni sono disponibili sul sito del festival.

Moda street e musica, la ricetta social di Riccardo Gori aka Ghost Rich

In occasione dell’evento organizzato dal marchio Ten Minutes To Moon a Roma, Manintown ha avuto l’occasione di scambiare due chiacchiere con Riccardo Gori, creator dallo stile decisamente bold, con un debole per colori e grafismi audaci. Un’attitude che si sposa alla perfezione con le proposte dell’ultima capsule collection del brand street italiano, che ruota intorno alla rilettura in chiave ricercata, tesa a valorizzare l’unicità di ciascuno, dei capisaldi del workwear, tra print d’ispirazione futurista, accento sulle geometrie e cromie intense declinate, però, in tonalità misurate, dal crema all’arancio, alle nuance ricorrenti del nero e verde.


Giovane, appassionato di moda e musica, è conosciuto sui social come Ghost Rich; in poco tempo è riuscito a costruirsi una propria fanbase molto attiva, con la quale condivide le proprie emozioni e ideali attraverso scatti unici.

Che rapporto hai con la musica?

La passione per la musica mi è stata tramandata da mio padre, fin da piccolo; lui viaggiava tantissimo per vedere i suoi cantanti preferiti.
Sono stato influenzato dalla sua passione: non ho un genere preferito, mi piace la cultura musicale a 360 gradi. A seconda del momento che vivo, la musica mi aiuta molto. Mi ha davvero salvato dal tipico periodo che viviamo nel pieno dell’adolescenza, tra i 14 e i 18 anni, spronandomi, facendomi capire come inseguire i miei sogni ed essere sempre me stesso. Mi ha dato una bella spinta!

Riccardo Gori anni

Come e quando hai iniziato queste attività sui social? Cosa pensi di Instagram e TikTok: riesci a lavorare grazie a queste piattaforme? Con quale ti identifichi di più?

Instagram lo uso volentieri, gli sono più affezionato rispetto a TikTok perché sono partito da lì. Oggettivamente non so quanto durerà TikTok, ma sicuramente è di forte aiuto per diventare virale.
Da un anno a questa parte IG mi ha aiutato tanto a prendere ispirazione. Durante il giorno lavoravo in un negozio normalissimo, la sera invece mi prendevo una rivincita, potevo postare ed esprimermi liberamente. Ero al lavoro tutto il giorno tutti i giorni, dalle 8 di mattina alle 8 di sera, potermi svagare sui social e mostrarmi per quello che ero davvero era una sorta di vendetta, in positivo…
Sono riuscito a dimostrare che ce la potevo fare da solo, anche a livello familiare; i social mi hanno aiutato a capire ciò che non volevo fare e quella che non poteva essere la mia strada.

Riccardo Gori modello

Sei molto giovane: a cosa pensi sia dovuto il tuo successo? Cosa credi piaccia di più a chi ti segue?

Ho sempre attribuito il mio successo non a un qualcosa in più, bensì al fatto di non avere niente più degli altri. Il segreto è essere umile: rivelarmi spontaneo mi ha portato lontano.
A volte la chiave non sta nell’avere chissà quale talento, ma nell’essere semplici e genuini: in tanti si possono ritrovare in me. Sono sempre vicino a chi mi segue, non voglio farmi percepire inarrivabile, come cantanti o attori.

Rccardo Gori influencer

Che rapporto hai con la moda? Vorresti creare un tuo brand?

Un rapporto molto intimo, inoltre la studio, sto per laurearmi all’Accademia di belle arti a Firenze. Se la musica mi ha spinto a darmi da fare, la moda mi ha costruito, formato, mi ha anche protetto. Penso siano due ambiti assai connessi.
La moda aiuta a stare bene con se stessi, la vivo in maniera sia mentale che corporea.
Al momento non so se vorrei creare un mio brand, l’idea sicuramente mi affascina, anche dal punto di vista del marketing e della comunicazione. Se mi avessi fatto questa domanda due anni fa la risposta sarebbe stata affermativa, ora però tutti vogliono creare tutto, con poca creatività, e l’entusiasmo è un po’ calato… Ormai si fa moda solo perché va di moda.

Riccardo Gori influencer

Le Petit Chef, arriva in Italia lo show-cooking immersivo

Dopo il successo ottenuto nelle principali città internazionali arriva in Italia, in anteprima all’Aleph Rome Hotel, nel cuore storico della Città Eterna, Le Petit Chef. Si tratta di uno show immersivo multisensoriale creato nel 2015 dal collettivo artistico Skullmapping, che vede come protagonista un piccolo cuoco animato e virtuale.

Le petit chef show
Le Petit Chef

Lo spettacolo si svolge a tavola, nel vero senso della parola. Infatti i tavoli del Ristorante 1930 dell’Hotel (dal giovedì alla domenica), grazie a tecniche di videomapping e di realtà aumentata, diventano veri e propri display animati, palcoscenici perfetti per il piccolo cuoco che prepara virtualmente, tra mille avventure (e buffe disavventure) le pietanze, direttamente sui piatti dei commensali. Ecco allora che, nella penombra della sala, nascono sotto gli occhi degli avventori raffinatezze culinarie ricercate e prelibate, mentre le Petit Chef taglia verdure giganti, si tuffa in mare rincorrendo pesci, litiga con un octopus, si arrampica sulle stoviglie e “spara” panna montata tenendosi in equilibrio sopra una forchetta.

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Le Petit Chef

Una volta finita la proiezione, il piatto virtuale sparisce e viene servito quello reale, permettendo così agli spettatori di assaggiare ciò che hanno appena visto. Lo show si ripete poi per tutte le portate, rendendo l’esperienza sempre più divertente e avvincente.
Per soddisfare le esigenze di tutti i palati Le Petit Chef propone quattro menù da cinque portate, che includono carne, pesce e opzioni vegetariane. Tra i piatti da scegliere ci sono il risotto con astice, caviale Oscietra, crema di salicornia e lime, la millefoglie di melanzane e scamorza; ancora, il filetto di manzo al punto rosa con variazione di ortaggi, verdure e salsa al vino rosso e lo sformatino al cioccolato fondente con gelato alla vaniglia.

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Le Petit Chef
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Le Petit Chef

Oggi più che mai, il cibo è al centro delle nostre pratiche di condivisione sociale delle emozioni. Mangiare non significa soltanto nutrire il corpo, ma sta diventando sempre più un’esperienza completa, che coinvolge tutti i sensi e regala benessere fisico e mentale. Le Petit Chef offre l’occasione di trascorrere del tempo spensierato con gli amici o la famiglia, permettendo agli adulti di tornare un po’ bambini e offrendo ai più piccoli un’esperienza ludica indimenticabile.

Obiettivo su MIA Fair

Eventi in rinascita nella primavera che segna maggiore libertà nelle interazioni e vede approdare una nuova edizione di MIA Fair – Milan Image Art Fair, realizzata in tempi record ma ricca di talk, premi e progetti speciali.
Per tutti gli appassionati e i professionisti della fotografia è il luogo dove concentrarsi sulla ricerca e sulla trasversalità dei linguaggi artistici contemporanei, nonché un hub culturale utile a monitorare lo stato dell’arte fotografica a livello globale.

97 gli espositori provenienti dall’Italia e dall’estero, ritrovatisi negli ambienti di SUPERSTUDIO MAXI a Milano, per un’edizione che ha segnato l’ingresso nel gruppo di Fiere di Parma, collocandola tra i fiori all’occhiello delle realtà fieristiche europee.
Il baluardo visivo scelto per rappresentare, dopo Rankin, la manifestazione dal punto di vista iconografico è la giovane artista olandese Larissa Ambachtsheer. Attingendo dalla serie You Choose, I seduce, l’immagine scelta fa parte delle mise en scène, versione still life, che celebrano l’indagine e le influenze cromatiche nell’ambito food, e come le stesse possano essere usate come strumento di manipolazione.

Larissa Ambachtsheer I choose you seduce
ph. Larissa Ambachtsheer

I premi principali dell’edizione 2022

Per tutti gli appassionati, i cultori e i professionisti, quali sono i premi e gli eventi speciali sui quali soffermarsi?

Oltre al cuore dell’intera fiera, rappresentata dalla Main section, la cui curatela è affidata a Fabio Castelli, direttore di MIA Fair, Gigliola Foschi ed Enrica Viganò, advisor, il premio di maggior rilievo è quello istituito da BNL BNP Paribas, suo partner decennale

Marco Lanzetta Bertani
Ph. Marco Lanzetta Bertani
Giovanni Chiamenti a MIA Fair
Ph. Giovanni Chiamenti

Sono state premiate ex aequo le opere Isola di Simona Ghizzoni e Corpo ligneo di Antonio Biasiucci. La prestigiosa giuria afferma “’Isola’ di Simona Ghizzoni racconta, con tre immagini molto forti, il rapporto tra uomo e natura, spesso fatto di coercizione e spesso conflittuale; la natura, allo stesso tempo, rappresenta la salvezza per gli uomini, soprattutto in un momento come quello del lockdown. La fotografia di Biasiucci è un miraggio; un tronco appare trasfigurato e sembra una città abbandonata, la carica metafisica è fortissima così come la capacità tecnica di far emergere da una realtà oggettiva una visione onirica”.

“Entrambi i fotografi – prosegue la motivazione – attraverso il loro obiettivo invitano a guardare con attenzione il mondo attorno a noi e a coglierne i lati nascosti e straordinari”.
Le opere entrano di diritto nella collezione del gruppo BNL BNP Paribas, che ad oggi conta oltre 5.000 lavori.

Antonio Biasiucci fotografo
Corpo Ligneo, Antonio Biasiucci

Si segnala anche il Premio New Post Photography che propone, attraverso uno spazio dedicato, le tendenze più creative e innovative nel mondo della fotografia contemporanea, in qualità di significativa vetrina per giovani talenti, capace di registrare e mettere in luce i cambiamenti in atto.

La kermesse ha ospitato poi la prima edizione del Premio IRINOX SAVE THE FOOD, a cura di Claudio Composti, aperto a progetti sviluppati, ancora una volta, sul tema del cibo in ogni sua forma.

Uno dei prestigiosi partner di MIA Fair è Sky Arte con il suo premio omonimo, assegnato ai fotografi presenti in fiera. Questa edizione la scelta è ricaduta su Delphine Diallo e Ryan Mendoza, che saranno protagonisti dello speciale del canale sulle loro carriere e visione artistica.

Massimiliano Gatti fotografo
Le nuvole, Massimilano Gatti

I progetti speciali visti a MIA Fair

Non da meno la lista dei numerosi progetti speciali come Olympism Made Visible, iniziativa promossa dalla Olympic Foundation for Culture and Heritage per divulgare i valori olimpici grazie alle immagini di Alex Majoli e Lorenzo Vitturi, che documentano il lavoro di organizzazioni, in Brasile e Cambogia, impegnate nello sviluppo sociale attraverso lo sport.

Lorenzo Vitturi fotografo
Ph. Lorenzo Vitturi

Eberhard & Co., altro partner decennale della manifestazione, conferma il proprio supporto con un progetto per la divulgazione di una parte dell’archivio del fotografo Adriano Scoffone (1891-1980). Nello specifico, la sua documentazione della difficoltosa sfida automobilistica Cuneo-Colle della Maddalena,che vedeva tra i protagonisti il mito dell’automobilismo Tazio Nuvolari.

La nuova scelta italiana, invece, è la proposta di BDC, polo culturale di Parma, che mira a valorizzare il lavoro di tre fotografi individuati come gli eredi dei grandi maestri della fotografia italiana, o ancora NEFFIE di Neuro-Estetica Fotografica organizzato dall’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che invita gli spettatori a scoprire e interpretare le complesse dinamiche del pensiero e delle emozioni che scaturiscono di fronte ad un’opera d’arte.

Collaborazioni, attualità e rassegne fotografiche al centro della kermesse

Proiettandoci all’estero ci focalizziamo sulla Galleria Project 2.0 de L’Aia, con il Dutch Talent Pavillion, che sceglie la vetrina di MIA Fair per presentare il dialogo visivo dei 5 fotografi più originali della nuova scena olandese contemporanea: Sanja Marušić, Manon Hertog, David Hummelen, Lisanne Hoogerwerf e la già citata Larissa Ambachtsheer.

Ziqian Liu photography
Ziqian Liu, Symbiosis, 2021

Volando dall’altra parte del globo si rinsalda la collaborazione con Photo Independent, la fiera di fotografia di Los Angeles che sonda le nuove generazioni di fotografi indipendenti e, per l’occasione, presenta una mostra immersiva di Jessie Chaney (Stati Uniti) e una collettiva con Abdullah Alrasheed (Arabia Saudita), Torrie Groening (Canada), Sara Hadley (Stati Uniti), Maureen J Haldeman (Stati Uniti) Wilson Herlong (Stati Uniti) Cathy Immordino (Stati Uniti), Giancarlo Majocchi (Italia), Erica Kelly Martin (Stati Uniti), Tebani Slade (Australia), Gianluca Sodaro (Italia), Ye Wenlong (Cina) e Forough Yavari (Australia/Iran).

MIA Fair non poteva chiudere un occhio sulla fotografia d’attualità e lo fa grazie ad Emergenza Ucraina, progetto promosso dalla Fondazione Rava, raccontato attraverso le intense immagini di Alfredo Bosco, fotoreporter dell’Agenzia LUZ, che si trova in territorio ucraino.

Martina Stapf
Ph. Martina Stapf

La mostra Nuovo Cinema Paradiso a MIA Fair

Tra le novità si segnala la mostra itinerante Nuovo Cinema Paradiso di Davide Musto, che esplora la nuova generazione del cinema italiano valorizzandone i talenti.

Il fotografo, di origine palermitane ma con base a Roma, segue da anni lo scenario magmatico del mondo dello spettacolo; il suo istinto e occhio attento allo scouting gli hanno permesso di catturare molto in anticipo sui tempi numerosi volti che oggi si stanno facendo conoscere anche a livello internazionale, da Rocco Fasano a Eduardo Scarpetta.

Rocco Fasano serie tv
Ph. Davide Musto

“Da un’innata passione per cinema e teatro e vivendo a Roma da molti anni il mondo del cinema è arrivato in modo naturale. Ho la fortuna di seguire e cogliere le evoluzioni dei nuovi talenti e i cambiamenti che il settore e i suoi attori ci regalano quotidianamente. Il mio è un impegno costante nella ricerca e nella scoperta di nuovi volti che accompagno insieme a storie di moda.

Sono da sempre attratto da quello sguardo cinematografico e appeal internazionale che riconosco per istinto. Così anni fa mi aveva colpito il magnetismo di Rocco Fasano, all’epoca modello, che sarebbe poi diventato uno dei protagonisti di ‘Skam Italia’. E ancora la personalità di un giovanissimo Francesco Gheghi, classe 2002, che sta riscuotendo grande interesse nel film ‘Il filo invisibile’. Fino a Maria Chiara Giannetta che avevo notato nella serie ‘Blanca’ e ha poi conquistato il pubblico al Festival di Sanremo”. Sono le parole di Musto, che ha in agenda eventi espositivi ricchi di nuovi contenuti a Roma, Noto e al Festival del Cinema di Venezia.

Edoardo Purgatori instagram
Ph. Davide Musto

La partnership con Instagramers Milano

Strizzando l’occhio ai social, va menzionata infine la collaborazione con Instagramers Milano, community di riferimento per gli appassionati con oltre 54mila follower. Si è tradotta in due iniziative, una “sfida fotografica” su IG e il workshop Instagram e fotografia: 10 profili per ispirarsi.

In apertura, ph. di Anna Di Prospero

‘Summertime’, la stagione finale

Possiamo dire che Summertime, Baby e Skam sono state le serie teen “apriporta” di Netflix per l’Italia; quello adolescenziale era ancora un pubblico da sperimentare, che, come si era dimostrato in altri paesi, è sicuramente il più attento e sensibile alle novità.
Il successo per gli attori del cast, infatti, come nel caso di Ludovico Tersigni, è stato strabiliante, al punto di vederlo conduttore anche con sua sorpresa di X Factor 15.

Summertime stagione finale

Lo stile musicale della serie, tra successi del passato e nuovi talenti italiani

Come tutte le belle storie anche Summertime giunge alla sua conclusione, e lo fa contraddistinguendosi con le note di Scossa di Sangiovanni, brano inedito del cantautore vicentino, in anteprima nel trailer.
L’artista, che dopo la partecipazione a Sanremo 2022 continua a dare voce alla sua generazione, al desiderio di amore e spensieratezza, sarà anche presente nella serie tv nei panni di se stesso.

Sangiovanni Summertime
Sangiovanni in una scena di Summertime (ph. Francesco Berardinelli, © Netflix)

Si conferma inoltre l’originale stile musicale di Summertime, che pure in questa stagione finale mescola indimenticabili successi come Nessuno mi può giudicare di Caterina Caselli, Pedro di Raffaella Carrà e Luglio di Riccardo Del Turco con alcuni tra i più amati artisti del panorama musicale italiano contemporaneo come Blanco, Madame, Achille Lauro, Franco126, gli Psicologi, Tananai, Bartolini e Ariete, presenti anche nella colonna sonora della seconda stagione.

Summertime 3, trama e new entry del cast

Un’altra estate è finalmente arrivata sulla Riviera romagnola: Summer sembra pronta a vivere la stagione con la spensieratezza che non ha mai avuto, Dario riceve una proposta che non può lasciarsi scappare, Sofia ritorna con la paura di essere ormai un’estranea per i suoi amici, Ale è in preda a profondi sensi di colpa.

Summer, Ale, Dario, Sofia, Edo e Blue faranno un ulteriore passo in avanti verso la scoperta di se stessi, dei propri sogni e aspirazioni. La loro amicizia, oltre all’arrivo di nuove persone all’interno del gruppo, li porterà a capire qualcosa di importante di sé e del proprio futuro.
In questo loro percorso di crescita, oltre a un più ampio vocabolario emotivo, apprenderanno che – a volte – volere bene a qualcuno può anche significare dover rinunciare a qualcosa di sé.

Summer Summertime
Ale (Ludovico Tersigni) e Summer (Coco Rebecca Edogamhe) in Summertime 3

Il cast si allarga e arricchisce di attori talentuosi e carismatici come Cristiano Caccamo, Stefano Rossi Giordani, Emilia Scarpati Fanetti, Ludovica Ciaschetti.
La ricerca più faticosa, per gli autori, è stata quella dell’interprete di Luca: cercavano un attore che oltre a suonare e cantare, portasse un’energia dirompente al racconto e, nello stesso tempo, restituisse una certa fragilità al personaggio. Dopo decine di provini è arrivato Caccamo: con un giro di chitarra e un’improvvisazione con Coco, è stato infine trovato Luca, voce dei Foster Wallace.

La terza stagione di Summertime è stata forse la più complessa. Cattleya voleva infatti chiudere il percorso narrativo dei personaggi con un finale all’altezza delle aspettative del pubblico, che ha amato le storie di questi ragazzi vedendoli crescere.

Summertime Romina Colbasso
Giulia (Romina Colbasso) e Sofia (Amanda Campana) in uno degli episodi finali della serie (ph. Stefania Rosi)
Summertime Edo e Giulia
Edo (Giovanni Maini) e Giulia (Romina Colbasso) in una scena della terza stagione (ph. Stefania Rosi)

Francesco di Raimondo, prendere la recitazione con filosofia

Il ruolo dell’artista estroverso che, nella seconda stagione di Volevo fare la rockstar, vive una liaison con l’Eros di Riccardo Maria Manera, ha permesso a Francesco di Raimondo di imporsi all’attenzione del grande pubblico. Nello specifico, quello televisivo di un serial riuscito nell’impresa di portare nel prime time italiano (certamente non uso a narrazioni amorose che si discostino da quelle “canoniche”, per così dire) una relazione omosessuale raccontata senza manierismi o infingimenti, anzi, col tono leggero, fresco che le appartiene.

Prima degli schermi Rai, l’attore romano (29 anni, parlantina sciolta, una laurea in filosofia utile, sostiene, anche sul set) si era fatto le ossa a teatro, partecipando poi a film (Belli di papà, Tutti i soldi del mondo) e serie come Romanzo famigliare, Provaci ancora Prof! 5, Made in Italy, oltre alla mega-produzione internazionale I Medici. Adesso, dopo gli ottimi riscontri ottenuti dal suo Fabio, arriveranno con ogni probabilità nuove parti, che lui spera siano di quelle che «si allontanano dalle mie corde, dal mio carattere. Pongono sfide interessanti».

Francesco Di Raimondo serie tv
Suit MSGM

Si è da poco conclusa Volevo fare la rockstar 2, dove il tuo personaggio intreccia una relazione col protagonista Eros. Le storie d’amore omosessuale, purtroppo, sono ancora una rarità nella tv italiana, qual è stata la sfida maggiore nell’impersonare Fabio?

Conferire credibilità alla storia, senz’altro. Mi è stato spiegato subito che, se nella prima stagione Eros aveva problemi nell’accettare la propria sessualità, con la seconda si voleva restituire la normalità, la verità di una storia tra due ragazzi, e la sfida stava appunto in questo.
Con Riccardo (Maria Manera, ndr) ora siamo ottimi amici, ma prima di girare non ci conoscevamo, perciò il difficile era far sì che risultassero credibili non tanto (o non solo) le scene d’amore tra loro, quanto il rapporto in generale. Per fortuna ha funzionato, in tanti si sono chiesti perfino se stessimo insieme anche nella vita reale, domanda che ci ha fatto capire di essere andati nella direzione giusta.

Sembra che gli spettatori siano rimasti favorevolmente colpiti dalla tua interpretazione, è così? E perché, secondo te?

È andata così in effetti, con mia grande sorpresa, perché ritrovarsi in un progetto avviato è complicato per definizione. Essere una new entry comporta sempre una responsabilità.
In questo caso, il riscontro è stato più che positivo e Fabio, lo noto – ripeto – con un certo stupore e felicità, è diventato uno dei personaggi più apprezzati. Il motivo credo sia il modo in cui si è scelto di raccontare il legame con Eros, riconducibile a un punto di forza di Volevo fare la rockstar nel suo complesso, al di là dell’omosessualità.
Concordo sul fatto che, come dicevi, in televisione sfortunatamente i temi Lgbtq+ faticano a emergere, sono spesso stereotipati, ridotti a macchiette, tutte cose che nella serie si è cercato di evitare, sia sul piano della scrittura che su quello dell’interpretazione. Volevamo fosse una storia d’amore, senza etichette o specificazioni, e penso che gli spettatori l’abbiano recepito, accogliendo positivamente la sincerità con cui vengono mostrati i personaggi, senza filtri, come persone che chiunque potrebbe incontrare nella quotidianità. Questo contribuisce a far appassionare chi guarda, l’ho constatato pure nei feedback ricevuti nei mesi scorsi; la spontaneità è tra gli elementi che più sono piaciuti, da parte mia sono contento di essere riuscito a farla arrivare.

Francesco di Raimondo Volevo fare la rockstar
Total look Sandro Paris
Francesco di Raimondo Fabio
Total look Salvatore Ferragamo

Hai rivisto gli episodi quando sono andati in onda? Tornando indietro, faresti qualcosa diversamente?

Li ho rivisti, mi piace vedere in compagnia film o serie fatte, quasi dimenticandomi dell’esperienza sul set, come fossi un semplice spettatore.
Non so se cambierei qualcosa, magari andando nel dettaglio delle scene qualche battuta o sguardo, nell’insieme, però, mi sembra che il ruolo abbia funzionato. Mi sono affidato a Matteo Oleotto, persona squisita oltre che ottimo regista; se è venuto fuori un buon lavoro è merito anche suo e del resto del team, il nostro è un lavoro di squadra.

Passando a un titolo completamente differente, eri il cardinale Riario ne I Medici, impressioni e ricordi di una serie kolossal come quella?

Ho dovuto dire una messa in latino, tra l’altro avendo studiato al classico e con una madre insegnante di greco e latino, la responsabilità era doppia! Ricordo che ripetevo di continuo le preghiere con un amico, è stata una prova infinita, sicuramente tra le più divertenti.
Ad impressionarmi, de I Medici, sono stati soprattutto gli abiti che ho avuto la fortuna di indossare; i costumisti hanno fatto un lavoro fantastico, giravo con indosso vesti magnifiche, pesanti e preziosissime.
Essere proiettati indietro di secoli, poi, è stato incredibile, film e spettacoli in costume hanno un fascino ineguagliabile, ti danno l’opportunità di vivere contesti che, per quanto di finzione, sono lontanissimi da ciò cui sei abituato.

Francesco di Raimondo film
Total look Dsquared2

Hai studiato teatro a Roma e Parigi, recitando in tante pièce, cosa ti porti dietro della tua formazione teatrale?

Ha rappresentato la miglior formazione possibile, a 360 gradi; la considero una palestra per la recitazione, fermo restando che ci sono differenze fra cinema e teatro, le emozioni vanno veicolate in maniera diversa. Di sicuro il palco ha una magia del tutto peculiare, non ne faccio una questione di migliore o peggiore, sono due mondi al tempo stesso simili (si tratta comunque di recitare) e distanti, l’ho esperito nettamente nelle prime esperienze sul set, ritrovandomi un po’ spaesato. Capire quale sia la chiave per gestire entrambi è essenziale.

Francesco di Raimondo Instagram
Total look Salvatore Ferragamo
Francesco di Raimondo filmografia
Suit MSGM

Sei laureato in filosofia, stai anche conseguendo un dottorato in materia, trovi sia utile nel tuo lavoro?

Direi di sì, per come l’ho vissuta io la filosofia consiste, tra le altre cose, nell’imparare a pensare come pensava qualcun altro prima di te, un’attitudine estremamente utile per chi, come me, ha una sua rigidità mentale. Può aiutare parecchio, quindi, nel capire come vive, cosa prova un’altra persona; forzando un po’ il meccanismo è lo stesso: nella filosofia lo si utilizza sotto il profilo intellettivo, nella recitazione coinvolgendo anche l’emotività.

Nella tua bio su Instagram compare la celebre “provocazione” di Magritte, Ceci n’est pas une pipe

Ne Il tradimento delle immagini lui, com’è noto, disegna una pipa, negandone contemporaneamente l’entità con la scritta riportata sotto, un’azione paradossale. Sul mio profilo ho voluto fare un’operazione simile, in modo un po’ “piacione”, lo ammetto, segnalando come le foto non rappresentino necessariamente Francesco, è una parte di me che non per forza mi corrisponde appieno.

Francesco di Raimondo serie
Pull Dsquared2

Ci sono ruoli o generi con cui sogni di cimentarti?

Forse un grande cattivo, i villain sono sempre divertenti, in linea di massima, però, i ruoli cui aspiro sono quelli che si allontanano dalle mie corde, dal mio carattere. Pongono sfide interessanti, alla fine con i personaggi simili al proprio io l’interpretazione può arrivare fino a un certo punto.

Su quali progetti stai lavorando al momento? Puoi anticiparci qualcosa di quelli futuri?

Sarò in scena da questa settimana con uno spettacolo cui tengo molto, Scomodi e sconvenienti, sulla storia dell’attore Ermanno Randi, vittima negli anni ‘50 di un tragico caso di cronaca, collegato alle difficoltà di vivere col suo compagno una relazione segreta, in un contesto che non permetteva agli omosessuali di vivere serenamente, alla luce del sole, le loro relazioni. Una vicenda che non conoscevo, il testo è inedito, scritto da Emiliano Metalli. Dei progetti futuri, invece, posso anticipare solo che si parla di film.

Francesco di Raimondo wikipedia
Total look Missoni
Francesco di Raimondo intervista
Jacket Valentino

Credits

Talent Francesco di Raimondo

Photographer Davide Musto

Ph. Assistant Valentina Ciampaglia

Stylist Andrea Mennella

Grooming Alessandro Joubert @simonebellimakeup

Location Villa Spalletti Trivelli

In apertura, Francesco indossa total look Valentino

Cruna: il nuovo standard del menswear italiano

Il brand di menswear Cruna nasce a Vicenza nel 2013 da Alessandro Fasolo e Tommaso Pinotti, giovani imprenditori che fondano una realtà il cui Dna è composto da valori chiari, che le consentono una crescita rapida e virtuosa. I pilastri alla base del suo successo sono estremamente attuali: la filiera, corta e rigorosamente made in Italy, imperniata sulla collaborazione con laboratori manifatturieri veneti; i design, innovativi ma rispettosi dei codici stilistici italiani; l’utilizzo esclusivo di materiali pregevoli.

Cruna inizia il suo percorso come label specializzata nei pantaloni da uomo. Nelle sue proposte il racconto scorre tra artigianalità, tessuti performanti di eccelsa qualità, cura maniacale dei dettagli, una ricerca continua su modellistica e fit. L’obiettivo, compreso presto dal mercato italiano e internazionale, è stato creare un range di pants autentico, “definitivo”. L’innovazione tecnica e stilistica del brand, unitamente ai suoi valori, gli hanno consentito di emergere come uno dei migliori specialisti della categoria. Tra i principali fattori di fidelizzazione della clientela, le vestibilità impeccabili e la capacità di precorrere i trend.

Quello di Cruna è un progetto “from bottom to up”, che parte dal pantalone, cardine del menswear, e si sviluppa su una collezione total look che ruota intorno a capispalla e maglieria, per comporre l’anima di una griffe dalla fortissima identità, che ha il raro pregio di rompere gli schemi e guardare al futuro senza frenesia, come racconta Tommaso Pinotti, Co-Founder & Commercial Director.

Intervista con Tommaso Pinotti di Cruna

Il vostro brand nasce inizialmente con un focus sul pantalone, come mai?

È dal desiderio di rinnovamento del classico guardaroba maschile che nasce Cruna nel 2013, quando io e Alessandro abbiamo deciso di produrre il primo pantalone. Unendo infatti le diverse estrazioni professionali – io ero appena rientrato dall’America, lui era attivo in una società di consulenza, abbiamo percepito la necessità di un modello che mediasse tra stile classico e casual, per rispondere alle esigenze dell’uomo dinamico e contemporaneo.
Prende vita così l’Elevated Casual del marchio, un look contemporaneo, sofisticato, di qualità, che può rispondere alle esigenze dei consumatori che desiderano un look aggiornato e ricercato, senza scendere a compromessi con stile e qualità dei capi indossati.

Quale punto di forza vi differenzia dai vostri competitor?

La capacità di unire l’alta qualità delle proposte a un gusto fresco e contemporaneo. La produzione, con una filiera corta italiana, dall’idea alla realizzazione del singolo pezzo, ci consente un vantaggio competitivo rispetto ai brand che producono in made-out.
La partnership stretta con Marzotto per sviluppare insieme tessuti esclusivi, certifica il nostro continuo impegno nell’innovazione, nell’attivazione e valorizzazione di sinergie tra eccellenze del Veneto.

Quali sono i pezzi chiave del guardaroba maschile per questa S/S 22?

Per la collezione ci siamo ispirati al design e alla contaminazione tra materiali, reinterpretando modelli di ispirazione Heritage secondo codici contemporanei, elevandone lo spirito casual. Proposte decostruite e raffinate danno vita a un gioco di contrasti: tra queste il set-up che vede protagoniste la giacca Soho e l’iconico pantalone Mitte. La prima è la nostra giacca a due bottoni dal fit urbano, senza spacchi, interamente decostruita; la linea fluida e il singolo bottone sulla manica le donano un look contemporaneo e rilassato. Per il Mitte abbiamo invece reinterpretato un classico fit carotato con una pince, inserendo elementi activewear come l’elastico sulla cintura e la coulisse a scomparsa.
La declinazione del modello in un’ampia selezione di tessuti ne eleva il valore intrinseco, rendendolo un passe-partout da portare in ogni occasione. Dai cotoni versatili ai blend lana-cashmere o seta-lino, passando per i migliori filati tecnici, il Mitte si riconferma ad ogni stagione la proposta più apprezzata.

Tra le new entry la giacca Operà, ispirata alle Chore Jacket francese, ne eleva i tipici elementi workwear attraverso tessuti ricercati e una confezione artigianale. La proposta primavera/estate 2022 si completa con una selezione di t-shirt realizzate in maglieria 18 gauge e set-up di morbido cotone bouclé. La Nizza è realizzata in crêpe di cotone Pima organico, tinto filo, di altissima qualità, mentre le maglie Bandol e Downtown, insieme al bermuda Saint-Tropez, sono declinate in freschissimo tessuto bouclé effetto spugna.

Avete già una distribuzione presso retailer di lusso, quali sono le prospettive per il futuro?

Lo sviluppo dell’estero è tra i principali obiettivi, il focus è ora su Danimarca, Olanda e Scandinavia, per incrementare gli oltre 250 multimarca dove siamo presenti.
Per il futuro abbiamo grandi ambizioni: diventare un marchio di riferimento nel settore, rappresentando l’Elevated Casual tipicamente italiano all’estero. Questo significherà continuare il nostro percorso nello sviluppo di prodotto e dei nostri codici stilistici, oltre alla diversificazione dei canali distributivi.
Tra i progetti in stadio di sviluppo avanzato c’è il lancio della prima collezione donna, con la Primavera/Estate 2023. Infine, lo sviluppo della nostra rete di flagship store che prevede, per l’estate, l’apertura del primo negozio Cruna a San Pantaleo, in Sardegna.

La prima volta alla regia di Channing Tatum con ‘Io e Lulù’

Abbiamo visto e apprezzato Channing Tatum in numerosi film, ma sicuramente nessuno di noi ha dimenticato Magic Mike, che nel 2012 l’ha trasformato da attore esordiente in uno dei più desiderati divi di Hollywood.

Nato in Alabama, è stato modello, ballerino, produttore cinematografico e ora, per la prima volta, lo vediamo alla regia della nuova pellicola Io e Lulù (Dog, nell’originale), di cui è anche il principale interprete. Una produzione che ha scelto e a cui si è avvicinato perché, nella sua vita, ha sempre avuto un forte legame con i cani, e proprio nel momento in cui è venuto a mancare il suo gli è stato offerto il progetto. Era insomma praticamente impossibile che la direzione del film non diventasse un suo obiettivo.

Channing Tatum con Lulù in una scena del film

Cosa pensi del rapporto che si instaura tra umani e cani?

I cani sono molto presenti, ti danno tutto ciò che hanno, incondizionatamente, rimanendoti sempre vicini. Probabilmente non sapremo mai se hanno un’idea del futuro o quanto e se pensino al passato, però ogni volta che il padrone torna a casa, è come se fosse la prima. Sembra che non abbia la minima importanza, potrei uscire per trenta minuti e poi Cutie, la mia nuova “figlia”, è come se dicesse “oh mio Dio, sei tornato, sei tornato”.
Penso che un cane ci ricordi che la gioia è sempre accessibile; in quanto umani, ci concentriamo fin troppo sul passato e il futuro, ma si può sperimentare davvero la gioia solo nel presente. Credo che gli uomini, in qualche modo, li amino per questo motivo.

Parlaci della storia del tuo road movie Io e Lulù.

Tutto ciò di cui ha bisogno il mio personaggio, Briggs, è fondamentalmente una raccomandazione, per fare in modo che il suo capitano chiami la compagnia di sicurezza diplomatica e garantisca per lui, dicendo che è un buon soldato. Per ottenere questo, porta con sé Lulù in un viaggio in auto dalla costa nord-ovest del Pacifico al confine messicano. Un’operazione che non sarà semplicissima, se pensiamo che basti mettere un cane in macchina e partire, ecco non è esattamente così; per animali di questo tipo ci vuole un trattamento a dir poco speciale, perciò li vedremo litigare e scontrarsi tutto il tempo. Se però Briggs riuscirà a compiere la “missione”, portando Lulù a un funerale senza che nulla vada storto, allora otterrà la raccomandazione.

Quali sono le similitudini tra il tuo personaggio e Lulù?

Sono entrambi abbastanza “folli”, infatti andranno sicuramente d’accordo, procedendo insieme finché non potranno fare altrimenti. Trovo che ritrovarsi due “cocciuti” del genere, sempre pronti a chiudersi in sé e scontrarsi, è un po’ come avere delle micce pronte a esplodere; una vera e propria polveriera, che può scoppiare in qualsiasi istante. C’è un momento in cui Briggs e Lulù afferrano questa sorta di unicorno di peluche, che non potrebbe restare intatto se uno dei due non lo lasciasse, e tutto potrebbe accadere in un attimo. È molto divertente, sono uguali, l’unica differenza sta ovviamente nel fatto che uno è un cane, l’altro un uomo.

Qual è la vera sfida nel recitare con un cane?

In una scena in auto vado davvero veloce e Lulù praticamente impazzisce, perciò apro la portiera, la sgrido, divento quasi aggressivo, e quel povero animale mi guarda come per chiedersi cos’abbia combinato per farsi urlare contro, tirando indietro le orecchie. Ecco, questa cosa mi ha spezzato il cuore, perché siamo amici per la pelle, sul serio. Ognuno di noi, sul set, doveva quindi andare da lei per rassicurarla, per confermarle che le volevamo bene. La vera sfida sta nel far capire al cane che è tutto un gioco.

Il trailer di Io e Lulù

Milano Beauty Week 2022: Milano Verticale e Dr. Hauschka celebrano la bellezza

Dal 3 all’8 maggio, la Milano Beauty Week 2022 promuove la cultura della bellezza e del benessere

Dal 3 all’8 maggio va in scena nel capoluogo meneghino la prima edizione della Milano Beauty Week 2022, una settimana tutta all’insegna della bellezza e del benessere che si pone come obiettivo la promozione del valore sociale, scientifico ed economico del settore cosmetico.

Si tratta di un progetto firmato da Cosmoprof in collaborazione con Esxence che, come la Design Week o la Fashion Week, ambisce ad affermarsi come un appuntamento fisso annuale tra i più attesi. Pronta ad attirare centinaia di migliaia di persone tra gli operatori del settore – che nel 2021 ha generato fatturati per ben 11,7 miliardi di euro – e i tantissimi appassionati del mondo beauty, la Milano Beauty Week 2022 avrà il suo headquarter nel prestigioso Palazzo Giureconsulti, in pieno centro, che si trasformerà in un vero e proprio Beauty Village.

Milano Verticale | UNA Esperienze e Dr. Hauschka protagonisti della Milano Beauty Week 2022

Ma oltre al cuore pulsante, in piazza dei Mercanti, dove avranno luogo mostre, laboratori ed iniziative di vario tipo, la Milano Beauty Week 2022 prevede appuntamenti imperdibili in altre aree strategiche della città. Tappa obbligata di questa sei giorni è Milano Verticale | UNA Esperienze, che ospita al suo interno la Spa milanese di ultima generazione firmata Dr. Hauschka e che per questa sei giorni di beauty si trasforma nella base e punto di riferimento del brand pioniere nel campo della cosmesi naturale dal 1967.

hotel Milano Verticale Una Experience ingresso
La facciata dell’hotel Milano Verticale | UNA Esperienze

Urban hotel dal carattere internazionale, destinazione esclusiva per cene gourmet e indirizzo da segnare per un drink in città, il flagship hotel di Gruppo UNA è un luogo di business, un hub innovativo per eventi mondani in linea col contesto urbano, vivace e in pieno fermento; simbolizza appieno l’essenza dell’evoluzione della zona Porta Nuova – Garibaldi, in cui sorge. E fino all’8 maggio, nella piazzetta antistante la struttura sarà presente l’esclusivo Pop-up all’interno di un Trailer Airstream vintage – iconica roulotte in alluminio ideata da Wally Byam – logato Dr. Hauschka.

Le iniziative beauty firmate Dr. Hauschka a Milano Verticale | UNA Esperienze

All’interno del veicolo, trasformato per l’occasione esclusiva in una sorta di agorà del benessere, gli esperti del marchio faranno conoscere i loro cosmetici di alta qualità e la loro linea di make-up nutriente. Ma soprattutto, i visitatori potranno ricevere gratuitamente consulenze, con la possibilità di provare i trattamenti naturali all’avanguardia finalizzati alla rigenerazione fisica e mentale, eseguiti da tutte le estetiste specializzate Dr. Hauschka.

hotel Milano Verticale Una Experience giardino
L’area garden dell’hotel

Inoltre, in occasione della Notte Bianca a Milano, venerdì 6 maggio – organizzata in collaborazione con Confcommercio – il giardino urbano di Milano Verticale | UNA Esperienze, oasi di mille metri quadri che raccoglie l’eredità dei giardini nascosti milanesi reinterpretandoli in chiave contemporanea, sarà la cornice esclusiva di un aperitivo con Dj Set.

Durante tutta la Milano Beauty Week 2022 poi, l’hotel accoglierà conferenze, masterclass e sessioni di yoga del viso come quella in programma sabato alle 11 e alle 15 nel garden. I trattamenti 100% naturali della linea sono disponibili tutto l’anno nella Private SPA dell’hotel, dotata di ampia vasca idromassaggio con cromoterapia, sauna, bagno turco, area relax e, secondo disponibilità, in una camera del settimo piano adibita a cabina, con vista unica sulla città.

hotel Milano Verticale Una Experience
La Spa dell’hotel Milano Verticale | UNA Esperienze

Nell’immagine in apertura, il Pop-up Dr. Hauschka nella piazza davanti l’hotel Milano Verticale | UNA Esperienze

David di Donatello 2022, i vincitori della 67° edizione

Il 2022 è decisamente l’anno della ripartenza di tutte le manifestazioni, quindi anche della più prestigiosa premiazione cinematografica italiana al di fuori dei Festival, i David di Donatello, che dopo due anni di pandemia tornano con la 67° edizione in presenza a Cinecittà.
A presentarli sono stati Carlo Conti e Drusilla Foer, che si è ormai conquistata il podio della più colta e preparata delle conduttrici (chissà cosa ne diranno le sue colleghe…).

David Donatello simbologia
Il logo della serata

Ci sono tuttavia sempre un “ma” e un “forse” riguardo gli allestimenti della nostra amata Italia: è vero, siamo in un periodo di austerity, ma il palco blu e giallo non dava sicuramente lustro alla kermesse. Credo, insomma, che un filo di modernità in più sarebbe stata ottima su Rai1.

David 2022 Drusilla Foer Carlo Conti
I presentatori Drusilla Foer e Carlo Conti (ph. Ansa)

I vincitori dei David 2022

Per quanto riguarda i premi, penso che possiamo tutti condividere la vittoria di Paolo Sorrentino con il suo È stata la mano di Dio come miglior film dell’anno, meritatissima. Una pellicola così personale, intima e riuscita, con un cast meraviglioso, arrivata vicino all’Oscar a Los Angeles, doveva assolutamente vincere in casa propria.

David 2022 Paolo Sorrentino
Paolo Sorrentino (ph. Ansa)

La statuetta per il miglior attore protagonista va a Silvio Orlando, che si aggiudica il suo terzo David con l’interpretazione del camorrista detenuto di Ariaferma, bellissimo film di Leonardo Di Costanzo, battendo così Elio Germano (America Latina), Filippo Scotti (È stata la mano di Dio), Franz Rogowski (Freaks Out) e Toni Servillo (Qui rido io).

Ecco cosa ha detto per l’occasione l’interprete napoletano: «Alla prima candidatura nel 1991 ero spaesato: ora qui ci sono tanti amici coi quali lavoro. Amo tutto questo. Quest’anno sono stato col teatro in 40 città diverse e ho fatto tanti chilometri, si vedono sulla faccia e nell’interpretazione del film. L’unica cosa che posso dire è che per andare avanti bisogna muovere il c…! Dedico questo premio a mia moglie Maria Laura, la persona migliore che abbia mai conosciuto. Poi ringrazio Toni Servillo, senza il quale non sarei qui a prendere questo premio e, naturalmente, Leonardo Di Costanzo che mi ha costretto a fare questo film. Io non volevo farlo, perché è un personaggio lontano dalle mie corde». 

David Donatello 2022 Silvio Orlando
Silvio Orlando e Carlo Conti (ph. by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Come miglior attrice protagonista abbiamo una giovanissima sorpresa: la vincitrice Swamy Rotolo ha infatti soltanto 17 anni, come ha sottolineato Carlo Conti invitandola sul palco; per lei si trattava della prima candidatura. Viene considerata una giovane promessa dopo il riconoscimento per la sua parte nel dramma diretto da Jonas Carpignano, A Chiara, premiato con l’Europa Cinemas Label al Festival di Cannes 2021. L’interprete ha voluto ringraziare tutti per il riconoscimento: «Vorrei ringraziare tutta l’Accademia del cinema italiano. La mia famiglia, che mi ha sempre supportato e sostenuto. Le mie sorelle, che hanno arricchito questo film, e Jonas che, oltre ad essere un fratello, m ha fatto conoscere e amare questo mondo». 

David Donatello 2022 attrice
Swamy Rotolo

David di Donatello: Eduardo Scarpetta è il miglior attore non protagonista

Eduardo Scarpetta è il pronipote del celebre autore e commediografo napoletano, capostipite di una dinastia che ha fatto la storia del teatro italiano.
La scorsa notte, in lacrime ed emozionato, l’attore 29enne ha vinto il David di Donatello come migliore attore non protagonista per il film Qui rido io di Mario Martone, dedicato proprio al suo celebre omonimo.

Eduardo Scarpetta Donatello
Eduardo Scarpetta ritira il premio durante la cerimonia dei David di Donatello (ph. Ansa)

«Dedico questo premio a Mario (Martone, ndr) e mio padre Mario, che ho perso quando avevo undici anni» ha dichiarato nel discorso di ringraziamento.

Eduardo Scarpetta attore film
Ph. Davide Musto

In Qui rido io, con protagonista Toni Servillo, il regista racconta la vicenda della paternità, biologica e artistica, del grande autore partenopeo, che negò il suo cognome ai De Filippo. Questi ultimi presero poi la loro strada, affermandosi ai massimi livelli col cognome della madre. Contestualmente viene raccontato il modo di lavorare di Scarpetta, i rapporti coi suoi familiari e colleghi, le diatribe con D’Annunzio.

Eduardo Scarpetta attore contemporaneo
Ph. Davide Musto

Avevamo già raccontato Eduardo, attraverso un’intervista e l’obiettivo di Davide Musto. Scopri l’editoriale completo in questo articolo su Eduardo Scarpetta .

Eduardo Scarpetta attore intervista
Ph. Davide Musto
Eduardo Scarpetta attore intervista
Ph. Davide Musto

Riflessioni cromatiche al Mia Photo Art Fair 2022

Si è chiuso il primo maggio il Mia Photo Art Fair 2022 nei nuovi spazi del Superstudio Maxi di zona Famagosta, in una resiliente Milano che, nel suo instancabile processo di rivalutazione, si rifiuta quasi di mostrare i segni di una pandemia che si appresta a diventare un ricordo.  
Evento di riferimento, ormai, nella città meneghina per i collezionisti dell’istantanea, ha l’obiettivo di dare una sempre maggiore linfa vitale al mercato internazionale dell’arte e della fotografia in particolare, dando spazio ai nuovi linguaggi e punti di vista che entrano in relazione con questa forma d’arte dalle infinite evoluzioni.
È, infatti, la nuova creazione di codici, disinteressati dai punti cardinali che hanno fatto la storia della fotografia, ad emergere tra corridoi e sale espositive di questa nuova edizione della fiera, alleggerita dal peso delle ultimi due anni di incertezze e cautele che, se non altro, hanno offerto diversi spunti di riflessione e coraggio di sperimentare nuove strade e prospettive.

I progetti più rilevanti visti a Mia Photo Art Fair

Larissa Ambachtsheer artist
Larissa Ambachtsheer, Red Lemon, 2017

Di particolare rilevanza, per la modalità narrativa, nella scelta dell’uso del colore è il panorama olandese che ha esposto i suoi artisti con Five Dutch Talents della Project 2.0 / Gallery – l’Aia (NL), all’interno della quale ha attirato l’attenzione del pubblico Larissa Ambachtsheer, non a caso selezionata per rappresentare l’identità visiva di MIA FAIR 2022 con le sue nature morte, in cui i soggetti sono svuotati del loro significato originale e rieditati per catturare l’interesse nella loro elaborazione cromatica. Lavoro che trova connessioni con il linguaggio escapista di Sanja Marušić, che rappresenta azioni umane di natura quotidiana in contesti surreali, conferendogli una connotazione più astratta dove tempo e luogo esistono solo a livello d’immaginazione e di un’intima e personale interpretazione del fruitore. È qui che i suoi paesaggi e le infinite variabili del linguaggio del corpo si fondono in una danza cromatica. “Cerco di creare un mondo separato dalla realtà. Ecco perché spesso creo autonomamente i miei costumi, quindi quello che indosso non fa riferimento a un momento temporale specifico. L’evasione ha sempre un ruolo fondamentale nel mio lavoro, per me e per lo spettatore” spiega Sanja Marušić.

INVISIBILE di Roberto Polillo e All Of My Heart di Laura Pellerej

Un linguaggio empatico è poi quello di Roberto Polillo nella sua raccolta INVISIBILE, che rappresenta una realtà impalpabile fatta di suggestioni in cui luoghi, paesaggi, architetture e persone che li abitano si fondono in un unico flusso vitale in cui la luce, ça va sans dire, è il fil rouge della straordinaria varietà di paesaggi urbani e naturali appartenenti ad ogni angolo del pianeta. Si crea così una dinamica ed evocativa rappresentazione dell’energia contenuta in questi luoghi, da percepire attraverso le vibrazioni delle sue sfumature.

Roberto Polillo: Myanmar Yangon, 2015; India (Taj Mahal), 2018; Tokio, 2017

Laura Pellerej, nella serie All Of My Heart, presenta un viaggio attraverso il cuore, che coinvolge gli stati d’animo con cui la maggior parte degli uomini si trova a scontrarsi. Un momento di riflessione, sull’anima e la carne, che si presenta come un lavoro scultoreo creato a mani nude, soggetto dopo soggetto e cristallizzato, alla fine, con lo strumento fotografico. Quelle immagini, accuratamente preparate, sono lì a ricordare quanto sia importante soffermarsi a dare il giusto valore alle esperienze – dalle più strazianti e quelle più belle – laddove la consapevolezza di esse ha un profondo valore di congiunzione con il senso della nostra vita.

“Ascolta il cuore,
quando rimbomba nella gola,
toccalo quando pulsa sotto la pelle.
È fastidioso il cuore, perché non sa mentire.
Testimone scomodo, si veste, si traveste, si ricuce, si nasconde sotto mille corazze”
.

Immagini della serie All Of My Heart, di Laura Pellerej

Nell’immagine in apertura, Towers of Miami di Roberto Polillo

L’evento di Fondazione Italiana Linfomi al St. Regis fa il pieno di celebs

Un evento suggestivo ed emozionante a sostegno della Fondazione Italiana Linfomi si è svolto ieri nella suggestiva cornice del St. Regis Roma. Ideata da Carlotta Lo Greco e Donatella Columpsi (Armoniae Luxury Event) e realizzata col supporto dell’event manager Ezia Modafferi, la raccolta fondi è stata sostenuta da numerosi imprenditori e personalità dello showbiz.
La Fondazione Italiana Linfomi opera attraverso apposite commissioni scientifiche, composte da esperti provenienti da vari centri. Si occupano di valutare proposte di studi e fornire indicazioni su terapie o tecniche diagnostiche per i diversi linfomi, oggetto dell’attività di ricerca. Presente per la Fondazione Maurizio Martelli, professore ordinario di ematologia della Sapienza e responsabile UOC di ematologia del Policlinico Umberto I.

fondazione italiana linfomi eventi
Donatella Columpsi, Maurizio Martelli, Roberta Caruso, Carlotta Lo Greco
Matilde Brandi Roma
Donatella Columpsi, Matilde Brandi, Carlotta Lo Greco, Milena Miconi

L’esperienza di Carlotta Lo Greco e l’idea di un evento ad hoc

Racconta Carlotta Lo Greco: “L’idea di organizzare un evento per la FIL mi è venuta cinque anni fa quando, dopo che mi avevano diagnosticato un linfoma non Hodgkin, feci a me stessa la promessa che, nel momento in cui fossi guarita, avrei organizzato una serata a supporto della Fondazione, perché so quanta anima e professionalità ci sia nei medici che mi hanno curata. Sono passati cinque anni, sono guarita molto tempo fa, ma ci si considera fuori pericolo solo dopo un lustro… Ecco il perché di questo evento, oggi. Posso affermare con assoluta certezza che la sanità pubblica italiana resta ad oggi la migliore realtà dove trovare competenza, umanità e grande preparazione. Visto che i linfomi sono spesso tumori silenti, non possiamo far altro che imparare ad ascoltare il nostro corpo”.

Carolina Marconi
Carolina Marconi all’evento al St. Regis Roma
Rita Dalla Chiesa oggi
Donatella Columpsi, Rita Dalla Chiesa, Carlotta Lo Greco

Gli ospiti della serata all’hotel romano St. Regis

L’evento è stato presentato dalla giornalista sportiva e conduttrice Francesca Brienza, affiancata dal duo di comici Pablo e Pedro, che hanno divertito il pubblico nella sala Ritz Ballroom dell’hotel, battendo all’asta anche le maglie autografate da Manuel Locatelli (Juventus) e Ciro Immobile (Lazio).
Durante il gala dinner è stato proiettato il cortometraggio di Christian Marazziti Amici di sempre. Realizzato dalla MG production, casa di produzione di Morena Gentile, narra del coraggio di una donna nell’annunciare ai suoi amici di dover combattere una battaglia da cui potrebbe uscire sconfitta. 

Tra gli ospiti intervenuti le attrici Tosca D’Aquino, Anna Safroncik, Milena Miconi, Miriam Galanti, Anna Kanakis col marito, il finanziere Marco Merati Foscarini; gli attori Luca Capuano, Francesco Ferdinandi, Jacopo Rampini; la giornalista e presentatrice Rita Dalla Chiesa; le showgirl Flora Canto, Carolina Marconi, Ariadna Romero, Ema Kovac, Giovanna Abate. E ancora, volti noti della tv come l’inviato di Striscia la notizia Jimmy Ghione, Stefania Orlando e Matilde Brandi, l’allenatore ed ex campione di calcio Roberto Baronio, il banchiere Beppe Ghisolfi, le coppie Jane Alexander-Gianmarco Amicarelli e Filippo Bisciglia-Pamela Camassa, l’avvocato Felice Massa, il mentalist coach Gianluca Liguori.

Francesca Brienza Roma
La conduttrice della serata Francesca Brienza
Tosca attrice oggi
Tosca D’Aquino, Donatella Columpsi, Flora Canto
Jimmy Ghione Striscia la notizia
Roberto Baronio, Ezia Modafferi, Jimmy Ghione

Nell’immagine in apertura, l’attrice Anna Safroncik con Donatella Columpsi e Carlotta Lo Greco

Il “nuovo” Grand Hotel et Des Palmes

Il primo giugno 2021 il Grand Hotel et Des Palmes di Palermo, dopo un incredibile restauro a 360 gradi, ha riaperto le sue porte ai clienti.

Storia dell’hotel e primi interventi

Fondato nel 1874 da Enrico Ragusa, figlio dell’imprenditore alberghiero Salvatore, è uno degli hotel palermitani più importanti della città. Enrico acquista nel 1874 la storica residenza di Benjamin Ingham dalla vedova Emily; un palazzo ubicato presso gli Orti Carella, che trasforma in quello che diventa il “Grande Albergo di Palermo“, inaugurato il primo ottobre 1877. Considerato già fra gli alberghi di lusso del capoluogo siciliano, nel 1881 ospita anche l’illustre compositore Richard Wagner e la moglie, offrendo loro la suite presidenziale al primo piano, che ora è così nominata in onore del musicista.

Grand Hotel Palermo suites
La Suite Wagner dell’hotel

Tra il 1907 e gli anni Venti, l’edificio subisce una grande ristrutturazione affidata a Ernesto Basile, figlio dell’architetto Giovan Battista Filippo, due figure che hanno dato vita al Teatro Massimo, l’opera più importante della Palermo ottocentesca. Il lavoro di Basile è stato quello di rimodernare il vecchio hotel seguendo i nuovi canoni dell’architettura alberghiera internazionale, portandolo a rinascere come simbolo della Belle Époque.
Con il tempo, la struttura è stata sottoposta ad altri cambiamenti, tra cui la rimozione del famoso “giardino d’inverno”. I lavori ricominciarono dopo la Seconda guerra mondiale con le rimodernazioni dei saloni storici al primo e secondo piano.

grand hotel Palermo storia
I saloni del Grand Hotel et Des Palmes

L’ultimo rinnovamento

Con lo scoppio della pandemia, sono stati avviati gli ultimi restauri, durati due anni e basati sulla visione di Ernesto Basile di integrare il palazzo originario senza perdere di vista l’essenza degli spazi. Il restauro ha riproposto il carattere domestico della residenza Ingham tramite i vari progetti di recupero delle decorazioni e dei materiali originali.

grand hotel Palermo Gregorietti
La hall con gli affreschi di Salvatore Gregorietti

I lavori hanno compreso la ricostruzione dello storico “giardino d’inverno”, la rivitalizzazione delle superfici decorative e la lucidazione della pavimentazione originale in marmo, inoltre saloni e lounge comuni sono state arredate con i mobili storici della residenza.

grand hotel Palermo bistrot
Il NeoBistrot del Grand Hotel

Nuovi servizi

Sono stati aggiunti nuovi servizi tra cui una suggestiva SPA, completa di piscina e percorso rigenerante, e un ristorante e sushi bar nella storica terrazza al quinto piano, mentre in quello che un tempo era il Salone delle Feste sorge oggi il NeoBistrot con all’interno un imponente bar, sontuoso e suggestivo, aperto sia agli ospiti dell’hotel che agli esterni.
Il Grand Hotel et Des Palmes rappresenta un emblema di equilibrio fra estetica e funzionalità, in dialogo con la storia, il design e l’innovazione.

Nell’immagine in apertura, la facciata del Grand Hotel et Des Palmes di Palermo

4 giorni a Los Angeles: cosa visitare nella città più glamour d’America

Colorata, multietnica, internazionale, da sempre Los Angeles è una delle mete più ambite dai giovani di tutto il mondo: tramonti dorati sulle spiagge di Malibù, strade circondate da palme, parchi divertimento, negozi tipici. Non a caso L. A. si pone come “la” città per eccellenza della California; a seguire una mini-guida turistica per scoprire i must della metropoli sulla West Coast in soli quattro giorni.

Los Angeles vista
Vista notturna di Los Angeles
los angeles vista dall'alto
Una veduta di L. A.
Los Angeles vita notturna
La nightlife della città

Beverly Hills

Uno dei quartieri più famosi, ricchi e conosciuti grazie alle pellicole cinematografiche è sicuramente Beverly Hills: una micro-cittadina situata ai piedi delle colline di Hollywood, caratterizzata da un’infinità di casette a schiera tutte simili tra loro, realizzate negli anni Novanta, che ancora oggi mantengono intatto il fascino hollywoodiano. Passeggiare tra le vie di Beverly Hills sarà come immergersi in un vero set cinematografico: non è raro incontrare le grandi star della televisione, o ritrovarsi nel bel mezzo delle riprese di un film. La zona è definita da un’impeccabile precisione americana: le vie sono pulite in maniera quasi maniacale e le villette sembrano essere costruite tutte con lo stesso stampo.
La via principale del quartiere, Rodeo Drive, può offrire una mezza giornata di shopping sfrenato: tra i tanti marchi troviamo Dior, Chanel, Louis Vuitton e Gucci. Particolare attenzione nel quartiere è data alla sostenibilità: il lusso convive con una green attitude orientata a evitare inutili sprechi e a lasciare che il verde sia il vero protagonista; è il caso ad esempio di Aramini Home, un insieme di costruzioni situate a Rodeo Drive, studiate nel dettaglio per un concept living sostenibile a 360 gradi, come le finestre a chiusura ermetica per mantenere fresca la casa quando fa caldo.

Los Angeles colline
Le colline di Los Angeles al tramonto
Los Angeles colline
Le colline di Los Angeles al tramonto
Los Angeles ville
Ville sulle colline di L. A.

Malibù Beach

A solo mezz’ora di macchina da Downtown si possono raggiungere le famose spiagge di Malibù, conosciute in tutto il mondo anche grazie alle scene più emozionanti e romantiche delle serie televisive. Peculiarità di questo versante della costa californiana sono i lidi con maestosi scogli lisci e alte scogliere che si affacciano a picco sul mare. Numerosi surfisti si recano nelle baie di Malibù per cavalcare le onde dall’alba al tramonto.
Tra i momenti più attesi le golden hours: il sole tramonta fondendosi con l’oceano e vi regalerà le classiche e calde sfumature californiane. I più fortunati potranno anche godere della piacevole vista di foche e pellicani, soprattutto in primavera e autunno quando, spinti dalla ricerca di aringhe, raggiungono la terraferma e potete constatare che, nel corso degli anni, si sono abituati alla presenza dell’uomo. La più famosa attrazione turistica dell’area è il Pier Lagoon State Beach, lo storico ponte californiano dove i pescatori locali passano ore in cerca di fortuna.

Los Angeles Malibu beach
Golden hour a Malibù
Los Angeles palme
Il cielo rosato e le palme di L. A.
Los Angeles oceano
L’oceano dalla spiaggia di Malibù

West Hollywood

Uno dei quartieri più famosi è quello di West Hollywood, situato tra Beverly Hills e Downtown. Il comprensorio è conosciuto per la vita notturna: se cercate svago e divertimento è sicuramente la zona più ricca di bar, discoteche e ristoranti. Negli ultimi anni, il quartiere è diventato una vera e propria icona per l’inclusività della metropoli, simbolo di uguaglianza sociale e affermazione della propria identità senza paura dei pregiudizi. Melrose Avenue è la via principale, diventata famosa in tutto il mondo per i murales colorati, instagrammati sui vari social. Potrete notare un’immensa presenza di arbusti che rendono la zona sempre più verde e sostenibile.

Los Angeles Paul Smith
Lo store di Paul Smith su Melrose Avenue
Los Angeles murales
Murales a West Hollywood
Los Angeles green
Il verde a L. A.

A proposito di sostenibilità, 1 Hotel West Hollywood ha una green attitude in quanto è realizzato con materiali riciclati. Appena entrati nelle reception, troverete ad accogliervi degli alberi che vi faranno sentire immersi in una radura naturale.
La struttura si trova ai piedi delle colline hollywoodiane e, al tramonto, la vista è impagabile: si domina tutta la città. Proprio dall’hotel, si può raggiungere l’insegna più famosa della California, l’Hollywood Sign. Ci sono due percorsi possibili: uno per i principianti e l’altro per i più sportivi ed avventurieri, rispettivamente della durata di 15 minuti e 3 ore e mezza. Raggiunta la meta, il panorama è fantastico, si aspetta che il sole cali dietro le colline e illumini per l’ultima volta Los Angeles.

1 Hotel West Hollywood rooms
La vista da una camera dell’1 Hotel West Hollywood
1 hotel West Hollywood pool
La piscina dell’hotel
1 Hotel West Hollywood pool
La poolside lounge dell’1 Hotel West Hollywood

Venice Beach e Santa Monica

Ultime ma non per importanza troviamo Venice Beach e Santa Monica, a circa dieci minuti di distanza l’una dall’altra. Le spiagge sono teatro di sport a 360 gradi, in particolare regno degli skaters (che si sfidano con i rollerbladers che sfrecciano veloci) e degli atleti che si allenano sul lungomare. Se non sapete rinunciare ai vostri allenamenti anche quando siete in vacanza, Muscle Beach, tratto di sabbia dotato di una palestra all’aperto, fa al caso vostro: attira body-builders e atleti da tutta città, tuttavia è anche possibile fermarsi ad osservare chi si allena. La ruota panoramica è situata all’interno del Pacific Park, unico parco di divertimenti ad essere situato su un molo; è una delle attrazioni più visitate a Santa Monica, e dispone di tredici giostre e montagne russe.

Los Angeles oceano pacifico
Il sole tramonta sulla spiaggia
los angeles venice beach graffiti
Murales a Venice Beach
Los Angeles palm tree
Le palme che costeggiano i viali di Los Angeles

Credits immagini: Anselmo Prestini

Il Vinitaly della ripartenza

Doveva essere il Vinitaly della ripartenza e così è stato, almeno secondo i numeri della 54esima edizione del Salone internazionale dei vini e distillati: 700 buyer da 50 paesi e 4.400 aziende da 19 nazioni. Entusiasmo e tanta voglia di incontrarsi in presenza, per parlare di vino, dopo due anni di stop. Siamo stati a Verona, per un giro immaginario delle migliori cantine italiane.

Vinitaly 2022 Sicilia
Lo stand di Donnafugata a Vinitaly 2022

Piemonte

Fondata nel 1972 a Vergne, nel comune di Barolo, G.D. Vajra è una delle cantine di riferimento delle Langhe; vanta una produzione di etichette d’eccellenza, a cominciare da Barolo, ma anche Freisa, Nebbiolo, Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba. Una realtà vitivinicola dinamica, tra le prime ad aver aperto all’agricoltura biologica negli anni ’70, ottenendo nel ‘93 la certificazione biologica.
Definita “uno dei segreti meglio custoditi del Barolo”, l’azienda produce vini che si distinguono per raffinatezza, armonia e complessità. Tra le etichette più conosciute, e premiate, ci sono i blasonati Barolo DOCG (Bricco delle Viole, Ravera e Coste di Rose) che prendono il nome da sottozone della denominazione.

Barolo Langhe
La tenuta della famiglia Vaira, a Barolo

Oggi G.D. Vajra vede due generazioni lavorare in sinergia: i coniugi Aldo e Milena Vaira, i figli Francesca (brand ambassador dell’azienda), Giuseppe (nel 2014 tra i 30 winemakers under 40 to watch secondo The Drinks Business) e Isodoro, alla guida di una squadra di 60 vignaioli. Un lavoro straordinario quello portato avanti da questa realtà, premiata varie volte (tra gli altri riconoscimenti, la 16esima posizione del Barolo Albe 2008 tra i TOP 100 vini al mondo per Wine Spectator e il premio di cantina dell’anno in Italia nel 2015), che inoltre sta aprendo la strada alla riscoperta del Chiaretto di Nebbiolo e dei vini del XVII secolo attraverso due limited edition, N.S. della Neve (un metodo champagne rosé nature) e Claré J.C., fermentazione parziale a grappolo intero di Nebbiolo in purezza.
Con lo stesso spirito pionieristico e visionario che ne contraddistingue il lavoro, la famiglia Vaira è protagonista di un’importante fase di sviluppo, che l’ha portata a ristrutturare la cantina, realizzando all’ultimo piano una sala degustazioni dal design contemporaneo, caratterizzata da ampie vetrate che permettono allo sguardo di spaziare sulle colline della proprietà. Appassionati ed esperti d’arte, Milena e Aldo avevano già arricchito la cantina con vetrate dell’artista Costantino Ruggeri che accarezzano, con luci e colori, gli interni di un luogo da vivere anche nelle sue forme estetiche; una passione che ritroviamo nelle etichette realizzate da Ruggeri (Barolo Albe e Freisa Kyè) e, per la restante produzione, dal maestro dell’acquarello e dell’acquaforte Gianni Gallo.

Vino nebbiolo piemonte
Claré J.C. di G.D. Vajra

Friuli Venezia Giulia

La storia della famiglia Zorzettig nel mondo del vino inizia nel secondo dopoguerra, attraverso l’acquisizione di varie tenute sulle colline di Spessa di Cividale, nei Colli Orientali del Friuli, areale particolarmente vocato alla viticoltura. A guidare l’azienda è Annalisa Zorzettig, imprenditrice curiosa e determinata ad esplorare nuovi percorsi.

cividale del friuli vini
La tenuta Zorzettig a Spessa di Cividale

Recentemente premiata come Wine Woman 2022 da Food and Travel Italia, per lei sono fondamentali valori quali il rispetto del territorio, delle tradizioni contadine locali, della cultura.
Punta di diamante della produzione è la linea Myò, vini a denominazione DOC Friuli Colli Orientali ottenuti da uve coltivate nei vigneti più antichi delle tenute Zorzettig (Malvasia, Ribolla Gialla, Pinot Bianco, Friulano, Sauvignon, Schioppettino, Pignolo, Refosco e Picolit). Il nome rimanda alla prima ballata locale mai trascritta, composta a Cividale nel 1380, canto appassionato di un giovane all’amata, paragonata a un dolce frutto, che ispira il progetto di viticoltura sostenibile di Zorzettig. Tra i progetti futuri, invece, il completamento della nuova cantina “green” avviata nel 2020.
La famiglia riserva grande importanza all’ospitalità: alle attività enoturistiche si è aggiunta dal 2012 quella del Relais La Collina, agriturismo che domina i vigneti della tenuta di Ipplis, a breve distanza da Cividale, città riconosciuta Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. La struttura, ricavata da un vecchio fabbricato rurale, è dotata di 9 camere, con una terrazza che si affaccia sulle vigne e sulle Dolomiti Friulane; un luogo ideale dove trascorrere momenti di relax immersi nella natura.

colli orientali del friuli vino
Relais La Collina
Ribolla gialla vino
Ribolla Gialla di Zorzettig

Toscana

Nel territorio del Chianti Classico, dov’è nato il mito del vino italiano nel mondo, Dievole è la perfetta espressione contemporanea di una denominazione leggendaria. Il cuore ed heritage dell’azienda risiedono nella produzione vitivinicola e nelle esperienze legate alla terra di persone che, con passione e fare artigiano, curano tuttora vigneti e oliveti, guardando sempre oltre. Dei 600 ettari di boschi e colline della tenuta, oltre 150 sono coltivati a vigneti seguendo criteri sostenibili. Rispetto e valorizzazione del terroir trovano il loro complemento nella cantina, dove fermentazioni spontanee in tini di cemento grezzo e invecchiamento unicamente in botte grande, preservano le caratteristiche organolettiche delle uve.

Chianti vigneti
Le vigne Dievole, nel Chianti

I risultati di questo sodalizio fra tradizione e ricerca sono vini eleganti e freschi, dalle etichette importanti: Dievole Chianti Classico DOCG, Sangiovese al 90%, che vinifica in cemento e invecchia un anno nel legno di rovere francese non tostato, vino di corpo che fonde l’anima classica e moderna; Novecento Chianti Classico Riserva, nato per celebrare i 900 anni di storia dell’azienda e divenutone l’icona, Sangiovese al 95%, che vinifica per 17 mesi nelle botti di rovere non tostato e 6 in bottiglia, così da diventare una riserva dalla forte personalità; Vigna Sessina Gran Selezione, Sangiovese in purezza, prodotto da uvaggi sezionati dell’omonima vigna, una gemma che cresce in un piccolo vigneto e, dopo 17 mesi di vinificazione, resta in bottiglia un anno per raggiungere un profumo intensissimo e una profondità elegante, ricca. Ancora, Tocca Stelle Chianti Classico, che esalta le capacità produttive di un singolo vigneto, una selezione di Sangiovese all’85% con Canaiolo e Colorino, dal color rubino intenso, una delle più autentiche espressioni del territorio, di cui viene prodotto anche il Tocca Stelle Olio Extra Vergine Chianti Classico DOP 2019.
È immerso nel verde lussureggiante di quest’angolo incantevole della Toscana il Resort Dievole di Vagliagli, villa padronale del ‘700 circondata da rigogliosi giardini all’italiana e alberi secolari che, insieme agli altri edifici del borgo, rappresentano la massima espressione dell’ospitalità d’autore della zona. Le 28 camere in stile toscano, sobrie ed eleganti, tra Classic, Deluxe, Prestige e Prestige Suite, offrono un’esperienza unica all’interno di un’autentica dimora di campagna della nobiltà senese.

Chianti classico 2022
Il Chianti Classico di Dievole
Chianti resorts
Il Resort Dievole, a Vagliagli

Nella Maremma settentrionale, a Ortacavoli a Riparbella (Pisa), si trova invece Pakravan Papi, azienda vitivinicola che da oltre vent’anni fa vino in modo del tutto personale e peculiare, senza mode né protocolli, puntando sulla forte identificazione tra produttore, prodotto e territorio. I fondatori sono Enzo Papi e Amineh Pakravan, sposati dal 1969. Oggi gestiscono 20 ettari di vigneto, con i restanti 80 lasciati a bosco. La sistematizzazione degli impianti inizia a metà anni ’90, la prima etichetta è del 2003. Le idee di Papi, spinto anche dall’amore per i vini francesi, sono chiare da subito: credere nelle uve autoctone, Sangiovese in primis, ma creare anche una realtà di bordolesi. L’idea alla base – condivisa dai figli della coppia, Leopoldo e Chiara – è quella di focalizzarsi sulle etichette, sul prodotto in bottiglia, mettendo in secondo piano il vitigno ed evidenziando il risultato finale. Troviamo dunque il Sangiovese della varietà piccolo, poi Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Chardonnay, Riesling e Malvasia toscana. Pakravan Papi è anche agriturismo: il cuore dell’accoglienza è nelle due case coloniche sulla collina di Ortacavoli, con sette appartamenti autonomi, spaziosi e dotati di tutti i comfort per una vacanza in piena libertà. Completano l’offerta una piscina con vista incantevole, campo da tennis, area bbq, sentieri da percorrere a piedi o in bici, uno spazio giochi per i più piccoli.

Vigneti Maremma
L’azienda vinicola Pakravan Papi, nella Maremma
Cantine Maremma
Leopoldo Papi e Francesca Filippone di Pakravan Papi

Sicilia

Il Padiglione Sicilia richiama, ad ogni edizione, un gran numero di wine lover: tra gli stand più visitati quello di Donnafugata, realizzato in collaborazione con Dolce&Gabbana, a suggellare la sinergia che lega i due brand siciliani. Nel 2020, infatti, è stata lanciata una linea esclusiva di etichette in partnership con la nota maison. La fiera di Verona è però come sempre l’occasione per presentare le ultimissime novità come Passiperduti, piccola produzione di pregio nata da un’accurata selezione di uve Grillo coltivate nelle colline della Tenuta di Contessa Entellina, nella Sicilia sudoccidentale: un vino poetico e timeless, dall’anima elegante e floreale, che sorprende per mineralità e persistenza. “Con Passiperuti – afferma Josè Rallo – Donnafugata celebra ancora una volta il proprio legame con l’arte e la letteratura. Un’etichetta d’autore e un nome che rimandano alla serenità che proviamo quando contempliamo la natura, capaci di evocare alcuni versi de ‘L’infinito’ di Leopardi, tra i più rappresentativi della poesia italiana”.

Vinitaly stand Sicilia
Lo stand Donnafugata a Vinitaly
Donnafugata Dolce e Gabbana
Tancredi, Donnafugata e Dolce&Gabbana

Tra i territori siciliani più vocati alla viticoltura d’eccellenza c’è l’Etna: i vini del vulcano sono apprezzatissimi dai consumatori e osannati dalla stampa di settore. Tra le nuove realtà segnaliamo una coppia di giovani produttori, Benedetto Alessandro e Giulia Monteleone, che in pochi anni hanno raccolto, con i loro vini a marchio Monteleone, importanti premi e riconoscimenti, ultimo in ordine di tempo l’ambito Tre Bicchieri del Gambero Rosso con l’Etna Bianco DOC Anthemis da uve Carricante, storica varietà autoctona a bacca bianca, coltivata a ben 900 metri nel comune di Sant’Alfio.

vino etna bianco doc
Giulia Monteleone con una bottiglia di Anthemis

Nell’immagine in apertura, l’etichetta Passiperduti di Donnafugata

Junk Kouture presenta i giurati italiani, guardando ai new talents della moda green

Fondato in Irlanda 12 anni fa, il concorso di moda green Junk Kouture è ormai un progetto di caratura globale, il più grande al mondo, e ha finora coinvolto, attraverso il Junk Kouture Wolrd Tour (che tocca città del calibro di New York, Londra, Parigi, Milano e Abu Dhabi), oltre 100.000 partecipanti, autori di 15.000 design presentati nel corso di 60 spettacoli sold out. In vista della finale italiana, la piattaforma annuncia ora i componenti della giuria nostrana, accomunati, com’è ovvio, dall’interesse nei confronti delle nuove generazioni di designer e di un’industria fashion (finalmente) responsabile, conscia del valore imprescindibile della sostenibilità. Ne faranno parte Sara Sozzani Maino, Worldwide Creative Talent Curator (ruolo con cui sostiene e scopre i nuovi talenti a livello internazionale), il Direttore del Master of Arts in Moda alla prestigiosa scuola Central Saint Martins di Londra, Fabio Piras, e Matteo Ward, Ceo  e Co-Founder di WRAD, studio di design e impresa innovativa creata per generare valore sociale, chiamati a giudicare i finalisti durante l’evento che si terrà, il prossimo 23 maggio, al Talent Garden Calabiana, a Milano.

Matteo Ward, Sara Sozzani Maino

Junk Kouture, quest’anno, ha lavorato con scuole sparse in tutto il paese, sfidando gli studenti a realizzare capi con quei materiali riciclabili bollati spesso come “scarti”, così da promuovere l’espressione creativa tra i più giovani, incoraggiandoli al tempo stesso a diventare gli artefici di un modello di sviluppo imperniato sulla circolarità.
I membri della giuria, pur uniti nei valori e nel messaggio alla base dell’iniziativa, vantano specializzazioni in ambiti diversi dell’industria. Sara Sozzani Maino, per esempio, si interessa da tempi non sospetti dei new talents della moda, che ha seguito da vicino in svariati progetti di ricerca e supporto degli stilisti emergenti; riguardo la missione di Junk Couture, sostiene che «mai come in questo periodo storico è importante sostenere la nuova generazione di talenti che si impegna a lavorare in modo più responsabile. Progetti del genere sono fondamentali per il sistema e per dare visibilità alla nuova generazione».

Fabio Piras (ph. by Antony Jones)

Parole cui fanno eco quelle di Fabio Piras, insegnante in uno dei college di moda più influenti, una risorsa inestimabile di conoscenze, consigli e informazioni per i partecipanti: «in qualità di direttore di un corso presso la Central St. Martins», afferma, «il mio obiettivo è dare forma a una nuova era per l’educazione alla moda, incoraggiando l’espressione creativa individuale di ogni studente. Sono entusiasta di essere stato invitato a far parte della giuria, di aiutare a guidare e incoraggiare i finalisti a trovare la propria originalità e voce creativa attraverso creazioni sostenibili».
Di tenore simile le dichiarazioni di Matteo Ward, che dopo una carriera nel settore passata attraverso i ruoli di Senior Manager e co-amministratore del Diversity and Inclusion Council, sette anni fa ha fondato Wrad, spinto dal desiderio di catalizzare un cambiamento positivo nel campo dell’innovazione sostenibile e sociale; considera infatti Junk Kouture un «manifesto del senso di responsabilità che una giovanissima generazione di ragazze e ragazzi sente nei confronti del complesso presente nel quale viviamo. Dà voce alla creatività oggi necessaria per ridisegnare obsoleti e non-sostenibili modelli di business che la moda contemporanea non ha ancora trovato la forza di abbandonare. Sono entusiasta di farne parte».

Il moodboard del progetto Candy

I 40 finalisti presenteranno alla giuria le rispettive proposte (fra le tante, dress a tutto colore confezionati usando gli involucri delle caramelle, abiti composti da ritagli di giornale frammisti a reti e tulle, capi a mo’ di origami di carta, giacche e gonne assemblate ricorrendo a vecchi fili elettrici…), come detto, nella serata-evento che si svolgerà a maggio al Talent Garden Calabiana milanese; i biglietti saranno in vendita dal 22 aprile su eventbrite.it.
I primi 10 classificati avranno la possibilità di partecipare alla finale mondiale del concorso, in programma a fine anno in una località ancora da scoprire, dove si confronteranno con studenti provenienti da New York, Londra, Abu Dhabi, Milano e Parigi.

Giacca e gonna del progetto Jazz

Donnafugata Music & Wine

Donnafugata nasce in Sicilia dall’iniziativa di una famiglia che ha saputo innovare lo stile e la percezione del vino siciliano nel mondo. La Sicilia, isola al centro del Mediterraneo, è un territorio vitivinicolo dalle straordinarie potenzialità su cui l’azienda basa le proprie produzioni e i propri ideali.

La tenuta di Contessa Entellina (ph. A. Pakula)

L’azienda nasce a Contessa Entellina, nella Sicilia occidentale. Fondata da Giacomo Rallo e Gabriella Rallo, è guidata ora dai figli Josè e Antonio Rallo, che continuano la tradizione orientati all’eccellenza, con un patrimonio di quattro ulteriori tenute a Pantelleria, Vittoria (Acate), Marsala e sull’Etna.

La tenuta di Pantelleria

Il nome e il logo rimandano al romanzo Il Gattopardo e alla storia della regina in fuga, che trovò rifugio laddove oggi si trovano i vigneti aziendali. La cura dei dettagli e la passione per la Sicilia uniscono anche Dolce&Gabbana e Donnafugata in una collaborazione in cui si incontrano creatività e artigianalità. Nasce così una collezione di vini straordinari, ambasciatori dei colori, dei profumi e della cultura siciliana nel mondo: il seducente rosato Rosa, l’avvolgente Bianco Isolano, l’elegante Rosso Cuordilava e il prestigioso rosso Tancredi.

Cantina Marsala (ph. Fabio Gambina)

Inoltre l’azienda si è legata anche al mondo della musica con il progetto di “degustazioni musicali” Donnafugata Music & Wine, in cui è possibile incontrare José Rallo che canta i suoi vini in location uniche.
Dal 1993 uno dei valori del family business è quello di trasmettere l’amore e la cultura del vino aprendo le porte delle proprie cantine al pubblico. Tramite un’ospitalità diversa, piacevole a coinvolgente, l’azienda crede nello studio delle varietà autoctone e nella loro capacità di esprimere una Sicilia autentica e innovativa. Inoltre grande importanza è data alla formazione continua delle risorse umane con aggiornamenti professionali mirati alle esigenze di ciascun ambito lavorativo. Donnafugata è una squadra di persone, uomini e donne, orientata all’eccellenza. Nel dialogo con l’arte, trova un modo di essere che la rende speciale.

La tenuta di Vittoria

Dal 2012 sono innumerevoli gli artisti ospitati sul palco, che hanno presentato opere dedicate al rapporto fra l’uomo e la natura e al magico abbinamento fra il vino e l’arte, spaziando tra musica, danza, opera dei pupi.

Donnafugata Music & Wine è un progetto che nasce nel 2002 da un’idea di José Rallo e del marito Vincenzo Favara. Josè, voce solista del gruppo, propone dal palco un’esperienza live multisensoriale e racconta i suoi vini attraverso la musica; ad ogni vino è infatti abbinato un brano il cui andamento ritmico accompagna le sensazioni della degustazione.

Il progetto Donnafugata Music&Wine vanta una serie di concerti-evento in luoghi evocativi quali il Blue Note di New York e il Museo dell’Acropoli di Atene e la produzione di tre album. Un’esperienza replicabile da ogni wine lover attraverso l’ascolto dei tre CD nati all’interno del progetto, ora disponibili anche su Spotify e sulle principali piattaforme streaming. Il 1° aprile è stato lanciato il terzo album: “Con Rebirth proponiamo un repertorio di 11 brani che spaziano dal jazz alla musica brasiliana con un omaggio alla Sicilia, al vino e alla letteratura”, afferma José. I proventi dello streaming saranno donati alla Fondazione per borse di studio in favore di giovani musicisti siciliani.

Tenuta Etna (ph. Fabio Gambina)

Nell’immagine in apertura, la tenuta di Contessa Entellina, ph. Fabio Gambina

Torna a Milano MIA Fair 2022, la prestigiosa fiera internazionale d’arte dedicata alla fotografia in Italia

MIA Fair 2022, Milano

Dopo le date autunnali del 2021, torna quest’anno a Milano l’atteso appuntamento primaverile dedicato al mondo della fotografia. Dal 28 aprile e fino al 1° maggio il Superstudio Maxi, con i suoi ampi spazi in via Moncucco, ospita MIA Fair 2022 – Milan Image Art Fair, che ritrova così la sua finestra temporale usuale. Fabio Castelli Ideatore e Direttore di MIA Fair e Lorenza Castelli, Direttore Organizzativo della manifestazione artistica, raccontano: “Ci tenevamo molto che MIA Fair rientrasse nel suo consueto ambito temporale primaverile. E, pur avendo a disposizione solo pochi mesi per lavorare, siamo riusciti a organizzare una nuova edizione della fiera che proporrà, come sempre è avvenuto negli anni precedenti, tante e interessanti novità”.

Fabian Albertini, Black Sea #2, 2020, Fotografia stampata su tela, sovradipinta con colore acrilico, cornice in ferro 150 x 120 x 4 cm, Pezzo unico, Courtesy Fabian Albertini/Galerie Palü
Théo Gosselin, Lost and Found, 2019, Inkjet on archival paper, 60x40cm, edizione: 1/7, Courtesy Fisheye Gallery

L’XI edizione della più prestigiosa fiera italiana in questo settore si pone l’obiettivo di esplorare ulteriormente i campi disciplinari legati all’immagine fotografica e di mettere a fuoco la trasversalità dei linguaggi artistici contemporanei. Portavoce di questa mission sono 97 espositori provenienti dall’Italia e dall’estero che propongono ai visitatori le molteplici sfaccettature e le migliori interpretazioni dell’espressione fotografica: “In questi anni, abbiamo imparato a conoscere MIA Fair non solo come una fiera, quanto come un hub culturale dove professionisti e appassionati possono approfondire la trasversalità dei linguaggi artistici contemporanei e monitorare lo stato della fotografia attuale a livello globale”, spiegano Fabio e Lorenza Castelli.

Larissa Ambachtsheer firma l’immagine di MIA Fair 2022

Larissa Ambachtsheer, Red Lemon, 2017, Fine Art Print on dibond framed, 94 x 134 cm, edizione di 5, Courtesy Project 2.0 / Gallery

A firmare l’immagine coordinata di MIA Fair 2022, raccogliendo il testimone da Rankin (che ha dato il volto all’edizione 2021 con le sue immagini dal progetto Saved by the Bell, 2018), è l’artista olandese Larissa Ambachtsheer, con alcune opere tratte dalla sua serie You Choose, I seduce, del 2017, attraverso le quali indaga il comportamento umano. In questo lavoro, La Ambachtsheer crea set e messe in scena, per realizzare nature morte, e si interroga sul ruolo del colore nel cibo e su come lo si possa utilizzare come strumento di manipolazione. A partire da questa edizione, Mia Fair poi, entra nel gruppo Fiere di Parma: “Consideriamo quella che stiamo per inaugurare – dicono Fabio Castelli e Lorenza Castelli – l’edizione zero di una nuova avventura che ci vede unire le forze con Fiere di Parma con l’obiettivo di dare ulteriore impulso al mercato della fotografia, e di attrarre gli investimenti non solo dei collezionisti e dei buyer internazionali, ma anche per stimolare l’interesse del pubblico appassionato d’arte e, in particolare, di fotografia”.

Il percorso espositivo e i progetti speciali di MIA Fair 2022

Gabriele Basilico, Hardelot Plage, 1985, stampa ai sali d’argento, cm 50×60, edizione di 15, Courtesy Gabriele Basilico / Photo&Contemporary
Manon Hertog, Blossom, 2022, Fine Art Print on dibond framed, 106 x 140 cm, edizione di 5, Courtesy Project 2.0 / Gallery

Tra le varie sezioni e iniziative messe in campo nell’edizione 2022 di Mia Fair, la Main Section, cuore della manifestazione, accoglie un panel di espositori selezionato da Fabio Castelli, direttore, Gigliola Foschi ed Enrica Viganò, advisor della manifestazione. Beyond Photography – Dialogue, curata da Domenico de Chirico, che ha scelto con le gallerie invitate artisti consolidati ed emergenti, ricrea un dialogo tra opere di fotografia intesa come linguaggio d’arte contemporanea e altri medium quali  scultura, pittura e installazione. Anche Eberhard & Co., da 10 anni partner della fiera, propone un progetto per la divulgazione di una parte dell’archivio di Adriano Scoffone, contenente circa 40.000 lastre e pellicole realizzate dal fotografo piemontese. La mostra Quei temerari delle strade bianche. Nuvolari, Varzi, Campari e altri eroi alla Cuneo – Colle della Maddalena, a cura di Giosuè Boetto Cohen, racconta attraverso 20 immagini – che vedono protagonista Tazio Nuvolari, uno dei più grandi nomi dell’automobilismo mondiale –, la sfida automobilistica Cuneo-Colle della Maddalena, tra il 1925 e il 1930, considerata per difficoltà e lunghezza come una delle corse più pericolose dell’epoca.

©Roberto Polillo, Marocco Rabat, 2008

Anche una serie di progetti speciali animano e definiscono l’evento culturale. tra questi, BDC – Bonanni Del Rio Catalog, polo culturale di Parma, promuove la prima edizione di La Nuova Scelta Italiana, che mira a valorizzare il lavoro di tre artisti individuati come eredi dei grandi maestri della fotografia italiana. Roberto Polillo, uno dei più conosciuti fotografi italiani a livello internazionale, porta a MIA Fair 2022 il suo progetto Invisibile. Curato da Denis Curti, racconta la ricerca dell’artista milanese. Animica è il titolo del progetto speciale di Barbara Pigazzi, curato da Angela Madesani, in cui la protagonista è la laguna veneta fra le provincie di Padova e Venezia, patrimonio dell’UNESCO. La Galleria Project 2.0 de L’Aia, Paesi Bassi, con il progetto Dutch Talent Pavillion, presenta 5 tra i fotografi più originali della nuova scena olandese contemporanea tra i quali proprio Larissa Ambachtsheer, che ha firmato l’immagine dell’evento. Anche in questa edizione, MIA Fair rinsalda la collaborazione con Photo Independent, la fiera di fotografia di Los Angeles che sonda le nuove generazioni di fotografi indipendenti e che, per l’occasione, presenterà una mostra immersiva e una selezione dei più interessanti autori, scelti tra i molti che hanno esposto nella rassegna californiana.

Matteo Procaccioli Della Valle, Serie Time Suspended, San Francisco, 2019, Polaroid, mvlm, tiratura mvlemsòv, Courtesy Raffaella De Chirico Arte Contemporanea
Annamaria Belloni, Supernatura #33, 2017, fine art inkjet-print, cm 50×75, edizione: 3/6 + 1AP, fiVe Gallery

La partnership con ManInTown Magazine: Nuovo Cinema Paradiso by Davide Musto

Grande novità dell’XI edizione della manifestazione culturale è la partnership con ManInTown, che sarà presente a MIA Fair 2022 con una mostra dedicata al cinema – Nuovo Cinema Paradiso – a cura di Davide Musto. La mostra esplora la nuova generazione del cinema italiano, un panorama di nuovi talenti che negli ultimi anni sta riscuotendo un successo internazionale grazie alle nuove piattaforme. Davide Musto, fotografo di origine palermitane di base a Roma, segue da anni questo panorama magmatico di giovani e talentuosi artisti; il suo occhio attento allo scouting gli ha permesso di catturare molto in anticipo sui tempi molti volti che oggi sono diventati popolari, come Rocco Fasano, Lorenzo Zurzolo, Edoardo Purgatori, Matilde Gioli, Eduardo Scarpetta, tanto per citarne solo alcuni, che saranno presenti nella mostra. La ricerca di Musto è un mix di sensualità ed estetica attenta alla moda, una visione ricca di contrasti proprio come la sua terra d’origine, la Sicilia.

Inoltre, ManInTown sarà presente a MIA Fair 2022 con il nuovo numero di aprile, un’edizione con sei diverse cover che vuole offrire uno spaccato del cinema e della musica italiana più cool del momento.

Matilde Gioli, ph. by Davide Musto
Lorenzo Zurzolo, ph. by Davide Musto

I premi di MIA Fair 2022

Fin dalla sua prima edizione, MIA Fair si è contraddistinta per la qualità e la varietà delle proposte e dei premi, frutto di collaborazioni con diverse istituzioni e partner culturali. Tra questi, il Premio New Post Photography, curato da Gigliola Foschi, promuove le tendenze più creative e innovative nel mondo della fotografia contemporanea e si pone come una vetrina in grado di registrare e mettere in luce i cambiamenti in atto. MIA Fair 2022 accoglie anche la prima edizione del Premio Irinox Save The Food, a cura di Claudio Composti, aperto a progetti di artisti che abbiano una relazione con il tema del cibo in ogni sua forma.

Silvia Papa, Sintomalia #05 (Prometeo), 2019, FINE ART PRINT, 100X52X5  CM, edizione 1 di 5 +ap, Courtesy Shazar Gallery
Thomas Jorion, Voyage #11, 2019, Digital print on Canson paper and framed, 64 × 80 cm, edizione di 5, Curtesy Podbielski Contemporary

Infine, accanto al percorso espositivo, MIA Fair 2022 propone un interessante programma culturale che, nei giorni di apertura della manifestazione, prevede incontri, conferenze, talk su alcuni dei temi più attuali nel campo dell’arte e della fotografia.

Luca Campigotto, Hong Kong, 2016, Stampa ai pigmenti montata su dibond, cm 150×200,  edizione: 1/15, Courtesy Luca Campigotto
Carlo Orsi, Milano, anni 60 @ Archivio Carlo Orsi

MIA Fair 2022 | Milan Image Art Fair

28 aprile – 1° maggio 2022

Superstudio Maxi

Milano, via Moncucco, 35

In apertura: Larissa Ambachtsheer, Red Lemon, 2017, Fine Art Print on dibond framed, 94 x 134 cm, edizione di 5, Courtesy Project 2.0 / Gallery

Vorresti uscire con qualcuno, ma nessuna app ti convince? Te ne mostriamo una fatta apposta per chi prende il dating sul serio

Conosciamo fin troppo bene le conversazioni su Tinder fatte di messaggi infiniti che non sfociano in nessun incontro. Dopo aver staccato dal lavoro, nessuno ha molto tempo da dedicare alle chat. Quello che farebbe al caso tuo è incontrare una persona con il tuo stesso lifestyle e che prenda seriamente la vita amorosa, proprio come te. Hai scaricato una dating app e ti stai chiedendo se potrà soddisfare le tue aspettative? Per scoprirlo, ti basterà dare un’occhiata al suo bacino di utenza e ai requisiti di accesso.

Ti presentiamo Inner Circle. Questa app di dating offre profili di alto livello e un team dedicato che li verifica uno a uno, mettendo al bando i selfie malriusciti e le bio scontate. Perché? Perché proprio le persone che si sono impegnate abbastanza per superare il processo di selezione sono quelle che non vorranno sprecare tempo (e farlo sprecare a te). Questo è lo spirito con cui nasce la app, e funziona!

Ora, vediamo se hai tutte le carte in regola per accedere.

Prima di tutto, ti serviranno delle foto di buona qualità. Niente selfie, foto di gruppo, cappelli, occhiali da sole o filtri esagerati. Come mai? Perché nascondono chi sei veramente. Secondo i single, le foto con una buona risoluzione, luce naturale e che hanno te come unico soggetto sono quelle che più catturano l’attenzione. Non solo la loro, ma anche quella del team che verifica i profili di Inner Circle! Quindi, se vuoi che il team approvi il tuo account, dovrai accertarti che le tue immagini siano di ottima qualità.

Per il resto, si parla di te. Di cose importanti come: i posti in cui ti piace uscire, quelli che sceglieresti per un primo appuntamento, ciò che vuoi fare nella vita e quali sono i tuoi interessi. Praticamente, quello che ti rende speciale. Inner Circle ha progettato i profili in modo da permetterti di inserire tutte queste informazioni, e il team che si occupa della selezione non approverà il tuo profilo se è incompleto. Il punto è farti ottenere match di qualità proprio sulla base dei dettagli che hai fornito.

Hai due amiche o amici che vorrebbero unirsi? Perfetto! Invitali ad entrare in Inner Circle: quando passeranno la selezione, la app ti premierà regalandoti l’accesso gratuito ai messaggi. Più si è meglio è, e ti promettiamo che la ricompensa varrà tutto l’investimento iniziale.

Pensi che faccia al caso tuo? Dimostralo. Effettua ora l’accesso gratuito a Inner Circle qui.

Arriva su Disney+ ‘Le fate ignoranti’, serie tratta dal film cult di Ozpetek

Sono disponibili da oggi, su Disney+, gli 8 episodi de Le fate ignoranti (il titolo internazionale scelto è The Ignorant Angels), l’atteso adattamento televisivo della pellicola eponima di Ferzan Özpetek, cult assoluto che, 21 anni fa, fece conoscere al grande pubblico il cineasta di origine turca. Prima serie originale italiana della piattaforma di streaming, è stata pensata, scritta e diretta dallo stesso Özpetek (insieme a Gianni Romoli, Carlotta Corradi, Massimo Bacchini per quanto riguarda soggetto e sceneggiatura, e al collaboratore di lungo corso Gianluca Mazzella, con cui ha condiviso la regia).

La trama ruota intorno alle vicende “incrociate” di due coppie, legate da dinamiche sentimentali in parte nascoste, sicuramente complesse ma, proprio per questo, uniche e coinvolgenti. Vediamo infatti Antonia (Cristiana Capotondi), vedova di Massimo (Luca Argentero), rimasto ucciso in un incidente, scoprire che suo marito aveva una relazione con Michele (Eduardo Scarpetta). Sconvolta dalla notizia, comincia a indagare sulla vita segreta di Massimo, stringendo contro ogni previsione una forte amicizia con Michele e la sua cerchia di eccentrici amici, quasi una seconda famiglia per il marito; Antonia riuscirà così a cambiare il proprio punto di vista sulla vita e, forse, ad amare, di nuovo.

I protagonisti della serie: Cristiana Capotondi, Luca Argentero, Eduardo Scarpetta
Luca Argentero ed Eduardo Scarpetta in una scena di Le fate ignoranti
Eduardo Scarpetta e Cristiana Capotondi in una scena

Il cast comprende un nutrito numero di big e talenti emergenti dello showbiz nostrano, dai già citati protagonisti, Argentero, Capotondi e Scarpetta, ad Ambra Angiolini, passando per Anna Ferzetti, Paola Minaccioni, Serra Yilmaz, Filippo Scicchitano, Edoardo Purgatori, Elena Sofia Ricci e Milena Vukotic (queste ultime in qualità di guest star del romantic drama tratto dall’originale, campione d’incassi e autentico fenomeno culturale).
Tra le chicche si segnala l’interpretazione, eseguita da Mina, del brano originale (nonché sigla del titolo) Buttare l’amore.

ll cast in posa con Ferzan Özpetek (al centro)
Il cast della serie

Hanno preso parte al serial, come detto, Eduardo Scarpetta ed Edoardo Purgatori, protagonisti in passato di due editoriali in esclusiva per Manintown, in cui ci avevano raccontato, rispettivamente, dell’onere/onore di portare un cognome che rimanda alla storia dello spettacolo nostrano (è infatti pronipote e omonimo dell’immenso Eduardo Scarpetta, mostro sacro del teatro napoletano a cavallo del XIX e XX secolo), un’eredità complessa che lui gestisce impegnandosi ad «affrontare il mio mestiere col massimo dell’impegno e del rispetto»; e di come pensare al fatto che il suo nome sia legato a Özpetek (che lo ha voluto anche in La dea fortuna e nella pièce tratta da Mine vaganti) lo faccia «commuovere dalla gioia; posso dire che mi dò quasi i pizzicotti per capire se è reale quello mi sta succedendo, professionalmente, con lui».

Nugnes e Burberry, un’amicizia cinquantennale nel segno dell’amore per il bello, lo scambio creativo e la sostenibilità

La collaborazione tra Burberry e Nugnes 1920, due realtà d’eccellenza nei rispettivi ambiti (ossia ready-to-wear e retail haut de gamme), prosegue ininterrotta da ben 50 anni: un traguardo festeggiato a dovere, lo scorso 7 aprile, nella cornice di Palazzo Pugliese, casa dello storico multibrand di Trani, punto di riferimento assoluto per la moda high-end in Puglia (e non solo). Tra l’altro l’azienda guidata da Beppe Nugnes, solo pochi mesi fa, per celebrare il secolo di attività dello store, aveva regalato una nuova, sontuosa veste alla propria sede, un palazzo nobiliare nel cuore della città, immaginato come uno scrigno prezioso in cui custodire le creazioni di oltre 250 griffe, italiane e internazionali.

Tra il marchio britannico e la boutique tranese c’è un filo diretto capace di collegare il cosiddetto tacco d’Italia al Regno Unito, teso già negli anni Sessanta, quando i rinomati impermeabili Burberry arrivavano in negozio ripiegati nelle bustine. La fascinazione della clientela per il british style di cui è espressione il brand, nato a Basingstoke nel 1856, è stata subito forte, tanto da permeare senza alcuno sforzo usi e costumi pugliesi; negli anni Ottanta, ad esempio, le sciarpe con il mitico check rappresentavano il regalo più ambito dai 18enni, un autentico amuleto, da indossare per affrontare col giusto equipaggiamento vestimentario le sfide dell’età adulta.

Ad unire Burberry e Nugnes in un rapporto basato su stima, affetto e propensione alla contaminazione culturale sono, oggi come ieri, valori condivisi da entrambi: in primis il rispetto delle origini che, però, sa cogliere lo spirito dei tempi, adeguandosi di conseguenza alle inclinazioni del pubblico (e se Beppe Nugnes ha saputo trasformare la sartoria del nonno in un multimarca dall’allure di un moderno, raffinato caffè letterario, dov’è possibile instaurare un rapporto di complicità con ciascun cliente, tagliato su misura sui suoi gusti ed esigenze, proprio come un completo tailor made, il direttore creativo Riccardo Tisci ha trasportato nella modernità una maison con alle spalle 166 anni di – gloriosa – storia, rielaborandone in chiave contemporanea i capisaldi, a cominciare dall’iconico trench in tela di gabardine); poi uno sguardo abituato al bello, allenato a trovarlo nei contrasti e nelle mescolanze, così da definire un eclettismo costantemente in fieri, eppure fedele ai rispettivi heritage; infine, l’attenzione al tema, ormai irrinunciabile, della sostenibilità.
Il retailer pugliese, infatti, si è mosso in questa direzione con la sezione Sustainable is fashionable, in evidenza sull’e-store nugnes1920.com, così da dare il giusto risalto a label e prodotti dall’anima eco presenti nel suo portfolio, mentre le vetrine fisiche “circular economy” premiano i designer che hanno messo la protezione dell’ambiente al centro del loro operato. Un gruppo di cui è parte lo stesso Burberry, avendo adottato da tempo procedure alternative nella produzione di capi e accessori, dalle conciature “green”, per trattare la pelle attraverso un mix di minerali e agenti vegetali, al sostegno ad associazioni che impiegano materiali di scarto per creare limited edition, come nel caso di Quid.

A ribadire il legame inossidabile tra questi due nomi di spicco dell’industria fashion, arriva adesso un’iniziativa ad hoc che coinvolge due delle 18 vetrine affacciate su corso Vittorio Emanuele, pensate da sempre come un sunto visivo dell’eleganza delle collezioni disponibili in store: i capi della Spring/Summer 2022 di Burberry saranno dunque protagonisti del nuovo window display di Palazzo Pugliese, con una sala dedicata alle novità di stagione e un’installazione site specific, concepita per esaltare il savoir-faire del brand.
L’evento di presentazione ha chiamato a raccolta quella vibrante e affezionata community che, nel corso dei decenni, si è abituata a considerare Burberry come un alleato imprescindibile del proprio guardaroba, deliziati per l’occasione con gli amuse-gueules ideati da un’altra eccellenza del territorio, lo chef stellato Felice Sgarra, e accompagnati dai vini pugliesi San Marzano.

‘My Havana’ di Enrico Costantini, un reportage fotografico da Cuba

My Havana è un progetto realizzato nel 2018, nasce dalla volontà di osservare e cercare di capire una realtà estremamente complessa come quella di Cuba, tentando, appunto, di andare oltre quelli che sono i commenti e i giudizi, spesso contrastanti, che ci giungono da questo paese. Provando, attraverso la fotografia, a documentare, indagare, scoprire quanti più ambiti possibili della vita di questa gente e di questo stato senza, ovviamente, pretendere di rappresentarne la straordinaria eterogeneità, osservando più attentamente la vita comune della stragrande maggioranza dei cubani: gli ambienti, i gesti di una quotidianità che sfugge ai più.

Un ritratto del fotografo Enrico Costantini

Per realizzarlo ho deciso di usare il linguaggio del colore, perché credo che l’aspetto cromatico di questa parte di mondo sia estremamente caratterizzante e faccia parte, ormai, dell’immaginario collettivo. Le figure e le forme, nei loro forti contrasti, diventano visivamente quasi un tutt’uno con il contesto nel quale sono inserite.

Tutte le foto sono di Enrico Costantini

‘Les Nuits Fauves’ di Carolina Lopez nella lettura di Angela Madesani

Se ha sempre avuto poco senso creare delle categorie, nel nostro periodo storico lo ha ancor meno. Per avvicinarsi a Les nuits fauves di Carolina Lopez, infatti, bisogna spogliarsi di qualsiasi pregiudizio artistico e sociale.

“Questo libro si propone di esplorare le frontiere sociali in diversi contesti in Europa e in America, da una prospettiva che prende in considerazione i sentieri in cui si producono dinamiche incentrate su esperienze corporee. Cioè, una serie di esperienze che sono pensate in modo riflessivo a partire da dialoghi, percorsi e incontri con diverse persone, soggettività e corporeità all’interno dell’esperienza di vita nelle città, da processi come la migrazione, la produzione di soggettività, il genere e la sesso-dissidenza, l’esperienza dei corpi femminilizzati e loro relazioni con i sistemi sociali.
La proposta di lavoro di ‘Les Nuits Fauves’ prende vita da città come Milano, Parigi, Londra, Las Vegas e altre: qui ho percorso le strade e con il mio obiettivo ho catturato immagini di donne che occupano la vita pubblica, la strada e la città, da un altro punto di vista rispetto alla costruzione sociale normativa e ampliata dalla globalizzazione, che ha dato limiti e censure a quei tipi di corpi e soggettività. Il mio lavoro esplora le relazioni di potere, i movimenti, le variabili e le dinamiche illuminate dalla luce artificiale della notte, rese possibili da quell’altro lato della città, dello spazio pubblico e della vita sociale”
– Carolina Lopez.

Il lavoro dell’artista di origini colombiane richiede un’immersione totale in un mondo che per me costituisce una scoperta.
Le immagini non sono accompagnate da didascalie, non è così importante collocarle geograficamente. Ogni foto ha preso il via da un’attrazione più o meno fatale. Carolina partecipa a parecchie feste, la invitano, si fa invitare. Arriva con le sue macchine fotografiche, si insinua in quei tessuti umani che le piacciono, dove si sente perfettamente a suo agio. Burlesque, spogliarello, allegria forse simulata, tristezza presunta. Ognuna delle sue immagini emana una dimensione esasperata, grottesca, chiassosa. È come se quelle foto piene di dettagli, di stimoli, riuscissero a comunicarci anche il rumore assordante dei luoghi. 

Sarebbe un errore pensarla come una semplice osservatrice, Carolina fotografa da pari a pari, da protagonista di quelle feste. In tal senso il suo lavoro è peculiare, straniante.
Il suo atteggiamento rimanda più a quello di Nan Goldin che a Martin Parr. Le sue notti sono fauves, selvagge. È uno sguardo dall’interno, profondamente coinvolto, da “anti-reporter”, proprio come quando a Istanbul fotografava le donne da dietro. Certo, non apparteneva a quel mondo, ma il suo non era certo un interesse documentario, come non lo era a Berlino, dove vive per un anno e mezzo, frequentando con passione la vita notturna.
In ogni luogo è diversa e per certi versi riconoscibile. Più raffinata a Parigi, “greve” nei paesi dell’Est Europa, “modaiola” a Milano, dove Carolina si introduce nelle diverse feste del mondo fashion.

La sua è la testimonianza di una società senza dolore apparente, parafrasando il filosofo Byung-Chul Han. Di un mondo in cui il dolore viene assopito, anestetizzato per fingere che non esista. Un mondo narcisista di persone rifatte, mascherate, che non accettano la morte, dove tuttavia essa è dominante, in una dimensione di erotismo egotico. “Osservo ambiti molto superficiali, dominati dal consumismo, che, però, poi vado a scardinare proprio con il mio modo personale di vedere. Creo visioni frammentate e molto ravvicinate”.  

Alcune immagini sono in esterno, realizzate perlopiù a Las Vegas, dove le persone, soprattutto le donne, camminano quasi nude per strada, con i corpi completamente glabri. Nessuno si volta a guardarle, c’è la stessa naturalezza che troviamo nello sguardo di Carolina, che a quei mondi è abituata.
Il suo lavoro risente fortemente della sua formazione. Già in Colombia, suo paese d’origine, studia pittura, poi arriva in Italia, a Firenze, dove continua a farlo all’Accademia di Belle Arti. Lavora con e sui colori forti, che la riportano alla cultura primigenia, realizzando ritratti e paesaggi. Inizia quindi a studiare fotografia alla Santa Reparata International School of Art.

Il mezzo è secondario rispetto al fine, ma è come se Lopez avesse metabolizzato tutte le sue esperienze del passato per giungere a questa serie di lavori così forti e, per certi versi, coraggiosi, che in talune immagini la vedono anche protagonista.
In ognuna delle sue foto si ritrova la sua cultura latino-americana, la sua personalità spiccata, che la rendono diversa dall’ambiente in cui si trova a operare. In tal senso il suo lavoro è unico nel suo genere, perché è il punto di vista a essere differente. Carolina è un’osservatrice di immagini, una donna curiosa che si inserisce negli ambienti. 

Le protagoniste di quasi tutte le sue foto sono donne, delle quali in molti casi non è rappresentato il volto, oppure lo è ma in maniera irriconoscibile. Le sue sono evasioni nella notte, esistenziali.
È interessante ascoltare il racconto della sua modalità operativa: ”Se vengo a sapere che c’è un evento che mi interessa, cerco di rapportarmi con chi lo organizza chiedendo di essere lasciata libera di scattare. Non mi hanno mai detto di no. In genere in quel mondo sono tutti felici di esibirsi, di farsi riprendere. Al massimo te lo dicono se dà loro fastidio e io non scatto. Molti dei partecipanti sono amici oppure lo diventano con il tempo, altri sono professionisti della notte. Le donne amano essere fotografate da me perché gli piace come guardo il femminile e come lo traduco in immagine, dò loro sicurezza, non sono una voyeuse. Alcune si offrono persino al mio obiettivo”. Il dialogo, la chiacchiera precede ogni scatto. Carolina non vuole rubare nulla.

È colpita dalle mise, dalle tute, dai guanti, dalle calze, che la riportano a dimensioni altre, talvolta pittoriche, talvolta all’estetica sadomaso di Robert Mapplethorpe, artista amatissimo, ma anche all’arte antica giapponese, a un certo erotismo del mondo fluttuante. Anche qui i corpi fluttuano senza per forza trovare un senso alle loro azioni.
Spesso, come già scritto, il richiamo è alle dimensioni grottesche del burlesque, pratica che trova le sue origini nell’Inghilterra dell’800 e che ora ha preso piede nella nostra società fatta di eccessi, di selfie, di narcisismi di sorta. È la voglia di stupire e Lopez ama farsi stupire.
È affascinante la naturalezza con la quale l’artista colombiana affronta le situazioni, in lei non c’è mai alcun giudizio di natura morale, neppure in quelle più pesanti, né alcun intento caricaturale.

In una foto è ritratto un culo degno della pubblicità degli slip anni Ottanta: nessun intervento con Photoshop, è tutto naturale, anche perché il soggetto è una minorenne che, per lavoro, passa serate intere su un quadrato a farsi ammirare, e fotografare. È una coniglietta. A me vengono le lacrime. Quanta malinconia.
E ancora il locale milanese omosex dove lesbiche e gay sono più belli che mai. Stiamo uscendo dagli stereotipi odiosi di solo pochi anni fa. La sessualità è liquida, anch’essa fluttuante. Allora che bisogno c’è, proprio come nell’arte, di definire i generi?

Dieci fotografie del photobook Les Nuits Fauves saranno esposte nella mostra collettiva Il Corpo non mente, al PHOS Centro Fotografia Torino, in calendario dal 19 aprile al 30 maggio.

PHOS Centro Fotografia Torino, via Giambattista Vico 1, 10128 Torino (TO)

Per tutte le immagini, credits: Carolina Lopez

When art is a fashion affair

Il mondo dell’arte influenza in maniera sempre più incalzante quello della moda, ispirando creazioni dalla forte identità, non solo dal punto di vista creativo, ma per il valore di esclusività che ne deriva, visto il numero limitato di esemplari prodotti.
L’occasione è ghiotta per i brand più attirati dal settore che hanno approfittato del miart – l’evento che la città di Milano dedica alle gallerie e agli artisti più quotati dai primi del 900 alle avanguardie di settore – per dedicare speciali capsule ai nuovi interpreti delle arti visive e dei linguaggi del nostro tempo, con l’obiettivo di arricchire le collezioni di una nuova allure.
La manifestazione, che intende dare il via ad una nuova fase, il primo movimento di una forma musicale in più parti, e di una concreta accelerazione per il settore, ha visto consegnare i premi  LCA per Emergent, Premio Herno e Premio Acquisizione Covivio.

Premio LCA per ‘Emergent’: galleria Sans Titre

Il Premio LCA per Emergent, del valore di 4.000 euro, è stato assegnato alla galleria Sans titre (2016), Parigi. È stata invece Corvi-Mora, Londra la galleria vincitrice della settima edizione del Premio Herno, con opere di opere di Sam Bakewell, Dee Ferris, e Jem Perucchini all’interno della sezione Established.
Il riconoscimento, del valore di 10.000 euro, è stato assegnato allo stand con il miglior progetto espositivo dalla giuria internazionale composta da Diana Baldon (Direttore, Kunsthal Aarhus, Copenaghen) Stella Bottai (Curator-at-Large, Aspen Art Museum, Aspen) e Ines Grosso (Capo Curatore, Serralves, Porto).

Una delle opere della galleria Corvi-Mora, vincitrice del Premio Herno

Per la prima edizione del Premio Acquisizione Covivio, dedicato alla sezione Emergent, è stata selezionata l’artista Pamela Diamante  portata a miart dalla Galleria Gilda Lavia, Roma – a cui verrà commissionata un’opera site-specific con un investimento fino a 20.000 euro. L’opera prodotta, in linea con la filosofia di Covivio di promozione di artisti talentuosi ed emergenti, verrà installata in un immobile del business district Symbiosis di Milano progettato dallo studio ACPV ARCHITECTS Antonio Citterio Patricia Viel.

MODA E ARTE FUORI SALONE

Up To You Anthology, brand fondato da Nicolò Gavazzi, giovane imprenditore con una consolidata esperienza nel management di aziende quali Boffi e De Padova, porta avanti una missione che invita l’arte a sposare la moda attraverso un linguaggio libero e indipendente dalle dinamiche commerciali del fashion system. Il suo obiettivo, infatti, è quello di raccontare il mondo della borsa attraverso la visione estetica dei maggiori esponenti del design industriale, sfidandoli a cimentarsi in un campo diverso dal loro e invitandoli a interpretare la propria idea di questo accessorio con una chiave di lettura autentica e personale.

Borsa di Regine Schumann
Borsa di Regine Schumann

Guest star quali Nendo, Giulio Cappellini, Naoto Fukasawa, Vincent Van Duysen, David Chipperfield e Zaha Hadid Design Studio hanno accettato questa sfida, realizzando ciascuno un modello di borsa inedito e mai uguale a se stesso, dando vita a un vero e proprio oggetto da collezione che ogni stagione si arricchisce del contributo di nuovi talenti straordinari. Tra gli ultimi esemplari della tedesca Regine Schumann, protagonista al MIART con la sua Light Art sempre attraverso Dep Art Gallery in un’esposizione di luce che arriva al fruitore attraverso la percezione del colore, concetto che ritroviamo anche nelle sue borse che vivono attraverso le vibrazioni cromatiche scaturite dal rapporto unico e speciale tra la materia e la luce.

Antony Morato X Marco Lodola alla galleria Brera Site

Tra gli eventi collaterali, la galleria Brera Site ha ospitato Marco Lodola e Antony Morato per esporre la bellezza e la forza della contaminazione, in un’atmosfera immersiva che utilizza i codici pop delle luci al neon e dei led per rappresentare sagome di una società sintetizzata nelle icone anni 50 della bell’Italia che per l’occasione prendono vita, in un’edizione limitata, su t-shirt e felpe della collezione Antony Morato.
Una collaborazione, quella con Antony Morato, nata in modo naturale sulla base di passioni comuni, riferimenti e linguaggi. La cultura pop non può che abbracciare la moda quando questa le consente di esprimere al meglio il suo linguaggio inclusivo e universale” dichiara Marco Lodola.
Sempre più frequenti le occasioni in cui arte e moda scelgono la via del linguaggio semplice e immediato, con lo scopo comune di allargare il mondo dell’arte ad un pubblico ampio e sempre più aperto a sperimentazioni.

Nell’immagine in apertura, un’opera al neon di Regine Schumann

Johnnie Walker arriva in Italia con ‘Keep Walking Together’

Il premium whisky Johnnie Walker si affaccia alla scena italiana con l’iniziativa Keep Walking Together, che celebra il ritorno della musica dal vivo con una serie di concerti itineranti che si terranno tra aprile e maggio in alcune delle città più emblematiche per la canzone italiana.
Tre serate in puro stile Spaghetti Unplugged, durante le quali artisti emergenti si confronteranno con star della musica, dando vita a una festa ancor prima che un concerto: l’occasione perfetta per rendere omaggio alla musica che ci ha sempre accompagnato, seppur a distanza, negli ultimi anni.

Ad inaugurare la manifestazione il 6 aprile, all’Apollo di Milano, sarà Tananai, volto milanese sulla cresta dell’onda dopo l’esperienza sul palco dello scorso Sanremo (con Sesso occasionale). E non sarà solo. Dopo Milano, il testimone passerà quindi a Roma, il 4 maggio all’Alcazar, ed infine a Bologna il 18 maggio al Locomotiv Club, con altri due ospiti e “padroni di casa” d’eccezione.

Il percorso di Keep Walking Together prende vita due anni fa in altri paesi con una serie di concerti, volti a dare visibilità a band e talenti emergenti e a coinvolgere addetti ai lavori e club in un momento particolarmente delicato per l’industria musicale. La piattaforma è stata promossa da alcuni dei principali esponenti della musica internazionale, come i cantanti Dani Martín in Spagna e Konstantinos Argiros in Grecia. Il whisky numero 1 al mondo, dal sapore inconfondibile, promuoverà l’iniziativa ed offrirà agli ospiti la possibilità di brindare durante la rassegna di eventi con alcuni dei suoi signature drink, vivendo l’emozione dei concerti in prima fila.

Ora più che mai Johnnie Walker invita a sposare la filosofia del Keep Walking, festeggiando il presente con al proprio fianco le persone che ci hanno fatto compagnia e supportato per arrivarci, brindando al futuro perché questo cammino di sentimenti, gioia e convivialità prosegua ulteriormente.

Intenso skyline

Un rooftop place con connotazione urbanistica cosmopolita non poteva che essere scelto per ospitare la storia editoriale prodotta in collaborazione con Mark De Paola, firma della fotografia americana.
Nel lavoro visivo, in esclusiva per Manintown, si evoca l’intimità e l’intensità della fotografia di moda d’altri tempi dove l’approccio con la musa viene valorizzato dall’intensa carnalità.
Un laboratorio d’immagine che esplora le mutazioni e il fluttuare dell’interpretazione femminile e in cui l’intero team diventa factotum del processo creativo.

Total look Moncler, top in cristalli Rosantica

Lo skyline a cui si riferisce il progetto è quello che si ammira dall’ultimo piano del NYX Hotel Milan, una struttura al centro della vita milanese grazie alla sua posizione vicino alla stazione ferroviaria Milano Centrale, ideale per raggiungere tutte le zone della città, dal centro fino al Quadrilatero della Moda. 
L’hotel si contraddistingue per lo stile giovane e fresco. Inoltre, grazie alla collaborazione con artisti locali, offre spazi personalizzati in modo originale che consentono agli ospiti di vivere un’ esperienza unconventional e stimolante. Ne risulta un mood unico e moderno che avvolge ogni singolo guest, suggerendo nuovi percorsi per scoprire o riscoprire con occhi nuovi la città di Milano e fruire di affascinanti esperienze artistico-culturali, sia indoor che outdoor. 

Photographer Mark De Paola using Leica

Production & Styling Alessia Caliendo

Make up Eleonora Juglair

Hair Piera Berdicchia @ WM Management

Model Andrea Carrazco @D Management

Alessia Caliendo assistant Andrea Seghesio

Beauty Espressoh

Location NYX Hotel Milan

Nell’immagine in apertura, Andrea indossa total look Valentino, pochette con piume Halíte

Monte-Carlo Beach si aggiudica il 1° premio speciale Hotel & Lodge Awards 2022 nella categoria Green

Giovedì 24 marzo, al Pavillon Cambon, il Monte-Carlo Beach ha ricevuto il Premio Speciale Green durante la cerimonia di premiazione della terza edizione degli Hotel & Lodge Awards, promossa dalla rivista turistica leader in Francia. La redazione e la giuria, composta da professionisti del turismo, sono rimaste incantate dai valori della responsabilità ambientale e dello sviluppo sostenibile: i veri protagonisti del Monte-Carlo Beach Club.

L’ennesimo riconoscimento per il famoso hotel, che ha ottenuto la certificazione Green Globe nel 2014 (con status Green Gold dal 2018). Si afferma di nuovo così un’identità fortemente voluta dalla Direttrice Generale della struttura, Daniele Garcelon, da anni impegnata sul fronte della politica zero plastica, del riciclo dei rifiuti e del risparmio energetico e idrico. La struttura ha attuato una politica proattiva volta alla salvaguardia della biodiversità, in particolare con la creazione di una diga sottomarina nell’estate del 2021. La barriera, situata a 100 metri dalla riva, è progettata per proteggere la  spiaggia e favorire lo sviluppo della fauna marina, mettendola al riparo dalle mareggiate.

Nell’ottica di preservare l’ecosistema circostante, il Monte-Carlo Beach e il ristorante Elsa lavorano fianco a fianco con gli agricoltori del territorio, privilegiando i prodotti di stagione giunti a piena maturazione e gli orti e le tenute del posto, come il Jardin des Antipodes di Mentone per le erbe aromatiche e la frutta, o il Domaine d’Agerbol sulle alture di Roquebrune-Cap-Martin per gli ortaggi biologici a chilometro 0, dalla terra alla tavola.

“Ricevo questo premio con gioia e umiltà a nome di tutti i miei collaboratori, come riconoscimento e forte  incoraggiamento per il perseguimento del nostro impegno quotidiano”, dichiara Daniele Garcelon.

Fondazione Marcelo Burlon per il progetto ‘OutPut’

Durante la Milano Art Week 2022, Fondazione Marcelo Burlon presenta in collaborazione con Miart Milano OutPut, progetto curato da Davide Giannella, con le performance di Riccardo Benassi e Michele Rizzo. L’evento si terrà l’1 aprile in piazza Sempione a Milano, dalle 19:00 alle 21:00.
In un periodo storico in cui l’arte e la cultura sono state istituzioni fortemente colpite e sacrificate – con la chiusura di festival, musei e mostre – OutPut nasce come “nuovo inizio” in cui vengono aperte le “frontiere” di questi luoghi e spazi, per portare le discussioni in essi contenute in un contesto ampio e libero.

Attraverso le esibizioni di Riccardo Benassi e Michele Rizzo, OutPut cerca di provocare delle relazioni all’interno di una audience differenziata, così da enfatizzare l’importanza dello spettatore, sollecitando la partecipazione live. Il progetto cerca di unire l’arte contemporanea al territorio urbano e le amministrazioni della città con una ricerca tra luoghi, persone e la rappresentazione del nostro periodo storico.

I protagonisti della serata:

Riccardo Benassi

Vive e lavora a Berlino, il suo lavoro si è distinto per un approccio multidisciplinare che si focalizza sull’impatto tecnologico della nostra relazione con il mondo, riferendosi ai nostri device tecnologici. La sua esibizione intitolata Dancefloorensick – parola formata da dancefloor (pista da ballo), forensic (legale) e sick (malato); consiste in una serie di contenuti video divisi in capitoli, che uniti creano un flusso continuo di testo, immagini e suono.

Michele Rizzo

Artista trasferitosi ad Amsterdam nel 2007, ha prodotto una serie di spettacoli e spazi espositivi integrando l’estetica della club culture e del raving. Dal 2020 interagisce con il mondo del fashion collaborando con brand quali Off-White, Marni e Magliano.
Rizzo occuperà due momenti durante la serata: il primo per l’esibizione REST, ideata nel 2020 e legata al blocco sociale e fisico dovuto alla pandemia. REST sancisce il risveglio da un’età d’innocenza e la riattivazione di un corpo collettivo, sottolineando l’imperativo di prendere posizione nel proteggere altri individui.
Il secondo spazio sarà riservato a HIGHER xt: presentata per la prima volta nel 2018 ad Amsterdam, è un’analisi dell’artista su come la danza possa facilitare stati di transizione ed enfatizzare la connessione con pratiche para-religiose. In questa performance, i ballerini negoziano le loro barriere con se stessi e il collettivo.

Fondazione Marcello Burlon

È una fondazione senza fini di lucro che opera in Italia e all’estero portando avanti attività culturali, benefiche e sociali, con l’obiettivo di promuovere l’integrazione sociale e il miglioramento della qualità della vita, la conservazione di opere d‘arte, l’organizzazione di eventi, la diffusione di monografie per esaltare la diversità e la ricchezza dei linguaggi espressivi.
Si impegna nella lotta per i diritti umani, civili e politici di persone e minoranze culturali e di genere, focalizzandosi sulla sensibilizzazione e la conoscenza.

Oscar 2022: vincitori, vinti e look degli Academy Awards

Quella andata in scena stanotte a Los Angeles, la 94esima, è stata un’edizione degli Oscar in sordina, che rischia di essere ricordata soprattutto per un paio di episodi incresciosi. Clamoroso, senz’altro, il ceffone rifilato da Will Smith (per giunta uno dei trionfatori in quanto miglior attore protagonista, grazie all’interpretazione del padre/allenatore delle tenniste Serena e Venus Williams in Una famiglia vincente – King Richard) a Chris Rock, dopo la battuta (infelice) del comico sulla calvizie della moglie di Smith, Jada, che soffre di alopecia. L’ex principe di Bel-Air in seguito si è scusato, ma certo un gesto simile, davanti alla platea di star allibite, rimarrà negli annali dello show.
Smentendo le voci circolate nei giorni scorsi, inoltre, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky non è intervenuto alla cerimonia, e nel complesso la guerra scatenata dalla Russia è rimasta sostanzialmente ai margini, eccezion fatta per un minuto di silenzio, il discorso (piuttosto generico, in verità) di Mila Kunis (che ha origini ucraine) e il florilegio di coccarde, nastri e fazzoletti gialloblu, dentro e fuori dal Dolby Theatre. La timidezza, diciamo così, dimostrata dall’Academy nel trattare l’argomento ha peraltro già scatenato polemiche e critiche.

Jessica Chastain (ph. by Robyn Beck/AFP via Getty Images)
Will Smith e Jada Pinkett Smith (ph. WireImage)

L’Italia esce a mani vuote dalla serata hollywoodiana: ad aggiudicarsi il premio come miglior pellicola straniera è infatti Drive My Car, a scapito degli altri quattro contendenti tra cui il sorrentiniano È stata la mano di Dio; Jenny Beavan di Cruella soffia la statuetta per i costumi a Massimo Cantini Parrini (candidato per Cyrano); il film d’animazione Disney Encanto, strafavorito, conferma le previsioni della vigilia sbaragliando gli avversari, compreso Luca del nostro Enrico Casarosa.
Significativa l’affermazione di I segni del cuore – Coda, storia dell’unica persona udente in una famiglia di sordi che, partita da outsider, porta a casa tre degli Oscar di maggiore peso, cioè miglior film, sceneggiatura non originale e attore non protagonista (Troy Kotsur, primo interprete sordomuto a vincere il premio).

Luisa Ranieri, Paolo Sorrentino con la moglie Daniela, Filippo Scotti (ph. by Angela Weiss/Getty Images)

Bissa il successo dei recenti Critics Choice Award Jane Campion, miglior regista con Il potere del cane, mentre la radicale trasformazione cui si è sottoposta Jessica Chastain, per il ruolo dell’omonima telepredicatrice in Gli occhi di Tammy Faye, le vale il titolo di best actress, centrato alla terza nomination.
Fa incetta di riconoscimenti, seppur tecnici, il kolossal sci-fi Dune (premiato per montaggio, fotografia, colonna sonora, effetti speciali, scenografia e sonoro); altre statuette sono andate poi a Billie Eilish (insieme al fratello Finneas) per la miglior canzone originale (No Time to Die, brano dell’ultimo film di 007), ad Ariana DeBose (miglior attrice non protagonista), a Belfast (migliore sceneggiatura originale) e, nella categoria documentario, a Summer of Soul (…Or, When the Revolution Could Not Be Televised).

Ariana DeBose (ph. by Jeff Kravitz/Getty Images)

Note positive arrivano invece dai look della kermesse, che stavolta riserva parecchie, gradevoli sorprese negli outfit maschili apparsi sul red carpet più atteso e scrutato del globo. Non poche tra le celebrità giunte all’epico teatro di Hollywood Boulevard, infatti, pur senza sottrarsi ai precetti formali richiesti dall’occasione, mostrano come sia possibile coniugare originalità ed eleganza aurea, distinguendosi ciascuno a modo proprio. Lo fa innanzitutto Timothée Chalamet, novello wonderboy del cinema che, in fatto di uscite di gala, non sbaglia un colpo: si presenta con uno spencer glitterato che è tutto uno sfolgorio, portato a pelle, su pantaloni a sigaretta scuri, boots lucidati a specchio (di Louis Vuitton, come il suit) e collana con pendente ferino di Cartier; l’azzardo è notevole, ma il buon “Timmy” va inserito di diritto nei best dressed men degli Oscar.

Sulla stessa scia Andrew Garfield in modalità dandy, regale nel suo ensemble Saint Laurent, ossia blazer di velluto purpureo sopra pants affusolati, con tanto di fiocco anni ‘70 al posto del tradizionale papillon.
Non passa certamente inosservato nemmeno Kodi Smit-McPhee: l’attore rivelazione de Il potere del cane osa la sfumatura dell’azzurro pallido, insolita per una grande soirée, distribuendola sull’intera mise Bottega Veneta, composta da giacca double-breasted, calzoni pennellati, stivaletti, un prezioso girocollo in luogo della cravatta.

La keyword per decifrare l’outfit (Valentino) di Jamie Dornan è rilassatezza, condita con un pizzico di eccentricità: lo smoking, sfoderato, è un filo più lungo del dovuto, e sulla suola delle scarpe derby sono incastonate minuscole borchie. Trasuda souplesse anche l’abito di Jake Gyllenhaal (senza bow-tie, a conferma del mood disinvolto), per non parlare di quello firmato Maison Margiela di Travis Barker, accessoriato da sunglasses (una rockstar non si smentisce mai, no?) e broche a goccia di diamanti sul risvolto. Proprio le spille si rivelano un plus gettonatissimo tra gli uomini: brillano infatti sui revers dei blazer di Wilmer Valderrama (un bel doppiopetto velvet color verde pino), Jay Ellis, Karamo Brown e Rami Malek. Quest’ultimo, tra l’altro, affronta i flash dei fotografi con occhiali da sole aviator, chioma leggermente spettinata, mano sinistra nella tasca e, in generale, l’atteggiamento un po’ sornione di chi non indossa, come fa lui, un tuxedo su misura Prada.

In quota bling bling troviamo il completo del dj D-Nice, tempestato di cristalli, all’estremità opposta dello spettro fashion il sobrio look Zegna di Javier Bardem, tramato di disegnature paisley, ton sur ton col blu profondo della giacca.
Ligi all’etichetta, e per questo impeccabili, sono infine Shawn Mendes e Nikolaj Coster-Waldau, entrambi in smoking (nero Dolce&Gabbana per il cantante, bianco per l’ex Jamie Lannister di Games of Thrones) dal fit perfetto.

In apertura, il cast di I segni del cuore – Coda

RIAPRE IL METROPOLE DI TAORMINA: UNA STAGIONE DI RINASCITA

Sarà una primavera di rinascita quella del 2022 a Taormina e il Metropole Maison d’Hôtes vuole esserne protagonista, confermando il valore iconico di una struttura ricettiva tra le più esclusive e ricercate della cittadina medievale. Nel cuore del centro storico, affacciato su una falesia prospicente le acque blu della baia di Naxos, Il Metropole Maison d’Hôtes riapre per la stagione primaverile ed estiva, con un sentiment generalizzato di ottimismo e di fiducia sul ritorno in grande stile di questa intramontabile destinazione. Una rinascita che già nella precedente stagione aveva dato segnali incoraggianti e che ha trovato conferme nell’arrivo, costante, di prenotazioni sino all’autunno da una clientela internazionale, oltre agli italiani.

Taormina. Hotel Metropole

Taormina è un unicum assoluto. La nostra Maison d’hotes è posta nel punto dove si gode l’incanto di un paesaggio straordinario. Vivere un’esperienza da noi, significa immergersi in questa cartolina dal fascino intramontabile, realizzando il sogno di un soggiorno indimenticabile”. Così Giuseppina Costantino – direttrice del Metropole da oltre due lustri – spiega l’essenza di un hotel senza tempo, autentico e dal fascino contemporaneo.

Il gusto raffinato di una tradizione attenta a ogni singolo dettaglio, la ricercatezza di una cucina gourmet in grado di allietare i palati internazionali più esigenti, un’idea di benessere che, oltre al corpo, accarezza lo spirito e la mente. E poi la cultura, il cinema, la musica, l’arte, che trovano nel Metropole di Taormina una casa accogliente e distintiva. Il Festival del Cinema ha sempre scelto il Metropole per gli appuntamenti più prestigiosi: dalle conferenze stampa affollate di giornalisti di tutto il mondo, al soggiorno di registi e interpreti dello star system hollywoodiano. Il Metropole è anche questo: con iniziative, incontri ma anche concerti jazz ed eventi dedicati. Questa è la formula che connota il senso dell’ospitalità del Metropole.

Charme e storia si fondono con il mood contemporaneo degli interni donando uno stile ricercato e unico alla struttura; all’esterno, l’atmosfera avvolgente dei luoghi naturali che circondano l’hotel delizia gli occhi di chi fa il suo ingresso nell’albergo. Così, le tre terrazze, in piena continuità visiva con l’ambiente circostante, offrono ai visitatori uno dei panorami più suggestivi e iconici della Sicilia.

La Terrazza Bellevue, al pianterreno, ospita il ristorante NeoBistrot Bellevue, dove è possibile degustare i piatti del Menu gourmetconcepiti e curati dallo chef Antonio Puglisi, e proposti rispettando la tradizione del luogo e l’unicità degli ingredienti mediterranei.

Il Sensus Bar, adiacente al ristorante, è noto per accogliere gli ospiti durante gli aperitivi all’ora del tramonto, momento in cui la terrazza a picco sul mare svela tutto il suo splendore; qui è possibile sorseggiare una tra le 130 etichette di gin, provenienti da tutto il mondo, appositamente selezionate dal residente bartender, accompagnando il momento dell’aperitivo con una proposta di finger food preparati secondo la stagionalità dei prodotti.

La Terrazza Metropole, al piano inferiore, è destinata ad accogliere i visitatori durante la bella stagione con il ristorante en plain air o per cene e party esclusivi. Attraversando l’antico corridoio in pietra risalente al XIV secolo, si accede al belvedere al piano -2 che accoglie uno dei fiori all’occhiello della struttura, ovvero la piscina a sfioro, sospesa tra cielo e mare. Idealmente concepita come proiezione prospettica della linea dell’orizzonte, la piscina offre uno scenario perfetto per i momenti di ristoro tra un bagno e un cocktail nella zona solarium.

Alle spalle dei terrazzamenti si erge la struttura del Metropole che, nei suoi 3 piani, ospita i clienti dell’albergo con 25 camere (tra cui 14 suite), con affaccio sul golfo o sul centralissimo Corso Umberto, storica via dello shopping e del passeggio di Taormina.

Nella parte più antica della Maison d’Hôtes, si sviluppa l’esclusiva Metropole SPA che offre un’esperienza di benessere interamente ispirata all’approccio olistico di Maria Galland: i trattamenti, basati sul concetto di bellezza soggettiva e dipendente dalle caratteristiche particolari di ciascun individuo, sono personalizzati per ogni cliente e guidati da otto rituali di benessere tra cui il Mosaique – dove il trattamento di ogni zona del viso è differenziato – o il Sublime Jeunesse – dedicato alla riattivazione delle funzioni fondamentali della pelle.

Alcantara, “Customization is the key”

Protagonista indiscussa dell’evento Alcantara in collaborazione con Lamborghini è l’estrema customizzazione degli interni delle auto Aventador Ultimae e Huracán STO.
Gli ospiti sul black carpet di Spazio Manin Milano hanno vissuto un’esperienza immersiva avvolti dalle macro installazioni delle due iconiche Lamborghini.

Ad incorniciare i masterpiece da sogno esposti sono le riproduzioni in versione maxi di cruscotto, portiere ad apertura verticale e sedili, tutti ricoperti in Alcantara, impreziositi dall’iconico pattern Lamborghini.

Nell’universo automotive, le caratteristiche tecniche dell’esclusivo materiale, come la leggerezza, la traspirabilità e il grip estremo, si rivelano più che mai straordinarie, e si coniugano con l’emozione estetica data dal soft touch e dall’eleganza. In particolare, per il modello di Lamborghini Aventador Ultimae, realizzato in circa 500 esemplari, è stata utilizzata Alcantara laserata con motivo a Y e backing a contrasto, donando al lussuoso abitacolo un tocco di ricercatezza assoluta.

«Siamo molto felici di poter collaborare con brand del calibro di Lamborghini che come Alcantara coniuga tecnologia e artigianalità, emozione e performance», ha detto Andrea Boragno, Chairman & CEO di Alcantara. «Grazie alla sua qualità cento per cento Made in Italy e alla sua esperienza nella customizzazione, Alcantara è la scelta dei marchi più ammirati al mondo».

Andrea Boragno con Mariano Di Vaio

Tradizione, piacere e benessere sulla Riviera di Levante al Grand Hotel Bristol Resort & Spa

La Dolce Vita rivive a Rapallo al Grand Hotel Bristol Resort & Spa

Una raffinata dimora storica risalente al 1908 in stile Liberty, il Grand Hotel Bristol Resort & Spa si affaccia sul suggestivo Golfo del Tigullio. In un susseguirsi di piacevoli insenature, invitanti spiagge attrezzate e porticcioli in cui attraccano barche di pescatori e yacht, questo tratto della Riviera Ligure, meta negli anni Cinquanta e Sessanta del jet-set internazionale, è divenuto luogo simbolo della Dolce Vita italiana. Tra paesaggi incantevoli, clima mite e piccole località eleganti, l’area è tutt’oggi un luogo ambito per una vacanza rilassante ed esclusiva.
Il Grand Hotel Bristol Resort & Spa, gioiello della tradizione della grande hotellerie ligure, immerso nella macchia mediterranea, sorge a Rapallo, località accogliente della riviera di levante. Con il suo centro storico pittoresco e colorato, il lungomare Vittorio Veneto all’ombra delle palme, gli stabilimenti balneari e due piccoli porti, il borgo è il luogo ideale anche per esplorare le bellezze dei dintorni. Il Santuario di Montallegro, facilmente raggiungibile con una funivia di inizio secolo, svela uno splendido panorama sul golfo, mentre Portofino, con le sue case colorate e la celebre piazzetta, dista solo pochi chilometri, così come l’elegante borgo di Santa Margherita Ligure e le magnifiche e scenografiche Cinque Terre.

Il Grand Hotel Bristol Resort & Spa, con 83 camere e suites, circondato da un rigoglioso giardino di vegetazione mediterranea, si distingue per la sua facciata in pieno stile Liberty che si armonizza perfettamente con il linguaggio moderno degli interni e dei decori. Un’oasi verde che si fonde con lo spazio circostante a rappresentarne quasi un continuum, la struttura si apre su un’ampia terrazza panoramica, che si affaccia a sua volta su una grande piscina a sfioro, con una posizione privilegiata a strapiombo sul mare. Il Pool Bar, informale e accogliente, offre la possibilità di consumare un light lunch o magari, di sorseggiare un drink al tramonto a bordo piscina, nella quale immergersi con uno sguardo proiettato verso l’orizzonte.

Alla scoperta della tradizione enogastronomica ligure al Grand Hotel Bristol

Punto di forza del Bristol è il Ristorante Le Cupole, sul rooftop dell’hotel, con vista mozzafiato sul promontorio di Portofino e su tutto il Golfo del Tigullio. Qui, lo chef Graziano Duca alterna sapientemente tradizione, creatività e innovazione grazie ad una cucina ligure vera e genuina, sublimata dall’utilizzo di ingredienti del territorio di alta qualità. I prodotti utilizzati per esaltare i piatti provengono da coltivatori e artigiani della zona così come i vini liguri, attentamente selezionati.
Duca racconta così la sua idea di cucina che punta sulla riscoperta dei sapori autentici reinterpretati in chiave contemporanea: “La tradizione è rimasta una componente fondamentale nelle mie proposte. Mi piace riscoprire piatti evergreen come la cima alla genovese o il classico vitello tonnato che, rivisitati e reinterpretati con tecniche moderne diventano dei piatti prelibati, un connubio perfetto tra tradizione e contemporaneità. Il mio stile di cucina è autentico e genuino, ma dai sapori nitidi, pochi ingredienti ma con tanto gusto e sapore”.

Il ristorante Le Cupole
Il bar

A completare l’offerta gastronomica dell’hotel, il Bristol Bistrot, con ampie vetrate che illuminano lo spazio interno, è il luogo per consumare una ricca colazione o cenare scegliendo tra piatti e vini tipici locali. E dopo cena, il bar La Via della Seta, che si distingue per la sua selezione di cocktail attenta e ricercata, permette di vivere un’esperienza sofisticata in un’atmosfera lounge.

Una pausa di benessere per corpo e mente sulla Riviera di Levante

Un vero e proprio rifugio rigenerante al Grand Hotel, la Erre Spa Bristol si sviluppa su due mila metri quadri e apre le porte verso una dimensione orientata al benessere psico-fisico: trattamenti viso e corpo, programmi diversificati e personalizzati ed esperienze multisensoriali. Sauna, bagno turco, bagno mediterraneo, piscina coperta, zone idromassaggio, idrogetti, docce emozionali, cascata di ghiaccio, percorso Kneipp, zone relax a tema e una tisaneria offrono una pausa rinvigorente in una cornice suggestiva.

La Spa
La Spa

Struttura di prestigio parte del Gruppo R Collection Hotels – che attraverso la sua visione mette al centro il territorio, la sua storia e la sua identità – il Grand Hotel Bristol Resort & Spa, con il lussureggiante giardino, la grande piscina, il ristorante gourmet Le Cupole, il bar all’avanguardia La Via della Seta e la Spa, angolo avvolgente ed energizzante, è quindi il luogo perfetto per vivere una vacanza all’insegna del piacere e del comfort in uno scenario naturale mozzafiato.

Il ritorno di Martins Imhangbe con Bridgerton 2

Martins Imhangbe, meglio conosciuto come Will Mondrich, il bellissimo pugile di Bridgerton, sta per tornare su Netflix con la seconda stagione della serie, in uscita il 25 marzo.
Tante le novità sia per lui che per tutto il resto dell’amatissimo cast che, lo scorso anno, è stato anche nominato per la categoria miglior ensemble dalla Screen Actors Guild.
Lui, attore preparatissimo, arriva dal teatro classico, luogo dove si è forgiato professionalmente, sempre coltivando la sua passione per il pugilato.

Raccontami la tua storia, arrivi dalla Nigeria, sei stato per un periodo in Grecia ed ora sei a Londra...

Sono emigrato dalla Nigeria con mio padre, appena arrivati in Europa siamo stati due anni in Grecia per poi arrivare in Inghilterra, dove ci siamo stabiliti a Londra, ora però lui ha fatto il giro completo ed è tornato a vivere in Africa.

Hai sempre saputo di voler fare l’attore?

Assolutamente no, a me è sempre piaciuto disegnare in realtà, e mi considero tutt’oggi un artista, quando andavo a scuola tornavo a casa e mi mettevo a dipingere e colorare, mi piaceva tantissimo.
La recitazione è venuta molto dopo, solo per il fatto che percepivo che, guardando uno spettacolo a teatro, sentivo l’energia di quelle persone in movimento sul palco. Così ho iniziato a studiare ma più che altro per divertimento, poi diventando grande ho capito che poteva diventare veramente un lavoro.
Devo ringraziare tutte le persone che mi hanno orbitato intorno, facendomi capire che avevo delle qualità da sfruttare, da solo non mi sarei mai applicato.

Sta per arrivare la seconda stagione di Bridgerton, secondo te come mai è stato un successo di Netflix in tutto il mondo?

Il motivo principale credo sia il tema dell’inclusione che ha accomunato tante persone di tanti paesi diversi, in più la prima stagione era arrivata in un momento particolare, ovvero quello del post lockdown di Natale 2020.
È un po’ come se tutti avessero avuto la loro occasione di sfuggire dal proprio mondo con la serie.

È divertente girare in costume?

Oddio, certamente lo è, l’unica cosa è che quegli abiti non sono esattamente comodi come una tuta, e quando sei sul set per dodici ore, diventa un po’ difficile. Però mentre sei lì ti rendi conto di quanto siano spettacolari i costumi e, ancor più, di quante volte possa capitarti di indossarli, quindi ti senti privilegiato.

Lo scorso anno siete anche stati nominati dalla Screen Actors Guild per il premio miglior ensemble, cosa mi dici a proposito?

Dico che è successo davvero tutto talmente in fretta che non ce ne siamo quasi resi conto, la serie è uscito a dicembre e a febbraio eravamo nominati, è stato incredibile.
Eravamo tutti davvero molto orgogliosi, l’unico dispiacere è stato che a causa della pandemia non abbiamo potuto essere a Los Angeles in presenza, ma solo tramite Zoom da casa, insomma speriamo in una seconda volta live!

Sei un attore super serio, sei anche stato nominato come miglior interprete per il tuo Riccardo II a teatro.

Ho sempre fatto tantissimo teatro, anche perché alla fine è proprio il modo in cui mi sono formato, e sono pienamente convinto che non ce ne sia uno migliore, perché quando hai gli spettatori davanti a te, non gli puoi mentire.

Cosa ci possiamo aspettare dal tuo personaggio, Will Mondrich, nella nuova stagione?

Posso anticipare che vedremo un lato molto più imprenditoriale, insomma una vera crescita in una nuova esperienza di vita.

Sei sempre stato appassionato di boxe?

Si, quello amo della boxe al di sopra di tutto è la disciplina e il dover mantenere sempre davanti a te l’obiettivo, trovo che sia uno sport meraviglioso, anche se non sono mai stato sul ring per un combattimento, almeno non ancora.
Poterlo fare ovviamente richiederebbe un training incredibile, e per ora non ho tempo.

Per tutte le foto, credits Klara Waldberg

Milano Graphic Festival

Il 25 Marzo si apriranno le porte del primo festival dedicato al graphic design, all’illustrazione e alle culture visive. Con sede Milano, il festival durerà tre giorni fino al 27 marzo e conterà 80 appuntamenti tra cui mostre, workshop, talk e tanto altro.

I principali hub saranno BASE MILANO e Certosa Graphic Village, ma gli eventi si svolgeranno in tutta la città coinvolgendo strutture quali ADI Design Museum, MUDEC, Castello Sforzesco.

La particolarità del festival è l’essere aperto a tutti per far conoscere il mondo del graphic design a chiunque ne fosse interessato, ha infatti riscosso grande attenzione e interesse da parte del comune di Milano e dei principali interlocutori del mondo culturale.

“[…] Un progetto cresciuto giorno dopo giorno grazie al contributo e alla generosità di tutti coloro che, gia in occasione di questa prima edizione, hanno deciso di sostenerlo e di partecipare attivamente alla sua costruzione. Un’iniziativa condivisa che ha come missione quella di portare il pubblico ad acquistare sempre più consapevolezza del valore e dell’efficacia del linguaggio visivo che, attraverso il progetto grafico e l’immagine, parla al cuore delle persone in maniera immediata e si fa strumento di riflessione […]” Francesco Fontina – curatore del Milano Graphic Festival.

Foto Silvia Galliani

L’aspetto visivo è da sempre, ma ora ancora di più, uno dei pilastri che fondano l’efficacia e le potenzialità della comunicazione. È importante essere consapevoli di cio che fa parte delle nostre vite in maniera cosi attiva e che ci influenza profondamente; infatti l’obiettivo di Milano Graphic Festival è portare all’attenzione del grande pubblico il mondo delle comunicazioni visive optando per un approccio inclusivo.

Tra le mostre principali che il pubblico avrà la possibilità di visitare c’è SIGNS. Grafica Italiana Contemporanea a cura di Francesco Dondina – che intende offrire uno spaccato sullo stato della grafica e del design della comunicazione italiana. Al Certosa Graphic Village sarà invece possibile visitare, tra le tante, la mostra Generazione YZ con tema la grafica urbana.

Alcuni degli argomenti di cui tratterrà il festival sono: il rapporto tra design e social media, il city branding, la rigenerazione urbana, la sostenibilità, l’identità di genere nell’ambito del visual design, le discriminazioni e i privilegi all’interno del graphic design e il femminismo, con la mostra Volti, Voci, Mani e il talk Uncover.

Milano, dopo la lunga pausa per il Covid sta lentamente riacquistando la frenesia e l’amore per la cultura a cui ha dovuto rinunciare per molto tempo. Il festival, come primo evento pubblico di grande portata, sarà sicuramente simbolo della ripartenza per la città e rappresenta la speranza che si possa ritornare presto a vivere presto di arte e cultura, lasciando questo periodo come lontano ricordo.

L’iscrizione al festival e il programma completo sono disponibili sul sito www.milanographicfestival.com.

Filippo De Carli in ‘Guida astrologica per cuori infranti’

Dopo le tragicomiche vicende d’amore della prima stagione, Guida astrologica per cuori infranti torna a raccontare le vicende di Alice (Claudia Gusmano), con la seconda stagione uscita l’8 marzo su Netflix con 6 nuovissimi episodi a tema segni zodiacali.

Durante la prima stagione vediamo Alice in crisi per l’ex fidanzato Carlo (Alberto Paradossi), in procinto di sposarsi e di avere un figlio, che incontra Davide (Michele Rosiello), collega e presto fiamma della protagonista. Quando però, con l’aiuto dell’amico astrologo Tio (Lorenzo Adorni), le cose sembrano andare per il verso giusto, Alice scopre Davide mentre bacia un’altra, lasciandoci con un finale che mette in dubbio cio che sarà della loro relazione.

Guida astrologica per cuori infranti, credits Netflix
Guida astrologica per cuori infranti, credits Netflix

Durante la seconda stagione, Alice ritorna più confusa di prima fino a quando non incontra Giorgio (Filippo De Carli), personaggio di cui si innamorerà e che porterà non poche complicazioni alle dinamiche già esistenti tra i protagonisti della serie.

Ph. by Davide Musto

De Carli, come ci ha raccontato l’anno scorso in un’intervista, in realtà è approdato sullo schermo per casualità nel 2015, con il suo esordio cinematografico nel film La felicità è un sistema complesso.

Dopo questo primo progetto, però, ha deciso di seguire professionalmente la strada della recitazione iniziando dei corsi a Roma, fino a partecipare a progetti importanti come House of Gucci di Ridley Scott e la sesta stagione della fiction Rai di successo Un passo dal cielo.

Approdato quest’anno anche su Netflix, l’attore dimostra – coerentemente con la serie in questione – che il caso e la “fortuna” non bastano, e per ottenere dei risultati la determinazione e l’impegno sono fondamentali.

Per l’immagine in apertura, ph. by Davide Musto

Stefano Cocco: l’uomo delle stelle

In dialogo con Stefano Cocco, l’editore e imprenditore romano con un passato nella ristorazione che oggi si divide tra il lavoro come critico enogastronomico e un nuova serie tv che sarà on air dalla prossima settimana. Il suo è un orizzonte vocato all’apertura costante: il mondo è la sua casa mentre il viaggio è una continua fonte di ispirazione. La buona cucina e il buon vino sono una passione che vive e contempla con dedizione e ogni esperienza a tavola diventa, nelle pagine del suo giornale, un racconto vivido e intenso di ogni particolare. 



Nella nuova serie Uomo delle stelle, in onda dal 7 Marzo su Sky e Now, Stefano aka l’uomo delle stelle è protagonista delle vicende comiche e divertenti che ruotano attorno al ristorante in cui è ambientata, tra chef e camerieri un po’ inesperti che regalano pillole e consigli sul mondo food and beverage. 

Come è andata questa prima esperienza da attore?

Quello della recitazione non è il mio campo, nella vita sono un critico enogastronomico quindi all’inizio c’è stato un po’ di imbarazzo. I miei colleghi però sono stati molto disponibili, il regista mi ha messo subito a mio agio facendomi esprimere normalmente, come farei nella vita quotidiana.

Quindi il tuo personaggio ha molte similitudini con il tuo ruolo nella vita di tutti i giorni?

Certo, gli episodi riflettono la mia attività nelle giornate normali. Mi confronto quotidianamente con realtà in difficoltà o con aree da migliorare. Sono stato anche io ristoratore per molto tempo e oggi riesco ad essere un supporto in molte situazioni, proprio come nella serie.


Stefano Cocco, si racconta mentre presenta il suo nuovo progetto come attore nella serie "Uomo delle Stelle"

Quali sono le qualità fondamentali nel tuo lavoro di critico?

Per prima cosa devi essere un buon osservatore, guardare bene quello che accade nel ristorante, come si muove il personale e capire come raggiungere gli obiettivi. A seguire, una grande empatia.

Cosa ne pensi del ruolo degli influencer nel tuo ambito?

Credo che l’influencer puro non abbia ragione di esistere, ci sono dei personaggi molto giovani che a volte si permettono di giudicare lavori di esperti con anni di lavoro alla spalle in 4 parole riassumendo tutto. Questo non mi piace. Anche alcune famose community food sono troppo democratiche. Per dare un giudizio onesto devi conoscere bene cosa ci sia dietro ad un piatto, da questo punto di vista i social hanno dato troppo potere e alcuni se ne approfittano.

Io sono di Milano e tu di Roma, dove mi consiglieresti di mangiare in queste due città?

A Roma sicuramente non da uno stellato. Se vuoi entrare nelle dinamiche della città ti consiglierei una tipica osteria romana, un posto non turistico magari nel quartiere giudaico. Su Milano ti direi sempre di provare posti che si rifanno alla tradizione, magari con ossobuco e risotto. Quelli che ti fanno capire i veri sapori della cucina di una volta.

Quale viaggio ti ha lasciato di più dal punto di vista gastronomico?

Decisamente la Corea del Sud, è il viaggio che mi ha lasciato più ispirazioni. Lì ho visitato molti ristoranti da quelli tradizonali a quelli più in voga. Ho capito che il coreano medio mangia molto bene: poche calorie, dinamicità nei piatti, diversità e ricerca. Il Kimchi ad esempio è una ricetta molto divertente.

La tua cucina preferita invece?

Amo la cucina francese, fatta di rigore e tecnica. Sono due elementi fondamentali e un grande valore aggiunto. 

Una tua passione fuori dal lavoro?

Sono un grande appassionato di padel, un gioco nuovo, moderno e divertente. Poi il calcio, da sempre. Ho girato il mondo per vedere partite.



A quali progetti stai lavorando oltre alla serie? 

Stiamo già preparando la seconda, per dare ciclicità e le idee nuove non mancano. Poi un desiderio più che un progetto: mi piacerebbe molto partecipare come giudice al programma 4 matrimoni, amo questo format.

Lato rivista invece (il magazine So Wine So Food) uscirà la nostra guida, composta da persone e non da luoghi fisici. Racconteremo una serie di personalità del mondo hotellerie e  ristorazione, l’uscita è prevista per la prossima estate.

Ph Credits – Simone Proietti Marcellini

Fab Five, 5 titoli in streaming da non perdere a marzo

Bridgerton 2, per tutti gli appassionati della prima stagione, dal 25 marzo su Netflix


Ph. Liam Daniel/Netflix

Secondo voi ci può essere qualcosa di più interessante di una serie che tocca temi legati al femminismo, annulla la discriminazione di genere, racconta delle rigide usanze sociali della Londra dell’inizio del 19° secolo, è piena di storie d’amore romanticissime, il tutto narrato da una segretissima voce che lascia trapelare gossip sconvolgenti? Io non penso.
Ebbene tutto questo è Bridgerton, il primo progetto di Shonda Rhimes insieme a Netflix, uscito il 25 dicembre 2020 e diventato ben preso un successo mondiale, con 82 milioni di utenti collegati nel primo mese; sicuramente il suo successo è dovuto al fatto che combina tutte le parti migliori di Orgoglio e pregiudizio e Gossip Girl.

Coinquilini impossibili (sembra davvero da non perdere) dal 1° marzo su Netflix



Sarà capitato anche a voi di convivere, almeno per un periodo della vostra vita, con qualcuno di impossibile. Di storie di coinquilini strani e bizzarri se ne sentono ogni giorno, ma le quattro storie raccontate nella docuserie Coinquilini impossibili, arrivata su Netflix il primo marzo e prodotta dalla Blumhouse Television di Jason Blum, sono sicuramente peggiori delle vostre. La serie sarà composta da cinque episodi.

Guida astrologica per cuori infranti 2, dall’8 marzo su Netflix



Se vi è piaciuta la prima direi di non perdervi la seconda stagione, con le avventure di Lorenzo Adorni in una Torino tutta da scoprire.
Non c’è da meravigliarsi se è passato così poco tempo tra una stagione e l’altra; essendo infatti la seconda già stata girata insieme alla prima, era molto probabile che Netflix annunciasse il rilascio delle puntate a distanza di pochissimo tempo da quelle del primo capitolo, disponibile sulla piattaforma dallo scorso 27 ottobre 2021.

Lucy and Desi, documentario Amazon Original, dal 4 marzo


Ph. Archive Photos/Getty Images

Lucy and Desi è il documentario d’esordio della regista, attrice e comica Amy Poehler che esplora il mondo reale di una delle coppie televisive più famose d’America. Lucille Ball e Desi Arnaz hanno rischiato tutto per stare insieme. Il loro amore reciproco ha portato alla creazione dello spettacolo più influente della storia della televisione, I Love Lucy. Desi – rifugiatosi in America da Cuba, dopo che la sua famiglia aveva perso tutto durante la rivoluzione cubana del 1933 – è diventato prima il frontman di una band, poi un attore e infine un brillante produttore e pioniere tecnico. Lucille è nata dal nulla e, con un’etica del lavoro senza eguali, ha costruito una carriera come modella, corista e infine attrice.

Il Re, dal 18 marzo su Sky


Ph. Andrea Pirrello

Il primo prison drama targato Sky Original, con Luca Zingaretti. La serie, in otto episodi diretti da Giuseppe Gagliardi (199219931994Non Uccidere), vede l’amatissimo attore romano protagonista nei panni del controverso direttore di un carcere di frontiera, sovrano assoluto di una struttura – il San Michele – in cui nessuna delle leggi dello Stato ha valore, perché il bene e il male dipendono unicamente dal suo giudizio. Fino a quando le indagini di un pubblico ministero (interpretato da Anna Bonaiuto) non intralciano il suo operato. Il Re è prodotta da Sky Studios con Lorenzo Mieli per The Apartment e con Wildside, entrambe società del gruppo Fremantle, in collaborazione con Zocotoco.

In apertura, ph. Liam Daniel/Netflix

La Hechicera è il “ron” esuberante che celebra l’abbondanza e il rinascimento colombiano

È stato presentato a Milano, in un clima immersivo di sapori colombiani, La Hechicera – il rum che custodisce tutta la ricchezza di emozioni di una terra che sta vivendo il suo rinascimento: la Colombia.
A raccontare il mix di blend pregiati invecchiati da 12 a 21 anni e maturati in botti ex bourbon c’erano Paolo Guasco brand Manager de La Hechicera e Miguel Riascos, managing director e co-founder, terza generazione di una famiglia i cui valori hanno a che fare con la magia delle esperienze e con la passione per un’attività di altissima qualità. Ed è il nonno che ha rivoluzionato il metodo di distillazione, utilizzando quello del Maestro Ronero Giraldo Mituoka e l’invecchiamento rigorosamente con metodo Solera, con botti a piramide, fino a 21 anni.



Hechicera significa incantatrice, per un rum che come una pozione si pone l’obiettivo di sedurre e “incantare” col suo aroma, evocando lo spirito libero, seducente ed esotico di un luogo popolato da uccelli variopinti ed altri animali misteriosi come la mantide religiosa, impressa sulla ceralacca blu cobalto che sigilla l’etichetta della bottiglia, un colore acceso che evoca freschezza e contemporaneità.
Un rum che conquista con sentori di caffè e vaniglia, avvolti da spire di cioccolato, platano e mentolo; conquista il palato con un distinto aroma di cannella, espresso e spezie come pepe nero e chili, cioccolato fondente e confettura di prugne.  

5 Serie TV da non perdere in questo periodo

Tra Netflix, Sky e la Rai, il mondo dell’intrattenimento è in pulpito per nuove serie uscite o in uscita in questo periodo. Prima di tutto, la top 10 di Netflix è da giorni occupata da tre nuovissimi originali del magnate dello streaming : Inventing Anna, Fedeltà e Uno di noi sta mentendo. Contemporaneamente, da un lato, Sky offre Euphoria – in tendenza con la seconda stagione dopo il successo della prima nel 2019 – e, dall’altro, su Rai 1 sta per uscire Noi il remake italiano della serie drammatica americana This is us.

Uno di noi sta mentendo

Uscito il 18 Febbraio, questo giallo-drama adolescenziale ha intrattenuto tutti con una serie di misteri e intrecci che ricordano i classici degli anni 2010, come Pretty Little Liars.
Cinque liceali si ritrovano in detenzione quando d’improvviso tutto si complica con la morte di uno di loro: Simon, il blogger della scuola, che aveva intenzione di rivelare i segreti dei compagni. Nel mirino della polizia, gli altri quattro si ritrovano sopraffatti da tante bugie, e soprattuto da una situazione che rende ognuno di loro un probabile sospetto. Chi di loro sta mentendo?
Questa serie incrocia il mondo del gossip incanalando il tutto in un contesto di giochi di potere attraverso i social media, ormai pilastri delle dinamiche giovanili e non solo. Per quanto classica è riuscita ad essere apprezzata dal pubblico più giovane, attratto da storie brevi e avvincenti con protagonisti che risolvono misteri e allo stesso tempo nascondo altrettanti segreti.



Fedeltà

Dramma amoroso di Netflix Italia, Fedeltà è basata sull’omonimo romanzo di Marco Missiroli. La serie tratta di un tema chiave delle relazioni di coppia: la fedeltà al partner, ma anche a se stessi.
I protagonisti: Carlo (Michele Riondino) e Margherita (Lucrezia Guidone), coppia felicemente sposata, affronteranno presto uno sconvolgimento dei propri equilibri attraverso due incontri straordinari. Il tradimento è solo la superficie di una serie di questioni che sorgono dai loro incontri extraconiugali perché li porteranno a mettere in dubbio ogni cosa e a guardarsi allo specchio per la prima volta dopo tanto tempo. È più importante essere fedeli agli altri o a se stessi? Questa è una delle tante domande che nascono guardando questa serie che, come del resto la maggior parte dei prodotti italiani, mette in scena dinamiche e difficoltà che fanno parte della vita di ognuno di noi.



Inventing Anna

Netflix stupisce con un prodotto estremamente particolare e unico raccontando la storia della truffatrice più in tendenza d’America. La storia di Anna Delvey (pseudonimo di Anna Sorokin), nel 2017 ha sconvolto tutta l’alta società di New York e non solo, quando è stata arrestata per frode e furto aggravato di primo, secondo e terzo grado. Fin da giovanissima era ossessionata dalla moda e dal mondo social, infatti seguiva continuamente Vogue e vari account moda su Flickr e su altri social dei primi anni 10 del 2000. La sua vita inizia a prendere una nuova piega quando nel 2013 si reca a New York per la Fashion Week e – dopo aver tentato invano di ricevere finanziamenti per una fondazione artistica inventata – decide nel 2014 di fingersi una ricca ereditiera e farsi conoscere dall’alta società come parte di essa. È riuscita rapidamente a farsi conoscere dai più grandi banchieri e dai nomi più influenti dell’upper class Newyorkese, diventando anche un’influencer su Instagram.
In pochi anni è diventata ciò che ha sempre sognato e visto sulle riviste di moda più famose del mondo, incastrando tutti fino a farsi pagare viaggi, assegni e hotel commettendo una delle più grandi truffe del secolo. Nel 2018 Jessica Pressler ha pubblicato un articolo sulla Sorokin da cui Netflix a preso l’ispirazione per creare la serie che sta intrattenendo tutti e che ha raggiunto le vette delle tendenze di questo periodo. La serie infatti segue la giornalista Vivian Kent (basata su J. Pressler), mentre segue la storia della Delvey, dall’inizio della frode fino al suo arresto.
Inventing Anna apre le porte dell’Upper East Side in vero stile Gossip Girl raccontando, però, una storia vera dal punto di vista di qualcuno che è riuscito incredibilmente a farsi strada al suo interno.



Euphoria

Sesso, droga e vita notturna sono solo la superficie di questo crudo dramma adolescenziale che racconta la crescita e la ricerca di se stessi in un modo forse mai visto prima. Euphoria, uscita nel 2019 è da poco ritornata a stupire i fan con la seconda stagione. La serie segue un gruppo di liceali alle prese con la scoperta della propria identità e le numerose difficolta della crescita e della vita. Ogni episodio è una finestra estremamente cinica sulla realtà adolescenziale incorniciata da una cinematografia tanto sorprendente da creare un “mood” in tendenza ormai sui social come TikTok e Instagram. Inoltre, l’eccellente recitazione del giovane cast – tra cui spiccano i nomi di Zendaya (Rue) Jacob Elordi (Nate Jacobs) e Hunter Schafer (Jules) – rende la serie un vero e proprio prodotto di qualità degno di nota.



Noi

Versione italiana di This is us, questa serie – in uscita a Marzo su Rai 1 – racconta la storia di due innamorati; Pietro (Lino Guanciale) e Rebecca (Aurora Ruffino) – a partire dal loro incontro negli anni ottanta fino alla creazione della loro famiglia. I due scoprono ben presto di aspettare tre gemelli ma uno dei tre muore appena nato; un segno del destino, però, gli offre l’opportunità di compiere un atto d’amore e loro lo colgono adottando lo stesso giorno un neonato nero accogliendolo nella loro famiglia. In un gioco di parallelismi tra passato, presente e futuro, la serie segue le vite dei cinque membri della famiglia alle prese con le difficoltà e tutto ciò che la vita ha da offrire. La versione americana ha avuto molto successo e ha emozionato tutti tramite la naturalezza e la spontaneità con cui ha raccontato la quotidianità e i cambiamenti sociali seguendo il passare del tempo.
Una serie di questo genere dovrebbe conquistare il pubblico italiano che potrà rivedere la storia del proprio paese attraverso il punto di vista di una famiglia come tante, ma che allo stesso tempo è unica e speciale. Nel frattempo, aspettando il 6 Marzo, è possibile vedere su Prime Video le prime cinque stagioni della serie originale



Stranger Things 4 è in uscita in 2 volumi

Netflix annuncia l’uscita dell’attesissima quarta stagione di Stranger Things, che sarà rilasciata in due parti in uscita nel 2022: il volume 1 debutterà il 27 maggio, mentre il volume 2 il 1° luglio. Inoltre, confermate le voci che ci sarà una quinta e ultima stagioneatto conclusivo della serie.  

Per l’occasione i Duffer Brothers, creatori della serie, hanno scritto una speciale lettera aperta ai fan, in cui hanno annunciato la data di debutto dei nuovi episodi e condiviso altre informazioni sul futuro della serie. Svelati anche la locandina e quattro poster, uno per ogni location in cui è ambientata la quarta stagione: Russia, California, laboratorio e Creel House.



Sono passati sei mesi dalla battaglia di Starcourt, che ha portato terrore e distruzione a Hawkins. Mentre affrontano le conseguenze di quanto successo i nostri amici si separano per la prima volta, e le difficoltà del liceo non facilitano le cose. In questo periodo particolarmente vulnerabile arriva una nuova e orribile minaccia soprannaturale assieme a un mistero cruento che, una volta risolto, potrebbe mettere fine agli orrori del Sottosopra.



Dal suo debutto nel 2016, il fenomeno globale di Stranger Things ha ottenuto oltre 65 riconoscimenti e 175 candidature a premi tra cui Emmy, Golden Globe, Grammy, SAG, DGA, PGA, WGA, BAFTA, un Peabody Award, AFI Program of the Year, People’s Choice Awards, MTV Movie & TV Awards, Teen Choice Awards e molti altri. Lo show candidato per tre volte come Miglior serie drammatica agli Emmy è uno dei titoli più guardati su Netflix: la terza stagione ha totalizzato 582 milioni di ore di visione, classificandosi al secondo posto nella Top 10 delle serie in lingua inglese, mentre la seconda stagione si trova al decimo posto con 427 milioni di ore di visione. La serie Stranger Things è stata ideata dai Duffer Brothers ed è prodotta da Monkey Massacre Productions e 21 Laps Entertainment. I Duffer Brothers sono i produttori esecutivi, affiancati da Shawn Levy e Dan Cohen di 21 Laps Entertainment, e Iain Paterson.

 

Lo straniamento cyborg di yeule, Principessa Glitch

I like sweet things
Physical and consumable
I like short sentences that say everything I felt at one go
I like obsessing over people
And then throwing them away
I like being a boy
I like being a girl

Con questa confessione (My Name Is Nat Ćmiel), un intro che suona quasi come un manifesto, si apre Glitch Princess, secondo album in studio di yeule. In questo brano l’artista si descrive parlando di tutte le cose che apprezza: un autoritratto in cui yeule si disegna utilizzando neppure un solo aggettivo per riferirsi a sé, ma lasciando comunque all’ascoltatore un’idea ben definita della propria persona.  


Ph. by Daniel Obradovic

Ćmiel, artista di Singapore in attività dal 2014, si identifica come un’entità cyborg non-binaria. Donna Haraway identificava nel suo celebre Manifesto Cyborg tali entità come «confini trasgrediti, potenti fusioni e pericolose possibilità». Non sembra quindi una coincidenza che nel brano sopracitato la spinta descrittiva dell’ego parta dall’osservazione dell’esterno e viva in uno spazio liminale fra il corpo e ciò che lo circonda.
Nella sua vita nomadica, yeule ha gravitato sempre attorno a cose non ferme che poteva portare sempre con sé, come videogame, anime e community online. Le sue ispirazioni musicali sono fra le più variegate, passando da Ravel e Debussy attraverso i Velvet Underground e Björk, fino ai compositori di videogame e A$AP Rocky.

yeule raggiunge una prima notorietà con il dream pop del suo primo album, Serotonin II (2019), album dai chiari segni glitch, in cui però le armonie ancora la facevano da padrone. Il debutto attira le attenzioni di HANA (frequente collaboratrice di Grimes che remixa il singolo Poison Arrow) e di Danny L Harle, artista del gruppo PC Music (l’avantgarde del pop contemporaneo) che diventa il principale co-produttore di Glitch Princess, contribuendo a portare il sound di yeule verso direzioni che già iniziavano a intravedersi.


Ph. by Daniel Obradovic

Un primo assaggio di del secondo album è stato The Things They Did for Me Out of Love (ora posto come coda del progetto), una fantasia ambient di 4 ore e 44 minuti in collaborazione con Harle, il quale definisce la traccia una «cattedrale della mente». Il brano ambient vuole rappresentare una sorta di morte dell’ego dell’artista, in cui poesie, suoni e immagini della mente si dissolvono in un silenzio di pace, in un sonno senza sogni.
Glitch Princess, uscito il 4 febbraio, è un’esplosione di umanità e suoni robotici, fusi insieme senza soluzione di continuità. I testi riflettono una ricerca artistica improntata all’indagine di stati mentali vulnerabili, frammentari, per non dire difettosi (appunto, glitchati). Anche la macchina è imperfetta, come la persona.
In Electric, i vocalizzi di yeule durante il ritornello vanno sempre più in alto e diventano pian piano sempre più robotici, fino a non riuscire più a distinguere se si tratti di una voce modificata o di veri e propri suoni emessi da un software. Gli acuti di Mariah Carey non sono mai stati così vicini e così lontani allo stesso tempo.


Ph. by Daniel Obradovic

Nel suo saggio L’Arte della Tecnica, il formalista russo Viktor Šklovskij parlava di un particolare elemento presente nella letteratura di Tolstoj, lo straniamento, attraverso il quale, tramite una descrizione che dissezionava cose, persone e sensazioni, il mondo normalmente vissuto in maniera automatica e abitudinaria veniva mostrato sotto una luce completamente nuova. È un’operazione che spesso si ritrova in Glitch Princess: testi molto comuni a volte sono stravolti da una base discordante; i vocals sono dissezionati, massimizzati, estesi; talvolta invece un sound molto pop e rassicurante è straniato tramite la giustapposizione di testi conturbanti e inquietanti. yeule descrive il singolo Too Dead Inside proprio in questi termini: vedere quale effetto potesse avere una scrittura più dark sovrapposta a qualcosa di familiare, brillante e allegro come un jungle beat; l’intento è quello di riflettere il senso di vuoto, di morte interiore e distacco dalla realtà che a volte l’artista sente osservando ciò che succede attorno a sé, bello o brutto che sia.

Glitch Princess è un album che abita uno spazio di confine fra bellezza e morbosità, che ben riflette il nome d’arte scelto da Ćmiel: Nsu-Yeul è infatti un personaggio del videogame Final Fantasy XII-2, perennemente intrappolato in un corso e ricorso di morte e resurrezione. Questa è soltanto la seconda reincarnazione di yeule, la conferma di ciò che pochi anni fa era una promessa. Al prossimo update, cyborg.


Ph. by Daniel Obradovic

In apertura e in tutto il servizio, ph. by Daniel Obradovic

Fashion police in… Sanremo day 5

Nel tirare le somme di questa 72 edizione del Festival di Sanremo, la Fashion police ha pensato di omaggiare i 6 personaggi meglio vestiti della kermesse.


Blanco e Mahmood, ph. Ansa

Blanco e Mahmood, voto 10

L’ormone ha investito tutti e tutte, e certo la fa da padrone. Gli stessi look su Gianni Morandi (per dirne uno) ci avrebbero fatto gridare allo scandalo. Loro riuscitissimi.


Elisa, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Elisa, voto 8

Ne ha toppato uno solo, splendida sempre in bianco, ci ha regalato grazia e purezza. Una voce elegante e suadente come i tessuti che l’hanno vestita. 


Noemi, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Noemi, voto 9

Con buona pace dell’armocromia ha osato toni rischiosi, abiti fascianti e altezzosi. Fiera e bella.


Michele Bravi

Michele Bravi, voto 10

Non ne ha sbagliato uno, vestiti rischiosi e decoratissimi. Un tripudio di fiori e colori. Stupendo e anche giocatore incallito del Fantasanremo, che i fiori siano stati una scelta dettata dai punti? Il dubbio rimane.


Veronica Lucchesi de La Rappresentante di Lista

La Rappresentante di Lista, voto 8

Criticata. Anche da me. Tuttavia ci ha lasciato sempre a bocca aperta. Vince la trasgressione, lo stupore e lo scandalo. 

Menzione d’onore


Orietta Berti

Orietta Berti, voto 10

Look agghiaccianti. Vince il tentativo di trasformarla in una Lady Gaga nostrana. Un’icona del passato che ci ha lasciato ogni sera a bocca aperta per l’alto tasso di trash.

Dubai è la destinazione per una fuga all’insegna di divertimento, arte e cultura

In questo particolare momento storico viaggiare non è più così facile ma nonostante tutto, una tra le mete più ambite e fattibili da raggiungere che vale sempre la pena di visitare anno dopo anno è Dubai. A poche ore di volo dal territorio italiano, grazie ai corridoi turistici, è una città tutta da scoprire, sempre innovativa ed in continua espansione.
Se amate il caldo, questo periodo dell’anno è perfetto per visitarla : la temperatura è ottimale, oscilla tra i 19° e 25°.

Ecco 5 buoni motivi per convincervi definitivamente a preparare le valige alla scoperta della città più famosa degli emirati.



Il primo, indiscusso, è che fino al 31 marzo 2022 è possibile visitare EXPO 2020: 192 padiglioni ricchi di storia, cultura e tradizione. Quest’anno una particolare attenzione è stata data al tema della sostenibilità con il padiglione Terra che, attraverso illustrazioni digitali, riassume e sottolinea le emergenze ambientali con le quali ci stiamo scontrando.


Padiglione Terra, Expo

Anche il tema della mobilità si è aggiudicato un intero padiglione, raccontando i diversi progressi e le nuove tecnologie all’avanguardia che stanno diventando protagoniste dei giorni nostri. Ad EXPO 2020 però non mancano momenti ludici e di spettacolo, come lo Sky Garden che al tramonto regala una vista impagabile su tutta la fiera.

Se c’è un posto dove l’adrenalina non manca, quello è Dubai. Con i suoi grattacieli luminosi, infinity pool e attrazioni al 78esimo piano, la città si conferma tra le più elettrizzanti e stimolanti il divertimento al mondo. Ma non è finita qui: ogni anno vengono aggiunte sempre più novità, come l’ultima allo “skyline”. Basterà salire all’80esimo piano di uno dei più famosi grattacieli della città, di fronte al Burj Khalifa, e letteralmente lanciarsi. Degli elastici in completa sicurezza sosterranno il vostro peso e vi permetteranno di camminare sul bordo del grattacielo mirando il sole che tramonta su Downtown. Dubai pensa proprio a tutto, anche ai meno coraggiosi: per loro la possibilità di scivolare da un piano all’altro su uno scivolo panoramico completamente trasparente, ammirando la città in una maniera esclusiva e del tutto originale.



Altro punto di attrazione turistica è il deserto che offre diverse attività: tra le tante possibilità di experience ci sono: giro in mongolfiera, escursione a cavallo o a cammello, cena tipica beduina, snowboard e motocross, tiro con l’arco, osservazione delle stelle…



Particolarmente emozionante è il giro in mongolfiera: sveglia alle 4 del mattino, jeep che vi conduce fino al deserto mentre la città ancora dorme e thè caldo arabo preparato dai beduini. A mezz’ora dalla città vi aspetta una mongolfiera pronta ad elevarsi alle prime luci dell’alba. È davvero suggestivo salire a bordo del mezzo che vi farà “volare” fin sopra le nuvole e vi permetterà di ammirare il deserto e la sua fauna da una prospettiva privilegiata. Avete mai visto un branco di gazzelle correre libere nel loro habitat?



Una volta atterrati non è finita: dopo un pranzo tipico seduti sulla sabbia vi aspetta la corsa a cavallo. Non c’è cosa migliore di galoppare sulle dune aspettando che il sole tramonti per colorare di rosso il deserto. Al contrario di quanto si pensi, i cavalli ed i cammelli sono trattati con molto riguardo ed attenzioni negli Emirati: esistono veri e propri ospedali degli animali dove vengono monitorati in continuazione.

Tornando a noi, il quarto motivo per cui vale la pena visitare Dubai è la sua ingegneria ed architettura in continua evoluzione: la città è in costante crescita e nuove costruzioni vengono realizzate ogni giorno. Uno degli ultimi è il Raffles The Palm, aperto al pubblico solo da pochissimi mesi. In questo hotel 5 stelle, lo stile barocco e moderno si fondono insieme, regalando agli ospiti uno scenario di estremo lusso, raffinatezza ed eleganza. Le suites si affacciano direttamente sul mare. Gli ospiti possono godersi il piacere di esperienze diverse a partire da quelle culinarie, caratterizzate da 5 diversi ristoranti che raccontano tradizioni di diversi paesi. Al Raffles the Palm anche il wellness è stellato: rimarrete incantati dal massaggio balinese, realizzato attraverso la digitopressione ed accompagnato dai suoni del gong su un lettino di sabbia riscaldata.



Infine, se siete a Dubai non potete perdervi uno dei lussuosi beach club, soprattutto in questo periodo, dove la temperatura è perfetta per godersi una giornata di sole in riva al mare. I grattacieli alle spalle della riva ricordano New York e il mare sembra quello di Miami: stili diversi si fondono insieme in un’atmosfera unica che mette insieme diverse realtà. Il cibo è ottimo e non manca il divertimento. Tantissime sono le attività che offrono le spiagge: dal kite-surf al sub, dal surf classico a quello elettrico, fino al famoso flyboard, “spruzza acqua a pressione” che vi farà sentire superman e supereroine per un giorno.

Per tutte le immagini, credits Anselmo Prestini

Fashion Police in… Sanremo Day 1

La sfavillante settimana di Sanremo comincia con fulmini e saette. Chi vincerà questo Festival come non mai intriso di moda?


Ana Mena, photo by Marco Piraccini/Getty Images

Ana Mena, voto 1

Un po’ mosaico del bagno, un po’ Ariana Grande, un po’ Bratz, l’unica certezza è che non è piaciuta a nessuno, dalla canzone al look. La fashion police è partita in quarta.


Dargen D’amico, photo by Marco Piraccini/Getty Images

Dargen D’amico, voto 2

Tra i look peggiori della serata c’è anche lui. La trasgressione e il diversivo ci stanno, ma cosi sembra un po’ un prediciottesimo. Fashion police a sirene spiegate.


Giusy Ferreri, photo by Getty Images

Giusy Ferreri, voto 5

Poteva essere un successo e invece era tutto troppo, dallo smalto allo spacco, agli oblò e la scollatura. Quando poi è partita col megafono in un attimo è diventata discoteca di Riccione.


Rkomi, photo Getty Images

Rkomi, voto 5

Per un momento ho pensato fosse la superba Gianna Nannini. Niente di male, ma i richiami a lei, Edward mani di forbice e altri si sprecano. Fashion police pronta per partire.


Orietta Berti

Orietta Berti, voto 2

Sicuramente il tentativo di svecchiare la sua immagine sta funzionando, tutti parlano di lei dallo scorso Sanremo. È un’icona ma questo look è stato un pugno nella pancia, quindi fashion police arrestala. Il paragone con il Pokemon Corsola, e quello sulla variante del Coronavirus i migliori sulla piazza di Twitter.


Amadeus, photo by Jacopo Raule/Daniele Venturelli/Getty Images

Amadeus, voto 6 e menzione d’onore per la costanza

Lui deciso e spavaldo si fossilizza su Gai Mattiolo per i look e non cambia, e come previsto è un tripudio di paillettes. Costanza e determinazione nella scelta ne fanno però un’icona vivente del Festival. D’altronde senza Mattiolo non sarebbe stato lo stesso.

L’inaspettato ritorno di Mitski: la bolla anni ’80 di ‘Laurel Hell’

Nel Cortegiano di Castiglione, un concetto fondamentale dell’estetica del cortigiano era la cosiddetta “sprezzatura”: un atteggiamento per cui lo studio dietro all’atto creativo e all’arte veniva celato, facendolo sembrare qualcosa di spontaneo e completamente naturale. La bellezza che ci viene offerta dall’arte è sempre frutto di uno studio, ma giunge ai nostri occhi e alle nostre emozioni come se fosse la cosa più spontanea.
Mitski, cantautrice giappo-americana, aralda del sad-girl vibe, è una campionessa di sprezzatura: le sue sono canzoni che sembrano semplici, ma in realtà non lo sono. Dietro a un’estrema musicalità sono mascherate strutture complesse; i testi sembrano emozioni direttamente trasposte, dietro alle quali vi è una scelta lessicale e retorica estremamente curata.



Dopo i trionfi critici di Puberty 2 (2016) e Be the Cowboy (2018), nei quali la cantautrice aveva sperimentato una grande varietà di stili musicali, Mitski aveva annunciato durante un concerto alla fine del 2019 che quella sarebbe stata l’ultima esibizione pubblica della sua carriera. Era anzi pronta ad abbandonare del tutto la musica. Questa fatica non è nuova alle anti-dive dell’art-rock e la accomuna ad artiste come Kate Bush e Róisín Murphy, entrambe note per lunghi, lunghissimi silenzi dalla musica in studio e dalle scene.

Tuttavia Mitski ha deciso di tornare non solo a fare musica, ma anche a performare, con un tour già in gran parte sold-out in partenza a febbraio. Working for the Knife, singolo apripista per Laurel Hell, album in uscita il 4 febbraio, può sicuramente essere letto in tal senso: la routine dell’industria musicale la fa sentire come se stesse lavorando per un “coltello”. La metafora si espande, con Mitski che confessa di pensare che a vent’anni ne avrebbe già avuto abbastanza; a ventinove sembra tutto la stessa cosa, ma forse a trent’anni qualcosa cambierà nel suo vivere per il coltello. Questa routine è ciò che le dà vita, ma è anche ciò che alla fine della giornata le mostra la verità, cioè che sta morendo per il coltello.


Artwork per Working for the Knife, ph. by Ebru Yildiz

Mitski è una presenza tanto elusiva quanto concreta ed esplicita, quasi “confessionale”, nonostante sia una definizione che lei stessa rifiuta. Per sua esplicita ammissione, non vuole fare musica per far piangere, ma arte. Allo stesso tempo rifugge la fama e la mitizzazione (inevitabile) della sua figura. Sui social network e nelle message board musicali sono frequenti infatti meme che la idolatrano e allo stesso tempo leggono la sua figura e la sua musica spesso in chiave ironica. Uno degli ultimi che mi è capitato di trovare ritraeva una felice Britney Spears insieme ai figli, con una caption che recita “R.I.P. Sappho, you would have loved Mitski”.



I pezzi di Mitski racchiudono tutta la brutalità e la bellezza del quotidiano. I suoi testi trasmettono tutta la poesia della trivialità, ma anche il sublime: caffè in cui trovarsi e parlare di nulla (Old Friend); Venere, pianeta dell’amore, distrutto anch’esso dal surriscaldamento globale forse per le troppe pretese dei suoi abitanti (Nobody). A volte la sua scrittura è invece così diretta da sembrare una trasposizione non filtrata di emozioni. Di cuori spezzati in canzoni pop se ne è sentito parlare fino allo sfinimento – non basterebbe un’enciclopedia del kitsch per farne una lista, ma in qualche modo The Only Heartbreaker (una delle top songs di Barack Obama del 2021) ha la freschezza che solo l’onestà più brutale può avere: «If you would just make one mistake / What a relief that would be / But I think for as long as we’re together / I’ll be the only heartbreaker».

Laurel Hell si apre col brano Valentine, Texas in maniera cauta, timida, quasi sussurrata: Mitski chiosa accompagnata solo dal piano «Let’s step out carefully into the dark», per poi giungere nella seconda strofa a un’improvvisa esplosione di synths anni ’80, più un organo, una celebrazione del dolore e dell’esplorazione dello stesso: «Let’s drive out to where dust devils are made».


Artwork per Heat Lightning

Tutto l’album è un trionfo influenzato dalla dance anni ’80: la scelta, per ammissione dell’artista durante una recente intervista con Zane Lowe su Apple Music, è influenzata dalla pandemia e dalla volontà di inserire il progetto in una sorta di bolla come quella degli anni ’80, in cui tutti volevano sentirsi felici. Nonostante i testi spesso dark, Laurel Hell vuole sollevare gli animi degli ascoltatori, mostrando luci e ombre della maestria compositiva dell’artista e della vita in generale. Non abbiamo dubbi che ci riuscirà.

Giampiero Ingrassia e ‘La piccola bottega degli orrori’

Da 22 al 27 febbraio torna al Teatro Brancaccio di Roma (per poi proseguire la tournée in giro per l’Italia) La piccola bottega degli orrori, dall’omonimo musical di Alan Menken e Howard Ashman, da cui è stato tratto anche un film nel 1986.
Dopo l’interruzione causa pandemia del 2020, rivedremo sul palco Giampiero Ingrassia al fianco di Fabio Canino, per la regia del grande Piero Di Blasio.



Com’è stata questa ripartenza?

Da un lato sicuramente positiva, perché si torna a lavorare, dall’altro c’è l’incertezza della gente, che magari ha paura e non sempre riesce a riempire i teatri per colpa del virus, anche solo il fatto del dover tenere la mascherina è ancora un ostacolo per andare in sala. Insomma, ci sono tuttora un sacco di fattori che impediscono la piena riuscita dello spettacolo.
L’unica sicurezza è che il pubblico ha voglia di divertirsi e che lo show piace molto.

Ci sono delle differenze rispetto all’ultima versione?

Diciamo che ci sono tre personaggi dell’ensemble che sono cambiati, poi fondamentalmente le scenografie sono più grandi perché calchiamo teatri più grandi, quindi sono state aggiunte delle fasce laterali.
Possiamo dire anche che è una versione decisamente più glam rispetto ad anni fa, soprattutto con l’avvento della drag queen. Tre anni fa io mi confrontavo con un pupazzo enorme con un tecnico all’interno, ora la pianta è un essere umano, quindi è tutto più dinamico.



Che cosa ti diverte di più nel fare La piccola bottega degli orrori?

Innanzitutto, devo dire che mi piace molto come spettacolo, e poi ci sono affezionato perché è stato il mio primo musical, l’ho interpretato trentatré anni fa con la regia di Saverio Marconi, ovviamente era un altro allestimento.
E poi mi diverte fare il ruolo di questo nerd, che trent’anni fa era ovviamente più giovane e ora è un po’ più grande, vedere attempato quest’uomo che non ha concluso nulla nella vita e rimane sempre un garzone ti intenerisce ancor di più.

La battuta più divertente invece?

Sicuramente quella dove una ragazza dice «ma perché ti fai trattare così male dal proprietario del negozio?», e lui risponde: «ma in fondo io gli devo tutto, mi ha tirato fuori dall’orfanotrofio quando ancora ero un giovane di trentotto anni», questo fa capire il suo piccolo mondo antico.

Quanto cambia per un attore sul palco vedere il pubblico con la mascherina?

Cambia, cambia, anche se oramai devo ammettere che ci siamo abituati, all’inizio temevo che le risate non si sentissero dal palcoscenico, invece anche se sono leggermente ovattate si sentono ugualmente.
Per fortuna il pubblico ha superato il fastidio di dover stare con la mascherina, accettandolo come tante altre regole pur di poter tornare al rito collettivo del teatro.

Divise da calcio memorabili: ecco i design più belli

Divise da calcio, che passione! Il mercato che ruota intorno alle magliette delle squadre di calcio più famose al mondo genera ogni anno milioni e milioni di euro di fatturato. Si parte dalle poche decine di euro che occorrono per avere il kit di qualche club di fascia inferiore, fino ad arrivare agli oltre cento euro per le divise dei top club. E dietro questo mercato così redditizio è nato, ovviamente, anche un filone legato al collezionismo e alla compravendita di modelli unici e in qualche maniera legati ad eventi storici. 

Con il passare degli anni, grazie anche ai progressi della tecnologia applicata alla moda, le divise da calcio si sono evolute, presentando nuovi tessuti tecnici e design accattivanti che hanno contribuito alla diffusione capillare nel mondo di questi capi, oggi non più utilizzati come semplice maglietta per giocare al calcio. Anzi.

Le divise più richieste in Italia

Ma quali sono le magliette più richieste in Italia? Quali le più accattivanti dal punto di vista estetico? Senza dubbio, quella della stagione 2021/22 dell’Inter campione d’Italia e tra le favorite per il bis in Serie A secondo i migliori analisti sportivi di Betway, è stata una delle trovate grafiche applicate ad un capo di abbigliamento (tecnico in questo caso) più curiose. Infatti, la prima divisa dei nerazzurri del campionato in corso, fatta interamente con bottiglie di plastica riciclate, presenta sulla sua texture la trama di un serpente (il biscione è il simbolo del club milanese), elemento che ha destato l’interesse della maggior parte degli addetti ai lavori e che ha fortemente diviso lo zoccolo duro della tifoseria che anche quest’anno voleva vedere le classiche bande verticali blu e nere per la divisa dei campioni d’Italia.

Il caso Nigeria

In occasione della Coppa del Mondo del 2018 in Russia, fece scalpore la divisa indossata in campo dai calciatori della nazionale della Nigeria. Grazie a una grafica decisamente interessante e all’utilizzo di tonalità di verde mai viste prima, quella divisa riuscì a vendere in pochissime settimane milioni di repliche in tutto il mondo, tanto che i negozi Nike, anche in Italia, furono letteralmente presi d’assalto. Quella della Nigeria, come del resto altre magliette in passato avevano già fatto vedere, diventò molto popolare nel giro di poco tempo in tutte le fasce d’età. Giovani e meno giovani la adottarono come un vero e proprio capo alla moda, una sorta di marchio di riconoscimento dello streetwear moderno e non strettamente legato al mondo dello sport.

In Italia, per concludere, le magliette da calcio più vendute da anni sono quelle della Juventus. Fino all’ultimo campionato, grazie alla presenza nel club piemontese della stella Cristiano Ronaldo, tra gli sportivi più seguiti sui social, le divise bianconere progettate da Adidas (quelle con il numero 7) andavano letteralmente a ruba. La Juventus intorno alle proprie divise da calcio ha costruito un vero e proprio impero economico, pur tuttavia rimanendo fuori dalle prime dieci posizioni della speciale classifica dei completi più venduti nel 2021.

Come abbiamo visto, dunque, le magliette da calcio oggi non possono essere più semplicemente considerate come un indumento adatto esclusivamente a chi fa sport. Chissà che in futuro non ci saranno delle vere e proprie rassegne di moda (con tanto di sfilate) dedicate ad uno dei capi d’abbigliamento più venduti e richiesti.

Sustainable Style: a Pitti Uomo 101 torna l’appuntamento consolidato con il menswear dall’anima eco-responsabile

Sustainable Style è il progetto speciale che fin dal suo esordio ha attratto l’attenzione di stampa e top buyer internazionali. Proprio in questi giorni durante la kermesse fiorentina, Giorgia Cantarini, fashion journalist e curatrice del progetto, presenta una nuova selezione di 15 brand, frutto di uno scouting tra le realtà giovani e i designer più cool che creano e producono seguendo criteri di eco-responsabilità.

“A questa edizione la selezione si è concentrata sul processo creativo che guida i designer nell’approccio responsabile – dice la curatrice Giorgia Cantarini – che si riassume in 3 R: riciclare, riutilizzare, reinventare. Partire da quello che esiste, gli invenduti, le passate collezioni, gli scarti tessili e i materiali pronti a essere smaltiti. Il design del futuro è anche questo: non solo creare, ma reimmaginare.”

S|Style è inoltre è uno dei progetti realizzati grazie alla collaborazione di Pitti Immagine con UniCredit, incentrata sui temi della sostenibilità e innovazione.

I nomi dei 10 brand protagonisti al Padiglione Medici in Fortezza sono:

Curious Grid – brand di upcycling specializzato in rework di tessuti, che mixa radici indiane e stile europeo.

Alessio Bargiacchi @alessio0o.6 in shirt, gilet and denim jeans Curious Grid @curiousgrid and sneakers @umoja_shoes

Figure Decorative – porta gli zoccoli artigianali toscani fatti di pelle e materiali deadstock agli hypebeast appassionati di street.

Abdoulae Mbengue @Bryan._laye21 in total look Figure Decorative @figure_decorative

Junk – realizza occhiali in Econyl con plastiche raccolte negli oceani.

Alessio Bargiacchi @alessio0o.6 in Junk eyewear @wearejunk

Ksenia Schnaider – smonta e rimonta patchwork di felpe, cardigan e denim per il look est-europeo tanto amato dalle sorelle Hadid.

Yara Bazzari @r.ara51 in top and denim jeans Ksenia Schnaider @kseniaschnaider & Cote Charles @chqllo in matched sporty suit Ksenia Schnaider @kseniaschnaider

Maxime – reinventa il completo classico in mille modi con tessuti di fine serie.

N Palmer – pezzi rigenerati e tessuti vintage per un’esplosione di stampe e colori verso i confini del genderless, con impronta tailoring, creati da un designer che si è formato da Ralph Lauren e Coach.

Li Chen @chen_liz: suit, shirt and Foulard N Palmer @npalmerstudio

Philip Huang – preserva le tradizioni thailandesi del Tye and dye tingendo i suoi capi urban con tinture naturali e non chimiche.

Yara Bazzari @r.ara51 in top, gilet, denim jeans and bag Philip Huang @philiphuangnyc & Alessio Bargiacchi @alessio0o.6 in top and jumpsuit Philip Huang @philiphuangnyc and sneakers @umoja_shoes

Provincia – la designer Serena Novello punta sull’agender con completi tra formale e workwear, con costruzioni couture affinate da esperienze negli atelier di Schiaparelli e Margiela.Umoja – sneakers minimal e materiali certificati organici, per vibe dalle radici africane e destinazione contemporanea.

Li Chen @chen_liz and Chiara Pacini @peachhpout in suit Provincia @provincia__studio

Waste Yarn Project – il patchwork della maglia realizzato con filati e maglie di recupero, frutto di anni di esperienza in Maison come Burberry e Pringle of Scotland.

S|STYLE Sustainable Style x RINASCENTE 

A questa edizione di Pitti Uomo si inaugura anche un nuovo capitolo della collaborazione ormai fissa tra Rinascente e Pitti Immagine, con un focus dedicato proprio al progetto S|Style. Le due realtà tornano a dialogare tra loro con uno scambio di vedute che unisce la Fortezza da Basso e lo Store Rinascente nel cuore di Firenze. Le creazioni dei 10 brand di S|Style saranno infatti protagoniste nelle vetrine dello store per tutta la settimana del salone, e le collezioni SS22 di una selezione di questi – Figure Decorative, Junk, Umoja, Waste Yarn Project – sarà acquistabile in una speciale area pop up al 2° piano dello store appena rinnovato.

Team credits:

Photographer Mattia Guolo @mattia_guolo

Styling Giorgia Cantarini @giorgiacantarini

Make-Up & Hair Chiara Fedi @chiarafedimakeup
Make-Up & Hair assistant Andrea Russo @im_sourandy
Photo Assistant Matteo Delia @98matteodelia
Styling Assistant Laura Lombardo @lanabanana4998
Special Thanks to Polimoda Firenze @polimodafirenze and @castingfirenze


La nuova colab tra Prada e Adidas, timeless e sostenibile

A distanza di qualche mese dall’ultimo lancio in tandem, che aveva riguardato le sneakers ispirate al mondo della vela A+P Luna Rossa 21, Prada e Adidas rinnovano la fruttuosa partnership iniziata tre anni fa, in cui la perizia sartoriale del marchio di prêt-à-porter si combina allo spirito avant-garde della casa tedesca.
Minimo comun denominatore dell’iniziativa, l’impegno per una maggiore sostenibilità del fashion system: protagonista della collezione Adidas for Prada Re-Nylon è infatti l’innovativo filato sintetico sviluppato, nel 2019, dalla griffe milanese  attraverso il riciclo di rifiuti plastici raccolti negli oceani e fibre tessili di scarto, purificabile e riutilizzabile ad infinitum, che rappresenta il perno su cui reinventare l’abbigliamento sportivo deluxe in chiave green.



La collaborazione diventa così l’occasione per celebrare un traguardo fondamentale nella strategia sostenibile del gruppo Prada: la sostituzione, entro la fine del 2021, del nylon vergine col Re-Nylon nell’intera filiera produttiva dell’azienda.

La collezione Adidas for Prada Re-Nylon

Per la prima volta, la colab include, oltre a calzature e accessori, capi d’abbigliamento che uniscono le peculiarità dei due brand, tutti realizzati in Italia utilizzando il tessuto sopracitato.
Pezzo forte di questo nuovo capitolo collaborativo, la leggendaria Adidas Originals Forum, storica sneaker del Trifoglio, proposta in versione High e Low e rivisitata à la Prada attraverso inserti in Re-Nylon, raffinati dettagli in pelle, giochi di sovrapposizione sulla parte anteriore e l’aggiunta di mini accessori staccabili, contrassegnati dall’inconfondibile triangolo smaltato della maison (veri e propri instant cult apparsi di recente nelle collezioni disegnate da Miuccia Prada e Raf Simons), mantenendo in equilibrio manifattura luxury e fascino sporty.
Le Adidas for Prada Re-Nylon Forum High e Low sono disponibili in due colorazioni monocromatiche, bianche o nere.



L’offerta si completa con sei borse, realizzate ad arte e adatte a tutte le esigenze grazie alla varietà dei modelli (si va dalla shopper al marsupio, dallo zaino al borsone da viaggio), e una serie di capi particolarmente rappresentativi dei codici dello sportswear targato Adidas, ossia tracksuit, giacche con cappuccio, felpe e bucket hat; a rendere immediatamente riconoscibile ogni articolo, la presenza di due simboli senza tempo, che suggellano una partnership unica nel suo genere: le mitiche tre strisce Adidas e il logo a forma di triangolo Prada.



La collezione sarà lanciata globalmente il 13 gennaio negli store Prada, su prada.com e adidas.com/prada

Sem&Stènn: l’inizio di un nuovo capitolo

Sem&Stènn si conoscono nel 2007, in un blog di musica, dove condividono passioni e desideri.  Decidono di incontrarsi quattro anni dopo, nel 2011. L’anno seguente, la loro unione si trasforma in collaborazione artistica. Nell’aprile 2016 pubblicano il primo singolo, cui ne fanno seguito altri due e un EP. Nell’estate 2017 arriva X Factor, qui Sem&Stènn divertono, disturbano, dividono, scuotono il pubblico e si fanno portavoce della comunità LGBTIQ+, contro qualsiasi stereotipo di genere.
Nel 2018 escono i singoli The Faira cui segue Baby Run feat. Manuel Agnelli, che li sceglie come opening performers il 10 aprile al Mediolanum Forum di Assago, data unica celebrativa dei 30 anni degli Afterhours. Comincia da lì l’OFFBEAT tour nelle principali città italiane. Segue il secondo singolo Bravo e vede coinvolto nella realizzazione il producer Populous. A Settembre Sem&Stènn rilasciano invece il video del singolo You, Your Friend, Another Guy, ispirato al film Sebastiane del 1976 del regista inglese Derek Jarman che racconta la vita del santo senza censure. Il 19 giugno 2019 esce K.O. feat. YAMATT, il loro nuovo singolo, per la prima volta in Italiano a cui segue OK Vabbè, il cui video è stato girato a Rosolini, in Sicilia, Ho pianto in discoteca feat. CRLN e 18 annipubblicato durante il lockdown. Il 19 febbraio 2021 è uscito AGARTHI, il primo concept album in italiano del duo. Il loro singolo The Fair è stato incluso nella soundtrack di Anni da cane, il primo film Amazon Original italiano.






Credits:
Photographer Giuseppe Martella
Ph. assistant Stefano Garay
Make-up Maria Isopo

Da oggi su Youtube il video di ROCKY, è il loro ultimo singolo che vede il feat. di MUDIMBI, uscito lo scorso giovedì 2 dicembre in distribuzione Believe. Questo brano segna il ritorno del duo, e apre le porte a un nuovo percorso di sperimentazione sia sonora che emozionale. Il video vede la partecipazione di Giulia Jean e Miriam Amabili ed è diretto da Salvatore Puglisi, interamente girato nella Palestra Popolare Antirazzista di Brescia.



ROCKY è l’inizio di un nuovo capitolo che mira a raccontare un nuovo modo di esprimere la mascolinità. In questo primo episodio SEM&STÉNN decidono di farlo unendo il loro mondo musicale con quello di MUDIMBI; nasce così un brano uptempo dove le punchline serrate ti stendono al primo ascolto. Questo è solo l’inizio di una serie di singoli che, con diverse sfumature, affrontano la mascolinità: tramite il corpo, la mente, il dolore e il piacere, riscoprendo la propria sessualità e il rapporto con l’altro. Attraverso la musica i cantanti sanno far esplodere le emozioni, trasformandole in qualcosa che, anche se fa male, può avere il giusto tempo per ballarci sopra.




ROCKY

Per le immagini di ROCKY, credits:
Photographer Vittorio Schiavo
Make-up Luca Pieretti
Styling: Sem&Stènn
Styling assistant Miriam Amabili

Immagine in apertura, ph. by Vittorio Schiavo
 
 

 

Che cosa mettere in valigia per un viaggio senza sorprese

Quali sono gli errori più comuni di chi è sempre in viaggio? Sono innumerevoli ma in questo prontuario vi diremo di cosa non potrete mai fare a meno. Preparare la valigia non è sempre semplice soprattutto con il grande freddo invernale. Capita spesso, infatti, di trovarsi impreparati negli imprevisti che possono pregiudicare il buon esito delle ferie. Il consiglio è di prepararsi una lista degli essenziali da avere sempre con sé. Ad esempio, con il grande freddo è importante idratare bene il viso per evitare che la pelle soffra delle repentine escursioni termiche della giornata.

Nel kit di sopravvivenza non può mancare, dunque, una crema per il viso di Erbolario. Karitè Crema Viso Nutriente, questo è il suo nome, grazie alle sue proprietà dona una pelle tonica e idratata a lungo. Come ingrediente principale ha il burro di Karité dalle virtù nutrienti, protettive ed elasticizzanti. In formula anche il to- complesso antiossidante da corteccia di Magnolia e l’estratto di Boswellia con funzione lenitiva. Ideale anche per le pelli più delicate.



Un’altra insidia è il peso del trolley che influenza la scelta di cosa portare in vacanza. Viste le regole ferree disciplinate dalle compagnie aeree, il consiglio è acquistare una bilancia pesa valigie digitale di Trabo per dire definitivamente addio al peso del trolley.



Non può mancare, inoltre, un caricabatteria portatile per smartphone. Durante le ferie, infatti, il cellulare è il dispositivo più utilizzato perché consente di essere sempre connessi con il mondo. Il Cellularline FreePower Slim 10000 universale è tra i più sottili sul mercato, solo 19 mm. E’ provvisto inoltre di sistema di carica veloce simultanea e di controllo del surriscaldamento che consente di ricaricare i tuoi dispositivi in totale comodità e sicurezza.



Immancabile, inoltre, Area STERIL UV BOX: lo sterilizzatore a raggi UV con base di ricarica wireless universale per smartphone e dispositivi come smartwatch, fitness tracker ma anche piccoli oggetti. Lo sterilizzatore sfrutta la luce Ultravioletta che modifica il DNA o l’RNA dei microorganismi impedendo loro di riprodursi o di essere pericolosi. Per viaggiare in tutta sicurezza durante la pandemia.



Infine, indispensabile è la bottiglia termica in acciaio inossidabile Clima, firmata 24Bottles che mantiene le tue bevande calde per 12 ore e fredde per 24 ore.


Aladin, il Musical Geniale

In un momento di forte insicurezza, una certezza per le feste di Natale ce l’abbiamo, ovvero Aladin, il musical geniale al Teatro Brancaccio a Roma fino al 9 Gennaio.

Iniziamo a dire che il cast è rinnovato, e lo spettacolo è fresco e ricco di emozioni da condividere la famiglia.

Quante volte in Italia capita che un musical venga stravolto e cambiato senza per forza proporre la stessa minestra ma in italiano?

Rarissimamente, ma dopo il successo della stagione 2019-2020 ALADIN il Musical Geniale prodotto da Alessandro Longobardi per OTI Officine del Teatro Italiano loro ci sono riusciti in maniera egregia.



Più di un family show, il musical, liberamente ispirato ad una delle più celebri novelle orientali de Le mille e una notte, ripercorre le avventure di Aladino e del genio della lampada, in un sontuosa ambientazione medio-orientale con alcune contaminazioni in stile Bollywood nelle musiche originali, negli arrangiamenti musicali, nelle coreografie e nei costumi.

Nella grande città di Baghdad vive in una piccola bottega di stoffe, insieme a sua madre Kamira e la sua fedele scimmietta compagna di avventure Coco, Aladin, un giovane ragazzo pieno di sogni.

Una mattina, insieme al suo migliore amico Abdul, elabora un piano per conoscere la Principessa Jasmine, venuta al mercato accompagnata dalle guardie e dalla sua fedele ancella Aicha.

Durante questo incontro si innamora perdutamente di lei.

Jafar, il gran Visir del Sultano, arresta i due ragazzi e, su consiglio del suo fedele servitore Skifus, rinchiude Abdul nelle prigioni del palazzo ricattando Aladin: soltanto se avesse recuperato per lui una semplice lampada ad olio nascosta nella caverna del cobra avrebbe rivisto vivo il suo migliore amico.

Per una serie sfortunati eventi, Aladin rimane imprigionato all’interno della Caverna ma grazie ad un semplice anello, chiesto in pegno a Jafar, scopre il segreto della Leggenda del deserto incontrando Nello, il genio dell’anello e Thor, il genio della lampada.



I due geni, grazie a desideri buoni e  altruisti, aiuteranno Aladin a liberare il suo amico e incontrare la sua principessa.

I due protagonisti sono: Emanuela Rei che è un’affascinante Jasmine, in apparenza indifesa, nella realtà ribelle e indipendente, pragmatica e risoluta. Attrice in numerose serie tv per ragazzi, è protagonista della popolarissima serie tv “Maggie & Bianca Fashion Friends”.

Giovanni Abbracciavento che debutta nel ruolo di Aladin, ladruncolo scansonato, furbo, coraggioso e affascinante. Attore e ballerino, già interprete in numerosi musical come “La Febbre del Sabato Sera, Sette Spose per Sette Fratelli, Priscilla-la regina del deserto, Flash dance e We Will Rock You.

La macchina umana e la fede mutante di Arca

Corpo, mente e spirito: non è facile tracciare temi comuni nella produzione artistica e nel modus pensandi di Arca, DJ, cantante, icona fashion, produttrice venezuelana. Forse, più che di temi comuni si può parlare di linee guida.

Il ruolo del corpo è indubbiamente centrale. Corpo è tutto ciò che abbiamo alla nostra nascita; tuttavia, non è solo carne e sangue, ma anche corpo nelle sue estensioni. Nell’uomo vitruviano vinciano, il perimetro materiale del corpo umano coincideva nelle figure del cerchio (il divino) e nel quadrato (il terreno). Per Arca divino e terreno coesistono, ma la geometria è estesa, complicata. Le figure archiane rimandano esplicitamente all’uomo vitruviano: nel video di Prada/Rakata (le cui immagini vengono poi riprese anche come copertine dei suoi ultimi album) vediamo Arca in set quasi da laboratorio, con arti e teste sdoppiate, in pose che tracciano sì quadrati e cerchi, ma anche forme progressivamente sempre più complicate. Qui entra in gioco la mente, in grado di farsi portatrice di un incremento continuo del corpo: alterazioni, estensioni, duplicazioni, eliminazioni. Manifestazioni del corpo che sono tanto reali sia se su carne e sangue sia se in un video musicale, una copertina o una performance d’arte.



Arca tende a una (ri)soluzione in una serie di corsi e ricorsi vichiani, in cui persona e macchina diventano uno, si dividono, si ricombinano. Non a caso nel corso del suo ultimo progetto si presentano più volte i concetti di “prima morte” e “ultima nascita”, in un ciclo continuo di rinascita e reinvenzione. Arca è in questo senso il proprio deus ex machina: ed è qui che entra in gioco lo spirito. Se nella tragedia greca il dio portava risoluzione, qui la fede è terrena ed è una fede nel cambiamento costante, quella che Arca stessa definisce più volte una “fede mutante”. Mutant era il titolo del suo album del 2015, mentre la fede mutante appare esplicitamente per la prima volta come concetto nel suo output creativo con la residency di performance art Mutant;Faith, a New York per quattro notti nell’ottobre del 2019.

Questo credo sia uno dei fili rossi all’interno dell’ultimo ambizioso e massimalista progetto di Arca: una pentalogia di album dal titolo Kick, dal calcio prenatale, concepito come primo segno tangibile della vita di un essere umano. KiCk i ha aperto il ciclo di calci a metà del 2020, seguito poi a ruota alla fine del 2021 dalle sue iterazioni ii, iii, iiii e iiiii, rilasciate una per giorno nel corso di una settimana fra novembre e dicembre 2021. 59 canzoni in totale su cinque album, inizialmente concepiti come una trilogia, poi diventati una tetralogia, a cui è stato aggiunto un quinto pezzo a sorpresa. Solo questi dati possono dare un’idea di quanto in fieri sia la produzione dell’artista. Il processo è più importante del fine ultimo, ed è il viaggio stesso a dar senso all’esplorazione, alla sperimentazione.



More is always more per Arca. Descrivere il progetto sotto un profilo musicale non è semplice, proprio per via della sua costante mutevolezza, in cui si respira l’anelito a cercare punti fermi; questi traguardi sono tuttavia nient’altro che dei nuovi punti di partenza per un’ulteriore estensione e complicazione. Il primo calcio è l’elemento sotto un certo punto di vista più pop (non a caso, anche quello col maggior numero di artisti ospiti, come Björk, Rosalía, Sophie, Shygirl), ma anche quello che presenta la vastità e l’ecletticità degli stili presenti nei successivi quattro lavori. KICK ii parte con una serie di canzoni di stampo reggaeton, che nella seconda parte vengono dissezionate in una serie di tracce dalle atmosfere impalpabili in cui i ritmi e le melodie tendono a svanire. Il terzo volume trae invece la sua ispirazione dalla musica da club, in particolare la techno.



Le atmosfere dal primo al terzo volume tendono verso un’agitazione sempre maggiore, che va poi in qualche modo a risolversi negli ultimi due capitoli: in kick iiii Arca realizza una sorta di sintesi del suo meta-pop, in una collezione di canzoni ricca di melodie, piena di suggestioni poetiche e di manifesti di intenti. Queer è una canzone politica in cui Arca esalta la forza e il dolore della propria queerness, in lacrime che sono lacrime di fuoco, di un fuoco queer. Ospite del pezzo Planningtorock, celebre per un altro inno queer da dancefloor del 2013, Let’s Talk About Gender Baby. Shirley Manson dei Garbage (venuti al successo nel 1993 con un pezzo dal titolo Queer; un caso?) recita le parole di un altro manifesto, Alien Inside, celebrazione dell’alterità presente all’interno di ognuno, in quanto opportunità di costante rinnovamento. Il quinto e ultimo (?) calcio, rilasciato a sorpresa senza alcun annuncio, è una coda, una sorta di epilogo al progetto. Fra i cinque album è quello più nudo, in cui Arca ritrova strumenti ed elementi della musica classica che contraddistinguevano i suoi primi lavori come Xen. Al contrario dei lavori degli esordi, qui la musica è però meno claustrofobica, più ariosa, arricchita da elementi di ambient music, lasciando l’impressione di un finale aperto.



Rispetto agli esordi artistici del progetto Arca, il nuovo elemento sembra essere proprio quello di una maggiore apertura, che si respira in un afflato pop (nel senso più ampio del termine) a livello musicale, il cui riflesso è percepibile anche a livello estetico. Non è un caso che Arca da fenomeno di nicchia abbia esteso i propri tentacoli (metaforici e meccanici) nel mainstream, diventando recentemente anche una star della moda, con copertine per Vogue Mexico e campagne pubblicitarie per Bottega Veneta, e attirando l’attenzione di icone dell’arte contemporanea quali Marina Abramović e Hans Ulrich Obrist.

Con un output artistico sempre più profondo e variegato è difficile prevedere quale piega potrà prendere la carriera di Arca nel futuro. Una cosa si può però affermare con quasi totale certezza: difficilmente la vedremo fissa nello stesso punto per troppo tempo.

Arthur Arbesser X Baldinini, l’esclusiva capsule collection debutta a Pitti Uomo 2022

Tradizione e modernità nella prossima edizione di Pitti Uomo 2022 con la speciale collaborazione tra la storica griffe Baldinini e il designer viennese Arthur Arbesser.

Il ballerino della moda (così venne definito da Giorgio Armani durante i sette anni nel team creativo del gorgeous del fashion biz Made in Italy) raccoglie il testimone dell’azienda di calzature e accessori uomo, impegnata a evolvere la sua estetica e il suo mercato.

Il twist contemporaneo della collezione Arthur Arbesser X Baldinini si compone da cinque modelli maschili e altrettanti femminili che sovvertono lo storico heritage della griffe con mocassini, stringate, tronchetti d’ispirazione texana decorati da grafismi black & white e boots dalle fantasie optical.



La partnership sarà celebrata con un evento che si terrà nella meravigliosa cornice di Fortezza del Basso, il prossimo 11 gennaio 2022, a Firenze.

Il concept dello stand 1 presso le Costruzioni Lorenesi, luogo dell’evento, richiamerà le stampe vivide delle calzature, ricalcando l’atmosfera di uno studio fotografico, a conferma dell’immagine sempre più “inside fashion” di Baldinini.

Dopo lo scenario pandemico, rinnovarsi è diventata una necessità per l’azienda. Questa si è concretizzata in una strategia finalizzata sia a uno sviluppo sul territorio internazionale, avente come fulcro Pitti Uomo, sia a un’immagine più fresca e contemporanea, rafforzata dalla partnership con Arthur Arbesser. Ci aspettiamo un futuro costellato di nuovi progetti che consolideranno questa direzione”, ha detto Christian Prazzoli, AD Baldinini.
 La rivoluzione del marchio non passa esclusivamente dalla neonata partnership con lo stilista austriaco che nel 2013 ha debuttato alla Milano Fashion Week con la sue eponima collezione uomo, ma anche dal rifacimento del logo, in linea con la visione internazionale.



A incalzare l’AD Baldinini è sttao lo stesso Arbesser, che commenta: “Ho iniziato questo progetto con grande entusiasmo e curiosità. Volevo trovare un equilibrio tra l’energia del colore e della grafica che mi caratterizzano e l’eleganza delle collezioni Baldinini. Avevo come solida base l’expertise per cui l’azienda riminese è famosa a livello mondiale. È stato un processo naturale quindi traslare il nostro know how nelle stampe su un progetto che va di pari passo all’abbigliamento, come può essere, appunto, la calzatura”, ha commentato Arthur Arbesser, alla guida del brand omonimo.  

Brand alert: TEN MINUTES TO MOON

TM è un brand nato nel 2021 dall’idea di un piccolo gruppo di amici con la passione dei viaggi, delle grandi città, di tutte le culture underground e un grande amore nei confronti della luna.

Un viaggio verso il piacere, un grande avvenimento, proprio come andare sulla luna che solo in apparenza è irraggiungibile. Ten Minutes To Moon sono quei 10 minuti di attesa antecedenti a qualcosa di grande perché il conto alla rovescia è l’anticamera di un momento unico e indimenticabile. L’attesa è sempre eccitante e la si vive tutti i giorni, è il viaggio che ti porta sulla luna.

Le collezioni sono realizzate con materiali ecosostenibili, il cotone è ecologico e si tratta di una filosofia di streetwear essenziale, mai eccessiva.

Felpe dal sapore cutting edge, t- shirt dalle grafiche innovative, giacche, felpe e pantaloni, sono stati raccontati ad un pubblico di teenagers e socialite milanesi durante una serata lo scorso 30 novembre presso il Tommasi in piazza Giovine Italia, uno dei ritrovi più glamour della città.

Space-Star: la scarpa dal concept unico di GOLDEN GOOSE

Golden Goose aggiunge un nuovo, entusiasmante capitolo alla sua storia e lancia una scarpa dal concept unico e innovativo.

Caratterizzata da un design inedito, Space-Star è una scarpa unisex, pensata per chi non ha paura di osare ed esprimere il suo animo più audace.

Grazie alla suola extra-cushion e a una suoletta interna in memory foam, Space-Star garantisce un estremo senso di leggerezza, consentendo a chi la indossa di evadere dalla vita quotidiana per trovare il proprio Spazio.

Foderato in morbido shearling, questo nuovo design è disponibile in un’ampia gamma di materiali: dal camoscio al nylon, dal cavallino animalier al glitter. Con l’iconica stella Golden sui lati, ogni scarpa è caratterizzata dalla firma lived-in del brand, che la rende immediatamente riconoscibile e unica.

Un primo drop della Space-Star sarà disponibile il 14 dicembre per sole 48 ore in esclusiva su https://www.goldengoose.com/it/en/space-star/space-star.html .

Il lancio ufficiale è previsto per il 13 gennaio 2022 su goldengoose.com e in store selezionati, che celebreranno il lancio attraverso installazioni immersive.

ASVOFF13 – A shaded view on fashion film festival

Nella prospettiva di una continua ricerca dedicata al rapporto tra moda, cinema e costume, ROMAISON, curato da Clara Tosi Pamphili, presenta a dopo Parigi, la tredicesima edizione di ASVOFF – A Shaded View on Fashion Film Festival. La manifestazione in collaborazione con Casa del Cinema è promossa da Roma Capitale con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.



I tre giorni di proiezioni e incontri, ad ingresso gratuito, dal 10 al 12 dicembre 2021, segnano l’inizio della collaborazione che proseguirà fino a gennaio 2022, con una rassegna di film dedicata a cinema e moda: una selezione di lungometraggi per scoprire inedite traiettorie di approfondimento multidisciplinare.

Ideato e diretto da Diane Pernet – leggendaria icona della moda internazionale, giornalista e pioniera digitale – ASVOFF è nato nel 2008 come una sfida ai parametri convenzionali del cinema e del video, proponendo un’indagine originale dedicata a moda e bellezza e codificando il nuovo genere del fashion film. “La nostra missione è preservare, supportare e illuminare l’aura artistica e l’unicità percettiva delle voci indipendenti nella moda e nel cinema”, dichiara Diane Pernet. Con un formato volutamente nomade e sperimentale, il festival è stato ospitato in prestigiose istituzioni e all’interno di importanti eventi e rassegne internazionali: dal Centre Pompidou al Festival di Cannes, da Art Basel Miami al Guggenheim, dal Caixaforum di Barcellona al Barbican di Londra.

Tra gli highlights troviamo: la proiezione del film Saint-Narcisse di Bruce LaBruce, iconico artista, fotografo e scrittore considerato uno dei fondatori del movimento queercore e presidente della Giuria di ASVOFF di quest’anno; la prima italiana del documentario Heavenly Bodies dedicato alla figura del leggendario fotografo e artista Steven Arnold; le rassegne Digital Fashion: The Fabricant, Black Spectrum e Fashion Moves dedicate a tracciare il futuro della moda nello scenario virtuale del Metaverso e a indagare i temi dell’identità, dell’inclusione, della rappresentazione sociale attraverso lo sguardo di artisti, attivisti, registi e il filtro sperimentale dell’immagine in movimento.

Come abbinare al meglio pantaloni cargo e calzini

I cargo da uomo sono un modello di pantalone molto pratico e versatile, con una delle radici ben radicate nella storia. Nato come un modello di pantaloni per militari, fino ad arrivare ad essere un indumento tipico di alcune subculture metal e punk, i cargo sono al giorno d’oggi un elemento indispensabile nell’armadio di un uomo che può anche essere abbinato ad un blazer.

Questi pantaloni possono essere molto stilosi se sapientemente abbinati, per questo è importante conoscere il modo migliore per abbinarli e creare un look di tendenza.

Un abbinamento universale per i pantaloni cargo

Non tutti sanno come sono fatti dei pantaloni cargo ed è bene conoscerne le caratteristiche. Questo modello di pantaloni prevede nella loro versione classica delle tasche laterali all’altezza delle ginocchia che hanno sia la zip che il velcro.

Oggi è invece possibile scegliere tra un’ampia selezione di pantaloni cargo da uomo, in quanto ci sono in commercio innumerevoli modelli che prevedono anche un diverso posizionamento delle tasche. Dunque, i pantaloni cargo rappresentano ormai un must have nel guardaroba maschile a prescindere dal proprio stile casual, elegante o sportivo che sia.

Un abbinamento evergreen dei pantaloni cargo è quello con i calzini bianchi e le sneakers. È risaputo, con dei calzini bianchi e delle scarpe da ginnastica bianche non si sbaglia mai, anzi un pantalone cargo color khaki e una maglietta bianca saranno perfetti per un total look dallo stile urbano.

Con un pantalone cargo nero è possibile abbinare anche dei calzini neri e delle scarpe bianche e nere, per avere un look sportivo, ma comunque ordinato e alla moda. Un’altra idea per un look perfetto per il weekend potrebbe essere quello di abbinare un paio di pantaloni cargo militari con dei calzini neri e delle sneakers alte bianche e rosse, completando il tutto con una giacca di pelle nera che richiami i calzini.

Un cargo per un look più elegante

Sicuramente questo modello di pantalone non è propriamente adatto per un incontro d’affari o una riunione importante di lavoro. Tuttavia, se abbinati nel modo giusto, i pantaloni cargo possono essere declinati anche in una versione più elegante.

Un abbinamento molto valido in questo senso riguarda i pantaloni cargo grigio scuro che possono essere abbinati a delle sneakers nere, indossando un calzino fantasmino che lasci la caviglia scoperta, creando così un look moderno e originale. 

Un’altra idea outfit con i cargo potrebbe essere quella di indossare dei calzini che lascino la caviglia scoperta con dei mocassini, magari facendo dei risvoltini ai pantaloni.

È chiaro, dunque, che questo modello di pantalone è così versatile che può essere indossato in diverse occasioni, per farlo risultare più elegante basterà abbinare una scarpa diversa da quella sportiva. Per essere sempre al passo con la moda e non sbagliare outfit, è consigliabile cercare di abbinare la maglia indossata con i calzini.

In questo modo ogni abbinamento sarà più facile ed intuitivo, anche se l’abbinamento di calzini e pantaloni cargo più gettonato è sicuramente quello con i calzini bianchi. Ma per una personalità può decisa ed estroversa saranno perfetti anche dei calzini a fantasia, che dovranno comunque essere abbinati ad una maglia tinta unita, per non appesantire il look.

Osprey annuncia la sua acquisizione da parte di Helen of Troy

Osprey, l’azienda leader nella creazione di soluzioni per il trasporto innovativo di alta qualità, ha annunciato di aver stipulato un accordo vincolante per l’acquisizione da parte di Helen of Troy. Il CEO e proprietario Layne Rigney si unirà a Helen of Troy e continuerà a guidare Osprey, la cui sede rimarrà ai piedi delle montagne  di San Juan a Cortez, in Colorado.



Il design innovativo del prodotto continuerà ad essere uno dei punti cardine del brand, così come il suo obiettivo di porsi leader nei prodotti più resistenti, progressisti, trasparenti e sostenibili al mondo. La dedizione di Osprey nel creare attrezzature best-in-class, ad alte prestazioni e con forte attenzione, riflette l’amore del marchio per  l’avventura e la devozione per la  vita all’aria aperta.

Scott Pfotenhauer, Chief di Osprey, dichiara: “Helen of Troy sa che per costruire un brand  solido e resistente è necessario un buon rapporto con i propri clienti, i dipendenti, la comunità e il pianeta. Infatti la combinazione di queste aziende sarà una forza nel settore  outdoor per gli anni a venire“.

Dopo 47 anni di progettazione di zaini, il fondatore, comproprietario e direttore  dell’innovazione di Osprey, Mike Pfotenhauer insieme a sua moglie Diane Wren, comproprietaria e membro del consiglio di amministrazione, hanno deciso di ritirarsi e  vendere l’azienda. “Non ci saranno cambiamenti radicali. Osprey continuerà a fare ciò che meglio sa fare: progettare e costruire prodotti eccezionali per i prossimi 50 anni e oltre“.

Inoltre, Mike Pfotenhauer e Diane Wren sono convinti che Helen of Troy condivida la loro cultura e i loro valori, in particolare l’impegno nei confronti dei propri dipendenti e dell’ambiente: Helen of Troy promuove un ambiente di lavoro inclusivo e diversificato e valorizza un sano equilibrio tra lavoro e vita privata.

Anima Autentica, ecco come scoprire le meraviglie di Reggio Calabria

Anima Autentica è un claim che racconta la crescente esposizione al mondo della città Metropolitana di Reggio Calabria: centro nevralgico del turismo calabrese. Una città che si affaccia forte e orgogliosa sul mare, nel quale oggi emergono tesori rimasti nascosti a lungo tempo e che reclamano attenzione.

Nella splendida cornice di Duomo 21 a Milano, lo scorso 29 febbraio 2021 si è dibattuta un’importante campagna marketing sulla centralità di Reggio Calabria, sempre più protagonista del flusso turistico che interessa il sud Italia. La serata, insomma, è stata l’occasione per esibire le meraviglie di una città che fiorisce. A presenziare all’evento, il Vice Sindaco metropolitano Carmelo Versace, il Consigliere metropolitano Delegato alle attività produttive Domenico Mantegna, il Consigliere metropolitano Delegato alla cultura Filippo Quartuccio, il Vicedirettore generale e dirigente del settore Sviluppo Economico della Città Metropolitana, Giuseppina Attanasio.



Riveliamo l’unica Anima della nostra Città Metropolitana”, afferma il Vice-Sindaco metropolitano Carmelo Versace “perché le differenze, le peculiarità e le specificità di ciascuna parte del territorio, meravigliose singolarmente, insieme divengono straordinarie. La campagna promozionale che prende avvio in questi giorni è l’apice di una strategia di marketing sulla quale lavoriamo da diversi mesi, per definire e tracciare un nuovo percorso nel quale ogni elemento contribuisca a dare un’immagine unica e positiva del nostro territorio”. Il Vice- Sindaco sottolinea che: “Sono immense le potenzialità in ambito turistico, grazie alla ricchezza in termini culturali e naturalistici. Oggi inauguriamo una stagione nella quale l’attenzione alla narrazione del territorio in ogni suo aspetto e nella giusta prospettiva, sarà centrale nella nostra politica di sviluppo e crescita, per restituire una corretta proiezione dell’immensità del patrimonio che la Metrocity custodisce e il giusto ruolo di centralità nell’ambito del Mediterraneo. Siamo pronti a nuove sfide, orgogliosi della nostra storia e della nostra umanità e ripartiamo da questo per presentare la Destinazione Turistica Città metropolitana di Reggio Calabria”.



Perché Reggio Calabria ha un potenziale che se ben sfruttato potrà portare risultati entusiasmanti in brevissimo tempo?  È un racconto in video a esporci le incredibili meraviglie di una città metropolitana che sente l’esigenza di esibire, al resto del mondo, l’immagine rassicurante di sé; la sua cultura culinaria e vinicola, i suoi paesaggi sconfinati, i suoi sapori e i colori decisi di una natura che il resto del pianeta ci invidia.

 Anima Autentica non è solo una semplice campagna marketing ma un impegno profuso nei mesi da chi crede fortemente nel suo sviluppo, con interventi che si prodigano a valorizzare il tessuto socio-economico di Reggio Calabria, incrementando i flussi turistici, massimizzando la visibilità anche in relazione alle attività fieristiche e, non di meno, supportando lo sviluppo economico del territorio.

Lina Wertmuller, la regista con gli occhiali bianchi.

Oggi 9 Dicembre 2021 ci ha lasciato Lina all’età di 93 anni.

L’abbiamo conosciuta come Lina Wertmuller, ma il suo vero nome è Arcangela Felice Assunta Wertmüller Von Elgg Spanol Von Braueich, la regista più amata dagli attori, che come tutti i grandi si affezionava ai suoi talenti e li faceva crescere con lei, sicuramente i più amati sono stati Mariangela Melato e Giancarlo Giannini.

La Wertmuller era riuscita a strappare la Melato al teatro in quanto non riusciva a vedere i suoi film senza di lei, per poi tornarci terminate le riprese con lei.

Insieme hanno creato film memorabili come: Mimì metallurgico ferito nell’onoreFilm d’amore e d’anarchia e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto.

Proprio negli anni della rivoluzione sessuale, del manifesto del femminismo, arrivò lei, Lina, che con i suoi iconici occhiali bianchi ci spiegato ed ha fatto capire che cosa stesse succedendo in Italia negli anni 70’ dove le classi lavorative erano in subbuglio.



Quando sei geniale, prima o poi ti viene riconosciuto, ecco a lei è successo quasi subito, è stata adulata da Madonna, che innamoratasi di: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, lo volle replicare nei primi anni 2000, con un disastroso risultato, perché è molto difficile fare un remake quando impresso negli occhi di tutti vi è un film scolpito nella memoria di tutti.

Ha avuto anche l’onore di essere stata la prima donna della storia ad essere candidata all’oscar dall’Accademy Awards come miglior regista nel 1977 con Pasqualino sette bellezze, senza vincere in quell’occasione, ma come disse lei, erano solo un gruppo di giovani italiani all’avventura, non avevano fatto le centinaia di proiezioni per arrivare al risultato.

Per poi ricevere un Oscar alla carriera nel 2020 citando: “per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa”.

Proprio in quell’occasione i suoi collaboratori a Los Angeles ricordano quanto fosse tranquilla, quasi senza emozioni perché cosciente del lavoro svolto, amava circondarsi di persone che le regalassero attenzioni, la mitologia narra che fosse molto severa sul set, ma come si dice la carota non ha mai aiutato nessuno.

Le opere di Banksy in Milano Centrale con la mostra The World of Banksy

Le sue opere sono messaggi ben precisi, che colpiscono subito il segno. Una complessa visione artistica, con l’obiettivo di smuovere la coscienza della società comporanea, spesso figlia del male. In questa ottica, in Centrale Milano arrivano le opere del discusso artista inglese Banksy, con la mostra The World of Banksy – The Immersive Experience” presso Galleria dei Mosaici, lato IV Novembre, sino al 27 febbraio 2022.

Dopo le fortunate esibizioni itineranti nelle principali capitali europee di Parigi, Bruxelles, Barcellona e Praga, e nella cosmopolita Dubai, Banksy fa tappa in stazione, tra il viavai di pendolari e turisti in un contesto urbano identitario, razionale e storico. La forza delle sue opere, dissacrante e diretta, giunge ancora una volta tra la gente; sono 130 (di cui 30 le nuove opere), quelle in esposizione in “The World of Banksy – The Immersive Experience”: i visitatori della mostra potranno vedere, per la primissima volta, “Ozone Angel”, “Steve Jobs” “Napoleon” e “Waiting In Vain”, che vanno ad aggiungersi a lavori e murales realizzati da giovani artisti anonimi di tutta Europa. 



Il mondo di Banksy, che mira a denunciare le malefatte dei politicanti e delle cattive abitudini della società, sempre più dipendente dal consumismo, invita lo spettatore a riflettere sulle dinamiche scoscese, o meglio sugli atteggiamenti da umanoide che la gente assume soggiogata dal potere.

Dopo l’esordio nella sua Bistrol, la street art di Banksy ha raggiunto milioni di persone nel mondo. Nonostante la sua notorietà, l’artista è stato condannato da una fazione di critici che lo hanno definito un sottoprodotto del populismo estetico. Eppure, nel 2018 il suo dipinto autodistruttosi dopo essere stato battuto all’asta per oltre un milione di sterline in un’asta di Sotheby’s a Londra, ha raggiunto le copertine dei maggiori quotidiani internazionali, innescando un meccanismo mai collaudato prima. La popolarità dell’artista corre in parallelo con il successo delle sue opere.



La mostra, che presto potrebbe far tappa in altre stazioni italiane, esibisce anche Flower Thrower” e “Girl with Balloon: due opere che meglio rappresentano l’arte denuncia dell’artista inglese.

I biglietti sono acquistabili sul sito ufficiale della mostra theworldofbanksy.it o su www.happyticket.it www.ticketone.it e  www.vivaticket.com

Date e orari

STAZIONE di MILANO CENTRALE

Galleria dei Mosaici, lato IV Novembre

dal 3 dicembre 2021 al 27 febbraio 2022

da Martedì a Venerdì: dalle 11 alle 20 (ultimo ingresso ore 19)

Sabato e Domenica: dalle 10 alle 20 (ultimo ingresso ore 19)

Chiuso il Lunedì

Aperture straordinarie: Lunedì 6 Dicembre 2021, Lunedì 20 Dicembre, 2021, Lunedì 27 Dicembre 2021, Lunedì 3 Gennaio 2022.

Chiusure straordinarie: Venerdì 24 Dicembre 2021, Sabato 25 Dicembre 2021, Venerdì 31 Dicembre 2021

Prezzo

Dal martedì al venerdì: 14.50€ – ridotto da 7€ a 10€ – minori di 6 anni ingresso gratuito

Fine settimana e festivi: 16.50€ – ridotto da 8€ a 12€ – minori di 6 anni ingresso gratuito

Coho Loft: dove le tue idee prendono forma

Molto più di uno spazio ma un grande contenitore di idee che ospita uffici di creativi, shooting di moda, set cinematografici, workshop, eventi aziendali e feste. E’ un hub di creatività non lontano dal centro di Roma e a pochi passi dalla fermata della metro B di Pietralata e Monti Tiburtini.

Oggi parliamo con Andrea Audino, il proprietario nonché scenografo, designer, e ideatore del Coho Loft e grazie al quale i professionisti che vivono di giorno lo spazio e gli ospiti che popolano gli eventi serali, sono accolti e avvolti da un’elegante atmosfera newyorkese, ispirata al design industriale.

Quando e come nasce il Coho Loft?

Il Coho Loft è uno spazio multifunzionale che nasce all’interno di un’ex fabbrica di lavorazione del legno degli anni ’50. Nel 2009 il vecchio opificio è stato riportato in auge realizzando un’importante opera di valorizzazione urbana.

E’ una realtà sicuramente diversa dal solito, cos’è esattamente il Coho Loft?

Oggi il Coho Loft è un edificio di circa 3000 metri quadri dove artisti, creativi e professionisti di ogni genere si incontrano dando vita a sinergie lavorative sensazionali. Il nostro spazio ospita uffici, shooting di moda, eventi privati, set cinematografici, workshop e molto altro, è uno spazio in continuo evolversi.

L’obiettivo del Coho Loft è quello di coniugare la bellezza e l’eleganza con l’estro e la forte personalità. L’idea di partenza del brand è infatti quella di promuovere le idee; che siano eccentriche, nuove, coraggiose, rivolte al futuro o ispirate dal passato.

So che tu disegni e realizzi personalmente molti dei complementi d’arredo?

Sì, realizzo personalmente molti dei complementi d’arredo. Nasco come scenografo il che mi ha dato modo di imparare a ideare, realizzare e curare ambienti per le più disparate esigenze. Devo dire che comunque molti degli oggetti di design provengono anche da designer internazionali. 

Avete in programma nuovi progetti?

Abbiamo recentemente preso uno spazio, adiacente al Coho Loft, di circa 400 mq che si suddivide in quattro aree che si distinguono per particolare altezza e larghezza e per una naturale esposizione alla luce solare, si presta a diventare il luogo in cui ogni genere di

creazione artistica può prendere forma. Il nuovo spazio, noto come Coho Studio, è in fase di ristrutturazione, e si presta a diventare il luogo in cui ogni genere di creazione artistica potrà prendere forma. Coho Studio aspira infatti a diventare un nuovo modo di supportare e valorizzare l’arte e la creatività, offrendo servizi di supporto per set fotografici, tra cui scenografie, catering per servizi fotografici, casting e location scouting mettendo a disposizione del cliente uno staff tecnico che si occupa di gestire tutti gli aspetti della produzione, rendendo il processo creativo molto più rilassante ed efficiente.



Oggi il Coho Loft è un edificio dove artisti, creativi e professionisti di ogni genere si incontrano dando vita a sinergie lavorative sensazionali.

Vi aspettiamo!

Coho Loft – Via Vertumno 2C – +39 3883646081

[email protected]

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Mahmood e Blanco in gara al 72° Festival di Sanremo

MAHMOOD – uno dei maggiori e più originali esponenti del cantautorato urban pop italiano con 12 dischi di platino e 9 dischi d’oro in Italia, 6 dischi di platino e 3 dischi d’oro all’estero e quasi 1,5 miliardi di streaming totali all’attivo – e BLANCO – voce tra le più dirompenti del panorama nazionale e rivelazione musicale del 2021 che ha collezionato in meno di un anno 27 dischi di platino, 6 dischi d’oro e oltre 640 milioni di streaming totali- parteciperanno in gara insieme nella categoria Campioni al 72° Festival di Sanremo (1 – 5 febbraio 2022).

‘On the Road’, l’epopea dei tour musicali nel Calendario Pirelli 2022

Dopo lo stop per la pandemia del 2020 (evento piuttosto raro nella storia della pubblicazione, interrotta, ad eccezione della sospensione nel periodo tra il 1975 e il 1983, solamente nel ‘67), il Calendario Pirelli torna in forma smagliante e rilancia, potremmo dire, con packaging e un brano concepiti appositamente, entrambi a firma di Bryan Adams, cantautore dal fulgido cursus honorum musicale – oltre 100 milioni di dischi venduti, tre nomination agli Oscar, cinque ai Golden Globes, 15 (con una vittoria) ai Grammy – che, dagli anni Novanta, ha abbracciato una carriera fotografica altrettanto fruttuosa, scattando cover ed editoriali per magazine quali Harper’s Bazaar, Vogue, Vanity Fair, L’Officiel e Zoo.



On the Road, questo il titolo di The Cal 2022, dà il nome perciò anche alla canzone dell’artista canadese, un’anticipazione del suo nuovo album So Happy It Hurts, in uscita il prossimo marzo. Sul calendario poi, custodito in una confezione quadrata tipo LP in vinile, accanto alla scritta con la caratteristica iniziale allungata della multinazionale dei pneumatici, campeggia un logo ad hoc, celebrativo del 150esimo anniversario dell’azienda.



Il filo conduttore dell’edizione di quest’anno è, dunque, il viaggio, declinato in un omaggio per immagini all’epoca, per molti versi lontana e irripetibile, dei grandi tour musicali, microcosmi a sé stanti con i propri riti, luoghi e tempistiche, nei quali la celebrity di turno si rifugiava al di fuori del concerto, tra pause relax in suite maestose (come quelle dello Chateau Marmont, buen retiro dei ricchi e famosi di Hollywood, location degli scatti patinati insieme al Palace Theatre, sempre a Los Angeles, e all’hotel Scalinatella di Capri), sessioni di trucco e parrucco, momenti di concentrazione nel backstage, enormi set di bagagli, spostamenti in limousine, studi di registrazione avveniristici.



Per interpretare un tema così composito, sospeso tra solitudine e vitalismo, atmosfere intimiste e cenni all’iconografia della rockstar, l’autore ha riunito dieci nomi di prima grandezza, tra i più rappresentativi della musica internazionale dai Sixties in avanti: in copertina (oltre che nella foto di febbraio, dove posa in déshabillé, illuminata debolmente dai raggi filtrati dalle veneziane) St. Vincent, performer camaleontica e restia alle classificazioni, qui con bob platinato, che nel fare la linguaccia all’osservatore mostra un plettro marcato Pirelli. A seguire Kali Uchis, fasciata in un abito (quasi) adamitico, con calze a rete e lingerie da femme fatale in vista; Cher, assorta in chissà quali pensieri davanti agli specchi a tutta parete del camerino; Iggy Pop, a torso nudo (e come, sennò?) e ricoperto di polvere argentata, pronto per una delle sue leggendarie esibizioni da istrione del punk; Rita Ora, che posa languida nella vasca da bagno con un dress in maglia metallica; la teatralità del rapper Bohan Phoenix, in piedi sul pianoforte vestito di pantaloni cargo, anfibi e guanti da opera silver. Il cast all star si completa con Grimes, Jennifer Hudson, Normani e Saweetie.



Chiude la carrellata, idealmente e non, lo stesso Adams, fotografato nelle pagine di dicembre a bordo di una classica auto americana, mettendo la parola fine all’itinerario on the road fra topoi musicali e divismo old school. Un tour visivo che merita di essere approfondito visitando il sito www.pirellicalendar.com, dove scoprire retroscena, filmati, testi inediti e interviste ai protagonisti del 48esimo The Cal.




Week-end natalizio in montagna o in città? Ecco le idee regalo per lui

Comodità e praticità anche nella valigia preparata per un lungo fine settimana in montagna o in città. Se non hai ancora le idee chiare su cosa regalare a Natale, sfoglia la nostra gallery sui capi outdoor di tendenza per l’inverno 2021/2022. Il trend predominante della stagione in corso è sicuramente l’outdoor che ha dominato la scelta dei look maschili. Se un tempo il tessuto tecnico era riservato esclusivamente per uso agonistico, oggi è tra i più richiesti per le sue altissime performance in tenuta e in tempo.



Il marchio Add propone un parka in tessuto tecnico impermeabile dall’aspetto opaco con imbottitura in piumino multitasche. Il capo spalla è composto da due elementi: uno con  stampa digitale e l’altro con trapuntatura orizzontale. Entrambi dotati di cappuccio fisso, possono essere indossati separatamente oppure insieme per una maggiore tenuta termica.



Sembra una giacca sartoriale, invece è un caldo piumino con quattro tasche. La jacket Field, la proposta di Colmar per questa stagione, è un evergreen nel guardaroba maschile. Realizzata in tessuto monoelastico anti-piuma e imbottita in piuma naturale, questa giacca da uomo è sportiva e comoda allo stesso tempo. Un capo versatile, da indossare in qualsiasi momento della giornata.



La superficie della giacca firmata Outhere ha un particolare effetto vitreo grazie al suo spazzolato con uno smalto superiore. Le maxi zip in dettaglio, la sfumatura della tinta e il cappuccio, la rendono adatta per un dopo scii in baita.



Il prezioso velluto a coste della giacca multitasche Field, firmata MCS, rende omaggio al tradizionale modello militare con comode e ampie tasche a soffietto davanti e cerniere in metallo con finitura in prezioso oro anticato. Il caldo giubotto è interamente imbottito con ovatta pressata e presenta una comoda apertura con zip e bottoni.



La giacca unisex Titan 3 di Arena, realizzata in collaborazione con il marchio milanese di streetwear Dolly Noire, ha una stampa ispirata ai disegni tecnici di una navicella spaziale, e prende il nome dal vettore utilizzato per il programma spaziale Voyager. Confezionata in 100% poliestere riciclato nel pieno rispetto dell’ambiente, presenta un cappuccio con coulisse e due tasche con zip. Il numero ’89’ stampato sul retro si riferisce all’avvistamento di Nettuno da parte della Voyager 2 nel 1989.



Furrerunner 55, il nuovo orologio di Garmin, segna il tempo e registra, monitora e analizza i dati relativi alle proprie prestazioni. Un orologio completo che diventa un vero coach durante gli allenamenti. Infatti, potrai farti aiutare dal programma di allenamento Garmin Coach con vere e proprie tabelle direttamente sul running watch e Garmin ConnectTM, per prepararsi in modo adeguato a correre le distanze di 5, 10 o 21 chilometri.

Questo smartwatch con GPS integrato consente di monitorare le proprie statistiche e proseguire obiettivi di fitness. Puoi controllare tempo, distanza, andatura e velocità; inoltre, indica la frequenza cardiaca al polso e altre funzioni che ti consentono di monitorare il tuo stato di salute e benessere generale. Ulteriore punto di forza è la batteria: la sua autonomia dura sino a due settimane con tutto il vantaggio di non doversi preoccupare di ricaricarlo spesso.

Johnny Do, Il viaggio che rifarei

Definire Johnny Do solo un appassionato di viaggi sarebbe quasi riduttivo, la sua è una vera cultura del saper viaggiare. Il suo libro “Il viaggio che rifarei” si è subito posizionato tra i primi dieci posti nella sezione travel di Amazon, proprio a confermare quanto tutti noi abbiamo bisogno di prendere una valigia e partire. Ecco se leggete il libro è proprio quello che penserete.

Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro?

Le emozioni dei primi viaggi le scrivevo già adolescente, poi ho iniziato a vivere e lavorare viaggiando, è diventata un’abitudine vivere in hotel, traslocare da una nazione all’altra, cambiavo isole e continenti come fossero quartieri della stessa città arrivando al punto di non aver più avuto il tempo di scrivere.

Ho cercato il posto più bello dove vivere e ho cercato di immagazzinare nella memoria più emozioni possibili. Internet ha permesso l’espandersi del fai da te anche nei viaggi, nell’ultimo decennio, anno dopo anno, il lavoro è sceso sempre più: nella gestione delle stagioni come per i grandi accompagnamenti. Qualche anno fa, durante una cena in un famoso ristorante di Ibiza, una cara amica con il suo compagno, sentendomi raccontare alcuni aneddoti di viaggi e di turisti mi hanno proposto l’idea, con Salvatore ho iniziato un percorso quasi psicologico per scardinare ricordi ed avvenimenti che, in realtà erano semplicemente catalogati in una parte del cranio, poi è arrivata la pandemia e ho avuto il tempo di cercare tutto ciò che mia sorella aveva ordinatamente conservato in cantina e cosi in ordine cronologico ho iniziato a riordinare tutto. Saltando qualcosa, unificando qualcos’altro è arrivato il libro.  

Il viaggio più bello?

La bellezza di un viaggio è direttamente proporzionale all’ entusiasmo e alle emozioni che ognuno ha in quel determinato momento, il viaggio più bello nel mio caso è lungo una vita, potrebbe essere solo un sorvolo della Polinesia, la prima volta a New York, Rio a Carnevale o le indimenticate grandi amicizie di Tenerife o di Mykonos, gli altipiani della Tanzania e del Kenya, il salto nel tempo di Cuba o chissà dove. Per avere una risposta più chiara bisognerebbe cercarla nel libro.

C’è un viaggio che non rifaresti?

Alcuni viaggi li ho fatti con l’incoscienza della giovinezza, adesso non li rifarei per pericolosità dei luoghi o delle situazioni. Non ho amato il secondo periodo da manager in Egitto, penso per l’incarico; avrei lasciato la nave rompighiaccio il secondo giorno di navigazione, per la noia; col senno di poi mi preparerei meglio ad affrontare i primi lunghi periodi in estremo oriente, mi sentivo un extraterrestre.

Vivi ad Ibiza da vent’anni (credo) che futuro avrà secondo te.

Ibiza ha un’anima unica, si rigenera e genera e rigenera mode e usi. Sicuramente gran parte dello spirito che l’ha resa esclusiva ormai da sessant’anni si è dissolto già da qualche anno, si è globalizzata cercando di offrirsi sempre più ad un pubblico simile a quello di Dubai, che ha tolto personalità anche a luoghi come Mykonos e Miami rendendoli tutti simili per un pubblico internazionale. La bellezza dell’isola unita all’unicità delle feste continuerà ad essere la carta vincente per un futuro glorioso ma con una personalità sicuramente meno eclettica e più simile ad altri luoghi nel mondo. 

Il party più lussuoso dove lo hai visto.

Diversi, non solo uno, nei primi anni Novanta a Ibiza ricordo il party sullo Yacht di Gaultier, a Mykonos nella villa di un amico, a Miami nella Villa Casuarina (casa Versace), a Bermuda nella villa invitato per un week end da un amico, a Mauritius nella casa della fondatrice di un importante marchio di gioielli, poi il primo periodo a New York praticamente ogni settimana.

CANADA GOOSE RIDEFINISCE LA TRADIZIONE NELLA NUOVA COLLEZIONE CON CONCEPTS E BAPE®

Canada Goose e il brand di streetwear di Boston Concepts proseguono la propria lunga collaborazione unendosi ancora una volta per la loro ultima collezione; quest’anno, con l’aggiunta del rinomato marchio di moda giapponese A BATHING APE® (BAPE®). Fondata nel 1993, BAPE® è specializzata in streetwear e lifestyle per uomo, donna e bambino. Con il suo mix di street e sportswear americano importato e street wear giapponese pionieristico, il brand è noto per il suo caratteristico motivo BAPE® Camo che è stato integrato in questa nuova partnership.

La nuovissima collezione di questi tre marchi iconici rivela un approccio moderno all’ispirazione che sta alla base degli stili tradizionali di Canada Goose, arricchita dagli elementi stilistici caratteristici di Concepts e BAPE® per creare la prossima generazione di icone.



La collaborazione porta lo streetwear a nuovi livelli. Traendo ispirazione dall’Expedition Parka di Canada Goose, dal Chilliwack Bomber e dalla Felpa Crofton, questa collezione è una vera e propria celebrazione dell’esperienza del marchio nel proteggere dai climi più rigidi della Terra. In tutta la collezione, la firma ABC CAMO di BAPE® è modellata insieme alla Snow Camo di Canada Goose, guidata dalla traduzione del marchio nel performance luxury e nella protezione dalle intemperie estreme. L’ABC CAMO di BAPE®, il singolare motivo riconosciuto in tutto il mondo, è stato introdotto per la prima volta nel 1996, lo stesso anno in cui è stato fondato Concepts.

Questa collezione presenta tre modelli di capispalla unisex costruiti per la protezione dal freddo e che garantisco un calore ottimale. L’Expedition Parka per Concepts x BAPE® (€ 1.495) è una reinterpretazione dell’iconico Expedition Parka di Canada Goose, originariamente sviluppato per gli scienziati che lavorano in Antartide. Rifinito con la firma ABC CAMO di BAPE® e disponibile in bianco e nero, questo parka combina il calore estremo con la resistenza tecnica e un distinto stile street. Le caratteristiche includono anche un cappuccio riempito di piuma, un cordoncino in vita per personalizzare la vestibilità e un lembo antineve elasticizzato in nylon a scomparsa per una maggiore protezione dagli elementi. Il Chilliwack Bomber per Concepts x BAPE® (€ 1.095) si ispira al Chilliwack Bomber di Canada Goose, creato inizialmente per i bush pilots nel nord del Canada. Oltre ai marchi di fabbrica di Concepts e BAPE®, questo bomber è disponibile in nero, ABC Camo e ABC Snow Camo, e mantiene gli elementi originali di protezione e mobilità di cui i piloti avevano bisogno quando lavoravano sulle piste artiche. Le caratteristiche includono anche gomiti rinforzati per una maggiore durata nelle aree ad alta abrasione, cinghie interne per il trasporto a mani libere e cinque tasche esterne per riporre qualunque cosa. Infine, la Felpa Crofton Shark di Concepts x BAPE® (€ 895) è una compagna ideale e leggera, perfetta per essere indossata come strato e per i viaggi. Caratterizzata dal logo Shark di BAPE sul cappuccio e da ABC CAMO, questa giacca è reversibile, realizzata con il tessuto Recycled Feather-Light Ripstop di Canada Goose: 100% Nylon riciclato con una finitura resistente all’acqua. Le caratteristiche includono anche maniche preformate e soffietti sotto le ascelle per migliorare la vestibilità e la libertà di movimento, la cerniera mostra l’iconico design Shark di BAPE® sul cappuccio regolabile imbottito in piuma, e un cordoncino sull’orlo per intrappolare il calore e mantenerlo a contatto con il corpo.


Inoltre, la collezione presenta anche tre versatili accessori unisex: una toque, una sciarpa imbottita di piume e una coperta imbottita di piume. La toque reversibile di Concepts x BAPE® (€ 225) è realizzata in lana Merino a doppio strato per un maggiore calore. Disponibile in rosso, bianco, blu pacifico e nero è

Canada Goose x Concepts x BAPE® sarà disponibile a partire dal 4 dicembre 2021 in negozi selezionati al dettaglio Canada Goose, Concepts e BAPE® e online su canadagoose.com, cncpts.com e bape.com. La felpa Crofton Shark sarà in vendita esclusivamente presso Cncpts in colore Red e esclusivamente presso BAPE in colore Pacific Blu.

Triennale di Milano rende omaggio a Giovanni Gastel con un doppio appuntamento

Sono due le mostre ospitate da Triennale di Milano per omaggiare uno tra i più influenti fotografi dei nostri tempi, Giovanni Gastel. Dal 1 dicembre 2021 al 13 marzo 2022 sarà possibile visitare The People I Like – in collaborazione con il MAXXI Museo Nazionale delle arti del XXI secolo – e I gioielli della fantasia – in collaborazione on il Museo di Fotografia Contemporanea.



Sentimento, purezza, minimalismo ed eleganza: la fotografia di Giovanni Gastel, che tanto amava la ritrattistica, è arte che rimarrà lungo i tempi. L’artista del bianco e nero su diapositiva, durante la sua lunga carriera ha catturato espressioni uniche e naturali, privando i suoi scatti di artifizi manipolatori. Un mestiere che impara in un seminterrato qualunque, in una Milano sempre più aperta ad accogliere nuove mentalità artistiche.Il successo di Gastel arriva durante il boom del Made in Italy; il fotografo non perderà certo l’occasione per esibire i suoi lavori nelle maggiori redazioni italiane, lavorando per “Annabella”, “Mondo Uomo” e “Mondo Donna”. Sviluppa campagne pubblicitarie per le più prestigiose case di moda italiane tra cui Versace, Missoni, Tod’s, Trussardi, Krizia e molte altre. La sua fotografia sarà ammirata anche dalle più importanti griffe parigine come Dior, Nina Ricci, Guerlain.



Il suo nome è talmente altisonante che ben presto sarà affiancato a mostri sacri del settore come: Oliviero Toscani, Giampaolo Barbieri, Ferdinando Scianna e di leggende internazionali come Helmut Newton, Richard Avedon, Annie Leibovitz, Mario Testino e Jürgen Teller.

Giovanni Gastel è stato un sofisticato ritrattista del mondo. Non solo visi, ma corpi, mode, gioielli, tessuti, ambienti. Con un sorriso, faceva sembrare facile il gesto infallibile e preciso di un grande fotografo. Il suo lavoro si è intrecciato più e più volte con i percorsi di Triennale, cui aveva regalato idee, progetti e ispirazioni. Con queste due mostre la nostra istituzione rende il primo doveroso omaggio a questo genio generoso e scanzonato che Milano e l’arte hanno perso, troppo presto”, ha dichiarato Stefano Boeri, presidente di Triennale Milano.



The Peolple I Like a cura di Uberto Frigerio con allestimento di Lissoni Associati, presenta oltre 200 ritratti di personaggiche hanno avuto l’onore di posare davanti al suo obiettivo: pose, volti, legami con la moda e con l’arte nella sua totalità.Tra i personaggi ritratti: Barack Obama, Marco Pannella, Forattini, Ettore Sottsass, Germano Celant, Mimmo Jodice, Fiorello, Zucchero, Tiziano Ferro, Vasco Rossi, Roberto Bolle, Bebe Vio, Bianca Balti, Luciana Littizzetto, Franca Sozzani, Miriam Leone, Monica Bellucci, Mara Venier, Carolina Crescentini. I ritratti hanno lo scopo di indagare sul valore interiore del soggetto; la luce teatrale, il chiaroscuro dei suoi bianco e nero, spettacolarizzano la fisionomia del protagonista, cogliendone i tratti della sua anima. Nella parte finale del percorso espositivo trovano spazio 80 immagini della serie dei colli neri, dei ritratti ai margini della spiritualità dell’anima.



In parallelo, Triennale di Milano ospita la mostra I gioielli della fantasia, realizzata in collaborazione con il Museo di Fotografia Contemporanea. Il legame tra Giovanni e il gioiello viene celebrato con 20 immagini di un più ampio progetto commissionato all’autore da Daniel Swarovski Corporation nel 1991 per l’omonimo libro, tradotto in quattro lingue, e la mostra di gioielli del XX secolo, entrambi curati da Deanna Farneti Cera.

Le fotografie in mostra sono state donate da Lanfranco Colombo a Regione Lombardia e sono conservate presso il Museo di Fotografia Contemporanea. I Partner Istituzionali Eni e Lavazza, l’Institutional Media Partner Clear Channel e il Technical Partner ATM sostengono Triennale Milano anche per questo progetto espositivo.

Fondazione Sozzani, in arrivo l’attesissima mostra World Press Photo 2021

Fondazione Sozzani ospita, dal prossimo 5 dicembre sino a domenica 8 gennaio 2022, la mostra World Press Photo 2021 dedicata a uno dei più prestigiosi premi di giornalismo visivo mondiale. Giunto alla sua 64° edizione, l’evento riconosce al fotogiornalista vincitore la capacità di sviluppare un progetto di forte rilevanza giornalistica o scatti che abbiano immortalato momenti di straordinaria importanza storica.

Per questa edizione sono state esaminate ben 74.470 fotografie scattate da 4.315 fotografi provenienti da 130 Paesi. I fotografi premiati sono stati 45 e 8 sono le diverse categorie suddivise tra “Foto dell’anno” e “Storia dell’anno” in Attualità, Notizie Generali, Spot News, Ambiente, Progetti a lungo termine, Natura, Sport e Ritratti.



Il concorso internazionale ha già decretato i suoi vincitori. A vincere i due premi più importanti, il “World Press Photo Story of the Year” e il “World Press Photo of the Year” sono stati: Mads Nissen che ha vinto la “Foto dell’anno” con The First Embrace  (l’immagine immortala un’anziana abbracciata per la prima volta dopo cinque mesi attraverso una tenda di plastica durante la pandemia da Coronavirus) e l’italiano Antonio Faccilongo che ha ricevuto il premio “Storia dell’anno”.

La giuria, presieduta da NayanTara Gurung Kakshapati (fondatrice e direttrice della piattaforma photo.circle in Nepal), ha visto impegnati Ahmed Najm di Metrography Agency, prima agenzia fotografica Irachena; Andrei Polikanov, visual director del giornale online russo “Takie Dela”; Kathy Moran, vicedirettrice della fotografia del “National Geographic” (USA); Kevin WY Lee, fotografo e direttore creativo di Singapore; Mulugeta Ayene, fotografo etiope; Pilar Olivares, fotografa peruviana dell’agenzia Reuters. A causa della pandemia, la valutazione si è svolta online.

Gli scatti vincitori

Mads Nissen, Danimarca. World Press Photo of the Year – Primo premio. La fotografia immortala una donna abbracciata da un’infermiera dopo cinque mesi di cure in ospedale. Un’immagine che racconta la solitudine di quei lunghi giorni trascorsi a lottare tra la vita e la morte, rincuorati dal sostegno di un sanitario.



Antonio Faccilongo, Italia. World Press Story of the Year – Primo premio. Lo scatto è la storia in diapositiva di una donna che attende il proprio marito dopo una lunga detenzione in un carcere israeliano. Nella camera da letto dove la donna conserva ancora i beni affettivi dell’uomo, il tempo sembra sospeso. Iman Nafi è il palestinese che detiene il triste primato per la detenzione più lunga nelle carceri israeliane.



 Maya Alleruzzo, Stati Uniti. Attualità – Secondo premio. Layla Taloo posa per un ritratto nella propria casa a Sharya, in Iraq, il 9 settembre 2019, con il velo integrale e l’abaya che ha indossato come schiava di militanti dello Stato Islamico per due anni e mezzo.



Ralph Pace, Stati Uniti. Ambiente – Primo premio. Un leone marino si avvicina pericolosamente ad una mascherina sanitaria presso il sito di immersione Breakwater a Monterey, California, USA, il 19 novembre 2020.



Ami Vitale, Stati Uniti. Natura – primo premio. Protagonista dello scatto è una giraffa di Rothschildche  viene tratta in salvo grazie a una chiatta su misura dall’isola allagata di Longichoro, sul lago Baringo, nel Kenya occidentale, il 3 dicembre 2020.



Luis Tato, Spagna. Natura – terzo premio Storie. In primo piano l’agricoltore Echom Ekiru immortalato in un campo di mais a fare i conti con i danni recati dal passaggio delle locuste del deserto, a Kalemngorok, contea di Turkana, in Kenya, il 3 giugno 2020.



Roland Schmid, Switzerland. General News – Secondo premio, Storie. Josephina di Arbon, svizzera, e Josef di Singen am Hohentwiel, tedesco, sono una coppia da 30 anni. Ora gli innamorati si incontrano tre volte alla settimana al confine chiuso tra Kreuzlingen, in Svizzera, e Costanza in Germania, per potersi almeno vedere. 30 marzo 2020.



Nadia Buzhan, Bielorussia. Spot News – Secondo premio. La donna impugna un mazzo di fiori davanti a una porta, non una qualsiasi. Olga Sieviaryniec, infatti, aspetta il marito Paval fuori da un centro di detenzione in via Akrestsin, Minsk, Bielorussia, il 22 luglio 2020.



Alisa Martynova, Russia. Ritratti – Secondo premio, Storie. Il protagonista dello scatto che immortala un viso in penombra è Christ, nato in Gabon e giunto in Italia per studiare economia all’università, a Firenze, in Italia, il 13 giugno 2020.



Fereshteh Eslahi, Iran. Sport – Terzo premio, Storie. Saeed e la moglie Maedeh tornano a casa dopo aver visto l’allenamento di motocross a Gachsaran, in Iran, l’11 dicembre 2020. Maedeh è un motociclista.



Lorenzo Tugnoli, Italia. Spot News – Primo premio, Storie. La foto immortala un momento concitato nel quale i vigili del fuoco tentano di spegnere il vasto incendio scatenatosi all’interno dei i magazzini a Beirutt, Lebanon, il 4 agosto 2020, dopo un’intensa esplosione nel porto. Dieci vigili del fuoco sono rimasti uccisi.



Gabriele Galimberti, Italia. Ritratto – primo premio, Storie. Torrell Jasper (35) posa con le sue armi da fuoco nel cortile della sua casa a Schriever, Louisiana, USA, il 14 aprile 2019. Ex marine statunitense, ha imparato a sparare da suo padre da bambino.


Cover: Tatiana Nikitina

Nasce la collezione TOILETPAPER BEAUTY: l’incontro tra LA BOTTEGA e TOILETPAPER

La sperimentazione di TOILETPAPER, il progetto editoriale di sole immagini a firma di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, si conferma ancora una volta senza confini, presentando una collaborazione con LA BOTTEGA, azienda italiana da oltre quarant’anni leader di mercato nel settore cosmetico per hotel di lusso, la collezione TOILETPAPER BEAUTY.

L’irriverente e sempre originale immaginario di TOILETPAPER contamina così il mondo del beauty, dando origine a una serie di prodotti Made in Italy – per ogni angolo del corpo e della casa –, frutto della consolidata expertise de LA BOTTEGA, azienda che fornisce i più prestigiosi hotel del mondo, quali Four Seasons, The Peninsula, Mandarin Oriental, St. Regis, J.K. Place, Faena, Rocco Forte, con linee cosmetiche personalizzate e sartoriali.



La collezione, che si distacca radicalmente dalla tradizionale estetica del settore, si pone come uno “statement” inaspettato, un invito a prendersi cura di sé con divertimento e ironia, lasciandosi trasportare in un mondo estatico, profumato e surreale, capace di coinvolgere tutti i sensi e stimolare l’immaginazione.

Creatività olfattiva e narrazione visiva infatti caratterizzano tutti i prodotti, la cui specificità è raccontata attraverso lo studio di ogni elemento, il design, la fragranza, il packaging: le immagini oniriche e spiazzanti evocano usi improbabili, situazioni enigmatiche e visionarie, trasformando i prodotti della collezione in veri e propri oggetti del desiderio.




La rivoluzionaria collezione si compone delle linee per la cura della persona, della casa e del tempo libero: HAIR per i capelli (shampoo e conditioner), BATH&BODY per coccolare e viziare il corpo (shower gel, body lotion, body oil, body scrub, saponi e balsamo per labbra), HANDS per curare le mani (sapone mani, gel detergente, spray detergente, crema mani).                                            
L’esperienza di TOILETPAPER BEAUTY si estende anche alla casa con la linea HOME per profumare gli spazi domestici con fragranze e diffusori, ma anche per lavare le stoviglie con l’inaspettato sapone per i piatti. 



E ancora, la linea LEISURE WEAR che comprende abbigliamento e accessori (tra cui pigiami, vestaglie, calzini) per contaminare a tutto tondo i momenti di relax con lo spirito irriverente del magazine.

Irresistibili i kit che mixano i vari prodotti della collezione: HAIR&BODY, HOME, SOAP, HAND, SOLID COSMETIC con il loro packaging da collezione sono l’idea regalo perfetta per una sorpresa fuori dagli schemi.

I piatti dello Chef stellato Paolo Griffa sono la dedica di Ruinart al mondo dell’arte

Una cena stellata ad alta quota firmata dallo Chef Paolo Griffa che ha celebrato uno champagne con una lunga tradizione e allo stesso tempo estremamente innovativo nella suggestiva cornice alpina del ristorante Petit Royal all’interno del Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur.

Un menù ispirato alle opere dell’artista David Shrigley – ultimo di una lunga serie di artisti a cui la Maison si accosta nel rispetto di una tradizione legata al binomio champagne – cultura, al quale viene data carta bianca per creare delle opere d’arte che sappiano interpretare lo spirito di Ruinart: un percorso di contaminazione ambizioso che non a caso prende il nome di Carte Blanche.
Una storia d’amore tra Maison Ruinart e il mondo dell’arte che ha inizio durante il regno di Luigi XIV, quando Dom Thierry Ruinart, lo zio del fondatore diventa “Master of Art” nel 1674. Da allora, la storia di questo champagne è andata di pari passo con la missione di supportare le nuove generazioni dei talenti creativi che si sono succedute nel tempo.



David Shrigley, visual artist dotato di una vivace ironia, è riuscito a tradurre la filosofia del brand attraverso una serie di opere riunite sotto il nome di “Unconventional Bubbles” che attraverso la matericità della scultura e la potenza visiva delle arti visive ha interpretato il processo di vinificazione di Ruinart, presentato al pubblico in occasione del Miart a a Milano.

Paolo Griffa, stella Michelin dal 2019, da quest’anno all’interno del circuito Ruinart Assemblage 1729, il network della più antica Maison de Champagne che include selezionati ristoranti italiani, ha disegnato un percorso di gusto caratterizzato da una visione estetica di grande impatto visivo, ispirato alle opere di Shrigley che ben interpretano le bottiglie e il processo di vinificazione della Maison e dal concept disruptive come l’universo poliedrico di Ruinart.
Dal mosaico di verdure ispirato all’opera d’arte “Thousands of bottles of champagne! In a giant hole in the ground” ai bottoni ripieni di patate, erbe e funghi, che evocano l’immagine, vista dall’alto, delle bottiglie che riposano nelle cave in attesa di raggiungere il livello di perfezione richiesto dalla qualità della Maison Ruinart e della diversa personalità che ogni bottiglia è in grado di custodire nel suo processo di vinificazione che anche di David Shrigley ha rappresentato nel suo “Each bottle is the same and Each Bottle is different”. Fino alla sua “Break Second Skin”, che nasconde una faraona cotta con foglie di fico e spinaci, servita insieme a un martello per vivere insieme una vera esperienza “di rottura” e di stupore, nel sapore e nell’estetica. La Second Skin di Ruinart, unicamente in carta riciclabile va a sostituire i vecchi coiffeur in versione gioiello senza impattare l’ambiente, da un mese disponibile nel suo formato magnum.
E infine, “upside-down” un dessert coperto da una cloche che quando viene alzata il piatto rimane apparentemente vuoto, in quanto il dolce rimane nella cloche. Si tratta di una cheescake alla vaniglia, pan di spagna al miele d’acacia e tè al matcha. Per completare il dolce fragoline di bosco, fragole, lamponi, mirtilli e un gel di yuzu che dono al piatto una nota acida e agrumata.



Ogni piatto pensato a regola d’arte dallo chef stellato Paolo Griffa sono le tappe di un percorso gastronomico che, come un sottofondo musicale, sono stati accompagnati da Ruinart Blanc de Blancs, Ruinart Vintage 2011,  Ruinart Rosé, Ruinart Rosé, sapientemente raccontati da Silvia Rossetto, senior Marketing Manager della Maison Ruinart.


Reinventarsi è arte: lo spazio vendita polifunzionale Dover Street Market

Agli albori del department store, il CEO di Dover Street Market, Adrian Joffe, e marito di Rei Kawakubo, mente geniale di Comme De Garçons, si interrogava:  ‘Dover Street Market può lasciare Dover Street?’. La risposta fu sì e, a distanza di anni, è presente a Londra, New York, Tokyo, Singapore, Los Angeles, Pechino e nella capitale francese.

Dove, rientrando nel piano di rinnovamento della città dettato dal governo francese, ha deciso di sperimentare un nuovo format con ‘3537’, piattaforma polifunzionale il cui nome deriva dall’indirizzo dell’headquarter in città presso l’Hôtel de Coulanges al civico 35-37 di Rue des Francs Bourgeois. Il progetto include attività di intrattenimento che si fondono con shopping experience mirando ad ospitare concerti musicali, mostre, balletti e proiezioni cinematografiche.

Il pensiero radicale fa da sempre parte del modus operandi del duo. 

Basti pensare di come, nel 1999, scelse di aprire uno store nella zona Chelsea di New York, quando solo poche gallerie erano alle prese con la colonizzazione dell’area. 



Rei Kawakubo ha fondato Comme des Garçons nel 1969 e la sua prima sfilata parigina, nel 1981, ha rotto tutti i canoni dell’estetica contemporanea in un tourbillon di chaos e creation. Sudafricano di nascita, Adrian Joffe, è parte dell’evoluzione del brand. Mentre era alle prese con la ricerca di una nuova location per il monomarca Comme des Garçons, Joffe si è imbattuto in Dover Street, in quella che una volta ospitava la sede dell’Istituto di Arte Contemporanea. L’idea iniziale era quella di acquisire solo il piano terra ma “perché non prendere l’intero edificio e ospitare una grande community di creativi?”. Proprio come Kensington Market il luogo del cuore londinese della Kawakubo, nel quale ebbe modo di imbattersi per la prima volta negli anni ’60. Un bazaar di contaminazioni inedite che ha alimentato la cultura underground londinese nei decenni antecedenti. Nominato “The Best Shop in the World”, DSM è stato il punto di svolta della loro carriera. Quattro i nomi che per il lancio del concept store hanno aderito alla creazione di prodotti esclusivi  Hedi [Slimane], Raf [Simons], Alber [Elbaz] e Azzedine [Alaïa]”.  Negli annali sono segnati l’approdo dell’ iconica collezione Céline di Phoebe Philo nel 2009, la prima collezione di Nicolas Ghesquière per Louis Vuitton, nel 2014, così come le fresche visioni di Alessandro Michele per Gucci nel 2015. Solo alcune delle tappe che si aggiungono al salto che nel 2021 vede l’apertura su nuovi panorami.

“Diamo alle persone la libertà, ma con una certa quantità di regole”, ha affermato più volte Joffe. 

La supervisione in ogni punto vendita è maniacale. Rei si occupa di tutta l’immagine, delle aree comuni e dei marchi Comme, delegando a Adrian le altre responsabilità. “Se l’approccio avvenisse unicamente verso le cose che le piacciono, non avremmo niente. Rei ama le persone che lavorano sodo e che hanno qualcosa da dire. Questo è l’unico criterio di selezione”. Un department store che mette al centro del suo universo il ruolo del venditore e la sua filosofia formativa. La struttura aziendale è orizzontale, strategicamente illuminata e mira ad una crescita sostenibile.

“E questo lavoro lo trova divertente?” “Divertente non è proprio la parola giusta.” Risponde Joffe.  “È eccitante. È quello che faccio. C’è soddisfazione nel lavoro. Ci sono un sacco di problemi – con i designer e loro ego, le dinamiche con Rei. È un incubo, davvero, ma è ciò che ci spinge ad andare avanti. Non c’è progresso senza lotte. Se fosse facile, lo farebbero tutti. È anche pensare al futuro. Ci sarà un giorno in cui lei non ci sarà più. Dobbiamo pensarlo… Ma questo è un altro discorso”. 

Palais Galliera celebra Alber Elbaz con una retrospettiva unica nel suo genere

Love Brings Love, The Alber Elbaz Tribute Show: la celebrazione a uno dei più influenti designer contemporanei, che ci ha lasciato in eredità un’estetica equilibrata, innovativa e tradizionale. La mostra, dal format innovativo, andrà in scena dal 5 marzo al 10 luglio 2022, presso Palais Galliera.


Prima che morisse, Alber Elbaz fonda la sua fattoria di creativi, soprannominata  AZ Factory. Lo scopo primario è quello di porsi a istituzione per i nuovi creativi, dando loro una vetrina sul mondo. La sua morte, avvenuta il 24 aprile 2021, lascia nello sconforto l’intero fashion biz perché durante la sua carriera, lo stilista di origini marocchine ha arricchito gli archivi della moda anziché sottrarre stile e innovazione. Ed è proprio questo il motivo che spinge, quarantasei creativi di fama internazionale, a rendergli omaggio.


Love Brings Love (questo era il motto di Alber) è un collettivo di designer e marchi di moda che hanno prestato la loro arte per realizzare un’esposizione unica nel suo genere. Ognuno di loro, infatti, è stato chiamato a disegnare abiti fluidi con lunghi strascichi, abiti corti con balze o grandi fiocchi, abiti stampati con disegni e ritratti di Alber Elbaz. Gli stilisti interpretano, così, lo stile gentile dello stilista dall’aspetto minuto, che in Yves Saint Laurent prima e in Lanvin dopo, ha vestito con vigore il jet set internazionale.


Questa mostra, unica nel suo genere, ricreerà lo spettacolo tenutosi il 5 ottobre scorso in onore di Elbaz, immergendo i suoi visitatori nell’esperienza completa della passerella, gli effetti, la musica e le luci che hanno reso la serata un momento indimenticabile della storia della moda.


L’esposizione, resa possibile grazie alla partecipazione di AZ FACTORY e al supporto di RICHEMONT, è organizzata da Alexandre Samson: curatore delle collezioni di haute couture e design contemporaneo del Palais Galliera, assistito da Juliette Chaussat.


L’elenco degli stilisti e delle griffe che hanno partecipato al progetto:

ALAÏA, Pieter Mulier / ALEXANDER MCQUEEN, Sarah Burton / AZ FACTORY, Alber Elbaz / BALENCIAGA,  Demna Gvasalia / BALMAIN, Olivier Rousteing / BOTTEGA VENETA, Daniel Lee / BURBERRY, Riccardo  Tisci / CASABLANCA, Charaf Tajer / CHLOE, Gabriela Hearst / CHRISTIAN DIOR, Maria Grazia Chiuri / CHRISTOPHER JOHN ROGERS, Christopher John Rogers / COMME DES GARÇONS, Rei Kawakubo / DRIES  VAN NOTEN, Dries Van Noten / FENDI, Kim Jones / GIAMBATTISTA VALLI, Giambattista Valli / GIORGIO ARMANI,  Giorgio Armani / GIVENCHY, Matthew M. Williams / GUCCI, Alessandro Michele / GUO PEI, Guo Pei / HERMES,  Nadège Vanhée-Cybulski / IRIS VAN HERPEN x ADOBE, Iris Van Herpen / JEAN PAUL  GAULTIER, Jean Paul Gaultier / LANVIN, Bruno Sialelli / LOEWE, Jonathan Anderson / LOUIS VUITTON,  Nicolas Ghesquière / MAISON MARGIELA, John Galliano / OFF-WHITE, Virgil Abloh / RAF SIMONS, Raf  Simons / RALPH LAUREN, Ralph Lauren / RICK OWENS, Rick Owens / ROSIE ASSOULIN, Rosie Assoulin /  SACAI, Chitose Abe / SAINT LAURENT, Anthony Vaccarello / SCHIAPARELLI, Daniel Roseberry / SIMONE ROCHA,  Simone Rocha / STELLA MCCARTNEY, Stella McCartney / THEBE MAGUGU, Thebe Magugu / THOM BROWNE,  Thom Browne / TOMO KOIZUMI, Tomo Koizumi / VALENTINO, Pierpaolo Piccioli / VERSACE, Donatella Versace  / VETEMENTS, Guram Gvasalia / VIKTOR & ROLF, Viktor Horsting & Rolf Snoeren / VIVIENNE WESTWOOD,  Vivienne Westwood & Andreas Kronthaler / WALES BONNER, Grace Wales Bonner / Y/PROJECT, Glenn Martens.