Moda e mecenatismo

I mecenati sono i protettori di artisti e studiosi, coloro che da tempo immemore, fin dall’impero romano, quando nacque Gaio Clinio Mecenate, per l’appunto, durante il regno dell’imperatore Augusto, operano come promotori culturali, finanziatori, procacciatori di talenti e studiosi di meraviglie filosofiche, artistiche, architettoniche e culturali in generale.

Moda arte
Il défilé Chanel Métiers d’art 2018/19, allestito all’interno del Met di New York

Il mecenatismo ai nostri tempi

Oggi il mecenatismo ha un’aria diversa?Assolutamente no, ha solamente cambiato volto, è forse invecchiato e in parte mutato, ma è rimasto invariato nel suo scopo primario, allargando le maglie che l’arte racchiude in sé. Siamo passati, in tempi più recenti, a Peggy Guggenheim, che negli anni ’40 si impegna in prima persona per lanciare Jackson Pollock; figlia di Benjamin Guggenheim e nipote di Solomon R. Guggenheim, magnati tra i più ricchi dei loro tempi, è celebre per aver creato la fondazione omonima che, ad esempio, realizza musei in giro per il mondo.

La moda, invece, entra solo una decina di anni fa nel mondo del mecenatismo, in maniera molto evidente. Anche se Dior effettivamente allestisce un celebre servizio fotografico al Partenone di Atene nel 1951, è in tempi assai più recenti che i casi di finanziamenti e sponsorizzazioni di musei, luoghi e palazzi di grande valore artistico hanno spiccato il volo, incorporando di fatto arte e architettura nelle location di grandiose sfilate, presentazioni ed eventi, volti a promuovere in sinergia entrambe.

Le location artsy delle sfilate dei principali brand

Probabilmente non ultima di una lunga serie di collezioni itineranti, la sfilata del menswear Saint Laurent che si terrà il 12 giugno alla Neue Nationalgalerie di Berlino, disegnata da Mies van Der Rohe, è un esempio di quello che succede durante tutto l’anno, soprattutto con le sfilate dedicate alle proposte cruise o resort. Dopo la griffe parigina, toccherà poi Valentino portare lo show Haute Couture Fall/Winter 2023 allo Château de Chantilly, nella Francia settentrionale.
Ultime, in ordine cronologico, ad aver sfilato in luoghi d’eccezione sono state invece le maison Dior nel Palacio de Bellas Artes, a Città del Messico, Louis Vuitton nel Palazzo Borromeo, sull’Isola Bella, Alberta Ferretti a Castel Sismondo, in Romagna, vicino al Museo Fellini di Rimini, Gucci al Gyeongbokgung Palace di Seul, Emilio Pucci nel cuore di Firenze.

Le ragioni del supporto dei brand a monumenti, musei e affini

Ma cosa spinge la moda a finanziare restauri, sponsorizzare location, monumenti e affini? Sicuramente un ampio ritorno dell’investimento, ma anche l’entusiasmo di investire denaro in qualcosa di sentito e vissuto interiormente, oltre che estremamente bisognoso di investimenti anche esterni.
Il legame che il fashion system sente con le proprie radici culturali, con il pensiero creativo che è alla base di una collezione, con alcuni luoghi specifici, è assolutamente viscerale e va oltre il semplice investimento. Si tratta probabilmente di un istinto di protezione e coinvolgimento, spesso anche personale.
Succede però che non tutti siano d’accordo e nel 2017 Alessandro Michele, da Gucci, riceve un sonoro rifiuto da parte di Atene rispetto all’uso del Partenone per un défilé, nonostante il possibile ritorno d’immagine internazionale e l’investimento promesso.

Chi ha ragione, dunque? Il ministro della Cultura di allora, Dario Franceschini, che sosteneva in questa polemica lo stretto, intenso legame e dialogo tra moda e arte, oppure i detrattori della mercificazione dei beni culturali? La verità è che in Italia, di intersezioni e congiunzioni del genere, si è letto molto: Tod’s ha finanziato il restauro del Colosseo a Roma, in cambio della possibilità di sfruttarne l’immagine per 15 anni, Bvlgari si è occupata invece della scalinata di Trinità dei Monti, sempre nella capitale, per non parlare di Fendi che ha sponsorizzato il restauro della Fontana di Trevi, per poter poi sfilare – nel 2016 – su una passerella sospesa sull’acqua. Si parla di finanziamenti di milioni di euro, che danno la possibilità di intervenire per proteggere storie preziose, che corrono sempre il rischio di andare rovinate o perdute.

Il legame indissolubile tra arte e moda

Torna quindi prepotentemente alla ribalta, al solito, il tema del legame tra moda e arte, che non può limitarsi all’inserimento di abiti e accessori nei musei. Si passa sempre più spesso attraverso la creazione, da parte degli stessi brand, di veri e propri musei a sé: parliamo del milanese Armani/Silos a Milano, della Galerie Dior a Parigi e altri ancora; un tentativo come altri, da parte dei marchi, di prendersi cura e allo stesso tempo “sfruttare” le bellezze e meraviglie del mondo per i propri scopi, offrendo in parallelo un servizio alla cultura.

C’è qualcosa di sbagliato? È pressoché certo che i detrattori della moda vedano in tutto ciò comportamenti mercificatori, laddove la cultura si dovrebbe invece ergere sopra tutto il resto; se vogliamo davvero fare un’analisi approfondita, però, perché mai non concedere a chi ha denaro da investire la possibilità, ovviamente sotto un’attenta supervisione degli enti preposti, di finanziare e prendersi cura di qualcosa che per l’umanità ha un’estrema importanza?
L’heritage, per un brand, è fondamentale, un pozzo di idee, immagini e contenuti strettamente interconnessi con la sua storia, dunque la storia stessa di un paese ha la medesima, viscerale e cosmica importanza.

Moda arte mecenatismo
Lo show Louis Vuitton F/W 2018 al Louvre (ph. by Bertrand Guay/AFP/Getty Images)

La sfilata per i 90 anni di Fendi allestita su una passerella sospesa sulla Fontana di Trevi, nel 2016

Il 1997 parla della moda di oggi: un’eccezionale annata fashion in mostra a Parigi

Mi immergo in una favola magica e strabiliante, come in una pièce teatrale, in atti che stravolgono in un momento storia e avvenimenti vissuti finora.
Mi trovo catapultata in una dimensione che è in bilico tra fatti storici e momenti idealizzati di moda e magia; momenti che hanno definito una rivoluzione, che portavano in seno albori di oggi e ceneri di ieri.
In un attimo è il 1997, riconosco tutto, gli abiti, i bozzetti, le copertine dei giornali, gli accessori… Mi riportano a un fasto passato, a un istante che non si è più ripetuto, una fase che ha lasciato il mondo a bocca aperta più volte in poco tempo.
Quando mai una mostra è stata dedicata a un anno preciso? Semmai a un periodo, a un designer, una retrospettiva post mortem, mai però a un anno preciso, e tuttavia parliamo del 1997.

1997 mostra moda Parigi
Look in mostra nella retrospettiva del museo parigino

1997. Fashion Big Bang, l’anno che ha rivoluzionato il mondo fashion

Esattamente venticinque anni fa un’esplosione avvolge il mondo della moda, lasciando dietro di sé una scia di distruzione e creazione allo stesso tempo.
Un anno, il 1997, che il Palais Galliera di Parigi scopre e racchiude in un meraviglioso percorso attraverso le sue stanze, nell’esposizione 1997. Fashion Big Bang (visitabile fino al 16 luglio). L’energia creativa di un’epoca è dentro le mura di un museo, che tenta non di racchiuderla ma di raccontarla e farla rivivere a chi, forse, di quel preciso periodo sa poco o non ha avuto la fortuna di viverlo.
Il 1997 mi si dipana davanti come l’anno culminante della moda, nascita e morte, distruzione e creazione, magia e realtà, fantasia e rivelazioni. Mi tuffo così tra collezioni storiche, video musicali, storie ben raccontate nelle parole del curatore Alexandre Samson, copertine di album e giornali ovviamente abiti a profusione.

1997 mostra Parigi
Abiti esposti in 1997. Fashion Big Bang

Le collezioni storiche e i pezzi unici in esposizione

Incontro John Galliano da Dior, nella sua prima collezione Haute Couture, nel cinquantenario del brand; una collezione sapientemente colorata, decisamente ispirata e terribilmente fedele al suo nuovo e immortale stilista, fotografata da Paolo Roversi (e non solo).
Intravedo con stupore e incanto il compianto Alexander McQueen da Givenchy, nel momento creativo della collezione À la recherche de la toison d’or (H.C. Spring 1997), un tripudio di oro, una collezione osannata, specchio della mirabolante creatività dello stilista inglese.
C’è anche Marc Jacobs che diventa direttore creativo donna della maison Louis Vuitton, con i suoi bozzetti e persino la sua lettera di incarico.
Mi blocco davanti alla prima collezione Haute Couture di Jean Paul Gaultier, immensa e indefinibile.

Ci sono i bozzetti e gli abiti della famosissima collezione Les Insects di Thierry Mugler, contestata genialità e assurda creatività che rivivono per l’occasione.
E ancora, la Baguette di Fendi che fa la sua comparsa, per non andarsene mai più, una borsa declinata in centinaia di modelli, pellami e varietà, simbolo di un’epoca che ne ha attraversate anche di più.
Di Colette, a Parigi, riviviamo l’apertura; una boutique concettuale, che ha passato anni a portare un nuovo concetto di moda alla città. Non ultimo, l’omicidio di Gianni Versace, avvenimento che sconvolse l’intero settore, e la prima collezione di Donatella per la maison.
Il vero e ultimo racconto, poi, prosegue nel catalogo della mostra, un autentico libro di storia del fashion.

1997 mostra Palais Galliera
Outfit della collezione Comme des Garçons S/S 1997 Body Meets Dress, Dress Meets Body

Alexandre Samson, il curatore, è riuscito a ripetere il miracolo compiuto dal 1997, raccontandolo e portandolo in scena come effettivamente è stato: iconico e tumultuoso.

Nell’immagine in apertura, l’allestimento di una sala della mostra 1997. Fashion Big Bang al Palais Galliera di Parigi

‘Thierry Mugler: Couturissime’: certe mostre, come gli amori, non finiscono

Gli abiti attraversano il mondo, le epoche e, grazie ai “riadattamenti”, anche i musei. È così difficile immaginare che un outfit, realizzato col solo scopo di vendere o vestire qualche celebrity, possa un giorno trasformarsi in un oggetto d’arte degno di un’esposizione? Forse un tempo, ora le mostre attraversano stati e continenti per mostrare al mondo intero la meraviglia scultorea e architettonica delle creazioni dei grandi stilisti.
Dopo giri immensi, come gli amori della canzone di Antonello Venditti, si conclude il 7 maggio la retrospettiva su Thierry Mugler: Couturissime, su un designer iconico, visionario e controcorrente.

Una mostra che ha attraversato paesi, continenti e istituzioni museali

Le mostre oggi avvicinano fisicamente l’abito all’arte e viceversa, li accostano, li paragonano, li rendono un tutt’uno, come l’ispirazione da cui provengono. Couturissime è passata attraverso Canada, Francia, Germania, Paesi Bassi, Stati Uniti e, ora, sta per concludere il suo immenso viaggio il 7 maggio 2023 a Brooklyn, dopo essere partita dal Museum of Fine Arts di Montreal, dov’è stata pensata, organizzata e prodotta da Thierry-Maxime Loriot.

Dopo aver suggerito come probabilmente Karl Lagerfeld non fosse del tutto entusiasta degli abiti nei musei, possiamo dire che, al contrario, la contaminazione che ha segnato la carriera di Mugler è ben visibile, attestando la molteplicità di visioni che a loro volta serpeggiano in uno stesso settore, definendo l’eterogeneità che contraddistingue la moda nel suo divenire e, forse, avrebbe permesso allo stesso Kaiser di apprezzare la sua retrospettiva al Met.
Mugler vedeva le cose attraverso l’arte e le sue mille connessioni, dal futurismo al balletto, dal teatro alla musica. Regista di video musicali con George Michael, disegnatore di costumi teatrali per la Comédie-Française, creatore, insieme a Jean Pierre Delcros e Jean-Jacques Urcun, di armature robotiche per i suoi show avveniristici, la vita del couturier originario di Strasburgo è stata un susseguirsi di curiosità e creazione, innovazione e contaminazione.

Thierry Mugler Couturissime
Thierry Mugler: Couturissime (ph. The Brooklyn Museum)

I temi dell’esposizione

Couturissime è divisa per temi, fantasia, glamour, fantascienza, erotismo, natura; raccoglie 130 abiti, fotografie, profumi e tutto ciò che, dagli anni Settanta a oggi, ha caratterizzato il mondo creativo della maison che porta il nome dello stilista, fino alla sua morte, nel gennaio 2022. Ai materiali classici del fashion world, quindi velluti, sete, organza, paillettes, Mugler affianca soluzioni assolutamente controcorrente, capelli, reti in gomma, plexiglas, scarti di pneumatici, portando l’uso di materie prime povere, o comunque non mainstream, oltre ambiti quali arte e scultura.

Rifacendosi al teatro, la retrospettiva sembra concepita in atti, ripresi dalle spettacolari ambientazioni immaginate per il brand da scenografi di culto come Michel Lemieux o Philipp Fürhofer, o dagli esperti di effetti speciali di Rodeo FX, che hanno lavorato sui set di Stranger Things e Game of Thrones.
Un’arte pluridimensionale, quella di Thierry Mugler, che si sviluppa attraversando correnti artistiche, professioni, materiali e, fino al 7 maggio, nelle sale di un museo.

Thierry Mugler mostra
Thierry Mugler: Couturissime (ph. The Brooklyn Museum)

Le mostre fashion, a volte, non si pongono direttamente come multiformi, ma lo sono gli artisti. Gli abiti, infatti, si intersecano con la fotografia e la pittura, a volte si sovrappongono alla scultura, alla scienza e, perché no, alla quotidianità. Mugler ne è il miglior esempio, così come questa exhibition che lo vede protagonista, per mostrare non solo come la moda sia materia d’arte, ma anche come l’arte sia legata alla moda.

Thierry Mugler couture
Thierry Mugler: Couturissime (ph. The Brooklyn Museum)

Nell’immagine in apertura, allestimento della mostra Thierry Mugler: Couturissime al Brooklyn Museum (ph. The Brooklyn Museum)

Karl Lagerfeld al Met di New York, nonostante tutto

Quando Karl Lagerfeld è venuto a mancare nel 2019, insieme al suo corpo sono scomparse la creatività e il genio che lo distinguevano da anni, nonostante l’età. Karl ha raccontato storie incredibili e meravigliose, ci ha lasciato frasi celebri, ha tentato anche la strada della fotografia e di altre arti, come tanti suoi colleghi.
Come per tutti i grandi del suo tempo, è difficile immaginarne un degno sostituto, un erede che ne prenda il posto. E difficile sarà per chi verrà dopo, come del resto lo è per la sua criticatissima ex assistente Virginie Viard, che si è trovata con in mano un brand immenso come Chanel, da gestire e tenere sulla cresta dell’onda.

Met Gala 2023: l’omaggio a Karl Lagerfeld

Cosa devono aver pensato il Metropolitan Museum of Art e Anna Wintour, nel dedicare la mostra di quest’anno del celebre museo newyorchese al geniale stilista? La domanda che un curatore si dovrebbe porre, infatti, è cosa esporre e perché, da dove partire, soprattutto quando si parla di un designer che ha attraversato decenni e marchi così diversi tra loro.
I curatori sono partiti dal disegno, grande passione del kaiser della moda, com’era soprannominato, nata dopo che la madre, togliendogli la “rumorosa” musica, gli suggerisce una passione più “silenziosa”. Dal disegno nasce tutto, ed è appunto da questa “line of beauty” che origina la meritata retrospettiva del Met, al centro del gala del “first Monday of May”. Il tappeto rosso sarà tutto in onore suo e delle 150 creazioni che animeranno la mostra di primavera dal titolo Karl Lagerfeld: A line of Beauty

Andrew Bolton, curatore del museo, aveva proposto l’idea già nel 2019, poco dopo la morte dello stilista tedesco, ed è stato fermato poi dalla pandemia, per riproporla nella primavera di quest’anno.
A dire la verità, Lagerfeld non era favorevole all’idea che la moda fosse esposta nei musei, come dice infatti lo stesso Bolton:“Karl non si stancava mai di ripetermi che la moda non è cosa da museo. Quando abbiamo lavorato insieme alla mostra di Chanel, si è dimostrato incredibilmente generoso nel prestarci vari pezzi originali, ma non era affatto interessato alla mostra in sé”.

Karl Lagerfeld sketches
Un bozzetto realizzato per Chanel nel 2019 (ph. Metropolitan Museum of Art)

In mostra il lavoro di un genio assoluto della moda

Balmain, Patou, Chloé, Fendi, Chanel e il marchio che porta il suo nome daranno il loro contributo, aprendo gli archivi per permettere di esporre momenti di storia del designer, ricreando un mondo di creatività e gusto ineguagliabili.
Immaginiamo già scorrere sotto i nostri occhi abiti e bozzetti, con i video di Loïc Prigent, celebre per il suo documentario sulla maison parigina del 2005. Guardiamo materializzarsi davanti al nostro sguardo preziosi abiti ricamati, disegnati da uno dei più grandi geni del nostro tempo. 

E se Lagerfeld sosteneva che “la moda va consumata subito. Il meglio che possa accadere ad un abito è di essere indossato, non di essere esposto in un museo”, vedremo come il Metropolitan Museum riuscirà a conciliare questa sua celebre frase con l’idea stessa di esposizione. A differenza di tanti altri, il direttore creativo di Chanel, infatti, non si sentiva un artista, l’arte era secondo lui ben lontana dalla moda e viceversa, si definiva piuttosto un artigiano. Considerava il fashion un lavoro manuale, una creazione più simile al forgiare un manufatto che al realizzare un artwork.

Com’è possibile conciliare questa sua visione con una retrospettiva museale? Siamo certi che Bolton si sia posto il problema e lo avrà affrontato in maniera egregia, facendo di questa esposizione un progetto a cui lo stesso Kaiser si sarebbe appassionato. Non resta che aspettare il 5 maggio per l’apertura della mostra.

Karl Lagerfeld: A Line of Beauty (ph. Metropolitan Museum of Art)

Nell’immagine in apertura, la locandina della mostra Karl Lagerfeld: A Line of Beauty (ph. Metropolitan Museum of Art)

‘Roberto Capucci. Seriche Armature’: quando la moda incontra le arti

Entrando nei Musei Vaticani, ci addentriamo in un mondo dove l’uomo si fa grande e piccolo allo stesso tempo, e ci si chiede come sia possibile che qualcuno abbia creato tanta meraviglia. Il visitatore ha quello sguardo di stupore misto a imbarazzo per la propria “piccolezza”, di fronte a opere che hanno attraversato il tempo e lo spazio, arrivando intatte e meravigliose fino a noi. Varcando la soglia della Galerie d’Apollon, al Louvre, si ha la stessa impressione di stupore e incanto.

Cosa rende l’arte paragonabile alla moda e viceversa? La ricerca, l’intraprendenza, la creatività, probabilmente la convinzione di chi la crea. “I vestiti carini per signore non sono la mia cup of tea”, sosteneva Roberto Capucci in un’intervista per L’Officiel Usa.
Entrando nella mostra dello stilista, Seriche Armature, ci si ritrova catapultati in un mondo fatto di opere più che di abiti: strutture elegantemente contorte, elementi decorativi rigidi e strutturali, dettagli grafici e architettonici, materia ricca e povera, tessuti pregiati.

Ed è così che la Fondazione Roberto Capucci e quella di Franco Maria Ricci, con la collaborazione di Sylvia Ferino, per la curatela dell’evento, permettono di immergersi nell’universo di uno dei couturier italiani più famosi, che ha dato dell’abito un concetto completamente diverso, andando ad esplorare i più svariati e struggenti ambiti dell’arte, della letteratura, della scultura, dell’architettura e di ogni forma d’espressione creativa.

Roberto Capucci couture
Ph. by Glamour Parma

In mostra le magnifiche creazioni del couturier romano, al confine tra arte e moda

Le ispirazioni principali, nel suo lavoro, provengono dalle descrizioni de Le Metamorfosi di Ovidio, in cui troviamo Dafne e altri personaggi trasformati in alberi o animali: negli abiti di Capucci si possono ritrovare questi miti, che la materia tessile traduce in vere e proprie sculture dominate dalla stoffa e dai colori, per creare delle “seriche armature”, appunto, che sembrano prescindere dalla forma del corpo.

Così Sylvia Ferino sintetizza la complessità dell’opera del maestro romano: “Chi indossa una creazione di Capucci diventa immediatamente protagonista di una scena di cui è egli stesso regista: una scena che rassomiglia ai cortei trionfali e alle feste allestite nel Rinascimento e nel’età barocca in onore di principi famosi. Capucci è più che un creatore di moda: è regista, architetto, fors’anche drammaturgo, poiché i suoi abiti dettano in un certo qual modo il cerimoniale e l’etichetta di corte, dando perciò forma all’avvenimento, così come fissano i diversi caratteri e i ruoli delle donne che li portano”. 

Roberto Capucci Parma mostra
Ph. by Glamour Parma

150 metri di stoffe per realizzare plissé in moltissimi capi, e su altri accostamenti di colori totalmente inusuali, come pure strutture e grafismi incredibili, danno all’abito inedite suggestioni che affascinano lo spettatore, come un quadro in cui perdersi, in un mondo completamente diverso da quello cui siamo assoggettati.

La speranza è quella che la mostra ospitata dal Labirinto della Masone, in provincia di Parma, che chiuderà il 16 aprile, venga nuovamente prorogata, per dar modo ad ancora più persone di vedere l’arte preferita – e indossata – da alcune delle donne più grandi in assoluto, come Marilyn Monroe, Catherine Spaak, Virna Lisi, Elsa Martinelli, Irene Brin, Rita Levi Montalcini.

Nell’immagine in apertura, un abito plissettato di Roberto Capucci in mostra a Seriche Armature (ph. by Glamour Parma)

Galerie Dior, l’immenso archivio di una maison

Christian Dior presenta la sua prima collezione a Parigi, il 12 febbraio 1947, nel quartier generale del marchio su Avenue Montaigne, e da quel momento la bellissima architettura dell’edificio e la maison resteranno in sinergia. Ed è proprio nella sede storica, desiderata e di stagione in stagione ampliata dal fondatore, che nasce, dopo anni di archiviazione e recupero, il più grande museo francese dedicato interamente a una casa di moda ancora operativa.

Foto d’infanzia, disegni, bozzetti per clienti, abiti recenti e storici, ritratti, riproduzioni di pezzi iconici del marchio, video e persino un dress da sera in faille di seta, che Dior disegnò per la maison Robert Piguet, nel 1939, quasi un decennio prima di lanciare la sua griffe eponima: la vastità del lavoro condotto dalla curatrice Nathalie Crinière, insieme al Ceo del brand Pietro Beccari, è sotto gli occhi di un pubblico che fa la fila per vedere questo spazio sui generis nel cuore della ville lumière, scenografico e vastissimo.

Museo Dior Parigi
Capi e accessori d’archivio esposti nella rinnovata sede – e museo – del marchio, su Avenue Montaigne (ph. by Rosamagda Taverna)

Un luogo delle meraviglie, dove immergersi nello straordinario heritage del marchio

I sette couturier che hanno attraversato la storia del marchio rivivono, da subito, nel Diorama che circonda la scalinata di marmo, all’ingresso della mostra. In totale 1874 oggetti, riprodotti in miniature 3D, appartenenti all’universo di stile della maison e disegnati, oltre che da Christian Dior, da (nell’ordine) Yves Saint Laurent, Marc Bohan, Gianfranco Ferré, John Galliano, Raf Simons, Maria Grazia Chiuri.
L’esposizione, permanente e aperta da poco più di un anno, fa anche eco alla vocazione da gallerista del founder. Appena entrati, infatti, si viene accolti da certificati di nascita, immagini personali, disegni e sogni, che coprono un arco temporale che va dall’infanzia alla realizzazione del suo desiderio piú grande; vecchie foto in bianco e nero lo mostrano con amici del calibro di Salvador DalíChristian Bérard e Jean Cocteau, e ci offrono così un ritratto non solo dello stilista, ma anche dell’artista Dior, inizialmente illustratore e in seguito proprietario di una galleria d’arte. I preziosi archivi sono stati scandagliati intensamente da Crinière, curatrice delle retrospettive e grande esperta della label, che ci offre uno spettacolo suggestivo, con scenografie elaborate e inaspettate, in perfetta sintonia con abiti, accessori, profumi e oggetti.

Un dialogo tra passato e presente della maison, attraverso una mole sterminata di materiali d’archivio

L’esperta, nella casa e nello studio di Christian Dior (che conservava maniacalmente tutto), si è ritrovata tra le mani oggetti e artefatti inaspettati; ha potuto scandagliare l’infanzia, i sogni e i progetti del couturier, mettendo a nudo sia la sua vera essenza, che quella del lavoro di chi gli è succeduto. La griffe stessa ha ereditato questa costanza nell’archiviazione di pezzi e documenti, da conservare come testimonianza del proprio glorioso passato. La Galerie nasce, dunque, sulle fondamenta di questo straordinario heritage, messo ogni giorno a disposizione di dipendenti e addetti ai lavori che lo richiedono.

Dior museo
La Galerie Dior (ph. by Rosamagda Taverna)

Dior Avenue Montaigne
Ph. by Rosamagda Taverna

Una galleria delle meraviglie in cui perdersi tra arte, fotografia, pittura e moda: al tour che permette di scoprire lo studio dove Monsieur Dior disegnava e creava, si uniscono così gli scatti di fotografe del livello di Sarah Moon o Brigitte Niedermair, agli abiti di tutte le epoche, mescolati perfettamente tra loro, i dipinti e ritratti del fondatore, ai disegni per le clienti più fidate i video delle sfilate, dalle prime alle più recenti.
La Galerie Dior ci trasporta in un mondo inesplorato, consentendoci di immergerci finalmente in un heritage eccezionale, condiviso liberamente col pubblico, in una mostra permanente e in continua evoluzione. 

museo Dior Parigi biglietti
Dettaglio di un capo esposto (ph. by Rosamagda Taverna)

Nell’immagine in apertura, materiali d’archivio Dior esposti nella nuova sede del marchio, a Parigi (ph. by Rosamagda Taverna)

La fotografia come arte: Guy Bourdin in mostra all’Armani Silos

La fotografia, soprattutto quella di moda, ha impiegato anni e secoli prima di riuscire a farsi spazio nel ristretto e osannato mondo dell’arte. Considerata una semplice arte applicata, in realtà spesso ha avuto tra i suoi autori pittori e artisti di vario genere che dall’arte, nell’accezione più “fiscale” del termine, sono passati alla fotografia. Inizialmente quest’ultima era un mezzo al servizio della pittura, che era invece il fine, e pochissimi si dedicavano ad essa come prima opzione creativa.

Nel 2023 è ormai un dato di fatto che la fotografia sia tra i generi da mettere in mostra in musei e luoghi d’arte, tuttavia fino al 1940 al Museum of Modern Art neppure esisteva un dipartimento dedicato. Per la fashion photography, bisogna aspettare addirittura gli anni 2000, quando le mostre sia monografiche che tematiche invadono anche il campo di abiti e orpelli, seppure come ben sappiamo con approcci ancora da definire.

È il museo a introdurre nel suo stesso spazio discorsivo la fotografia, rendendola opera d’arte, accostando ad esempio un quadro di Cézanne del 1885 e uno scatto di Odessa di Rineke Dijkstra, attraverso l’iniziativa dei suoi curatori e direttori. Eppure, ancora nel 2004, John Elderfield, curatore del MoMA, dovette spiegare la collocazione ravvicinata delle due opere citate, in quanto risultava assolutamente fuori dai canoni. Nello stesso anno, arriva al museo newyorchese la prima mostra sulla fotografia di moda: Fashioning Fiction in Photography since 1990, una rassegna all’avanguardia finanziata da Banana Republic.

Guy Bourdin mostra 2023
Opere di Guy Bourdin esposte all’Armani Silos (ph. courtesy of Armani Silos)

I pittori come fotografi…

Prima fra tutti gli artisti diventati fotografi è Guy Bourdin, che nato alla fine degli anni ‘20 del Novecento si ritrova, nel 1950, a realizzare la sua prima mostra di disegni e quadri e tre anni dopo, sotto lo pseudonimo di Edwin Hallan, espone le sue prime fotografie. Arte e fotografia all’epoca non erano compatibili tra loro, se non per il fatto che la seconda potesse servire, appunto, per arrivare alla seconda, utilizzata quindi come un mezzo e non come fine ultimo. Si rendeva necessario, quindi, utilizzare un nome diverso, per non confondere il pubblico sul valore del proprio lavoro.

Nel 1955 Bourdin inizia a lavorare per i magazine del settore, da Vogue ad Harper’s Bazaar, passando per i più illustri brand. L’influenza di arte e pittura resterà fondamentale nelle sue opere, e trarrà ispirazione anche dal cinema. La parte surrealista che lo tiene legato alla pittura resta l’elemento visivo e narrativo più ricorrente, definendo un mondo di sogni e provocazioni.

Guy Bourdin opere
Invite for MAF!A AD Agency, 1972 © 2023, The Guy Bourdin Estate

… E gli stilisti come curatori

È Armani a scegliere di mostrare, nel suo tempio artistico creato ad hoc, i capolavori di Guy Bourdin, celebre in Francia e nel resto del mondo come uno dei fotografi più visionari, per i suoi colori, le sue visioni surrealiste, le sue provocazioni.

All’Armani Silos, re Giorgio sceglie di esporre talenti della moda, abiti, fuoriclasse della fotografia, nonché di creare una narrazione su se stesso e sulle collezioni succedutesi nei decenni. Lo stilista piacentino è, in questa veste, curatore delle sue stesse rassegne e anche di exhibition monografiche e tematiche d’arte, architettura e fashion, appunto.
Oggi l’arte ha un respiro molto ampio, un pittore può essere fotografo e viceversa, un designer può essere un curatore, quest’ultimo può essere facilmente un artista. La creatività lascia spazio alla propria interpretazione della realtà, attraverso qualsiasi mezzo.

La mostra Guy Bourdin: Storyteller è aperta al pubblico dal 24 febbraio al 31 agosto 2023.

Guy Bourdin Charles Jourdan
Charles Jourdan, 1972 © 2023, The Guy Bourdin Estate

Guy Bourdin foto
Guy Bourdin Archives, circa 1974 © 2023, The Guy Bourdin Estate

Guy Bourdin Vogue Paris
Vogue Paris, May 1970 © 2023, The Guy Bourdin Estate

Nell’immagine in apertura, una veduta della mostra Guy Bourdin: Storyteller, all’Armani Silos (ph. courtesy of Armani Silos)

Models Never Talk: la moda è ancora una questione di abiti?

Il titolo di questo spazio, Models Never Talk, è tratto da una performance fashion curata da Olivier Saillard, curatore e storico di moda, nonché ex direttore (fino al 2017) del Palais Galliera di Parigi.
Nell’esibizione in questione, le modelle portano in scena i retroscena di un fashion show, quello che viene detto loro di fare e il loro sentire. L’abito non compare mai, piuttosto risulta descritto e immaginato di conseguenza dal pubblico. È una performance a metà tra arte e moda, dove tutto ruota più intorno alla parola e al percepito che non al capo in sé, a meno che non si conosca precisamente la collezione o look cui ci si riferisce.

Per quale motivo parlarne? Perché, in questi giorni, in molti si sono chiesti se la moda sia ancora una questione di abiti, oppure no. Quanto contano le creazioni e quanto le persone dietro di esse? Alessandro Michele, da Gucci, aveva incentrato molto del lavoro sul suo personaggio; scalzato dal trono creativo della maison ritenuta più cool e in fermento degli ultimi anni, gli è subentrata una personalità (Sabato De Sarno) molto meno sfavillante, in termini di apparenza, probabilmente per riportare il centro del discorso sul brand anziché sulla personalità.

Le nuovi direzioni del fashion system, tra sfilate, show televisivi e immaginari

Per fare un esempio noto a tutti in Italia, cioè Sanremo (che abbiamo commentato insieme nei giorni passati), quanto contano gli outfit e quanto, invece, si sta parlando degli stylist dei cantanti e dei marchi che sceglieranno?

Sappiamo tutto quel che c’è da sapere, chi sono, chi vestiranno, i brand che hanno scelto, le loro idee in termini di moda e stile, da Lorenzo Posocco (che segue, tra le altre, Dua Lipa ed Elodie) a Nick Cerioni (mente dietro i look di artisti come Jovanotti, Laura Pausini, Tananai, Achille Lauro), a ripetizione nel sistema sanremese già da qualche edizione, senza nuovi nomi.

L’impressione, ultimamente, è che la moda abbia fatto un passo avanti verso un’estetica ostentata e gridata, lo stupore e tutto ciò che poteva risultare catchy per il suo pubblico, affidandosi a personalità che sanno cavalcare l’onda, creando magia e un filtro attraverso cui vedere tutto il resto, con le collezioni che passano inevitabilmente in secondo piano.

Se il Festival è stato preso d’assalto dagli stylist, e non dalla moda, che ovviamente è sempre stata parte di esso, le sfilate sono state comandate dalle personalità dei direttori creativi, che hanno fatto il bello ma anche il cattivo tempo (come dimostra il caso dei recenti scandali di Balenciaga), indirizzando anche la scelta della location, quasi più rilevante delle stesse mise.

I capi in sé contano (ancora)?

La domanda sorge quindi spontanea: la moda è ancora una questione di abiti?

Al fianco di questa accelerazione verso le personalità e il loro saper creare e cavalcare il tempo del buono e cattivo gusto, si è inserita la creazione parallela di grandi spazi dove esporre gli outfit delle personalità più importanti del passato, nei quali l’abito, spogliato di qualsiasi retroscena, era il protagonista assoluto. Parliamo di musei nati a Milano, come l’Armani/Silos, o a Parigi, ad esempio il Musée Yves Saint Laurent.

Mentre si pongono tutte queste domande, gli eventi corrono: abbiamo già assistito alla performance tutta italiana di quest’anno, cioè Sanremo, con la gigantesca commistione tra moda, canzoni e personalità, da Chiara Ferragni in giù. Nel frattempo, scompaiono quei nomi illustri che il fashion l’hanno fatto nascere e plasmato fino all’ultimo, come Paco Rabanne, che ci ha lasciato nelle scorse settimane. Nell’era del “a cura di…”.

Models Never Talk Venezia
Models Never Talk al Teatrino di Palazzo Grassi, Venezia, nel 2016 (ph. Matteo De Fina)

Nell’immagine in apertura, un momento della performance Models Never Talk di Olivier Saillard ai Milk Studios di New York, nel 2014 (ph. credit Olivier Saillard)

Fashion police in… Sanremo 2023, day 5

Stilare una classifica dei peggio vestiti di questo Sanremo 2023 sarebbe stato interessante, ma pure alquanto ovvio. Gli interventi della polizia della moda, quindi, nell’ultima serata ve li risparmiamo. Parliamo piuttosto dei meglio vestiti di tutto il Festival, cantanti e co-conduttori che la polizia non ha mai arrestato.
La kermesse ci lascia con la vittoria di Marco Mengoni. Ne riparleremo all’Eurovision, per ora la fashion police va in ferie, ha avuto il suo bel daffare. 

Levante

Per lei look ogni sera azzeccati, Etro e lo stylist Lorenzo Oddo sono da premiare. Un’immagine curata, eterea ma anche glam e sexy, che la caratterizza perfettamente e dà enfasi alla sua immagine. Perfetta sempre. Outfit preferito dalla polizia della moda, quello della prima serata.

Coma_Cose

Stupendi nei loro look Vivienne Westwood, grazie allo styling di Giorgia Cantarini. Anche la loro immagine di coppia è stata curata e gestita magistralmente. Anche qui, mise preferita quella della prima serata.

Chiara Ferragni

Amata e odiata, criticata e osannata, la regina delle influencer ce l’ha fatta a gestire tutto con il suo carattere. Le diamo atto, è stata se stessa. Schiaparelli e Dior le donano particolarmente. Look preferito, anche nel suo caso, quello della serata inaugurale in Dior, in oro con tuta sotto.

Elodie

Non le si può dire nulla, dal make-up agli outfit, Lorenzo Posocco, con Gucci e The Attico, sa il fatto suo. La preferivamo con Ramona Tabita? Forse sì, ma la sua immagine sta comunque prendendo il volo. Avremmo proceduto all’arresto solo la prima sera, quando l’hanno trasformata in un piccione.

Paola & Chiara

Nick Cerioni sa da sempre come fare, e ha modificato la loro immagine senza trasformarla davvero in modo stonato. Pulite eppure cariche, eleganti ma sfacciatamente anni 90, trash ma sofisticate. Non era facile, ma ce l’hanno fatta. Dolce&Gabbana su di loro risulta perfetto.

Volete il premio del peggio vestito? Spetta ad Anna Oxa. Abbiamo sperato nel suo ritorno trionfale, nella sua voce paradisiacamente infernale, e invece è tornata sciatta e incurabile. Peccato! Resta un’icona indiscussa, ma non ha brillato, assolutamente.

Nell’immagine in apertura, i conduttori della finale, Gianni Morandi, Amadeus e Chiara Ferragni, in total look Schiaparelli (ph. Ansa)

Fashion Police in… Sanremo 2023, day 4

La serata delle cover, appuntamento immancabile del Festival, svela tutte le peculiarità dell’animo italiano, trasforma le case nostrane in un immenso karaoke e i social in un imperdibile revival/amarcord.
La polizia della moda è intervenuta qualche volta nel backstage, cominciamo a pensare che intervenire prima sarebbe decisamente meglio, considerato che alcuni stylist si oppongono anche strenuamente alle decisioni non attribuibili a loro (vedi il caso di Leo Gassmann, presentatosi in canottiera la sera prima contro il volere della sua stylist, che si è prodigata affinché il web sapesse che la scelta non era sua). Stasera, comunque, ci aspetta la finale! Siamo prontissimi all’intervento a sirene spiegate…

Arisa

È suo il caso shock dell’abito uguale alla violinista di Lazza e a quello di alcune influencer, una stupenda creazione di Rick Owens; tuttavia è inaccettabile che nessuno lo abbia visto o capito prima, specialmente l’ufficio stampa.

Sanremo 2023 Arisa abito

Anna Oxa

L’autrice di Senza pietà è di nuovo in arresto, sono lontani i tempi dei look strepitosi e delle sue fashion performance, capisco l’età ma la tuta da casa no.

Marco Mengoni

Con la voce che si ritrova, non è necessario vestirlo con glitter e lustrini. Il completo bianco gli avrebbe reso onore comunque.

Articolo 31

Dal completo di Fedez a loro vestiti in pieno revival anni ‘90. La tuta con logo e glitter era un po’ troppo, dissonante rispetto all’immagine da adulti data nelle sere precedenti. La polizia non interviene perché impegnata a commuoversi sul medley, pazzesco.

Menzione d’onore per le peggiori cose viste e sentite

Carla Bruni non ha mangiato per due settimane per entrare nel suo Versace; era meglio non dirlo, Lorella Cuccarini non ha dovuto, eppure l’etá è la stessa. Ingessatissima nell’abito e nel botox, bellissimi solo i gioielli. 

Nell’immagine in apertura, Arisa duetta con Gianluca Grignani durante la serata delle cover (ph. by Gian Mattia D’Alberto/LaPresse)

Fashion Police in… Sanremo 2023, day 3

Questo è il Festival del momento in cui pensi “oddio è tornata la noia” e poi, invece, ci troviamo la mattina dopo con meme e avvenimenti improvvisi.
Dalla stola della Ferragni a Blanco che ancora ci stiamo chiedendo se l’abbia fatto apposta o meno, a Gianluca Grignani che ci spiega la vita della star da palco dicendo che lui è cresciuto e Blanco a vent’anni no. La polizia della moda intanto cosa fa? Qualche arresto, su 28, stasera c’è. Per il resto, aspettiamo ardentemente la serata cover.

Anna Oxa

Tra un bicchiere d’acqua lanciato e l’altro arriva sul palco, probabilmente direttamente dall’Esselunga. Sono lontani gli anni dei look stratosferici, lei questa volta al Festival viene vestita comoda.

Leo Gassmann

La canotta… Discutiamone con i poliziotti, è sempre no, non in prima serata e non in seconda. È come una parolaccia di troppo. Lo portiamo via.

Marco Mengoni

Me ne rendo conto, piace a tutti e tutte, ha una bella voce, ma vestito come se dovesse cavalcare il toro meccanico a una fiera in Texas è no. 

Shari

Chi le ha messo le calze nere lì sotto?! Eppure il look, magari fittato meglio, poteva anche funzionare. Assolutamente da manette.

Modà

Niente, il gruppo è rimasto ai look brutti degli anni 2000. Certo, lo stile Y2K andrebbe benissimo, però non andiamo a scavare nei meandri degli armadi peggiori, avevamo dimenticato tutto e i social erano a malapena nati, nessun testimone: andava bene così.

Giorgia

Non si riesce proprio a svecchiarla, a renderla meno polverosa, certamente la canzone non aiuta. È un vampiro che esce solo durante le serate di Sanremo, per poi ritornare nella cripta. Voce da 10 e lode, outfit e make-up da arresto.

Nell’immagine in apertura, l’outfit Versace di Marco Mengoni per la terza serata del Festival (ph. Gian Mattia D’Alberto/LaPresse)

Fashion Police in… Sanremo 2023, day 2

La verità è che, in questa edizione di Sanremo, il compito della polizia della moda è molto difficile. Gli stylist sono stati bravi, e ci sono pochi concorrenti o ospiti da soccorrere. Tuttavia gli interventi, anche nella seconda puntata, sono stati pochi ma mirati.

Shari

Quando doveva scegliere l’outfit devono averle chiesto se pitonato, tigrato, leopardato e lei ha detto solo “SÌ!”, sennò non si spiega. Lode di demerito per come con quell’abito, ovviamente, non sia riuscita a scendere le scale. Probabilmente non si ricordava, dopo solo 72 edizioni, che Sanremo ha una scalinata difficile.

Articolo 31

Alla polizia piange il cuore, ma la rappresentazione degli anni ‘90 è cambiata e gli outfit, per fortuna, con essa, eppure in questo caso i look sembravano un po’ gelataio.

Giorgia

Soporifera la canzone e anche la mise. Seppure sia firmata Dior, l’effetto su di lei è noia. La polizia della moda non è intervenuta perché si è addormentata.

Modà

Stanno ancora seduti sulle nuvole, il loro è un flashback del 2011, anche con gli stessi vestiti, solo che son sempre brutti. E loro stessi risultano un po’ obsoleti. Per capire come rispolverarsi, avrebbero dovuto dare un occhio all’esibizione – e alla canzone – di Paola & Chiara.

Menzione d’onore per…

Amadeus. Non si può non notare come vesta ancora Gai Mattiolo. Proprio come all’inizio, quando nessuno ti vuole vestire mentre ora certo, magari hai la fila, ma sei fedele. Decisione apprezzata, e si iniziano ad apprezzare le giacche perché sono scelte e volute, trash forse, ma diventano chic per il carattere dell’indossatore.

Nell’immagine in apertura, Paola & Chiara sul palco dell’Ariston (ph. by Lapresse)

Fashion Police in… Sanremo 2023, day 1

La prima serata di Sanremo, alla sua 73esima edizione, è stata tra il “lunghissima” e lo “scoppiettante”, a tratti caotica e discutibile, come sempre adagiata sui cliché dell’italianità.
Non c’erano grandissime sirene spiegate per gli outfit, hanno quasi tutti impedito il lavoro della polizia della moda, eppure qualcuno si è comunque distinto. Vediamo nello specifico chi.

Gianluca Grignani

Un po’ boss delle cerimonie, un po’ Johnny Depp nostrano, avevamo tutti il dubbio si sarebbe distinto per altro, e invece ci ha stupiti, l’outfit piuttosto discutibile gli è stato perdonato

Colla Zio

Sono arrivati sul palco insieme, correndo come i Teletubbies, vestiti anche uguali a loro. Polizia portateli via.

Elodie

Con un mini sondaggio personale ho realizzato quanto tutti la preferissero con gli outfit pensati da Ramona Tabita, invece si presenta sul palco vestita da Lorenzo Posocco, bravissimo per carità, ma lei sembra un po’ uscita da Angry Birds, seppur in Valentino.

I Cugini di Campagna

Un salto indietro nel tempo, siamo allo Studio 54 e stiamo ballando, ma sulle note di una canzone che non c’entra niente. In questo caso, l’obsolescenza programmata potrebbe essere utile. 

Menzioni d’onore

Blanco ci lascia tutti a bocca aperta, ma per i motivi sbagliati. La polizia che serviva qui non era quella della moda. Presentazione del nuovo singolo malriuscita, potrebbe però aver ricavato la foto per la copertina del suo prossimo album: Morandi che spazza il palco dell’Ariston. 

La Ferragni ci porta una ventata social, tra messaggi non troppo subliminali e vestiti in alcuni casi da urlo. Dior le cuce addosso il suo personaggio. Monologo discutibile? Forse, o forse no. Intanto come sempre farà parlare di sé. Autoreferenzialmente e genialmente bellissima. 

Nell’immagine in apertura, Chiara Ferragni in Dior durante la prima serata del Festival (ph. Ansa)

Fashion Police in… Sanremo 2023

Spoiler: il Festival della canzone italiana comincia stasera. Stiamo aspettando tutti con ansia di vedere non chi, ma come saliranno sul palco i nostri grandi big, vestiti di tutto punto dai loro noti stylist, che rischiano perennemente la critica a onor del vero. In fondo, però, sentirsi chiedere “ma come l’hai vestito?” vale sicuramente la pena per loro.

Chiara Ferragni Sanremo 2023

La vera incognita potrebbe essere invece Chiara Ferragni, sempre in bilico tra lo stupire tutti e la classe che sia lei che il paese richiederebbero per poter forse, per una volta, fare in modo che nessuno le chieda che cosa ci fa lì.

Se menzioneremo ogni sera i look peggiori, lasceremo spazio a qualche commento magari positivo. Anche se, in fondo, i look belli siamo tutti bravi a vederli, no?
Restiamo in attesa e ci godiamo nel frattempo le anticipazioni, anche errate come quelle su Anna Oxa che, a quanto pare, non vestirà Dolce&Gabbana.

Amadeus Sanremo 2023

Nell’immagine in apertura, il selfie scattato da Chiara Ferragni con i conduttori e le co-host del 73esimo Festival

La canotta è elegantissima: Sanremo, outfit e colori

Ultima puntata, share al massimo, sfida alle stelle.


Giovanni Truppi tra Amadeus e Lorena Cesarini

Giovanni Truppi esordisce così di fronte ad Amadeus che gli chiede delucidazioni e pareri sui commenti ai suoi look basati su una canottiera durante le esibizioni: la canottiera è elegantissima. Affermazione discutibile ma terribilmente attuale nel mondo sanremese. In mondovisione Amadeus e un cantante discutono di look. La rivoluzione del festival è sotto ai nostri occhi.


Orietta Berti in Rochart

Se fino a qualche anno fa la questione abiti era relegata alle cosiddette vallette con anche un certo disprezzo, oggi investe come un uragano anche i talenti delle generazioni passate.
E quindi abbiamo un Gianni Morandi la cui immagine è curata dallo stylist Nick Cerioni e veste Armani, e Orietta Berti che senza farlo troppo di nascosto si sta facendo trasformare in Lady Gaga.


Gianni Morandi in Giorgio Armani e Jovanotti in Brioni, ph. via Ansa

La sfida si dipana sul palco a suon di canzoni, giacche lanciate, mantelli persi. Abiti colorati, neri, eleganti, sportivi, disinteressati. Comunque vada il look, il colore, saranno commentati, nessuno escluso.
E così, senza che nessuno lo potesse prevedere, la moda ha fatto del festival la sua passerella. Tra brand emergenti e storici, la gara è di altissimo livello. Per Sanremo gli abiti spesso vengono creati ad hoc, pensati per una canzone, un ruolo o una performance.


Dargen D’Amico in Federico Cina, ph. via Ansa

Drusilla Foer in Atelier Rina Milano, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Dargen D’Amico si è affidato a marchi diversi e tutti emergenti: Alessandro Vigilante, Federico CinaWayeröb by Alessandro Onori e Çanaku. Drusilla Foer si è fatta vestire da Atelier Rina Milano, la sua sarta di fiducia. Amadeus e la moglie si sono affidati a Gai Mattiolo, scelta storica e riconfermata nel tempo. Emma e Achille Lauro vestiti da Gucci. Elisa in Valentino, Noemi in Alberta Ferretti, Michele Bravi in Roberto Cavalli by Puglisi.
Blanco e Mahmood hanno cambiato brand nelle serate, passando da Fendi a Burberry, da The Attico a Valentino.


Blanco in The Attico

Emma in total look Gucci, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Mahmood in Prada, Blanco in Valentino, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Un tripudio di lustrini, un po’ meno tripudio di colori devo dire.
Su una cosa quest’anno, oltre al Fantasanremo, erano tutti d’accordo. I colori. Bianco, nero e rosa.
Il rosa si distribuisce indisturbato in tutte le serate, da Dargen D’Amico ad Achille Lauro a Noemi, toni pastello o accesi, si dimena sul palco come un colore qualsiasi, ma non lo è. Il rosa è femminile, il rosa è tenue, ma oggi va di pari passo con i tempi e si tramuta nel colore della rinascita e della trasgressione.


Achille Lauro in Gucci, ph. AGF

Michele Bravi in Roberto Cavalli, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Il bianco e il nero sono classici ma simbolo dei tempi, scelti da Ditonellapiaga e Rettore, da Blanco e Mahmood, Elisa sempre in total white, Morandi e Jovanotti. Se il rosa ci è sembrato il colore della rinascita e della passione, il bianco e nero forse sono simbolo dei nostri tempi. Di fianco alla rinascita c’è la lotta che si fa strada, interna, intensa, drammatica e meravigliosa.


Donatella Rettore in Stefano De Lellis, Ditonellapiaga in Philosophy di Lorenzo Serafini, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Il festival è rinato e se come sempre sarà simbolo dei tempi e loro precursore c’è speranza che tutto un giorno sarà solo rosa.

In apertura: Noemi in Alberta Ferretti, ph. via Ansa

Fashion police in… Sanremo day 5

Nel tirare le somme di questa 72 edizione del Festival di Sanremo, la Fashion police ha pensato di omaggiare i 6 personaggi meglio vestiti della kermesse.


Blanco e Mahmood, ph. Ansa

Blanco e Mahmood, voto 10

L’ormone ha investito tutti e tutte, e certo la fa da padrone. Gli stessi look su Gianni Morandi (per dirne uno) ci avrebbero fatto gridare allo scandalo. Loro riuscitissimi.


Elisa, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Elisa, voto 8

Ne ha toppato uno solo, splendida sempre in bianco, ci ha regalato grazia e purezza. Una voce elegante e suadente come i tessuti che l’hanno vestita. 


Noemi, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Noemi, voto 9

Con buona pace dell’armocromia ha osato toni rischiosi, abiti fascianti e altezzosi. Fiera e bella.


Michele Bravi

Michele Bravi, voto 10

Non ne ha sbagliato uno, vestiti rischiosi e decoratissimi. Un tripudio di fiori e colori. Stupendo e anche giocatore incallito del Fantasanremo, che i fiori siano stati una scelta dettata dai punti? Il dubbio rimane.


Veronica Lucchesi de La Rappresentante di Lista

La Rappresentante di Lista, voto 8

Criticata. Anche da me. Tuttavia ci ha lasciato sempre a bocca aperta. Vince la trasgressione, lo stupore e lo scandalo. 

Menzione d’onore


Orietta Berti

Orietta Berti, voto 10

Look agghiaccianti. Vince il tentativo di trasformarla in una Lady Gaga nostrana. Un’icona del passato che ci ha lasciato ogni sera a bocca aperta per l’alto tasso di trash.

Fashion Police in… Sanremo day 4

Una della puntate più seguite di sempre, i dati lo confermano, la serata delle cover ha spopolato in televisione e sui social. Sanremo ha aperto le porte ai giovani, alla moda e al trash. Grandissimo Amadeus, giacche a parte


Rkomi, ph. Ansa

Rkomi, voto 0

Il Fantasanremo ci piace ma in verità la giacca l’ha lanciata via perché stava meglio senza. Suvvia, questa cosa del pistolero l’ha già proposta Elettra Lamborghini, ed era venuta meglio.
I punti al Fantasanremo li abbiamo, Fashion police potete prenderlo.


Francesca Michielin

Francesca Michielin, voto 5

Prometteva bene ma il vestito tovaglia non è piaciuto quasi a nessuno. Abbinato al trucco anche. Scelta difficile, surclassata fortunatamente dalla performance.
La Fashion police l’ha già inseguita con Emma l’altra sera.


Elisa, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Elisa, voto 3

Bellissima le altre sere, ieri sera sembrava infagottata in più camici medici. Pronta per una puntata di Grey’s Anatomy. In tutti i sensi. Probabilmente ha scelto il camice dopo aver sbattuto entrambi i lati del volto.
Fashion police intervento con il 118.


Sangiovanni e Fiorella Mannoia, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Sangiovanni, voto 2

Aveva fatto bene finora, ieri sera la reference doveva essere il figlio sconosciuto di Gusteau in Ratatouille. Fashion police direzione scuola di cucina.


Achille Lauro e Loredana Bertè, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

Achille Lauro, voto 6Loredana Bertè, voto 8

Abiti similari ogni sera ma con un’attitude differente. Achille dovrebbe parlare di più e fare il finto avanguardista un po’ meno. Le sue parole nella lettera a Loredana erano più trasgressive della performance. Ammirevole la scelta di Loredana per il mini abito custom del giovane couturier Gianluca Saitto, che la segue da tempo. No big brand, ma spazio ai designer indipendenti.
La Fashion police era in ammirazione.

Fuori dai giochi

Fantasanremo, voto 8

La sua imposizione su outfit e scelte per ogni sera ha rivoluzionato anche il mondo dello styling. A lui si sono piegati cantanti, conduttori e celebrity stylists.
Anche la Fashion Police si inchina davanti al potere dei social.

Fashion Police in … Sanremo Day 3

Tra una “papalina” e un “ciao Zia Mara”, anche la terza serata è passata con picchi di trash pazzesco. Ecco i look della terza serata di Sanremo 2022.


Irama, ph. Daniele Venturelli/Getty Images

Irama, voto 4

Per quanto sia un look ricercato lo sbracciato con tasconi fa subito manutentore di impianti. Un’immagine giovane e fresca con quella voce merita qualcosa in più. Fashion police a controllo dell’impianto di condizionamento.


Achille Lauro, ph. Daniele Venturelli/Getty Images

Achille Lauro, voto 2

L’impatto iniziale di trasgressione totale degli anni precedenti si infrange contro l’immagine di lui che pensa sia trasgressivo infilarsi una mano nei pantaloni in mondovisione. Qualcuno gli deve spiegare che trasgressione e look trasgressivi sono un’altra cosa, e da tempo immemore, ben prima che lui nascesse. Gucci bello ma l’insieme è da intervento della Fashion Police.


Ana Mena, ph. Daniele Venturelli/Getty Images

Ana Mena, voto 4.

Meglio rispetto alla prima serata ma, tuttavia, sembra la brutta copia di Ariana Grande. Andrebbe bene forse per una performance estiva sul lungomare di Loano. Fashion Police in vacanza.


Giovanni Truppi, ph. Daniele Venturelli/Getty Images

Giovanni Truppi, voto 2

Me lo immagino come uno di quelli che comprano serialmente lo stesso capo e hanno tutto l’armadio uguale estate e inverno. Nonostante siamo a Sanremo lui comunque ha portato 5 canottiere nere per 5 serate. Tutte uguali. Avanguardia.


Rkomi, ph. Daniele Venturelli/Getty Images

Rkomi, voto 2

È arrivato a Sanremo e nessuno se ne è accorto. La scia di cadaveri la troveremo forse tra qualche giorno? L’effetto aveva del potenziale, il risultato invece molto meno. Fashion police questo è un ergastolo.

Fashion Police in … Sanremo Day 2

Ieri serata sotto tono. Qualche look splendente ma la maggior parte non degni di nota e pochi meme. Abbiamo, comunque, dovuto procedere a qualche arresto.


Giovanni Truppi

Giovanni Truppi, voto 1

Perché Sanremo è Sanremo, non un cantiere. La reference muratore bergamasco è un attimo, e anche se l’abito non fa il monaco siamo pur sempre in mondovisione. Fashion police, ammanettatelo.



Irama, voto 5

Una voce pazzesca nascosta dietro un centrino. Il look è bello perché lui è bello, ma per Sanremo totalmente fuori luogo. La madre sta ancora cercando il centrino che era in corridoio ed è sparito.


Orietta Berti

Orietta Berti, voto 2

Apprezzo nuovamente il volerne fare icona trash ma state esagerando. Vero, ne parlano tutti, ma ieri sera sembrava la mamma di Rose sul Titanic. Lo fate apposta vero? Fashion police via dalla barca per arrestarla.


Lorena Cesarini

Lorena Cesarini, voto 5

Ragazza intellettualmente meravigliosa, ma l’abito con tigre omaggio a Cindy Crawford andava bene al capodanno cinese a Chinatown. Si poteva fare di più.


Le Vibrazioni

Le Vibrazioni, voto 2

Stecche a parte il look è stantio, una copia sbiadita e frastornata di Piero Pelù. Rinfrescare l’immagine gioverebbe, e anche le canzoni. Fashion police
intervento per riaccompagnarli alla casa di riposo, si sono persi.

Fashion Police in… Sanremo Day 1

La sfavillante settimana di Sanremo comincia con fulmini e saette. Chi vincerà questo Festival come non mai intriso di moda?


Ana Mena, photo by Marco Piraccini/Getty Images

Ana Mena, voto 1

Un po’ mosaico del bagno, un po’ Ariana Grande, un po’ Bratz, l’unica certezza è che non è piaciuta a nessuno, dalla canzone al look. La fashion police è partita in quarta.


Dargen D’amico, photo by Marco Piraccini/Getty Images

Dargen D’amico, voto 2

Tra i look peggiori della serata c’è anche lui. La trasgressione e il diversivo ci stanno, ma cosi sembra un po’ un prediciottesimo. Fashion police a sirene spiegate.


Giusy Ferreri, photo by Getty Images

Giusy Ferreri, voto 5

Poteva essere un successo e invece era tutto troppo, dallo smalto allo spacco, agli oblò e la scollatura. Quando poi è partita col megafono in un attimo è diventata discoteca di Riccione.


Rkomi, photo Getty Images

Rkomi, voto 5

Per un momento ho pensato fosse la superba Gianna Nannini. Niente di male, ma i richiami a lei, Edward mani di forbice e altri si sprecano. Fashion police pronta per partire.


Orietta Berti

Orietta Berti, voto 2

Sicuramente il tentativo di svecchiare la sua immagine sta funzionando, tutti parlano di lei dallo scorso Sanremo. È un’icona ma questo look è stato un pugno nella pancia, quindi fashion police arrestala. Il paragone con il Pokemon Corsola, e quello sulla variante del Coronavirus i migliori sulla piazza di Twitter.


Amadeus, photo by Jacopo Raule/Daniele Venturelli/Getty Images

Amadeus, voto 6 e menzione d’onore per la costanza

Lui deciso e spavaldo si fossilizza su Gai Mattiolo per i look e non cambia, e come previsto è un tripudio di paillettes. Costanza e determinazione nella scelta ne fanno però un’icona vivente del Festival. D’altronde senza Mattiolo non sarebbe stato lo stesso.

Fashion Police in… Sanremo

La polizia della moda al servizio dello stile. Questa settima siamo al Festival di Sanremo.


La Rappresentante di Lista, photo by Daniele Venturelli/Getty Images

La Rappresentante di Lista, voto 6

Dopo il Valentino dello scorso anno mi sarei aspettata qualcosa in più che la versione Barbie e Ken sposi di Moschino. Per stasera non li arrestiamo.


Ana Mena, ph. Ansa

Ana Mena, voto 3

L’effetto è un po’ anni Novanta/Duemila in discoteca, quando a 15 anni con uno shorts sembri stupenda. Però lei è a Sanremo, quindi magari no. A sirene spiegate per prenderla.


Iva Zanicchi, ph. Ansa

Iva Zanicchi, voto 6

Sa di naftalina anche dalle foto, ma d’altronde è un’istituzione che ciclicamente arriva al festival. Mi riservo attesa. Lo stivaletto fingo di non averlo visto.


Dargen D’amico, ph. by Daniele Venturelli/Getty Images

Dargen D’Amico, voto 2

Il green carpet lo ha preso alla lettera considerate le calze, se voleva essere moderno e trasgressivo doveva chiedere consiglio a Mahmood su come farlo bene e con classe.


Ditonellapiaga e Donatella Rettore

Ditonellapiaga e Donatella Rettore, voto 5

La Rettore in versione dark metal e Dito in versione parigina fanno a pugni. Diamogli una quasi sufficienza rimandando alla serata. Per ora accendiamo le sirene, pronti per andarle a prendere.