Torna dopo due anni il Kappa FuturFestival al Parco Dora di Torino

Il Kappa FuturFestival, il festival italiano dal respiro internazionale dedicato alla musica elettronica torna, dopo due anni, a far vibrare di energia il Parco Dora di Torino con i suoi oltre 70 artisti che si alterneranno sui suoi 4 stage.
L’evento sarà raccontato dalla personale visione di Oliviero Toscani, attraverso il suo progetto in continua evoluzione “Razza Umana”; vedrà esibirsi artisti del calibro di Carl Cox, Carl Craig, insieme alle nuove star della scena techno-house globale come Amelie Lens, Peggy Gou, The Blessed Madonna, Honey Dijon. Arricchisce ulteriormente la line up di Kappa® FuturFestival una selezione di nomi che rappresenta appieno il valore artistico del festival piemontese, da anni il più importante evento open air nel campo della musica elettronica.

festival musica Torino 2022

A completare il programma lo show esclusivo di Diplo, uno dei dj/produttori di maggior successo su scala globale, capace di combinare pop futurista e sound underground. 
E ancora i giovani talenti Michael Bibi, Pawsa, Anotr o Dennis Cruz, a dimostrazione della grande attenzione verso lo scouting sui nuovi protagonisti della club culture.

Kappa futur festival

Kappa festival 2022

Un in-store party con Dj Set ha aperto le danze il 29 giugno presso lo store Robe di Kappa® di via Lagrange, a Torino.

Umbria Film Festival, a Montone dal 6 luglio la 26esima edizione

Umbria Film Festival: dal 6 al 10 luglio la XXVI edizione

Cinque giornate consacrate alla settima arte, che il comune di Montone organizza da tempo per presentare al pubblico il meglio della produzione cinematografica internazionale: la XXVI edizione dell’Umbria Film Festival torna ad animare, dal 6 al 10 luglio, il suggestivo borgo del Perugino. La manifestazione, da oltre cinque lustri, accompagna l’estate umbra, nel segno del cinema. A presiederla, il presidente e cittadino onorario Terry Gilliam (regista e sceneggiatore dal palmarès stellare, autore di capolavori come BrazilLa leggenda del re pescatore, Paura e delirio a Las Vegas) e la direttrice artistica Vanessa Strizzi.

Umbria film festival 2022

Terry Gilliam oggi
Il regista e presidente del festival Terry Gilliam

Il programma della kermesse

Umbria film festival 2021
Un talk della 25edima edizione dell’Umbria Film Festival

A corollario della rassegna, una serie di appuntamenti tra mostre, concerti e tavole rotonde; e ancora, la seconda edizione di ‘Amarcorti’ e la cerimonia di consegna della chiavi di Montone a Stanley Tucci, nome di spicco della scena hollywoodiana, conosciuto – e amato – dal pubblico per le sue interpretazioni in pellicole quali The Devil wears Prada, Harry a pezzi e The Terminal.

Montone borgo
Il borgo di Montone, sede della rassegna

Le serate dell’UFF si apriranno con la proiezione di una selezione di corti, per concludersi con  i cinque lungometraggi selezionati  dalla  direzione: La  Mif (Frédéric Baillif), My Sunny Maad (Michaela Pavlátová), Toubab (Florian Dietrich), Supernova (Harry Macqueen), Hit the Road (Panah Panahi). Il festival non trascura i più piccoli, col ritorno, in piazza San Francesco, di ‘Corti per Bambini’, competizione che promuove e diffonde la cultura cinematografica presso i giovanissimi, coinvolgendoli attivamente.

Stanley Tucci Supernova
Stanley Tucci e Colin Firth in una scena di Supernova

La mostra celebrativa e i titoli del concorso ‘Corti per Bambini’

La Mif film
La locandina de La Mif di Frédéric Baillif

A dare il via alla cinque giorni, mercoledì 6, l’inaugurazione della mostra celebrativa dei 25 anni della kermesse, che ne ripercorre i momenti più significativi, tra ospiti di rilievo e parterre d’eccezione, che l’hanno resa un’occasione d’incontro e discussione sull’arte filmica. La serata omaggerà Frédéric Baillif proiettando il suo La Mif, vincitore del Best Film Generation alla Berlinale 2021.

Mercoledì 6 verranno proiettati i 15 cortometraggi di ’Corti per Bambini’. Spiccano tra di essi, per importanza e attualità dei temi affrontati, unitamente alla tecnica di realizzazione, Roberto di Carmen Córdoba González, che tratta il tema della body positivity e del body shaming raccontando l’amore del protagonista omonimo per la sua vicina di casa, chiusa in sé stessa a causa del sovrappeso; Dans la Nature (Marcel Barelli), che insegna come l’omosessualità non sia solo una storia umana, ma anche animale; Haut les coeurs di Adrian Moyse Dullin, storia dei fratelli Kenza e Mahdi, abituati a prendersi in giro regolarmente sui social, con la prima che metterà alla prova il secondo spingendolo a confessare il suo amore per Jada.

Tavole rotonde, proiezioni, musica: gli appuntamenti del 26esimo UFF

Il 7 è il turno della round table Dall’Umbria del Grand Tour all’Umbria Film Festival bene comune; momento di riflessione sull’evento come attrattore territoriale e opportunità di sviluppo. Nel corso della serata sarà presentato My Sunny Maad, film d’animazione candidato ai Golden Globe, vincitore del premio della Giuria al Festival del cinema d’animazione di Annecy del 2021.

L’8 e 9 luglio, presso il Teatro San Fedele, è prevista la proiezione – e premiazione – del miglior cortometraggio di ‘Amarcorti’. Il cineasta vincitore potrà collaborare con Produzione Straordinaria S.r.l. per la realizzazione di una nuova opera, partecipando in concorso all’Italian London Short Film Festival londinese; in più, una menzione che garantisce libero accesso all’archivio Augustus Color. A seguire, l’esibizione del duo di Ginger Bender Alessandra Di Toma e Jeanne Hadley, che si produrranno in sonorità evocative delle vecchie ballad jazz, cantate su un ritmo reggae sincopato.

Ospite d’onore della serata dell’8 è Florian Dietrich, di cui verrà proiettato Toubab, pellicola vincitrice del premio del pubblico al Warsaw International Film Festival. Sabato l’appuntamento è per la visione di Supernova alla presenza del protagonista Stanley Tucci, cui come detto verranno consegnate le chiavi cittadine.

Solis string quartet
Peppe Servillo e i Solis String Quartet (ph. Mimmo Attademo)

Nella stessa piazza, Peppe Servillo e i Solis String Quartet si esibiranno domenica con Carosonamente, spettacolo dedicato a Carosone. Il festival si chiuderà con Hit The Road di Panah Panahi, presentato a Cannes nel 2021, vincitore come miglior film del London Film Festival.

Il commento di Vanessa Strizzi, direttrice artistica del festival

Commentando il programma della rassegna, Vanessa Strizzi segnala, nella competizione riservata ai bambini, «The Sausage Run di Thomas Stellmach, regista vincitore dell’Oscar nel 1997, un corto che rivisita la favola di Cappuccetto rosso; Haut les coeurs di Adrian Moyse Dullin, che racconta come cambiano i rapporti sentimentali nell’era dei social; Günter Falls in Love, animazione divertentissima su un cane che si innamora di un pupazzo».

«L’edizione di quest’anno – prosegue la direttrice artistica – ha un particolare riguardo nei confronti dei giovani. Sono tutte anteprime, dei colpi di fulmine per noi. Da La Mif, racconto in stile documentaristico della vita in una casa famiglia che accoglie adolescenti in difficoltà, a My Sunny Maad, sulla vita di una donna che sposa un afgano, decidendo di rinunciare alle sue radici culturali per trasferirsi con lui a Kabul; da Toubab, divertentissima commedia tedesca che parla di immigrazione, a Hit the Road, on the road iraniano con una sottotraccia di suspense». E chiosa: «un’edizione frizzante. La cosa bella del nostro festival è proprio l’atmosfera rilassata che si respira. Per gli ospiti e per il pubblico. La possibilità di scoprire universi altri rispetto al nostro».

Hit the road film Cannes
Hit the Road

Nell’immagine in apertura, un momento della 25 edizione del festival, nel 2021

A Taranto la seconda edizione del MAP Festival, rassegna che unisce musica e architettura

Dal 7 al 18 giugno Taranto accoglierà, o meglio, si lascerà travolgere dal mix di musica, architettura e parallelismi tra le due discipline della seconda edizione di MAP Festival, progetto innovativo all’insegna della transmedialità culturale, pensato per avvicinare i visitatori al patrimonio musicale, artistico e paesaggistico nelle sue declinazioni più varie.

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Ideata dall’Istituzione Concertistica Orchestrale Magna Grecia in collaborazione col Comune e l’Ordine degli architetti, la kermesse intende rivoluzionare i concetti di comunità, città, scenografie urbane; non solo, dunque, un’analisi dei rapporti che intercorrono tra le due arti (musica e architettura), ma anche il loro apporto alle infinite espressioni della creatività attraverso i parallelismi, capaci di tessere fili tra voci ed espressioni differenti, tra realtà (teoricamente) agli antipodi.

festival musicale Taranto
Il programma di MAP Festival

“È un festival che va oltre ogni limite – spiega Piero Romano, direttore artistico dell’Orchestra della Magna Grecia – creando connessioni eccezionali tra arti diverse. Musica, architettura e parallelismi avranno una capitale, Taranto, grazie anche al supporto ricevuto da tante realtà cittadine, sensibili a iniziative culturali come il MAP. Vogliamo davvero che la cultura diventi un bene comune”.

Il programma di MAP Festival, tra musica, architettura ed eventi speciali

Più di dieci gli appuntamenti in calendario, centrati ovviamente su musica e architettura (di cui sono espressione le installazioni on site sparse in città), fino alla lectio magistralis dell’archistar Franco Purini, fra i principali esponenti del neorazionalismo italiano e della cosiddetta architettura disegnata.

Map festival Taranto
Andrés Gabetta, Mario Stefano Pietrodarchi

Ad aprire la kermesse, sulla scalinata della concattedrale tarantina (progettata da Gio Ponti), martedì 7, sarà il concerto Le 8 stagioni – Vivaldi & Piazzolla, in cui saranno protagonisti il violino del franco-argentino Andrés Gabetta e il bandoneon di Mario Stefano Pietrodarchi, accompagnati dall’Orchestra della Magna Grecia; un incontro tra barocco e nuevo tango reso possibile dai virtuosismi di uno dei massimi esponenti dell’archetto e del nostro talentuoso connazionale, sullo sfondo di scenografie digitali d’impronta architettonica, nonché della musica curata da Luigi Console, multimedia designer.

Gloria Campaner
Johannes Moser, Gloria Campaner

Mercoledì 8 sarà la volta di Electric Nature, esibizione all’aperto con il duo Gloria Campaner e Johannes Moser, rispettivamente una pianista di enorme talento, che le ha permesso di suonare nelle sale da concerto più prestigiose, come la Carnegie Hall newyorkese; e un violoncellista nominato due volte “strumentista dell’Anno” agli ECHO Klassik, che ha suonato con le migliori orchestre internazionali, compresa la Filarmonica di Berlino. La serata scorrerà tra musica e le Pietre Sonore di Pinuccio Sciola, artista di fama che ha dato vita alle sculture attraverso un’incessante ricerca. Secondo Gloria Campaner “sarà un’esperienza per tutti i gusti, quasi un viaggio musicale, sono felice e onorata di proporre questa esibizione a Taranto”.
La (splendida) cornice sarà quella del convento dei Battendieri, perfetto connubio tra natura e storia; al termine del concerto si potrà gustare un aperitivo, continuando a godere dell’atmosfera suggestiva del luogo, perseguendo quel senso di comunità ritrovata caro al festival.

convento Taranto
Un evento al convento dei Battendieri di Taranto

Sabato 11 ecco poi Drum Circle, evento ritmico ad accesso gratuito in cui cento non professionisti creeranno musica dal vivo insieme all’Orchestra della Magna Grecia. Scenografia della session (unico evento  trasmesso in streaming sui social) sarà l’isola di San Pietro, che ospiterà un concerto per la prima volta. Lunedì 13, al Museo Archeologico Nazionale, si svolgerà la lezione di Purini, che esporrà idee e soluzioni urbanistiche innovative confrontandosi con l’arte millenaria del MArTA

isola San Pietro Taranto spiaggia
L’isola di San Pietro, a Taranto

Il progetto dei Deproducers, il dj set di Ultra Naté, il concerto di John Rutter

Mercoledì 15, nel capannone di Five Motors – esempio da manuale di architettura industriale – sarà il turno dei Deproducers, progetto nato dall’estro di Vittorio Cosma (ex membro della Premiata Forneria Marconi e vincitore di numerosi dischi d’oro in collaborazione con – tra gli altri – Fabrizio De André e Pino Daniele), Gianni Maroccolo (in passato bassista dei Litfiba e dei CCCP – Fedeli alla linea), Roberto Angelini (chitarrista che vanta collaborazioni con Niccolò Fabi e Pino Marino) e Riccardo Sinigallia, cantautore e produttore di canzoni come La descrizione di un attimo dei Tiromancino o Non erano fiori di Coez. Il gruppo musicherà DNA: brani inediti, immagini suggestive e una scenografia ad hoc per rendere spettacolare la conferenza del filosofo, romanziere ed evoluzionista Telmo Pievani, che ripercorrerà la storia del genere umano, dall’Homo Sapiens alle conquiste più recenti della genetica. 

Deproducers project
Il team dietro al progetto DNA

Giovedì 16 è previsto un flash mob sulle note del dj set di Ultra Naté, regina dell’house anni ’90, autrice della hit dance Free. A conclusione del festival, sabato 18, il concerto Look at the world di John Rutter, compositore e direttore d’orchestra tra i più noti e apprezzati. L’evento, all’interno della concattedrale, vedrà la partecipazione di 130 coristi e 70 professori d’orchestra; saranno presenti ARCoPu, l’Associazione Regionale dei Cori Pugliesi, L.A Chorus e i maestri del coro Andrea Crastolla, Annarita Di Giovine Ardito e Agostino Ruscillo. Lo stesso Rutter si lascerà ispirare dalla cattedrale di San Cataldo per comporne il quadro sonoro, opera multisensoriale che diventerà un appuntamento fisso della manifestazione.

John Rutter concerti
John Rutter

Per tutta la durata della rassegna piazza Garibaldi verrà animata dall’installazione/mostra a cielo aperto di Francesco Di Dio alias Effe; con #leragazze l’artista, ricorrendo a un linguaggio pop, restituirà l’incisività delle donne che hanno fatto e fanno la differenza. La città, inoltre, sarà “colonizzata” da installazioni firmate, in esclusiva per il festival, dallo studio New Fundamentals Research Group di Giuseppe Fallacara e Ubaldo Occhinegro.

Nell’immagine in apertura, un concerto sulla scalinata della concattedrale di Taranto, progettata dal grande architetto Gio Ponti

Torna a giugno il Cigognola Summer Festival

Si terrà dal 9 al 12 giugno la seconda edizione del Cigognola Summer Festival, la manifestazione culturale, ideata da Gabriele Moratti, che unisce alla cultura vitivinicola delle colline dell’Oltrepò Pavese il meglio dei protagonisti della scena internazionale della musica e della danza, sotto la direzione artistica di Paolo Gavazzeni ed Emilie Fouilloux, che abbiamo incontrato per farci raccontare le interessanti novità legate alle performance ideate insieme alle eccellenti personalità artistiche selezionate, che il pubblico presente avrà l’occasione d’incontrare nei giorni della manifestazione.  

Quattro serate di musica classica e danza, in cui i giovani talenti, per la maggior parte italiani, ma tutti con un curriculum affermato a livello interazionale, si esibiscono per celebrare il valore e la bellezza di un luogo incantevole contraddistinto da una cultura vitivinicola antica, attraverso un programma culturale di grande sensibilità artistica in cui appassionati e neofiti potranno scoprire il significato di uno spettacolo trasversale.
Talenti di ogni disciplina sperimentano, con un entusiasmo fuori dal comune, lo scambio e la condivisione di specialità che si fondono all’interno dello stesso palcoscenico, come alcuni passi a due su una musica eseguita dal vivo, spiegano Emilie Fouilloux – responsabile dei progetti creativi del Castello di Cigognola e direttrice artistica del Festival per la parte dedicata alla danza, che si è appena esibita al Galà di San Patrignano con alcuni ballerini dell’Opéra di Parigi – e Paolo Gavazzeni – direttore del canale televisivo Classica HD, regista e personalità di riferimento nel mondo della lirica.

La Scala cameristi
I cameristi della Scala

Un calendario di eventi in cui la parola d’ordine è condivisione

“Un dialogo così aperto con il territorio e le istituzioni non è una cosa scontata” continua Paolo Gavazzeni, che sottolinea il grande coinvolgimento del Comune di Pavia con il Teatro Fraschini e il Collegio Ghislieri, che sarà sede di una presentazione viva e spettacolare, alla presenza di tutti gli artisti.

Il lavoro di team del duo è di fondamentale importanza per l’attenzione con cui ha curato ogni dettaglio di questo calendario di eventi in cui l’obiettivo primario, quello di voler emozionare, rappresenta il fil rouge di una tela su cui hanno voluto ricamare un percorso artistico dedicato non solo al pubblico più esperto, ma anche a chi desidera avvicinarsi con la curiosità della prima volta a uno spettacolo di musica e danza nelle suggestive cornici di Piazza Castello all’aperto o del Teatro Fraschini di Pavia.

Cigognola summer festival
Emilie Fouilloux e Paolo Gavazzeni

“Il nostro augurio è che per molti questo sia il primo approccio alla bellezza, e di riuscire a trasmettere questo importante lavoro di condivisione cui musicisti e ballerini hanno lavorato intensamente, mettendo insieme tutta la loro passione e il loro talento all’interno dello stesso spettacolo, portando sul palco performance che desideravano interpretare, che sentivano veramente proprie”, spiega Fouilloux.

“Volevamo prenderci la responsabilità d’individuare dei talenti in grado di passare un messaggio di valore artistico, ma soprattutto un messaggio di vita che riguarda una passione che diventa una professione, che va a toccare le corde del loro vibrare umano. E spero he questo abbia un valore anche per le nuove generazioni che si avvicinano all’universo della danza e della musica”, dichiara Gavazzeni.

Proust Roland petit
Il ballerino della Scala Gabriele Corrado (a destra) in Proust di Roland Petit

Dal concerto del 9 giugno diretto da Giulio Prandi alla serata conclusiva del 12 giungo, gli appuntamenti principali della manifestazione

All’interno di un ricco calendario, stilato in più di sei mesi, l’esibizione del Direttore Artistico del Centro di Musica Antica della Fondazione Ghislieri di Pavia Giulio Prandi – insignito del Premio Abbiati 2019 della Critica Musicale Italiana quale “miglior iniziativa musicale” – che dirigerà il concerto del 9 giugno, dopo aver diretto orchestra e coro al Teatro Filarmonico della Fondazione Arena di Verona. Quella del violinista Giovanni Andrea Zanon, vincitore di prestigiosi riconoscimenti e concorsi in Italia e all’estero, noto anche al grande pubblico per la recente esibizione durante la cerimonia di chiusura dei Giochi olimpici invernali di Pechino.
Quella della violoncellista Erica Piccotti, Premio ICMA come “Young Artist of the Year” nel 2020, impegnata già da anni in un’intensa attività concertistica, come solista e in formazioni cameristiche; è previsto anche il concerto del pianista Filippo Gorini, vincitore del Primo Premio e del Premio del Pubblico al Concorso Telekom-Beethoven di Bonn nel 2015, una carriera in costante ascesa che lo ha portato sui maggiori palcoscenici internazionali. I tre artisti eseguiranno musiche di Johannes Brahms, tra cui il celebre Trio op. 8.

Giovanni Zanon
Giovanni Andrea Zanon
Erica Piccotti
Erica Picotti

Nella quarta e ultima serata, quella del 12 giugno, sarà il Teatro Fraschini di Pavia ad aprire le sue porte al pubblico per lo spettacolo conclusivo Le Stelle del Cigognola Summer Festival. Un suggestivo incontro tra musica e danza, in cui si esibiranno nuovamente i ballerini del Teatro alla Scala, con la partecipazione di Zanon, Piccotti, Gorini, del sopranista Federico Fiorio e del maestro Giulio Prandi al pianoforte.

Filippo Ggorini
Filippo Gorini (ph. Marco Borggreve)

Nell’immagine in apertura, il castello di Cigognola

Asvoff13, il Fashion Film Festival di Diane Pernet alla Casa del Cinema di Roma

Con lo stop agli eventi dal vivo dettato dall’emergenza pandemica del 2020, i fashion film hanno permesso ai marchi di mostrare le collezioni pur nell’impossibilità di organizzare i consueti défilé: da meri sostituti degli show, tuttavia, i cortometraggi (specie nelle mani di professionisti del settore e sperimentatori di rango) si sono rivelati una modalità altra, ugualmente – se non addirittura più – efficace della passerella per comunicare a 360 gradi la visione di un brand. Gli esempi sono molteplici, basti pensare all’immaginoso Le Mythe Dior di Matteo Garrone per la griffe francese, alla miniserie Ouverture Of Something That Never Ended di Gucci, alla monumentale performance Of Grace and Light di Valentino, al teatro delle marionette di Moschino per la Spring/Summer 2021… Decine di video capaci di tenere gli spettatori con gli occhi incollati allo schermo, commissionati da auguste maison come da designer indipendenti, dai potentati del lusso alla Lvmh come da label emergenti armate perlopiù di inventiva.


Diane Pernet, ph. by Ruven Afanador

A credere nelle potenzialità di un medium ora lodato in maniera pressoché unanime era stata, in tempi non sospetti, la fondatrice del festival Asvoff – A Shaded View On Fashion Film Diane Pernet, figura a dir poco poliedrica: immancabilmente vestita di nero dalla testa ai piedi, labbra infuocate, sguardo schermato h24 dagli occhiali da sole Alain Mikli, nata a Washington ma parigina d’adozione, stilista, editor, critica, fotografa, talent scout dal fiuto portentoso, soprattutto pioniera digitale (come la incoronò il Met di New York, nientedimeno) grazie al blog Asvof, aperto nel 2005, agli albori della rivoluzione che, tra social e web 2.0, di lì a breve avrebbe travolto la società, e “sdoppiatosi” tre anni dopo nella rassegna di cui sopra, un métissage unico di moda, stile e bellezza esplorate attraverso il linguaggio cinematografico che, di fatto, ha codificato i tratti fondamentali del genere.



Giunta alla tredicesima edizione, svoltasi all’inizio del mese a Parigi, la kermesse, nomade e cangiante per natura, è approdata nel weekend dal 10 al 12 dicembre alla Casa del Cinema di Roma grazie alla collaborazione con Romaison, progetto che si propone di valorizzare le eccellenze costumistiche delle tante, spesso misconosciute sartorie della città eterna che pure hanno contribuito alla riuscita di capolavori rimasti negli annali. Le sale dell’edificio ottocentesco, immerso nel parco di Villa Borghese, hanno ospitato così un fitto programma di anteprime, talk, incontri di approfondimento e la proiezione degli oltre ottanta short movie in concorso, ça va sans dire.



Ad aprire le danze, nella serata di venerdì, la presentazione del festival cui partecipano Pernet, la curatrice di Romaison Clara Tosi Pamphili e il costumista Carlo Poggioli, presidente dell’Asc (Associazione Scenografi, Costumisti e Arredatori), seguita dall’intervento di Amber Jae Slooten, co-founder e direttrice artistica di The Fabricant, marchio digital only che, nel 2019, fece scalpore (come ricorda, abbastanza divertita, la diretta interessata) per l’outfit iridescente, dalla connotazione couture epperò composto esclusivamente da byte, venduto all’asta per 9.500 dollari; una visionaria insomma, sicuramente tra le persone più adatte per confrontarsi, con Tosi Pamphili e il pubblico presente, sui punti salienti e le probabili evoluzioni di questa dimensione parallela alla moda propriamente intesa, dai contorni ancora piuttosto aleatori ma che, come certificato dall’interesse crescente di brand che creano dipartimenti dedicati al virtuale (ultimo, in ordine di tempo, Balenciaga), potrebbe conoscere prima di quanto non si creda uno sviluppo impetuoso, con abiti indossabili esclusivamente nel metaverso e avatar dal guardaroba griffatissimo seppur intangibile.

Viene quindi proiettato Saint Narcisse di Bruce LaBruce, regista habitué della provocazione col suo cinema liminare, tra indie e pornografia (nonché presidente della giuria di Asvoff 13): già incluso nella selezione delle Giornate degli Autori alla 77esima Mostra di Venezia, il film rilegge il mito di Narciso in chiave queer e compiaciutamente erotica, in un pastiche di tragedia greca, iconografia religiosa, ossessioni contemporanee, sesso spinto, illuminazione e fotografia da b-movie ‘70s.


Saint Narcisse

Sabato è il giornalista e scrittore Carlo Antonelli ad introdurre un’altra pellicola di notevole caratura, Steven Arnold: Heavenly Bodies, documentario diretto da Vishnu Dass in cui la voce d’eccezione di Anjelica Huston racconta, attraverso testimonianze e footage inediti, la fulminante parabola dell’artista californiano, stroncata a soli 51 anni dall’Aids; talento multidisciplinare, animatore della scena off losangelina negli anni ‘70 e ‘80, pupillo di Salvador Dalí che lo elesse “principe” della sua leggendaria cerchia di accoliti e muse ispiratrici, ha saputo cogliere con straordinaria incisività, e decisamente in anticipo sui tempi, il tema della fluidità di genere, componendo articolati tableau vivant i cui protagonisti erano, a seconda dei casi, adoni dalla fisicità prorompente, figure mistiche contornate da nugoli di simboli, esseri androgini sospesi in paesaggi a metà tra il surreale e l’onirico.


Steven Arnold: Heavenly Bodies

Nella giornata conclusiva, invece, si lascia spazio alla moda in senso stretto, che d’altronde è l’asse portante del festival: vengono trasmessi Cotton For My Shroud, opera di denuncia delle pratiche di sfruttamento purtroppo ancora presenti nell’industria cotoniera; Valentino Des Ateliers: Vita di Sarti e di Pittori (vincitore nella sezione Documentaries), raccolta di storie e impressioni emerse nel dialogo tra l’autore del corto Maurizio Cilli e Gianluigi Ricuperati, saggista chiamato a selezionare 17 artisti per l’iniziativa che ha unito l’opus magistrale dell’atelier, massima espressione della sartorialità intrinseca alla griffe romana, alla loro pittura, sfociata a luglio nella magnifica sfilata Valentino Haute Couture F/W 2021/22 alle Gaggiandre dell’Arsenale di Venezia, con i dipinti commissionati dal brand resi parte integrante delle mise drammatiche, da mille e una notte firmate da Pierpaolo Piccioli; A Folk Horror Tale, film di presentazione dell’ultima collezione Artisanal di Maison Margiela, in cui il making of dei capi si intreccia a una mise en scène fiabesca dai colori “impossibili”.



I cortometraggi sono, ovviamente, il cuore pulsante degli appuntamenti tenutisi nelle sale Deluxe e Volonté della Casa del Cinema; organizzati in gruppi tematici, tracciano un panorama variegato di narrazioni visive nel quale la coreografia danzata di Dance Party (che ottiene l’award per la categoria Fashion Moves, curata da Alex Murray-Leslie) cede il passo alle silhouette fluttuanti digitalizzate di Komantha, premiato nella rassegna Digital Fashion: The Fabricant, oppure alle rappresentazioni delle idee di autenticità, quotidianità e altri concetti basilari ad opera dei creativi di colore di Black Spectrum, a cura di Melissa Alibo. Una mole consistente di progetti, che lascia intuire come la moda potrà anche riprendere il solito bailamme di lanci, happening e show faraonici, ma i fashion film sono qui per restare.


Dimension by Ebeneza Blanche

Immagine in apertura: Transmotion by Ryan McDaniels

Al via la 39° edizione del Torino Film Festival

Dal 26 Novembre al 4 Dicembre riparte il Torino Film Festival giunto alla sua trentanovesima edizione, nato come Festival di cultura per i Torinesi appassionati di cinema, che sono davvero tantissimi, ora da svariati anni è un festival internazionale. 

Infatti, quando si guarda il botteghino insieme a Milano e Roma vi è sempre compreso il capoluogo Sabaudo per capire le vendite dei biglietti come siano andate nella settimana o il weekend.

Possiamo aggiungere che dopo lo scorso anno passato in sordina forse anche più di altre manifestazioni in quanto nel fulcro della cosiddetta seconda ondata di pandemia, erano stati costretti allo svolgimento non in presenza, con la kermesse di quest’anno si torna tutti in sala.



Il TFF si è sempre distinto per sobrietà e assenza di glamour, pochi anzi pochissimi ospiti, il red carpet non è mai stato considerato, quest’anno sembra che stia cambiando qualcosa, infatti i nomi annunciati sono tanti.

Tra i vari premi che verranno assegnati durante il corso del festival, il Premio Stella della Mole per l’Innovazione Artistica 2021 verrà consegnato aMonica Bellucci.

Da tenere sempre in considerazione la qualità dei film in concorso a questo festival, e soprattutto di quelli fuori concorso tra gli altri, Bangla – La serie di Phaym Bhuiyan e Emanuele Scaringi, Blood on the crown di Davide Ferrario, It snows in Benidorm di Isabel Coixet, Il pranzo di Francesco di Pasquale Scimeca, Quattordici giorni di Ivan Cotroneo, Re Granchio di Zoppis e Rigo de Righi, Trafficante di Virus di Costanza Quatriglio. Nella sezione L’Incanto del Reale figurano anche C’è un soffio di vita soltanto di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, Esterno Giorno di Luca Rea, Il tempo rimasto di Daniele Gaglianone, Tonino De Bernardi: Una ricerca senza confini, Return to Paestum di Pappi Corsicato.


All’inizio era la A, la A di Arles

Scatti a cura di Riccardo Ambrosio.

La prima lettera dell’alfabeto è scelta come nuovo simbolo grafico dell’immancabile poster feticcio che sarà presente nelle case e negli studi di generazioni di fotografi. Gli stessi che, nel corso degli anni, hanno visto la piccola cittadina provenzale diventare centro nevralgico della fotografia internazionale. 

Rencontres d’Arles identificano un festival la cui importanza va di pari passo con l’essere il trampolino di lancio nella fotografia e nella creatività contemporanee.

Piccole cappelle medievali, complessi industriali ottocenteschi ma anche il fascino decadente di un Monoprix anni Novanta e di un giardino pubblico alle pendici dell’iconico Anfiteatro romano, diventano luogo dove esibire opere inedite e rassegne cult.


“Should we invent a new rite of passage for this very peculiar time? Retouch this blank year in technicolor?” È quello che si chiede, nel pieno delle evoluzioni pandemiche, il nuovo direttore della manifestazione Christoph Wiesner. 

Nell’ordine di riempire i grandi vuoti creatisi con il distanziamento sociale e le limitazioni collettive, la fotografia continua a emettere segnali luminosi, aprendo spazi a nuovi metodi di resilienza.

Oltre 20 le mostre in programma, gli eventi collaterali e i relativi workshop collocati nella cittadina e nelle altre aree dell’intera regione, identificata come Grand Arles Express, tra cui il Mucem, il FRAC PACA, la Collection Lambert, e il Centre Photographique Marseille. 

Una fotografia priva di filtri, immediata nello sviluppo, fa della sua veridicità parte del racconto che vede Manintown individuare le mostre da non perdere in un one-day trip che coniuga la cultura visiva al sapore provenzale.



STÉPHAN GLADIEU 

République populaire démocratique de Corée

La Corea del Nord è sempre stata un enigma per l’artista perché infatuato dalla resilienza della nazione che è sopravvissuta al blocco comunista, agli embarghi internazionali e alle crisi economiche, climatiche o alimentari. Il suo approccio rivoluzionario nel ritrarre individualmente i funzionari nordcoreani ha creato sconcerto da parte di una cultura collettivista. La stessa che ha comunque accettato per un desiderio di apertura, ma anche perché l’idea di pose frontali e inquadrature rigorose era familiare e comprensibile. Il risultato è un percorso espositivo en plein air senza precedenti, il cui animo satirico e K-pop lo rende fiore all’occhiello della manifestazione.



THE NEW BLACK VANGUARD 

Photography between art and fashion 

L’unica mostra in calendario che decide di coniugare la fotografia autoriale con la moda.  I lavori, in questo caso, non sono inediti ma sono stati fruiti a livello massivo grazie a testate settoriali, mostre, campagne pubblicitarie e social media. Tutto ruota intorno al black power, dalla rappresentazione della quotidianità alle forme espressive che si coniugano nella costruzione dell’immagine.  Si va oltre i confini dell’omologazione e si utilizza il mezzo come una forma di attivismo visivo. Gli artisti, residenti e operativi in contesti molti diversi tra loro- New York e Johannesburg, Lagos e Londra – presentano nuove prospettive sulle tematiche inerenti la razza, la bellezza, il genere e il potere.



MASCULINITIES 

Liberation through photography 

Un’analisi sulla codificazione della mascolinità dagli anni ’60 ad oggi nel mondo della fotografia e del cinema. Il lavoro di oltre 50 artisti internazionali tra cui Laurie Anderson, Sunil Gupta, Rotimi Fani -Kayode, Isaac Julien e Catherine Opie, viene esposto sulla scia di #MeToo, puntando uno spot sulle diverse tipologie di mascolinità che permeano la società odierna. Complessa e contraddittoria, si affianca a temi come il potere, il patriarcato, l’identità queer, le politiche razziali, la femminilità, gli stereotipi ipermaschili e la famiglia. 



THE POWER OF ART IN TIMES OF ISOLATION 

L’umanità è messa a dura prova da uno scenario pandemico inimmaginabile. Ci riappropriamo dei nostri spazi e dei nostri corpi. Vediamo il trasformarsi delle relazioni sociali e il rivoluzionarsi dello scenario politico ed economico con conseguenze sul capitalismo globale. I modelli antropocentrici e l’eccezionalismo umano vengono ripensati assumendo significati e forme inedite all’interno di installazioni che catalizzano il visitatore grazie alla presenza di campi magnetici.



PIETER HUGO 

Being present 

Being Present offre un’ampia panoramica sulla fotografia ritrattistica di Pieter Hugo a partire dai primi anni 2000. La ricerca antropologica, che vede l’artista impegnato sugli outsider e sulle mille sfaccettature dell’umano, viene raccontata in un percorso progettuale che inizia con l’azione condivisa dello sguardo per poi amplificarsi, delineando l’opera, grazie alla connessione con ogni singolo soggetto.



CHARLOTTE PERRIAND 

How do we want to live? Politics of photomontage 

Nell’inusuale cornice di un grande magazzino dall’aria fatiscente non ci si aspetterebbe mai di trovare una monografica dedicata ad uno degli autori più interessanti del secolo scorso.

Al piano superiore del Monoprix si sviluppa il percorso dedicato a Charlotte Perriand, la fautrice dell’”arte di abitare” in relazione con la natura. Perriand usò la fotografia non solo come strumento di osservazione della realtà, ma anche per promuovere la sua concezione di un nuovo mondo. La mostra offre uno sguardo sui suoi metodi di lavoro e la sua incredibile collezione di fotografie – stampe d’epoca, negativi, ritagli di riviste e fotografie personali – esposte per la prima volta, con la riproduzione dei suoi monumentali fotomontaggi.

Riecheggiando le nostre attuali paure, negli anni ’30, la fotografa usò gli stessi per denunciare le malsane condizioni urbane e presentare la sua visione di come la vita possa essere resa migliore.  


https://www.rencontres-arles.com

“Rosalia, Luce mia!”

A Palermo, nel sacrato della Cattedrale, fino al 10 settembre sarà possibile vedere (ammirare) due installazioni en plein air, riunite sotto il comune titolo “Rosalia, Luce mia!”, il nuovo progetto firmato e prodotto da Stefania Morici. Due progetti diversi ma complementari, che rendono omaggio alla Patrona di Palermo, Santa Rosalia, tanto amata dai palermitani e dai numerosi turisti che hanno ricominciato a ripopolare la città. Grandi cerchi e cubi, con  figure e focus luminosi scenograficamente sospesi in aria, che orientano il nostro pensiero, le nostre emozioni e persino le nostre azioni, in una dimensione interiore e spirituale in cui ognuno di noi può  immergersi nella cultura e nella tradizioni cittadine. Dentro ogni cubo e ogni cerchio, disegni e personaggi nati dalla penna versatile e dagli acquerelli, rispettivamente, di Sergio Caminita (Repetita Iuvant) e Anna Cottone (In Lucem): legato al mondo del design e delle grafica il primo, acquerellista e Urban Skechers la seconda, uniscono le forze per raccontare la Santa. Che affiora dalle facce di ogni cubo e di ogni cerchio, replicandosi decine e decine di volte, pazientemente in attesa che questa città ricominci da dove aveva lasciato prima della pandemia. Dai suoi siti culturali, dalla bellezza delle strade, dai suoi gioielli in chiese ed oratori. Un monito e un invito nello stesso tempo: a vivere piano, godere delle piccole cose, ricostruire la propria vita.



“Meno di un anno fa – dice Stefania Morici- abbiamo rivestito la Cattedrale e alcune piazze di Palermo con migliaia di cuori di Angelo Yezael Cruciani che formavano tante gigantesche rose, simbolo di Santa Rosalia, rivolgendo un omaggio alla nostra Patrona. Un gesto d’amore di tutti noi palermitani per la Santuzza, una sorta di messaggio che dalla terra si elevasse verso il cielo. Quest’anno mi è piaciuta l’idea che fosse proprio Santa Rosalia ad abbracciare Palermo e i suoi cittadini con la sua luce ed il suo amore. Per cui ho immaginato delle grandi installazioni luminose sospese per aria che accendessero i nostri cuori e il nostro cammino e raccontassero la storia di Santa Rosalia, mostrando il suo volto, la sua presenza, la sua storia: le “gesta” di una giovane donna forte e coraggiosa che è riuscita a sconfiggere la peste. Stiamo indubbiamente uscendo da uno dei periodi più bui della storia recente dell’umanità. Un periodo che ha toccato, da diversi punti di vista, la vita di tutti noi e dal quale sentiamo il bisogno di scuoterci e reagire. Con questa iniziativa artistica abbiamo voluto riportare luce, colore, fede e speranza alla città di Palermo e ai suoi abitantii. Una semplice dichiarazione d’amore che parla di leggerezza ma anche di tutto ciò che è fortemente sentito e vissuto dai palermitani: la potenza, la solidità, la robustezza di valori forti. Rosalia, Luce mia, vuole essere una luce dove guardare.”



Così chi guarderà dal basso le opere luminose sarà preso da una vertigine perché quei cerchi e cubi che volteggiano in cielo, ti faranno sentire leggero. Chi invece vorrà andare oltre la semplice installazione, si troverà dinanzi un “presepe sospeso” che si immerge nell’iconografia legata a Santa Rosalia, protettrice della città di Palermo, ieri come oggi.



Ad arricchiere i progetti  fino al 30 luglio nelle vetrine su strada di RISO – Museo d’arte contemporanea della Sicilia, e in collaborazione con CoopCulture che gestisce i servizi del museo, è possibile vedere esposti anche sei famosi “Taccuini d’arte”  di Anna Cottone, un cartellone che ricalca quello dei Cantastorie con la vita della santa, e un teatrino in cartone, accompagnati sempre da un cunto in dialetto siciliano. Un’immersione a 360 gradi nel mondo della santa eremita, un lungo racconto per immagini acquerellate, che Anna Cottone porta già avanti da diversi anni. Esse raffigurano un  vero e proprio viaggio dentro il Festino e la vita  di Santa Rosalia.



Rosalia, Luce Mia è prodotto e organizzato da Arteventi di Stefania Morici  e Cialoma eventi-Associazione Arte mediterranea , sostenuto da #IoComproSiciliano. Con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura del VaticanoArcidiocesi e della Cattedrale di PalermoAssemblea Regionale SicilianaAssessorato regionale del Turismo, Sport e SpettacoloAssessorato comunale alle CulturEFondazione SiciliaSettimana delle CultureFondazione per l’Arte e la Cultura Lauro Chiazzese.



In collaborazione con RISO – Museo d’arte contemporanea della SiciliaCoopCultureCassaro AltoOfficine Creative. Il progetto allestitivo è firmato da FDR Architetti di Agostino Danilo Reale, allestimenti realizzati da I Dock, collaborazione tecnica di Hafa Comunicazione. Con il sostegno di TedGrass OcchialiLuan.



Insomma, un progetto che mira alla comunità: perché Rosalia la protegga, ieri come oggi.  “Ancora un anno il Festino senza tanti momenti tradizionali ma non per questo senza la devozione, la preghiera e il ringraziamento per la nostra Santa Patrona. Ancora un anno nel quale, grazie alla sensibilità artistica e umana di Stefania Morici e dei suoi tanti collaboratori, l’arte torna ad arricchire ed illuminare il sagrato della cattedrale per raccontare la vita e la storia di Rosalia e del suo legame con Palermo, per dare speranza nel futuro ai palermitani, per indicare la fine di questo lungo tunnel di pandemia. Un racconto artistico per luci e immagini che è conferma di fede e fiducia nella possibilità di liberarci, ancora una volta da ogni peste” dice il sindaco Leoluca Orlando. Al progetto collabora anche la Fondazione Sicilia, presieduta da Raffaele Bonsignore, che spiega come La devozione che da secoli lega i palermitani a Santa Rosalia è riuscita a emergere anche in questi ultimi anni funestati dalla pandemia. Per queste ragioni abbiamo sostenuto la realizzazione di queste particolarissime opere d’arte aeree: perché ci spingano a rialzare lo sguardo e a condividere la bellezza anche con i turisti che torneranno”.



Cettina Giaconia, imprenditrice e consulente d’impresa, che da sempre crede nell’arte e nel potere della bellezza e della cultura, e che ha sostenuto fin dall’inizio questo progetto,  dichiara. “Palermo è una città straordinaria, con una storia ricchissima ed un patrimonio artistico-culturale immenso. Un giacimento di cultura davvero incredibile, da cui trarre continuamente ispirazione e sollecitazioni. Negli ultimi anni, tuttavia, è stata mortificata e non ha potuto esprimere tutte le sue potenzialità. La storia, la filosofia, la letteratura, l’arte ci hanno insegnato cos’è la bellezza. Ma non basta. Dobbiamo difendere la nostra intelligenza e la nostra cultura. Non possiamo più circondarci di immondizia, volgarità e ignoranza. Dobbiamo uscire da questa specie di cappa di disillusione e stanchezza. Da scenari caotici, confusi e stagnanti. Abbiano bisogno di nuovi “mercanti di luce” e iniziative come questa dimostrano che si può portare luce e bellezza e che è proprio da queste che bisogna ripartire. L’omaggio di una Palermo che crede nella rinascita. Un fascio di luce e leggerezza per tutti. Un città che si specchia in Rosalia, vedendo qualcosa di nuovo, guardando così, contemporaneamente, al passato e al futuro”.



Con Rosalia, Luce mia! le opere d’arte non saranno più solo guardate, ma verranno analizzate, verranno lette come in un testo e l’osservatore non sarà più solo un semplice osservatore, ma diventerà fruitore. Un’installazione ambientale pensata come un “dispositivo aperto”, capace di dilatarsi o rimpicciolirsi, che mette insieme, “unisce”, immagini e sensazioni diverse di un’unica donna: Rosalia. Un’opera temporanea che mostra la potenza scenografca e narrativa dell’arte, dell’architettura, della storia e della tradizione di Palermo.

Festival mix 2020, ospiti e anteprime della kermesse dedicata al cinema queer

Un’edizione, quella del 2020, che si svolgerà dal 17 al 20 settembre attraverso una formula ibrida; ai tre giorni di proiezioni digitali in collaborazione con la piattaforma MyMovies si affiancheranno quattro serate di proiezione fisiche al Piccolo Teatro Strehler e al Piccolo Teatro Studio Melato.

Mix, dal 1986 rassegna cinematografica simbolo della comunità LGBTQ, sceglie così questa formula inedita per garantire al meglio le norme di distanziamento sociale, continuando a dare voce ai registi indipendenti più interessanti del panorama Queer.



Noi di Man in Town abbiamo intervistato per l’occasione Andrea Ferrari, CO-direttore artistico del Festival Mix:

Com’è stata l’organizzazione del festival in un anno così particolare? Ovviamente è’ stato molto complicato ma la forza del nostro progetto sta anzitutto in un lavoro di squadra che è costante durante tutto l’anno. Senza il nostro affiatato team nulla si sarebbe potuto realizzare in un periodo “normale”, figuriamoci nei mesi scorsi….e per quanto mi riguarda il mio primo pensiero e ringraziamento va a Debora Guma e Paolo Armelli che insieme a me dirigono il Festival.



Chi saranno gli opiti di questa edizione?

Con orgoglio posso dire che sarà consegnato il riconoscimento #MoreLove a Gino Strada e quindi come di consueto incoroneremo le nostre Queen.La Queen of comedy 2020 è Paola Cortellesi; la Queen of Music 2020 è Miss Keta. Ci sarà anche spazio per la musica dei Booda freschi di X-Factor e un’esibizione di vogueing della grande La B Fujiko. Non mancheranno momenti di comicità con Michela Giraud e Paolo Camilli….e tanto tanto altro. 



Considerazioni sul ddl zan in discussione in parlamento?

Posso solo dire una cosa che mi sembra scontata…. ma purtroppo non lo è per alcuni politici; una legge come questa può solo portare beneficio … non solo alla comunità lgbt ma alla società tutta e trovo veramente fastidioso che il dibattito in corso, come spesso accade quando si affrontano certi temi cari alla comunità lgbt, riesca solo a tirare fuori il peggio da certi personaggi pubblici, con affermazioni che quando non sono offensive  sono come minimo di una stupidià disarmante.


Due film in programma che non possiamo perderci?
And Then We Danced sull’amore contrastato di due ballerini georgiani e poi Welcome To Chechnya, testimonianza durissima sulla feroce oppressione antigay nel Caucaso, ma ce ne sono molti altri da non perdere.

I 50 anni di Glastonbury nell’estate silente dei festival

“Do you recognise this noise?” È il suono del calpestio danzereccio dei piedi, del battito secco e ritmato delle mani, è l’odore dell’estate e l’eco corale di milioni di voci che colorano i luoghi di “culto” della musica dal vivo. È il rumore insonne e festoso dei figli putativi di “Woodstock” e dell’”Isola di Wight”, di quell’itinerante comunità di revellers che, ogni anno, affolla i “vivai del suono” a partire dai palchi del Coachella, nei californiani Empire Polo Fields di Indio, fino ad arrivare nel cuore dell’Europa, nella campagna verde e fangosa della contea del Somerset, per il Glastonbury Festival.

Nel settembre del 1970, il giorno dopo la morte di Jimi Hendrix, il lattaio di Pilton Michael Eavis allestisce, nella Worthy Farm di 150 acri ereditata dal padre, il primo sperimentale antesignano del “Glasto”, il Pilton Pop, Blues & Folk Festival. Marc Bolan, Keith Christmas, Stackridge e Al Stewart si esibiscono davanti a un pubblico di 1.500 persone simbolicamente paganti, il prezzo di una sterlina incluso il latte gratuito della fattoria. L’anno successivo prende forma e sembianza il Glastonbury Fayre, un grande raduno hippie dal libertino e idealistico spirito da “Summer of Love” documentato, in chiave cut up, nell’omonimo film diretto da Nicolas Roeg e Peter Neal.



La seconda edizione è ricordata come uno degli avvenimenti leggendari della musica underground inglese, una delle rare occasioni in grado di superare le barriere tra il pubblico e i musicisti, con musica, danza, poesia, teatro ed esibizioni estemporanee. È anche l’anno in cui a esibirsi è un giovane capellone, sconosciuto ai più, un certo David Bowie che si presentò bizzarramente vestito in foggia androgina con cappello da moschettiere, pantaloni a zampa e scarpe con tacco alla “Re Sole” e cantava, al levar del sole, il viaggio spaziale di Major Tom di Space Oddity.

Gli anni ottanta hanno visto il Festival trasformarsi in un vero e proprio evento annuale che, nonostante il clima non sempre favorevole, ricordiamo le piogge torrenziali del 1985 (che non impedirono di certo agli audaci partygoers di assistere agli spettacoli con la fanghiglia alta fino alle ginocchia), resta uno degli appuntamenti più attesi e longevi. Uno straordinario melting pot di arte, musica (non c’è nome che conti che non abbia calcato il suo palco) e persone. “Puoi sederti intorno ad un falò qualunque o fare la fila a una bancarella e sentire come un caldo abbraccio collettivo. Guardi un estraneo e ti rendi conto di avere tantissime cose in comune”. Ci sarà un motivo perché i biglietti (al costo di 250 sterline) sono sold out in una manciata di minuti mesi prima dell’evento, quando ancora non si ha la più pallida idea di quale sarà la line up dei cantanti?

Il Glastonbury è un “luna park” ideato su misura per i bambini e fatto a misura di “festival habituè”, è intergenerazionale, è un punto di unione tra culture, è respirare per tre giorni una libertà parallela e anacronistica, è immergersi in una gioviale atmosfera atemporale. 



La bucolica Valle di Avalon, la leggendaria isola di Re Artù e del Sacro Graal, e la distesa da 900 acri della tenuta di Michael Eavis, anche quest’anno, erano pronti ad accogliere gli oltre 180.000 festanti “pellegrini” per celebrare tutti insieme quello che sarebbe stato il Festival dei Festival. I 50 di Glastonbury. Ma il 24 giugno non ci saranno “wellies”, tende e campeggi a calpestare le verdi campagne della storica Worthy Farm. Il Pyramid Satge di Bill Harkin dall’alto dei suoi 30 m non si illuminerà a festa. L’evento è annullato. Così come non ci sarà il consueto raduno, in mezzo al Danubio, della “Love Revolution” con i suoi 400.000 Szitizens e la baldoria dei 60 palchi dello Sziget sull’isola della libertà di Óbuda, a nord di Budapest. Gli spettacoli pirotecnici e i colori iper saturi delle scenografie idilliache e favoleggianti del Tomorrowland non illumineranno il cielo della piccola cittadina belga di Boom. Anche il tempio della musica elettronica spegne le sue console. Nel cuore del deserto del Nevada il grande fantoccio di legno non brucerà nel rituale del Burning Man. La sua comunità non celebrerà il solstizio d’estate nell’immaginaria città dall’anarchia organizzata di Black Rock City. Per le strade di Perugia, nell’Arena Santa Giuliana, in Piazza IV Novembre e nel Chiostro di San Fiorenzo non echeggerà il beat del jazz. 

Dal Sonar di Barcellona all’Ariano Folk Festival, la musica dal vivo indossa la fascia nera al braccio. Tutti gli eventi sono annullati a causa dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Coronavirus. I lavoratori dei concerti sono stati i primi a chiudere e saranno gli ultimi a riaprire. Se per gli altri ambiti culturali di “visione”, come il teatro o il cinema, è possibile pensare a protocolli di ripartenza, per i luoghi di “interazione”, come i festival musicali, ciò crea dei cortocircuiti. 



Un Festival, come ci suggerisce l’etimo stesso, è una grande “festa” che non conosce, per sua natura, forme di distanziamento. È aggregazione, socialità, condivisione. È massa, contatto, è il piacere di stare insieme. L’idea di contingentare la folla riducendola a mò di soldatini di terracotta trincerati in quadrati divisori, apparirebbe difficile e contro natura. Per questo, in tanti pensano che una vera ripresa del settore dei concerti non avverrà fino alla scoperta e alla distribuzione del vaccino: cioè quando il rischio del contagio sarà riportato allo zero o quasi. Spesso abbiamo sentito la frase “Music will save the world|La musica salverà il mondo”, questa volta ha incontrato un avversario più temibile della sua forza. Ma ritorneremo laddove abbiamo lasciato. È solo un momentaneo “a data da destinarsi”.

Fare un film a casa contro la noia: il progetto di ASVOFF LOCKDOWN FILM FESTIVAL

“A shades view on fashion film” questo il significato della sigla ASVOFF, evento nato nel 2008 con l’intento di creare un nuovo genere di film, quello Del Fashion Film. Oggi, in occasione, del lockdown mondiale lancia un’iniziativa a cui possono partecipare tutti, ma online questa volta.

Diane Pernet, critica di moda e mente creativa del Festival, invita tutti a creare un film fai-da-te durante la quarantena con l’intento di comunicare in modo artistico scene di vita quotidiana. “Rendetelo personale – raccomanda Diane Pernet – come se lo stesse facendo per la vostra famiglia e i vostri amici. Può essere tutto ciò che cattura ciò che state vivendo durante il blocco. Fuori dalla finestra, il cane, il gatto, il marito, il fidanzato, la compagna, una figlia” ha spiegato. 

La scadenza è prevista per il 14 maggio e il filmato potrà essere girato anche con uno smartphone. Diane Pernet invita anche a disporre dei diritti di pubblicazione per la musica inserita nel video che può avere una durata libera che va dai 30 secondi ai 9 minuti.

Per gli utenti che intendono prendere parte al progetto è necessario cliccare sul link ASVOFF LOCKDOWN MOVIE in cui si potrà  scaricare il modulo e compilarlo.

Il video verrà pubblicato sulla Network FNL (app disponibile su Android e iOS) per il voto di People’s Choice, cioè scelti dal pubblico. Inoltre, i film selezionati verranno caricati su FNL e su www.ashadedviewonfashionfilm.com.

Intanto, per scoprire chi sono tutti i finalisti in gara seguite il profilo ufficiale @asvoff. 

Mettetevi a lavoro e create il vostro fashion film per immortalare questo periodo, difficile, ma raro. 

La carica dello Skate and Surf Film Festival arriva online

Lo Skate and Surf Film Festival non si arrende e riprogramma la manifestazione tramite il mondo digitale, dall’8 al 10 maggio.

La rassegna cinematografica punta riflettori sulla scena surf skate internazionale e propone workshop, pellicole inedite, documentari, mostre e tanta musica insieme allo sport dal vivo.

Stesso concept ma riadattato nei mezzi. Luca Merli, ideatore del festival, ed il suo staff, insieme al main partner Vans, non si arrendono e credono con determinazione nel progetto testimoniando una grande capacità di adattamento e si affidano interamente al mondo virtuale. Ripartire dagli strumenti disponibili in un momento difficile vuol dire anche tener attivo il festival, che vive di una fitta rete di relazioni trasversali. Alcune delle iniziative: Art show, radio streaming, film esclusivi e tanto altro ancora. 

Nasce, quindi, il V-SSFF, V come virtuale e sarà in onda in diretta streaming sul sito di SSFF su Vimeo, Facebook ed anche Instagram. 12-13-14 giugno 2020, queste le date che avrebbero visto svolgersi l’evento al Base di Milano che ricordiamo aver accolto da 9000 persone il primo anno e fino a ben 25.000 durante la scorsa edizione. Un vero successo per appassionati e curiosi che decidono di passare la giornata o un paio d’ore tra sport e cultura.  

Spazio anche alla solidarietà. Il V-SSFF supporta EMERGENCY attraverso il ricavato della vendita delle foto d’autore più belle dei suoi archivi, acquistabili direttamente sul sito insieme alle quali sarà possibile, inoltre, effettuare donazioni. Destinatario il nuovo ospedale da campo di Bergamo per sostenere chi è in prima linea nel fronteggiare l’attuale emergenza sanitaria, come medici, infermieri ed esperti che ne gestiranno il reparto di terapia intensiva e sub-intensiva. Tutti i fotografi hanno accolto con piacere ed entusiasmo l’iniziativa. 

Per ogni altra informazione consultare il sito  WWW.SSFF.IT

IF! ITALIAN FESTIVAL

Dal 28 al 30 Settembre si terrà, al Teatro Franco Parenti, il festival tutto italiano IF! Dopo il successo della precedente edizione, quest’anno il festival sarà arricchito dalla presenza di più di 100 ospiti italiani e internazionali e dai numerosi eventi in programma. Il tema di questa edizione è #sovvertire in tutte le sfaccettature che questo termine può contenere; insomma, la protagonista è la creatività! Da un lato cinema, moda, letteratura, musica, arti grafiche e visive elaborano nuove connessioni e comunicano accrescendo la capacità relazionale dei brand e dei loro prodotti e servizi, dall’altro, arte applicata e tecnologia sovvertono il sistema e tracciano un sentiero per la nuova generazione di creativi e di brand.

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A novembre è Siena la città della fotografia

©Francesco Cito, I contradaioli del Nicchio entrano in piazza pugni torre

Un viaggio attorno al mondo in 250 immagini. Per oltre trenta giorni, a partire da questo weekend fino a fine novembre, Siena diventa palcoscenico perfetto per la fotografia internazionale. Torna infatti il Siena Art Photo Travel, festival interamente dedicato alla fotografia di reportage e d’autore, che verrà declinata per tutto il mese in esposizioni collettive, personali, installazioni, workshop, photo tour, conferenze e cene informali con alcuni degli autori invitati.
La formula resta anche per questa edizione quella dell’evento diffuso, coinvolgendo quasi interamente la cittadina toscana, dalla periferia al centro storico; mentre novità di quest’anno sono le mostre d’autore dedicate a 7 fotografi di fama internazionale: Melissa Farlow, Timothy Allen, Majid Saeedi, Luca Bracali, Vittorio Guida, Francesco Cito e Marco Urso.
Le mostre personali variano da soggetti e temi attuali e difficili come il lavoro di Majid Saeedi dedicato all’Afghanistan, oppure quello dell’esploratore e fotografo Luca Brancali concentrato invece sulla salvaguardia del pianeta e del suo fragile ecosistema. Ci sono poi Timothy Allen, Marco Urso e Melissa Farlow che raccontano attraverso i loro scatti paesaggi spettacolari, la meraviglia dell’orso polare e la difficoltà di una specie come i Mustang, cavalli selvaggi del West.
C’è invece chi racconta le emozioni del Palio, come Francesco Cito, e chi ha creato una vera e propria installazione dedicata al mondo contemporaneo come Vittorio Guida.
Da non perdere anche le tre esposizioni collettive in programma che figurano sotto il titolo Beyond the Lens. La collettiva, cioè la mostra tributo alle foto più belle del Siena International Photography Awards 2016, Storyboard, ossia una raccolta delle storie inedite più straordinarie raccolte dal premio e Il vino, mostra dedicata all’amore per questa terra e i suoi prodotti.

www.artphototravel.it

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