Giulio ha origine greche e approda, insieme al fratello Giuliano, in una piccola e affascinante isola sul Lago d’Orta con lo scopo di edificarvi una chiesa. Siamo alla fine del IV secolo e la loro missione è quella di sradicare le credenze pagane attraverso la costruzione di monumenti di culto.
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Non trovando pescatori disposto a traghettarlo fino al territorio cui anela, il patrono dei muratori (scelto proprio per la sua attività di edificatore di chiese, iconograficamente rappresentato con strumenti da lavoro) stende il suo mantello sulle acque del lago e naviga su di esso. Raggiunta l’isola, Giulio libera idealmente il luogo dalle spire pagane e getta le fondamenta della chiesa nello stesso punto in cui oggi si trova la basilica omonima, dove sono conservate le sue reliquie.
Giacca e gonna in denim Lorenzo Seghezzi, maglia stampata e pantaloni tuxedo in denim Diesel, torero cap con perle applicate Ilariusss, slides Lilo Moncler
Chaque voyage commence de près – Ogni viaggio inizia ora è uno degli aforismi scritti sui cartelli presenti sull’isola di San Giulio, che ospita anche un monastero di clausura benedettino, in grado di offrire innumerevoli spunti di riflessione nel totale silenzio, al punto da diventare gli stessi che accompagnano il melanconico viaggio di conquista del nostro Giulio, che si muove negli scorci più affascinanti di questa perla del patrimonio italiano.
Gilet imbottitoEsemplare, crop top Onitsuka Tiger, pantaloni con borchie Lorenzo Seghezzi, bowler hat Bonfilio
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Gli scorci incantevoli dell’isola di San Giulio, sul Lago d’Orta, punteggiano gli scatti di Manintown
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Nell’immagine in apertura, il modello indossa gilet imbottito Esemplare, crop top e flip flops in pelle Onitsuka Tiger, pantaloni con borchie Lorenzo Seghezzi, bowler hat Bonfilio
Nel bel mezzo di una torrida estate, nel moto perpetuo dello scrolling su TikTok, appare un monologo interpretato brillantemente. Volto e voce sono di Sara Penelope Robin, tiktoker napoletana di 32 anni, metà Amelie, per il suo bob degno delle cugine d’oltralpe, e metà Sophia Loren in Matrimonio all’italiana. Principesse e friarielli, thrift market locali e chiare inflessioni campane, l’eclettica creator, attrice e musicista catalizza rapidamente le attenzioni, spinge a seguirne i passi. È stata infatti già notata da The Jackal e, a seguire, da Propaganda Live, che l’ha catapultata sullo schermo in uno dei suoi sketch più riusciti.
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Elezioni politiche e femminismo, situazione sanitaria e tematiche sociali che coinvolgono un intero spaccato generazionale: Manintown racconta Sara Penelope Robin con un’intervista e uno shooting esclusivi, con la certezza che a breve vedremo andare lontano questa giovane creativa, nata a Napoli nel 1991.
Ti destreggi tra recitazione, canto, dizione, solfeggio, chitarra classica e danza. Ti senti di affermare che, grazie a TikTok, sia giunto il tuo momento di svolta?
Assolutamente sì. Nonostante mi dedichi alla creazione di contenuti già da una decina d’anni per altri social, TikTok è stato un autentico trampolino di lancio, mi ha permesso di essere conosciuta da un pubblico più ampio e tanti addetti ai lavori. Basti pensare ai 99 Posse, con i quali ho avuto l’onore di cantare in occasione del concerto all’Arena Flegrea, e a Lello Arena con cui ho realizzato un video. Il social mi ha fatto visitare per la prima volta uno studio televisivo Rai e, grazie alla fama sopraggiunta, ho partecipato a Propaganda Live.
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“Le mie creazioni nascono dal bisogno di portare un messaggio ben preciso”
A spalleggiarti è tuo fratello, Gennaro, con cui hai aperto un canale YouTube. Quanto è cambiata la vostra quotidianità professionale nell’ultimo periodo?
Non lavoriamo più moltissimo insieme perché lui si è dedicato a nuovi progetti e allo studio della programmazione informatica. Resta comunque il mio migliore amico e consigliere. Abbiamo punti di vista comuni e siamo affini nonostante le differenze caratteriali che, in realtà, ci completano e si compensano a vicenda.
Autrice e interprete dei tuoi monologhi, in passato ti sei dedicata alla produzione di cortometraggi e podcast. Come strutturi il processo/flow creativo e quali sono le maggiori fonti d’ispirazione?
Le mie creazioni nascono dal bisogno di portare un messaggio ben preciso, parto da qui per costruire la scena, così come i brani musicali delle soundtrack di series e podcast su YouTube.
Le ispirazioni sono tantissime, dalla vita quotidiana al docufilm, dal teatro ottocentesco alla tv. Le mie muse sono attrici come Monica Vitti, Sophia Loren, Anna Magnani; il cinema di riferimento è quello di Fellini, Pasolini, Totò, Massimi Troisi e Nanni Moretti, mentre le ambientazioni musicali vanno dal rock anni ‘70 al cantautorato italiano, fino ai rapper contemporanei alla Fabri Fibra.
Total look Roberto Cavalli
“Le ispirazioni sono tantissime, dalla vita quotidiana al docufilm, dal teatro ottocentesco alla tv”
Vuoi spiegare ai lettori il tuo nome d’arte, che risulta fondamentale nel comprendere il tuo approccio performativo?
Sara è il nome che i miei genitori hanno scelto per me, quello che racchiude la mia essenza in quanto corpo, Anima e Spirito. Questi ultimi sono diventati veri e propri personaggi, la mia parte femminile e maschile: Penelope e Saverio. La prima, in quanto principessa del nostro castello interiore e front-woman del “gruppo”, non sopporta il nome del secondo, troppo napoletano per i suoi gusti, e decide di chiamarlo Robin. Da qui il nome Sara Penelope Robin.
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Penso si tratti del tuo primo shooting ibrido tra racconto visivo e moda. Sui social ami condividere anche attimi della tua quotidianità, come i giri per mercatini i e la passione del vintage. Cos’hai apprezzato di questa esperienza dal taglio patinato?
È stato un momento quasi mistico, grazie al quale ho scoperto una parte di me che ho preso poco in considerazione finora. Tutto il team è stato gentilissimo e mi ha fatto sentire a mio agio. Sono davvero contenta, porterò a Napoli ricordi bellissimi.
Left: total look Antonio Marras; right: total look John Richmond
I tanti anni di trasferte in un territorio che posso definire parte integrante della mia visione, per pura affezione professionale, mi pongono dinanzi alla sfida di raccontarlo in una storia ibrida tra moda, architettura e attualità. Tutto rimanda all’aver reso parte del mio bagaglio visivo le doti da esploratore di Guido Guidi, la cui ricerca dei dettagli e la fotografia stilisticamente semplice, fatta di attese e lunghe vedute, hanno indagato, dal 1984 al 1989, i dettami dell’atlante paesaggistico territoriale. Nella serie In Venetoi luoghi industriali, vittime di interpretazioni spaziali insulse ed esteticamente difficili da apprezzare, ci rendono perplessi. Si tratta di un tilt che conduce, inspiegabilmente, alla fascinazione verso tutte le manifestazioni di urbanizzazione caotica e priva di identità.
Total look Esemplare
Total look Boss
Colori accesi e architetture industriali per un linguaggio visivo forte, aggressivo
La bellezza della domesticità dialoga con l’industria, passioni e necessità convivono dando vita ad un linguaggio aggressivo e particolarmente invasivo per l’occhio umano. Il disegno di vita del nostro protagonista, scarno e duro, privo di concessioni al superfluo, si fa espressione ostinata di un’attitudine orientata alla semplicità e all’ elementare esibizione della logica costruttiva, che vorrebbe sfociare nella realizzazione delle sue ambizioni.
Tutto sembra terribilmente pesante e privo di vita. Anche i colori, seppur caratterizzanti del luogo in cui si trova, scappano dalla saturazione che rende funzionali le grandi città e disorientanti le province. Una concezione di urbanistica e di fotografia che potrebbe non piacere, ma che definisce perfettamente la nuova idea di vita e i dubbi esistenziali che l’uomo moderno affronta ogni giorno. Cumuli di cemento per un cantiere infinito, dove la visione di un futuro sembra una scommessa già persa in partenza.
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C’è tempo fino al 2 ottobre per visitare Cortona On The Move, il festival internazionale di fotografia che si snoda nel centro storico della cittadina omonima, la Fortezza medicea del Girifalco e la nuova location “Stazione C” nei pressi della stazione di Camucia-Cortona.
Cosa succede esattamente quando fotografiamo?
Chi ha il diritto di fotografare cosa?
La fotografia è un’arma o un faro illuminante?
A che punto siamo con le evoluzioni del linguaggio visivo?
Sono solo alcuni degli interrogativi con i quali ci si scontra durante la visita di questa edizione che indaga sull’intima relazione tra la fotografia, la società e l’identità grazie a decine di mostre, talk, letture portfolio, conferenze e workshop.
Un festival che dimostra come la fotografia «sia il linguaggio più adatto per decifrare il mondo»
Organizzato dall’associazione omonima, il festival vanta il patrocinio della Regione Toscana e del Comune di Cortona, e viene realizzato con il sostegno dei main partner Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia.
Il direttore artistico Paolo Woods afferma: “Ispirandomi al titolo di una tra le più note ballate di Billie Holiday, ‘Me, Myself and I’, desidero che gli spettatori si interroghino su come la fotografia non sia mai assoluta, ma acquisisca diversi significati in base a chi la produce e chi la consuma. Il mio obiettivo è che vengano infranti i muri artificiosi tra fotografia ‘alta’ e ‘bassa’ e che i visitatori del festival ripartano da Cortona con la convinzione che la fotografia sia il linguaggio più adatto per decifrare il mondo che ci circonda”.
“Estendendo le collaborazioni internazionali e presentando produzioni originali e inedite, il festival ambisce a diventare un protagonista della produzione fotografica a livello internazionale” – aggiunge Veronica Nicolardi, direttrice della kermesse, “e a rendere la sua ricerca sul linguaggio fotografico accessibile e comprensibile al grande pubblico, facendone un fattore di scambio e accrescimento culturale”.
Le mostre di Cortona On The Move indagano i grandi temi del presente
I temi portanti delle esposizioni più rilevanti fanno luce sull’attualità a 360 gradi. Visivamente si discute, infatti, di divario sociale, immigrazione, fluidità di genere, unioni civili e religiose, liberalizzazione delle armi.
Martin Parr & The Anonymous Project, Déjà View A Conversation in Colour
Déjà View è un dialogo tra due archivi fotografici di notevole spessore: quello del fotografo britannico Martin Parr, considerato uno dei più importanti autori viventi, e quello di The Anonymous Project, iniziativa avviata nel 2017 da Lee Shulman, che raccoglie e conserva diapositive a colori scattate da fotografi amatoriali in tutto il mondo.
Gli abbinamenti degli scatti e il sapiente lavoro di photo editing sono spesso inaspettati, facendo riflettere su quanto profondamente cambi il significato di un’immagine a seconda del fruitore.
Di tutte le armi da fuoco possedute da privati cittadini nel mondo per scopi non militari, la metà si trova negli Stati Uniti d’America. Un numero enorme, superiore addirittura a quello della popolazione del paese, risultato di una garanzia costituzionale del Secondo Emendamento (1791).
Galimberti, vincitore del World Press Photo 2021, ha viaggiato negli USA per fotografare i possessori di armi da fuoco, fornendo una visione il più delle volte inquietante di ciò che rappresenta realmente questo diritto sancito dalla costituzione.
La fotografia di matrimonio è considerata culturalmente meno rilevante nel mondo dell’immagine, ritenuta troppo commerciale e non sufficientemente artistica. Ma i fotografi specializzati in quest’ambito sono i creatori di una memoria personale e collettiva, che rispecchia fedelmente la società in cui operano e l’antropologia umana connessa.
Per I DO, il direttore artistico Paolo Woods ha selezionato fotografi di matrimonio provenienti da 4 continenti. Enoch Boateng e suo fratello Maxwell Aggrey sono star locali in Ghana; Sam & Ekta sono una coppia sul lavoro come nella vita e gestiscono uno studio a Mumbai; Thomas Sauvin è un artista francese, alla guida del progetto Beijing Silvermine; Oreste Pipolo è stato il maestro del classico matrimonio napoletano, un’autentica istituzione del Mezzogiorno, portata avanti oggi dalle figlie Ivana e Miriam; Manal Alhumeedè una fotografa saudita; Valerie Baeriswyl opera in Svizzera e ad Haiti; Lindsay Ladd si occupa di matrimoni gay e queer a Philadelphia; Juan de la Cruz Megías Mondéjar è stato un fotografo attivo negli anni Ottanta e Novanta nella Spagna meridionale; Massimo Stefanutti ha accumulato una collezione di album di matrimonio e, per la prima volta, espone i suoi scatti preferiti.
Alexander Chekmenev, Passport
Nel 1994, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, tutti i cittadini dell’Ucraina hanno avuto un anno di tempo per sostituire i loro vecchi passaporti sovietici con nuovi documenti ucraini. Alexander Chekmenev, dopo aver accettato un’offerta di lavoro per scattare le foto per i nuovi passaporti a persone malate, impossibilitate a uscire, ha realizzato che le loro case erano in condizioni disastrose. Attraverso il suo progetto, l’artista ucraino intende dimostrare come, dietro lo sfondo neutro delle fototessere, si nasconda una realtà autentica, priva di qualsiasi ritocco o censura.
Come ogni edizione, poi, si segnalano i “Talent to Watch” del panorama della fotografia contemporanea, da seguire immediatamente sui social per monitorarne le costanti evoluzioni.
Carlo Rainone, La foto con Dios
Tra il 1984 e il 1991 una nuova categoria fotografica, riconosciuta come un vero e proprio rito personale e collettivo, si afferma a Napoli, la cosiddetta “foto con Maradona”. Nel 2017 Carlo Rainone ha cominciato la caccia a queste preziosissime “reliquie”, grazie al passaparola e ai social. Muovendosi di casa in casa ha provveduto a scannerizzare tutte le documentazioni originali. Il risultato è una testimonianza di antropologia religiosa, nonché un sapiente allestimento espositivo, che racconta della sconfinata devozione di un popolo per il più grande calciatore di tutti i tempi.
Nel 2011 in uno studio fotografico di Gulu, Uganda, Martina Bacigalupo nota la stampa di un ritratto con un buco al posto della testa. Il proprietario Obal, che gestisce il più vecchio studio della città, le spiega che gli abitanti del luogo non hanno soldi per comprare quattro fototessere in formato digitale, perciò vengono scattati a pellicola dei ritratti a mezzo busto, da cui ritagliare solo la testa, gettando il resto. Bacigalupo ha collezionato questi scarti per oltre due anni, scegliendo le immagini conservate per lei da Obal.
Alessandro Cinque, Ser y aparecer
Si sofferma sulle fototessere anche Alessandro Cinque, nello specifico su quelle, spesso ingrandite, esibite dai campesinos delle Ande peruviane sulle pareti delle proprie case.
Dopo aver conosciuto l’autore materiale degli scatti, Yhon Alex Huachaca López, Cinque ha provveduto a modificarli con Photoshop per farli apparire nella loro versione migliore, con abiti che in realtà i soggetti fotografati non posseggono, come del resto i ruoli attribuiti loro. È nato così il progetto che il reporter italiano porta avanti in parallelo al lavoro di Yhon, seguendo i contadini del Perù nelle loro abitazioni e ritraendoli nel loro quotidiano.
I finalisti del premio Cortona On The Move Award
The Anthropocene Illusion di Zed Nelson, vincitore della prima edizione del Cortona On The Move Award
Le narrazioni originali vengono premiate anche dal Cortona On The Move Award, che nella sua prima edizione ha ricevuto, grazie a una open call rivolta agli innovatori della cultura visiva, le candidature di ben 1529 fotografi. I lavori sono stati analizzati dalla giuria composta da Jim Casper (caporedattore e co-fondatore di LensCulture),Laura Sackett (direttrice creativa della stessa piattaforma), Paolo Woods e Veronica Nicolardi.
Le dieci opere finaliste sono state proiettate durante l’inaugurazione; il vincitore, The Anthropocene Illusion di Zed Nelson, ha ottenuto un riconoscimento economico del valore di € 5.000, oltre alla possibilità di esporre all’edizione 2023 del festival, in programma la prossima estate.
Nell’immagine in apertura, foto dalla serie The Ameriguns di Gabriele Galimberti
Nove le edizioni e tre le calde giornate torinesi che hanno visto on stage i nomi più acclamati della scena mondiale. Movement Entertainment, organizzatore dell’evento, supera i suoi numeri da record pre-pandemici e conferma il Kappa FuturFestival come una delle più importanti rassegne di musica elettronica e arti digitali open air mondiali.
Ph. Daniele Maldarizzi
Riflettori puntati su Torino e sul suo futuristico Parco Dora, un’enorme area urbana postindustriale che, da mezzogiorno a mezzanotte, ha ospitato 36 ore di live act nei quattro palchi adibiti per l’occasione: Dora stage, Jäger stage, Futur stage e Latz stage, che prende il nome dallo studio di progettazione che ha curato la riqualificazione dell’area.
Ph. Daniele Maldarizzi
Kappa FuturFestival è l’unico format italiano menzionato nella guida Festivals, un’overview sulle 50 migliori rassegne musicali di tutti i tempi, oltre ad essere il solo festival italiano segnalato da DJ Mag UK, rivista inglese di riferimento della scena club culture internazionale, a fianco di giganti come Glastonbury, Coachella, Tomorrowland e Sonar.
Nomi illustri e talenti emergenti nella line-up della kermesse
Ph. Daniele Maldarizzi
Tra i 70 artisti che hanno calcato la scena, leggende come Carl Cox, Carl Craig (live) feat. Jon Dixon (UR, Detroit), insieme alle firme tutte al femminile della scena techno-house globale come Amelie Lens, Peggy Gou, The Blessed Madonna, Honey Dijon, e ai più affermati host della consolle come Ricardo Villalobos, Solomun, Tale Of Us e Joseph Capriati. Diplo, uno dei dj/produttori di maggior successo su scala globale, ha regalato al pubblico uno show esclusivo nel segno della sua cifra stilistica, che fonde le sperimentazioni pop futuriste con quelle underground.
Ph. Daniele Maldarizzi
Ph. Daniele Maldarizzi
Tra le novità si segnala il collettivo ugandese Nyege Nyege, per la prima volta in Italia, che da anni opera un progetto di ricerca sulla musica tradizionale del Continente Nero, contaminandola con elementi di elettronica. Lo stesso gruppo ha fondato, oltre all’etichetta omonima, il Nyege Nyege Festival, il più grande evento di musica elettronica dell’Africa Orientale, che ha attirato l’interesse e la partecipazione di realtà prestigiose come l’emittente britannica NTS e la piattaforma Boiler Room.
Al festival la mostra Razza umana di Oliviero Toscani
Ph. Daniele Maldarizzi
Supportato istituzionalmente dalla Commissione Europea, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Regione Piemonte, il Comune, la Città e la Camera di Commercio di Torino, Torino Turismo e Provincia e Fondazione CRT, il Festival viene abbracciato visivamente dal provocatorio Oliviero Toscani. Gli scatti effettuati presso l’edizione del 2019, infatti, fanno parte del del progetto Razza umana, un lavoro a lungo termine siglato dal celebre fotografo sulle diverse morfologie e condizioni umane, per rappresentare tutte le espressioni, caratteristiche fisiche, somatiche, sociali e culturali dell’umanità.
Appuntamento all’atteso decennale del 2023, che mira ad ambiziose conferme e per il quale gli appassionati sono già in fibrillazione.
Ph. Daniele Maldarizzi
Tutte le immagini sono parte di un reportage esclusivo per Manintown, realizzato da Daniele Maldarizzi
Sono gli ultimi giorni per poter visitare una delle rassegne di caratura internazionale che indaga sul medium della fotografia e si interroga sul ruolo delle immagini e della cultura visiva contemporanee. Partendo infatti da una frase di Albert Camus dalla forte carica ispirazionale, Fotografia Europea tiene aperte le sue porte fino al 12 giugno.
Le foto di Luigi Ghirri e i giovani talenti italiani
Sotto la direzione artistica di Tim Clark e Walter Guadagnini, l’edizione è più ricca che mai e apre un dialogo tra sensibilità differenti, cogliendo di sorpresa ogni tipologia di visitatore. La prima tappa, per i nostalgici che vogliono vivere un’esperienza immersiva nella storia del Belpaese, è la mostra In scala diversa. Luigi Ghirri, Italia in miniatura e nuove prospettive, a cura di Ilaria Campioli, Joan Fontcuberta e Matteo Guidi, realizzata in occasione del trentennale dalla scomparsa del celebre fotografo. Si parte dalla serie In scalarealizzata, dalla fine degli anni Settanta alla prima metà degli Ottanta, nel parco divertimenti Italia in Miniatura di Rimini. Disegni, cartoline, documenti e immagini provenienti dall’archivio del parco, raccolti e elaborati dal fondatore Ivo Rambaldi, si muovono su un binario parallelo e si intersecano con l’ampia produzione tematica ghirriana, paradossalmente senza mai incrociarsi.
La Cattedrale, Riccardo Svelto
Storia della fotografia versus la Giovane fotografia italiana dei talenti under 35, esposti nei Chiostri di San Domenico, resa ”Possibile” (questo il tema dell’edizione) grazie alla curatela di Ilaria Campioli e Daniele De Luigi che presentano le ricerche, selezionate da una giuria di ampio respiro, di Marcello Coslovi, Chiara Ernandes, Claudia Fuggetti, Caterina Morigi, Giulia Parlato, Riccardo Svelto e Giulia Vanelli.
Fulcro della manifestazione sono i Chiostri di San Pietro che ospitano ben dieci esposizioni. Così come Ghirri, la leggendarietà è affidata alla personale di Mary Ellen Mark, fotografa documentarista che esplora la dolorosa complessità della realtà umana, condividendola col pubblico e dandogli voce attraverso una potente traduzione visiva.
Le mostre personali del festival
Il percorso si apre con Binidittu, progetto di Nicola Lo Calzo che riflette sull’immigrazione nel Mediterraneo grazie all’allegoria di Benedetto il Moro, primo santo nero. Memoria e oblio, razzismo e cruda umanità per un racconto che utilizza le contaminazioni della terra sicula come chiave di lettura.
Speak The Wind, Hoda Afshar
Speak The Wind, Hoda Afshar
Altra terra e rituali sono quelli di Hoda Afshar, che in Speak The Wind esplora paesaggi, gente e tradizioni iraniane, fotografandone i moti del vento. Talashi di Alexis Cordesse spiega invece la guerra civile siriana attraverso le fotografie scattate da coloro che vivono in esilio. Carmen Winant, dall’altra parte del globo, ritrova centinaia di diapositive e, grazie ad un photo editing mirato, realizza altrettante narrazioni ex novo dando vita a piccoli mondi dove il fil rouge è il disordine sociale.
Talashi, Alexis Cordesse
Il romanticismo e la drammaticità di una storia d’amore sono gli elementi di First trip to Bologna 1978 / Last trip to Venice 1985 di Seiichi Furuya che racconta il primo e l’ultimo viaggio fatti con la moglie Christine Gössler, suicida in giovane età. Nella zona portuale di Liverpool si sviluppa Benny Profane, progetto di Ken Grant che indaga sul difficile rapporto tra spazio lavorativo e ambiente industriale. La tematica queer approda anche al festival grazie a Guanyu Xu che, in Temporarily Censored Home, trasforma lo spazio domestico in una scena rivelatoria e sovversiva mediante un mosaico di immagini provenienti dal mondo occidentale.
First trip to Bologna 1978 / Last trip to Venice 1985, Seiichi Furuya
Restiamo in Asia con Chloé Jafé che, con I give you my life, racconta la storia, a molti sconosciuta, delle donne della Yakuza. Il percorso termina con l’acclamato The Book of Veles di Jonas Bendiksen, un vero caso nella comunità del fotogiornalismo. La narrazione si sviluppa sulle fake news prodotte nella piccola e sconosciuta cittadina macedone di Veles per dimostrare, attraverso un misto di reportage classico, avatar 3D e sistemi di generazione di testo con intelligenza artificiale, come la disinformazione visiva confonda anche i professionisti dei media più attrezzati.
The Book of Veles, Jonas Bendiksen
Le mostre di Collezione Maramotti, Teatro Ariosto, Galleria Santa Maria
Direzione Teatro Ariosto per gli scatti di Arianna Arcara che presenta La Visita / Triptych, nata dall’interpretazione del lavoro della compagnia di teatro-danza Peeping Tom. Ritratti, allestimenti e sequenze sono i focus su cui si è concentrata l’artista, riprendendo la trilogia Triptych, andata in scena al Teatro Municipale Valli, e la performance site specific La Visita presso la Collezione Maramotti. Quest’ultima ospita la personale di Carlo Valsecchi dove quarantaquattro fotografie di grande formato costituiscono Bellum, racconto del conflitto ancestrale tra uomo, natura e singoli uomini. Un lavoro di circa tre anni dove la realtà montana diventa astratta, cruda e intimamente estetica.
La Visita / Triptych, Arianna Arcara
Spostandosi in pieno centro storico, all’interno dell’edificio che ospita la Galleria Santa Maria, si trovano i progetti vincitori dell’Open Call. Simona Ghizzoni con Isola racconta di come, grazie al Covid, sia riuscita a fuggire dalla metropoli per assaporare la vita rurale nell’Appennino Emiliano. La spagnola Gloria Oyarzabal, fotografa e cineasta, si focalizza e indaga sul concetto di Museo in un’ottica colonialista con il progetto Usus Fructus Abusus. Maxime Riché in Paradise, invece, parla degli incendi nell’omonima città californiana e del ritorno alla vita dei suoi abitanti.
Ph. Fabio Cervi
Spazio poi anche agli amatori che grazie al CIRCUITO OFF e OFF@school, espongono gli scatti prodotti in negozi, studi, sedi storiche e gallerie della cittadina.
Eventi in rinascita nella primavera che segna maggiore libertà nelle interazioni e vede approdare una nuova edizione di MIA Fair – Milan Image Art Fair,realizzata in tempi record ma ricca di talk, premi e progetti speciali. Per tutti gli appassionati e i professionisti della fotografia è il luogo dove concentrarsi sulla ricerca e sulla trasversalità dei linguaggi artistici contemporanei, nonché un hub culturale utile a monitorare lo stato dell’arte fotografica a livello globale.
97 gli espositori provenienti dall’Italia e dall’estero, ritrovatisi negli ambienti di SUPERSTUDIO MAXI a Milano, per un’edizione che ha segnato l’ingresso nel gruppo di Fiere di Parma, collocandola tra i fiori all’occhiello delle realtà fieristiche europee. Il baluardo visivo scelto per rappresentare, dopo Rankin, la manifestazione dal punto di vista iconografico è la giovane artista olandese Larissa Ambachtsheer. Attingendo dalla serie You Choose, I seduce, l’immagine scelta fa parte delle mise en scène, versione still life, che celebrano l’indagine e le influenze cromatiche nell’ambito food, e come le stesse possano essere usate come strumento di manipolazione.
ph. Larissa Ambachtsheer
I premi principali dell’edizione 2022
Per tutti gli appassionati, i cultori e i professionisti, quali sono i premi e gli eventi speciali sui quali soffermarsi?
Oltre al cuore dell’intera fiera, rappresentata dalla Main section, la cui curatela è affidata a Fabio Castelli, direttore di MIA Fair, Gigliola Foschi ed Enrica Viganò, advisor, il premio di maggior rilievo è quello istituito da BNL BNP Paribas, suo partner decennale
Ph. Marco Lanzetta Bertani
Ph. Giovanni Chiamenti
Sono state premiate ex aequo le opereIsola di Simona Ghizzoni eCorpo ligneo di Antonio Biasiucci. La prestigiosa giuria afferma “’Isola’ di Simona Ghizzoni racconta, con tre immagini molto forti, il rapporto tra uomo e natura, spesso fatto di coercizione e spesso conflittuale; la natura, allo stesso tempo, rappresenta la salvezza per gli uomini, soprattutto in un momento come quello del lockdown. La fotografia di Biasiucci è un miraggio; un tronco appare trasfigurato e sembra una città abbandonata, la carica metafisica è fortissima così come la capacità tecnica di far emergere da una realtà oggettiva una visione onirica”.
“Entrambi i fotografi – prosegue la motivazione – attraverso il loro obiettivo invitano a guardare con attenzione il mondo attorno a noi e a coglierne i lati nascosti e straordinari”. Le opere entrano di diritto nella collezione del gruppo BNL BNP Paribas, che ad oggi conta oltre 5.000 lavori.
Corpo Ligneo, Antonio Biasiucci
Si segnala anche il Premio New Post Photography che propone, attraverso uno spazio dedicato, le tendenze più creative e innovative nel mondo della fotografia contemporanea, in qualità di significativa vetrina per giovani talenti, capace di registrare e mettere in luce i cambiamenti in atto.
La kermesse ha ospitato poi la prima edizione del Premio IRINOX SAVE THE FOOD, a cura di Claudio Composti, aperto a progetti sviluppati, ancora una volta, sul tema del cibo in ogni sua forma.
Uno dei prestigiosi partner di MIA Fair è Sky Arte con il suo premio omonimo, assegnato ai fotografi presenti in fiera. Questa edizione la scelta è ricaduta su Delphine Diallo e Ryan Mendoza, che saranno protagonisti dello speciale del canale sulle loro carriere e visione artistica.
Le nuvole, Massimilano Gatti
I progetti speciali visti a MIA Fair
Non da meno la lista dei numerosi progetti speciali come Olympism Made Visible, iniziativa promossa dalla Olympic Foundation for Culture and Heritage per divulgare i valori olimpici grazie alle immagini di Alex Majoli e Lorenzo Vitturi, che documentano il lavoro di organizzazioni, in Brasile e Cambogia, impegnate nello sviluppo sociale attraverso lo sport.
Ph. Lorenzo Vitturi
Eberhard & Co., altro partner decennale della manifestazione, conferma il proprio supporto con un progetto per la divulgazione di una parte dell’archivio del fotografo Adriano Scoffone (1891-1980). Nello specifico, la sua documentazione della difficoltosa sfida automobilistica Cuneo-Colle della Maddalena,che vedeva tra i protagonisti il mito dell’automobilismo Tazio Nuvolari.
La nuova scelta italiana, invece, è la proposta di BDC, polo culturale di Parma, che mira a valorizzare il lavoro di tre fotografi individuati come gli eredi dei grandi maestri della fotografia italiana, o ancora NEFFIE di Neuro-Estetica Fotografica organizzato dall’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che invita gli spettatori a scoprire e interpretare le complesse dinamiche del pensiero e delle emozioni che scaturiscono di fronte ad un’opera d’arte.
Collaborazioni, attualità e rassegne fotografiche al centro della kermesse
Proiettandoci all’estero ci focalizziamo sulla Galleria Project 2.0 de L’Aia, con il Dutch Talent Pavillion, che sceglie la vetrina di MIA Fair per presentare il dialogo visivo dei 5 fotografi più originali della nuova scena olandese contemporanea: Sanja Marušić, Manon Hertog, David Hummelen, Lisanne Hoogerwerf e la già citata Larissa Ambachtsheer.
Ziqian Liu, Symbiosis, 2021
Volando dall’altra parte del globo si rinsalda la collaborazione con Photo Independent, la fiera di fotografia di Los Angeles che sonda le nuove generazioni di fotografi indipendenti e, per l’occasione, presenta una mostra immersiva di Jessie Chaney (Stati Uniti) e una collettiva con Abdullah Alrasheed (Arabia Saudita), Torrie Groening (Canada), Sara Hadley (Stati Uniti), Maureen J Haldeman (Stati Uniti) Wilson Herlong (Stati Uniti) Cathy Immordino (Stati Uniti), Giancarlo Majocchi (Italia), Erica Kelly Martin (Stati Uniti), Tebani Slade (Australia), Gianluca Sodaro (Italia), Ye Wenlong (Cina) e Forough Yavari (Australia/Iran).
MIA Fair non poteva chiudere un occhio sulla fotografia d’attualità e lo fa grazie ad Emergenza Ucraina, progetto promosso dalla Fondazione Rava, raccontato attraverso le intense immagini di Alfredo Bosco, fotoreporter dell’Agenzia LUZ, che si trova in territorio ucraino.
Ph. Martina Stapf
La mostra Nuovo Cinema Paradiso a MIA Fair
Tra le novità si segnala la mostra itinerante Nuovo Cinema Paradiso di Davide Musto, che esplora la nuova generazione del cinema italiano valorizzandone i talenti.
Il fotografo, di origine palermitane ma con base a Roma, segue da anni lo scenario magmatico del mondo dello spettacolo; il suo istinto e occhio attento allo scouting gli hanno permesso di catturare molto in anticipo sui tempi numerosi volti che oggi si stanno facendo conoscere anche a livello internazionale, da Rocco Fasano a Eduardo Scarpetta.
Ph. Davide Musto
“Da un’innata passione per cinema e teatro e vivendo a Roma da molti anni il mondo del cinema è arrivato in modo naturale. Ho la fortuna di seguire e cogliere le evoluzioni dei nuovi talenti e i cambiamenti che il settore e i suoi attori ci regalano quotidianamente. Il mio è un impegno costante nella ricerca e nella scoperta di nuovi volti che accompagno insieme a storie di moda.
Sono da sempre attratto da quello sguardo cinematografico e appeal internazionale che riconosco per istinto. Così anni fa mi aveva colpito il magnetismo di Rocco Fasano, all’epoca modello, che sarebbe poi diventato uno dei protagonisti di ‘Skam Italia’. E ancora la personalità di un giovanissimo Francesco Gheghi, classe 2002, che sta riscuotendo grande interesse nel film ‘Il filo invisibile’. Fino a Maria Chiara Giannetta che avevo notato nella serie ‘Blanca’ e ha poi conquistato il pubblico al Festival di Sanremo”. Sono le parole di Musto, che ha in agenda eventi espositivi ricchi di nuovi contenuti a Roma, Noto e al Festival del Cinema di Venezia.
Ph. Davide Musto
La partnership con Instagramers Milano
Strizzando l’occhio ai social, va menzionata infine la collaborazione con Instagramers Milano, community di riferimento per gli appassionati con oltre 54mila follower. Si è tradotta in due iniziative, una “sfida fotografica” su IG e il workshop Instagram e fotografia: 10 profili per ispirarsi.
Il tepore delle giornate primaverili accompagna una storia moda che ricalca le intramontabili fusioni folk e western, da sempre presenti, e contaminate, in ogni trend o aesthetic che si rispetti. He figured he’d gone back to Austin.
Il racconto in pellicola vede la firma di Federico Barbieri e la presenza di un giovane volto autoctono, Aubrey, che rivive, in un environment del Belpaese, il proprio trascorso.
Completo Etro, stivaletti scamosciati Giuseppe Zanotti, occhiali aviator DSquared
Horse Club Villa Airaghi, la location
La location che ha ospitato lo shooting è l’Horse Club Villa Airaghi, sita presso Vighignolo – Settimo Milanese, a pochi passi da Milano.
Si tratta di un Centro ippico Federale (affiliato alla Federazione Italiana Sport Equestri) nato nel 2007 e di pura gestione familiare. Un ambiente ovattato con istruttori di 1° e 2 Livello come il campione Alain Jean Ernest Dubois e la sua esperienza trentennale nel mondo del salto ostacoli.
Total look Diesel, cowboy hat Costumeria Lariulà
Total look Prada, stringate in camoscio Paul Smith
Total Look Prada
Il giovane e ambizioso presidente, Federico Busso, coadiuva il tutto con passione e determinazione prefissandosi obiettivi rivoluzionari nell’immediato futuro.
Ma cosa offre, nel dettaglio, l’Horse Club Villa Airaghi, per tutti gli appassionati di equitazione che vogliono immergersi in un’esperienza immersiva a pochi passi dall’area urbana?
Una scuola di equitazione, tramite la quale si apprende oltre alla tecnica anche la gestione del cavallo ovvero la pulizia e la preparazione.
Una pensione dove, oltreai normali servizi di pensionamento, si comprendono pacchetti di lezioni e gestione del cavallo da parte dell’istruttore.
Fida e Mezza Fida: per i più esperti si può applicare un Servizio di “noleggio” cavalli che prevede la divisione dei costi della gestione del cavallo con il centro ippico.
Un campo coperto in sabbia 25m x40m e un campo esterno in sabbia 35m x60m.
Un parco ostacoli professionali.
Un tondino 18m di diametro.
Numerosi Paddock di ampie metrature.
A sinistra, total look Versace Jeans Couture, cowboy hat Costumeria Lariulà; a destra, total look Valentino, cappello Panama Borsalino, guanti in ecopelle stylist’s own
Abbiamo sete di pura bellezza e necessità di sollievo per gli animi. L’accenno e il torpore della silente primavera parigina ci distoglie dal bombardamento emotivo e mediatico che ci affligge e invita, nonostante tutto, a celebrare la vita.
Abito in seta Vernisse, Mary Jane in vernice Antonio Marras
Abito in seta Vernisse, Mary Jane in vernice Antonio Marras
La stoica Nina, modella ucraina volata nella capitale francese, lancia un messaggio di ottimismo e speranza per la sua terra, liberando l’espressività tra arte e natura.
Top con frange Alberta Ferretti, tiara in argento 925 con perle Immago Jewels
Un rooftop place con connotazione urbanistica cosmopolita non poteva che essere scelto per ospitare la storia editoriale prodotta in collaborazione con Mark De Paola, firma della fotografia americana. Nel lavoro visivo, in esclusiva per Manintown, si evoca l’intimità e l’intensità della fotografia di moda d’altri tempi dove l’approccio con la musa viene valorizzato dall’intensa carnalità. Un laboratorio d’immagine che esplora le mutazioni e il fluttuare dell’interpretazione femminile e in cui l’intero team diventa factotum del processo creativo.
Total look Krizia, mocassini intrecciato Fratelli Rossetti
Total look Moncler, top in cristalli Rosantica
Lo skyline a cui si riferisce il progetto è quello che si ammira dall’ultimo piano del NYX Hotel Milan, una struttura al centro della vita milanese grazie alla sua posizione vicino alla stazione ferroviaria Milano Centrale, ideale per raggiungere tutte le zone della città, dal centro fino al Quadrilatero della Moda. L’hotel si contraddistingue per lo stile giovane e fresco. Inoltre, grazie alla collaborazione con artisti locali, offre spazi personalizzati in modo originale che consentono agli ospiti di vivere un’ esperienza unconventional e stimolante. Ne risulta un mood unico e moderno che avvolge ogni singolo guest, suggerendo nuovi percorsi per scoprire o riscoprire con occhi nuovi la città di Milano e fruire di affascinanti esperienze artistico-culturali, sia indoor che outdoor.
Occhiali aviator Isabel MarantA sinistra, total look Calcaterra, spilla floreale in argento 925 smaltato Immago Jewels; a destra, total look Calcaterra, girocollo floreale in argento 925 smaltato Immago JewelsA sinistra, total look Genny; a destra, total look Paul Smith, occhiali aviator Isabel Marant Total look Valentino, pochette con piume Halíte
Si è conclusa da pochi giorni la Berlinale dedicata alla moda firmata dalle nuove stelle del firmamento mitteleuropeo. MIT approda “in town” e vi segnala i cinque sustainable brand che hanno lasciato il segno.
Platte Berlin
Più che un brand un concept all in one. Store, collettivo, studio e spazio espositivo che esplode a pochi passi da Alexander Platz. Platte è un inno all’inclusività autentica e più audace che mai, nel rispetto dell’extravaganza berlinese libera da ogni convenzione. La sua visione esplora tutte le subculture presenti nella capitale e si evolve con sensibilità nei confronti di ogni forma espressiva. Tutte le label indie sono Made in Platte, che promuove progetti interdisciplinari e contribuisce allo sviluppo delle idee creative nel segno della sostenibilità. Prototipazione, ricerca e upcycling sono le principali proposte per il place to be da segnare nelle note e da seguire sui social.
Platte Berlin
Working Title
Nate dall’estro di un architetto e di una fashion designer, Bjoern Kubeja e Antonia Goy,le silhouette minimali di Working Title si ispirano all’arte e all’architettura, privandosi di tutte le connotazioni temporali e stagionali. L’intera filiera produttiva è sostenibile e si limita ad attivare i processi solo quando necessario, nonché a scegliere tessuti naturali e plastic free, come il cotone e la seta certificati. La realizzazione degli indumenti avviene in piccoli laboratori a conduzione familiare situati in tutto la Mitteleuropa più autentica e, in parte, anche nell’atelier berlinese, luogo d’incontro delle socialite che non si lasciano sfuggire la possibilità di indossare creazioni uniche nel loro genere.
Working Title
Hund Hund
Compagni nella vita e nel lavoro, Isabel Kücke e Rohan Hoole fondano Hund Hund nel 2016. I loro mondi, quello della progettazione nell’ambito moda e quello della cultura visiva, si uniscono per dare il via ad un prodotto dalle mille sfaccettature. Berlino è stata la città scelta per porre le radici del brand e il zine omonimo svela tutto l’environment e il network che lo circonda. La produzione è a misura d’uomo, anzi di donna, visto che in azienda esiste una maggioranza di quote rosa. L’amore per i tessuti, e per il bello e il ben fatto, ha condotto i fautori a cercare forti sinergie con tutti i fornitori di dead-stock provenienti dalle più importanti case di moda italiane, per dar vita a un processo di recupero dell’heritage.
Hund Hund
Natascha von Hirschhausen
Zero waste e zero km da oggi è possibile grazie al progetto visionario di Natascha von Hirschhausen, una vera e propria pioniera della moda sostenibile. Ribellandosi agli standard del fashion, definisce quelle che sono le fondamenta della moda del futuro: intramontabilità, minimalismo e ottimizzazione della materia. Lo studio sulla tecnica l’ha condotta a ideare campionature dove non vi è alcuno spreco durante la fase di taglio. Gli stessi componenti dei capi sono organici, plastic free e monitorati lungo tutta la filiera per mantenere standard ecologici altissimi. La produzione, infine, avviene unicamente a livello local da abili mani artigiane. E, non ultimo, il concetto di taglia viene eliminato per rendere le creazioni adatte ad ogni tipo di fisicità e distanti da qualsiasi produzione massiva. La costanza e lo studio di Natascha non potevano che essere premiati con il Federal Award for Ecodesign dal Ministero federale dell’ambiente (BMU) e dall’Agenzia tedesca per l’ambiente (UBA) in collaborazione con l’International Design Center Berlin (IDZ).
Natascha von Hirschhausen
Sofia Ilmonen
Sofia Ilmonen è la designer indipendente che ha convinto, con le sue creazioni femminili e modulabili, la giuria della 36esima edizione del Festival de Mode de Hyères vincendo il prestigioso premio per la sostenibilità Mercedes-Benz. I cartamodelli dei suoi capi nascono da moduli squadrati che prendono vita e si assemblano grazie ad un meccanismo di bottoni e anelli, offrendo infinite possibilità di trasformare e modificare le silhouette in un momento ludico. Laureatasi al London College of Fashion, vanta nel fresco background anche un’esperienza nell’ambitissimo reparto sartoria di Alexander McQueen. Il suo studio pone le radici a Helsinki e la Berlin Fashion Week la accoglie come guest insignita del premio indetto dalla casa automobilistica.
Studio 54. In molti si sono ispirati allo storico locale newyorkese ma pochi sono riusciti a realizzare una collezione esplosiva come quella presentata da ANIYE RECORDS durante la settimana della moda milanese. Outfit iconici e a prova di stylist per vivere “on stage” ogni occasione.
Vinile, paillettes, borchie appuntite e tacchi al cardiopalma. Svolazzanti abiti ondeggiano senza remore sulla passerella, abbinati a calze smagliate e applauditi dai volti della musica contemporanea.
Pelle rigorosamente faux ed eco pellicce macro sono le scelte stilistiche delle rockstar ANIYE RECORDS, che non rinunciano a mostrarsi disinibite dinanzi agli obiettivi, magari schermandosi con occhiali da sole di ispirazione punk. È il nuovo raw-romantic, che mira a valorizzare solo le personalità più autentiche diffidando delle altre.
Una soleggiata domenica accoglie la storia del costume cinese tradotta in chiave moda presso il Museo della Scienza e della Tecnologia. Hui Zhou Zhao, la designer dell’omonimo marchio, torna in passerella raccontando l’iconografia dei paraventi del Celeste Impero. Un archivio di stampe viene timbrato su un guardaroba contemporaneo in omaggio alla storia di una donna, quella dell’ imperatrice Cixi, che governava al posto del figlio minorenne, nascosta dai paraventi della sala imperiale.
L’Oriente incontra l’Occidente negli stili ma anche nei tessuti. Tutto viene contaminato e reso fruibile ad una generazione particolarmente attenta a ciò che la circonda. La pelliccia è eco, i tessuti ricercati, come il fil coupé, l’oro fil à fil e il velluto liquido, dialogano con i ricami realizzati a mano nel Grande Paese.
Non solo kimono ma anche cheongsan (lo storico costume femminile noto anche come qipao) trasformato in chiave moderna in blusa e minidress arricchiti da alamari gioiello. La loro particolarità? Sono realizzati tutti a mano in filigrana d’oro, così come insegna la tradizionale cultura orafa cinese.
L’ingente necessità di riappropriarsi degli spazi, soprattutto se naturalmente immersivi, fanno della donna Maryling Autunno/Inverno 22/23 una musa sensibile e consapevole.
Il design e la tecnologia coadiuvano la sua esplorazione alla ricerca del bello e sostenibile mentre le reference provenienti dall’arte in tutte le sue forme, come le installazioni specchiate di Philipp K.Smith o le opere ambientali di Dani Karavan, ne sublimano il percorso immersivo.
L’icona Maryling ha lo spirito delle ambientaliste come Erin Brockovich, la cui ispirazione viene calcata da una tavolozza di colori intensi e di stampe macro. Nei look da giorno e da sera spiccano le silhouette di arbusti in versione over che si alternano ai pattern handmade della tappezzeria floreale mentre ruggine, senape, verde falena e marrone rossiccio sono spezzati dal blu elettrico e dal magenta in fusione con la lana, il cachemire e il mohair.
La sofisticata paladina, nel rispetto del DNA della Maison, non rinuncia alle gonne plissettate in seta stampata e alle sensuali camicette technicolor; pronta alla prossima battaglia quotidiana per tracciare il suo futuro e quello di chi la circonda.
Il lancio di una collezione, quella di Salvatore Vignola e Fantabody, che omaggia i club underground milanesi, avviene nel momento in cui si segna la riapertura dei luoghi del mondo notturno.
I corpi si muovono liberi e ondeggiano disinibiti nella riappropriazione dei propri spazi espressivi ricchi di contaminazioni e privi di barriere.
SHOW OFF celebra il connubio creativo tra Salvatore Vignola e Fantabody di Carolina Amoretti con il supporto di Camera Nazionale della Moda Italiana.
Proposte a “fior di pelle” che valorizzano il corpo in tutte le sue forme. La stessa Carolina, tra le fotografe emergenti più apprezzate sul territorio nazionale, firma la stampa fotografica all over che contraddistingue i pattern della collezione 100% sostenibile, realizzata interamente con lycra riciclata e prodotta in Italia.
Le fantagirls, le donne icona dell’universo Fantabody, nell’incontro con Vignola omaggiano la collezione con l’arte performativa imprimendola dei codici che contraddistinguono la nightlife del capoluogo lombardo.
Torniamo indietro alle calde mattine estive dove la tv pubblica trasmetteva i grandi classici del cinema italiano. Catodici e catalizzanti gli sguardi delle muse cinematografiche e i loro iconici outfit. Il moodboard ispirazionale della donna Carla Carini, firmata da Rocco Adriano Galluccio, parla proprio di loro: Sofia, Monica, Mariangela, Claudia e Brigitte.
Siedono tutte sulle poltrone del Teatro Gerolamo, indossando abiti dalle silhouette iper-femminili o suit androgini in puro stile anni Settanta. Romantiche e super glamour le dive della Maison, fondata a Mantova negli anni Sessanta, non rinunciano agli abiti da cocktail che spaziano dai grintosi monospalla ai tubini in pizzo, alle opulente scelte per la sera che diventano lunghe e si ricoprono di micro-paillettes scintillanti.
Le cromie scelte rientrano nel DNA della casa di moda, celebre per il suo connubio identificante tra heritage e contemporaneità, spaziando dai toni delicati dell’azzurro cielo, del rosa antico e del verde oliva, passando per le note accese del turchese e del rosso, fino ai colori saturi del bianco e nero. E nel pieno tema della rielaborazione dei codici estetici voluta da Galluccio, per la prima volta Carla Carini introduce il suo monogramma, rafforzando un immaginario al confine tra modernità e memoria, sogno e consapevolezza, glamour e discrezione.
Chissà cosa ne pensa la filosofa Donna Haraway riguardo la duplicazione o l’alterazione della propria identità nel Metaverso, specchio di un realtà non aumentata dove si abbatte, ottimisticamente parlando, qualsiasi barriera di genere. Eppure proprio lei, nel 1985, è stata in grado di generare una riflessione antesignana in quello che possiamo definire un baluardo nella cancellazione dei confini connessi al corpo e all’identità. The Cyborg Manifesto: Science, Technology, and Socialist–Feminism in the Late Twentieth Centuryè la sua personale riflessione sul mondo dei “cyborg” che vengono presentati come una «creatura del mondo post-genere».
Tale documentazione, così come il film di fantascienza Alita: Battle Angel, ci proiettano nella dimensione progettuale della designer Anna Yang, direttrice creativa di ANNAKIKI che, nell’Autunno/Inverno 2022, valorizza la simbiosi uomo-macchina e il suo significato più profondo, vale a dire quello migliorativo ed evolutivo, grazie all’intelligenza artificiale.
Il futuro prossimo e la consapevolezza del presente coesistono pacificamente ma quando il corpo subisce tali alterazioni, gli esseri umani possono ancora essere chiamati “umani”?
Ed è qui che entra in gioco l’utilizzo di un’evanescente prostetica tridimensionale grazie alla quale cappotti, mantelle e abiti sportivi dalla silhouette allungata vogliono rappresentare una versione migliorata del corpo umano, che si fonde istintivamente con la robotica collaborativa. La materia è strettamente connessa al DNA del brand : ecopelle, eco-fur e tessuti tecnici per silhouette dal taglio matrixiano.
Le creature cibernetiche del metauniverso ANNAKIKI, che vestono una collezione già ampiamente convertita in NFT ricca di richiami al postumanesimo, sono pienamente consapevoli della sfera spaziale in cui si muovono ed è per questo che la designer sceglie di valorizzarla con un’installazione robotica cyber-fisica, realizzata dall’artista americana Behnaz Farahi in collaborazione con Universal Robots Italia, atta a completare il setting dello show.
Photographer Mark de Paolausing Leica SL2-S with the Noctilux-M 50mm F1.2 ASPH Leica 246 “Your Mark” Monochrome with the 35mm Summicron ASPH II ‘Summicron-M’
È il fenomeno dell’eclissi che incanta e sconvolge il torpore di una giornata che sembra primaverile, quella di apertura della Milan Fashion Week, come ufficialmente debutta il profilo Instagram di Camera Moda.
Thomas Costantin, l’icona di musiche e stili, viene scelto per accompagnare l’incalzare lento dei modelli in passerella che richiama l’avanzare della luna sulla luce del sole.
“Chaos & creation” negli scenari del backstage. Documentiamo e osserviamo i corpi che si muovono sinuosi nell’incontro con le creazioni di Daniele Calcaterra FW 2022-23 che, grazie alle forme su cui fa perno la sua identità creativa, ridisegna i profili che si presentano all’occhio durante l’oscuramento parziale o totale dell’astro.
Le proporzioni sono inattese e ridisegnano una nuova anatomia fluida. Il dinamismo materico, che genera contrasti tra raw e cozy, sconvolge le silhouette. I non colori come il nero, il blu e il grigio, da sempre parte dell’espressione personale del designer, subiscono la rottura di un candido bianco lunare, lo stesso che folgora gli occhi nel setting metafisico della sfilata.
PhotographerMark de Paolausing Leica SL2-S with the Noctilux-M 50mm F1.2 ASPH Leica 246 “Your Mark” Monochrome with the 35mm Summicron ASPH II ‘Summicron-M
I Santi Francesi (ma in passato erano i The Jab) sono i piemontesi Alessandro De Santis (voce e chitarra) e Mario Francese (tastiere, synthesizer e producer). Vincitori presso alcuni contest e con un’esperienza televisiva alle spalle, hanno raggiunto il successo con un album totalmente indie che ha superato i due milioni di streaming su Spotify. Brillantemente riflessiva la visione che emerge nel nostro incontro a pochi giorni dall’alba del 2022.
Trench e t-shirt Esemplare, bowling shirt Grifoni, salopette Napapijri e sneakers Levi’s
Amate definire la vostra musica una visione filtrata sul mondo e identificarvi come baluardo dei giovani favolosi alle prese con un’intimità cupa e decadente. Insomma due ragazzi che sopravvivono quotidianamente, come tanti dei propri coetanei, nell’era della digitalizzazione massiva. Come traslate musicalmente questo status?
Non abbiamo necessità di impegnarci particolarmente, in fondo raccontiamo le nostre emozioni quotidiane. Passiamo da mood profondamente malinconici a quelli estremamente felici e giocosi. Il contrasto è da sempre interessante ed è importante che ci sia un animo dark anche indossando la più bella delle corazze.
Completo Blue of a kind, t-shirt Esemplare, maglione Avril 8790, sneakers Levi’s e bucket hat Jail JamBomber DRM, t-shirt Esemplare e felpa GuessA sinistra bomber DRM, t-shirt Esemplare, felpa Guess, jeans Dockers e stringate Panchic A destra Completo Blue of a kind, t-shirt Esemplare, maglione Avril 8790, sneakers Levi’s e bucket hat Jail Jam
Le basi della vostra carriera hanno preso il via in chiave rock con la vittoria al Liga Rock Park Contest e la conseguente apertura del concerto di Luciano Ligabue al parco di Monza nel settembre 2016. Cosa raccomandereste ai Santi, pardon ai The Jab, di qualche anno fa?
Si tratta di una risposta veramente difficile. Magari rendere meno impattanti e più brevi le esperienze negative. Ci siamo sempre fidati di noi stessi e della nostra musica e senza dilungarci troppo ci direi “non perdete mai tempo!” . In fondo è quello che facciamo sempre.
Uno dei vostri brani, Birkenau è stato scelto per il docufilm La vera storia di Lidia Maksymowicz andato in onda su Rai Storia. Se poteste scegliere di musicare un altro prodotto visivo per quale tipologia optereste?
Siamo sempre stati affascinati dal mondo della pubblicità e ci siamo ritrovati a produrre brani anche in questa direzione. Inoltre, amiamo i magnifici immaginari del cinema. Mario, tra l’altro, è proprio un ingegnere cinematografico laureatosi a Torino.
Tutti Manifesti, un album che senza un’etichetta né promozione, ha superato i due milioni di streaming su Spotify e vi ha spianato la strada per lavorare al brano Giovani Favolosi, supportati dal musicista e produttore Dade (Salmo, Marracash, Margherita Vicario). C’è chi lo interpreta come uno uno sfrontato pezzo electro-pop, ma per voi è davvero così?
Ci risulta difficile proiettarci in un genere musicale. Grazie a Dade abbiamo ottenuto una spinta incredibile per produrre il brano mentre l’album è interamente frutto della nostra matrice indipendente e ne siamo fieri.
Completo Blue of a kind e bucket hat Jail Jam
Santi e vincitori, reduci dal trionfo presso il Festival musicale Musicultura, lasciando da parte il cinismo, dove proiettate la vostra mente e il vostro caleidoscopico talento?
I nostri pensieri sono solo onde positive per la risoluzione di questo difficile momento storico. Siamo in piena produttività musicale e presto uscirà molto materiale. Vorremmo tanto suonare nei teatri perché ne siamo profondamente affascinati. Amiamo l’intimità generata dal contatto ovattato con il pubblico.
A pochi giorni dalla sua conclusione, Pitti Immagine si riconferma una vetrina di visibilità per gli studenti e un canale diretto per entrare in contatto con le realtà del sistema moda.
La passione di chi aspira a fare della creatività il proprio mestiere ha avuto modo di emergere grazie alle innovative installazioni e alle iniziative in formula ibrida che hanno costellato la manifestazione.
La ripresa della moda passa da Pitti ed è così che il Polimoda apre le danze con un incontro, tenutosi presso la sede di Manifattura Tabacchi, dove PwC Italia e Fondazione Edison hanno analizzato le prospettive della ripresa economica italiana post-pandemia, focalizzandosi sul settore abbigliamento – moda e sulla forza della manifattura e dell’export dell’Italia.
Intrecci per lo studente di Polimoda, Domenico Orefice
Simultaneamente gli studenti dei corsi di Undergraduate in Fashion Art Direction, Undergraduate in Fashion Styling e Master in Fashion Trend Forecasting, sono stati i fautori presso la Fortezza da Basso, sede principale dell’evento, della visual experience realizzata per il designer, ex alunno, Domenico Orefice. Il neo laureato ha portato in scena gli elementi dell’abbigliamento tecnico ispirato agli sport in dialogo con l’eccellenza dell’alta sartoria campana, terra dove affonda le sue radici.
I talenti di Polimoda
I Polimoda talents non smettono mai di stupire ed è sempre in calendario che abbiamo visto emergere l’estro di un’altra neo diplomata: Ilaria Bellomo. La Bellomo ha collaborato con l’artista siciliano Sasha Vinci installando i propri capi all’interno dell’opera INNER JARDIN NOIR, un giardino nero immerso in tempi e luoghi indefiniti dove gli abiti hanno preso vita e si sono raccontati. Sostenibili, perché alcuni di essi sono realizzati in tessuti naturali, e upcycled, grazie all’intersecarsi della materia con elementi di recupero vintage come abiti e ricami vittoriani. Un insieme di piccoli capolavori artigianali realizzati in Italia da sarti esperti con tecniche produttive che rispettano il tessuto e il nostro pianeta.
Le creazioni di Ilaria Bellomo
Tutti i racconti esperienziali sono stati vissuti anche digitalmente grazie ai canali ufficiali social dell’Istituto (Instagram e TikTok) .
Istituto Modartech e il Collection Project
Sempre virtualmente ritroviamo la partecipazione di altri poli della formazione toscana. È il caso dell’ Istituto Modartech, scuola di alta formazione di Pontedera che, grazie al progetto Collection Project, ha lanciato un e-shop sulla piattaforma dell’accademia per presentare la capsule collection ideata e prodotta dai laureandi.
L’alta artigianalità di Istituto Modartech nella lavorazione dei tessuti
Giovani che supportano i giovani, infatti il ricavato delle vendite alimenterà nuove borse di studio per accedere ai corsi di laurea triennale in Fashion Design e Communication Design.
Tutta digitale la preview del concept e di quella che sarà l’experience online, presentati in anteprima e realizzati a livello corale nel primo semestre del 2022, con focus sulla reinterpretazione del logo e dello spirito dell’Accademia. Pezzi unici, caratterizzati da alta artigianalità, qualità dei materiali, lavorazioni distintive e filiere a km zero tracciabili, che contraddistingueranno la produzione del distretto toscano del Made in Italy.
Istituto Marangoni a Pitti Immagine
E per chiudere la presenza delle scuole al Pitti Immagine non poteva mancare l’Istituto Marangoni Firenze che ha dato vita, presso la Fortezza da Basso, ad un talk focalizzatosi sul tema della manifestazione: Reflections. Partendo dall’utilizzo dell’oggetto-specchio nel mondo della creatività, il dibattito ha indagato la relazione tra l’occhio e lo sguardo, tra il vedere e il comprendere, tra l’esteriorità e l’interiorità, ego e vanità, affrontando anche le tematiche del digital alter ego e del metaverso.
Al tavolo tre protagonisti del panorama artistico internazionale che hanno scelto Istituto Marangoni Firenze per intraprendere un esclusivo percorso di Mentorship a fianco degli studenti per l’anno accademico 2021/2022: Paul Andrew, che ha fatto il suo ritorno a Firenze dopo essere stato alle redini di Salvatore Ferragamocome Creative Director; Sarah Coleman, artista newyorkese la cui chiave del lavoro è l’upcycling di accessori di lusso e Andy Picci, l’artista dietro la visual art più onirica di Instagram.
In copertina l’installazione di Ilaria Bellomo, studentessa di Polimoda.
Avremo sempre Parigi per la mole di spot che identificano nell’immaginario collettivo la città più fotogenica di tutti i tempi. La storia moda racconta gli spazi personali e il daily walking del classico clichè parigino che fa del proprio guardaroba uno status.
Les Marais day & night, la dolcezza e l’arguta sensualità si perdono nell’obiettivo di Mark de Paola, guest photographer Manintown che firma i progetti Leica a livello worldwide e che, con questi scatti segna il suo ritorno nella capitale francese nei giorni di Paris Photo Fair.
Un’esperienza visiva che ferma il tempo grazie alla sensibilità del fotografo e del suo team d’eccezione.
Total look Gucci
Cappotto doppiopetto Romeo Gigli Maglione girocollo e pantaloni palazzo Dolce & Gabbana Cappello da marinaio Romeo Gigli Mocassini platform Alexander Mcqueen Anelli floreali handmade Immago Jewels
Il filo unisce e separa i due protagonisti della storia moda coinvolge in versione inedita una delle dodici meraviglie della Fiumara d’Arte.
Total look Missoni, guanti Weili Zheng
Misticismo e devozione guidano il percorso curvilineo dei factotum nel raggiungere un tassello del museo a cielo aperto agli argini del fiume Tusa. E come ogni storia d’amore che si rispetti la tormenta coglie di sorpresa, ma ritrova la strada in un esito impattante, rivoluzionandone i piani iniziali. La scultura che la ospita rappresenta un simbolo archetipo scelto per raccontare il percorso fisico e interiore in una scena atemporale. L’ignoto, la scoperta, la sorpresa. In esclusiva su Manintown.
L’affascinante storia editoriale valorizza il progetto dai futuri riscontri presso la Fiumara d’arte. Una visione nata nel 1982 dall’estro del mecenate di origini messinesi Antonio Presti con l’intento di omaggiare la memoria del padre. Il primo tassello fu l’enorme scultura in cemento armato accessibile alla collettività realizzata da Pietro Consagra. La materia poteva non esserci, è composta da due elementi inclinati e paralleli, uno bianco e uno nero, che si innalzano al cielo. Gli ambiziosi intenti di Presti fanno diventare il sogno molto più ampio dando vita a un parco di sculture contemporanee eretto lungo il fiume Tusa.
Total look KNT, anello in argento Immago jewels
Una curva gettata alle spalle del tempo,a cura di Paolo Schiavocampo, consiste in un monolite di cemento armato e ferro. L’anno seguente viene realizzata una terza opera dall’artista Tano Festa: Monumento per un Poeta Mortoconosciuta ai più come “Finestra sul mare”, viene dedicata dall’artista al fratello poeta prematuramente scomparso. In quello stesso anno Presti bandisce un concorso di scultura riservato ad artisti under 40. Molte le adesioni internazionali ma le opere selezionate e realizzate sono solo due, quelle di Antonio Palma edi Italo Lanfredini : Energia mediterranea e Labirinto di Arianna.
Total look Issey Miyake, sandali intrecciati Missoni, anello in argento Immago Jewels
Nello stesso anno venne prodotta da Hidetoshi Nagasawa, l’opera Stanza di Barca d’oro. Una curiosità che la riguarda è quella che è nata per essere chiusa per cento anni essendo stata sigillata dopo la sua inaugurazione con una porta,per far si che essa potesse vivere “solo attraverso l’energia mentale della memoria”.
Vari provvedimenti giudiziari per abusivismo edilizio e occupazione del demanio marittimo ne bloccano il completamento fino al 2006 quando, a seguito dell’intervento dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, viene riconosciuto il Parco di Fiumara d’arte.
Total look Dolce & Gabbana
Risalgono a quel periodo l’Atelier sul Mare e l’allestimento dell’opera decorativa Arethusa degli artisti Pietro Dorazio e Graziano Marini che, tramite un ’installazione di ceramiche policrome, hanno cambiato il volto della caserma dei Carabinieri di Castel di Lucio.
Total look Esemplare
L’Atelier sul mare di Castel di Tusa è un albergo-museo d’arte contemporanea unico al mondo le cui camere sono state realizzate da artisti internazionali e dove, come afferma Presti, «alberga l’utopia dell’arte».
Il 21 marzo 2010 viene inaugurata la scultura Piramide – 38° parallelo,realizzata dallo scultore Mauro Staccioli in acciaio Corten, posta su una leggera altura a Motta d’Affermo, le cui coordinate geografiche centrano esattamente il trentottesimo parallelo.
Total look Alysi, sandali incrociati Alberta Ferretti
Nell’estate 2020, nel pieno del disorientamento pandemico, viene inaugurata l’ultima opera della Fiumara: Il cavallo eretico, di Antonello Bonanno Conti. La scultura, posta sul lungomare di Tusa, invita ad aprirsi alla ricerca del vero, del bene e del giusto senza timore di essere eretici.
Total look Paul Smith
Total look Moncler, sneakers KNT
Non tutti sanno che il musicista Mahmood ha omaggiato Fiumara d’arte e le sue opere è scegliendole come set per il videoclip della canzone Klan.
Novembre 2021. Incontro sotto i portici bolognesi il giovanissimo palermitano Giuse The Lizia all’alba della pubblicazione del suo primo EP, Come Minimo. Un progetto musicale che nasce nel segno della contaminazione e dei generi che lo rappresentano rap, hip-hop, synth pop, indie e punk rock.
Hai soli 19 anni e un a dir poco recente approccio allo strumento che, nella tua terra d’origine, ti ha portato a suonare in una cover band degli Strokes. Un carico indie rock così importante ha influenzato le tue attuali scelte stilistiche?
Sicuramente si. Ho ascoltato indie rock per tutto il periodo selle superiori e le influenze si sentono. In generale, ogni volta che mi metto a scrivere o a suonare prendo ispirazione da ciò che fa parte della mia memoria musicale.
Bagheria direzione Bologna,il confronto con un tessuto universitario ricco di stimoli adesso è parte della tua quotidianietà. Come minimo di sei visto proiettato in un ambiente totalmente diverso. Raccontaci le tue giornate tra lezioni , sessioni e una massima cura dei dettagli nel panorama social (Giuse ha un volto attoriale che su Instagram viene enfatizzato da scatti analogici che rispecchiano anche i suoi sound).
Le giornate passano sempre molto veloci, provo ad incastrare tutti i miei impegni e la sera sono distrutto. Quando sono libero scrivo o ascolto nuova musica.
Credit: Stefano BazzanoCredit: Stefano BazzanoCredit: Antonio Gno Sarubbi
Come Minimo, è anche il titolo del tuo primo EP, recentemente pubblicato, nato dalla collaborazione con il tuo amico Mr Monkey. Hai raggiunto dieci tracce ed è stato anticipato da ben 3 singoli. Affermi che si tratta di un brano “onesto” nato dall’emotività pandemica che ha profondamente segnato la Generazione Z. Quanta introspettività è presente nell’EP e come pensi si evolverà il tuo stile di produzione in futuro?
L’introspezione è presente in tutti i pezzi, ogni volta che scrivo qualcosa racconto di me al 100%. Tento di non essere troppo didascalico perché mi piace pensare che chi ascolta possa rivedersi nei brani. In Come Minimo mi metto particolarmente a nudo. Del resto, stavo veramente male e serviva una canzone che fissasse il sentimento.
Lo stesso EP è un gran bazaar di generi che si contamina e si fonde con ispirazioni indie, rap, hip-hop, synth pop ed un leggerissimo punk rock. Mi viene voglia di chiederti la tua playlist Spotify.
Ne ho diverse! Sono tutte molte contaminate, dal cantautorato all’indie rock, passando per il rap ed ultimamente anche un pò di trap! Ascoltare tanto aiuta ad essere elastici anche nel produrre la propria musica.
Quali sono gli obiettivi che ti sei prefissato per i prossimi mesi?
Tanti concerti e tanta musica. No spoiler ma voglio assolutamente far conoscere l’EP in giro per l’Italia. Stay tuned!
Agli albori del department store, il CEO di Dover Street Market, Adrian Joffe, e marito di Rei Kawakubo, mente geniale di Comme De Garçons, si interrogava: ‘Dover Street Market può lasciare Dover Street?’. La risposta fu sì e, a distanza di anni, è presente a Londra, New York, Tokyo, Singapore, Los Angeles, Pechino e nella capitale francese.
Dove, rientrando nel piano di rinnovamento della città dettato dal governo francese, ha deciso di sperimentare un nuovo format con ‘3537’, piattaforma polifunzionale il cui nome deriva dall’indirizzo dell’headquarter in città presso l’Hôtel de Coulanges al civico 35-37 di Rue des Francs Bourgeois. Il progetto include attività di intrattenimento che si fondono con shopping experience mirando ad ospitare concerti musicali, mostre, balletti e proiezioni cinematografiche.
Il pensiero radicale fa da sempre parte del modus operandi del duo.
Basti pensare di come, nel 1999, scelse di aprire uno store nella zona Chelsea di New York, quando solo poche gallerie erano alle prese con la colonizzazione dell’area.
Rei Kawakubo ha fondato Comme des Garçons nel 1969 e la sua prima sfilata parigina, nel 1981, ha rotto tutti i canoni dell’estetica contemporanea in un tourbillon di chaos e creation. Sudafricano di nascita, Adrian Joffe, è parte dell’evoluzione del brand. Mentre era alle prese con la ricerca di una nuova location per il monomarca Comme des Garçons, Joffe si è imbattuto in Dover Street, in quella che una volta ospitava la sede dell’Istituto di Arte Contemporanea. L’idea iniziale era quella di acquisire solo il piano terra ma “perché non prendere l’intero edificio e ospitare una grande community di creativi?”. Proprio come Kensington Market il luogo del cuore londinese della Kawakubo, nel quale ebbe modo di imbattersi per la prima volta negli anni ’60. Un bazaar di contaminazioni inedite che ha alimentato la cultura underground londinese nei decenni antecedenti. Nominato “The Best Shop in the World”, DSM è stato il punto di svolta della loro carriera. Quattro i nomi che per il lancio del concept store hanno aderito alla creazione di prodotti esclusivi Hedi [Slimane], Raf [Simons], Alber [Elbaz] e Azzedine [Alaïa]”. Negli annali sono segnati l’approdo dell’ iconica collezione Céline di Phoebe Philo nel 2009, la prima collezione di Nicolas Ghesquière per Louis Vuitton, nel 2014, così come le fresche visioni di Alessandro Michele per Gucci nel 2015. Solo alcune delle tappe che si aggiungono al salto che nel 2021 vede l’apertura su nuovi panorami.
“Diamo alle persone la libertà, ma con una certa quantità di regole”, ha affermato più volte Joffe.
La supervisione in ogni punto vendita è maniacale. Rei si occupa di tutta l’immagine, delle aree comuni e dei marchi Comme, delegando a Adrian le altre responsabilità. “Se l’approccio avvenisse unicamente verso le cose che le piacciono, non avremmo niente. Rei ama le persone che lavorano sodo e che hanno qualcosa da dire. Questo è l’unico criterio di selezione”. Un department store che mette al centro del suo universo il ruolo del venditore e la sua filosofia formativa. La struttura aziendale è orizzontale, strategicamente illuminata e mira ad una crescita sostenibile.
“E questo lavoro lo trova divertente?” “Divertente non è proprio la parola giusta.” Risponde Joffe. “È eccitante. È quello che faccio. C’è soddisfazione nel lavoro. Ci sono un sacco di problemi – con i designer e loro ego, le dinamiche con Rei. È un incubo, davvero, ma è ciò che ci spinge ad andare avanti. Non c’è progresso senza lotte. Se fosse facile, lo farebbero tutti. È anche pensare al futuro. Ci sarà un giorno in cui lei non ci sarà più. Dobbiamo pensarlo… Ma questo è un altro discorso”.
C’è chi ama definirla la perla formativa, nell’ambito della visual communication, del Triveneto, c’è chi afferma che i suoi piani didattici non abbiano nulla da invidiare alle più blasonate realtà internazionali, fatto sta che i suoi neodiplomati hanno davvero qualcosa da dire.
E lo fanno con progetti visivi indipendenti di cui sono i fautori grazie alla spinta geniale generata dalla freschezza delle nozioni acquisite e dalla voglia di imprimere sui social il proprio portfolio.
“Studia, impara, sperimenta, viaggia e, infine, lavora”, questo è il motto che riassume la filosofia dell’Istituto di Alta Formazione che traghetta, sin dal 2011 con i suoi docenti altamente qualificati, centinaia di leve verso le professionalità del futuro.
Vivere il set di un fashion movie, grazie ad una troupe blasonata, e produrre a 360 gradi contenuti visivi, partendo dal concept alla pubblicazione, sono solo alcune delle esperienze affrontate durante il duro anno pandemico dalla classe di Advanced Fashion Styling.
L’incontro visivo e il talk con Marianne Mirage è uno dei più attesi delle ultime giornate di caldo. Ci interessa scoprire come l’artista, nel corso degli ultimi anni, si sia evoluta fino a connettere la pratica dello yoga alla sperimentazione musicale. E a chiederle come Patti Smith, si proprio la Gran Madre della musica rock, l’abbia scelta per gli open act dei suoi concerti italiani.
Marianne ha un background fenomenale, una vita da giramondo con in tasca una laurea in Lettere e Filosofia e una borsa di studio, in qualità di attrice, al Centro Sperimentale di Cinematografia. Le sue classi yoga, che uniscono la musica alla pratica, sono sold out.
Misticismo e benessere, le rilassanti note di Marianne Mirage in esclusiva su Manintown.
Cappa Valentino, swimsuit Arrabal
Leggere la tua biografia è entusiasmante. Un padre pittore, una passione per il globe trotting, Sanremo con il brano firmato da Francesco Bianconi (Baustelle), soundtrack di pregio e una rosa di artisti che ti ha scelta per gli open act, tra cui spiccano Brunori, Patty Pravo e Tamino. L’occhio cade, però, su Patti Smith e l’interessante ingaggio avvenuto grazie a Youtube, è tutto vero?
INCREDIBILE EH? DREAM UNTIL IS YOUR REALITY. Quando vivi ogni giorno con tanta ricerca e voglia di scoperta non te ne rendi conto, infatti ancora oggi non guardo mai indietro. Ho anche imparato a non guardare troppo il futuro, senza fare tante previsioni. Mi godo il presente con tutte le cose che ha da offrire. Questo per me è la felicità. Tutti i ricordi restano ancorati nei miei comportamenti e nei modi di fare, diventando frutto di tutte le mie esperienze. Carver (scrittore americano) scriveva: “prendi tutto e mettilo a frutto”.
Swimsuit Missoni, anello Dans la Rue
Possiamo affermare che tu sia stata un vero e proprio “miraggio” per tutta la fanbase che, dapprima ti seguiva come musicista, e ora ti segue anche per la pratica yoga. Infatti, durante il periodo di pandemia sei diventata un punto di riferimento per i tuoi follower, grazie alla condivisione della tecnica di meditazione personale accompagnata dal suono delle campane tibetane, della tua voce e della chitarra. Come è nata l’idea e che evoluzioni ha subito dopo tre lockdown?
La potenza dei gesti impulsivi è ingovernabile. Ricordo di aver preso una decisione netta. “Se a me lo yoga ha dato forza e mi ha insegnato a non avere più paura dovrà essere la mia missione farlo conosce alle persone che ne sentiranno la chiamata”. Pratico Yoga da 9 anni e il mio percorso è sempre stato una passione vissuta nel mio privato. I miei maestri Dharma Mittra a Nyc e Gaia Bergamaschi a Milano sono stati la fonte del mio sapere. Poi ho sentito di dover trasmettere quello che avevo imparato è così è nato Yoga Mirage che ora si espande sempre più con una community stupenda di persone sensibili e coraggiose, li conosco per nome e amo vedere i loro nuovi risultati durante le pratiche yoga. Yoga vuole dire unione, questo è il nostro mantra. Ci lega un forte filo d’oro prezioso. La musica oltre la pratica ci aiuta e creare un legame emotivo forte.
21 luglio 2021, la data segna la rinascita di Marianne Mirage grazie all’album “MIRAGE” che guida l’ascoltatore in un viaggio musicale ricco di sperimentazioni. L’album abbraccia davvero tante sonorità, grazie alla versatilità dell’artista, planando dal jazz all’atmosfera delle colonne sonore italiane degli ‘anni 60. La sua durata è di un’ora, proprio come la pratica yoga.
Quanto tempo ha richiesto e come si è sviluppata la sua realizzazione?
Bella domanda perché in realtà durante questo anno così strano, dedicato all’immersione dentro di noi, alla meditazione e alla consapevolezza delle nostre fragilità, è nata la necessità spontanea di creare una musica che ci accompagnasse in questi viaggi dilatati nel tempo.
Ho conosciuto Marquis (giovanissimo produttore) che aveva la stessa idea. Abbiamo fatto i bagagli e siamo partiti per il Lido di Dante in Romagna (mia terra di origine) dove abbiamo preso uno studio al mare, per registrare il disco durante la pratica all’alba, immersi nella natura e nelle onde. Il disco è nato così, in simbiosi con la natura e gli strumenti musicali (moog, farfisa, vibrafono, arpa). Uno dei giorni di registrazione camminando ho incontrato un pavone per strada e da quel segno ho capito che stavamo facendo la cosa giusta.
Total look Missoni, occhiali Isabel Marant
Marianne respira natura, vive in una casa giardino e la sua evoluzione è stata scelta anche da Nike che, per la sua audience worldwide, ti ha commissionato un video esclusivo che unisce la pratica yoga all’esperienza sonora. In programma, inoltre, una lunga tournée che ti vede interessata a portare le arti olistiche in tutto il mondo. Quali sono le tappe dell’immediato futuro?
La pratica che ho ideato per Nike è stata bellissima da realizzare perché il team era totalmente dentro l’esperienza.
Ora, dopo i retreat in Grecia e Puglia ci sono stati i concerti e ci saranno appuntamenti di Yoga Mirage in tutta Italia per praticare insieme. Infine una bellissima sorpresa, il sito www.yogamirage.com, un luogo dove condividere pratiche di yoga, pensieri, musica ed emozioni, sempre nel mio mood molto Rock and Roll.
Ti abbiamo visto, in qualità di relatrice, sul palco del Tedx di Rieti. Il tema del monologo è stato “Respirare”, per chi non ha partecipato dal vivo come potresti riassumerlo?
Nasciamo con un inspiro e moriamo con un espiro… lo sapevi?
Durante lo shooting l’esplosiva Marianne chiede di aggiungere un commento riguardante la giornata trascorsa insieme: “Questo nostro incontro è stato magico. Le fotografie non sono solo da guardare, sono da sentire. Ti devono far viaggiare, in un istante ti traghettano in un mondo. Questo secondo me è stato il nostro viaggio tra le dune di ghiaia. Ho amato tutto il team di lavoro che si è lasciato trasportare dal l’energia del disco e abbiamo messo in immagini quello che il disco racconta”.
Mancano solo poche settimane per visitare Cortona On The Move, la rassegna fotografica oramai decennale, che si snoda nel borgo collinare omonimo e fa approdare nel Belpaese la fotografia contemporanea internazionale.
“Siamo tutti protagonisti di questa edizione, l’essere umano torna al centro nella sua quotidianità, con le sue relazioni, gli affetti e la condivisione di esperienze, un omaggio all’ordinario e allo straordinario della nostra condizione umana” sono le parole di Arianna Rinaldo, direttrice artistica dell’edizione denominata, per l’appunto, We are Humans.
I Know How Furiously Your Heart is Beating è il titolo della mostra del super guest statunitense Alec Soth che, dopo una pausa dalla fotografia, torna a guardare il mondo dal suo obiettivo esplorando nell’interiorità dei soggetti ritratti scegliendo di scattare a colori e in grande formato. Il lavoro viene esposto per la prima volta a Cortona, nella Fortezza del Girifalco, insieme a quello di altri artisti, come la serie Leaving and Waving di Deanna Dikeman. Famiglia, invecchiamento e dolore insito nel dirsi addio sono le tematiche che toccano le corde emozionali dello spettatore. Per ventisette anni, dal 1991, Deanna ha scattato fotografie mentre salutava i suoi genitori, prima di rimettersi in viaggio, dopo essere andata a trovarli a Sioux City, Iowa senza mai dimenticarsene. L’epilogo del sequencing è straziante.
Nella stessa sede è esposta anche la call to action per l’italiano Paolo Pellegrin che, grazie alla proposta di Cortona On The Move e Intesa Sanpaolo, Main Partner del festival, ha ideato un progetto fotografico dedicato agli effetti della pandemia sulla quotidianità umana minata dal distanziamento sociale. Contestualmente, il direttore artistico ha voluto creare un parallelismo, volto a generare ottimismo e speranza, con la mostra Come saremo – L’Italia che ricostruisce,una selezione di fotografie dell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo che racconta la rinascita dell’Italia nel secondo dopoguerra.
Nello spazio espositivo presente nel pieno centro storico emergono i lavori dei giovani fotografi emergenti e quelli dei più noti.
Tra loro Alessandra Sanguinetti che con il lavoro An Everlasting Summer – The Adventures of Guille and Belinda tratta i temi dell’amicizia, delle relazioni e dello scorrere del tempo tutto al femminile di un progetto iniziato nel 1999 e tuttora all’attivo. Belinda e Guillermina sono diventate le protagoniste delle sue immagini a partire dall’estate di oltre venti anni fa quando la fotografa le ha conosciute nelle campagne di Buenos Aires.
Voce al mondo queer, per far emergere il dialogo con se stessi, così come l’autonomia, l’inclusione e l’amore responsabile grazie al lavoro di Gabo Caruso Cora’s Courage. Un documento che racconta l’esperienza della transizione sociale in giovanissima età.
Fiori all’occhiello per i reportage di attualità sono due lavori quello di Jonathan Torgovnik, che attraverso Disclosure – Rwandan Children Born of Rape torna a rappresentare la realtà ruandese per dar voce alle donne violentate come strumento di guerra incontrate dodici anni prima; e l’opera di
Tim Franco Unperson – Portraits of North Korean Defectors che sceglie la Corea del Nord peri suoi racconti di fuga e libertà dal paese natio. La fuga segue percorsi diversi e la strada verso la Corea del Sud è pericolosa. Arrivati a destinazione, spesso l’adattamento alla nuova società e a una nuova vita, è difficile.
Padanistan di Tomaso Clavarino ci fa riapprodare all’Italia con il racconto di un territorio idealizzato ma che geograficamente, culturalmente e giuridicamente rimane un “non luogo” lungo la S11, che collega Torino a Venezia: la Padania.
In mostra a “Cortona on the Move”, e per la prima volta in Italia, anche 72 scatti Magnum Photography per celebrare il cinquantesimo anniversario di Medici Senza Frontiere. Il percorso racconta le principali crisi umanitarie dal 1971 a oggi: dai conflitti in Afghanistan e Libano degli anni ‘70 e ‘80 al genocidio in Ruanda, dal massacro di Srebrenica al terremoto ad Haiti fino alle attuali rotte migratorie in Messico, Grecia e nel mar Mediterraneo, sottolineando l’importanza della documentazione e dell’impegno mirati a guardare oltre ogni ostacolo grazie all’obiettivo.
La prima lettera dell’alfabeto è scelta come nuovo simbolo grafico dell’immancabile poster feticcio che sarà presente nelle case e negli studi di generazioni di fotografi. Gli stessi che, nel corso degli anni, hanno visto la piccola cittadina provenzale diventare centro nevralgico della fotografia internazionale.
I Rencontres d’Arles identificano un festival la cui importanza va di pari passo con l’essere il trampolino di lancio nella fotografia e nella creatività contemporanee.
Piccole cappelle medievali, complessi industriali ottocenteschi ma anche il fascino decadente di un Monoprix anni Novanta e di un giardino pubblico alle pendici dell’iconico Anfiteatro romano, diventano luogo dove esibire opere inedite e rassegne cult.
“Should we invent a new rite of passage for this very peculiar time? Retouch this blank year in technicolor?” È quello che si chiede, nel pieno delle evoluzioni pandemiche, il nuovo direttore della manifestazione Christoph Wiesner.
Nell’ordine di riempire i grandi vuoti creatisi con il distanziamento sociale e le limitazioni collettive, la fotografia continua a emettere segnali luminosi, aprendo spazi a nuovi metodi di resilienza.
Oltre 20 le mostre in programma, gli eventi collaterali e i relativi workshop collocati nella cittadina e nelle altre aree dell’intera regione, identificata come Grand Arles Express, tra cui il Mucem, il FRAC PACA, la Collection Lambert, e il Centre Photographique Marseille.
Una fotografia priva di filtri, immediata nello sviluppo, fa della sua veridicità parte del racconto che vede Manintown individuare le mostre da non perdere in un one-day trip che coniuga la cultura visiva al sapore provenzale.
STÉPHAN GLADIEU
République populaire démocratique de Corée
La Corea del Nord è sempre stata un enigma per l’artista perché infatuato dalla resilienza della nazione che è sopravvissuta al blocco comunista, agli embarghi internazionali e alle crisi economiche, climatiche o alimentari. Il suo approccio rivoluzionario nel ritrarre individualmente i funzionari nordcoreani ha creato sconcerto da parte di una cultura collettivista. La stessa che ha comunque accettato per un desiderio di apertura, ma anche perché l’idea di pose frontali e inquadrature rigorose era familiare e comprensibile. Il risultato è un percorso espositivo en plein air senza precedenti, il cui animo satirico e K-pop lo rende fiore all’occhiello della manifestazione.
THE NEW BLACK VANGUARD
Photography between art and fashion
L’unica mostra in calendario che decide di coniugare la fotografia autoriale con la moda. I lavori, in questo caso, non sono inediti ma sono stati fruiti a livello massivo grazie a testate settoriali, mostre, campagne pubblicitarie e social media. Tutto ruota intorno al black power, dalla rappresentazione della quotidianità alle forme espressive che si coniugano nella costruzione dell’immagine. Si va oltre i confini dell’omologazione e si utilizza il mezzo come una forma di attivismo visivo. Gli artisti, residenti e operativi in contesti molti diversi tra loro- New York e Johannesburg, Lagos e Londra – presentano nuove prospettive sulle tematiche inerenti la razza, la bellezza, il genere e il potere.
MASCULINITIES
Liberation through photography
Un’analisi sulla codificazione della mascolinità dagli anni ’60 ad oggi nel mondo della fotografia e del cinema. Il lavoro di oltre 50 artisti internazionali tra cui Laurie Anderson, Sunil Gupta, Rotimi Fani -Kayode, Isaac Julien e Catherine Opie, viene esposto sulla scia di #MeToo, puntando uno spot sulle diverse tipologie di mascolinità che permeano la società odierna. Complessa e contraddittoria, si affianca a temi come il potere, il patriarcato, l’identità queer, le politiche razziali, la femminilità, gli stereotipi ipermaschili e la famiglia.
THE POWER OF ART IN TIMES OF ISOLATION
L’umanità è messa a dura prova da uno scenario pandemico inimmaginabile. Ci riappropriamo dei nostri spazi e dei nostri corpi. Vediamo il trasformarsi delle relazioni sociali e il rivoluzionarsi dello scenario politico ed economico con conseguenze sul capitalismo globale. I modelli antropocentrici e l’eccezionalismo umano vengono ripensati assumendo significati e forme inedite all’interno di installazioni che catalizzano il visitatore grazie alla presenza di campi magnetici.
PIETER HUGO
Being present
Being Present offre un’ampia panoramica sulla fotografia ritrattistica di Pieter Hugo a partire dai primi anni 2000. La ricerca antropologica, che vede l’artista impegnato sugli outsider e sulle mille sfaccettature dell’umano, viene raccontata in un percorso progettuale che inizia con l’azione condivisa dello sguardo per poi amplificarsi, delineando l’opera, grazie alla connessione con ogni singolo soggetto.
CHARLOTTE PERRIAND
How do we want to live? Politics of photomontage
Nell’inusuale cornice di un grande magazzino dall’aria fatiscente non ci si aspetterebbe mai di trovare una monografica dedicata ad uno degli autori più interessanti del secolo scorso.
Al piano superiore del Monoprix si sviluppa il percorso dedicato a Charlotte Perriand, la fautrice dell’”arte di abitare” in relazione con la natura. Perriand usò la fotografia non solo come strumento di osservazione della realtà, ma anche per promuovere la sua concezione di un nuovo mondo. La mostra offre uno sguardo sui suoi metodi di lavoro e la sua incredibile collezione di fotografie – stampe d’epoca, negativi, ritagli di riviste e fotografie personali – esposte per la prima volta, con la riproduzione dei suoi monumentali fotomontaggi.
Riecheggiando le nostre attuali paure, negli anni ’30, la fotografa usò gli stessi per denunciare le malsane condizioni urbane e presentare la sua visione di come la vita possa essere resa migliore.
Aspettando Milano Moda Donna, incontriamo i 21 volti più interessanti presenti in town.
La Design Week, i più importanti eventi fieristici settoriali e Milano Moda Donna ora più che mai, e dopo varie stagioni phygital, sono dietro l’angolo. Quante e quali limitazioni vi saranno non ci è dato saperlo ma ciò che è certo è il delinearsi dei profili di uno dei più imprevedibili Rinascimenti del ventunesimo secolo.
Mai come in questo frangente storico i due sostantivi sono connessi all’universo femminile. La quotidianità e le notizie che si rincorrono, in merito ad una concreta e tangibile rinascita, vedono la nostra mente proiettarsi verso la ripresa delle grandi manifestazioni che rendono l’Italia, e soprattutto Milano, centro nevralgico e punto d’approdo di buyer e stampa internazionale.
Milano e i suoi luoghi, diventano, quindi, la cornice per raccontare 21 volti femminili internazionali presenti in town in attesa di un risveglio visivo, reale e virtuale, che li vedrà protagonisti tra show, presentazioni e contenuti digitali.
L’appuntamento è Settembre.
Camilla Colombo @ D’ management, Total look Calcaterra, Sandali dorati Giuseppe Zanotti, @_cmillac_
Giulia Ghezzi @ Next Model management, Completo e camicia Vescovo, Grembiule Borbonese, Scarpe in pelo Marni, @isgiumangi
“Lavorare con Giorgio Armani è un onore che apre le porte dei sogni”, sono le parole di Thayna Soares, modella haute couture e influencer, che conduce con sé Manintown dietro le quinte della sfilata uomo SS 2022.
“Ho avuto l’opportunità di essere una delle poche modelle scelte da Mr Giorgio Armani per la sfilata che racconta l’uomo della prossima Primavera/Estate. L’energia del backstage e il team di produzione in fibrillazione, così come il pubblico presente, mi hanno riportata alle sfilate pre pandemiche.
Il ritorno ad una nuova normalità ha motivato la line up che ha dato il massimo per una sfilata memorabile.
Casting perfetto, hair e make up raffinati come sempre, forme morbide e colori caldi hanno reso l’atmosfera rilassata e ovattata.
E’ incredibile come Armani possa essere così innovativo attraverso i tagli e i contrasti che l’hanno reso unico e inimitabile nel corso degli anni.
Sono circondata da tanto affetto e per me è un onore portare Manintown dietro le quinte di una delle mie passerelle preferite di sempre”.
Vincitore della categoria Nuove Proposte del 71esimo Festival di Sanremo 2021 con la canzone “Polvere da sparo”, Luca Gaudiano, in arte Gaudiano, sceglie Manintown per parlare del suo passato, del suo presente e del suo futuro, svelando quanto creda nel confronto diretto con chi gli sta a cuore. Un mantra che riporta al singolo Rimani, da poco approdato nelle classifiche italiane, che lo proietterà direttamente ai suoi primi e attesissimi live.
“Voglio scappare a Milano per farmi tagliare la faccia dal vento” e ci troviamo proprio qui per raccontarti come uno dei Men in town dell’anno grazie alla tua vittoria tra le Nuove Proposte al Festival di Sanremo. Possiamo ,quindi, dire che nel tuo caso il 2021 è iniziato in realtà con il vento in poppa non trovi?
Concordo pienamente, il 2021 ha subito un piacevole risvolto fisiologico generato da un 2020 di impegno e dedizione.
Total look Huge Jpg, t-shirt Levi’s
Total look Huge Jpg, t-shirt Levi’s
Dalla Puglia a Roma, dove hai approfondito gli studi musicali e vissuto alcune esperienze teatrali, al capoluogo meneghino. Come vivi la tua quotidianità da artista e quali sono i tuoi luoghi del cuore?
La mia quotidianità è molto casalinga. La vivo studiando, suonando e lavorando alle produzioni. Il mio arrangiatore è Francesco Cataldo che plasma la struttura melodica e armonica di ciò che elaboro. Il luogo del cuore è diventato la Scuola di Musica di Novate dove, insieme al mio amico Dave Marchi, ho iniziato a porre le basi dei miei esordi. Una location dove si respira musica in ogni angolo e si percepisce l’entusiasmo dei piccoli musicisti concentrati nella propria formazione.
Il brano presentato a Sanremo “Polvere da sparo” narra la cruente tematica della metabolizzazione di un lutto che attraverso le note viene “donata” alla memoria collettiva. Atto liberatorio ma anche un’elogio alla fragilità emotiva di un giovane uomo. Guardare oltre le nuvole attraverso la musica è uno dei messaggi che hai voluto dare ma quali altri si celano in esso?
Il concetto di continuazione è sempre trasversale. Tutti gli accadimenti ci fanno capire che sopravviviamo in un flusso che si rigenera costantemente. Spesso ciò ci infligge profondi sensi di colpa in quanto non riusciamo a governarlo. Però, ho capito che gli stessi possono diventare una nuova linfa che genera risvolti inaspettati.
Camicia Diesel, t-shirt Levi’s
Camicia Diesel
Hai già annunciato i tuoi primi appuntamenti dal vivo post restrizioni pandemiche: il 21 novembre ai Magazzini Generali di Milano e il 25 novembre al Largo Venue di Roma. Cosa ti aspetti dall’incontro con il pubblico che non hai avuto modo di accarezzare vocalmente dal vivo sul palco dell’Ariston?
Sono spaventatissimo perché, avendo un background teatrale che mi vedeva interpretare personaggi, per la prima volta mi ritroverò privo di filtri davanti ad un pubblico. Salirò sul palco con i pezzi che rappresentano una parte mio vissuto. Di sicuro non vedo l’ora di riuscire a coinvolgerlo.
Camicia Not Safe for Humans
Gaudiano resta concentrato sui suoi ambiziosi traguardi sul suo nuovo singolo: “RIMANI” (Adom Music/Sony Music/Epic). Un brano dedicato “a tutti i coraggiosi che scelgono di amarsi ai tempi della precarietà sentimentale.” Ancora un insegnamento, ancora un cura: il segreto del far andar tutto bene è come sempre la resilienza?
Ho imparato a credere tantissimo nel confronto con l’altro esulandosi da quello che si ha unicamente su sé stessi. Mi sono reso conto che ho davvero bisogno di avere qualcuno a casa “con cui litigare”. Amo condividere il tempo con chi amo e penso che in due si possa sicuramente riempirlo meglio.
Total look Don The Fuller, texani Giuseppe Zanotti
Special content direction, production, interview and styling Alessia Caliendo
Manintown incontra sul set Thayna Soares, modella brasiliana di haute couture diventata icona social apprezzata in tutto il mondo.
La tua attitude felina e l’innata eleganza ci svelano che sei una modella di haute couture. Quando hai iniziato la tua carriera e quali sono stati i designer con cui hai collaborato?
Ho iniziato la mia carriera a Parigi lavorando per brand come Hermés, Cartier e Givenchy. La mia prima sfilata Haute Couture è stata per Armani Privé, un cliente per il quale continuo a lavorare ogni stagione. All’inizio della mia carriera in Brasile, sentivo molta pressione nel dovermi adattare al mercato della moda. La corsa nel sembrare più giovane e più mainstream. Per fortuna mantenere la mia veridicità e l’eleganza nel modo di pormi professionalmente hanno portato i loro frutti.
Sfogliando l’album dei ricordi, descrivici i migliori momenti della tua carriera.
Mi considero una persona molto curiosa e sempre aperta a nuove scoperte ed esperienze. Ciò che ho sempre amato della mia carriera è l’opportunità di viaggiare grazie alle fashion week.
Inoltre, l’interazione con altre modelle internazionali ed il confronto con i designer ha sempre generato forti emozioni. Momenti come il Festival della moda africana e le sfilate in Arabia Saudita mi hanno fatto entrare in contatto con culture totalmente diverse dalla mia, scoprendo novità culinarie e altre lingue, nonché modi diversi di vedere il mondo. È difficile elencare i momenti più importanti della mia carriera in quanto il susseguirsi di essi hanno dato vita alla professionista che sono diventata.
Sicuramente posso parlare di momenti memorabili come la mia prima settimana della moda a Parigi dove sono stata selezionata esclusivamente per rappresentare il marchio Issey Miyake. Oppure la mia prima passerella di Haute Couture per Giorgio Armani, il sogno di una vita, la campagna di Azzedina Alaia e le presentazioni di Alta Gioielleria per Cartier.
Ogni momento della quotidianità di una modella è importante così come gli step che si susseguono per raggiungere i risultati.
Da icona di stile anche sui social quali sono i must haves del tuo guardaroba estivo?
Nel mio guardaroba non mancano assolutamente i bikini. Vengo da una città brasiliana sul mare dove ho trascorso la maggior parte della mia vita indossando solo un bikini. Sono veramente ossessionata da questo indumento in tutte le sue fogge.
Ogni bikini che si rispetti deve essere accompagnato da un bel paio di occhiali da sole e da caftani in tessuti leggerissimi. I miei materiali preferiti sono il lino e la paglia che reputo elegantemente versatili per la bella stagione.
E che dire della tua beauty routine? Raccontaci i segreti per la cura della pelle.
Ho iniziato a fare modelling a 27 anni, l’età in cui la maggior parte delle modelle si ritirano dalla carriera e prendermi cura della mia pelle mi ha aiutato molto. Non mi ripeto mai abbastanza quando dico che è sempre il momento di prendersi cura della propria pelle, e il segreto sta nella detersione e nell’idratazione. Sono sempre truccata durante il lavoro e gli eventi motivo per il quale cerco di lavare il viso con acqua corrente e idratare con una crema specifica ogni volta che posso. La qualità dei prodotti che uso è fondamentale, meglio se anti aging. Il tutto viene completato da un’alimentazione molto sana e dal bere molta acqua.
Ci diamo appuntamento con Angelica per raccontare le storie di un incontro, quello con noi stessi dinanzi allo specchio alle prese con le fragilità e il disorientamento tipico di questo momento storico. Nel nuovo album l’intimità viene affrontata con il sapore analogico dell’artista, fiore all’occhiello della scuderia Carosello Records, ex front woman dei Santa Margaret, da qualche anno sofisticata solista.
Vestaglia Gretel Z., lingerie Hanro
Il Karma vuole che Angelica si avvicini alla musica grazie a ONE dei Beatles, dimenticata per sbaglio venditore nel lettore cd acquistatole dai suoi genitori. Una compilation non da poco per svezzare alla musica un’adolescente che si innamorerà del quartetto di Liverpool, non trovi?
Mi ritengo baciata dalla fortuna. Se avessi trovato un altro disco forse non sarei qui con voi. La mia passione ha preso vita da un album iconico e non posso che esserne grata.
Chitarrista autodidatta arrivi addirittura ad essere sponsorizzata dall’iconica Gibson. Senza disdegnare la sperimentazione che conduce all’utilizzo di un basso Rickenbacker del ‘72 mezzo rotto. Quanto è importante per un’artista la totale fusione con lo strumento?
L’importante è comunicare grazie alle note. C’è chi è virtuoso e chi, come me, è più creativo. Nasco come autodidatta e il mio dialogo con lo strumento è fondamentale. Gli strumenti sono tutti belli a livello estetico, quindi è facile creare un feeling e dialogarci.
Giacca Judy Zhang, tuta Gretel Z.
Giacca Judy Zhang, tuta Gretel Zanotti
Il tuo appuntamento con il destino, ha svelato, dopo l’esperienza come leader dei Santa Margaret, una carriera da solista. Pensi di aver acquisito un tuo balance nella dimensione domestica e individuale fatta di pianoforte, chitarra e pc?
Quando ero nella band non avevo grandi possibilità di esprimermi ma, dall’altro canto, le responsabilità non ricadevano unicamente sulla mia persona . Lavorare da solista mi ha consentito di diventare sincera con me stessa e ciò mi ha aiutato anche nell’approccio con il pubblico.
Total look Missoni, platform Zanotti, occhiali Moschino
Un disco “dedicato a tutti quegli errori che pensavo fossero del cuore e invece erano solo della testa”, così ami descrivere il lavoro attualmente disponibile su tutte le piattaforme. Un manuale di sopravvivenza per coloro che riescono a guardarsi con occhi diversi riuscendo a perdonarsi. E’ stato difficile scavare in te stessa per arrivare a denudarti dinanzi all’oggetto più temuto da noi donne?
Il viaggio introspettivo è iniziato senza che me ne accorgessi. In realtà si tratta di un cassetto nel quale avevo rinchiuso tutto ciò che non volevo vedere. Se lo sto raccontando in musica è perché posso affermare di essere fieramente sopravvissuta.
Parafrasando il titolo di un brano presente in esso. Pensi che questo per Angelica possa essere il Momento giusto?
Io non penso che esista il momento giusto anzi, per scaramanzia, vi dico che tutte le volte che l’ho pensato si è rivelato non esaustivo. Questo sicuramente è un momento stupendo e l’anno migliore in assoluto che mi ha educata a non fermarsi nonostante mai, anche con una pandemia in corso.
Pijama Sleep no more, cappello Borsalino
Special content direction, production, interview e styling Alessia Caliendo
I brani di Margherita Vicario sin dal suo esordio e, con il passare delle stagioni e dei cambiamenti storici e sociali, arrivano dritti al cuore delle donne facendo luce sulle loro passioni e paure più recondite. Sembrano tratte dal diario di una Millenial alle prese con l’avvento dell’età in cui ci si può definire adulte.
Da qui le parole sono origliate dagli aperitivi con le amiche che risuoneranno in tutta la Penisola. Tra uno Spritz e un caffè amaro non c’è nulla di meglio che raccontarsi “Come va?” . Un’artista vera per le donne vere, lontane dalle sovrastrutture digitali ma alle prese con le più svariate emozioni e senso di inadeguatezza che le attanagliano.
Solidarietà, sorellanza e accettazione della vita (tra qualche smagliatura di troppo, il dover scegliere di diventare madri e l’ultimo episodio di ghosting) che non può essere di certo quella che ci raccontavano da bambine. La sua sensibilità non si esprime solo in musica e nella cura estetica dei prodotti visivi, a essa correlati, ma anche nella drammaturgia. Margherita è, infatti, dotata di istrioniche capacità attoriali.
E fin qui forse abbiamo fatto Bingo! L’album omonimo è disponibile dal 14 maggio.
Soprabito Red Valentino
“No, ma dimmi come va? Come va? Come va? Come vedi il futuro? Vuoi cambiare mestiere?” come ci si sente nel sentirselo dire a pochi giorni dall’uscita di Bingo! Il progetto discografico che da ampio respiro ad un lavoro su cui sei concentrata da due anni?
Nella mia vita vi è una domanda che si ripete ad libitum: “vuoi fare l’attrice o la cantante?”.
Questo anno di incertezza ci ha messo dinanzi a scommesse e a direzioni inaspettate e mi ha guidata a guardare verso nuovi orizzonti. Dopo una crisi vi è sempre un inizio e il mio è una scommessa.
“Questa è l’Italia che odia l’indiano che mette benzina Buongiorno signorina ma quanto sei bela miscela? lascia mancia! cosa fai stasera?”
Mandela un brano sui diritti umani premiato anche come Premio Voci per la Libertà di Amnesty International. Da artista ti sei esposta in prima persona su un tema che nel 2021 divide ancora il nostro Paese. Che riscontri hai ottenuto? E soprattutto pensi che la sensibilizzazione in merito al sociale possa diventare parte integrante del tuo Manifesto?
Vivo nella convinzione che un artista non debba essere un attivista. Non abbiamo la zavorra del dovere sociale. Mandela è una riflessione personale sul quotidiano di una cittadina italiana che ha avuto un eco inaspettato. Non è un brano sul cat calling ma parla dell’inclusività nei luoghi che nel corso degli anni hanno subito stratificazioni etniche. Mi piace sempre citare la frase di Jurij Gagarin , il primo uomo nello Spazio, “Da quassù la Terra è bellissima e senza confini”.
Giacca 2 Moncler 1952,canotta Fila
“Tu non sai quanto ti voglio bene Ci vedo da vecchie a bere Col tuo sguardo di sguincio Sul terrazzo del Pincio Che mi offri un abbraccio mentre io do di matto”.
Un video racconto, quello di Pincio, che diventa memoria collettiva della pandemia. Orfani di abbracci offerti e di momenti condivisi, non più inni dai balconi ma una danza liberatoria, la tua, che tuttora risuona come uno dei brani del vissuto storico. “Come va?” può essere definito paradossalmente il suo sequel non trovi?
Assolutamente si perché “Pincio” era una mia dichiarazione d’affetto nei confronti di un rapporto intimo familiare (sua cugina n. d. r.) nel pieno dell’isolamento fisico.
“Come va” è nata dalla stanchezza del secondo lockdown e nel pieno della zona rossa torinese. Il regista Francesco Coppola ha volutamente affermato che “con Pincio io guardavo al di fuori della finestra mentre in Come va il Superzoom entra in casa ed esplora i gesti della nuova quotidianità”.
“Devi fare una foto dove sembri una figa. E poi subito un’altra dove sei un po’ sbiadita Non perder di vista il tuo vero obiettivo Devi mettere in luce il tuo lato creativo” sono le considerazioni autoinflitte in una società che ci vede come stoiche, ci vuole brillanti, che proclama la body positivity ma che contestualmente vede la permanenza di ideali estetici irreali. Cos’altro ancora ti piacerebbe raccontare delle donne?
La vita di una donna è costellata da tantissimi cambiamenti fisici ed emotivi. Sono un’autrice con un pugno spontaneo e irrazionale che viene da una famiglia matriarcale. Quindi si, di sicuro non smetterò mai di raccontarle.
Capospalla AnnaKiki, jeans Levi’s
“Beh, che cosa vuoi, cosa c’è, te chi sei? Forse ero un po’ ubriaca, sì, mi sono aperta troppo Un bacio quello no, rischio troppo C’è più amore dentro un bacio che durante tutto l’anno nel mio letto”
Così cantavi nel 2015 presa dal monologo di “Per un bacio” improntato su un flirt platonico consumatosi in poche ore. Cosa racconteresti in dell’approccio odierno virtualizzatosi a causa del distanziamento sociale?
Le dinamiche del corteggiamento e dell’annusamento sono le stesse da secoli, ciò che è cambiato è soprattutto il contesto sociale. Dietro “Per un bacio” vi è il racconto delle relazioni platoniche che spesso vincolano dal mettersi in gioco per davvero.
Abito Vivienne Westwood, occhiali Marc Jacobs
Total look Red Valentino, stivali Giuseppe Zanotti
Special content direction, production, interview e styling Alessia Caliendo
La fotografia è il mezzo che può documentare la storia delle nostre radici e spesso serve a definire i diversi centri gravitazionali che motivano l’indagine dello stare al mondo.
Si tratta degli stessi microcosmi che guidano la dimensione personale ad un allontanamento o ad un riavvicinamento verso le fondamenta della nostra esistenza.
Ed è il baricentro delle proprie origini che ha guidato Lucio Aru e Franco Erre, ambedue con un background creativo a livello internazionale, nella valorizzazione del territorio sardo nell’ambito visivo, sociale e antropologico.
Una mera patina superficiale potrebbe limitare erroneamente la loro mission alla fotografia di moda contemporanea con contaminazioni esterofile, importata in un pezzo di terra in mezzo al mare, corredata anche da un impegno nell’ambito della formazione (Lucio e Franco sono, infatti, docenti presso lo Ied di Cagliari).
In realtà, ciò che emerge contemplando la loro intensa quotidianità professionale, è il forte intento di dar voce alle new faces e ai luoghi inesplorati di un territorio di cui conosciamo solo le bellezze paesaggistiche instagrammabili e il luogo comune della ruralità.
Il Mal di Narènte, è la nostalgica sensazione che si prova nel ricordare i volti e i luoghi di un racconto visivo decantato nell’ennesimo lockdown e prodotto con la sabbia negli occhi, il vento nei capelli e l’amore per una terra che, grazie alla sua autenticità, ha preso un posto nel cuore.
Total look Vivienne Westwood, sandali Giuseppe Zanotti
Total look Paul Smith
Stefano 20 anni cagliaritano, studia Psicologia, ama giocare con la moda ed è fermamente convinto che il “genere” sia un discorso superato.
“La Sardegna ha i suoi limiti. Ne siamo un po’ gelosi ma anche molto austeri nel tutelarla perchè temiamo che tutto ciò che c’è di fuori possa contaminarla e comprometterla.”
Total look Valentino
Total look Etro
Matteo 15 anni cagliaritano, studia al Liceo Scientifico, ama la musica e parlare di politica.
“Importiamo idee e rendiamole nostre per dare un futuro alle nuove generazioni con l’intento di farle rimanere”.
Total look Pleats Please Issey Miyake
William 19 anni cagliaritano, modello, di base a Milano, ora a Tokyo per due mesi di on stay.
“Cagliari è nell’hub di giovani sardi a Milano. Non facciamo altro che parlare della nostra terra e invitiamo coloro che non la conoscono nel venire a visitarla.”
Total look Versace Jeans couture
Giacca Haikure, camicia Antonio Marras, sandali Paul Smith
Rafal 19 anni oristanese di origini polacche, ex calciatore ora allevatore
“Il mio sogno nella moda sarà supportato dal lavoro che sto facendo attualmente. Curo gli animali in un’azienda agricola, la mia quotidianità è tra pecore e agnelli.”
Camicia Asos Design, pantaloni Acne Studios
total look 1 Moncler JW Anderson
Kuba 17 anni cagliaritano, studia al liceo, non vede l’ora di cominciare il suo percorso nella moda.
“Mia madre faceva la modella in Polonia prima di trasferirsi in Sardegna cambiando la sua vita. Alla fine è diventato anche il mio sogno e, grazie al coaching di Lucio e Franco, vorrei realizzarlo”.
Total look Karl Lagerfeld, mocassini Church’s
Jacopo 20 anni sassarese, vuole studiare fashion design a Milano ma non ha ancora deciso la scuola più giusta per lui.
“Mi piacerebbe approcciarmi alla moda con un occhio sul fashion design. La fierezza dei modelli in passerella mi trasmette sicurezza. Un giorno sogno di andare a Milano per studiarla e provare a calcare le passerelle”.
Special Contents Direction, Production and Styling Alessia Caliendo
Un passo indietro per fare spazio al duo che si autoproclama come l’araba fenice della moda italiana. Finalista del Who’s on Next 2020, Vaderetro è una mappatura dell’antropologia umana focalizzata sull’analisi delle contaminazioni che giungono dagli usi e costumi territoriali. Hanna Marine Boyere e Antonio D’Andrea da cittadini del mondo, dopo aver calcato il Regno Unito, la Francia, il Marocco e il Chile, approdano al 50% delle proprie radici per dar vita ad una «bonne aventure» con l’intento di valorizzare il know how e la sartorialità Made in Italy.
La proattività culturale che vi contraddistingue , per il prossimo Autunno/Inverno, lascia fluire le proprie idee partendo dalla collaborazione con un pittore italiano, Golia, che realizza un esclusivo dipinto olio su tela “one of”. L’opera d’arte, d’ispirazione macchiaiola, “Ho visto degli zingari felici”, diventa l’essenza della collezione il cui racconto è nelle vostre mani lette dalla cartomante che ne predice il futuro.
Siamo profondamente convinti delle contaminazioni generate dalle sinergie più variegate. Non amiamo le speculazioni e le visioni finalizzate unicamente al lato commerciale di un prodotto moda.
Non solo arte figurativa per un lavoro che possiamo definire etno-antropologico. Il prodotto creativo che ne deriva è ispirato a uno dei gruppi minoritari più noti in Europa: il popolo Roma. Come siete entrati nella sua identità, nata dalle contaminazioni morali, religiose e artistiche attinte dai paesi che gli hanno fatto da “genitori adottivi”?
Un brand è sostenibile e etico quando si approccia anche alle tematiche inerenti le minoranze mettendone in luce aspetti mai emersi sinora. Abbiamo trovato la bellezza nel gruppo “Roma” che in molti paesi non è ben visto. Ghettizzato e stigmatizzato seppur con forti componenti culturali. Ne abbiamo ricreato l’immaginario puntando i riflettori sui fenomeni migratori che da sempre accompagnano l’umanità.
Avete recentemente introdotto una capsule permanente “Vade-recycle” dedicata interamente a capi realizzati con tessuti e accessori vintage dead stock. In un mondo che si muove sempre più verso l’up cycle in cosa si differenzia la vostra proposta?
L’immergerci negli stock è una delle nostre più grandi passioni, non solo tessuti ma anche merceria e rifiniture. Questo imprinting deriva dal nostro viaggio in Marocco, dal Suq a Forcella, da Napoli a Londra. La scoperta degli archivi e del passato è il concept stesso di VadeRetro. Far riemergere e ridar vita a ciò che è stato.
La filosofia che vi appartiene decanta la fluidità di genere e l’ aesthetic nostalgia e l’eclettismo per il quale si contraddistingue è stato già apprezzato da alcune celebrity. Vaderetro a Sanremo i vostri look sono stati scelti per Fulminacci detenendo il primato di un’ascesa in tempi record. Come proiettate le vostre collaborazioni con il mondo dello spettacolo?
Diamo sempre un forte valore ai placement allineati con la nostra vision, motivo per il quale i testimonial VadeRetro devono sempre trasmetterne il messaggio senza snaturarlo. Di sicuro le nostre scelte saranno sempre oculate e trainate verso l’emozionalità generata dalle stesse.
Avete recentemente affermato che il vostro sogno sarebbe quello di riuscire ad affermarvi non solo come brand di abbigliamento, ma come un vero e proprio movimento culturale, avendo la possibilità di lavorare con enti e associazioni che lottano per cause che vi appartengono. Avete già attivato sinergie in tal senso?
I valori etici di Vade Retro partono innanzitutto da un processo produttivo trasparente, dando in primis risalto all’elemento umano e alla manodopera. Ne deriveranno sicuramente altre tematiche e non vediamo l’ora di diventarne portavoci.
Maggio è il mese che ci predispone nel guardare all’estate con l’occhio e la mente proiettati nei luoghi della fuga dalla quotidianità. Saranno probabilmente ancora italiani così come i giovani artisti che vi incuriosiranno sin dal primo play su Spotify. Millenial talentuosi pronti a contaminare le playlist del cuore con nuovi sound e beat accattivanti. Siete pronti a incontrarli con noi?
Bolo Mai
Compositore e polistrumentista, il tuo è un percorso ricco di skills che hanno consentito di spianarti la strada verso la discografia provando ad entrare da ogni singola porta…
Ho iniziato con i classici lavoretti per poi finire nell’ambito della produzione cinematografica, un mondo che mi ha sempre affascinato e che allo stesso tempo mi permetteva di continuare a coltivare la mia passione per la musica. Mi sono autoprodotto seguendo da autodidatta praticamente tutta la filiera di produzione del brano. Sono il primo musicista della famiglia e questo mondo per me era lontanissimo, non avevo contatti di alcun tipo. Ho bussato a molte porte, mentre iniziavo a lavorare alle mie prime colonne sonore e a sperimentare fondendole nel pop. Mi sento un naufrago che dopo tante onde è sopravvissuto sulla sua zattera, fatta principalmente da una manciata di canzoni.
Una passione smodata per il cinema che ti ha portato a comporre colonne sonore sperimentando e fondendo generi diversi in chiave pop. Se ti fosse data la possibilità di reinterpretare la soundtrack di un lungometraggio, quale sceglieresti?
Nel cuore Danny Elfman per Nightmare Before Christmas oppure, per rimanere su un grande classico, opterei per Ennio Morricone. C’era una volta in America è un must.
Bolo mai, un nome dalla parvenza esotica per un progetto che la tua casa discografica supporta nel segno del suo eclettismo. Proiettandolo nel futuro come ami immaginarlo?
Mi piacerebbe mantenerne l’autenticità e il signum artis con cui è nato. Di base erano soltanto due parole che suonavano bene insieme, facili da recepire e pronunciare, che non avesse nessun collegamento preciso se non un’assonanza con le bolo ties, cravatte texane che mia nonna mi ha regalato tornata da un viaggio oltreoceano.
Bolo Mai indossa Asos design, Tintoria Mattei, Levi’s e Polaroid
Bartolini
Colui che Rolling Stone definisce ”Uno dei talenti più interessanti in circolazione“, Bartolini, dopo un’esperienza britannica, sceglie la Penisola per affermare il suo sound in perfetto stile brit pop, new wave d’oltreoceano e cantautorato pop all’italiana. Schivo e riservato ma già sotto i riflettori, quanto è cambiato, e se è cambiato, il tuo modus operandi durante la Pandemia?
Durante la pandemia io, che abito a Roma, sono tornato nei luoghi della mia adolescenza in Calabria e questomi ha consentito di percepire vibes nostalgiche che hanno influito anche su un nuovo livello di scrittura.
La quotidianità che rincorrevamo nel passato ha assunto una dimensione diversa e nel bug pandemico ho fatti luce su alcuni aspetti che avevo dimenticato e che ho riscoperto.
Nato sotto la buona stella nella punta dello stivale, il video dell’ultimo singolo “Sanguisuga” tratto dall’album, Penisola, vede la firma d’eccellenza del duo creativo YouNuts. Il video è strutturato in quattro scene che ricalcano il tuo vissuto e scavano nel profondo delle tue esperienze più significative. Un approccio inedito per un artista che dell’introspettività ha fatto il suo punto di forza…
Sono stato un bambino sempre molto timido e introverso. La scrittura mi ha aiutato nell’aprirmi al mondo esterno e il video, tutto girato in presa diretta, ha ricalcato i momenti fondamentali della mia esistenza, rivelandosi un vero punto di svolta durante il lockdown. Non vi nascondo che sto pensando anche ad un sequel.
Corteggiato dal mondo del cinema e dello spettacolo, la tua produttività è stata scelta per raccontare i frame di una serie Netflix di successo come Summertime. Il tuo viaggio itinerante alla scoperta di esperienze e luoghi inesplorati, tassativamente in auto, dove ti condurrà l’immediato futuro?
Usciranno prestissimo una serie di singoli che fanno luce sull’intimità acquisita con il mio personale ritorno alle origini. Mi vedrete presto anche nelle vesti di produttore. Infine, vorrei riproiettarmi nello studio delle soundtrack come avvenuto con Summertime. Riascoltare brani prodotti tra le mura domestiche, sul grande e piccolo schermo di Netflix, è stata una bella emozione.
Incontriamoci e incontratevi sulle note di Delmoro che esortano a un auspicabile “RENDEZ-VOUS” nel segno della dancefloor. Un inno all’ottimismo che pesca a piene mani dalla tradizione cantautorale italiana ispirandosi a baluardi come Lucio Dalla, Alan Sorrenti e Ivan Fossati. Come hai deciso di colorare sonoricamente questo 2021?
Scrivere mi fa proiettare sempre nel futuro, che per forza di cose ha colori diversi dal presente in cui viviamo. Musicalmente immagino un futuro solare e vitaminico, che si contrappone alle liriche che invece sono sempre melanconiche, un po’ come la saudade brasiliana.
L’architettura e il design accompagnano il tuo gusto estetico sui profili social. In realtà ci svelano anche una laurea lasciata nel cassetto (Delmoro è un archittetto) per dedicarti alla musica. Il tuo è un percorso già costellato di importanti collaborazioni con produttori come Davide Cairo e Matteo Cantaluppi (già produttore di Thegiornalisti, Canova, Dimartino…). Cosa cerchi nelle sinergie alle quali ambisci?
Le aspettative nei confronti delle collaborazioni in questi ultimi tempi sono molto cambiate. Costretti al distanziamento ne abbiamo ancora più voglia. Fino allo scorso anno ero concentrato sul mio universo individuale ma adesso ho capito che la sinergia è vita, è crescita, è condivisione.
Sospeso nell’”Aria”, uno dei tuoi ultimi video musicali, ricalca le visioni e la palette cromatica che ti contraddistinguono e il territorio delle tue origini. L’essere innanzitutto un creativo quanto influisce nella visioni che vuoi trasmettere come artista nel mondo della musica?
Da architetto pragmatico preferisco non parlare di creatività ma di oculatezza nel risolvere le situazioni utilizzando l’estro.
Nelle mie corde c’è l’architettura che mi guida, nella musica, nella creazione di uno struttura per raccontare storie attraverso mood visivi e sonori.
Un’incalzante hit, “Ancora”, prodotta insieme a Winniedeputa, è l’ultima tappa del tuo percorso musicale. La prossima estate, tradotta in musica, sarà una stagione di sogni?
Me lo auguro perché ho in programma di realizzare il mio primo album. Un traguardo musicale che mi renderebbe molto felice.
Alla conquista delle playlist di Spotify, che ti ha premiato con la cover di “Anima R&B”, il pezzo fa da apripista al prossimo disco. Come procede la sua lavorazione?
Sono in una fase meditativa in cui sto capendo qual è la direzione in cui voglio andare. Riascoltare dopo qualche mese i brani che scrivo mi aiuta a capire se funzionano ancora. Innanzitutto, sono alla ricerca di un balance tra la componente autorale e la cifra stilistica, al fine di plasmare la mia estetica musicale. Produco la maggior parte dei miei brani e, nel momento creativo, le direzioni generate dalla linea vocale e dal beat devono essere univoche e armoniche.
Social e musica, l’esposizione mediatica e l’interazione con la propria fan base è fondamentale per un artista.
Come gestisci le piattaforme che ti vedono protagonista e quanto ti tengono impegnato?
Anche in questo caso la cifra stilistica presente sui social è stata studiata a lungo. Avendo sfumature R&Bmescolate alla trap e al pop è stato inizialmente difficile trovare una quadra al livello visivo. Adesso ho optato per una gestione coerente, minimale ed elegante mirata alla promozione della mia figura in qualità di musicista. Preferisco scindere la mia quotidianità con il mio progetto artistico, Nicolò da Puertonico. Sui social troverete il secondo.
Michelangelo Vood un artista che possiamo definire sostenibile grazie alla forza della natura in cui affondano le sue radici. La Madre Terra è un elemento caratterizzante del tuo sound, quali sono i momenti in cui ti immergi in essa per trarne i benefici in termini autoriali?
L’elemento naturale per me è molto importante perché mi trasmette serenità e mi aiuta a ricongiungermi ai luoghi incontaminati nei quali sono cresciuto.
Amo ispirarmi partendo dalla mia terra, la Basilicata, e al piccolo paesino in provincia di Potenza, Rionero in Vulture, al quale ho dedicato il mio primo EP.
Divento piuttosto malinconico quando ne ricordo i suoni e gli odori, come quello della fuliggine che nasce dai camini del vicinato che ritrovo solo quando torno a casa d’inverno.
Mi manca un po’ quel contatto con la natura tant’è che qui a Milano, dove vivo da qualche anno, coltivo decine di piante sparse tra il balcone e la mia camera. Una sorta di piccola serra nella casa in cui scrivo e compongo, tassativamente di notte.
Origini punk rock e un percorso costellato da concorsi e dal plauso di molti artisti come Angelica, Carl Brave e Myss Keta. Quale è stato il traguardo più importante raggiunto sinora?
Quando dico che fino ai 22 anni avevo una band punk rock nessuno ci crede! Cambiato il look, cambiata l’ispirazione, le radici punk adesso mi accompagnano nell’attitudine sul palco.
Sono tantissimi i traguardi che ancora voglio raggiungere, è solo l’inizio del mio percorso. Al momento, il mio più grande traguardo è quello di essere riuscito a ritagliarmi un piccolo spazio come artista indipendente e di aver trovato delle persone che si sono immedesimate tanto nella mia musica e nei miei testi.
L’ambiente musicale è un “Campo minato”, citando il titolo omonimo del tuo ultimo brano, come pensi di destreggiartici nell’immediato futuro?
In un momento storico come questo, in cui c’è tanta frammentazione, la differenza è fatta dalle persone di cui ti circondi.
Parlo non solo degli affetti, ma di tutte le persone che mi aiutano a portare avanti il mio progetto, giovanissimi professionisti che credono in me e che mi supportano in ogni singolo step. Vengono da ogni parte d’Italia e sono arrivati qui a Milano con le fiamme negli occhi per ritrovarsi, grazie ad uno strano gioco del destino, a percorrere un percorso artistico e di crescita insieme a me.
Michelangelo Vood indossa Drumohr, Dockers e Vic Matiè
Santachiara
Radiohead, Mozart e i Nirvana, nei tuoi mood sonori, conditi anche dalle voci che giungono dai vicoli partenopei, non ti sei fatto mancare proprio nulla. E da qui lo studio di registrazione homemade dove, insieme al tuo compagno di studi Andrea, hai iniziato a sperimentare e a registrare i primi brani. Un neonato progetto che in un mese, nel giugno 2020, ha partorito tre singoli e che non accenna a fermarsi…
Quando ero piccolo ho girato il mondo insieme ai miei genitori, che erano artisti di strada. India, Thailandia, Brasile…mia madre canta e mio padre scrive, e io canto e scrivo le mie canzoni, non penso sia un caso. Sono stati loro ad avermi dato i primi stimoli e ad aver influenzato il mio modo di esprimermi. Sono due capisaldi della mia esistenza personale.
Il dialogo come punto cardine dei tuoi lavori che, nella bonus track dell’ album d’esordio “Sette pezzi”, vengono contaminati da audio di archivio tratti da interviste, film e discorsi con cui sei cresciuto e che ti hanno ispirato. Come si sviluppa il tuo processo di ricerca?
Sono un appassionato d’arte a 360 gradi e contestualmente studio Psicologia dei Processi Cognitivi.
Nel nomadismo della mia infanzia ricordo un forte impegno nell’arricchimento culturale. Ho letto tutti i più importanti autori e cerco di approfondire ogni singola fonte che giunge ai miei occhi e alle mie orecchie: in quella traccia convivono Bob Marley, Memento, Pasolini fino a Manu Chao e molto altro.
Sette pezzi, sette frammenti diversi, per i sette giorni della settimana. Un melting pot che lascia decantare la profondità del tuo esordio sulla scena musicale. Innamorato della musica e di “Carmela” ci regalerai presto una traccia per ognuno dei 365 giorni dell’anno?
Me lo auguro! Visti i miei trascorsi, ho sempre cercato un posto da poter chiamare casa e Napoli con me lo ha fatto. Carmela è Napoli che metaforicamente diventa una figura femminile, un po’ mamma e un po’ amante, e che nei giorni in cui sei solo non può che farti compagnia. Le dovevo una canzone.
Ci sono artisti che restano nel cuore soprattutto per il loro impegno nell’ambito della collettività e per la sensibilità nell’abbracciare tematiche politiche e sociali. Il sorriso contagioso di David Blank pervade quasi quanto la profondità della sua voce che libera profonde riflessioni riguardanti la comunità afroitaliana e LGBTQI.
Artista di punta del roster FLUIDOSTUDIO, con un background londinese, e icona di stile grazie alle collab con importanti brand come Tommy Hilfiger, Gucci e Calvin Klein, decide di svelarsi a Manintown in un contenuto esclusivo a poche settimane dall’uscita del suo ultimo video.
David Blank giunge negli Airpods urlando “io sono qui”. Il diritto di reclamare il proprio posto nel mondo è il fulcro del tuo impegno per la collettività. Un artista che sin dagli esordi è emerso per il suo forte attivismo in difesa delle comunità alle quali si presta come baluardo. Quanto tempo dedichi a questo impegno e quali sono i mezzi, oltre alla produzione musicale, che utilizzi per promulgare i messaggi e sensibilizzare il prossimo?
Sono molto impulsivo quindi se vedo una cosa che non mi piace o delle ingiustizie o temi che mi stanno a cuore, non riesco a star zitto. Uso maggiormente i social, Instagram e Twitter.
Total look Valentino
Copricapo Antonio Marras, Pantaloni Issey Miyake
Total look Issey Miyake, copricapo Borsalino, occhiali Moschino
Il brano manifesto, nato per una campagna pubblicitaria di David Blank x Calvin Klein e prodotto per l’etichetta indipendente FLUIDOSTUDIO, esplode nel videoclip in cui mostri la potenza della tua fisicità e le abili doti, non solo canore, ma anche come dancer. Quanto tempo ha richiesto l’elaborazione di un testo così emblematico?
Sono una persona che scrive di getto, quando sono ispirato, ma con “I Am Here” è stato veramente un processo perché stavo parlando con me stesso in quel momento, quindi dovevo trovare le parole giuste per tirarmi fuori dal sentimento di stallo e insicurezza di cui parlavo nel mio primo singolo “Standing In Line”. Ci ho messo un paio di giorni ma alla fine il messaggio è chiaro e spero che come aiuti me, in momenti in cui penso di non farcela, lo faccia anche per chi l’ascolta.
L’incontro con la musica avviene nella più tenera età, grazie ad un padre predicatore e a una forte spiritualità congenita che ti conduce a cantare nel coro della chiesa, i Cherubim and Seraphim (Love Divine). Quanto è importante la dimensione spirituale per un artista che mette al primo posto le tematiche più delicate?
Per me la musica è sempre stata connessa alle emozioni ed alla spiritualità. Da quando in chiesa mi hanno insegnato ad usare la mia voce con intenzione, dovunque io mi trovi, che sia su un palco o in strada, quando canto, scrivo e parlo l’intenzione c’è sempre. La spiritualità mi ha insegnato ad esorcizzare i miei sentimenti attraverso la voce, per questa ragione canto e parlo spesso di temi delicati.
Il tuo empowering chorus per la prima volta si approccia a sonorità estremamente pop che creano un connubio perfetto con la tua voce soul e intimista. Come è nata la voglia di veicolare il messaggio in una maniera leggermente diversa dal solito?
Ho pensato ad un sound che volesse fare alzare dal letto, svegliare e motivare l’ascoltatore. Tendo sempre a far musica più chill ma in questo caso avevo bisogno di fare un pezzo dove poter urlare “io sono qui, io conto e sono importante”.
Total look Daria D’Ambrosio
Ci hai abituati a testi profondi e a titoli importanti; raccontaci del tuo nuovo EP, in uscita il 29 aprile 2021 per FLUIDOSTUDIO, dal nome evocativo “EXHALE”.
Il nuovo EP è un piccolo viaggio tra le mie varie personalità, il mio biglietto da visita, in cui ho cercato di far risaltare le diverse influenze musicali che mi hanno segnato. Per quanto riguarda i testi ho deciso di sperimentare, ci sono testi astratti, da interpretare, ed alcuni con concetti più espliciti. È il mio respiro profondo ed il passo verso il mio prossimo capitolo.
Total look Haikure, sandali Giuseppe Zanotti
Total look Etro, camicia Asos Design
Lo scorso Natale ci hai stupito con la presenza nella colonna sonora dell’ultimo film Disney/Pixar “SOUL”, come hai deciso di celebrare la musica nel futuro prossimo e quali sono i momenti di confronto che vorresti auspicarti?
Fare parte della colonna di un film Disney è un sogno che si avvera ed ancora non mi sembra vero. Per il futuro vorrei fare tanta musica, più collaborazioni con artisti che stimo e riuscire a riunire le mie due passioni: la musica e la moda.
Special contents direction, production, interview & styling Alessia Caliendo
Forte di uno storico che vanta collaborazioni con i più importanti fashion brand del lusso, Gilberto Calzolari dal 2017 cura la sua linea di abiti demi-couture dall’appeal glam romantico.
Vincitore del Green carpet fashion award nel 2018, prestigioso riconoscimento per giovani talenti della moda ecologica, le sue silhouette e i suoi tagli contemporanei stupiscono per abbinamenti inaspettati che, con il corso delle stagioni, hanno sempre strizzato un occhio alla sostenibilità, mantenendo lavorazioni di altissimo livello sartoriale.
A pochi giorni dalla MFW e dal suo dialogo con Volvo per il lancio della sua nuova C40, Recharge Gilberto Calzolari apre le porte del suo showroom a Manintown per parlare delle ultime visioni e raccontarci del futuro che verrà nel segno del green.
La tua donna racchiude in sè un’immagine estremamente sofisticata ma contestualmente versatile nei confronti delle esigenze della vita moderna. Come si è evoluta durante l’ultimo anno pandemico e cosa ha deciso di riporre nei meandri del proprio guardaroba?
Tutto è ripartito idealisticamente dal mio alfabeto colorato con l’obiettivo di raccontare una nuova femminilità. Per la prima volta la donna Gilberto Calzolari tinge le labbra di rosso per regalarsi il vezzo che, a causa delle mascherine, non può più concedersi.
La sensualità è enfatizzata dagli spacchi profondi che svelano il corpo con eleganza e lo avvolge di tessuti morbidi.
Si ripongono nell’armadio tutte le negatività per dar spazio alla joie de vivre nel rispetto di una moda sostenibile plasmata sulla atemporalità.
Recupero e ricerca, il tuo mindset è focalizzato sul ridar vita a materiali considerati non “consoni” dalla moda e spesso destinati allo smaltimento. Nel corso degli anni quali sono stati quelli che ti hanno dato più soddisfazione nella loro manipolazione?
Di sicuro la collezione del mio cuore è quella dei Green carpet fashion award, un omaggio alla Pianura Padana e alla mia Lombardia. Sacchi del caffè e dello zucchero recuperati presso il mercatino dei Navigli che ho ricamato e mixato con tessuti d’Alta Moda. Nelle stagioni a seguire mi sono divertito con il packaging retato degli agrumi e con gli ombrelli smontati per un perfetto plissè soleil. La provocazione è mirata a dare un esempio virtuoso di moda circolare epurando gli oggetti dalla loro funzione, decontestualizzandoli e riplasmandoli evitando lo spreco.
Etica ed Estetica, ed è così che Gilberto Calzolari da sempre fiero sostenitore della sostenibilità, decide di affiancare la propria vision a quella di un auto, la nuova C40 Recharge di Volvo, presentando un abito inedito. Già in passato la casa automobilistica ti aveva fornito tela di airbag e cinture di sicurezza usate. Come hai unito il tuo estro al design e alle caratteristiche di un’ auto elettrica?
Di sicuro l’intento comune dar vita a una creazione 100% sostenibile. Entro il 2050 Volvo conta di produrre solo auto elettriche.
La nostra collaborazione è nata un po’ per caso e l’abito realizzato in questa occasione si ispira all’eleganza e alle linee d’avanguardia di un auto che guarda al futuro. Il nuovo modo di concepire il lusso è green. Un segnale positivo e contaminante che unisce l’etica all’estetica.
E a non molti giorni fa risale il lancio dello show virtuale durante la Phygital Fashion Week milanese le cui riprese sono state effettuate in uno dei luoghi della cultura altamente penalizzati dalla pandemia: il teatro. Mai come questa volta la tua donna vive in un Pianeta “in tilt” e le sue emozioni vengono percepite anche nel ritmo del montaggio scelto. Con quali stili si approccerà al prossimo Autunno/Inverno?
Il tilt è generato da un intero sistema in questo stato. Positività e follia sono enfatizzati da contrasti netti ,come il foyer cupo e gli slanci di luce, per un corto circuito generalizzato che vuole liberarci simbolicamente dalle limitazioni.
La donna dell’Autunno/Inverno vuole stridere tra i contrasti, viaggiando attraverso superfici lucide e materie opache, alternando la mascolinità alla la femminilità.
Ho, inoltre presentato, il primo upcycling eyewear. Occhiali vintage smontati e rimontati con lenti d’avanguardia.
Per gli accessori mi sento di citare Kallistè che ha fornito calzature con la tomaia realizzata interamente in plastica reciclata.
Un costante impegno per il Pianeta nel segno di uno dei più importanti insegnamenti che ci ha tramandato il mondo classico:“kalos kai agathos”, l’unione tra il buono e il bello”.Cosa è previsto nell’immediato futuro green di Gilberto Calzolari e quali sono i materiali di scarto che vorrebbe plasmare tra le sue mani?
Per me stesso è una sorpresa. Nel futuro non si parlerà solo di una moda sostenibile ma anche di una moda rigenerativa mirata a produrre meno waist possibile.
Quindi utilizzare più materiale di scarto come i tessuti di stock o le rimananze. Sprecare è antietico e bisogna lottare per il vero Made in Italy supportati anche dal punto di vista governativo alienando ogni forma di danno all’intero sistema.
Il suo nome lascia trapelare il sangue rumeno, ma per Matei Octav, giovane fotografo emergente, l’Italia è sinonimo di casa.
A soli 23 anni può vantare un background artistico e formativo al quale ha avuto modo di approcciarsi grazie alla forte sensibilità visiva coltivata nei luoghi umbri della sua infanzia. Il turbine creativo l’ha travolto fino a condurlo a Milano dove, nel 2018, ha iniziato un percorso di studi incentrato sulla multimedialità presso la Scuola Civica di Cinema a Milano. E proprio durante l’excursus didattico, ha prodotto filmati presentati in alcuni dei più importanti contesti dedicati alla cinematografia indipendente come il Milano Fashion Film Festival, Amsterdam Fashion Film Festival, Istanbul Fashion Film Festival, ASVOFF, Arts Thread e su FNL Network. Manintown gli affida un editoriale moda uomo e approfondisce con lui tutti gli aspetti dell’essere un giovane talento appassionato di estetica e visual.
Total look Salvatore Ferragamo
Nel corso degli anni ti sei dedicato alla creazione di filmati sperimentali mirati all’indagine audiovisiva e e andando a fondere tutte le discipline affini. Dall’immagine dinamica alla fotografia. Raccontaci come hai fatto luce su questa attitudine.
Il video nel mio caso è una necessità espressiva.
L’approccio attivo alle immagini in movimento inizia quasi per gioco quando, a pochi anni di vita, mi viene regalata una piccola videocamera a cassette. La sua versatilità mi faceva impazzire, potevo immortalare ricordi, ma anche inscenare teatrini o riprendere lo schermo del televisore, creando montaggi buffi e registrando pezzi scollegati tra loro. Era uno strumento divertente, ma non ero ancora consapevole delle sue vere potenzialità. Sono felice di aver avuto modo di riprendere a sperimentarlo seriamente negli ultimi anni. Ad oggi rimane il mezzo più completo e stimolante per esprimermi al meglio insieme alla fotografia.
Total look Andrea Pompilio
Insetti Ginori 1735
I tuoi stati d’animo e l’analisi della sfera intima e privata ti guidano nella mise en scene nell’ambito della fotografia di moda. Solitudine, fragilità e follia. Indoor o outdoor. Quali sono gli elementi preponderanti di ogni tuo racconto?
Sono una persona troppo riflessiva e probabilmente questo mi ha portato a mettere in scena esattamente ciò che sentivo dentro e ciò che vedevo intorno a me. La semplicità da una parte, ma anche i contrasti insensati, nel loro pieno fascino, dall’altra.
Total look DalPaos
Stringate Fratelli Rossetti
Sfera BBtrade
Cinematografia, virtualità e interattività promossi presso i più importanti festival di cinematografia indipendente. Come ti senti, a soli 23 anni, nell’essere individuato come un Talent to Watch?
Non c’è cosa più gratificante nell’essere segnalati come creativi. Quando il proprio immaginario visivo arriva ad una nicchia è già un traguardo. Le piattaforme e gli eventi digitali che promuovono noi giovani talent in questo momento sono vitali per tutti coloro che vogliono emergere.
Total look Lacoste
Bicchiere in ceramica Antonio Marras
All’inizio del tuo percorso formativo hai lanciato su diverse piattaforme il progetto Octhem, che consiste nel frammentare tutte le sue fotografie per poi ricomporle sotto forma di collage surreali e minimal, per nuove chiavi di lettura e dettagli inizialmente trascurati. Parlaci delle prossime evoluzioni legate ad esso.
Octhem l’ho essenzialmente immaginato come una sorta di alter-ego.Le mie fotografie assumono una nuova forma e vengono riscattate mettendo in luce dettagli inosservati o stravolgendone completamente l’immaginario. Una sorta di puzzle che si compone invertendo l’ordine dei tasselli. Vorrei continuare su questa strada approfondendo la tecnica singolarmente, integrando magari una parte grafica, con l’obiettivo di farla divenire il fulcro dei prossimi progetti.
Total look Missoni
La visionarietà e il tuo talento spingono Manintown a darti spazio per un progetto editoriale in cui riesci ad esprimere tutte le peculiarità della tua fotografia. Illustraci gli spunti che hanno dato vita agli scatti.
L’ispirazione è arrivata dal legame che inevitabilmente si va a creare con gli oggetti che ci circondano nel quotidiano. Ogni oggetto racconta un pezzo della propria storia. Storie che prese singolarmente ti spalancano le porte di una Wunderkammer dinanzi alla quale non puoi che lasciarti trasportare con lo stupore di un bambino.
Total look Versace
Total look Vivienne Westwood
Sfere BBTrade
Total look Emporio Armani
Wolf skull Seletti
Special contents direction, production, styling & interview Alessia Caliendo
La drammaturgia vive nella Milan Fashion Week ed è forte più che mai nei cortometraggi che vedono nell’autenticità del racconto un modo di valorizzare non solo il risaputo know how artigianale ma anche la prepotenza dei landscape di cui siamo portatori sani.
Nei 365 giorni che ci separano dall’inizio della pandemia, e dalla lieve incoscienza alla quale eravamo abituati nel movimento a tutto globo, eccoci proiettati con un drone nella reggia nuragica del Barumini, patrimonio sardo dell’Unesco, che strizza l’occhio alle atmosfere rurali dei più importanti siti archeologici e naturalistici mondiali.
Film Commission al rapporto e cast interamente sardo per una rappresentazione che unisce il misticismo alla riappropriazione viscerale delle proprie radici. Di dove sei, di dove siamo e fin dove ci spingerà il nostro patrimonio genetico.
Nonostante Antonio Marras, ce ne parla Efisio, volto e operatività millenial, nella top under 30 di Forbes, colonna portante della troupe familiare impegnata nella produzione del mini colossal.
Ci vediamo a casa, la vostra, per un progetto la cui chiave di lettura è la multidisciplinarietà. Un sogno che si realizza per la visione di una Sardegna Caput Mundi attraverso la penitenza del cammino. Un’opera prima cinematografica che mi ha ricordato una delle più importanti installazioni visive di Bill Viola: The Path. Dove la gentrificazione e l’antropologia umana si legano ad un silente moto perpetuo. In questo caso, però, la processione è volta al raggiungimento di un picco, la reggia di Barumini, per assolversi dai peccati.
Nel nostalgico ricordo dei moodboard, presenti nei backstage delle vostre sfilate, quali sono state le fonti ispirazionali e le contaminazioni che vi hanno guidati nello story telling?
C’è un elemento di novità nel processo di costruzione della show. Per la prima volta abbiamo lavorato in assenza di reference. La scintilla è partita da mia madre, Patrizia Sardo Marras, colei che da inizio ad ogni processo creativo e la stessa che ne mette la parola fine. Si tratta de la mise en scene del Decamerone di Boccaccio e ciò che avete visto, in realtà, è solo il primo take di un prodotto visivo più articolato, di cui a breve sarà diffuso il Director’s Cut.
Il misticismo dei nuraghi riporta alla preistoria di un territorio preso d’assalto da innumerevoli popolazioni che ne hanno consentito una stratificazione degna dei più arditi principi di tettonica. Cultura, artigianato, agricoltura e estro creativo che da decenni fondano le radici della vostra mission, quella di amplificarli a livello mondiale. Quanto è stato complicato trasmettere in 16:9 e 4:5 la multisensorialità alla quale eravamo abituati durante gli show?
Siamo tutti molto esigenti ed è stato davvero complicato. Parliamo di una produzione totalizzante che per tre giorni, grazie alla Sardegna Film Commission, ha preso vita davanti ai nostri occhi. Provate ad immaginare quanto sia stato difficile ottenere le autorizzazioni per girare nell’emblematica atmosfera del Barumini, patrimonio dell’Unesco, scegliendo le giornate più fredde della stagione e canalizzando al meglio tutte le nostre idee. Una meravigliosa follia!
Ballando il twist, il prodotto visivo dimostra quanto la Sardegna sia in grado di realizzare, grazie alle risorse locali, produzioni degne dei grandi show dell’asse Milano- Parigi- New York. Un lavoro nel quale si evince una salda struttura organizzativa capitanata matriarcalmente da Patrizia Sardo Marras nelle vesti di art director e stylist, diretta, insieme agli altri indigeni e autoctoni, dal regista Roberto Orru.
Come si è evoluta la preproduzione e quanto tempo è stato impiegato per le riprese presso il sito archeologico?
La stesura dello script risale a 365 giorni fa e arrivare a vedere i protagonisti spalmati su 4 km di strada ha suscitato in noi emozioni inspiegabili. Tutto si è magnificamente connesso.
Un esempio sono i copricapi, nati come pietre ricamate, alle quali da tempo volevamo dare una collocazione stilistica. Come per magia, hanno trovato la loro dimensione posizionandosi sui volti dei protagonisti in un frame che possiamo definire emblematico.
Matriarcale anche l’altra figura femminile di spicco: l’attrice Lia Careddu, che interpreta con richiami alle icone felliniane, Nuraja Manna.
Mastodontica si erge su tutti i pellegrini, anch’essi attori del teatro e del cinema sardo. La cruenza espressiva e la presenza scenica eterogenea diventa fonte di inclusività, da sempre fiore all’occhiello dell’atelier d’artista marrasiano. Quanto le fusioni artistiche sono importanti per lo stesso e quali sono state quelle che lo hanno segnato nel corso della sua storia?
Antonio Marras considera la moda una diramazione artistica e il suo estro innegabile l’ha portato ad esprimersi sotto varie sfaccettature. Tra tutte cito la sua mentore Maria Lai, con cui ha condiviso momenti di altissimo spessore, definendola più volte “una compagna di viaggio, una musa, un’amica geniale affettuosa e custode dell’anima“.Ma anche Carol Rama, altra interprete femminile che ha segnato l’arte contemporanea del Novecento, alla quale ha dedicato la collezione primavera/estate 2015. Indubbiamente le sinergie di Antonio Marras coinvolgono professionisti che agiscono con decisione e compiono un percorso ricco di significato.
Nell’emozionalità visiva la moda accarezza l’impattante teatralità e ancora una volta ritroviamo in maniera circoscritta i vostri codici ricchi di contrasti e dicotomie: sprazzi di romantici ricami, elementi di recupero impreziositi e il classico punk di rottura rappresentato da stampe e lettering. L’impegno profuso nel realizzare una collezione nel pieno della pandemia si è differito rispetto al passato oppure ha mantenuto le stesse dinamiche?
Non so ancora quanto la pandemia abbia stravolto questa collezione, sicuramente le dinamiche interne sono cambiate.
I’M Marras, la linea che seguivo, è diventata un drop mentre sono entrato a pieno regime in Antonio Marras offrendo un contributo che dona spunti stilistici in grado di soddisfare i gusti delle nuove generazioni.
La Antonio Marras, prodotta al 100% ancora in terra sarda, attualmente può vantare anche proposte in chiave streetwear che strizzano l’occhio agli anni Novanta.
Special content direction, production & interview Alessia Caliendo
Riempire gli spazi con forme tridimensionali, poco conta se con una laurea in ingegneria o quella in modellistica, rispettivamente conseguite presso il Politecnico e l’Istituto Secoli. La parola va all’ingegnere della moda Giuseppe Buccinnà durante il debutto alla Milan Fashion Week.
Nel suo studio forme e numeri si incontrano in un processo creativo che mira dritto ad una dimensione estetica di natura razionale. La strada del decostruttivismo netto e conciso valorizza il corpo femminile privandolo di ogni costrizione e concedendogli un’aura atemporale.
Alone. L’incipit della tua collezione si apre con l’ elogio alla solitudine del persiano Abbas Kiarostami. Siamo fisicamente soli ma digitalmente connessi. Quanto la dimensione individuale ha infliuito nella sua progettazione?
Ho provato a rappresentare la dimensione che ognuno ha costruito intorno alla propria esistenza nell’ultimo anno. Un evolversi di situazione atipiche che ha influenzato il rapporto che si ha con sé stessi. La società si muoveva a ritmi forsennati oscurando il confronto diretto che si può avere con la propria intimità. E’ il motivo per il quale ho voluto indagare sull’intimità femminile ispirandomi alle poesie di Kiarostami che definisco un autore visivo. Le sue parole donano immagini che accarezzano il dolore che abbiamo vissuto e che non mi sento di dimenticare.
Identità e innovazione per un sistema e un iter produttivo focalizzati sulla sostenibilità. I materiali di natura certificata sono individuati nella loro autenticità, come i Tecnocotton, pronti per essere predisposti alle elaborazioni manuali in grado di creare strutture consistenti. Come hai definito i punti fermi che contraddistinguono il tuo attuale processo creativo?
Mai come adesso la mia attitudine è quella di proiettarmi verso la ricerca di materiali, di strutture e di geometrie. Nel dramma del momento abbiamo la fortuna di vivere in un Paese dove la filiera della moda è molto forte e radicata. Anche nei periodi di lockdown sono riuscito a mantenere i contatti con i fornitori cercando di produrre in un raggio chilometrico concentrato.
Tessuti tecnici e fieramente urban riletti in chiave romantica grazie all’incontro con il tulle stretch e la maglieria timeless. La tua mente ingegneristica riesce a fludiificare le forme ispirandosi all’arte contemporanea. Quali sono stati i baluardi che ti hanno guidato nel crescendo della Fall Winter 2021/2022?
Questa collezione è il prosieguo dei precedenti studi. I miei riferimenti albergano sicuramente al di fuori della moda in quanto non voglio stratificare il suo concetto.
Ho preso spunto dall’attualità che ci ha costretti a stretchare il tempo non avendo un domani decifrabile. La mancanza di una bussola invita a rafforzare la propria identità e la mia ha spinto a livelli estremi l’estetica e le forme.
In ascesa ma anche in questo caso con struttura. Giuseppe Buccinnà può vantare già lunghe collaborazioni per la parte pelletteria (MICHVASCA) e per l’eyewear (FABBRICA TORINO). Come individui le sinergie di cui ti circondi?
Il percorso con Mich e con Alessandro è nato da una comunione d’intenti. Testare il mercato con l’accessorio è fondamentale per aprire il dialogo con un’ipotetica platea di buyer e consumatori. Le collaborazioni consentono di vedere il riflesso delle proprie creazioni nettamente amplificato.
Con la proiezione che mira a virare l’Alone in Together dove ti piacerebbe proiettare le dimensioni della tua donna per la prossima stagione?
Di sicuro il phygital resterà ancorato al modus operandi del sistema. Mi piacerebbe dar voce alla collezione facendola viaggiare e visionare tramite trunk show di matrice local.
Da prodigio del calcio a polistrumentista e compositore per il piccolo e grande schermo. Manintown incontra in esclusiva Wrongonyou poco prima di atterrare a Sanremo dove non mancherà di stupirci.
La storia di Wrongonyou inizia da un strano caso del destino. A soli 9 anni, vieni notato come piccolo prodigio del calcio e, poco prima del provino con Bruno Conti, ti rompi una caviglia. Qualche anno dopo, per uno strano scherzo del destino, accade un episodio similare prima del tuo debutto con una squadra di basket. Tutto ciò dà la spinta per interessarti alla musica a 360 gradi prima da polistrumentista e poi da autore. Possiamo dire che il fato ti ha proprio illuminato la strada…
È evidente che il mio destino da sportivo fosse segnato (ride n.d.r.). Il calcio e al basket non mi bastavano e quindi, da buon ragazzino iperattivo, ero impegnato anche nel salto in lungo. L’essere fermo in convalescenza mi ha portato ad ascoltare e approfondire la musica grazie ai vinili di mio padre, partendo dagli album di Bruce Springsteen.
Un debutto in lingua inglese nato sotto la buona stella perché incoraggiato da un professore di Sound Technology all’università di Oxford che ha ascoltato i tuoi demo su Bandcamp e ti ha inviato a perseverare. Wrongonyou è una miscela di ispirazioni e influenze, con lo sguardo e l’orecchio inizialmente rivolti oltreoceano e sucessivamente aperti verso il grande cantautorato italiano. Quali sono i generi e gli artisti che tuttora sono la linfa della tua produzione musicale?
Il tutto è partito da un’offerta libera su Bandcamp per scaricare la mia musica, pari a una sterlina e venticinque. Questa offerta è stata seguita dalla mail di un professore inglese alla quale non ho dato peso (pensavo fosse un fake!). Qualche tempo dopo nelle aule di Oxford, dove studiava un amico, risuonavano le note delle mie canzoni. E solo grazie a lui ho scoperto che in realtà si trattava di pura verità, perché il mio amico era studente proprio di quel professore che mi mandò l’offerta su Bandcamp! Il mio orecchio ama il folk leggero grazie al cantautorato americano. Sono approdato agli italiani molto tardi e per me è stata una scoperta sensazionale. A volte penso quanto le armonizzazioni vocali di Mango siano state per me una rivelazione.
Bomber Diesel, cap New Era
Total look Diesel, sneakers Reebok
Nel corso degli anni hai curato gli opening act di moltissimi artisti italiani e stranieri, come Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Levante, Mika, i The Lumineers, James Blake gli Austra, e la tua internazionalità ti ha permesso di calcare i palchi dei più prestigiosi festival europei e americani come l’Europa Vox in Francia, l’Eurosonic Noorderslag in Olanda, il Primavera Sound di Barcellona e il South by Southwest festival ad Austin in Texas. Quale sarà il primo brano che intonerai al ritorno davanti ad un pubblico in carne ed ossa?
Spero davvero di portare questo disco in tour perché l’idea di ricominciare, non so come e non so quando, mi riempie di gioia . Aprirei con la title track del disco o un pezzo dei miei esordi come “Rodeo”.
Un’artista prestato più volte al grande e piccolo schermo. Nel tuo curriculum, infatti, è presente il sound di lungometraggi, serie TV e del brano “FAMILY OF THE YEAR” che Real Time ha scelto come colonna sonora del Pride Month. Sei stato molto apprezzato da Gigi Proietti, Anna Foglietta, Rocco Papaleo e Alessandro Gasmann che ti ha anche inserito nel cast de il Premio. Come è stata la tua prima esperienza da attore?
Un’esperienza senza precedenti per la quale avevo molto timore. In realtà mi sono ritrovato in un’ambiente ricco di cordialità. Con i baluardi del cinema italiano è nata una bellissima amicizia e abbiamo condiviso molti momenti insieme, essendo una produzione itinerante in giro per l’Europa.
Total look Moncler, sneakers Zanotti
Total look Diesel, sneakers Reebok
Lezioni di volo è stato il brano con cui hai concorso alla finale di Ama Sanremo e che ti ha consentito l’accesso alla categoria nuove proposte di Sanremo 2021 risultando il brano con il maggior numero di streaming sulle piattaforme digitali tra quelli in gara a Sanremo giovani. Un inno che sprona al coraggio, un invito a lasciarsi andare, a lanciarsi senza timore e con sicurezza per affrontare le esperienze che la vita ci mette di fronte. Sarà lo stesso spirito con cui affronterai la manifestazione canora più prestigiosa del nostro Paese?
La priorità è affrontare il tutto con divertimento insieme alla mia squadra. Mi dispiace molto esibirmi senza pubblico in quanto ho bisogno della positività generata dalla sua presenza delle persone. Ad ogni modo ho una gran voglia di godermi l’esperienza nel migliore dei modi. Non vedo l’ora!
Special content direction, production, interview & styling Alessia Caliendo
Cantautore dall’animo nero, sexy beat e voglia di raccontare tipica del Meridione. Vergo, romantica anima sicula incontra in esclusiva Manintown, presso NH Milano Touring, parlando di ricordi, legati alla sua terra e all’experience di X Factor, e alla costante sperimentazione musicale sotto l’ala di FLUIDOSTUDIO, etichetta con la quale ha prodotto e lanciato “L’Animo Nero” e “Bomba”.
Famiglia siciliana e la carismatica gestualità che solo il Sud riesce a donare, Vergo si apre ad una ricerca artistica senza precedenti in cui la multiculturalità e lalibertà espressiva si lasciano andare al ritmo caldo di un reggaeton mediterraneo fuso alla tradizione popolare siciliana. Da dove parte e come si evolve la tua sete di contaminazioni, suggestioni e visioni?
La scintilla d’amore verso il reggaeton è scattata quando ho sentito il bisogno di avere nella mia vita più spensieratezza e vibrazioni briose e “peligrose”. Dai primi approcci ho avvertito un sound caloroso, accogliente e inclusivo. Sento di aver trovato la chiave giusta per affrontare ed esprimermi sulle tematiche anche più profonde a me vicine, mantenendo una vena ottimistica e romantica.
Shirt Asos, denim Diesel
Denim Diesel
Una vera e propria “Bomba” che, grazie al brano omonimo, presentato alle audizioni di XFACTOR ha fatto ballare tutti, dai giudici allo staff dietro le quinte, fino a convincere Mika a volerti con sé. Una hit che ha da poco superato i 2 milioni di stream su Spotify e un ottimo biglietto da visita per entrare nel cuore degli italiani. Svelaci tutti i retroscena della sua nascita.
La nascita di Bomba è avvenuta in un anno difficile e di profonda riflessione personale. L’incontro con il misterioso producer ilromantico e la sua bozza di beat hanno aperto una prospettiva del tutto nuova sulla musica che stavo cercando, con richiami all’estate e alla voglia di ballare all’aria aperta che tanto ci mancava. Da lì insieme a ilromantico e FLUIDOSTUDIO ho iniziato a giocare, a sperimentare con i suoni, dando vita a BOMBA che è diventata una vera e propria terapia messa in musica. Un beat contagioso che ha coinvolto tutt* coloro che volessero liberarsi dalle proprie catene.
Total look Vien, calzini e anfibi Diesel, occhiali da sole Polaroid
Lo stage e il backstage di XFACTOR hanno visto anche il lancio dell’ inedito “Nella Balera”, scritto con Paolo Antonacci e prodotto da sixpm (producer di Elisa, Fedez, Guè Pequeno, Marracash e Arisa) con la supervisione di Taketo e del team leader Mika. Quanto ti hanno segnato le luci dei riflettori di uno show mainstream e cosa porterai con te da questa esperienza?
Partecipare ad XFactor mi ha reso più consapevole del mio essere artista. Mi ha fatto scoprire quanta forza e bellezza risiedono nel mio modo di scrivere e fare musica, mi permettono di condividere me stesso con chi mi ascolta.
FLUIDOSTUDIO è l’etichetta discografica indipendente che possiamo definire la famiglia milanese e che ti ha seguito e ti segue nella crescita artistica eprofessionale. Quali sono i focus su cui vi state concentrando in questo particolare momento dove la musica live è penalizzata?
Appena conclusa la partecipazione al programma, mi sono rimesso subito a lavorare con FLUIDOSTUDIO. Il mio percorso musicale prende le mosse dalla ricerca personale e dalle mie origini, infatti amo raccontare storie dando risalto ai linguaggi siculi. Qualche giorno fa ho deciso di acquistare un dizionario italiano-siciliano in modo da studiarne ogni singola inflessione anche vernacolare.
Total look Vien
In cantiere ci sono nuove tracce in collaborazione con il duo Bautista e con Populous, coordinato da il producer ilromantico e dal direttore artistico Protopapa, con l’intenzione di raggiungere un pubblico ancora più vasto e raccontare la tua visione romantica della realtà. Suggeriscici una playlist poetica che può farci entrare nel tuo mindset musicale mentre siamo alle prese con le grigie giornate in smart working.
Lavorare con i Bautista potrei definirlo positivamente strano perché nella loro calma assoluta riescono a produrre musica a gran velocità.
Scrivere oggi della mia collaborazione con Populous rappresenta un enorme traguardo. Sognavo di arrivare a questo punto e sono orgoglioso di esserci arrivato con le mie forze e l’aiuto del team FLUIDOSTUDIO che mi segue.
Ci sono in cantiere altre collaborazioni molto interessanti delle quali non possiamo svelare ancora nulla ma che saranno una sicura sorpresa per tutt*.
Vi lascio con la mia playlist:
Blaya – Faz Gostoso Arca feat. Rosalia – KLK Boyrebecca – Dulce de leche Populous – Petalo Major Lazer – QueloQue Rosalia – Juro que Urias – Diaba FKA Twigs – Sad Day Grimes feat. Majical Clouds – Nightmusic Sophie – It’s okay to cry
Special content direction, production, interview & styling Alessia Caliendo
Vi portiamo “Dietro le Quinte” dello Speciale che ha visto il coinvolgimento dei giovani attori più promettenti del panorama nazionale alle prese con le anteprime moda del prossimo AI 21-22.
Nella splendida cornice dell’ NH Collection Roma Palazzo Cinquecento, Gianmarco Saurino, Guglielmo Poggi, Moisè Curia, Oscar Matteo Giuggioli e Massimiliano Caiazzo hanno indossato le migliori proposte, dei brand emergenti e non, IN ESCLUSIVA solo su Manintown.
Abbiamo sete di ottimismo e lo sguardo di DALPAOS è volto verso un mondo fatto di bellezza non convenzionale.
Finalista di Who’s on Next 2020, Nicola D’Alpaos, bellunese con un background londinese, ha una particolare dedizione a tutta l’estetica green e a tutto ciò che si sviluppa nel segno della fluidità di genere. Nonostante il suo essere emerging ha all’attivo numerose collaborazioni con aziende del Made in Italy e Start Up, per lo più estere, seguendone idee, campionature e produzioni.
The plant lover. Nella Fall/ Winter 21- 22 DALPAOS racconta una serie di piante velenose e droganti per svelarne le proprietà benefiche ed il loro aspetto artistico ed unico invece che quello distruttivo.
In che modalità l’ispirazione è giunta dall’affascinante mondo dell’Enciclopedia Botanica?
Ho sempre avuto una grande passione per la progettazione ed il design di giardini e parchi così come per tutte le tipologie di piante, soprattutto ornamentali. Disegnando la collezione ed immaginandone una sua presentazione digitale, ho pensato fosse interessante rendere omaggio all’Alpago, mio luogo d’origine, in cui è stato ambientato il video di presentazione della collezione, inserendo un’inusuale selezione di piante e funghi stampati e ricamati.
Lo studio attento dei pattern, tutti rigorosamente disegnati e dipinti a mano, prima di essere digitalizzati; nonché le stampe ad acqua, i ricami e l’uncinetto. Come è strutturato il processo artigianale dietro DALPAOS?
La cosa affascinante di questo lavoro è la possibilità di spaziare con le tecniche di lavorazione: si può partire da una moderna stampa digitale e finire con un ricamo fatto all’uncinetto creato da persone che hanno appreso la tecnica che le è stata tramandata per generazioni. Dopo aver sviluppato l’idea nascono collaborazioni con artisti, artigiani ed aziende che ci portano al risultato finale. Credo sia interessante creare il giusto equilibrio all’interno di una collezione presentando capi industrializzabili affiancati a pezzi unici che possano essere prodotti in edizione limitata.
I nostalgici degli anni Novanta hanno acclamato il movie presentato durante la MFW, DALPAOS WITCH PROJECT chiaramente ispirato a una delle pietre miliari dell’horror, “The Blair Witch Project”. Raccontaci come è avvenuto il colpo di genio.
Immaginando la presentazione digitale della collezione “Optimist” con cui il brand avrebbe debuttato nel calendario della MFW, si sono aperte molte ipotesi. Ho voluto scartare a priori lo sviluppo di un video mood o di qualcosa di prettamente emozionale iniziando invece a ragionare ad un cortometraggio dalla trama più strutturata.
Non è stato difficile trovare la storia su cui basarci: da appassionato del genere ho pensato che “The Blair Witch Project” fosse il perfetto esempio di narrazione che potesse funzionare con la collezione. Una volta individuato il fil rougue nel cuore sagomato, diventato simbolo del brand, la trama si è presto sviluppata. La foresta del Cansiglio, vicina al mio luogo d’origine, si adattava al contesto immaginato: con l’aiuto dei miei collaboratori è stato divertente immaginare il percorso da sviluppare basandoci in parte sul film originale ma stravolgendone canoni estetici e significato. DALPAOS WITCH PROJECT ruota attorno al dna del brand che unisce la passione per l’arte nelle sue varie sfaccettature, per l’ambiente, il design la reinterpretazione.
Interamente prodotto a livello local, e nei luoghi dell’infanzia , il corto narra i look della collezione intrisa di dettagli urban, materiali provenienti da deathstock o di reciclo, in contrasto con le locations naturali, imperve e desolate. Il casting, inoltre, raggruppa attori che lavorano in diverse zone d’ Italia e all’estero. Quanto è stato complicato produrlo durante le restrizioni pandemiche?
La decisone di presentare un progetto di questo tipo è stata senz’altro dettata anche dalla fattibilità di produzione viste le numerose restrizioni. Girando interamente all’aperto, gli attori hanno potuto mantenere ampie distanze sentendosi sicuri e a proprio agio; anche tutto lo staff dietro le quinte ha potuto lavorare in maniera più serena godendosi luogo e atmosfera.
Molte scene sono state girate autonomamente dagli attori per ricreare quell’effetto amatoriale necessario perchè il corto funzionasse. Gli attori non sapevano cosa sarebbe successo di preciso durante le riprese rimanendo all’oscuro di cosa avrebbero trovato e dove sarebbero arrivati. Nel briefing iniziale, così come nel copione da seguire, abbiamo spiegato loro il ruolo da interpretare e alcuni punti focali senza che avessero però alcuna idea di cosa sarebbe capitato in realtà.
Così come The Blair Witch Project ha visto un sequel, sicuramente meno fortunato nel primo, la prossima collezione si muoverà sullo stesso filone oppure sonderà sentieri finora inesplorati?
Ogni nuova stagione è una grande opportunità per esplorare e sperimentare, questo settore si nutre di creatività che ci permette di ideare e sviluppare sempre cose nuove. Con la fine di una collezione sento la necessità di cambiare ed immergermi in qualcosa di differente mantenendo però saldo il dna del brand.
Special content direction & interview Alessia Caliendo
I giovani talent del cinema italiano interpretano una selezione di marchi emergenti e non
Photographer Davide Musto
Grooming Davide Carlucci using Kemon
Backstage photo ITM srl
Special thanks to NH Collection Roma Palazzo Cinquecento
Dolce Green
Roma, NH Collection Roma Palazzo Cinquecento. Pochi giorni dopo che la settimana della moda has been gone ON DIGITAL, Manintown incontra i giovani interpreti più promettenti del panorama nazionale per dar vita a un contenuto il cui focus sono le anteprime del prossimo AI 21-22. Li riconoscerete mentre indossano l’esclusivo guardaroba, che non vede solo la presenza dei brand mainstream ma anche quella dei designer emergenti. Dedicato a coloro che, nonostante tutto, continuano ad alimentare di nuove visioni e di nuovi stimoli il Belpaese nell’ambito della creatività a 360 gradi.
Sangue calabrese, ha al suo attivo una discreta esperienza teatrale e tra le serie Tv cui ha preso parte figurano le tre stagioni di “Braccialetti rossi”, “Non è mai troppo tardi” e “Provaci ancora prof 6”. La sua esperienza cinematografica inizia prendendo parte ad alcuni cortometraggi prima di debuttare definitivamente sul grande schermo con “La buca” (2013). Successivamente recita in “Maraviglioso Boccaccio” (2014, dei fratelli Taviani), “La nostra quarantena” (2014) e “Abbraccialo per me” (2015).
Total Look Paul Smith
Total Look Alessandro Enriquez
Total Look Paul Smith
Lockdown e semi lockdown, a cosa ti stai dedicando in questo particolare momento storico in cui tutta la collettività è particolarmente colpita?
In realtà è un periodo in cui sto scrivendo molto. Sto lavorando ad un progetto autobiografico che conto di portare in teatro “ Anche gli angeli hanno le ali”. Contestualmente sono alle prese con molti provini. Posso affermare che questo è un momento nel quale sto mettendo in gioco me stesso.
La moda e il costume. Un frangente creativo al servizio del mondo dello spettacolo dalla notte dei tempi. Come ti approcci agli abiti/outfit e come scegli di dargli vita nei personaggi che interpreti?
Lavoro molto con i costumi perché mi aiutano a capire le movenze del personaggio. Il mio desiderio è sempre quello di avere un rapporto diretto con il costumista per dar vita ad idee sinergiche in merito al soggetto interpretato.
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Total Look Alessandro Enriquez
E nella vita privata sei un fashion addicted focalizzato sull’outfit più instagrammabile oppure un cultore della nicchia, alle prese con il vintage e la sartorialità?
Sono un’appassionato di moda. Indossare qualcosa che rispecchi la tua personalità e ti faccia sentire appagato è importante. Sicuramente sono un instagram addicted e la moda si muove di pari passo con i miei post. Adoro lo stile streetwear e i tagli over mentre sui red carpet mi piace sperimentare guidato dagli stylist.
Il contenuto editoriale che stiamo scattando da voce ai BIG ma anche agli EMERGING della moda che, come il settore dello spettacolo è stato particolarmente penalizzato negli eventi fisici per dar vita alle forme di interazione digitale. Lo stesso nasce proprio con la necessità di comunicare in mancanza degli happening e dell’esperienza tattile. Cosa sta avvenendo, invece, nel tuo mondo?
C’è una grande rivoluzione in atto e noto con piacere che anche il mondo del teatro si sta evolvendo in tal senso. Il danno causato dalla pandemia in realtà sta generando benefici nell’ottimizzare la fruibilità dei prodotti culturali sperimentandone le nuove modalità di diffusione.
Total Look Paul Smith – Anfibi Giuseppe Zanotti
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La riapertura dei luoghi della cultura e il ritorno ad una normalità che non sarà mai più la stessa, cosa è previsto nella tua carriera per i prossimi mesi?
A breve uscirà un lungometraggio molto interessante , già disponibile in streaming, “Un confine incerto” di cui sono il protagonista. Un lavoro che ha richiesto uno studio incredibile in quanto il mio personaggio, ad un certo punto della sua vita, decide di rapire una bambina. Ho dovuto cambiare totalmente il mio assetto personale perché ci ho convissuto giorno e notte, provando a trovare un equilibrio ed esulandolo dalla vita reale. Per il resto ci sono in ballo due progetti per i quali aspetto di lavorare al più presto.
I giovani talent del cinema italiano interpretano una selezione di marchi emergenti e non.
Photographer Davide Musto
Grooming Davide Carlucci using Kemon
Backstage photo ITM srl
Special thanks to NH Collection Roma Palazzo Cinquecento
Dolce Green
Roma, NH Collection Roma Palazzo Cinquecento. Pochi giorni dopo che la settimana della moda has been gone ON DIGITAL, Manintown incontra i giovani interpreti più promettenti del panorama nazionale per dar vita a un contenuto il cui focus sono le anteprime del prossimo AI 21-22. Li riconoscerete mentre indossano l’esclusivo guardaroba, che non vede solo la presenza dei brand mainstream ma anche quella dei designer emergenti. Dedicato a coloro che, nonostante tutto, continuano ad alimentare di nuove visioni e di nuovi stimoli il Belpaese nell’ambito della creatività a 360 gradi.
Figlio d’arte e polistrumentista con un mentore come Gigi Proietti. Ha esordito ancora in fasce come doppiatore, e si è fatto conoscere per aver preso parte a film di successo come “Smetto quando voglio”, “Beata ignoranza”, “Bentornato Presidente!”, sequel di “Benvenuto Presidente!”, per il quale riceve una candidatura al Nastro d’Argento come “migliore attore di commedia”, e “Cops”. Lo ritroviamo, inoltre, ne “Il Tuttofare” al fianco di Sergio Castellitto e Elena Sofia Ricci.
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Lockdown e semi lockdown, a cosa ti stai dedicando in questo particolare momento storico in cui tutta la collettività è particolarmente colpita?
Nel primo lockdown mi sono dedicato alla cucina, specializzandomi nella risottatura della pasta, e agli strumenti musicali. Attività che nella frenesia quotidiana non riesci a fare come vorresti. Nel pieno della seconda ondata, invece, ho avuto la fortuna di non fermarmi e di essere, nonostante tutto, sul set.
La moda e il costume. Un frangente creativo al servizio del mondo dello spettacolo dalla notte dei tempi. Come ti approcci agli abiti/outfit e come scegli di dargli vita nei personaggi che interpreti?
Sono la gioia di molte costumiste e, venendo da esperienze teatrali, vivo il costume in tutti i sensi essendo un oggetto di scena. Avendo fatto epoca, sia al teatro che al cinema, ho imparato che la divisa di scena si deve vivere appena possibile per impostare la gestualità e l’attitude del personaggio.
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E nella vita privata sei un fashion addicted focalizzato sull’outfit più instagrammabile oppure un cultore della nicchia, alle prese con il vintage e la sartorialità?
Nella vita quotidiana non presto particolare attenzione a cosa indosso ma sono un grandissimo fan del tailor made. Amo i tagli perfetti e i tessuti di qualità, però mi diverto a cercare anche nei mercatini. Nelle occasioni speciali, invece, mi piace scegliere il look perfetto.
Il contenuto editoriale che stiamo scattando da voce ai BIG ma anche agli EMERGING della moda che, come il settore dello spettacolo è stato particolarmente penalizzato negli eventi fisici per dar vita alle forme di interazione digitale. Lo stesso nasce proprio con la necessità di comunicare in mancanza degli happening e dell’esperienza tattile. Cosa sta avvenendo, invece, nel tuo mondo?
Manca tutto il live, la promozione di un film in conferenza stampa o l’esibizione in teatro davanti ad un pubblico vero. L’attore deve stregare il pubblico in platea o la troupe e se ciò viene a mancare a tratti risulta demotivante.
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La riapertura dei luoghi della cultura e il ritorno ad una normalità che non sarà mai più la stessa, cosa è previsto nella tua carriera per i prossimi mesi?
Incrociando le dita a breve sarò alle prese con la seconda stagione di “Cops”. Inoltre usciranno “School of Mafia” e una nuova serie top secret. Ciò che mi sento di dire è che appena possibile bisognerà intervenire sulla cultura, sul teatro e sulle performance live. Sarà un impegno comune farli rivivere e finanziarli per sopperire a tutto ciò che è stato perso.